Camillo Antona-Traversi

DANZA MACÀBRA

COMMEDIA IN QUATTRO ATTI

MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1895.

TIPOGRAFIA MILITARE

(Via Marsili N. 4)

AL CHIARO PROFESSORE

G. P. ZULIANI

Amico e maestro dilettissimo,

Firenze, 25 gennaio 1894.

Intitolando al chiaro nome di Lei questa mia commedia, io pago un debito antico e per me sacro.

Chè di tutte le cose belle e buone che sono sulla terra, l'amicizia — intesa e praticata come la intendevano e praticavano gli antichi romani — è la più alta, la più gentile, la più sacra! oso anche dire la più vera.

E Lei è stato sempre per me un amico, un fratello.

De' molti e salutari suoi consigli ho fatto in ogni tempo tesoro: e se ho potuto dare al teatro italiano qualche commedia non del tutto infelice, a Lei, a Lei solo, lo devo.

Confessandomene in pubblico, adempio un dolcissimo dovere; e dandole il caro nome di maestro, dirò solo, e a mala pena, ciò che il cuore mi detta.

Da Lei ho imparato ad amar l'arte sul serio: da Lei mi son venute le prime norme dello scrivere per il teatro: dalla lettura delle sue dottissime critiche l'insegnamento più utile e più salutare.

S'abbia, dunque, con la povera offerta di questa mia Danza macàbra — che la buona critica italiana ha giudicata degna figliuola delle Rozeno —, tutto il mio cuore e tutta la mia ineffabile gratitudine.

Con affetto di discepolo, di amico, di fratello m'è soprammodo caro dichiararmi

Affezionatissimo

CAMILLO ANTONA-TRAVERSI.

Al cortese che mi legge,

Bologna, 1.º decembre '93.

Dimorando in Roma, dove passo i migliori mesi dell'anno, ho assistito, in questa fine di secolo, a molte tragiche vicende; ma nessuna di esse ha tanto commosso la mia fantasia, quanto lo sfasciarsi delle colossali fortune delle principesche famiglie romane.

Qual immensa rovina: qual crollo formidabile di tutto un passato storicamente importante: quale sfacelo doloroso e terribile delle maggiori glorie avite, delle più nobili tradizioni, delle più colossali ricchezze, della vetusta opera di tanti secoli!

Chi, or sono pochi mesi, con la mente e il cuore pieni degli storici ricordi delle maggiori famiglie del superbo Patriziato romano, si raggirava — muto e silenzioso — per le sale ampie e solenni de' lor palazzi, un giorno così sfolgoreggianti di una folle ricchezza, non dubbia testimonianza di un fasto, ch'ebbe i più grandi splendori; e, oggi, deserti d'ogni arazzo, d'ogni tappeto, d'ogni mobile, d'ogni oggetto di lusso, d'ogni quadro, d'ogni vaso antico, d'ogni stemma nobiliare, d'ogni segno della grandezza di un tempo; non isfuggiva, certo, a un senso di sacro terrore e d'incommensurabile pietà.

Perchè si può essere, fin che si vuole, figli di questi giorni, così densi di nobili aspirazioni verso un presente più umano, più civile, più sociale, più vicino alla religione predicata da Cristo, e riaccostantesi assai più a' veri fini della natura e del consorzio civile; ma non è possibile, per chi serbi almeno la scorza d'uomo, non sentirsi profondamente commosso dinanzi alla maestosa rovina di tanti secoli di nobiltà, di ricchezza e di gloria!

Certo la caduta del grande Patriziato romano è uno de' più benefici effetti del tempo che è il nostro. Quando una casta — sia pur storicamente gloriosa — ha percorso il ciclo assegnatole nel tempo, è legge salutare e naturale che si consumi e perisca; rinnovellandosi sotto altra forma, con altri aspetti; dando vita a nuove usanze, a nuove idee, a nuovo e assai più confacente decoro.

Il crollo di tutto un passato di dispotismo, d'ingiustizia, di sfida a ogni benessere umano e civile, di prepotenza, di assolutismo, d'ignoranza e di superstizione volgare, non può non riempire di giubilo ogni anima assetata dell'eterno Vero: ogni cuore anelante a quella morale e sociale rigenerazione della impoverita e sofferente Umanità. Ma, ripeto, l'artista e l'uomo di cuore non possono, al tempo stesso, vedere sparire, senza un senso di dolorosa mestizia e di sincero rimpianto, tutti i tesori artistici che, per tanti secoli, formarono il maggiore e miglior ornamento di tanta gente secolarmente grande e superba.

Portare sulla scena una di queste storiche famiglie romane: mettere i Vecchi di fronte a' Giovani: colpire gli uni e gli altri in ciò che era, sino a poco tempo fa, il lor più nobile retaggio; e in pieno petto: rappresentarli ne' loro stessi vizj: dipingerli, qual sono, per la maggior parte ignoranti, giocatori, scavezzacolli, sfaccendati, filibustieri: coglierli nelle non possedute virtù pubbliche e private: mostrare come i Giovani siano stati travolti dalla Borghesia, dalla quale si fecero afferrare senza preparazione di sorta alcuna: mettere a nudo la miseria intellettuale, la fastosa prosopopea, le meretricie debolezze, i vizj delle lor dame: fare, in una parola, che si distruggano per forza propria, anzichè per il nuovo impulso de' tempi novissimi; e non isfuggire insieme a quel giusto senso di commiserazione che pur devono e non possono non destare, parve a me, confesso, argomento de' più importanti per un commediografo moderno.

