Dopo l’urlo di Phyllis, il silenzio si abbatté sulla casa. Casey fissava quel corpo steso a terra, avvolto nella vaporosa vestaglia lilla, e attendeva che il silenzio cessasse. Parve essere passato un secolo quando risuonarono passi cauti nel corridoio e la porta si socchiuse lentamente.
Apparve la signora Brunner. Vide Casey che stringeva ancora il tappo di cristallo insanguinato, poi vide Phyllis sul pavimento. Casey invece vide soltanto la Luger puntata in direzione del suo petto. Ebbe l’impulso di ridere. Non aveva nulla di comico quella rivoltella, significava la morte per lui, ma tuttavia ebbe l’impulso di ridere. Era dunque sempre stato tutto così semplice. Le sue ipotesi erano state esatte, eccettuato su un punto: la signora Brunner e non Phyllis si era valsa di Lance Gorden per eliminare il marito, la signora Brunner e non Phyllis aveva chiuso Casey Morrow in una bella trappola senza via d’uscita.
La piccola mano inguantata di lei stringeva l’arma con fermezza. — Non muovetevi, signor Morrow.
Casey non si mosse. Si limitò a lasciar cadere il tappo di cristallo dalla punta insanguinata.
— È morta?
Nessuna emozione nella voce della donna. Nulla, come se lei stessa fosse morta da tempo.
— Non lo so.
— Accertatevene.
— Mio Dio — mormorò Casey.
— Siete scandalizzato?
— Non mi stupisce che avesse paura di tornare a casa.
— Non dovreste essere scandalizzato. Dopo tutto siete innamorato di lei e l’avete uccisa.
Casey cominciava a ricordare tante cose, cominciava a ricordare la reazione di lei alle prime notizie che le aveva portato di Phyllis e in che modo avesse difeso Gorden finché non era fallita l’aggressione, procedendo quindi a svelare i loschi retroscena di lui per salvare se stessa. Soprattutto ricordava come in ogni sua parola fossero trapelati i suoi sospetti nei riguardi di Phyllis. Lo ricordava ora, mentre una rivoltella era puntata contro di lui.
— Suppongo che tocchi a me adesso — disse.
— A suo tempo e dopo un regolare processo. Nel frattempo aspetteremo lo sceriffo che mi sono permessa di avvertire telefonicamente prima di salire qui.
— Eravate molto sicura del fatto vostro.
Un sorriso vago le increspò le labbra. Fece un passo avanti e il profumo traditore di Phyllis la seguiva come una scia. — Non siate stupido, signor Morrow — disse. — Vi sto aspettando fin da quando ho lasciato quel misero appartamento. Assomigliate molto a Lance: emotivo, pronto al panico. Sapevo benissimo come avrebbe reagito vedendo il rapporto dell’investigatore privato sulla scrivania di mio marito e sapevo anche come avrebbe agito oggi.
— Con qualche incoraggiamento — borbottò Casey. — E io che cosa dovrei fare… confessarmi colpevole di tre omicidi?
— Basterà uno.
— E quello commesso da voi, con la rivoltella che avete in mano? Controllano quel genere di cose, sapete?
Doveva tenere d’occhio la sua calma micidiale. Se si fosse incrinata, anche leggermente, sarebbe stato necessario agire in fretta. Era riuscito a spostarsi davanti al corpo di Phyllis ed era già un vantaggio, ma si sarebbe sentito più al sicuro dopo l’arrivo dello sceriffo.
— Peccato che siate tanto emotivo — spiegò la signora Brunner. — Se non aveste lasciato cadere la rivoltella, avventandovi su Phyllis in modo tanto selvaggio, io non avrei potuto raccattarla e tenervi a bada, fino all’arrivo delle autorità. Naturalmente — aggiunse con tono pieno di significato — se preferite tentare la fuga…
Chiaro, chiarissimo: lei aveva già pronta la versione da servire alla polizia e sarebbe anche riuscita a farsi credere. Fra la parola della signora Brunner e quella di Casey Morrow, chi avrebbe esitato? Tutto in lei, dalla sua posa al modo con cui stringeva la Luger, lasciava capire che ne era consapevole. Vestiva tuttora di nero e chissà per quanto avrebbe continuato a portare elegantemente il lutto del marito, della figlia e del quasi genero. Un lutto di lusso.
Vedendo che volgeva lo sguardo verso la figlia, Casey fu pronto a sviarla, dicendo: — Dev’essere terribile non avere denaro. Neppure i Morokowski si sono mai abbassati a tanto. — Le parole, però, non valevano più a distrarla. Fissava il corpo di Phyllis e l’improvviso balenio nei suoi occhi ammoniva Casey che era giunta l’ora. Il riflesso di fari d’automobile apparve sulla parete mentre una macchina svoltava nel viale, e se anche fosse stato lo sceriffo era troppo tardi. Un grido soffocato di sorpresa e Casey si era tuffato sulla rivoltella che già rimbombava fragorosa.
Era buio. Piano piano tornò la luce, e Casey sulle prime avvertì un dolore lancinante, un dolore che lo trafiggeva al fianco destro, quindi notò il soffitto, le pareti e per ultimo un uomo dagli scaltri occhi azzurri che lo scrutavano da sotto l’ala del cappello di feltro.
— Salve, Casimir — disse il tenente Johnson. — Avete fatto da paraurti a una pallottola, mi sembra.
