CAPITOLO I.

Definizione del piacere.

La vita dell'uomo è un misto di piaceri e di dolori. Queste due sensazioni del pari forti e diametralmente opposte si agitano nell'animo umano, lottano incessantemente tra loro, e a vicenda si vincono, ma ben di rado si cancellano. L'uomo portato dalla sua natura ardente, vivace cerca sempre ed ovunque il piacere, come lo stato nel quale egli meglio può gustare la vita, usandone però moderatamente. E per piacere intendo accennare a qualunque aggradevole sensazione che faccia presa sui nostri sensi. Così chiamerò piacere le ebbrezze voluttuose di amore, come le dolcezze del riposo. Le gradazioni del piacere più forte, più vivo a quello più debole sono innumerevoli. Ma tutti non esciranno mai da questa grande classificazione, cioè piaceri sensuali e piaceri morali. Inutile pure il dire che i generi sono infiniti.

I piaceri fisici o sensuali, quantunque più ricercati, sono quelli che meno restano impressi, anzi cercano col cessare dell'eccitante che li ha prodotti. I piaceri morali sono i più puri, sono quelli che giammai si cancellano dall'animo.

I diversi generi di piaceri però sono prodotti da varie cause. Dalla condizione sociale, dal temperamento nervoso, dall'educazione, dai climi, dalle stagioni, dall'età, dal sesso, dallo stato di salute, ecc. Come ben si può scorgere a priori un vecchio ottuagenario non ricercherà i piaceri vivaci e focosi della gioventù. Diversi saranno i piaceri che si ricercheranno in inverno ed in estate, in città ed in campagna. Come pure diversi sono i piaceri dell'amore da quelli della mensa; quelli della caccia da quelli del riposo, ecc.

Molto agisce sui piaceri anche il temperamento; infatti lo stesso piacere farà una più viva impressione sul temperamento nervoso che sul linfatico.

La nostra vita è dunque un complesso di piaceri e di dolori. L'indifferenza che tanti definiscono uno stato intermedio fra il dolore ed il piacere, raramente si scontra nella vita.

Il piacere può anche dirsi il possesso dei beni che si desiderano, il dolore la loro privazione. E siccome tutti nella loro vita desiderano, così tutti potranno andar soggetti alla realizzazione di questi desiderii o alla loro privazione. E questa asserzione è puramente pratica. Non è forse un piacere il riposarsi quando si è stanchi? Il mangiare, il bere quando si ha fame o sete? Anche l'amare ed essere riamato dal nostro ideale, poter sacrificare a lei tutto perfino la vita, non è forse una dolce soddisfazione, non è forse un piacere? Soccorrere l'infelice, consolare l'afflitto, morire per la patria, per un'anima bella non son forse piaceri? E se questi lo sono, la negazione di essi non produce dolore nell'animo nostro?

Ora dirò che l'uomo cerca sempre il piacere e sempre fugge il dolore. Questo non ha bisogno di dimostrazione. Anche i bruti per istinto cercano la gioia, le sensazioni gradevoli. Eccetto nel caso d'una perversione di istinto tutti cercheranno il piacevole e fuggiranno quello che può loro nuocere.

Non mi si accusi però di voler fare l'apologia del piacere o del sensualismo. No; una accusa di tal genere classificherebbe subito chi la lancia per un'anima poco elevata. Il piacere è anche morale, diss'io; e del resto, anche gustando i fisici, sempre però con riservatezza, è un bene.

Un uomo che sente dignità di se stesso non abusa dei piaceri sensuali, perchè ha anche la cognizione di sapere che, oltrepassato un dato limite, diventano dannosi. È forse male gustare l'odore grato d'una mammola, il delicato sapore d'un frutto maturo? È forse male amare onestamente una vaga fanciulla dalla treccia nera e lucente? L'Ente supremo ci ha largiti questi beni affine di sollevare lo spirito nostro dalle fatiche del lavoro; non sarebbe forse follia il rifiutarlo?

Uno dei più dolci incanti della vita è la unione dei piaceri dei sensi al godimento dello spirito, perchè ci sollevano come in un mondo incantato, tutto nuovo per noi. Guai però a chi si lascia trasportare dal piacere. Esso non deve mai essere un bisogno, una abitudine, un vizio! Se lo fosse ci abbasserebbe al livello del bruto, perchè soffocherebbe in noi qualunque altro lodevole sentimento. Quanti uomini che, dominati da un piacere sensuale, presentano nella loro fisionomia analogia coll'animale, cui li assimila la loro inclinazione!....

I piaceri sensuali avviliscono ed annientano l'uomo! Quanti uomini d'ingegno non si sono per questo completamente abbrutiti. Basterà citare il romano Antonio. Non avrebbe egli vinto Ottavio se un amore cieco non lo avesse gettato fra le seducenti braccia della regina Cleopatra!

Da questo capitolo deduciamo dunque la morale seguente: gustiamo i piaceri leciti con somma prudenza; mai non lasciamoci dominare da essi. Fuggiamo quei piaceri che, pregiudicando altri, pregiudicherebbero noi stessi. Non vuotiamo per intiero il calice del piacere; dopo questo viene l'ebbrezza, la sazietà, il dolore.

Evitiamo dunque gli eccessi, uniformandoci alle nozioni d'igiene che verranno esposte in questo libro.

GAPITOLO II.

La giovinezza ed i suoi piaceri

Parte Prima.

Adolescenza—Pubertà.

Adolescenza e sua igiene.—Questa bella età che si rimpiange sempre ha i suoi piaceri innocenti ed anche giovevoli alla salute. Essi consistono in giuochi meno o più rumorosi, come il salto, le corse, la ginnastica, la danza, il nuoto e qualche volta l'equitazione. Piaceri che, quando non affaticano di soverchio il fanciullo, sono giovevoli; perchè irrobustiscono i suoi muscoli; gli allargano il torace, consolidano la sua salute e lo rendono agile e destro.

Le malattie e le indisposizioni che affliggono questa età sono le bronchiti, i mali di gola, le eruzioni cutanee, le emorragie nasali, i colpi, le cadute, ma principalmente i flussi di ventre e le indigestioni. Quando le prime cure materne non bastano a guarire il giovinetto, allora la prudenza esige di chiamare il medico, perchè è meglio prevenire una malattia che guarirla. Secondo i casi giova all'ammalato delle bibite emollienti o diluenti.

I mali di corpo e le coliche provengono dalla ghiottoneria propria a questa età; dal mangiare cioè in quantità frutti succosi, dal rodere gli acerbi.

Sono pure a temere pei fanciulli le indigestioni provocate da zuccherini, confetti, pasticci, dolci ed altro, perchè queste chicche sono molto pesanti e indigesti, e bisogna procurare di non guastare lo stomaco sì da bambini. Quando dopo qualche malattia il fanciullo non si corregga, bene è d'uopo che i genitori gli facciano una continua vigilanza, perchè la malattia si rinnoverebbe con somma facilità.

Non si predicherà mai abbastanza ai bimbi i tristi effetti dell'ingordigia, massime poi alle giovinette, perchè le chicche tolgono loro la giovanile avvenenza e la seducente freschezza.

Pubertà.—La pubertà è l'età nella quale una grande rivoluzione s'opera nel corso della nostra vita, l'età nella quale il fanciullo diventa uomo; la ragazza, donna. Questa è l'età nella quale ci si schiude davanti un orizzonte dorato; nella quale tutto ci sembra color di rosa. È l'epoca dei sogni più lusinghieri, degli affetti più vivi; è l'epoca nella quale la fervida immaginazione ci trasporta, in cui si fanno mille castelli in aria; castelli che pur troppo si sfasciano al primo vento glaciale del nord. Eppure si è felici, o per lo meno molti lo sono, perchè adulti si rimpiange questa fase della vita nella quale cominciano a far capolino i prodromi di potenti fenomeni organici che la pubertà non indugia a svolgere. È l'amore, il quale, a partire da quest'epoca, domina tirannicamente il nostro essere. E ciò ha voluto natura per mantenere il suo fine: la propagazione della specie.

Innumerevoli sono i piaceri di questa età perchè è appunto nella pubertà che lo spirito nostro è avido di novità, di svaghi, di divertimenti, di forti impressioni.

Le feste, le gioconde serate, i balli, i concerti, i teatri sono piaceri che attraggono la gioventù, ed ella vi si slancia con tale ardore al quale è bene mettere un freno. Infatti essi ponno e moralmente e fisicamente riuscire dannosi alla gioventù.

Fisicamente potranno nuocere non usando tutte quelle precauzioni che pur troppo in queste occasioni, nelle quali si è esaltati, non passano nemmeno per la testa. Infatti il subitaneo passaggio dal caldo al freddo o viceversa, l'eccitazione cerebrale che si propaga al corpo, le soppressioni totali o parziali di una esalazione, di una evacuazione sono cause di affezioni polmonari acute, di irritazioni intestinali, di dolori addominali, di bronchiti, di reumi, che possono svilupparsi dopo un po' di tempo od anche istantaneamente.

Moralmente potranno nuocere se il carattere del giovinetto è molto impressionabile. È cura dei genitori il preservarlo da questi pericoli. Non che io dica di privare affatto il giovane da qualsiasi divertimento suaccennato, dal teatro, per esempio, no. Ma aver cura, se si tratta del teatro, di sapere a quale produzione assisterà il giovane. Infatti non resterebbe male impressionato se assistesse ad una produzione nella quale l'amor coniugale si mette in ridicolo e s'innalza l'adulterio ad un eletto sacrificio da parte della donna?... Nella quale si passano in rassegna le turpitudini di qualche scellerato? Allontanatelo dunque da questi luoghi equivochi, ma però accompagnatelo là dove delle produzioni morali inspireranno nel suo cuore il sentimento del buono, del vero e del bello.

Inoltre un piacere pericoloso pei giovani è il pubblico ballo, maggiormente quello di una grande città, dove vi si slancia una folla ardente e vivace, avida di trovare il piacere nell'ebbrezza della danza.

Però i genitori potranno accompagnarvelo se il desiderio di curiosità del figlio loro si mantenga come un'idea fissa.

I piaceri che si provano invece frequentando le feste di famiglia ed i piccoli giuochi di società sono molto più innocenti e dovransi accordare di buon grado perchè sollevano lo spirito giovanile.

È in queste riunioni che il giovane si reca volentieri perchè sa di trovare l'oggetto dei suoi pensieri, e i suoi più rosei sogni giovanili. La danza per questa età è un divertimento carissimo, perchè possono far pompa della loro abilità ed eleganza, soddisfacendo l'ambizione nascente, che se si mantiene nei limiti è una leggiera alterazione dell'amor proprio. A questi convegni intervengono sempre amici di casa, per cui la decenza e il pudore non hanno nulla a soffrire. Ne risulta quindi una gaiezza sincera e scevra di qualunque fine secondario.

Inutile d'enumerarsi sono poi tutti i diversi generi di piaceri fisici e morali. Raccomandiamo alla gioventù i piaceri morali, perchè oltre all'essere incancellabili, sono di utilità grandissima agli altri, e lasciano nell'anima una soddisfazione ed un contento grandissimo. Eccone un esempio.

Un beneficio è sempre ricompensato.

RACCONTO.

Con passo frettoloso e col viso allegro e giulivo un giovane studente per nome Edmondo Derval si avviava ad un convegno per andare con diversi suoi amici a fare una scampagnata. Ma fu arrestato durante il suo cammino da un crocchio di gente che attorniavano un poveretto steso al suolo. A tal vista Edmondo si avvicinò, e vista la faccia smunta e macilente di quel giovane infelice domandò alla folla che gli era accaduto. È ubbriaco, dicevano gli uni; è uno stratagemma per carpirci qualche soldo; è colto da apoplessia, dicevano gli altri. Derval lo esaminò attentamente, e disse indignato a chi osava ingiuriare il poveretto:

—Largo, signori, concedetegli un po' di aria; quest'uomo è estenuato dalla fame.

E siccome nessuno lo soccorreva, rivoltosi a tre giovanetti vicini:

—Animo, disse loro, aiutatemi a portare questo disgraziato nella vicina osteria; gli faremo ingoiare qualcosa.

E seguiti dalla folla che benedicevano quel giovane pietoso, entrarono, e deposto l'affamato su una banca, Edmondo domandò una tazza di brodo e un bicchier di vino del più buono. Appena bevuto un sorso di quel brodo vivificante, l'infelice aprì gli occhi, sollevò un po' la testa e compreso cosa eragli accaduto:

—Grazie, disse ad Edmondo con uno sguardo languido, ma espressivo, Dio ve ne compenserà.—E a lenti sorsi trangugiò il resto della bevanda ristoratrice. Derval gli fece anche portare un bel pezzo di vitello, e raccomandato al suo protetto di mangiare lentamente, chiamò l'oste, gli diede una moneta da 5 lire, dicendogli di pagarsi e di consegnare il resto a quel povero giovane, e tra i ringraziamenti i più sinceri uscì.

Intanto l'ora del convegno era trascorsa, ed il borsellino s'era impicciolito, ma egli lungi dal rimpiangere la gita perduta, tornò a casa col cuore soddisfatto di avere fatto una buona azione. L'indomani a' suoi amici, che gli domandavano perchè non era intervenuto a una così bella gita, raccontò il fatto, ed essi lo approvarono dicendo che una così rara soddisfazione valeva meglio che i folli piaceri d'una scampagnata.

—Ma tu hai dato tutto il tuo gruzzolo al poverello? gli domandò un amico.

—Sicuro, era l'ultimo pezzo da lire 5 che mi rimaneva, rispose egli.

—Ebbene, noi siamo amici; mancano quattro giorni alla fine del mese, puoi abbisognare di qualche cosa. La mia borsa non è tanto ben fornita, ma io la metto a tua disposizione!...

Pochi anni dopo, la rivoluzione del 1789 scoppiava. La plebe inferocita sfogava il suo furore da lungo tempo represso su tutto ciò che le pareva colpevole. L'aristocrazia fuggiva, il re era prigione, l'esercito disfatto. Nel decimo giorno circa del furore plebeo un giovane elegantemente vestito si difendeva a stento dalle ingiurie e pur troppo dalle busse dei popolani, e certamente non sarebbe uscito di là colle proprie gambe se un giovane operaio, fattasi la via a forza di gomiti, non avesse fatto il largo attorno al nostro eroe con due poderosi pugni. E presolo per mano gridò: «Guai a chi lo tocca! Questi è un amico del povero, un consolatore degli afflitti; senza di lui io sarei morto di fame» E rivoltosi al giovane, dissegli: «Venite, vi condurrò a casa, questo quartiere non è sicuro per voi!» Quell'operaio era l'affamato dell'osteria, quel giovane elegante era Edmondo Derval!

Parte Seconda.

I piaceri della giovinezza e loro igiene.

Qualunque sia il piacere che ci procuriamo, dobbiamo sempre porre un limite ad esso, perchè gli eccessi sono sempre funesti, e sono il più delle volte cause di serie malattie che possono renderci infelici per l'intiera vita.

Chi non conosce le dolorose indisposizioni che provengono da un eccesso nel mangiare o nel bere?

Come si disse poi nel capitolo precedente bisogna tener calcolo anche del luogo, delle stagioni, dell'ora e del tempo. E mi spiego. Non tutti i luoghi sono adatti al benessere del nostro temperamento, e sono a fuggirsi i siti umidi, dove si leva quella nebbia malsana causa di febbri dolorose. Anche le stagioni influiscono sui generi dei piaceri, come pure il tempo. Nessuno potrà divertirsi e ritrarre giovamento intervenendo ad una partita di piacere, di caccia, di pesca, al nuoto, se non in giorni sereni e in luoghi salubri. Un consiglio che i giovani dovrebbero sempre ascoltare è il seguente. Mai non si deve bere, anche sentendo il più stimolante bisogno, quando si è corso, saltato, fatto esercizi ginnastici, perchè, sopprimendo istantaneamente la traspirazione, si va incontro a malattie molto pericolose. Altresì, per la stessa ragione, non si deve esporsi ad una corrente d'aria fissa. Tenetevi fisso nella memoria questo consiglio se un giorno o l'altro non volete che, a seconda del vostro temperamento più o meno debole, essere assaliti da reumi, da flussi di ventre, da coliche, da mali alla gola e da altre di queste forti indisposizioni che tutte provengono dalla soppressione istantanea della traspirazione. Quanti che per aver trascurato questi precetti si rovinarono per tutta la vita!....

I piaceri poi non devono essere spinti fino alla fatica, altrimenti diventano nocivi. Anche l'amore allo studio deve essere frenato, perchè un'occupazione continua logora gli organi. Così gli studi che esigono una posizione incomoda devono essere di poca durata. Tali sono il disegno, il pianoforte, il ricamo e l'arpa.

Anche la musica vocale riesce dannosa a coloro che si sforzano, o che ripetono intempestivamente esercizi che non sono alla loro portata, perchè le corde vocali logorandosi si può perdere del tutto quella voce che per tanti è la loro vita.

È dunque meglio che tali studi si ripetano spesse volte nel giorno, piuttosto che sacrificare ad essi delle ore intere.

Parte Terza.

Igiene alimentare della giovinezza.

Questo capitolo deve essere attentamente considerato, essendo la questione degli alimenti la principale, poichè, questi sono i fattori principali della vita. È una questione che dolorosamente non fa parte del programa scolastico; dolorosamente dico, perchè molti giovani istruiti escono dagli istituti senza avere nemmeno le prime cognizioni riguardo a questa materia. La scelta degli alimenti, la loro quantità e qualità dovrebbe essere calcolata in ragione del sesso, dell'età e del temperamento dell'individuo. Influiscono molto anche su esse le stagioni, i luoghi, le professioni. Essendo provvisti di queste utili cognizioni si scanserebbero tante malattie, e l'alimenta zione avrebbe pieno il suo corso di rinvigorire le esauste forze del giovane. E il nutrimento di esso richiederebbe maggiori cure di quelle che attualmente si prestano. La qualità e quantità delle sostanze alimentari devono essere conformate e proporzionate sulle perdite del soggetto, quindi nella giovinezza l'alimentazione dev'essere più abbondante, perchè in quest'epoca della vita molto attiva ed operosa il giovane subisce un continuo ed abbondante spreco di forze muscolari.

Si deve avere riguardo anche al genere di vita che conduce l'individuo; infatti un impiegato che è condannato ad una vita sedentaria dovrà nutrirsi meno d'un manuale che s'affatica tutto il giorno. Le stagioni pure influiscono, ed infatti tutti d'inverno mangiano molto più che d'estate, e nella scelta dei cibi si deve aver molto riguardo nella primavera e nell'autunno.

Circa poi il numero dei pasti, questi devono essere regolati sulla forza dello stomaco dei giovani. I giovanetti hanno bisogno di fare quattro pasti al giorno. Due abbondanti e due più leggieri intermedi per attenuare la fame che si farebbe troppo sentire. Dopo i 24 anni invece bastano due soli pasti abbondanti o al massimo tre.

Sopratutto però badate di non mangiare e bere eccessivamente! Guai agli intemperanti! Lo stomaco starei quasi per dire che è il centro della vita nostra, perchè è nello stomaco che i cibi subiscono quella trasformazione chimica, per la quale, ridotti in chimo, si assimilano col sangue, risarcendoci per tal modo delle forze perdute. Chi è sano di stomaco godrà d'una vita lunga e felice, e potrà giungere ad una robusta vecchiaia esente da infermità. Una raccomandazione importante sarebbe quella di alzarsi da tavola con un leggiero appetito, mai mangiare ingordamente fino a che vi sentite sazi, perchè se lo stomaco affatica a digerire tutti quei cibi coi quali lo empite, esso si logorerà ben presto e si andrà soggetti ad indigestioni, a gastriche ed altre malattie sempre gravi allo stomaco ed agli intestini. Abbiate dunque sempre cura di questo apparato sì necessario alla vita; rifiutate qualunque cibo o bevanda che gli possa nuocere e che lo rendono incapace di funzionare nella tarda età.