Innamorato di un tal argomento: raccolti in Roma tutti i documenti necessarj: studiate, da vicino, le cagioni di tanta aristocratica e imperversante rovina, m'accinsi animoso all'opera; non senza dubitare — confesso qui candidamente — delle povere mie forze e dell'ingegno poverissimo.

Il lavoro, da quando nacque nella mia mente, e si tradusse sulla carta, andò soggetto a innumerevoli trasformazioni. A mano a mano che davo vita a' personaggi da me studiati nella vita, m'imbattevo in difficoltà tecniche, non facilmente superabili. Si può voler essere veristi fin che si vuole sulla scena; e dichiarar guerra aperta a ogni convenzione, a ogni mezzuccio volgare: si può essere, come io sono, sacerdote della dea Verità; tendere al Vero umano semplicemente; ma non è possibile sfuggire del tutto alle dure pretensioni e alle fatali strettoje sceniche: di qui, solo di qui, difficoltà senza numero, che solo coloro i quali hanno scritto almeno una volta per il teatro, possono intender di leggieri.

In tanto, il mio ottimo Cesare Rossi — che, dopo il successo delle mie Rozeno, da Lui e da' bravi attori della sua Compagnia portate trionfalmente per i maggiori teatri d'Italia, aveva riposto in me e nell'arte mia la più cieca fiducia — non mi dava tregua; e mi tempestava di lettere e di amichevoli sollecitazioni. E, come lui, così i suoi attori, miei carissimi amici, interpreti assai degni delle mie povere, ma sincere, commedie. Io, afflitto anche da una grave malattia d'occhi, cagionata dal soverchio lavoro notturno, facevo orecchi di mercante; e non cessavo, in tanto, dall'accarezzare e fermar meglio nella mente i personaggi, cui vagheggiavo toglier dalla vita per trasportare, senza ipocrisia e non senza coraggio civile, sopra la scena.

Io promisi, almeno per quanto è consentito alla volontà umana, di consegnare all'illustre Attore la mia Danza macàbra perchè la rappresentasse, nel mese di ottobre, al teatro Alfieri di Torino. E, detto fatto, mantenni la parola data.

Questa volta — grazie al cielo e al buon successo continuato delle Rozeno — non ebbi a soffrir davvero, nè ad aspettare più d'un anno, per vedere questa mia Danza brillare, od oscurarsi, all'incerto lume della ribalta.

Uso a mantenere la mia parola, da Bologna, dov'era in cura de' miei poveri occhi, mandai il copione della Danza a Torino: e una cara lettera di Cesare Rossi m'avvertì che la commedia sarebbe stata messa subito in prova e studiata con gran diligenza e infinito amore.

«Il tuo lavoro — mi scriveva l'illustre Attore — pare a me, e a' miei Compagni, superiore per tecnica e pensiero alle Rozeno: resta solo a vedere se avrà, per il pubblico, la stessa teatralità. Te lo metto subito in prova, e ti aspetto a Torino.»

Non avevo fatto leggere a nessun amico, e a nessun critico, la mia Danza: e ciò non per sentimento d'immodestia o soverchia fiducia nelle mie forze; sì bene perchè intimamente persuaso che qualunque suggerimento, o consiglio, se da me trovato giusto, m'avrebbe costretto a mancare alla parola data, e alla andata in iscena a Torino; che i giornali avevano già annunziata.

Ebbi solo la ventura d'incontrare a Bologna, di passaggio, un amico carissimo, l'egregio prof. Zuliani, il ben noto e stimato critico dell' Italie e del Diritto; che già tanto conforto mi aveva dato quando scrissi le Rozeno. Lo pregai di volermi dare un'ora sola del suo tempo: ciò ch'egli fece con la solita tradizionale bontà. Udita che ebbe la mia Danza, m'abbracciò e confortò a spedirla, senz'altro, a Cesare Rossi. E io, lieto e rassicurato, conoscendo il grande valore e la sincerità dell'amico mio, feci così com'egli mi disse.[1]

Dopo quindici giorni di prove intelligenti e assidue sul vasto palcoscenico dell' Alfieri — prove che, se pur ce ne fosse stato bisogno, mi fecero capir meglio di quanta bontà e di quanto zelo siano animati i nostri Attori — andammo in iscena, dinanzi al pubblico delle grandi occasioni, la sera del 14 ottobre.

L'aspettativa era molta; perchè il fine e spassionato pubblico torinese, non che la critica, che in quella città è maestra di cortesia e di sapere, aspettavano da me, se non certo un capolavoro (ben altro ingegno e ben altra coltura ci vorrebbero!), un lavoro almeno dagl'intendimenti moderni e sociali.

La mia buona stella, e la squisita bontà del gran pubblico torinese, accorso in folla al teatro Alfieri, non che la somma valentia de' miei interpreti, fecero sì che il successo si determinasse sino dal primo atto; e si accalorasse a mano a mano che l'azione, negli atti seguenti, si disegnava nettamente.

Il secondo atto piacque; e, come il primo, mi procacciò varie chiamate al proscenio. Ma il grande successo, quello che fa venire le lacrime agli occhi e ti fa benedire al pubblico e all'arte, si determinò al calare della tela sull'atto terzo.

Non dimenticherò mai di aver visto quella folla, che poche ore prima paventavo tanto, sollevarsi in piedi e applaudirmi con tale assordante rumore e tale scrosciar di battimani, da commuovermi sino alle lacrime.