Casey cercò di muovere il braccio destro, ma il dolore si fece più acuto. Imprecò fra i denti poi guardò di nuovo. Era proprio Johnson, ritto accanto al letto di Phyllis su cui giaceva lui.
— Da quando in qua siete sceriffo? — gli chiese.
— Non lo sono, ma ho avuto un invito speciale per questa festicciola. Una certa Maggie Doone ha telefonato alla centrale per dire che un idiota stava per cacciarsi in un mare di guai se non mi fossi precipitato qua a impedirglielo. La conoscete?
Come unica risposta, Casey imprecò di nuovo e il tenente sorrise aggiungendo: — Non avreste dovuto svignarvela, ieri sera. Vi avrei evitato molte seccature.
— Me lo immagino!
— È vero. Volevo soltanto rivolgervi alcune domande circa questa lettera d’amore. — Non era una lettera d’amore, bensì il foglio strappato dall’agenda di Groot che Casey aveva spedito alla centrale. — Per essere un investigatore privato — fece Johnson — lasciate delle piste piuttosto chiare.
Strano come apparivano diversi gli occhi azzurri del tenente quando sorridevano. “Forse sto morendo” pensò Casey, “ed è per questo che fa il cordiale.” Piano piano quanto era accaduto nella stanza cominciava a riprendere forma, ma quando volle guardarsi attorno, la grossa mano di Johnson lo respinse contro i cuscini, non prima tuttavia che egli avesse visto ciò che voleva sapere.
— State tranquillo fino all’arrivo dell’ambulanza — ammonì il tenente. — So che è quasi impossibile uccidere un polacco, ma è inutile che vi ci proviate con tanta energia. Abbiamo già sufficienti cadaveri.
— E la signora Brunner?
— È in buone mani, dove sarebbe stata da tempo se non aveste fatto lo spiritoso. Lo so, trovate che io sono uno stupido poliziotto, ma ignorate ancora alcune cose. Forse non sapete che ieri abbiamo ripescato il corpo di Carter Groot dal Lago Fox. Pesava parecchio tanto era pieno di pallottole calibro 38.
Casey cercò di tornare indietro col pensiero e, benché non fosse facile, con un certo sforzo ci riusciva.
— Io so dov’è una 38 che si adatta a quei proiettili — disse. — Scovate un tizio che si chiama Victor Vanno e vi racconterò tutto.
— Ne so sempre più di voi.
Johnson non si vantava. Quando Casey lo fissò, aggiunse: — Inoltre, voi non sapete di che tipo di pratiche si occupasse Carter Groot. Un solo tipo: divorzi.
Casey sapeva di essere rimasto a bocca aperta, ma non gli riusciva di richiuderla. Gli occorse un certo tempo per digerire le parole del tenente, ma poi finì per chiedere: — Gorden?
— Chi altri? Eh già, la signora Brunner sarebbe potuta essere sua madre, ma che significa? Lei aveva bisogno di lui, per dare a bere tutte le sue false opere di beneficenza, e lui aveva bisogno di lei, per pagarsi l’affitto. A un certo momento, Brunner mangiò la foglia e decise di liberarsi di entrambi. Il resto appartiene ormai al passato.
Passato… avvenire. La luce si rifletteva su un oggetto che Johnson rigirava tra le dita, e Casey provò un senso di capogiro nel vederne la punta insanguinata.
— Un bel trucco! — fece il tenente. — Un finto omicidio organizzato per intrappolare un assassino. Avreste potuto lasciarci la pelle, tanto voi quanto la ragazza.
— Invece, siamo vivi, e il trucco è riuscito — ribatté Casey.
Johnson si ficcò in tasca il tappo di cristallo con una smorfia di disgusto. — Commediante! — brontolò. — Perché non ve ne tornate a Hollywood?
Casey chiuse gli occhi. Non aveva più voglia di parlare. Voleva ripartire dal principio, proprio dal principio, e riesaminare i fatti finché ogni pezzo si fosse incastrato perfettamente nell’altro.
La signora Brunner e Gorden, Gorden e la signora Brunner. Ecco la verità. E allora Phyllis non c’entrava affatto. Era stata soltanto impaurita ed era fuggita come potrebbe capitare a chiunque. Gorden e la signora Brunner, non Gorden e Phyllis.
Per di più era viva. Era meraviglioso avere ricordato in tempo che una sola persona poteva essere al corrente dell’esistenza della Luger. Ebbe un fremito e riapri gli occhi.
Il tenente se n’era andato, e Phyllis gli stava appoggiando una pezzuola umida sulla fronte. Non aveva molto senso perché l’unico dolore che lui non provava, in quel momento, era proprio il mal di capo, ma in fondo qualcosa doveva pur fare. Quando il suo mondo le crollava attorno, Phyllis doveva sempre fare qualcosa, ballare o cuocere spaghetti o piegare, sciorinare pezzuole umide. Casey era fierissimo di riuscire a capirlo. Dando tempo al tempo, forse, sarebbe anche riuscito a capire la donna che aveva sposato, e, a giudicare dalla riapparizione dell’anello, alla mano sinistra di lei, il tempo non sarebbe mancato. Per ora, sapeva che non si sarebbe mai arresa, che nulla l’avrebbe fatta cedere, che non sarebbe mai ricorsa all’arma delle lacrime, quell’arma tanto femminile.
E così, Phyllis scelse proprio quell’attimo per gettar via la pezzuola, e lasciarsi cadere contro la sua spalla, scossa da singhiozzi. “Che momento, per farsi trovare con un solo braccio valido!” pensava Casey.