Abbiate dunque sempre in mente questi precetti, perchè chi ve li dice è uno che per molto tempo ha violentemente sofferto di stomaco e vi scongiura pel male nel quale potreste incorrere di osservare attentamente queste norme elementari.

CAPITOLO III.

Dell'amor fisico

Parte Prima.

Primi palpiti d'amore.

È nella giovinezza che noi cominciamo a pensare ed a sognare: è in questa età che le nostre forze fisiche e le facoltà intellettuali e morali si sviluppano e s'ingrandiscono; è in questa età che il nostro cuore si apre ad una vita novella, che esso si accende e batte per una nuova passione che in un istante può incendiare tutto l'umano edificio. È l'amore che si mostra sotto un aspetto giocondo alla nostra fervida immaginazione, è l'amore che incomincia ad impossessarsi dei nostri giovani cuori per forse poi straziarli e farsene giuoco. Quasi tutti o ben pochi vanno esenti da questa passione; e gli antichi avevano ragione di raffigurare l'amore sotto le sembianze d'un vispo fanciulletto alato, cogli occhi bendati tenendo in una mano una fiaccola, nell'altra un arco sempre teso e sulle spalle una farètra piena di acutissimi dardi. Nulla può contro esso; anche gli Dei stessi dell'Olimpo, persino il sommo Giove furono trafitti dalle freccie dorate d'Amore.

Tutti adorano l'amore e specialmente i giovani, per esso tutto sacrificano, per esso cercano la riputazione, la fama, la gloria! Di quante nobili e generose azioni è causa l'amore! Dante, Petrarca, Tasso per lui si immortalarono! E Amore sempre volubile, perchè bello, spinge gli uni alla gloria, gli altri al tradimento, alla ignominia; quanti esempi che pur troppo si potrebbero citare!... Meglio è il silenzio.

Parte Seconda.

Sensazione del coito.

Al fine di conservare la nostra specie sul globo la natura ci ha concesso durante l'atto della riproduzione uno dei più vivi piaceri. Questa sensazione in certi insetti è così intensa che perfino la morte non varrebbe a separare il maschio dalla femmina durante il coito.

Nell'uomo un improvviso arresto, qualunque sia il motivo, dei pieceri venerei, può produrre gravissime conseguenze e in certi casi anche la morte. I piaceri d'amore poi offrono i più svariati fenomeni a seconda della costituzione fisica dell'individuo, della sua impressionabilità nervosa e del clima in cui vive.

Vi sono taluni che li gustano e vi si abbandonano con una vera frenesia; altri che restano quasi insensibili. Però questi due casi sono anormali, e dinotano un'alterazione del sistema nervoso. Il coito, per produrre buoni frutti, deve aver luogo in un voluttuoso raccoglimento.

La donna nella più tenera età, come per istinto, preludia alla riproduzione colle sue bambole e col suo amore ad esse come fossero figlie.

La giovinetta sogna d'amore e scorge davanti a sè un orizzonte roseo e sorridente.

La donna pone tutto il suo amore nei figli, uniche sue speranze avvenire, e fattasi vecchia circonda colle cure più sollecite i suoi vispi nipotini.

Parte terza.

I due lati dell'Amore.

Non sempre l'amore è causa di gioie pure ed infinite; talvolta lo è di dolori e di una vita sventurata. Se giovani lo si cerca e lo si brama, in seguito poi a qualche disillusione si cerca di fuggirlo e lo si maledice.

Esso, come già dissi, spinge gli uni alla gloria; gli altri, perchè comanda la devozione e l'ubbidienza, all'ignominia, al tradimento!

Eppure l'amore è l'ideale di tutti; tutti pongono in esso i loro sogni, le loro speranze. Ma guai a chi leggiermente vi s'abbandoni! Prima di cadere completamente nei lacci d'amore bisogna ponderare ben bene dove esso ci potrà condurre.

L'amore ha un lato vivace, sorridente, che ci attrae; l'altro è tetro, imbronciato, che ci disgusta.

L'amore puro, timido e casto appartiene al primo genere. Esso è l'amore che deve formare la felicità nostra, è un amore tutto poetico e lusinghiero.

Al secondo appartiene l'amore irato, focoso, che è funestato dalla gelosia. Guardiamoci da questo, perchè il fuoco che arde nei nostri petti ben presto si consuma senza poter nulla di poetico godere. Esso è un amore direi quasi despota e tiranno.

È vero che all'amore nulla può comandare, ma è bensì vero che gli si può resistere con un grandissimo sforzo di volontà. Tocca ai genitori di mostrare ai loro figli il lato brutto e pericoloso, tocca ad essi, dico, ad arrestarli sul lubrico cammino che conduce ad una vita desolata, piena di pianti e di tristezze.

Guardatevi pure, o giovinetti inesperti, dagli amori volubili, gelosi e violenti. Se un tal genere di amore cominciasse a far presa nel vostro animo soffocatelo al suo nascere; meglio negare, anche con dolore, la propria volontà, che essere infelici, e disgraziati più tardi.

Parte Quarta.

Dell'Amore e sua igiene morale.

Se l'amore coi suoi nodi difficilmente solubili avvicina due giovani cuori e li fa battere entrambi dello stesso palpito, raramente si può arrestare i battiti di quei cuori, raramente si può scindere i due amanti. Nulla, nemmeno l'esilio potrebbe spegnere la fiaccola ardente di quel primo amore.

Ciò che alle volte pone un ostacolo insormontabile è l'incompatibilità di carattere, la differenza della posizione sociale. E quì l'igiene e il ragionamento devono riunirsi in uno sforzo comune per rendere evidente ai due innamorati l'impossibilità di accendere la fiaccola d'Imeneo. Le ragioni però che i genitori dovranno addurre sempre, devono avere un serio fondamento, e devono essere esposte con dolcezza se si vuole ottenere la vittoria. Esporle con severa durezza non si farebbe altro che attizzare il contrariato amore.

Se questi mezzi fossero vani, allora l'amore essendo troppo radicato nel cuore del giovane, nulla varrà a estirparlo, e se un languore incurabile s'impossessasse del povero innamorato, l'unico rimedio è il matrimonio.

Però di rado si scontrano questi casi, perchè una cura amorosa e assidua da parte dei genitori può allontanare queste sventure. E più tardi, quando il giovane comprenderà la disgrazia alla quale è sfuggito, avranno la soddisfazione di sentirsi ringraziare e di essere più di prima amati.

Dopo però s'accorgono della giustezza dei rifiuti dei genitori; nella foga della loro passione nulla vedono, e non pensano che i genitori hanno molta maggiore esperienza di loro.

Mi ricordo d'una giovinetta che disse:

«Pare che i miei genitori dimentichino che io voglio maritarmi per me e non per essi. Perchè rifiutarmi l'uomo che io amo e designarmene un altro che mi è indifferente e che ben presto mi tornerà odioso?»

Se questi giovani potessero in queste occasioni riflettere, vedrebbero che queste determinazioni sono state prese dopo le più minute informazioni e ricerche, circa al futuro sposo o sposa alla sua famiglia, al suo carattere, alla sua condotta.

Vorreste voi che un padre e una madre avessero d'abbandonare la loro creatura allevata con tanti sacrifici sulla via della virtù a un giovine dedito ai piaceri più vergognosi e illeciti, a un giovane che invece di essere il sostegno della sposa, fosse il suo carnefice? Oh! no... farete bene a rifiutare la domanda d'un simile soggetto che farebbe infelice la vostra prole diletta.

È dovere sacrosanto de' genitori di vegliare sui figli loro, di consigliarli, di guidarli sul lubrico sentiero della vita. Essi non hanno esperienza, la loro mente è piena di poesia, vedono tutto color di rosa; perchè sono i primi passi che fanno nel mondo, perchè sono desiderosi di tutto vedere, di tutto gustare.

E voi giovani, pur troppo sempre presuntuosi, ascoltate i vostri genitori; se voi avete lo studio, essi hanno la conoscenza pratica della vita, e sempre potranno giovarvi i loro saggi consigli; i loro precetti potranno togliervi dal precipizio che si apre sotto ai vostri piedi. Se ora vi sembrano irragionevoli e severi li benedirete in seguito quando la vita vi sarà nota colle sue disillusioni, coi suoi disinganni. Voi non potete sapere dove può condurvi un amore pernicioso. Non disperate se il primo amore sarà infelice; un altro meno poetico, più ragionato del primo formerà la gioia della vostra vita futura. Anzi vi persuaderò con un esempio.

Come chiodo scaccia chiodo, così amore scaccia amore.

RACCONTO.

Quando l'amore si fa sentire nell'animo del giovane, palpita il primo suono ardente di esso e tutto il suo essere ne è invaso. È la vista d'una graziosa giovanetta degli occhi neri ed espressivi che gli ha messo nell'animo questo fuoco sino allora sconosciuto. Egli allora abbandona i giuochi, i trastulli di bambino, fugge i compagni, cerca solo i luoghi poetici e nascosti per poter sognare di lei, per lasciar libero corso all'immaginazione sua. E lo assale una dolce melanconia che in certi momenti lo annichilisce, è l'estasi d'amore che lo assale e gli fa trascorrere istanti dolci e felici.

A questo grado di amore giungeva quello d'Emilio e la sua bella se n'era accorta e il contraccambiava di pari affetto vero e sincero. I colloqui si succedevano, ed in uno di questi Emilio afferrata la mano di Lei, che dolcemente gli abbandonò, gl'impresse un bacio ardente, un bacio che svelava la sua interna e violenta passione. Quel bacio fece sussultare ambedue, e fece battere i loro cuori d'uno stesso palpito violento e pieno di amore. Emilo ed Aspasia erano felici; le dichiarazioni d'un amore eterno, che si sarebbe seppellito con essi nella tomba, si succederono. I baci non erano più sulla bella manina, ma sulle rosee guancie animate dal fuoco d'amore. Essi erano troppo contenti, una sventura pareva imminente. E la sventura pur troppo amareggiò il loro amore. Emilio fu condotto da suo padre a Parigi per ivi continuare i suoi studi. L'ultimo convegno d'addio fu pieno di giuramenti d'un amore costante e fedele.

Le lettere si succedettero senza alcuna interruzione nei primi sei mesi, ed erano ardenti come il loro cuore. Ma dopo questo tempo Emilio, corrotto dalle seduzioni della tremenda capitale, si sentì meno innamorato, le sue lettere diminuirono finchè cessarono del tutto. Egli attirato da alcuni suoi cattivi amici aveva dimenticata la sua gentile Aspasia per slanciarsi anima e corpo nei balli e nei festini.

La povera amica dimenticata si struggeva come una candela; un malore inqualificabile s'impadronì di lei, e senza i conforti e i saggi consigli d'una sua amica sincera, sarebbe forz'anche morta di crepacuore. Ma convinta e fatta forte dalla rassegnazione, divenne ancora la bella donzella seducente di prima.

E siccome le rose non appassiscono mai sullo stelo, trovò subito chi davvero l'amò d'un amore meno ardente e focoso ma più costante e reale. La giovanetta sulle prime non voleva aprire il suo cuore a nessuno, ma consigliata dall'amica sua lasciò che questo amore benefico cancellasse i dolorosi avanzi del primo così sfortunato.

E ciò serva a dimostrare come il primo amore rare volte finisce col matrimonio essendo troppo ardente e focoso.

CAPITOLO IV.

Conseguenze d'una cattiva scelta.

RACCONTO.

Eugenia B..., figlia di ricchi genitori che avevano pensato a ritirarsi dagli affari per godere nella vecchiaia i discreti frutti del loro assiduo lavoro giovanile, era una graziosa fanciulla sui 18 anni. Fra i molti adoratori, un giovane per nome Horimonte aveva saputo far breccia nel suo cuore e farsi amare. Era un giovanotto di belle apparenze, quantunque nascondesse sotto la sua ricercata eleganza e compitezza un cuore cattivo e un animo perverso. Tuttavia tanto seppe fare e dire che entrò anche nelle grazie dei genitori, i quali illusi e privi d'ogni informazione sul suo conto, lo tenevano caro e vedevano di buon occhio l'amore dei due giovani. Horimonte era pieno di attenzioni per la sua giovane sposa che in certo modo amava, ma d'un amore vivo e volubile quanto il suo carattere; cercando di nascondere i suoi di fetti egli non faceva pompa che delle sue buone qualità che si sforzava di far credere che avesse.

Finalmente tutti completamente illusi acconsentirono al matrimonio e giunse il giorno nel quale uniti per sempre a braccio uno dell'altro esciti dalla chiesa si avviavano verso casa. La folla che era accorsa numerosa applaudiva a questa unione, e i giovani e le fanciulle da marito si comunicavano tra loro la propria ammirazione. Molti anzi invidiavano questa coppia che tutti chiamavano felice.

E così fu nei primi cinque o sei mesi di matrimonio. Il marito mai non lasciava sola la sua cara Eugenia e le prodigava mille cure e mille attenzioni.

Ma la luna di miele, ahimè! troppo presto passò e una completa rivoluzione si palesò nelle abitudini di Horimonte.

Un giorno tra gli altri marito e moglie ebbero un grave diverbio che fece accorrere la fantesca, la quale non potendo aprire l'uscio, essendo questo chiuso al di dentro, stette ad origliare e tutto comprese. Di maniera che dopo potè essere in grado di consolare la sua povera padrona, alla quale voleva molto bene. Questa la pregò di tacere quanto aveva udito. Essa lo promise; ma il giorno dopo tutto il quartiere seppe che il giovane sposo tradiva la moglie e l'abbandonava per correr dietro alle crestaie ed alle donne di mondo, per le quali spendeva e spandeva con una eccessiva prodigalità. E pur troppo era vero. Horimonte dotato d'un ricco temperamento sanguigno, aveva bisogno d'uno sfogo, e, diceva egli, doveva cangiare amore e piaceri per sopportare passabilmente la vita. Aveva speso il resto di quel patrimonio che gli era restato, e per pagare gl'innumerevoli debiti aveva già intaccata la dote della moglie.

Povera Eugenia, ben altre sciagure le sovrastavano!... Tuttavia dopo qualche tempo dacchè conduceva questa vita scapestrata sembrò si cangiasse, e ritornò infatti ad essere il marito affettuoso ed obbediente dei primi mesi. La moglie credula e resa cieca dall'amore, credette a una conversione e dimenticò le sventure trascorse. Poveretta! Questa non era che un'infame commedia. Horimondo aveva bisogno di una di lei firma per poter vendere una casa che formava parte della dote di lei. Infine dopo una settimana di costanza e di scioccherie infinite, il marito, esposto il suo progetto, rimase tutto sconcertato perchè la moglie invece di accondiscendere subito, come aveva sperato, disse che abbisognava anche il consenso di suo padre. Horimonte, preso dall'ira per vedere il suo progetto sfumato, con una voce aspra e brutale soggiunse:

«Ah! sono queste le proteste d'amore? Indegna, le vostre parole furono sempre una vile menzogna. Se il mio onore e la mia vita fossero in pericolo, voi non fareste il minimo sacrificio per salvarlo.»

Una lagrima spuntò sulle ciglia di Eugenia; voleva parlare, ma il pianto le faceva nodo alla gola.

Il vile, vedendola intenerirsi, non pose tempo in mezzo, e disse estraendosi da tasca una rivoltella:

«Signora, scegliete: o firmate o mi uccido ai vostri piedi.»

La misera moglie, impietosita, fattasi forte, prese la penna, e già stava per mettere il suo nome, quando, vedendo la faccia inferocita del marito, fu presa da un tremito convulso, e la penna le cascò di mano.

Il marito, male interpretando tale atto, fu acciecato dallo sdegno, e gridò: «Ah! voi volete il mio disonore!.... Ebbene non avrete questa soddisfazione. Voi non mi vedrete più.» E si slanciò verso l'uscio. Eugenia l'afferrò, e voleva trattenerlo, ma egli con una spinta brutale la fece rotolare sul pavimento e fuggì. Disgraziatamente, battendo del capo contro uno spigolo, si fece una larga ferita; alla vista del sangue mandò un debole grido e svenne.

Quando ritornò in sè era debolissima. Per fortuna un grumo di sangue aveva arrestato l'emorragia. Pure ebbe la forza di alzarsi, di lavare il pavimento, di pulirsi i capelli e il viso per nascondere la brutalità di suo marito. Aveva appena finito quando entrò suo padre, che tutto accorato le domandò se era successo qualcosa di grave avendo veduto Horimonte tutto stralunato ed agitato.

«Nulla padre mio.» Ma un secondo svenimento sconfessò la risposta. La ferita si riaperse, ed il sangue usci di nuovo. La fantesca corse pel medico, e dieci minuti dopo entrò con esso. Dopo aver fatto rinvenire Eugenia medicò la ferita, ed assicurò il padre sulla poca gravezza di questa, dicendo che dopo un po' di giorni sarebbe stata completamente rimarginata. Andato che fu il medico, il padre volle sapere la causa di quella ferita. Ella cercò di scusarsi dicendo che era caduta accidentalmente; ma il buon genitore, che già sospettava di qualche cosa, insistè cosi amorevolmente che Eugenia tutto gli confessò. Il padre la lodò della sua rassegnazione e ringraziò Iddio di avergli concesso una figlia sì buona, dotata di un carattere così generoso, poscia soggiunse:

«Fin troppo, figlia mia, hai sopportato i legami di quell'uomo brutale; ora questi saranno rotti per sempre, e tu vivrai ancora in grembo alla tua famiglia come quando eri zitella.»

E infatti il giorno istesso lasciò questa casa testimone di sì acerbi dolori e visse tranquilla vicina ai suoi genitori. Quel po' d'affetto che ancora restavale dell'immenso amore di quello sciagurato ben presto sfumò, e subentrò l'indignazione, ed ebbe la forza, acconsentendo alle preghiere del padre, di domandare una legittima separazione.

Dopo tre mesi però, dacchè Horimonte era fuggito, ella ricevette una lettera da lui scritta, nella quale egli domandava mille perdoni alla moglie, e la supplicava di riceverlo ancora sotto il tetto coniugale. Inutile dire che questa domanda fu lasciata senza risposta. Egli fu così vile da scriverne un'altra alla quale rispose il padre d'Eugenia in questi termini:

«I legami che esistevano un tempo tra mia figlia e voi sono oramai rotti per sempre. Noi ne abbiamo fatto il solenne giuramento. Tra poco la legge pronuncierà il suo voto. La vostra brutale e codarda condotta ci ha spinti a questo passo. Non cercate di rivederci. Per noi non dovete esistere sulla terra.

Questa lettera laconica, e pur tanto espressiva, esaspirò il nostro bellimbusto. Mai non avrebbe pensato che sua moglie così timida avesse avuta tanta forza d'energia. Invano scrisse ancora, intromise terze persone; padre e figlia furono irremovibili.

Allora disperato, vedendo che nulla poteva ottenere colle buone, bestemmiò, imprecò e giunse persino a scrivere una lettera piena di minaccie ad Eugenia.

Ma questo atto gli costò caro, perchè un agente di polizia s'incaricò di portargli la risposta, e fu una risposta amara amara. Dovette umiliarsi a chiedere perdono all'agente, dichiarando di conoscere la sua mancanza e di andare tanto lontano di maniera che i signori D.... più non udissero parlare di lui.

Ed infatti quel codardo non solo abbandonò la città ma esule volontario andò a finire tra la rabbia ed il dolore i suoi giorni in estraneo paese. Eccovi, o genitori e giovanette, un esempio atroce, ma pur veritiero dei danni che avvengono per una scelta fatta con troppa leggierezza o per capriccio.

CAPITOLO V.

Parte Prima.

Il matrimonio ed suoi piaceri.