Come fu benedetta per me quell'ora, quel momento indimenticabile! Come mi sentii, in quell'istante, felice, pienamente felice! Come avrei voluto ringraziare tutti quegli spettatori a uno a uno, e dir loro quanto mi sentivo grato e commosso!

Il quarto atto coronò il lieto successo di tutto il lavoro, e mi procacciò altre numerose chiamate alla ribalta.

La battaglia era, dunque, vinta; interamente vinta. Il pubblico di Torino aveva, d'un tratto, afferrato l'intimo intendimento del mio lavoro; e aveva, con maravigliosa prontezza, colmato le lacune e riempiti i vuoti.

Io era, ripeto, come poche volte m'avvenne nella vita, felice, interamente felice!

La mattina di poi, i valorosi Cauda, della Gazzetta di Torino; Abbate, della Gazzetta del Popolo; Vittorio Banzatti, della Gazzetta Piemontese; Domenico Lanza, della Gazzetta della domenica confermavano, non solo il successo completo, ma lo ravvaloravano con le loro buone osservazioni critiche, mettendo in rilievo così i pregj, come i difetti dell'opera.

Le repliche furono nove, e sempre più liete.

Ma avrebbe un altro gran pubblico italiano apposto il suggello della propria firma al successo torinese? Ecco il dubbio che mi travagliava, e sminuiva la mia legittima contentezza.

Alla distanza di un sol mese, venne il giudizio de' Veneziani: un altro gran pubblico, noto per la severità e imparzialità sua: che giudica a teatro secondo il proprio sentire, e non si lascia dominare, nè persuadere, da' successi teatrali delle altre città; antico e fedele custode della gloriosa tradizione goldoniana. E fu un giudizio anche più entusiastico di quello datomi da' Torinesi. M'ebbi, al Goldoni, numerosissime chiamate, e ricordo ancora lo scrosciare degli applausi unanimi che echeggiarono e risonarono per ben otto volte nell'ampia sala dello storico teatro.

Le repliche, anche a Venezia, si seguirono con crescente successo; e, ciò che più giova, con piena e sincera soddisfazione de' Veneziani.

Gli egregj critici Toni ( Munaro ) della Venezia, Ricchetti dell' Adriatico, Mazzacolin dell' Arte drammatica, scrissero, sulla mia Danza, articoli magistrali, assai lusinghieri per la commedia, per l'autore, e per gl'interpreti.

A giudizio così de' critici di Torino, come di Venezia, io, senza far torto agli altri nostri Attori, non troverò, facilmente, chi possa e sappia incarnare il mio Principe Lanfranchi, come Cesare Rossi. E, di vero, sin dal primo comparire in sulla scena del magnifico Attore, il pubblico capì di avere dinanzi a sè un Principe romano autentico. L'atteggiamento aristocratico della persona; l'abito elegante e severo; la truccatura felicissima, nell'aristocratica semplicità sua; il modo tutto signorile di porgere; la misurata e non istudiata commozione nelle scene capitali del terzo e del quarto atto, arrivarono a ciò che, in gergo teatrale, dicesi una vera e propria creazione.

Anche questa volta, dunque, come per le Rozeno, m'ebbi nel sommo nostro Attore, non già un interprete, sì bene un vero e proprio collaboratore.

Teresina Mariani, che m'ha sempre portato fortuna, e condotto sempre con l'arte sua alla vittoria — ricordo, a chi nol sappia, che l'ebbi a prima interprete nel Matrimonio d'Alberto, ne' Cugini, ne' Tordi e fringuelli, e, da ultimo, nelle Rozeno, da lei a dirittura create — fu una Duchessa Silvia quale non avrei certo potuto sperare nè più efficace, nè più calda, nè più vera. Ebbe — specie nelle due scene finali del secondo e del terzo atto, e nella gran-scena del quarto col vecchio Principe — slanci, inflessioni di voce, impeti di sincerità e di passione, da trascinare il difficile pubblico veneziano e torinese a un applauso caldo, sincero, spontaneo.

Anche questa volta vado dunque debitore a questa Gentile, che in pochi anni ha percorso luminosamente sì grande cammino nella spinosa via dell'arte sua, le maggiori e più durevoli soddisfazioni.

Devo anche — è giustizia riconoscere — buona parte degli unanimi applausi avuti, all'arte semplice, sobria, efficace, corretta di Carlo Rosaspina; che incarnò l' Ingegnere Salvetti con quelle doti che fanno di lui uno de' nostri primissimi attori. Nelle scene finali del primo e secondo atto, e in tutto l' atto terzo — fatica speciale del primo attore — ebbe momenti d'impeto, di passione, di sincerità da meritarsi gli applausi più entusiastici.

Vittorio Zampieri fu, come sempre, efficacissimo, e — ciò che più giova nella Danza — singolarmente efficace. Il Tombari; N. Masi; U. Piperno; la gentile coppia Guasti; le brave signorine Annita Bergonzio e Maria Volante; gli egregj Mugnaini e Cantinelli; il sempre misurato e valoroso Colombari, recitarono da que' bravi attori che sono, e diedero non piccolo rilievo alle mie scene.

Difficilmente, confesso, troverò degl'interpreti più coscienziosi e più amici dell'Autore.

A tutti i miei affettuosi e sinceri ringraziamenti.

E, ora, alla mia Danza un augurio paterno: — possa essa, con simili o con altri non meno valorosi interpreti, danzare, per lunghi anni, sulle maggiori o minori scene d'Italia! —

Sia anche questo il tuo augurio, o caro amico lettore!