Il matrimonio dovrebbe essere l'unione di due cuori, di due anime che si comprendono a vicenda, che a vicenda si amano. Dovrebbe essere l'unione di due esseri di sesso diverso che si propongono di condividere le gioie ed i dolori della vita. Il fine del matrimonio è di perpetuare legittimamente l'umana specie. Due esseri che si amano desiderano adrentemente quest'unione che per sempre li congiunge con una catena dorata, che assimila le loro inclinazioni, le simpatie loro e la loro moralità. E infatti, come è sufficientemente dimostrato nel precedente racconto, questa dote è indispensabile per rendere un matrimonio felice. Tanto le gioie quanto i dolori poi li uniscono ancora più strettamente, perchè accrescono la simpatia e la stima reciproca. L'amore ardente che li univa d'amanti a poco a poco s'acquieta, si calma, dando luogo ad un affetto profondo che raramente si può svellere dal cuore.

Difficilmente i matrimoni d'onore riescono a bene, ed anche il proverbio « chi per onor si piglia per rabbia si scapiglia » conferma quest'asserzione.

Come sono felici coloro che legati dai vincoli della stima, dell'affezione e della devozione trascorrono la vita loro tranquilli, col cuore pieno di gioia e di tenerezza! Come lesti trascorrono i giorni loro! Come arride loro il sereno avvenire.

E la loro contentezza s'accresce quando il primo frutto d'amore rende ambiziosa e fiera la sposa che può sentirsi chiamata col dolce nome di madre.

Le cure dei coniugi allora sono rivolte al figlio loro perchè possa crescere dietro il loro esempio buono e virtuoso, e benedica quando sarà adulto chi gli diede la vita fisica e morale!

Parte Seconda.

Piaceri dell'amore materno e paterno.

Quando la donna è resa madre, i suoi pensieri, le sue più tenere cure, le sue più dolci affezioni sono riservate per la sua creaturina. È istinto di amarle profondamente affinchè possano crescere forti e robuste. E l'amore e tanto più intenso verso il bambino quanto più grande è l'affetto che porta al marito. Osservate con quanta gioia quella affettuosa madre accarezza il suo fanciullino, con quanta gioia lo bacia prodigandogli le più affettuose cure. Essa si assoggetta per lui a fatiche, a veglie, a inquietudine con costanza e quasi con gioia, per avere un sorriso, un bacio del suo angioletto. Come scrive Giusti nella sua poesia:

«In ogni pena, un nuovo affetto impara.»

Essa condivide le piccole afflizioni del bimbo, e gioisce de' suoi giuochi infantili. Cerca di indovinare i suoi minimi bisogni, i suoi piccoli desideri per soddisfarli affine di vedere il viso del suo figliuolino raggiante di gioia. E non meno profondo, quantunque diverso, è l'amore del padre. Anche esso è dominato da questo istinto lodevolissimo che lo attacca sempre più alle gioie della famiglia. Solo gli uomini abruttiti dal vizio mancano di questo sentimento naturale, rendendosi così di lunga inferiore alla belva la più feroce.

Se il padre non presta ai bimbi suoi quelle amorose cure che sono proprio delle madri, egli però cerca col suo indefesso lavoro di formarsi uno stato sempre migliore del presente per poter dare alle sue creature quell'educazione di cui tanto abbisogna un giovane. E quando stanco del lavoro giornaliero si reca a casa, con quanta gioia vede venirsi incontro i suoi demonietti vispi e allegri, e gettarsi fra le sue braccia e baciarlo e chiamarlo col tenero nome di papà.

Non è questa per un uomo di delicati sentimenti una delle più dolci soddisfazioni? Ma il suo amore s'accresce quando i fanciulli si fanno più grandicelli, quando cominciano a parlare, a comprendere. Con quanta pazienza esso allora cerca d'istruirli e risponde loro alle più piccole domande!... E fatti giovani, allora i coniugi ripongono in loro le loro più lusinghiere speranze, perchè allora possono raccogliere il frutto dei loro sacrifizi, del loro amore!

CAPITOLO VI.

Parte Prima.

Della procreazione.

Norme igieniche.—Coloro che amano di godere sempre una buona salute e quei conjugi che desiderano avere una bella e maschia prole devono procurarsi e leggere attentamente l' Hygiène du Mariage, perchè per la salute dei frutti e per quella degli stessi procreatori non è indifferente di librarsi ai piaceri voluttuosi di amore in tutti i luoghi, tempi e circostanze. Noi accenneremo le norme elementari. Intanto le epoche migliori per la fecondazione sono la primavera e l'autunno. Migliore poi è la primavera, perchè quella dolce aura profumata che spira accarezzando i primi fiori, i verdi ramoscelli, quel tiepido sole che ci rallegra, la natura che ci risveglia, tutto insomma ci invita a gustare delle dolci ebbrezze di amore.

I fisiologi, in base a molte osservazioni prese, sostengono che gli individui concepiti durante i rigori invernali, o durante i cocenti calori d'estate, crescono deboli, gracili, e sono difficilmente educabili.

Gli animali invece non hanno che una sola epoca dell'anno per procreare; ma sebbene l'uomo possa far ciò in tutte le stagioni, deve osservare le predette norme, e prova della verità di questi citerò il seguente

RACCONTO[1]

«I coniugi di Lor..., dotati d'una buona costituzione fisica, d'una salute floridissima e senza alcun vizio ereditario, dopo 10 anni di matrimonio, non avevano potuto conservarsi un sol figlio dei sei che avevano avuto, perchè, quantunque il parto fosse regolare, essi non campavano che due o tre mesi stante la loro gracilità.

«I medici riuniti a consulto credettero che il male fosse durante la gestazione, perciò ordinarono un regime particolare di vita alla signora quando si sentì di nuovo madre. Il parto ebbe luogo felicemente, ma il bambino ebbe la stessa sorte dei fratelli.

«I signori di Lor..., esasperati, decisero di non aver più prole. Ma il caso volle che al sig. Lor... capitasse nelle mani l' Hygiène du Mariage. La lesse attentamente, la comunicò anche alla moglie, e decisero di seguire tutte quelle auree norme e quei precetti per una nuova procreazione, giacchè in loro il desiderio d'avere un figlio era vivissimo.

«Il 15 gennaio infatti la signora Lor...... partorì un grazioso bambino che prometteva di campare visto la sua robustezza. La madre medesima lo alattò, ed ebbe la consolazione di vederselo crescere dinanzi sano e vispo come un pesce. Ne ringraziò di ciò Iddio che le aveva fatto capitare fra le mani il suddetto libro.»

Ed ora due paroline di ossarvazione:

Perchè quest'ultimo bimbo sopravisse e gli altri morirono? Basterà per risposta far osservare che i parti della signora Lor.... avvenivano sempre nei mesi di marzo, aprile, agosto o settembre, il che vuoi dire che la fecondazione avveniva nei mesi di luglio, agosto, dicembre e gennaio, i mesi più sfavorevoli ad una sana procreazione.

[1]

Estratto dagli annali fatti rari.

Parte Seconda.

Pericoli che s'incontrano abbandonandosi ai piaceri dell'amore.

I piaceri dell'amore sono cause che producono una intensa scossa del sistema nervoso. Questa scossa è talmente forte che ha prodotto perfino la morte; essa chiamasi anche spasimo venereo. È evidente dunque, ed anche la scienza ce lo insegna, che pur gustandoli moderatamente bisogna che noi ci troviamo in uno stato di calma fisica e morale, e che tutti i nostri organi sieno in riposo.

Norme elementari.—Il coito non si dovrà effettuare quando noi avessimo ammalato un organo qualunque, perchè il male si aggraverebbe.

Quando si è mangiato e bevuto copiosamente, perchè, arrestando la digestione, sarebbe causa d'una gastrite fortissima o peggio.

Quando si hanno appena finiti lavori intellettuali o fisici che richiedono fatica, o quando si ha corso, saltato, camminato, ecc. perchè il nostro fisico ha bisogno di riposo; l'atto sessuale non farebbe che prostrarlo maggiormente.

Quando si è stato poco prima in preda a un eccesso d'ira, di dolore, di spavento, o si è provato una forte emozione, perchè il male non solo si propagherebbe a voi, ma anche alla prole vostra.

Quando poi si gustano questi piaceri non si deve mai oltrepassare i limiti prescritti dalla natura, perchè il nostro fisico ne risentirebbe; dopo ci abbisogna un assoluto riposo, perchè mettendo in moto subito dopo i nostri muscoli, s'incorrerebbe in abbattimenti.

Bisogna altresì evitare durante il coito le posizioni anormali od incomode; il luogo, l'occasione, la paura d'essere scoperti durante questo atto sono sempre nocevoli. Sono malori che non si sentiranno direttamente, e da giovani si considerano questi avvertimenti come superflue pedanterie, ma ben se ne pente quando vecchi si è aggravati da tutti quei piccoli acciacchi e malori che sono l'effetto degli eccessi giovanili.

Quegl'individui che sempre vivono sotto la influenza genitale perdono a poco a poco ogni intelligenza. Non sono più capaci di pensare, nè di agire, e si rendono uguali ai bruti dominati sempre dal pensiero di sod disfare i loro brutali desideri. E questi eccessi venerei, dei quali prego i giovani di sempre astenersi, producono gravi malanni e forse anche la morte. Questo fatto convincerà gli increduli.

. RACCONTO.

Massimo Dub..., figlio di ricchi genitori, era un bel giovane sui 24 anni circa, e studiava volonteroso alla Facoltà di Parigi, quando per somma sventura gli morì il padre. Passatogli il primo dolore, e trovandosi padrone d'un bel capitale, si recò di nuovo a Parigi, che aveva lasciato per recarsi in famiglia. Gli amici suoi, sapendolo ricco, si attaccarono maggiormente a lui, ed approfittavano dell'inclinazione di Massimo ai piaceri per godere alle sue spalle.

Da principio erano festini, gite in campagna, pranzi in compagnia di donne prive del pudore. Vennero in seguito le serate, le orgie, alle quali Massimo invitava tutti i suoi compagni libertini e le loro mantenute. Il nostro povero giovane che camminava diritto al precipizio era da tutti adulato, tutti lo riguardavano come il campione della festa, ed egli pur troppo non ismentiva questa asserzione. Ma il patrimonio intanto scemava, e la salute gli si era alterata. A 25 anni, in seguito agli strapazzi ed agli eccessi dei piaceri d'amore, pareva già vecchio. Le sue forze erano esauste, il suo volto era pallido e macilento, gli occhi senza vita, come co perti di un fitto velo; una completa calvizie denotava una precoce caducità.

Ben se ne avvide Massimo, se ne avvilì, ed ebbe abbastanza intelligenza per comprendere che la sua vita sarebbe oramai perduta. Per cui decise di finirla in mezzo ai più folli piaceri.

E così fu.... Pochi giorni dopo diede una festa sontuosa, alla quale invitò tanti amici e prostitute quanti ne poteva capire la sala. Questa era tutta messa a nuovo, tutta dorata ed illuminata da mille candele. I fiori più rari esalavano un odore delicato e soave, tutto invitava all'orgia. Il banchetto incominciò. Lascio al signor lettore immaginarne la descrizione, che mi ripugna il farla. Fu un vero inferno: uomini e donne, assaporati i cibi più succosi ed irritanti, e accesi da vini ed a liquori alcoolici, si abbandonarono, ebbri, ai più ributtanti piaceri, e al pari dei bruti, quando le loro forze furono esauste, s'addormentarono sul pavimento, gli uni addosso agli altri, seminudi e nelle posizioni più schifose. Era una scena ributtante. Quando il sole era già alto sull'orizzonte, parecchi ancora stravolti si alzarono, ed a vicenda svegliaronsi. Cercarono Massimo, lo videro, lo scossero, lo chiamarono ripetutamente!.... Invano.... Massimo Dub.... abbracciato strettamente ad una giovane donna, era freddo cadavere!

CAPITOLO VII.

Mali derivanti dai piaceri solitari.

Parte Prima.

I piaceri solitari sono fra i vizi i più degradanti e i più dannosi, perchè non solo sono funesti al fisico, ma anche al morale, e le facoltà intellettuali si impiccioliscono sempre più.

Se noi dunque parliamo di questi vergognosi vizi, gli è per mostrarne i pericoli, gli è per poter arrestare quei giovani che vi si abbandonano, e che corrono indubbiamente su quella via sdrucciolevole che li conduce al precipizio. Pur troppo entrambi i sessi hanno esempio di infelici che furono trascinati ad una mala fine per questa degradante abitudine.

I caratteri principali dai quali si potrà conoscere l'infelice dedito ai piaceri solitari sono:

Affievolimento della intelligenza, perdita della memoria, timidità eccessiva, pusillanimità, pigrizia, stupidità ed alle volte follia.

Si conoscono dal fisico per:

Persistente pallidezza, magrezza, indebolimento di forze, tremito nervoso, alito fetente, in seguito sordità, tisi, consunzione e forse anche la morte.

Questa deplorevole passione però è più frequente fra le ragazze, perchè, dicono i medici, maggiore è il loro sistema genitale, e perchè, facendo una vita sedentaria, non possono essere distratte da brutti pensieri quanto un giovane.

Noi traccieremo qui un quadro dei mali che derivano da questa tremenda passione.

Questi mali nelle donne sono diretti o simpatici.

Diretti se colpiscono direttamente il sistema genitale, simpatici se colpiscono organi meno o più lontani.

Diretti.

Distruzione della verginità.

Dilatazione del canale vulvo-uterino.

Rilassamento della mucosa che copre quelle parti, donde hanno luogo i fiori bianchi meno o più abbondanti e fetidi.

Irritazione e indebolimento dell'utero, da cui l'interruzione della mestruazione.

Emorragie uterine.

Vapori isterici.

Rilassamento del canale della vescica, da cui l'incontinenza di urina.

Sterilità.

Perdite abbondanti che alterano la salute, distruggono le forze, conducendo al marasmo e fors'anche alla morte.

Simpatici.

Ammollimento delle mammelle.

Indebolimento delle forze digestive, indigestioni, vomiti, gastriche croniche.

Irritazione cronica dei polmoni, catarri, asma, tisi.

Indebolimento del cervello e del sistema nervoso.

Degradazione intellettuale.

Tristezza, noia, disgusto per la società.

Stupida indifferenza.

Aspetto d'idiota.

Perdita della memoria.

Difficoltà di pensare, ecc.

Debolezza muscolare.

Pigrizia, affievolimento generale.

Magrezza del corpo intero.

Pelle floscia, pallidezza, orbite profonde, occhi senza vita.

Finalmente atonia completa, sonnolenza, morte.

Ecco le terribili conseguenze che derivano da questo detestabile vizio. Voi giovinette osservate di quali mali sia causa la masturbazione, e pensate che se non vi arrestate, vi piomberanno tutti addosso conducendovi ad una certa e misera fine. Voi che dovreste essere corteggiate ed adorate, voi che dovreste ispirare la poesia, l'amore, sarete da tutti fuggite, da tutti disprezzate. I vostri lineamenti gentili si altereranno, la vostra giovanile freschezza scomparirà per dar luogo a rughe precoci, il vostro colorito roseo darà luogo a una pallidezza livida. Oh! no, no fuggite questo vizio così abbominevole e funesto!

Non seguendo i miei consigli, invece di una gioventù brillante, d'un vicino matrimonio sereno e ridente, che vi farà gustare tutti gli ineffabili piaceri di sposa e di madre, non troverete sul vostro cammino che compianto, tristezza ed abbandono.

Spero che questa lettura vi sarà di giovamento, e se il vizio non è già radicato in voi, potrete svellerlo con forza d'animo e di volontà, e allontanare tutti quei mali che da questo derivano mediante alcune cure ragionate, un'alimentazione particolare, distrazioni, viaggi, esercizi fisici, ecc. Allora soltanto potrete vivere di un'altra vita, e diverrete ancora vispe, allegre e amate da tutti.

E ciò che dissi per le giovinette, fra le quali però questo vizio si osserva maggiormente, lo dico a voi giovani che foste d'animo sì basso per abbadonarvi ai pieceri solitari. Non vedete i mali che ne provengono, non vedete come voi perdete in gaiezza, in salute, in intelligenza?

Fino a che questo vizio vi dominerà, voi non potrete concepire nulla di nobile, nulla di grande; i vostri studi saranno per voi ardui, perchè svanita sarà la memoria, rimarrete ignoranti, e sarete spregiati da chi conosce l'abitudine vostra. Oh! no, miei cari giovani, sradicate con ogni sforzo questo vizio riprovato dalla natura e dalla società; ritornate coi vostri amici, fate parte dei loro giuochi chiassosi, dei loro divertimenti! Non sentite vergogna di voi medesimi? dunque rialzate orgogliosi la testa, dimenticate i giorni vergognosi trascorsi, ridiventate giovani onorati e forti, pensate che avete parenti, amici e sopratutto una patria.

Parte Seconda.

Mezzi per impedire i piaceri solitari.

Quando i genitori o coloro presso i quali vive il fanciullo abbiano acquistato la certezza che il giovinetto è dedito a questo detestabile vizio dovranno porre in opera tutti i mezzi per impedirlo. Dovranno però usare prudenza e dolcezza perchè la violenza ed i castighi irriterebbero solamente il soggetto.

I mezzi da impiegarsi sono fisici o morali.

I mezzi morali, però, sono quelli che meglio riescono, perchè scuotendo l'immaginazione, destano un sentimento di timore e risvegliano l'amor proprio.

Si cercherà, per esempio, di far comprendere al giovane come tutti possono accorgersi delle sue abitudini, perchè gli traspare dal viso, e che invece di compiangerlo, lo disprezzeranno e mostrandolo a dito, lo lascieranno solo, temendo che esso guasti i compagni che gli sono vicini.

Se giungete a fare arrossire di vergogna il fanciullo o la fanciulla siete sicuri che questi faranno il loro possibile per cambiarsi.

Un altro mezzo da usarsi colle giovinette, è di suscitare la loro ambizione, ripetendo loro sovente che erano belle, fresche, avvenenti, e che gli adoratori cominciavano a ronzare loro d'attorno, invece che ora sono brutte, pallide, macilenti, e che in luogo di farle segno di mille gentilezze come le sono le giovinette loro pari, sono fuggite e guardate con disprezzo.

Se l'ambizione comincia a far capolino, se si persuadono che un giorno potranno eclissare in bellezza le loro orgogliose compagne, allora siete sicuri che esse saranno istantaneamente guarite da questo vizio.

Bisogna allontanare dai giovanetti le occasioni che possono trascinarli, come la lettura di romanzi, la vista di pitture o di incisioni indecenti, i teatri dove si danno produzioni immorali o leggiere, e tutto ciò che può accendere l'immaginazione loro.

Le giovinette che raggiunsero la pubertà sono dotate di una impressionabilità squisita, e risentono più vivamente dei giovani lo stimolo d'amore.

Se la giovinetta che manifesta l'inclinazione per l'altro sesso è nubile è un sacro dovere dei genitori di maritarla. Se non lo è bisogna che questi raddoppino l'attenzione perchè è facile che si dia al piacere solitario. I mezzi eccellenti per arrrestarlo sono le gite, le partite di piaceri, i viaggi, le passeggiate, ecc.

Parte Terza.

Mezzi per curare gli effetti dei piaceri solitari.

Alimentazione e distrazioni:

a ) Nutrimento dolce e corroborante da cui saranno escluse le carni scure, i pesci di carne rossa, il caffè, il vino, le vivande ventose, le droghe, gli zuccherini, ecc.;

b ) Fare una leggiera cena di frutti rinfrescanti prima ai coricarsi;

c ) Vietare gli alimenti indigesti e le bevande eccitanti;

d ) Fare uso di cioccolatte di buona qualità, che è un alimento eccellente e di facile digestione. Accennerò il cioccolatte fabbricato dalla Compagnia coloniale, che è preparato con zuccaro e cacao di prima qualità;

e ) Si procurerà di far fare un leggiero esercizio fisico dopo il pasto;

f ) Ogni quindici o venti giorni si dovrà accordare al soggetto il piacere d'un pranzo o d'una colazione in campagna, quando il tempo lo permette, oppure in un albergo, perchè la distrazione e il cambiamento di cibi sono efficacissimi, e producono ottimi effetti.

Raccomandazioni diverse:

a ) Si cerchi di stancare il giovane con esercizi muscolari faticosi prima di lasciarlo coricare;

b ) Si procuri che il suo letto sia abbastanza duro e poco carico di coperte;

c ) Si faccia alzare appena svegliato;

d ) Gli si dieno vesti leggiere piuttosto ampie e non mai troppo calde;

e ) Non si lasci scaldare al sole o al fuoco;

f ) Non si permetta l'uso dello scaldino alle giovanette;

g ) Si allontani finalmente qualunque causa morale o fisica che ecciti le loro funeste tendenze.

Consiglio ai genitori.

Si cerchi di correggere il fanciullo sino da bambino, perchè allora, come la pianticella, più facilmente si sradicheranno dall'animo loro le cattive abitudini.

Che le correzioni sieno dolci e prudenti, e che si cerchi di sfavorire lo sviluppo delle buone qualità, l'amore al lavoro, all'operosità, alle occupazioni attive, che sono la salvaguardia dell'innocenza e la conservazione della salute.

CAPITOLO VIII.

Della donna e dei piaceri che offre.

La donna, secondo gli artisti, è un complesso grazioso ed armonioso di linee delicate e di soavi contorni; è l'essere il più perfetto che abbia prodotto Natura. Essa giganteggia sopra tutte le altre creazioni; è intelligente quanto l'uomo, lo supera per le doti morali.

La donna è indispensabile per l'uomo, e senza lei, infatti, non vi sarebbe nè amore, nè famiglia, quindi nessun piacere puro e soave.

Oh! sì, l'uomo deve rispettare e amare la donna che si sacrifica a lui, che prodiga le più affettuose cure ai frutti del suo amore, che condivide i suoi dolori e le sue gioie. Dovrà esserle immensamente grato, perchè essa è un inestimabile tesoro di modestia, di grazia, di amabilità, di devozione, di amore. E quanto più l'uomo la ama e la rispetta, tanto più essa gli si affeziona, e gli è devota, e maggiori e ineffabili saranno i piaceri che essa gli apporterà, e di tutto farà per rendere felice l'uomo che le dimostra un vero e sincero amore.

Morali e fisici sono i piaceri che ci procura la donna.

I fisici derivano dalla sua bellezza, dalle sue attrattive che soddisfano gli occhi nostri.

I morali derivano dalle doti che essa possiede, dalla grazia, dal suo spirito, dalla dolcezza del suo carattere, ecc. La donna può impressionare tutti i sensi nostri, ma principalmente quelli dell'udito, della vista e del tatto.

Quantunque il senso dell'udito ci procuri minori sensazioni che quello della vista pure gli armoniosi suoni d'una voce graziosa di donna ci scendono sempre dolci al cuore. Non si prova forse una squisita sensazione quando la donna amata ci parla, quando arrossendo ci confessa il suo amore?.... Allora tutti i sensi sono come soggiogati da una ebbrezza deliziosa, non si desidera che di sentire ancora la sua voce melodiosa e soave.

E il senso dell'udito non resta dolcemente impressionato quando una voce di donna canta una bella romanza e quando le diverse modulazioni e colore delle sue note esprimono i diversi sentimenti dell'animo suo?

Il timbro della voce d'una donna è generalmente puro e dolce, ed accarezzando il nostro orecchio, ci fa una impressione gradevolissima. Però si da il caso che molte giovinette anche belle abbiano una voce grossa e rozza, che fa perder loro i pregi e le attrattive fisiche esterne. Per cui è da raccoman darsi ai genitori di rettificare possibilmente la voce dei figli loro quando sono ancora bambini per mezzo di utili esercizi che troveranno nella nostra Hygiène de la voix.

Il senso della vista ci procura le più dolci sensazioni. È infatti cogli occhi che si osservano le bellezze della donna, che si ammirano i contorni delle sue forme eleganti, che si seguono i suoi movimenti graziosi, che si scorge il suo incantevole sorriso; cogli occhi infine che si apprezzano le mille attrattive delle quali Natura la regalò.

Il senso del tatto è la sede dei piaceri fisici, inutile è il dimostrarlo. Infatti quale sensazione è più dolce di quella che si prova quando la gentile e morbida mano della donna amata ci accarezza, o quando questa ci bacia dimostrandoci l'amor suo, la sua devozione?

Guai però a quegli individui che non hanno abbastanza forza per resistere alle voluttà dei piaceri fisici! Questa funesta passione è causa di molti mali morali e materiali; presto le loro forze si estenuano e se la morte non li colpisce, invecchiati precocemente conducono una vita misera e amareggiata dall'infermità.

CAPITOLO IX.

Delle aberrazioni o traviamenti d'amore.

Tutte le passioni umane vanno soggette a dei traviamenti più o meno comuni, ma l'amore offre delle aberrazioni singolarissime. Talvolta si manifesta con tale energia che inspira perfino paura. Talvolta si tiene celato fino ad una propizia occasione, e allora si manifesta pubblicamente.

Generalmente l'amore ha per iscopo il godimento fisico. Quando si trova rivestito della forma platonica si manifestano delle singolari aberrazioni, e allora la passione è portata alla frenesia, al delirio. Gl'infelici che ne sono colpiti destano timore e devono essere rinchiusi in stabilimenti opportuni.

I traviamenti venerei si manifestano sotto diverse specie, dall'amore sensuale all' irritazione genitale e all' uteropatia.

La prima, propria all'uomo, comprende il priapismo e la satiriasi mali gravissimi che finiscono spesso colla morte.

La seconda, propria alla donna, comprende l' isterismo e l' uteropatia, mali che però offrono speranza di guarigione.

Fra questi mali gravissimi ve ne sono altri intermedi che sono perversioni dell'apparecchio nervoso-sensorio.

Vi sono anche, all'incontro, parecchi individui d'un eccessivo rigorismo per la maggior parte delle donne, e non comprendono la donna che in mezzo alle ricchezze, all'eleganza, alle dovizie; tutte le altre per loro sono sciupate e ripugnanti. Ben presto però la follia s'impadronisce di essi.

Esistono taluni anche ai quali piacciono le donne alte, altri le piccole, altri ancora o le grosse o le magre; v'è chi adora la donna dal colorito vivace, chi ama quella dal viso pallido, ecc.

Vi sono individui pei quali i piaceri sensuali sono la loro principale occupazione, e cercano qualunque mezzo per soddisfarli, però sono frenati abbastanza per nascondere il loro vizio. Questa irritazione genitale soddisfatta conduce alla satiriasi. Si dica lo stesso delle donne che, soddisfando le loro brame sensuali, vanno incontro all' isterismo e alla uteropatia. Questo sia d'avviso a coloro che hanno un temperamento tendente all'amore.

Inoltre se lo spasimo venereo è prolungato oltre i limiti possono derivare infiniti mali, e pur troppo delle convulsioni mortali, e fors'anche la morte fulminante.

Questi piaceri poi, gustati troppo spesso, ci abbrutiscono, facendoci svanire le facoltà intellettuali e le forze fisiche, e rendendoci inutili a noi stessi e alla società.

Parte Prima.

Satiriasi.

Questa funesta affezione deriva dal temperamento con predominio genitale, dall'impero dell'istinto brutale sulla ragione, e dall'irritazione morbosa del sistema nervoso, dell'apparato generatore e del cervelletto. L'individuo affetto da questa malattia soccombe indubitabilmente.

Citeremo un esempio.

Il giovanetto Amedeo R..., dotato di un temperamento nervoso-sanguigno con predominio genitale, si era fin da fanciullo abbandonato ai piaceri solitari. Ma la sua forte costituzione e la sorveglianza dei genitori ne scongiurarono i tristi effetti. Uscito però dalla famiglia potè abbandonarsi anima e corpo ai piaceri d'amore, bazzicando nelle case di tolleranza e dandosi in braccio a prostitute. Perfino la morte di suo padre non giunse a scuotere quest'anima depravata. Lasciò la capitale per andare a raccogliere l'eredità, e poi vi tornò sciupandovi più di prima patrimonio, salute e onore. Ben presto però, povero affatto e cacciato anche dalle donne perdute, cui incuteva spavento colle sue brutali passioni, si vide costretto per soddisfarle di girovagare pei luoghi deserti della capitale tra i ruderi e le rovine, dando l'assalto alle donne che per malaventura vi passavano sole. Ma la polizia seppe subito arrestarlo, e lo trasse in prigione. Ma da qui fu trasportato all'ospedale dei pazzi, e ivi legato con ferri, perchè offrì i più violenti sintomi di furore genitale.

Fu messo in una gabbia di ferro della quale mordeva le spranghe, e qui stette come un cane idrofobo per una settimana in preda a convulsioni tremende. Impossibile fare il ritratto di quest'infelice; più non era un uomo, aveva l'aspetto d'una belva arrabbiata, l'espressione di Lucifero. Infine, dopo sette giorni in preda ad una tremenda ed atroce convulsione, spirò. Fu una scena orribile. Il guardiano stesso, assuefatto ed insensibile, non potè trattenere una lagrima!

Parte Seconda.

Erotismo per soverchia continenza.

Come gli eccessi in più sono dannosi alla salute, così lo sono anche gli eccessi in meno, perchè distruggono l'equilibrio che deve esistere fra le diverse funzioni. Infatti, essendo qualunque organo necessario alla macchina umana, se le funzioni di questo organo sono soppresse o ritardate, ne deriva un disquilibrio più o meno profondo. Il solo buon senso ci dimostra che sarebbe una follia il volere porre un limite alle leggi naturali. Quindi bisogna usare moderatamente delle cose della vita, ma non privarsene affatto.

Gli esempi dei mali che provengono da una soverchia continenza sono raccolti negli annali della medicina, e non potendo qui esporli indirizziamo il lettore alla nostra Igiene del matrimonio.

Parte Terza.

Follia erotica.

Abbiamo detto che la satiriasi, speciale all'uomo, prende il nome di ninfomania quando s'impadronisce della donna. I mali che ne provengono sono i medesimi e le cause sono le stesse, le cause predisponenti consistono nell'avere un temperamento bilioso sanguigno, nel leggere o vedere cose oscene, e infine nell'avere amici viziosi e dediti ai piaceri venerei.

La ninfomania prende alle volte spaventevoli proporzioni, avendo la donna organi genitali molto sviluppati; allora bisogna legare le infelici che ne sono affette, perchè squarcierebbero tutti gli uomini che loro capitassero sotto mano. Per fortuna però questa forma di ninfomania è rara, e coloro che ne sono colpiti o guariscono per mezzo di una rivoluzione nel temperamento loro, o muoiono fra le convulsioni della febbre erotica.

Vi sono però diverse gradazioni di ninfomania, ma il pudore e la vergogna fanno sì che le donne affette nascondino i loro trasporti nell'ombra e nel mistero.

Quando la ninfomania assale fortemente le donne, queste cadono in convulsioni alla vista di un uomo. Il viso loro è orribile a vedersi, perchè tutti i muscoli si contraggono in un ironico sorriso, gli occhi scintillanti, la voce rauca ed acuta, le membra scricchiolanti denotano il loro spasimo e il loro dolore.

Parte Quarta.

Follia erotica intermittente.

RACCONTO.

Vive una giovane che all'età di 23 anni offriva i più singolari contrasti di lubricità e di pudore. Ciascun mese essa era in preda alla crisi ninfomaniaca che durava cinque o sei giorni, e durante questo tempo sentiva un insaziabile desiderio dei piaceri venerei.

Quando la crisi era passata si vergognava degli eccessi che aveva commessi, e camminava a testa bassa per paura che le si leggesse in viso il vergognoso difetto che la degradava.

Impiegò tutti i mezzi sedativi ed antivenerei, ma invano. Due anni durò questo stato. Alla fine del secondo per fortuna ingravidossi; dico per fortuna, perchè da quest'istante in poi le crisi erotiche più non si manifestarono. Diede alla luce una bella bambina. L'amor materno soffocò qualunque altro sentimento. Essa vive ritiratissima, riponendo tutte le sue gioie, i suoi affetti, le sue speranze nella sua creaturina, che ama profondamente.

Molte volte il triste ricordo dell'obbrobrioso passato le si affacciava alla memoria, ma ella lo cacciava da sè, e ritraeva novello e vigoroso coraggio da un bacio della sua bambina.

E questa donna vive ancora, quantunque sempre triste, cercando di espiare il passato con una vita esemplare e ritirata.

Eccovi in breve le diverse affezioni erotiche che affliggono i due sessi. L'unico consiglio che possa darvi si è quello di chiamare lo aiuto di un medico rinomato appena se ne sentano i sintomi. Un giorno che si ritardi potrebbe causare gravi crisi e forse anche la morte.

Parte Quinta.

Norme igieniche contro le aberrazioni dell'amor fisico.

Per preservarsi dalle malattie suaccennate, bisogna avere delle precauzioni e perseveranza. La prima norma è quella di allontanare da sè il predominio generale all'irritazione prima che questa si dichiari negli organi genitali.

I genitori devono avere cura della condotta e delle tendenze del figlio loro, dipendendo queste malattie dal temperamento del giovane. Se riconoscono l'esistenza della predisposizione dovranno senza indugio consultare un medico.

Le norme igieniche da osservarsi per combattere l'irritazione genitale riguardano la alimentazione, e richiedono la ginnastica.

Si sottoporrà il giovane ad un regime alimentare basato sopra lo stato della sua salute e delle sue forze.

Se è d'un temperamento robusto, gli si prescriveranno carni bianche, fecule, latticinii, erbaggi, sostanze povere di succhi nutritivi; gli si proibiranno le bibite eccitanti, dandogli invece quelle che rinfrescano.

Se invece è d'un temperamento debole, gli si ordinerà il brodo di carne, l'arrosto di bue, vitello, pollo, e specialmente dell'eccellente cioccolatte, e per bevande le acque zuccherate, aromatizzate, le infusioni leggiermente toniche, per esempio la camomilla, il tiglio, l'acqua di fior d'arancio e simili.

Si dovrà in seguito sottoporre il soggetto ad esercizi ginnastici, al ballo, all'equitazione, al giuoco della palla, del bigliardo, ecc., e qualunque altro esercizio o giuoco che richiegga uno sforzo muscolare, così si riporterà sul tronco quella forza che è in eccesso negli organi genitali.

Se questi mezzi fossero vani, e le tendenze erotiche non diminuissero, si ricorrerà alle medicine ed agli altri mezzi sedativi ed antivenerei. I salassi, le bevande rinfrescanti e debilitanti abbattono l'irritazione. Ma il regime alimentare trionfa su tutto. Noi abbiamo dimostrato questo ad evidenza nella nostra Hygiène alimentaire, e infatti coll'alimentazione non solo si possono sradicare le malattie, ma perfino mutare la costituzione dello individuo.

CAPITOLO X.

Igiene dei piaceri venerei.

Parte Prima.

I piaceri dell'amore gustati con prudenza e moderazione servono come tutte le altre funzioni vitali a mantenere la nostra salute. Invece gli eccessi la sciupano, e sono causa di gravissime malattie. Quegli spensierati giovani che si abbandonano con trasporto alle snervanti voluttà d'amore, e si vantano coi loro amici di poter più volte rinnovare la fatica d'Ercole, non sanno che la loro spavalderia ed imprudenza attenterà alla loro salute, alle loro facoltà mentali e che prepara loro una vecchiezza precoce.

Quando i primi desiderii si manifestano bene sarebbe d'ammogliarsi. Ma da noi pur troppo non è così, perchè si prende moglie quando si è già avanzati in età e quando si ha davanti la prospettiva d'una bella dote.

E pur troppo i desiderii, che già sono abbastanza forti, devono essere soddisfatti. Pur troppo, dico, perchè per soddisfarli bisogna gettarsi in braccio alle donne pubbliche!

Giovani, siate per lo meno sobrii se dovete abbandonarvi a questi mezzi estremi!

Le prostitute sono a temersi, perchè appartenendo esse a tutti gli uomini che le pagano, possono facilmente incalzarsi varie malattie sempre gravi, perchè infettano il sangue, e fra le tante la più grave che è la sifilide. Guai a colui che ne è colpito, perchè il virus non solo appesta l'affetto senza speranza di guarigione, ma si trasmette anche alla prole innocente.

Voi, giovani, pensate ai mali che vi possono danneggiare varcando la soglia di una casa di prostituzione, non dispregiate questi consigli, pensate che la vergogna ed il rimpianto succedono sempre alle ore dell'orgia.

Eccone un esempio.

RACCONTO.

Un giovane di 24 anni Alfonso Du..., figlio d'agiata famiglia, aveva abbracciato la car riera di commerciante. Primo commesso di una delle principali case della capitale, era ben veduto da tutti, perchè amato e stimato da' suoi superiori e da quelli a lui sottoposti.

Da parecchi anni conviveva con una donna, ma l'aveva circondata da tanto mistero che nessuno poteva immaginare questo fatto. Ma avuti dei dissensi con essa, erano già quattro giorni che più non la vedeva, quando una sera in compagnia di tristi amici varcò la soglia di un postribolo. Mai non l'avesse fatto. Ne uscì col germe di una malattia che amareggiò la sua esistenza. S'affidò ad un medico, ma dopo due mesi la malattia peggiorò, e l'infelice si vide perduto. Le glandole erano oltremodo gonfie, gli cadevano i capelli a ciocche, la pelle gli si copriva di pustole, il virus straziava orribilmente il povero Alfonso.

Fortuna volle che un suo amico lo condusse da un celebre medico, il quale, pur non nascondendogli la gravezza del suo male, gli promise la guarigione se adottava il suo sistema. Alfonso seguì infatti tutte le istruzioni del bravo medico, e dopo 10 mesi si credette libero dal virus che l'infettava. Infatti egli si sentiva tanto bene che dopo due mesi pensò a prender moglie. Il medico non glielo permise, dicendogli però che poteva ammogliarsi senza pericolo di trasmettere la malattia ai figli dopo due anni. Alfonso ebbe tanta costanza di aspettare a sposarsi passati i ventiquattro mesi ed ebbe anche la consolazione di avere un figlio. Esso crebbe robusto sino al ventesimosesto mese, nel quale fu colpito da un'oftalmia purulenta. Questa guarita, il male si trasportò all'orecchio e alla bocca. Insomma aveva ereditato il male paterno. La povera creaturina rimase mingherlina per tutta la sua infanzia.

Sorte migliore non ebbe il secondo figlio, epperò la sua costituzione rimase egualmente molto gracile.

Alfonso, desolato, decise di non aver più figli, per non avere il dolore di vederli sopportare le conseguenze de' suoi trascorsi.

Povero giovane! Egli condusse poi una vita trista, pensando che i suoi due figliolini un giorno gli rinfaccierebbero le amarezze della loro esistenza! Ancora qualche anno vegetò piuttosto che visse, e morì di dolore e di crepacuore!

Lettori, che questo fatto vi sia d'esempio. Pensate a tutte le conseguenze prima di gettarvi fra le braccia d'una cortigiana.

Parte Seconda.

Credo utile di riassumere in questo capitolo alcuni precetti risguardanti i piaceri dell'amore.

L'unico consiglio per conservare a lungo la propria salute è di gustare con moderazione i piaceri venerei. Gli eccessi prostrano il nostro fisico ed estenuano le nostre forze. L'unico mezzo per rendere il piacere più vivo è di gustarlo raramente.

Inoltre è male abbandonarsi alle voluttà d'amore dopo il pasto, perchè tale voluttà, turbando la digestione, può essere causa di soffocazioni, di svenimenti e fors'anche di apoplessia.

Dopo una lunga corsa od esercizi che richiedono spreco di forze fisiche.

Quando si ha qualche organo ammalato, si prova un malessere generale, perchè il coito non farebbe altro che accrescere il male.

Si debbono scansare o reprimere i desideri immoderati, o i trasporti troppo focosi, perchè logorando rapidamente la macchina umana ci possono essere funesti. Coloro che hanno stomaco debole, e che sono disposti alle affezioni polmonari sono generalmente inclinati a siffatti piaceri, dovranno dunque fare ogni sforzo per frenarsi, perchè le voluttà sensuali precipitano i battiti del cuore, producono delle congestioni ai polmoni, che sono sempre funeste per chi tende alla tisi.