Camillo Antona-Traversi

1. Una seconda lettura della mia Danza, feci, a dir vero, pochi giorni dopo, ad alcuni amici e a diversi attori delle Compagnie Emanuel e Vitaliani nello storico caffè dell' Arena del Sole. Il mio bravo Pompeo Sansoni così ne parla in una corrispondenza da lui mandata allo Scaramuccia (Firenze, 27 novembre, anno XXV, n.º 13):

«Il caffè dell'Arena del Sole, accoglie in ogni tempo, personalità drammatiche. Comici, artisti critici, qui convengono tutti; e non c'è attore o autore che, giungendo a Bologna, non si senta attirato verso l'antico ritrovo intellettuale. Si discute d'arte, di commedie nuove, di attrici; e si maligna qualche volta anche un poco!

«Volete trovare il simpatico autore delle Rozeno? Cercatelo al Caffè dell'Arena, e lo vedrete subito fra un monte di lettere e giornali — lavoratore infaticabile. Alcuni lo guardano trepidanti. Sono impiegati postali, che veggono crescere smisuratamente il monte delle lettere e de' giornali, sul tavolo del Professore.

«Fu in una saletta di questo Caffè, che, poche sere prima della rappresentazione, il Traversi lesse, a un nucleo di amici, attori e giornalisti, la sua Danza Macàbra.

«La lettura di una commedia riesce molte volte nojosa, spesso insopportabile. L'autore legge male, o mette troppo calore ne' momenti culminanti, o riesce monotono nelle scene d'assieme, che non vengono in tutto comprese. Ma letto il primo atto di Danza Macàbra, impostato maestrevolmente, con mano sicura da chi conosce tutte le esigenze della scena e del pubblico; breve, efficace; con una esposizione di caratteri studiati e cólti nella vita; que' pochi che ascoltavano la lettura — fra cui ricordo Pasqualino Ruta, Cesare Dondini, G. C. Galvani, E. Baccani, Ausilio Levi, A. Colonnello, A. Colarelli, la intelligentissima Maria Rosa Guidantonj — cominciarono a prestare quella intensa attenzione, che solo può essere destata da una vera opera d'arte. E tutti ci convincemmo che la commedia del Traversi non era delle solite a base di effetti volgari; ma lavoro fortemente pensato, che presentava in tutte le sue parti un insieme armonico, dal quale scaturivano potentissime le scene drammatiche salienti e i caratteri si svolgevano umanamente veri, senza incertezze; animando il quadro che l'autore ci aveva messo dinanzi con vivacità di coloriti e potenza di aziono.

«E così, uditane la lettura, a Danza Macàbra pronosticammo un successo.»

TEATRO ALFIERI TORINO Mercoledì 14 ottobre 1893 — ore 20 e mezzo

La Drammatica Compagnia della CITTÀ DI TORINO

diretta dal

Comm. CESARE ROSSI

darà la

DANZA MACÀBRA

Commedia nuovissima in 4 atti di

CAMILLO ANTONA-TRAVERSI

Personaggi

Principe Lanfranchi C. Rossi

Maurizio, duca di Colle-Verde, suo figlio V. Zampieri

Donna Silvia, moglie del duca T. Mariani

Fabrizio, secondo figlio del principe U. Piperno

Gustavo, marchese di Pietrascarpa N. Masi

Donna Elena, sua moglie, nipote del principe A. Bergonzio

Riccardo Salvetti, ingegnere C. Rosaspina

Tommaso Gaspari, amministratore di casa Lanfranchi A. Colombari

Vittorio, giovane impiegato A. Guasti

Emma, sua fidanzata E. Guasti

Fausto Moretti, costruttore A. Tombari

Madamigella Esther, governante in casa Lanfranchi M. Volante

Commendator Ottaviani, deputato A. Mugnaini

Gabriella, sua moglie C. Bella

Conte Sereni, deputato P. Cantinelli

Enrichetto, figlio di Maurizio e di Silvia C. Rosaspina

Giacomo L. Bergonzio

Ambrogio G. Bergonzio

Usciere E. Faggioli

L'azione ha luogo a Roma — Tempo presente.

NOTABENE

Dal secondo al terzo atto passano dieci mesi.

DANZA MACÀBRA Personaggi

  • Principe LANFRANCHI.
  • MAURIZIO, Duca di Colle-Verde, suo figlio.
  • Donna SILVIA, moglie del Duca.
  • FABRIZIO, secondo figlio del Principe.
  • GUSTAVO, Marchese di Pietrascarpa.
  • Donna ELENA, nipote del Principe, moglie di Gustavo.
  • RICCARDO SALVETTI, ingegnere.
  • TOMMASO GASPARI, amministratore di casa Lanfranchi.
  • VITTORIO ARDITI, giovane impiegato.
  • EMMA, sua fidanzata.
  • FAUSTO MORETTI, costruttore.
  • Comm. OTTAVI, Deputato.
  • GABRIELLA, sua moglie.
  • Mad. a ESTHER, governante in casa Lanfranchi.
  • Conte SERENI, deputato.
  • ENRICHETTO, figlio di Maurizio e di Silvia.
  • GIACOMO, servo in casa Lanfranchi.
  • AMBROGIO, servo in casa Lanfranchi.
  • Usciere.
  • Due Signori.

L'azione ha luogo in Roma.

Tempo presente.

N. B. Dal secondo al terzo atto passano dieci mesi.

ATTO PRIMO

Gran salone di ricevimento nel palazzo Lanfranchi. — Architettura del Rinascimento. — Nel fondo, a destra dello spettatore, porta altissima, formata di quattro colonne di marmo, e capitello di marmo, che comunica in una Galleria di quadri.