Quando l'appetito venereo fu soddisfatto, oppure quando è assopito naturalmente, è sempre dannoso alla salute il ridestarlo con mezzi morali o fisici, perchè bisogna concedere agli organi genitali il loro istante di riposo. E così dicasi di tutti i mezzi usati dagli impotenti.

È male gustare in piedi i piaceri dell'amore, perchè lo spasimo venereo, cagionando una forte tensione dei muscoli degli arti inferiori che già portano il peso del corpo, li affatica oltre misura. Le conseguenze non si manifestano istantaneamente, e fin che si è giovani e robusti non ci si bada, ma ben se ne accorge quando, vecchi, le gambe, ricusando il loro ufficio, domandano l'aiuto del bastone, e si affaticano per un nonnulla, di maniera che la stanchezza vi accompagna perfino a letto.

Male è ripetere il coito più volte, perchè scuote il sistema nervoso ed esaurisce le nostre forze. Per lo meno tra un accostamento e l'altro è bene lasciare l'intervallo di un giorno.

L'impotenza si riscontra specialmente nei beoni, perchè il loro sangue fu riscaldato da liquori, da vivande aromatiche, da idee lubriche, che accelerano i moti del cuore ed irritano il cervello.

Può derivare anche da un'alimentazione povera, debilitante, dal regime latteo o esclusivamente vegetale e dall'uso delle bevande acide.

Siccome le perdite della donna sono minori di quelle dell'uomo, così essa può ripetere il coito più volte, ma però è bene se ne astenga, perchè è provato che quelle che ne abusano vanno soggette alle tristi affezioni delle ovaie, della matrice, qualche volta anche al cancro.

Dunque, riassumendo, diremo:

L'assoluta continenza, come l'incontinenza della voluttà d'amore, sono due estremi riprovati dalla natura e dalla ragione.

Infatti se la continenza è conservata strettamente è causa d'una sequela di malattie e di acciacchi, e qualche volta dà luogo alle allucinazioni oscene, alla follia, al delirio erotico.

L'incontinenza o gli eccessi, come abbiamo veduto logorano istantaneamente la salute, e sono causa di sterilità. È il libertinaggio che produce quegli esseri che poi crescono gracili e sparuti; è il libertinaggio che riempie le sale degli ospedali di infelici che aspettano la morte come fine dei loro mali. Giovani, guardatevi dagli eccessi delle voluttà sensuali; essi conducono spesso alla morte.

CAPITOLO XI.

Età virile e i suoi piaceri.

Parte Prima.

Virilità.

La virilità è l'epoca più lunga della vita umana, poichè comincia qualche anno dopo della pubertà, e finisce giunti alla prima vecchiaia.

Questa è l'epoca la più felice della vita di colui che non è stato deteriorato dagli eccessi giovanili, dalle malattie o dalla privazione. È l'epoca in cui tutti i sogni giovanili ci lasciano, nella quale la riflessione prende il loro posto, e la realtà si presenta senza tante illusioni ai nostri occhi oramai fatti esperti. Una rivoluzione fisica e morale si è operata nel nostro organismo. L'amore scema per dar luogo ad un affetto profondo, a una sincera devozione. L'amicizia diventa un bisogno, e getta nel nostro cuore profonde radici. È in questo periodo che i gusti diventano più serii e ragionati, e che l'uomo tende a procurarsi una stato degno di lui nella società. Questa è l'epoca dei lavori utili, nella quale i piaceri sono meno strepitosi, ma più vivi, nella quale non si gustano le distrazioni se uon quando si hanno adempiti ai doveri di cittadino, di marito, di padre! Di marito e di padre, dico, perchè in questi anni l'uomo si cerca una sposa buona e gentile, e la donna un compagno laborioso ed onesto. Questo passo è il più importante della vita, e la prudenza di usare prima di stringere il nodo coniugale non è mai troppa, perchè da questa unione dipende la nostra felicità o la nostra sventura.

Ho detto che una grande rivoluzione si è operata nel morale dell'individuo; infatti esso non obbedisce come da giovane alle prime impressioni, ma si lascia guidare dalla ragione e dall'esperienza. Prima di intraprendere una speculazione riflette, la guarda da tutti i suoi lati, e se la trova dubbia vi rinunzia per non esporre i suoi beni, giacchè egli è responsabile anche del benessere della sua famiglia. Cerca qualunque mezzo onesto di arricchire, perchè le ricchezze acquistate da giovane servono nella tarda età ed all'educazione dei figli suoi.

Il marito deve essere più sobrio che il celibatario nei piaceri dell'amore e condurre una vita più regolata di questi, perchè i figli che procurerà saranno più belli e rigogliosi.

È oramai provato che le qualità fisiche e morali del padre si trasmettono direttamente ai figli, per cui quanto più il padre godrà una florida salute, tanto più il figlio crescerà forte e robusto. È dunque necessario per un padre che senta il proprio dovere, che abbia a dar vita ai figli che diverranno utili alla patria, stante che ciò sta per tre quarti in suo potere. Dovrà perciò consultare varii libri che trattano della procreazione, fra i quali anche la nostra Hygiène du mariage.

Parte Seconda

Età matura.

L'età matura non è che la continuazione della virilità, quindi tutte le qualità che in quell'epoca già germogliavano ora prendono vita e si manifestano. Infatti questa è l'epoca la più pratica della vita. È l'epoca nella quale si cercano avidamente le ricchezze, le cariche, gli onori, nella quale l'uomo si occupa con ardore per aumentare il proprio benessere e stabilirsi una fortuna. Quando i mezzi che egli adopera per giungere al suo fine sono onesti, allora non si può che applaudire, ma pur troppo non tutti li impiegano. Questi, quantunque dispensino oro, dovunque passano, dovrebbero essere disprezzati! Ma non lo sono; l'oro accieca gli occhi del volgo, e purchè gli si dia denaro non svela le macchie che intaccherebbero l'onore di questi ricchi. Ai nostri tempi la potenza del danaro è sì grande che con esso si acquista persino l'onore!

Parte Terza.

Piaceri dell'età matura.

Siccome nell'età matura il cerchio delle relazioni è più largo che durante la giovinezza, così i piaceri saranno più numerosi, perchè maggiori saranno anche le soddisfazioni.

Però le inclinazioni ed i gusti dell'uomo in questo periodo si sono cangiati. L'ardore giovanile che lo animava nelle sue partite di piacere è scomparso. Gioie più calme e meno effimere sottentrarono a quelle folli e strepitose. Ancora gli piacciono i divertimenti, i solazzi, i passatempi, ma pur godendoli, ha sempre innanzi agli occhi il fine de' suoi desiderii. In quest'epoca c'è molta varietà di piaceri a seconda del diverso grado che si occupa nell'umano consorzio.

Pel commerciante i prosperi e lucrosi affari sono fonti di piacere, come le fortunate speculazioni pel capitalista, un isperato raccolto per l'agricoltore, un'abbondante messe per l'affittaiuolo, ecc.

Non è forse un'immensa gioia per uno scrittore che una sua opera ottenga un favorevole successo? Per un poeta, per un pittore sapere che il suo nome vola di bocca in bocca accompagnato da elogi e ammirazione? Non è forse una gioia sincera quella dell'impiegato, del soldato che avanza di grado, che si rende superiore ai compagni per la sua abilità?

E lo scienziato che dopo un faticoso studio e un indefesso lavoro giunge ad ottenere una scoperta che renderà un immenso servizio all'umanità non prova nell'anima una calda soddisfazione, una gioia ineffabile? Infiniti sono i piaceri di questo genere, che potrei enumerare, sempre graditi agli uomini eletti.

Gli onori, le decorazioni, le distinzioni, ecc. sono quelle che solleticano vivamente l'amor proprio dell'uomo di questa età. Il piacere che si prova giungendo in possesso di una decorazione, per esempio, è tanto più grande quanto maggiori furono le difficoltà che si sorpassarono per arrivarvi. Però bisogna guardarsi da questi generi di piaceri, perchè alle volte si provano delle disillusioni e degli acerbi disinganni, vedendo onorato chi non ne ha punto i meriti e vedendo sè dimenticati. Ma non affliggetevi per questo, chè il merito e la virtù sempre sono ricompensati!

Parte Quarta.

Piaceri paterni e materni.

Nell'età matura i piaceri della tavola sono più sentiti e più ricercati, perchè quivi generalmente l'uomo laborioso riposando delle fatiche giornaliere, prova i più cari piaceri della famiglia. È infatti a tavola che il padre di famiglia si trova circondato dai suoi cari figliuoletti, e quando l'appetito non manca a nessuno, il pranzo è allegro e chiassoso, perchè in quest'ora in cui tutti sono riuniti si rac contano le cose della giornata, e generalmente l'allegria regna tra la famigliuola. Il pranzo del celibe invece è privo di tutta questa gioia sincera, anzi è il più delle volte freddo e melanconico, perchè il suo cuore non si apre alle dolcezze infinite che procurano una moglie affettuosa e dei vispi fanciulletti.

Gioia e piacere maggiore provano il padre o la madre quando ricorre il santo del loro nome, perchè i figli lor fanno a gara a preparare loro mille sorprese, che loro attesti il loro affetto e la loro riconoscenza. E questi sono piaceri vivi, che scendono soavi al cuore, e vi lasciano traccie indelebili, sono piaceri che sorpassano di lunga quelli che si gustano al teatro, a un ballo, ad un festino, sono piaceri infine che non può immaginare se non chi ha moglie ed è padre di figli amorosi ed educati.

Parte Quinta.

L'uomo prudente che desidera una vecchiaia esente da infermità deve essere in particolar modo sobrio dei piaceri dell'amore dai 40 ai 50 anni, perchè, sebbene l'uomo si trovi ancora forte e robusto, pure, essendo la perdita di fluido nerveo piuttosto copioso, così ne deriva un indebolimento muscolare, e alle volte un malessere non si ripara che col tempo e talora imperfettamente. Dalla sua nascita sino ai 40 anni le funzioni organiche dell'uomo crescono crescono, poi rimanendo un po' stazionarie, decrescono sensibilmente.

Come nelle altre età l'amore è un grato piacere, così lo è anche nell'età matura, ma il marito non ha per iscopo dell'amore il solo piacere. Esso pensa alla prole, perchè in questa età la si desidera ardentemente.

Ripeteremo dunque che l'uomo ammogliato deve essere più che mai sobrio dei piaceri d'amore, perchè questi diminuiscono le sue forze fisiche ed intellettuali, delle quali più che mai abbisogna, e perchè deve sentire il dovere di procreare figli forti e robusti, e se il suo corpo è sciupato gli esseri a cui darà la vita saranno pure deboli e gracili. Infatti è oramai provato l'ereditorietà delle qualità fisiche e morali del padre, e se quest'opera lo permettesse si potrebbero citare mille esempi a testimonianza.

Ripetiamo dunque per conclusione che coloro i quali nella giovinezza fuggono gli eccessi e i disordini, godono nella virilità maggior numero di piaceri.

CAPITOLO XII.

Nubilità—Età matura.

Quantunque i piaceri della donna sieno meno numerosi e svariati di quelli dell'uomo, pure non sono meno vivi, anzi le donne li sentono maggiormente e più profondamente di noi.

Il sogno della giovinetta è di potersi unire con un nodo indissolubile all'uomo che ama, che ha fatto sossultare il suo cuore, e di poter legittimare il suo amore col matrimonio. E il giorno di nozze rimane sempre scolpito nel suo cuore come un lieto e sacro ricordo.

La gioia della giovane sposa sempre più si aumenta quando ella sentirà portare nel seno il frutto del suo amore, perchè presto avrà la consolazione di sentirsi chiamare col dolce nome di madre! Nulla è più dolce infatti per una donna di vedersi circondata da una corona di figliuoletti vispi e graziosi.

La donna incinta negli antichi tempi era stimata ed onorata da tutti. Presso i Romani e presso i Greci si prodigavano tutte le cure le più amorose. La condizione non influiva nulla, la donna incinta aveva la preminenza su tutti, perchè essa doveva dare alla patria un cittadino di più.

I Greci si alzavano rispettosamente all'avvicinarsi di una donna in istato di gravidanza, e anche oggi la società civile prodiga le più minuziose attenzioni alla donna che sta per diventare madre di famiglia.

Voi donne che non avete scelto un compagno, se comprendeste le soavi gioie della maternità, sono sicuro che invidiereste colei che tiene fra le sue braccia un bambinello vezzoso, che lo nutre col suo latte, che lo bacia, che lo accarezza, e per ricompensa vuole da lui un sorriso che dimostri la sua contentezza. Non si possono descrivere con parole le emozioni, le gioie che può provare una madre, emozioni sempre dolci, gioie sempre ineffabili.

Il marito poi, quantunque abbrutito dai vizii, prodiga alla moglie incinta le attenzioni di cui egli è capace. La gravidanza dunque è l'epoca più importante della vita femminile.

CAPITOLO XIII.

Igiene dell'età matura.

L'igiene di questa età comprende le azioni della vita fisica e morale, ma principalmente sulle tendenze essa deve apportare i suoi consigli.

Come già abbiamo accennato, ciò che si impadronisce dell'uomo a questa età è l'ambizione e la vanità. È infatti in questa età che l'uomo ambisce alle cariche, agli onori, alle ricchezze, alle distinzioni. Questa passione se non oltrepassa i limiti è di vantaggio all'uomo, perchè gli dà il coraggio e il desiderio di sopportare e di riescire.

Ma se tale passione oltrepassa i limiti, allora è dannosa e rende all'individuo che è assalito la vita pesante e penosa. È allora che il desiderio di possedere ricchezze, di acquistare una fortuna, si impossessa di lui e gli resta nella mente come un'idea fissa. Si combatta dunque questa passione al suo nascere, si cerchi qualunque mezzo per soffocarla, perchè la tendenza all'acquisività, spinta all'eccesso, può diventare avarizia, e all'avarizia va sempre unita l'invidia, questa passione che rode sordamente l'animo dell'uomo, e che sempre cresce e mai non gli lascia riposo.

Tuttavia anche quando questa passione si è impadronita di noi non bisogna mai disperare, perchè con forza d'animo si può sradicarla dal cuore. I mezzi che si suggeriscono sono i soliti che distruggono il nostro spirito, e ci offrono nuovi piaceri. Tali sono la caccia, la pesca, la scherma, i viaggi, l'equitazione, ecc.

I piaceri che in questa età predominano sono i piaceri della tavola. Abbiamo già detto che l'individuo giunto a questa età ricerca tutte le vivande le più piacevoli e i vini più squisiti, perchè questi piaceri sono quelli che maggiormente rallegrano l'individuo. Questi piaceri, gustati moderatamente, sono di vantaggio all'uomo, perchè gli procurano distrazioni e gioie, essendochè si riunisce in liete brigate d'amici e di compagni.

Ma se questi piaceri occupano troppo la mente dell'individuo, allora degenerano nella ghiottornia, vizio che, oltre all'essere sprezzato da tutti, può nuocere immensamente alla salute. L'abuso delle vivande stuzzicanti e dei liquori sono cagioni di gravissime infermità che, sviluppandosi presto o tardi, sono però d'una gravezza talora irrimediabile.

Le bevande alcooliche in ispecie portano un immenso danno al sistema nervoso, e producendo sconcerti nel cervelletto, intorpidiscono l'intelligenza dell'individuo che ne abusa, rendendolo vecchio prima del tempo e inutile a sè stesso ed alla società.

Con tutto ciò però io non biasimo gli allegri pranzi di famiglia, perchè sono essi mezzi eccellenti per far nascere le gioie sì pure e sì sante come quelle dell'amicizia. Però ricorderò ancora che coloro che sono ingordi e mangiano più del bisogno diventano stupidi, sonnacchiosi, pigri, vanno soggetti a malattie infiammatorie e possono con tutte le probabilità essere colpiti d'apoplessia.

Gli uomini dovrebbero fare come fanno gli animali; mangiare e bere solamente quando hanno fame e sete, e non stuzzicare l'appetito per gustare gli squisiti cibi e le delicate vivande. Fin che si è giovani la costituzione è robusta, e non sente le tristi conseguenze degli eccessi, ma giunti all'età matura gli organi, trovandosi logorati, non prestano intiero il loro ufficio, e troppo tardi si rimpiangono i bagordi trascorsi.

CAPITOLO XIV.

Prima vecchiaia.

La prima vecchiaia comprende nell'uomo il periodo dai 50 ai 65 anni, nella donna dai 45 ai 55. Periodo poi che in ambo i sessi varia in più od in meno a seconda della costituzione dell'individuo che gli fu trasmessa dai genitori.

Questa età è per taluni piena di acciacchi, per altri scorre limpida e serena. È in questa epoca che si manifestano tutte le tristi conseguenze degli eccessi giovanili, è in questa epoca che si riprovano tutti gli abusi ed anche le soverchie continenze.

Se invece nella giovane età l'individuo ha condotto una vita regolare, ed i disordini ed i vizi non hanno logorato i suoi organi, allora la prima vecchiaia può essergli grata, perchè ancora può provare varii piaceri. Quando però l'età del declino arriva si devono raddoppiare le attenzioni e le cure, perchè il minimo eccesso è in questa età fatale.

I piaceri che si provano in questa età non sono molto variati, perchè a 60 anni si affatica facilmente. Si cerchino quindi quei piaceri che richiedono minor spreco di forze muscolari. Si abbandoneranno dunque le passeggiate lunghe, le partite di caccia, di pesca, di campagna. Si cercheranno invece le riunioni d'amici nei caffè o nei clubs, i concerti; si frequenteranno i teatri, le accademie musicali, le case private, le distrazioni artistiche.

Questa è l'età nella quale si attende con più pazienza ai lavori non faticosi. Per un pittore od uno scultore questa è l'età nella quale più diligentemente attende ai suoi artistici lavori.

Nelle lunghe sere d'inverno questi buoni vecchietti cercano di scacciare la noia facendo una partitina agli scacchi, alle carte, a dama o a dominò.

Inoltre il piacere più sviluppato in questa età è quello della tavola. In quest'epoca però non si bada alla quantità ma specialmente alla qualità del cibo, e al vecchio piace immensamente di vedersi davanti una tavola bene imbandita e ama gustare un po' di molti cibi squisiti. Si guardi però il vecchio dalla ghiottornia, perchè una sola indigestione può essergli fatale. Siate dunque prudenti, perchè anche il proverbio dice: Chi più mangia meno mangia.

CAPITOLO XV.

Dell'erotismo nella vecchiaia.

Quando l'individuo, uomo o donna, è giunto alla vecchiaia deve astenersi assolutamente dai piaceri che procura l'amore.

Quantunque la facoltà riproduttrice occupi la più gran parte della vita umana, pure finisce al cominciare della vecchiaia, ossia verso i 60 o 65 anni. Le forze dell'uomo verso questa età sempre più diminuiscono, e per lo più anche i suoi desiderii. Così vuole natura. L'imprudente che osasse infrangere queste leggi si troverebbe ben presto pentito, perchè andrebbe incontro ad amare disillusioni. E pur troppo si è constatato che in questa età i desiderii si ridestano in molti con una insolita forza, e si mantengono con una certa costanza nella mente del misero che ne è assalito. Questo, invece di accarezzare e secondare tali desiderii, deve fare di tutto onde allontanarli da sè. E pur troppo nella maggioranza dei casi ciò non avviene. Il vecchio che è assalito da questi nocivi desiderii, cerca ogni mezzo per poter soddisfarli e per ristabilire la sua attitudine genitale. Infelice! esso forse ignora il danno che da ciò deriva. Esso forse ignora la malattia, gli acciacchi che lo assaliranno, conseguenze di questa insana passione. Ebbene legga attentamente queste poche righe, e se ragiona si asterrà per sempre dal gustare i piaceri dell'amore.

Ogni sacrifizio che il vecchio dedica all'amore è una parte della salute, della sua stessa esistenza che da lui sen fugge. Di più il vecchio che si abbandona ai piaceri venerei subisce un enorme disperdimento di fluido nerveo, e siccome questa perdita non si può riparare come in gioventù, ne deriva che lo individuo resta abbattuto per settimane intere. L'abuso poi produce delle laboriose digestioni, delle notti insonni, delle tremende infiammazioni alla vescica e mille altre malattie che conducono l'individuo alla tomba. Si guardi bene da ciò il vecchio, perchè se coltiva la sua lubrica immaginazione può essere colpito da quella schifosa malattia che abbiamo precedentemente descritta: la follia erotica!

CAPITOLO XVI.

Prima vecchiaia, sue distrazioni e suoi piaceri.

Anche la prima vecchiaia che, come abbiamo già detto, corre dai 60 ai 70 anni, può offrire i suoi piaceri e le sue distrazioni. Il vecchio che è arrivato a questa età senza aver abusato delle cose mondane, senza es sere in preda a dolori e ad afflizioni morali, e che si trova in condizioni agiate, può condurre una vita abbastanza felice, accontentandosi del proprio stato, e cercando le distrazioni proprie alla sua età.

Questa per chi ha lavorato per tutta la vita è un'epoca di riposo, è un'epoca nella quale, non essendo più soggetto agli usi del mondo, può condurre una vita indipendente e gustare la sua libertà.

Questa età riesce più ricca di distrazioni per colui che ha avuto la fortuna d'istruirsi. Infatti quale migliore distrazione della conversazione per un vecchio? Quale maggior passatempo di discutere su mille cose tra parenti e amici?

La conversazione in generale è piacevole pel vecchio, perchè egli ama riandare coi suoi amici d'infanzia sulle cose passate, sugli avvenimenti, sulle peripezie comuni della giovinezza; ed ora che si è divenuti più riflessivi, si considerano attentamente le scapate giovanili, e se ne cavano utili avvertimenti per la gioventù nascente.

Anche la lettura offre un gradevole passatempo pel vecchio istruito, perchè non solo trova diletto nella lettura dei giornali, ma anche nelle produzioni letterarie rinomate, e si compiace di vedere i progressi nelle arti e nelle scienze. In questa età si apprezzano quei lavori classici che da giovani si trascuravano, e si leggono e si analizzano con piacere.

Ma il più dolce piacere che il vecchio possa provare si è quello del far del bene. E per far ciò non occorrono le ricchezze; un consiglio, un saggio avvertimento, una correzione a tempo possono apportare più utili frutti che una manciata d'oro. Il far del bene non consiste solo, come molti lo credono, di distribuire elemosine quà e là dove la miseria fa strage; vi sono infelici che muoiono di fame piuttosto che abbassarsi a domandar l'elemosina. Il vecchio che ama di vedersi venerato e amato da tutti deve andare egli stesso a visitare gli ammalati, a soccorrere i poverelli; in persona deve penetrare nei più oscuri bugigattoli, incoraggiare il misero, procurargli un utile lavoro, asciugare le lagrime agli orfanelli. Egli deve cercare di mantenere la pace ovunque egli possa, egli deve avviare i giovani sulla retta strada del buono, del bello, del vero; egli deve cercare di lenire i dolori, calmare gli affanni! Egli insomma deve mettere la sua esperienza a profitto di quei poverelli che si trovano in condizioni d'abbisognarne. Così facendo egli sarà da tutti benedetto, i suoi protetti e i suoi beneficati pregheranno per lui l'Ente Supremo. La sua vita trascorrerà lieta e serena, l'orizzonte sempre azzurro gli arriderà sempre, non una nube offuscherà il suo avvenire e camminerà verso la tomba su un allegro cammino coperto di fiori. La sua coscienza sarà pura e tranquilla, un'interna soddisfazione lo renderà contento perchè tutti lo mostreranno a dito, come il benefattore dei poveri, il consolatore degli afflitti. E quando Iddio lo chiamerà a sè, egli morrà rimpianto da tutti i suoi protetti, che riman deranno il suo nome ai posteri a eterna memoria della loro sincera gratitudine e riconoscenza.

CAPITOLO XVII.

Seconda vecchiaia

Parte Prima.

La seconda vecchiaia comincia nel 70° anno, e finisce verso il 79° anno più anno meno e seconda della costituzione del regime e della condizione sociale dell'individuo. Questa età, secondo i fisiologi, sarebbe la penultima della vita umana, ma è ben raro che l'individuo che raggiunga questo periodo sia ancora in buona salute, perchè di rado un giovane si mantiene lontano dai vizi e dagli abusi.

Gli svaghi e i passatempi di questa età sono affini a quelli della precedente, solo che diventano molto più rari.

Il vecchio a 70 anni desidera la quiete, il riposo. Le distrazioni che ancora gli rimangono sono la compagnia di un amico d'infanzia, la tavola, la pipa o la tabacchiera.

Ciò che a un settuagenario torna molto caro e gradito è il discorrere della sua gioventù, delle sue avventure, delle sue buone azioni, e una debolezza comune a tutti i vecchi è quella di sentirsi lodare.

Un altro piacere speciale a certi individui è quello di ammassare ricchezze per paura che abbia loro a mancare il necessario, anche quando hanno denaro più del bisogno. Coloro poi che furono prodighi in gioventù sono ora tanto più parchi ed economi. Qualità del resto che gli eredi trovano buona quando il vecchio non si assoggetti a privazioni.

Parte Seconda.

Dell'abitudine e della noia dei vecchi.

Pei vecchi settuagenari l'abitudine è divenuta una necessità, una propensione irresistibile della loro esistenza che bisogna guardarsi bene dal contrastare, perchè ne potrebbe derivare uno sconcerto nel debole organismo dell'individuo. Nei vecchi le abitudini si verificano su tutte le cose e su tutte le circostanze della vita. Inutile è l'enumerare tutte le occupazioni, gli svaghi dei quali un vecchio può formarsi un'abitudine. Diverse sono a seconda del suo grado, della sua posizione sociale. Così può riscontrarsi l'abitudine di alzarsi e coricarsi ad una data ora, di fare quella data passeggiata, quella tale visita, di frequentare una conversazione, un caffè, ecc.; abitudini che se gli sono contrariate, il vecchio diventa irascibile, si inquieta e si attrista. E infatti è evidente. Il poveretto a quest'età, non potendo gustare certi piaceri, non potendo avere altri svaghi, si attacca vivamente a questi ultimi passatempi che gli rimangono per non restare solo e non lasciarsi sopraffare dalla noia.

La noia infatti è uno dei principali nemici della nostra salute. La noia colpisce il nostro fisico e il nostro morale. Essa ci abbatte e ci annichilisce rendendoci incapaci di operare con saggia energia. Ciò che mantiene viva ed animata la vita nostra è la speranza di raggiungere un fine che abbiamo concepito. Se questa speranza per varii motivi viene a cessare, cessa anche lo stimolo, l'eccitante della vita, la noia sopravviene e l'uomo da questa assalito più non vive, ma vegeta.

Se la noia è mortale per un giovane, lascio immaginare al lettore quanto funesta sia per un vecchio la cerchia delle cui distrazioni è sì ristretta. Quando essa assalisce il povero settuagenario, esso non desidera altro che la morte venga a por fine alla sua monotona e melanconica vita di amarezze e di rimpianti. Felice è il letterato, il filosofo e l'artista che s'invecchia; per loro la vecchiezza non ha queste mortali ore di noie e di scoraggiamento. Felice il vecchio che ha la fortuna di passare gli ultimi suoi anni in grembo alla sua famiglia, circondato dai figli amorosi e da una allegra corona di nipotini. Per lui le ore scorrono piacevoli e serene! Felice anche il settuagenario contadino, che, conducendo una vita operosa, quantunque dura e faticosa, non può essere assalito dalla noia. Felice infine il vecchio che da giovane ha condotta una vita regolata, perchè godendo ora buona salute, può camminare ridente e sereno verso l'età del declino.

Parte Terza.

Decrepitezza.

La decrepitezza è l'ultima fase della vita umana. Pochi sono coloro che vi arrivano, e questi pochi sono tormentati da acciacchi e da diversi malanni.

In quest'epoca le distrazioni sono infinitamente rare. L'ottuagenario, essendo molto debole, ha bisogno d'un costante riposo, quindi le lunghe passeggiate più non convengono a lui. Esso pone la sua vita quasi sempre seduto sul seggiolone. Le sue membra inferiori essendosi di molto affievolite hanno bisogno d'un bastone sul quale appoggiarsi per camminare. I sensi più non gli servono, perchè funzionano imperfettamente; il gusto è quello che ancor più gli serve. Lo stomaco, se ha condotto una vita regolata nelle fasi precedenti della vita, funziona regolarmente, e quindi anche la salute sarà buona.

L'unico passatempo che resta all'ottuagenario è la conversazione. Però egli ama sempre discorrere delle passate cose, e trova che tutto una volta andava meglio, che il mondo presentava più attrattive, che insomma ora più non si progredisce e che si comincia a deteriorare.

Così sembrano le cose a lui, perchè i suoi sensi affievoliti non funzionano che imperfettamente,

E conducendo questa vita abbastanza monotona ogni giorno s'avvicina ad una morte serena e tranquilla. Pochi però arrivano alla morte senile. I più sono colpiti avanti la caducità.

CAPITOLO XVIII.

Dei sensi.

Come la storia naturale ce lo insegna, cinque sono i sensi umani. La vista, l'udito, l'odorato, il gusto, il tatto. Per mezzo di essi noi siamo suscettivi di dolore o di piacere. I sensi ricevono la impressione esterna, la quale viene immediatamente trasmessa al cervello per mezzo dei nervi. Colui che possiede i suoi sensi in tutta la loro integrità può essere felice, perchè sopra essi agiscono tutti gli eccitanti della vita. Per ragioni plausibili ed incontrastate i fisiologi hanno collocato i sensi in ordine di merito come più sopra li abbiamo accennati. La vista occupa il primo posto, perchè è il senso il più delicato e sottile. La retina, principale organo della visione, è il prolungamento dei nervi ottici, è perciò quindi che gli occhi brillano del fuoco della mente. L' udito, che occupa il secondo posto, ha pure la sua origine nel cervello. È un senso abbastanza esteso perchè possiamo intendere i suoni più minuti a grandi distanze.

L' odorato, che ha col cervello meno intimità, ha anche una sfera d'azione poco estesa.

Il gusto, che occupa il quarto posto, è ancora più lontano del cervello e non agisce se non colle molecole colle quali è in contatto.

Il tatto infine, che occupa il quinto posto, è il più esteso, e si esercita immediatamente su tutti i corpi sottomessi alla sua azione. A seconda della corrispondenza e dell'armonia che esiste fra questi sensi, le facoltà intellettuali sono altrettanto sviluppate. Per esempio, le orecchie, gli occhi ben conformati trasmettono rigorosamente al cervello le sensazioni che provano.

Siccome la vista e l' udito sono in maggior relazione col cervello, così questi, ricevendo le impressioni del bello, sono detti sensi superiori.

Il gusto e il tatto invece, che ne sono più lontani, non ricevono che impressioni fisiche, perciò chiamaronsi sensi inferiori.

L' odorato appartiene tanto alla prima, quanto alla seconda categoria a seconda delle occasioni.

Quanto più i sensi superiori sono esercitati, tanto meno hanno preponderanza gli inferiori e viceversa. In generale un senso più degli altri esercitato sempre più si sviluppa e prepondera su noi. Per esempio, i fanciulli che hanno bisogno di mangiare sovente si mostrano ordinariamente golosi, ecc.

Parte Prima.

Piaceri dei sensi.

Vista. La vista, come senso superiore, è fonte di piaceri d'un ordine elevato. Questi piaceri colpiscono ordinariamente l'immaginazione, mettendo in attuazione le facoltà intellettuali. Infinite sono le impressioni che ci procura la vista, impressioni gradevoli o dolorose, diverse le une dalle altre, che fanno però sempre breccia nell'animo nostro. Non è forse cogli occhi che noi ammiriamo le bellezze dell'universo, che noi apprezziamo le produzioni del Creatore?

Sempre ci occorre di vedere; la vista è il senso il più indispensabile. Qualunque divertimento che noi godiamo, qualunque passatempo che ci procuriamo ha per fattore principale la vista. Noi viaggiamo, andiamo in campagna, al teatro, ecc.; è per vedere luoghi nuovi, per bearsi alla vista di prospettive incantevoli, per vedere le produzioni più spettacolose. Non è forse delizioso l'assistere ad un ballo grandioso? Ad un ballo nel quale lo splendore dei fuochi e della illuminazione, la magnificenza delle decorazioni, la leggierezza e la leggiadria delle ballarine, la ricchezza dei loro costumi, ecc., ti inebbria e ti rapisce.

Non è delizioso l'assistere ad una solennità, ad una festa pubblica; il vedere quella folla giuliva che accorre per assistere all'illumina zione fantastica, al bengala, ai diversi fuochi d'artifizio? Non ci fanno una dolce impressione quei cento razzi che scoppiettando si elevano al cielo, si dividono e cadono in forma di stelle lucenti di tutti i colori?

Non la finirei più se volessi accennare tutte le impressioni, tutti i piaceri che ci procura il senso della vista. Il lettore medesimo li prova; è inutile quindi che glie li dica io.

Parte Seconda.

Allucinazioni ed aberrazioni della vista.

Le cause che producono le allucinazioni possono essere fisiche o morali.

Le fisiche consistono nell'abuso delle bibite alcooliche, o di quelle che eccitano il sistema nervoso, nell'uso della digitale, dell'aconito, della belladonna, ecc.

Le morali sono più numerose, come per esempio le idee fisse, le tristi passioni che irritano il cervello, i rimorsi, l'isolamento, il timore, la speranza, ecc.; e le aberrazioni che producono solo talvolta gradevoli e piacenti, altre volte lugubri e spaventevoli apparizioni.

RACCONTI.

Giovane e pieno di dolci memorie, viaggiava in Grecia. Una sera tiepida e serena di primavera m'era sdraiato ai piedi del monte Liceo all'ombra d'un colossale platano, ed assorto come in estasi contemplava il tramonto che dava a questa regione un singolare ed incantevole aspetto. Lontano lontano la cima dei monti si confondeva coll'azzurro cielo e l'azzurra onda del golfo d'Arcadia scintillava agli ultimi bagliori del sole. I crisantemi e gli anemoni fiorivano sulle rive del fiume Ladone che scorreva ai miei piedi. Gli uccelletti dolcemente gorgheggiavano salutando il giorno morente. Ed io, sdraiato com'era, teneva fisso lo sguardo su quelle amene rive, e mi pareva d'udire il canto delle ninfe che danzavano al suono del flauto del Dio Pane. E distingueva le loro eleganti e seducenti personcine che premevano coi loro piedi il suolo in cadenza, e scorgeva le loro braccia voluttuosamente alzarsi e di quando in quando scopriva le loro forme rotondeggianti ed incantevoli, se il zeffiretto profumato solleva mollemente i loro aerei vestiti.

Ma ahimè, un sol movimento della pupilla dissipò questa dolce visione.

Tra le allucinazioni della vista è da notarsi anche questa:

Un impiegato al Ministero della guerra ogni mattina quando si destava vedeva un ragno che, girando rapidamente, s'ingrossava in maniera tale da occupare tutto il locale, quindi l'infelice era costretto ad uscire perchè gli sembrava di soffocare.

Questa allucinazione in seguito si cambiò, e lo stesso impiegato tutte le mattine si de liziava alla vista d'una stupenda colazione. Ma avvicinandosi per gustarla questa spariva e a lui non restava altro che l'appetito insoddisfatto.

Parte Terza.

Igiene della vista.

Essendo la vista il più delicato senso, così bisogna usare ogni riguardo per mantenerlo e conservarlo nella sua integrità.

La prima cura che devesi avere è la pulitezza. Gli occhi devono essere lavati con acqua fresca l'estate e con acqua leggiermente tiepida l'inverno, e ciò basta per levare le impurità che le glandole lagrimali e sebacee che hanno deposto sui contorni dell'occhio. Se l'occhio fosse un po' irritato bisogna lavarlo con acqua ove siavi qualche goccia di astringente.

Bisogna evitare, per conservare l'integrità della vista, il fumo, la polvere, i colpi, le cadute, la luce viva, l'oscurità profonda. È di grave danno un assiduo lavoro al lume della candela, perchè la fiamma oscillando obbliga incessantemente l'occhio a mutar centro. È di danno alla vista una fiamma biancastra, meno una rossa. Si cercherà di non passare mai da una viva luce ad uva profonda oscurità e viceversa.

Un consiglio utile ai giovani è questo: di non portar occhiali se non per un imperioso bisogno, perchè questi indeboliscono la vista.

Si avrà altresì cura di non esporsi alle intemperie a capo scoperto, e di non bagnarsi il cranio quando la pelle di esso è in traspirazione, perchè può risultar danno alla vista, all'udito e ai denti. Dunque che il lettore segui queste norme se vuol conservare sano questo indispensabile senso.

CAPITOLO XIX.

Dell'udito

Parte Prima.

Il senso dell'udito, che occupa il secondo posto, segue immediatamente quello della vista. Esso appartiene alla categoria degli organi superiori, perchè ci procura piaceri poetici e sentimentali.

Questo senso è pure importantissimo, e, direi, quasi indispensabile. È infatti per mezzo dell'udito che possiamo intendere ciò che i nostri simili ci dicono, e possiamo colla parola rispondere loro ed essere intesi. L'udito e la parola riconfermano quindi i vincoli sociali.

Per mezzo dell'udito noi conosciamo e distinguiamo i suoni, per mezzo di esso noi gustiamo i dolci canti degli uccelletti, il dolce mormorio del ruscello, il fremire del zefiro fra i rami fronzuti. È per mezzo dell'udito anche che intendiamo la graziosa voce della donna amata, e ci beiamo di questo suono melodioso e gentile che giocherella contro la membrana del nostro timpano. È per mezzo dell'udito infine che l'animo nostro si solleva e può gustare le infinite dolcezze che procura la musica.

È l'udito che ha dato origine alla musica; a misura che questo senso è più delicato tanto più è atto ad afferrare le leggiere gradazioni delle melodie vocali ed istrumentali. Ed è specialmente la voce cantata che tocca deliziosamente il nostro udito e ci procura degli ineffabili piaceri. Il canto è l'unione della melodia alla poesia, e quando esso è l'espressione fedele dei moti del core di chi canta quale essere tanto insensibile potrebbe resistere agli incanti ineffabili di quella voce? Il sordo soltanto è insensibile a tutte queste note d'amore, di gloria, di ebbrezza.

Parte Seconda.

Della musica sull'organismo umano.

La musica piace generalmente a tutti e specialmente a quelle persone che hanno la mente colta. Il suono musicale è il più numeroso fra gli eccitanti dell'udito. Si accetta sempre con piacere di assistere ad un concerto, ad un'accademia musicale, ad un'opera, ad una riunione, dove, come si dice, si fa un po' di musica. La musica produce più violenti i suoi effetti se il sistema nervoso dell'individuo è molto impressionabile.

Infiniti sono gli esempi che ci offre la storia antica. Ne citerò qualcuno.

Il musico Antigenita riscaldò talmente il cervello di Alessandro Magno suonando su un flauto Il Governo del Carro che il re, levandosi da tavola e gettandosi sulle sue armi, voleva far strage de' suoi commensali.

Tepandro, musico spartano, pacificò col suono della sua lira una disputa che doveva decidersi con un duello.

Tutti conoscono l'impero dell'arpa di Davide sopra il re Saulle.

E potrei citare altri esempi, ma rimanderò il lettore alla Hygiène de la voix, dove ne può trovare di curiosi assai.

La musica inoltre può estendere la sua benefica influenza anche su persone ammalate. Così si racconta che la lira di Chirone e il flauto d'Ismenia calmarono i dolori sciatici.

Asilepiade ordinava certi motivi musicali contro la frenesia.

Teofrasto si sentiva sollevato mediante la musica, da un affezione nervosa.

Si conta altresì che una donna caduta in letargo da cinque giorni si risvegliò al suono della musica.