A sinistra, un camino artistico, anch'esso di marmo.

Al di sopra, in modo da coprire tutta la parete, grande arazzo. — Porte laterali. — Grandi portiere. — Mobili artistici e di lusso. — Lampadari di Venezia, con candele, e lampade a olio colorate. — Fiori. — Quadri.

Tra i mobili del fondo, in un angolo, un piccolo porta liquori con bottiglie e bicchieri.

Le poltrone, e i sofà devono esser disposti in modo da consentire a' personaggi di formare i gruppi.

SCENA I.

All'alzare della tela, Giacomo e Ambrogio stanno accendendo le candele e i lumi del Salone e della Galleria. — Tommaso, in frak e cravatta bianca, entra dalla destra dello spettatore, seguito da Vittorio che ha in mano lettere e carte.

Tomm. (ai servi) Accendete da per tutto... anche la Galleria... (a Vittorio) Vediamo... ho altro da dirle?... (pensa) Ah, sì!... (levando di tasca una carta) Bisogna spedire questo telegramma... e poi... poi non c'è più nulla!... Può andare a dormire.... (ridendo) e questo è l'ultimo ordine che le do!...

Vitt. L'ultimo!?

Tomm. Sì!... Il Principe aderisce al desiderio da lei manifestato... e la impiega negli Ufficj della Società per il quartiere Lanfranchi....

Vitt. (con gioja) Davvero!? —

Tomm. Lui stesso... gliene darà domani la lieta notizia.

Vitt. (con espansione) Che lei, signor Tommaso ha voluto anticiparmi?.... Grazie!...

Tomm. (sempre ironico) È proprio contento di lasciarmi... di sottrarsi al mio giogo?!...

Vitt. (con sollecitudine) Le rincresce?!

Tomm. Di perderla?!... Oh, no!... Anzi mi fa piacere....

Vitt. (maravigliato) Come!?

Tomm. Non per lei... che, in fondo, è un bravo ragazzo...; ma perchè posso così impiegare un giovinetto intelligente... attivo... un vero lavoratore... che mi sta molto a cuore....

Vitt. Allora....

Tomm. Tutti contenti... e buona fortuna!... (lo saluta con la mano).

Vitt. Oh, non mi congedo!

Tomm. Perchè?

Vitt. Dovrò vederla ancora, signor Tommaso, parecchie volte in questi giorni.... La signora Duchessa mi ha dato una quantità di commissioni....

Tomm. Quali?

Vitt. Oh, le solite!... Una lista di famiglie povere da visitare... per riferire, poi, sul vero stato... e sulle vere cause della loro miseria....

Tomm. (di cattivo umore) Dia a me... ci penserò io!

Vitt. Non vorrei che la signora Duchessa....

Tomm. (imperioso) Ho detto che ci penso io!

Vitt. Preme tanto alla signora Duchessa... e lei, signor Tommaso, è così occupato!

Tomm. Dia qui!... Se lei deve stare al banco... è chiaro che non può correre la città per fare inchieste sul vero stato de' mendicanti....

Vitt. (consegnandogli la carta) Ha ragione... eccole la nota....

Tomm. Vada subito alla posta... altrimenti, troverà chiuso.

Vitt. Vado.... (via a destra).

Amb. e Giac. (si avvicinano a Tommaso).

Tomm. (leggendo la nota rivolto a' servi) I soliti accattoni!

Amb. e Giac. (lo ascoltano ridendo e approvando) Già!...

Tomm. (c. s.) La vedova.... con quattro marmocchi.... l'operajo... ch'è caduto dalla fabbrica... La puerpera che non ha latte.... L'artista a cui manca lavoro.... ci sono tutti!... (con sarcasmo). E tutti cantano miseria!... La Duchessa se ne commuove... e manda il signorino... a verificare... e il signorino dice sempre sì, sì... perchè, trattandosi di elemosina, gli riesce facile... (con malignità) maneggiar quattrini!... Ma è finita anche questa cuccagna!... Da qui in avanti le informazioni sopra tutti questi morti di fame, le darò io!... (Ambrogio e Giacomo ridono forte) Silenzio!... Viene il Marchese.... (I servi si ritirano in fondo, e tutt'e tre assumono un contegno rispettoso).

SCENA II.

Gustavo, in frak; e detti.

Gust. (entrando dalla sinistra) Auff!... Come mangia male il patriziato romano!... Questa cucina bastarda, caro signor Tommaso, mi ha impinzato... senza nutrirmi!... Delle pietanze romane... condite all'inglese... da un cuoco francese!...

Tomm. Al quale fanno perdere la testa!... Il principe la vuole in un modo... La Duchessa, in un altro... Don Fabrizio dà un ordine!... Il Duca gli contraddice!

Gust. E... tutti insieme... cospirano per far mangiare male i loro invitati!... L'ho detto anche a tavola... I padroni ne hanno riso... ma è la verità!... Se il Principe Lanfranchi non ha più nemmeno una buona tavola, non vedo che cosa possa giovarmi l'essere suo nipote!...

Tomm. Il signor Marchese ha voglia di scherzare!...

Gust. No... dico sul serio!... Danaro non me ne dà!... Dunque!?

Tomm. (ridendo) Oh, oh!... Sempre di buon umore!...

Gust. E... almeno... ci fosse del cognac bevibile!...

Tomm. Ne abbiamo... e dell'eccellente, signor Marchese!

Gust. Allora... non è quello che servite in tavola!?