Inoltre Filippo V di Spagna, colpito da un'alienazione mentale, era insensibile a qualunque rimedio. S.M. la regina, conoscendo il delicato carattere del re, fece venire a Corte l'esimio cantante Farinelli. Il re si sentì talmente trasportato da quella voce di tenore così penetrante che volle vedere il cantante. Questi, giunto che fu alla presenza del sire, gettandosi ai suoi piedi, esclamò: una grazia, sire, tornate a presiedere al Consiglio. La grazia fu accordata. Il re era salvo, e dopo un po' di tempo guarì completamente.

Questi esempi basteranno a dimostrare la influenza della musica sull'udito.

Questo senso dunque, dopo quello della vista, ci procura maggiori e più sentiti piaceri. Beato dunque colui che possiede un fino e delicato orecchio.

Parte Terza.

Allucinazioni dell'udito.

L'organo dell'udito, come quello della vista, va soggetto a delle strane aberrazioni. Citerò un esempio fra i molti, che darò al lettore un'idea.

RACCONTO.

La signora E......, quantunque godosse di tutta la sua ragione, andava soggetta a delle aberrazioni che la disturbavano non poco.

Tutti i giorni infallibilmente, sedendosi alla sua toeletta, sentiva d'apprima una voce di uomo gentile che lodava il suo angelico viso, le sue rotondeggianti forme, la sua fresca carnagione, ecc. e dopo un po' di tempo un'altra voce pure d'uomo, ma dura ed aspra che le sussurrava all'orecchio: «Brutta civetta, vanitosa che prendi a imprestito dal profumiere il tuo roseo colorito, che ti fai seducente di forme con mille mezzi artificiali. Cosa direbbero i tuoi adoratori se ti vedessero ora come io ti vedo?»

La povera signora E..... si guardava atterrita attorno per scorgere l'imprudente, e poi esciva spaventata dal gabinetto per distrarsi e dissipare le proprie emozioni.

Parte Quarta.

Igiene dell'udito.

Le norme igieniche relative alla conservazione dell'udito sono le seguenti:

Guardarsi dagli agenti indiretti o diretti che in certo qual modo possono nuocere alla mucosa che ricopre il condotto uditivo.

Così bisognerà guardarsi dalle manovre dello stuzzica-orecchi, dai liquidi irritanti, dai rumori violenti, dalle scariche d'artiglieria, dai colpi, dalle grida acute, dallo stridere della sega, dalle correnti di aria fredda quando il capo è in traspirazione, dall'abuso delle bevande alcooliche od eccitanti; tutte le cause che partoriscono una maggiore o minore sordità, e che possono dar luogo a convulsioni nervose o a veri attacchi di nervi.

Inoltre bisogna avere cura di tenere netto l'orecchio lavandolo con acqua fresca all'estate e con acqua tiepida all'inverno, e se si fa uso dello stuzzica-orecchi, guardarsi dall'offendere in qualsiasi modo la membrana mucosa o il timpano. Che il lettore segua dunque queste norme, perchè il senso dell'udito è fonte inesausta di piaceri.

CAPITOLO XX.

Dell'odorato

Parte Prima.

Il terzo senso è l' odorato o alfato, senso che, come l'intermediario fra i sensi superiori e tra gl'inferiori, partecipa delle qualità dei primi e dei secondi. La sede dell'odorato è nelle fosse nasali, dove risiede la membrana pituitaria, sulla quale disponendosi le particelle odorose fanno impressione sul nervo olfativo che comunica col cervello.

Quell'appendice più o meno lunga, che noi chiamiamo naso, non serve che a dirigere l'aria carica d'odori verso la parte superiore delle forze nasali. Affinchè l'odorato possa esercitare le sue funzioni conviene che la membrana pituitaria sia sana e che l'aria circoli liberamente nel canale nasale, essendo l'aria il veicolo delle molecole odorose.

Le sensazioni prodotte dagli stessi odori variano da individuo a individuo, ossia agli uni piace un odore, che disgusta un altro.

Vi sono odori soavi e penetranti che svegliano in noi nobili sentimenti, altri che eccitano i trasporti amorosi come gli odori ambrosiaci o afrodisiaci.

Non sono del parere di fuggire gli odori, ma di usarne moderatamente, perchè l'abuso degli odori non solo è dannoso alla salute, ma snerva ed affievolisce il corpo.

Parte Seconda.

Classificazione degli odori.

Fino ad oggi non si è potuto classificare giustamente gli odori in conseguenza della tenuità delle molecole odorose. Il naturalista Linneo li divise in sette classi: aromatici, fragranti, ambrosiaci, agliacei, nauseanti, fetidi, ripugnanti.

Trascriveremo la classificazione fisiologica che è basata sopra la proprietà degli odori.

Tonici, che agiscono sull'economia animale;

Debilitanti, che producono svenimenti e lipotimie;

Inebbrianti, che cagionano l'ebbrezza;

Caustici, la cui prolungata azione produce la tumefazione delle membrane mucose e provoca delle emorragie;

Nevrofili, che calmano l'agitazione nervosa;

Antisterici e isterici, che calmano o provocano gli spasimi nervosi;

Emmenagoghi, che ristabiliscono il flusso catameniale ritardato o soppresso;

Sonniferi, che producono sonnolenza;

Vomitivi, che danno luogo al vomito;

Purgativi, che danno luogo allo scioglimento di corpo;

Carminativi, che fanno cessare i dolori di ventre;

Esilaranti, che eccitano la gioia;

Ambrosiaci, che eccitano gli organi genitali.

Vi sono altri odori che hanno qualità speciali, ma rimandiamo il lettore al libro Les Parfums et le fleurs.

È imprudenza il dormire in una camera ove vi siano tanti fiori, perchè questi assorbono l'ossigeno dell'aria e versano in questa l'acido carbonico; quindi chi non vuol levarsi alla mattina con un forte dolor di capo, osservi questa norma.

Parte Terza.

Aberrazioni dell'odorato.

Quantunque le aberrazioni di questo senso sieno molto rare pure citeremo due casi.

RACCONTI.

Un avvocato avendo fatto una fortissima indigestione di formaggio trovava il sapore e l'odore di questo in tutte le vivande che gli si portavano, e per ben sei mesi non mangiò altro che mele e frumento alla stato naturale. Però dopo una fortissima flussione di stomaco, e ricuperata la salute, si trovò libero da questa aberrazione.

Un'attrice s'immaginò che gli amanti da lei licenziati, oltre all'ingiuriarla, le gettassero sulla sua candida pelle delle materie fetide che le toglievano perfino il sonno.

Parte Quarta

Igiene dell'odorato.

Le norme igieniche sono le seguenti: non usare delle polveri irritanti come la canfora il pepe, il tabacco che irritano la pituitaria, e fanno perdere la sensibilità olfativa.

Evitare le variazioni troppo rapide di temperatura, perchè il raffreddore è dannoso all'odorato. Pure dannosa è la vegetazione alla superficie della pituitaria, lo scirro, il cattivo vezzo che tanti hanno di stimolarsi il naso colle dita.

L'avulsione dei peli del naso è pure pericolosa; spesso ne risultano ulcerazioni profonde e anche la cancrena. Per levarsi questi peli bisogna servirsi del depilatorio.

Inoltre è da raccomandarsi, specialmente alle signore, di non abusare dei profumi dei fiori, perchè l'abuso attutisce la sensibilità dell'odorato stesso.

CAPITOLO XXI.

Del gusto.

Parte Prima.

Classificazione dei sapori.

Il quarto senso è il gusto, che forma col tatto i sensi inferiori. Questo senso agisce solamente quando le molecole dei corpi sapidi vengono a contatto di esso. Varie sono le opinioni circa la residenza del gusto. Alcuni lo mettono nelle papille della lingua, alcuni nel palato, altri nel velo palatino, ma i più dotti credono che lingua, palato, e velo palatino concorrano a completare il senso del gusto. Questo senso guida l'uomo e specialmente i bruti, alla ricerca degli alimenti.

I sapori si dividono nelle classi seguenti:

Dolci: come lo zucchero, i datteri, i fichi, ecc., e hanno proprietà emolienti, lassative.

Acquosi o scipiti: come le zucche, i cocomeri, la lattuga, ecc., e hanno proprietà debilitanti e leggiermente diuretiche.

Grassi vischiosi: come il tasso barbasso, la bismalva, i fiori di soffola, ecc., e hanno proprietà dolcificanti e snervanti.

Acidi: come il ribes, la melagrana, il limone, e hanno proprietà rinfrescanti, debilitanti.

Amari: come il rabarbaro, le foglie di salice, l'assenzio, e hanno proprietà toniche e purgative.

Salati: come l'acqua di mare, la soda, la potassa, e hanno proprietà detersive, purgative.

Stitici o acerbi: come le cotogne, le sorbe, le nespole verdi, ed hanno proprietà astringenti.

Piccanti, aromatici: come il pepe rosso, ì chiodi di garofano, la cannella, e hanno proprietà toniche, fortemente eccitanti.

Acri-mordenti: come l'aglio, le cipolline, ed hanno proprietà riscaldanti.

È da notarsi che l'odorato previene il gusto nella ricerca delle sostanze alimentari, perchè le sostanze composte racchiudono in loro stesse un profumo: come le fragole, le mele, i lamponi, ecc., quindi agiscono doppiamente sul gusto e sull'odorato; questo poi si unisce al primo per raddoppiare i piaceri. Il senso del gusto infatti è fonte di svariatissimi godimenti più o meno vivi e squisiti a seconda dell'età, della salute, della delicatezza, del temperamento e della condizione sociale dell'individuo. Per esempio i fanciulli e le donne in generale amano le cose dolci e per contrasto le acide o acerbe. Quando si è giovani, siccome l'appetito si fa sentire, così si amano tutti i sapori tranne quelli a tutti antipatici.

Avanzando sempre più in età i gusti si cambiano, il palato diventa più ottuso, e si cercano le vivande eccitanti, i sapori forti e piccanti, e ciò per eccitare l'appetito e rendere la digestione più facile. Alcune volte sono dunque necessarie, ma più spesso alte rano l'organismo, e sono più di danno che di vantaggio alla salute. È un passatempo abbastanza istruttivo assistendo a un numeroso pranzo di famiglia di osservare sulle fisionomie di diversi le varie impressioni provocate dagli organi del gusto e dell'odorato.

Voglio ora trascrivervi un raccontino fattomi da un amico all'uscire da un lauto e copioso banchetto. Eccolo:

Esistono i due proverbi: vivere per mangiare e mangiare per vivere. Proverbi entrambi da evitarsi. Ecco perchè presi la via di mezzo. Io mangio principalmente per vivere, ma in certo qual modo vivo anche per mangiare. Se gusto, se assaporo una vivanda gli è perchè io sono un essere superiore al bruto che inghiottisce gli alimenti per puro istinto; si è perchè io sono un uomo intelligente che voglio servirmi di tutti i sensi che l'Ente Supremo mi ha concesso; si è perchè voglio fare onore al Lucullo che mi ha invitato alla sua mensa e al cuoco che ha preparato le succose vivande. Non è forse vero quanto vi ho detto? Vi scorgete l'ombra di una biasimevole leccornia? Del resto, signori miei, leccardi non possono essere tutti, perchè per aguzzare il senso del gusto occorre uno studio speciale che io feci con cura amorosa.

In primo luogo dovetti attenermi ad un severo regime per sviluppare questo senso, regime al quale forse non tutti si assoggetterebbero, e giunsi ad un discreto risultato dopo un corso di fisiologia degli organi e dei sensi. Volete il riassunto delle mie osservazioni? Eccolo.

Ma quì non voglio infastidire il lettore con questi appunti che si possono trovare più estesi in un trattato di storia naturale. Dirò solamente che questo amico quasi quasi mi convinse che l'esser leccardi non è una cosa tanto facile quanto credeva, perchè bisogna davvero studiare tutte le minutezze per vieppiù assaporare una bottiglia di champagne o un'ala di fagiano.

Il mangiare e il bevere, dicono taluni, è un piacere puramente fisico e materiale; non importa, ma non si può negare che si ha un piacere dolce e vivo.

Non si prova forse una gradevole soddisfazione quando dopo un eccellente pasto, inaffiato con un delicato vinetto di Piemonte si fuma una cigaretta seduto al balcone?

Chi potrebbe negare che il nostro fisico tutto si ristora quando d'estate si beve una fresca e dolce bevanda al limone, al lampone, al ribes; quando si prendono a centellini quei soavi gelati?

Sì, noi dobbiamo ascoltare anche il senso del gusto, perchè, ascoltandolo moderatamente, si procura dei piaceri gredevolissimi, quantunque sieno fisici e materiali.

Parte Seconda.

Aberrazioni del gusto.

RACCONTO.

Due avvocati, amici intimi, pranzavano sempre insieme, ed offrivano delle aberrazioni affatto speciali. L'uno si lamentava che il cuoco salava troppo le vivande. Al contrario l'altro le trovava insipide. Si bisticciavano un po' e quando l'aberrazione cessava mangiavano tutti e due deliziosamente.

Parte Terza.

Igiene del gusto.

Affinchè il senso del gusto agisca esattatamente occorre il completo sviluppo e la sanità di tutte le parti che lo compongono.

Si dovrà quindi guardarsi da tutte quelle sostanze che possono danneggiare la lingua, la mucosa della bocca o il velo palatino; da quelle che alterano la sensibilità dell'apparato gustatorio, dalle abitudini che nuociono alla secrezione salivale come l'abuso degli aromi, della pipa, del tabacco, dei liquori, ecc.

Se la lingua fosse coperta da qualche impurità allora il gusto diventa ottuso, appena percettibile; le bevande acide e toniche possono però risvegliarlo dal suo torpore.

Il senso del gusto non è sviluppato se non nella età adulta, se questo si affievolisce è un sintomo d'un'affezione allo stomaco. Quindi bisogna guardarsi da tutte quelle cause che possono nuocere non solo a questo senso ma all'intiero organismo.

GAPITOLO XXII.

Del tatto.

Parte Prima.

L'ultimo senso inferiore, il più fisico e materiale, è il tatto. Esso però è il più diffuso, poichè risiede nell'organo cutaneo.

Il tatto si attua toccando l'oggetto che si vuol esaminare. Per mezzo di questo senso si conoscono le asprezze, la morbidezza, il peso e la grandezza d'un corpo; per mezzo suo inoltre si sente il caldo e il freddo, e molti individui anche lo stato elettrico dell'atmosfera.

La mano è la parte del corpo dove maggiormente risiede la sensibilità tattile e precisamente esso si trova nei polpastrelli delle dita. Per formarsi un'idea dell'importanza speciale di questo senso bisogna pensare ai ciechi che fanno ogni sorta di lavori servendosi del tatto, che perfino giungono a leggere gli scritti in rilievo ed a conoscere i varii colori.

La mano, per meglio godere delle sensibilità tattiche, deve essere coperta da una bianca e morbida pelle, deve avere le dita bene articolate terminanti in una polpa mollemente arrotondita. Le signore che s'interessano delle loro mani possono leggere la opera intitolata: Hygiène des mains et des pieds.

Il tatto, a seconda del modo col quale è esercitato, prende varii nomi.

Il solletico è un tatto speciale che tutti conoscono. Quando è esercitato sotto la pianta dei piedi provoca talmente il riso da essere assaliti da convulsioni e fors'anche della morte in un eccesso titanico.

Il solletico delle labbra o del palmo della mano produce un'irritazione voluttuosa, di maniera che si hanno parecchie donne che provano per questo solletico dei trasalimenti nervosi e degli attacchi isteriformi.

Il solletico dell'ugula produce il vomito, quello della pituitaria lo starnuto, ed altri fenomeni le altre parti del corpo.

Il tatto poi occupa il primo posto nei diversi atti dei piaceri sessuali. Le impressioni però che sono trasmesse al cervello sono meno o più vive e intense a seconda del temperamento dell'individuo. Se uno ha un temperamento sensibile e nervoso il piacere che prova accarezzando una superficie morbida, tondeggiante e vellutata è molto più vivo che non quello di un linfatico, nel quale la fibra è più molle e meno sensibile ed ha bisogno d'un contatto più pronunziato e prolungato per giungere a sensazioni meno vive di quelle dei soggetti nervosi. È dunque vero però che essendo il tatto il senso fisico per eccellenza trova in amore le sue più dolci applicazioni.

Parte Seconda.

Aberrazioni del tatto.

Numerosi sono gli esempi di aberrazioni del tatto che ci offrono gli annali di medicina. Noi ne citeremo qualcuno.

Una signora sentiva una miriade di sorci correre sopra il suo corpo; finiti questi si credeva circondata da infiniti mosconi che la punzecchiavano. L'allucinazione durava una mezz'ora e tutti i giorni aveva luogo.

Un'altra signora si credeva d'essere preda d'una quantità di bruchi.

Una terza sudava a larghe goccie di sudore nel cuore del verno.

Una quarta, avendo bevuto ad un ruscello dove aveva visto una rana, credeva di sentire le rane danzare nel suo stomaco.

E non la finiremmo più; eccone un'altra più curiosa:

Un povero notaio aveva una moglie che per fargli fare ciò che voleva lo bastonava. Per farla corta la moglie morì. Il notaio, contento da una parte, ringraziava il Cielo che lo aveva liberato. Ma ahimè! Povero illuso! La moglie (così credeva lui) tutti i giorni a quell'ora istessa gli faceva la sua visitina, e lo picchiava ancora di santa ragione, di maniera che il povero notaio gridava perfino pel dolore!

Parte Terza.

Igiene del tatto.

Siccome il tatto si trova diffuso in tutto l'organo cutaneo, perciò chi desidera conservarsi un tatto sensibile e delicato bisognerà che allontani tutte le cause che possono alterare o guastare la pelle. È perciò che per evitare le numerose affezioni che possono nuocere alla pelle diviene indispensabile di vegliare alla sua integrità e di mantenerla, in uno stato di polizia che nulla lasci a desiderare.

Bisognerà dunque guardarsi dai grandi calori, come dai freddi eccessivi, dal fuoco, dagli alcali, dagli acidi; si dovrà evitare la alternativa dell'acqua calda e di quella fredda, chè tutte sono cause di indurimento dell'epidermide o di screpolature gravissime. Inoltre i geloni trascurati possono anche trasformare le dita.

Coloro dunque che, oltre all'evitare queste affezioni abbastanza dolorose, desiderano conservare il senso del tatto in tutta la sua integrità, si procuri la nostra Hygiène des mains et des pieds, ove diffusamente si parla di queste norme che qui sono solamente accennate.

CAPITOLO XXIII.

Rapporti tra le quattro parti del giorno e le quattro stagioni.—Loro influenza sull'economia umana.

Il giorno è indicato dalla natura per occuparsi dei propri affari, per lavorare e anche per godersi qualche divertimento.

La notte fu creata per riposare, per riparare, mediante il sonno, alle perdite della giornata. Chi inverte queste leggi di natura si troverà a suo tempo pentito.

E pur troppo nell'alta società si fa giorno della notte e viceversa. La vita passata nei teatri, nei caffè, nei clubs, attrae questi signori, ma li rovina e li rende gracili ed insani. Guardate le contadine che si levano e si coricano col sole. Quantunque il loro viso sia abbronzito, pure presentano i colori di una ferrea e vigorosa salute!

Il Mattino.

Il mattino corrisponde alla primavera e alla gioventù dell'uomo.

La parte migliore del giorno è il mattino quando il sole non ancora visibile sull'orizzonte, manda avanti a sè i suoi raggi di fuoco che indorano e fanno brillare pari a gemme le terse goccie di rugiada che coro nano i petali dei fiori, quando gli uccelletti appena svegli ringraziano col loro allegro cinguettio il sole nascente, il padre della vita! Quanta gioia, quanta felicità si prova assistendo alla levata del sole in un calmo mattino di primavera! Appena che i suoi benefici raggi inondano l'atmosfera i contadini escono giulivi dalle loro case per avviarsi al lavoro. Dovunque la vita circola e si manifesta, noi ci sentiamo più spigliati, più vigorosi; è nel mattino che le nostre facoltà intellettuali funzionano con maggior facilità ed energia. È per questo che i letterati, i poeti e gli artisti stanno occupati più nella mattina che nel resto della giornata.

Inoltre pei divertimenti campestri si sceglie sempre la mattina. Chi non ama questi sollazzi? A chi non piace quando si è in una compagnia allegra e piacevole andare in un ameno boschetto, sulla riva d'un ruscello e fare una colazione resa saporitissima dall'appetito che sviluppa l'aria del mattino?

I medici hanno anche osservato che il maggior numero di miglioramenti nelle malattie avvengono nella mattina, perchè in questa fase del giorno tutto concorre per allietare l'anima ed il corpo.

Il Mezzogiorno.

Il mezzodì corrisponde all'estate e all' età matura nell'uomo.

Nell'estate e nel mezzodì i raggi solari hanno acquistato tutta la loro forza, i lavo ranti in quest'ora di massimo calore cercano l'ombra e il riposo per rivigorire le stanche loro membra.

Così l'uomo maturo che ha gustato tutti i piaceri della giovinezza e che durante questa epoca si è procurato coll'assiduo lavoro uno stato discreto, può gustare tranquillo e contento i piaceri e le pure gioie della famiglia, godendo unitamente a questi un poco di riposo e di tranquillità.

Un altro rapporto che esiste è il seguente: come nell'estate, così nelle calde ore del mezzodì maggiormente si esercita l'azione morbifica e particolarmente sullo stomaco, sul fegato e sugli intestini. È perciò che l'igiene prescrive l'esclusione di certi alimenti che possono essere funesti. E siccome l'età matura è un'età di riposo, così bisogna gustare con grande moderazione quei piaceri che affievoliscono e rendono inerte l'individuo.

La Sera.

La sera corrisponde all' autunno e all' età del declino.

Come la sera fa cessare i lavori, sospende tutte le occupazioni, così l'età del declino domanda l'assoluto riposo, perchè nelle età precedenti si è a sufficienza lavorato e goduto.

La sera come l' autunno e l' età del declino è triste e melanconica.

Infatti, sebbene l'autunno presenti le sue belle giornate, pure la natura morente non può ispirare allegria. E in questa stagione che gli alberi si spogliano delle loro verdi fronde; è in questa stagione che i fiori scompaiono, che le praterie ingialliscono, che le pioggie ingrossano i torrenti, è in questa stagione infine che la natura muore!

In tal modo cammina la vita umana che dall'età del declino entra nella vecchiaia.

Come l'età del declino, così l'autunno è fertile in malattie; si raccomenderà quindi la prudente sobrietà ai vecchi e l'astinenza degli abusi di quei frutti che prodiga l'autunno.

Il rapporto che esiste è dunque spiccante. Tutti e tre offrono un vago indefinibile che si avvicina alla tristezza.

La Notte.

La notte corrisponde all' inverno ed alla decrepitezza.

La notte deve intieramente dedicarsi al riposo, poichè non solo gli animali dormono la notte, ma anche un gran numero di vegetali, poichè per essi il sonno è di assoluta necessità.

In primavera le notti sono spesso stellate e fredde; in estate ora tiepide, limpide, ora calde tempestose; in autunno sono umide e malsane; in inverno gelide.

A seconda delle stagioni il sonno è dolce, piacevole; grave ed interrotto; profondo o leggiero a seconda dell'atmosfera; lungo e intenso.

Si può dire che la durata del sonno è a seconda delle perdite fatte nella giornata. Mille volte infelici quegli ammalati che la notte non possono godere del sonno placido e riparatore, perchè sono molestati da crudeli dolori!

Ecco così esaminate le diverse parti del giorno, le stagioni e le età dell'uomo, ed accennato al rapporto che havvi tra loro.

Terminerò il capitolo raccomandando di non invertire le leggi naturali facendo come i ricchi notte del giorno e del giorno notte, perchè immenso è il danno che ne deriva.

CAPITOLO XXIV.

Dei piaceri offerti dalle quattro stagioni.

In quest'ultimo capitolo accenneremo ai diversi piaceri che offrono le quattro stagioni. Piaceri diversi tra loro, perchè, come ogni stagione ha i suoi fiori, così ha i suoi godimenti.

Nei climi temperati, ove quattro sono le parti dell'anno, vi hanno piaceri non conosciuti; nella zona torrida le stagioni sono due: quella delle pioggie e della siccità.

Invece noi siamo contenti, quando dopo un po' di giorni di sole eccessivo che dissecca la terra e infuoca il cielo, di ricevere una benefica acqua che spenga gli eccessivi calori. Questa continua alternazione non può renderci monotoma la vita.

Parte Prima.

Dei piaceri in primavera.

L'inverno è passato, il vento gelido e freddo di questa stagione di morte s'intiepidisce; e la natura si sveglia a nuova vita. Sì colui che si è alzato una di queste mattine gioconde nella quale la natura ti sorride a ciascun passo, si è sentito il cuore sollevarsi, e respirando l'aria a pieni polmoni ha dovuto esclamare: Viva la primavera! Viva questa epoca nella quale tutto rinasce sotto lo splendido risveglio della natura, nella quale il cielo si fa più bello e la terra gli sorride di amore. È in questi giorni che tutto ritorna, che ritornano le rondinelle al nido del porticato, i piccoli fiori al vaso della fanciulla, i zefiri profumati a scuotere certe ciocche di capelli nere e lucenti. Chi sarà colui che non benedirà quest'epoca, la più bella, la più gioconda di tutto l'anno; quest'epoca nella quale un sole brillante dà la forza e la vivacità a tutta la natura?!....

La primavera! Non è forse la più bella di tutte le quattro stagioni? Non è forse nella primavera che si può vedere ed ammirare la onnipotenza dell'Ente Supremo?

Bisogna certamente essere pessimisti per odiare quest'epoca; bisogna certamente aver perduto tutto lo spirito per non sentire questi profumi che ti spingono all'amore plastico, come l'autunno all'amore platonico.

Infiniti sono i piaceri che quest'epoca ci offre. Le poetiche passeggiate, le escursioni, le colazioni nei campi, le cavalcate, le gite di campagna a piedi o a cavallo; e l'uomo fatto che ama studiare ha la botanica, la zoologia, la mineralogia che gli offre un esteso campo per acquistarsi utili cognizioni e passatempo.

È nella primavera che lo spirito, il talento, il genio che giaceva annichilito, senza forza e senza slancio, è in questa stagione, dico, che hanno preso il volo, che hanno stese le loro ali gigantesche e che volano nei campi ridenti dell'immaginazione.

Vivano i fiori e la bella natura! Ecco il grido che l'anima invia alla primavera, il grido che viene dal cuore tratto dai zeffiri profumati all'ideale. Come si può restare insensibili davanti alla splendida ricchezza che si spiega maestosa e sorride davanti agli occhi, che ci attira, che ci solleva in un mondo novello, che ci mostra un orizzonte dorato e meraviglioso, che ti fa sentire i profumi i più inebbrianti?! Come sei bella o natura! Quanto sei grande! Dove hai preso le mille forme di fiori che rendono vivaci le praterie, le siepi, i campi? Ove li hai presi potenza soprannaturale?

In ciascun angolo il più remoto brilla un fiore, brilla uno de' tuoi figli vaporosi che levano la monotonia e il dolore con un vago sorriso che t'inspira amore. L'aria ne è addolcita, e ciascun zefiro che passa accoglie sulle sue tiepidi ali il sospiro d'amore di mille rose. Nei capelli neri e lucenti, sul seno della fanciulla, sugli altari, nei pranzi e sulla tomba, sul davanzale dell'umile finestra e sulla terrazza del sontuoso palazzo, avunque brilla un fiore, ovunque è un profumo d'amore.

Il mese di maggio è arrivato e mille angioletti dalle rosee ali l'accompagnano. Sono i fiori. Aprite, aprite le vostre finestre, apritele al sole, al profumo dei fiori. Come sono belli; io vi amo e vi saluto. Vi amo perchè dai vostri calici spira una dolcezza triste e solitaria; v'amo perchè la bruna fanciulla poetica pure vi ama; v'amo infine perchè siete i fiori, i figli della primavera.

Parte Seconda.

Dei piaceri nell'estate.

Le tiepide aurette primaverili più non scuotono mollemente la nera treccia di capelli. La primavera è finita e l'estate col suo calore tanto benefico alla campagna si fa avanti maestoso ed infuocato. Il sole è giunto al punto più culminante. I suoi raggi sono perpendicolari alla terra; la sua forza benefica è al massimo. In estate maturano le biondeggianti messi, i frutti i più squisiti, le tinte si fanno più scure e intense; tutto insomma partecipa al cambiamento che il sole di giugno opera nei campi.

Fra i piaceri che si possono godere nell'estate figurano le passeggiate di buon mattino e di sera in campagna. Queste passeggiate sono piacevolissime per coloro che sanno gustare le pure gioie campestri.

In questa stagione deve essere contento anche il proprietario che può passeggiare sui suoi fondi, e vedere le messi biondeggianti, l'uva che matura, i prati smaltati di fiori. Beato il proprietario, perchè tali beni, essendo suoi, ne può godere tutti i giorni e tutte le ore!

D'estate poi sono un'occasione di divertimento, e sono di un'utilità incontestabile i bagni. Le acque minerali e termali sono molto frequentate durante l'estate da ammalati, oppure da coloro che vogliono condurre una vita relativamente quieta. In questi stabilimenti si trovano tutti i divertimenti della capitale, di più si possono fare le passeggiate campestri che sono d'una grandissima utilità alla salute.

La massima principale per migliorare in questi stabilimenti è di non lasciarsi sopraffare dalla noia. La noia è il peggior nemico della salute; quindi se un bagnante si annoia causa il cattivo tempo o lo stabilimento, dovrà subito abbandonare questo luogo per cercarne uno migliore, nel quale i concerti, la conversazione, i giuochi di società non lo lascino annoiato o melanconico.

Altro fra i piaceri è quello dell'acque, e sotto questa denominazione intendo le gite in barca, in battello a vapore, le passeggiate lungo le rive dei fiumi o dei laghi, infine il nuoto, tutti esercizi che dilettano immensamente ed irrubostiscono i nostri muscoli.

L'estate offre pure la sua parte di poesia. Non inspira forse dei nobili ed elevati senti menti la vista d'un ameno ed ombroso boschetto dove nulla s'intende altro che il gorgheggio degli uccelli e il mormorio del terso ruscello?

Non si rimpiangono forse i convegni amorosi datisi nei boschi remoti e poetici? Non siamo eccitati alla riflessione quando seduti all'ombra d'un gigantesco platano nella quieta campagna ammiriamo intorno a noi l'opera del Creatore?

Insomma i piaceri estivi, quantunque meno chiassosi dei primaverili, ci tornano ciononostante graditi, perchè accompagnati dalla riflessione.

Parte Terza.

Dei piaceri in autunno.

L'autunno è la stagione più ricca di frutta, è la stagione nella quale anche il regno animale ci dà gli elementi più svariati e di migliore qualità, per cui questa stagione è desiderata dai fanciulli, dai buongustai e dai leccardi.

La natura in autunno cambia ancora di aspetto. Le mattine e le sere si fanno sempre più fresche, l'aere è più mite. L'autunno è l'epoca dei viaggi nei paesi meridionali; è l'epoca della caccia.

Riguardo a questo piacere dobbiamo dire che se è spinto alla fatica diventa nocivo alla salute. Alla caccia bisogna guardarsi dalle correnti d'aria fresca quando si è in traspi razione, nel bevere quando si è sudati, o dall'attraversare qualche acqua quando i piedi sono riscaldati dal percorso cammino. Queste sono norme che non si osservano quando siamo in preda all'entusiasmo di inseguire qualche lepre, ma che dovrebbero seguirsi per non prepararsi delle infermità.

Un altro piacere per i proprietarii di terre è quello di assistere al raccolto e principalmente alle vendemmie. Nei paesi viniferi si danno delle feste campestri, come le colazioni, i pranzi, i balli, feste che ci tornano gradite, perchè nuove e purificate dall'aura imbalsamata della campagna. Ma la seconda metà dell'autunno non presenta questi dolci piaceri. Essa è triste, melanconica. La natura si spoglia de' suoi verdi colori, gli alberi nudi sono tetri, gli augelletti più non gorgheggiano, le brine cominciano a coprire la terra, l'aquilone freddo sibila fra i rami, le nebbie, le pioggie sono frequenti, i torrenti straripano, i raggi solari si affievoliscono, la natura si addormenta per ridestarsi più viva, più appariscente in primavera.

L'autunno però, sebbene abbondante in piaceri, è pure abbondante in malattie. Queste provengono dai cambiamenti repentini di temperatura che sono frequentissimi in autunno. Provengono però principalmente dalle scorpacciate di frutta di cui è ricca questa stagione. Si guardino bene i golosi dagli eccessi di questo genere, perchè non sanno quanto dolorosi sieno i flussi di ventre, le febbri ribelli o le dissenterie.

Un alimento che raccomando caldamente nell'affievolimento di stomaco è il buon cioccolatte, perchè, oltre all'essere facilmente digeribile, ripara subito le perdite del corpo. Bisogna però guardarsi dal cioccolatte di cattiva fabbricazione, perchè non fa altro che ingombrare lo stomaco.

Un'altra raccomandazione è quella di coprirsi ai primi freddi per evitare i raffreddori e le soppressioni di traspirazione.

Parte Quarta.

Dei piaceri in inverno.

Questa è la stagione più monotona e melanconica dell'anno. Il sole più non ci riscalda, e pare che ci abbia abbandonati. La neve bianca e fredda copre come un funebre lenzuolo tutta la campagna. Ovunque è tristezza, ovunque è torpore.

Ma se l'inverno è triste pel vecchio e pel fanciullo che se ne stanno rincantucciati al caminetto, non lo è però pel giovane, il quale trova nell'inverno dei cari e graditi divertimenti. Egli sfida i rigori del verno per assistere all'opera, al dramma, ai concerti; egli sfida la neve per correre dove la danza lo chiama e lo attira, e non lascia la minima occasione per festeggiare l'amore e il piacere.

Una molestia dell'inverno è il freddo delle mani e dei piedi. Freddo che deriva da ciò che il sangue più non circola nella rete muscolare superficiale, ma bensì è spinto nei vasi interni.

È sopratutto nell'inverno che il vecchio deve usare a sè stesso tutti i riguardi, perchè il freddo intenso è fatale a questa età. I suoi piaceri devono essere quelli del focolare, della lettura, della conversazione, dei giuochi di famiglia che occupano e cacciano la noia.

È nell'inverno poi che si gustano maggiormente i piaceri dell'amicizia, perchè in questa stagione si stà lunghe ore coll'amico in conversazione. Un vero amico non è mai abbastanza custodito. L'amicizia è un porto dove si rifugia durante l'uragano, ove si felicita dopo il pericolo. Qual maggior gioia di quella di rivedere dopo molto tempo l'intimo amico, al quale si hanno mille cose da confidare, mille da sentire!

L'inverno è anche la stagione più propizia ai pranzi, ai festini, ai banchetti. In questa epoca l'appetito è in tutti sviluppato; lo stomaco possiede maggior energia; le sue funzioni hanno luogo più prontamente, e può quindi digerire più presto una maggiore quantità di alimenti che nelle altre stagioni.

È nell'inverno che si hanno le feste di Natale e quelle del primo giorno dell'anno.

Quest'ultima in Francia è festeggiata da tutti, non solo dai bimbi che desiderano i regali, ma anche dagli adulti, ai quali tornano gradite le riunioni di famiglia.

Il carnevale viene poi a portare l'allegria ai giovani, e procurare loro mille sorta di piaceri nei quali la folla delirante si getta a capo fitto.

E quì termina l'opera, lo scopo della quale non solo era di accennare i piaceri delle diverse stagioni, ma bensì di cercare di assegnar loro un limite uniformandole alle norme dell'igiene. Dunque di nuovo raccomandiamo ai nostri lettori di guardarsi dagli abusi delle cose della vita, perchè, come abbiamo accennato in questo libro, possono apportare gravi sconcerti, affezioni, malattie, infermità e forse anche la morte!

Fine.

INDICE

CAPITOLO I

Definizione del piacere pag.3

CAPITOLO II.

Parte I. La giovinezza ed i suoi piaceri—Adolescenza—pubertà pag.7

» II. I piaceri della giovinezza e loro igiene pag.13

» III. Igiene alimentare della giovinezza pag.15

CAPITOLO III

Parte I. Dell' amor fisico—Primi palpiti d'amore pag.18

» II. Sensazione del coito pag.19

» III. I due lati dell'amore pag.20

» IV. Dell'amore e sua igiene morale pag.21

CAPITOLO IV.

Conseguenze d'una cattiva scelta—Racconto pag.26

CAPITOLO V.

Parte I. Il matrimonio ed i suoi piaceri pag.32

» II. I piaceri dell'amore materno e paterno pag.33

CAPITOLO VI.

Parte I. Della procreazione—Norme igieniche pag.35

» II. Pericoli che s'incontrano abbandonandosi ai piaceri d'amore pag.37

CAPITOLO VII.

Parte I. Mali derivanti dai piaceri solitari pag.41

» II. Mezzi per impedire i piaceri solitari pag.45

» III Mezzi per curare gli effetti dei piaceri solitari pag.46

CAPITOLO VIII

Della donna e dei piaceri che offre pag.48

CAPITOLO IX.

Delle aberrazioni o traviamenti d'amore pag.50

Parte I. Satiriasi pag.52

» II. Erotismo per soverchia continenza pag.54

» III. Follia erotica pag.54

» IV. Follia erotica intermittente—Racconto pag.55

» V. Norme igieniche contro le aberrazioni dell'amor fisico pag.57

CAPITOLO X.

Parte I. Igiene dei piaceri venerei pag.58

» II. pag.61

CAPITOLO XI.

Parte I. Età virile ed i suoi piaceri—Virilità pag.64

» II. Età matura pag.66

» III. Piaceri dell'età matura pag.67

» IV. Piaceri paterni e materni pag.68

» V. pag.69

CAPITOLO XII.

Nubilità—Età matura pag.70

CAPITOLO XIII.

Igiene dell'età matura pag.72

CAPITOLO XIV.

Prima vecchiaia pag.74

CAPITOLO XV.

Dell'erotismo nella vecchiaia pag.76

CAPITOLO XVI.

Prima vecchiaia, sue distrazioni e suoi piaceri pag.77

CAPITOLO XVII.

Parte I. Seconda vecchiaia pag.80

» II. Dell'abitudine e della noia nei vecchi pag.81

» III. Decrepitezza pag.83

CAPITOLO XVIII.

Dei sensi pag.84

Parte I. Piaceri dei sensi pag.86

» II. Allucinazioni ed aberrazioni della vista pag.87

» III. Igiene della vista pag.89

CAPITOLO XIX.

Parte I. Dell'udito pag.90

» II. Della musica sull'organismo umano pag.91

» III. Allucinazioni dell'udito pag.93

» IV. Igiene dell'udito pag.94

CAPITOLO XX.

Parte I. Dell'odorato pag.95

» II. Classificazione degli odori pag.96

» III. Aberrazioni dell'odorato pag.97

» IV. Igiene dell'odorato pag.98

CAPITOLO XXI.

Parte I. Del gusto—Classificazione dei sapori pag.99

» II. Aberrazioni del gusto pag.103

» III. Igiene del gusto pag.103

CAPITOLO XXII.

Parte I. Del tatto pag.104

» II. Aberrazioni del tatto pag.106

» III. Igiene del tatto pag.107

CAPITOLO XXIII.

Rapporti tra le quattro parti del giorno e le quattro stagioni—Loro influenza sull'economia umana pag.108

CAPITOLO XXIV.

Dei piace riofferti dalle quattro stagioni pag.112

Parte I. Dei piaceri in primavera pag.113

» II. Dei piaceri in estate pag.115

» III. Dei piaceri in autunno pag.117

» IV. Dei piaceri in inverno pag.119