Tomm. Voglio portarglielo io stesso... (fa per andare)

Gust. (trattenendolo, col gesto) No!... Me lo faccia portare... ma lei resti... perchè vorrei dirle una parola...

Tomm. (tra sè) Ci siamo!... (fa cenno ad Ambrogio che esce e torna col cognac servendo Gustavo).

Gust. (avvicinandosi a Tomm.) E così?!..

Tomm. (con sussiego) Ecco... se si tratta d'un migliajo di lire... avrei trovata la persona....

Gust. Ma io ho bisogno di 5000 lire!... Quanto alla terza persona... via... son ferravecchi!... Le pare?! (sorseggiando il cognac) Eccellente davvero questo cognac!

Tomm. Ferravecchi!... Come se il signor Marchese non sapesse che io sono un povero maestro di casa... a 60 scudi il mese!

Gust. (subito) E gl'incerti....

Tomm. Oh, ma molto incerti!

Gust. (sorridendo ironicamente) Già, già... anche quando s'amministra da 15 anni uno de' più grandi patrimonj di Roma!

Tomm. Mi son lasciato indurre a prestare qualche risparmio.... che avevo fatto...; ma non mi ci prendono più!... Lei sa bene che la settimana scorsa m'avrebbero sequestrato i mobili... per una cambiale protestata col mio avallo... se non fosse intervenuto il Principe... tanto buono!

Gust. Tre volte buono!... Perchè a me, quell'affare del sequestro... non l'avrebbe dato a bere!... È stato... sì, un colpo da vero maestro... di casa... ma a me... ripeto...

Tomm. (fingendo dolore) Mi maraviglio come il signor Marchese... possa credere a certe calunnie!

Gust. Calunnie!?... Perchè?!... Prima d'ogni altra cosa, si cercava di dissipare certe voci... di certi prestiti dati a grosso interesse... co' danari del Principe... dunque niente di male!... E poi ho fatto una piccola inchiesta per mio conto.... e il compiacente cugino della cambiale... potrebbe... nel caso....

Tomm. Insomma, cosa vuole che le dica?... Dal momento che anche lei, per altro, non ci trova niente di male....

Gust. E le cinque mila lire?...

Tomm. Ebbene... sì... farò il possibile!

Gust. Sono parole un po' troppo vaghe!... Mi occorrono questa sera.

Tomm. (spaventato) Questa sera?!

Gust. Già... altrimenti dovrei cavarmi il capriccio di parlare al Principe di quel tal sequestro... non foss'altro per sapere se, anche lui, è del nostro parere circa il... niente di male!...

Tomm. Ebbene... signor Marchese... a questa sera!...

SCENA III.

Esther, con Enrichetto, dalla destra, attraversa la scena verso la sinistra. — Ambrogio e Giacomo portano l'occorrente per servire il caffè, deponendo tutto sulla tavola in fondo. — Detti.

Gust. (a Tomm.) Oh, la bella Esther!... (salutandola) Madamigella... come va il mio cuginetto?

Esth. (saluta Gustavo con civetteria e con affettata pronunzia francese) Sempre bene, signor Marchese.

Gust. (accarezzando Enrichetto) Lo accompagna dal nonno?

Esth. (sorridendo) Tutte le sere... alle frutta... La signora Duchessa... non lo vuole a tavola... prima...

Gust. Perchè Enrichetto è cattivo! (prendendolo in braccio) Dammi un bacio, birichino. (resta in disparte con Enrichetto).

Tomm. (a Esther, in maniera che odano i servi) Madamigella... una parola...

Esth. (rispettosa) Mi comandi, signor Tommaso...

Amb. (a Giacomo) Ora tocca a madamigella!...

Tomm. Lei è uscita oggi in carrozza?!

Esth. (con calma) Per ordine della signora Duchessa...

Tomm. (c. s.) E... ha fatto correre, per due ore, sotto l'acqua... una pariglia di ottomila lire!

Esth. Dovevo sbrigare tante... commissioni!

Tomm. Ragione di più per andare a piedi... o in vettura da nolo!...

Esth. Ma la signora Duchessa...

Tomm. (pronunziando forte le parole) La signora Duchessa può far quello che vuole... ma lei, per girare Roma, non ha bisogno d'una pariglia inglese!...

Esth. (con ira mal repressa) Sta bene... un'altra volta anderò a piedi....

Tomm. (con durezza) Ha preparato quella nota?

Esth. Sì... eccola!... (gli dà una carta con atto dispettoso).

Amb. (piano a Giac.) Ci ho tanto gusto!... M'ha fatto prendere tanta di quell'acqua... la signorina!

Tomm. (s'avvicina a Esther, fingendo di leggere la nota, e le dice piano) Sei in collera?...

Esth. (con malumore) Lo domandi?!... Certo!... Perchè questa scena?...

Tomm. (c. s.) Era necessaria!... Ambrogio ha fatto la spia... e il Duca è furioso, perchè hai fatto bagnare i suoi cavalli...

Esth. (guardando i servi — a Tommaso con malizia) Allora... alza pure la voce... ma farai pagare dal Duca una toilette di più!...

Tomm. (ridendo) Questo s'intende!

Esth. (c. s.) E... quanto ad Ambrogio...

Tomm. Al primo bicchiere che rompe... avrà il fatto suo!... (ridono tutt'e due. — Poi Tommaso ripiglia un contegno severo) Va bene... (forte, mettendo in tasca la nota) domani sarà pagata.

Esth. (riprendendo il bambino) Signorino... andiamo... Signor Marchese... (via, con Enrichetto a sinistra. I servi s'allontanano dalla Galleria).

SCENA IV.

Gustavo e Tommaso; poi un Servo.

Gust. (seguendo Esther con lo sguardo) È bella questa ragazza?!... Un vero bijou!... E ci vuole un bel cuore a trattarla come fa lei... con tanta severità!

Tomm. L'ho messa io in casa del Principe... e... capirà... ci tengo che mi faccia onore... Il signor Duca è così tenero per i suoi cavalli!

Gust. (con malizia) Ah, dunque, l'ha messa lei in questa casa?!... Bravo!... Si vede proprio che lei ha un buon gusto in fatto di belle donnine.... Ma... già... tutti sanno... che lei....

Tomm. (protestando) Ah, signor Marchese... questo poi!.. Ma via... alla mia età!... Oh, davvero che il mondo è proprio cattivo!

Gust. Calunnie anche queste, eh?!.. Come quella del sequestro?! —

Tomm. (mortificato) Signor Marchese....

Gust. Animo... via!... Come vuole che certe cose non le sappia io... io che sono amatore del genere... come lei!... E anche in questo... non c'è nulla di male!... Si può metter la mano sul fuoco, che anche il Principe direbbe così.... Lui che.... ancora alla sua età... malgrado gl'impicci del famoso quartiere che sta costruendo... malgrado la sua serietà... lasciamola lì!... Del resto, ognuno ha la propria vocazione... Mio cugino, per esempio, va matto per i cavalli!... Bisognava vederlo a Londra... e a Parigi!... Ed è curiosa come le passioni s'appiccicano!... Anche mia moglie... a star con lui... ha preso la stessa mania!... Di giorno... nelle scuderie... o alle Corse... di sera, al Circo!

Tomm. (con malizia) Sarà stata una vera penitenza per lei?!

Gust. Oh, per me, di giorno... mi ci pigliavano... ma di sera!... Ah, quella Parigi!... che città!... che donnine!... C'è mai stato lei?

Tomm. Pur troppo, no!... E... ora... alla mia età!...

Gust. Avesse cent'anni... ci vada prima di morire!

Tomm. (ridendo) Dunque, da quelle parti, signor Marchese, nessuna scarsità di prodotti?!

Gust. Ah, no!... al contrario!... Ma la ricerca dell'articolo «Parigi»... per l'esportazione e il consumo interno.... è tanta... che la merce autentica non ha più prezzo....

Tomm. Ci saranno sempre i prodotti falsificati... per le piccole borse!

Gust. Americane.... spagnuole.... russe.... tedesche.... italiane... molte italiane!... con etichetta francese, s'intende!... A che servirebbe, del resto, l'insegnamento di questa lingua nelle nostre scuole magistrali?... Il Governo, che improvvisa tante maestre... per non pagarle... almeno apre loro così una... carriera proficua! (ridono; poi Tommaso, vedendo entrare Riccardo, saluta e s'allontana, dando ordini al servo).

SCENA V.

Riccardo, in frak, dalla Galleria, introdotto da un servo. — Detti.

Ricc. Oh, Marchese, ben tornato! (si danno la mano).

Gust. Arrivai ieri.... Venni subito per vederti... ma non eri in Ufficio....

Ricc. Ero sul lavoro....

Gust. Ebbene, eccoti qui!... Sei dunque contento d'aver lasciato il nuovo mondo per il vecchio?!... Dimmelo francamente... perchè, avendoti proposto la Direzione della nostra Società... e fatto accettare da essa... non vorrei aver rimorsi!

Ricc. Rimorsi!?... Tu scherzi!... Eh, via!... Fosse stata la mia rovina, tu non ci avresti colpa! — Non forse ti parlai... fino alla noja... della nostalgia invincibile, che m'aveva preso dopo sei anni di vita americana!?... Ma già... noi Italiani siamo tutti così!... Non possiamo star lontani dal nostro paese.... E... poi... quando ci si torna....

Gust. Ebbene... quando ci si torna!? —

Ricc. La vita è fatta così.... Ciò che non si ha... par sempre più bello!... E... poi....

Gust. E poi!? —

Ricc. Vuoi che ti dica, l'idea, che mi son fatta in questi otto mesi... dacchè sono qui?... È questa... che gli Americani sbagliano quando vogliono scimmiottare gli Europei.... e noi sbagliamo quando vogliamo scimmiottare gli Americani!... Laggiù vanno matti per le nostre anticaglie... noi, diventiamo così per le loro enormi imprese... per i loro affari colossali!... E qui... son capitato proprio nel mondo più adatto... a osservare questa... pazzia!

Gust. Vuoi dire!?

Ricc. Voglio dire questo mondo di patrizj romani.... de' parrucconi che vogliono posare a Jankee!... Oh, che gente!... Loro... voler fare delle imprese americane... come questa di costruire una città come Roma!... Ma dovranno contentarsi di figurare come decorazioni de' loro vecchi palazzi... de' loro vecchi ambienti!

Gust. Il male si è... mio caro... che non lo hanno potuto!...

Ricc. Anche questo è vero!... La borghesia americana... da per tutto... li aveva superati in ricchezza... ed essi... per la solita albagia della superiorità... si son lasciati tentare a gettarsi a capo fitto nel mondo degli affari... Credevano di raddoppiare i proprj patrimonj... e vi lasciano, invece, le penne!

Gust. Dunque, gli affari della nostra Società... van male!?...

Ricc. Non dico questo... ma bene neppure!... Basta... speriamo!... (pausa) Fatto sta che... in otto mesi che sono qui... io non ho potuto ancora veder bene nelle cose... Oh, che amministrazione!... Un labirinto!... E quanti ostacoli!... La politica... e il Governo... entrano da per tutto!... Questo Principe romano.... che ha voluto fare il Costruttore in grande... ha fatto le cose da Principe... e non da costruttore!... Ci vuol altro!... E tutti gli hanno mangiato addosso!... Figurarsi!... Una Società impegnata per 20 milioni... con tutte le azioni emesse.... È in mano di chi!?... Otto milioni spariti nelle fondamenta... cioè... no... nelle tasche di uomini politici... per procurarsi l'appoggio governativo... caso mai... o per contrarre prestiti onerosi, co' quali far fronte a' mancati pagamenti degli azionisti!... Otto milioni!... (breve pausa). A proposito... anche tu hai delle azioni?

Gust. (imbarazzato) Sì....

Ricc. E... devi ancora i due ultimi pagamenti... mi pare?

Gust. Sì!... (rinfrancandosi) E pagherò!... ma... caspita... con te posso parlar schietto... pagherò quando tu mi potrai assicurare....

Ricc. Oh! te lo ripeto... per ora non c'è nulla di minaccioso... e se non saltano fuori magagne... mi capisci?... spero di condurre le cose a buon porto...

Gust. Benissimo!... E se saltano fuori?!

Ricc. Oh, non lo credo!

Gust. E neppur io!... Ma... quando si hanno pochi danari come me... che, per fare que' pagamenti, sarei proprio costretto a gravi sacrificj... tu comprenderai che ci vorrebbe almeno una certa sicurezza... un'intiera fiducia....

Ricc. E tu non l'hai?!

Gust. Sì... in te... nel Principe!... Ma... capirai... ci sono degli altri...

Ricc. Chi!?

Gust. Io non ho peli sulla lingua... con te, specialmente!... Non ti parlo di Maurizio, che si occupa solo di cavalli... o di caccia!... Fabrizio, per esempio!... Ah, questa è una volpe fina!... Ma per quanto fino sia lui... io non son tanto gonzo da credere che... lui... il cadetto... non abbia profittato di questa bella occasione di maneggiar milioni... per rifarsi delle nostre leggi... patrizie!... La volpe spende e spande... e... in somma... io farò... sì... i miei due pagamenti... ma, prima, fammi tu un gran favore.... Fruga... fruga bene... specialmente negli scartafacci de' primi contratti... e... poi... ne riparleremo!

Ricc. Bah!... Come vuoi....

Gust. Grazie!... E in premio... voglio darti un consiglio... perchè vedo che sei nella buona strada per giudicare il nostro patriziato... e vorrei affrettare la tua educazione definitiva!... Noi... in somma... siamo un vecchio mondo in isfacelo di giocatori... di oziosi... di scettici... di donnajuoli... d'ignoranti... d'ignoranti, sopra tutto!... I nostri avi, almeno, avevano qualche gusto d'arte... noi neppur questo!... Dimmi quanti patrizj, oggi, spendono una infinitissima parte delle loro rendite per comprare una statua... un quadro... de' libri!?... Molta vernice... spesso nera... per coprire le macchie... ma sotto!... (pausa) Gli uomini migliori... come il vecchio Principe... sono delle nullità... che vorrebbero far l'Ercole degli affari!... Il solo vero gentiluomo sono ancora io... credimi... modestia in tasca... perchè io, almeno, non fo l'ipocrita!... Sono uno scavezza collo... e non la pretendo a gran Costruttore... o a modello di nessuno!... Quanto alle nostre dame... avendo l'abitudine di confessarsi spesso... hanno sempre qualche cosa... di nuovo... da dire al confessore!... Osa tutto con esse!... Non far mai l'ingenuo... perchè questa è la sola colpa che non ti perdonerebbero mai!

Ricc. (sorridendo) Oh, che scettico!

SCENA VI.

Silvia, da sinistra, e detti. — Poi, il Comm. re Ottavi e il Conte Sereni, pure da sinistra: Fabrizio, Elena, Gabriella, Maurizio, Esther, con Enrichetto; da ultimo, il Principe. — Gli uomini sono in frak, le donne in «toilette» di sera. — Giacomo e Ambrogio servono il caffè.

Ott. (a Sereni) Sicchè, caro collega... lei si trova all'opposizione?!...

Ser. No... ma mi preoccupa il pensiero di aver contro il Governo nelle elezioni.

Ott. Come?!... Temete d'esser battuto... ne' vostri feudi?!

Ser. Oh! non per questo... ma per la spesa...

Gust. (ironico) Sereni ha ragione.... Gli elettori campagnoli sono diventati così avidi, così ingordi... che, se continua, tra qualche anno... un povero possidente dovrà rovinarsi del tutto per andar alla Camera.

Ser. Proprio così!... L'ultima elezione, con l'appoggio del Governo, m'è costata 5000 lire.... Figurarsi se lo avessi avuto contro!

Gust. Non bastavano 5000!... Eh, caro conte, gli elettori hanno capito oramai... che dagli eletti non possono sperar nulla... e procurano di rifarsene sopra i candidati!... È sempre un benefizio... il solo forse.... (ridono, e formano un gruppetto).

Esth. (accompagna Enrichetto da Silvia, che lo bacia).

Ott. (al Sereni) E lei vorrebbe!...

Ser. Che il Ministero conoscesse i miei sentimenti... i quali....

Ott. Eh.... eh!... Ma se gli vota contro?

Ser. Non posso per ora staccarmi dagli amici!

Ott. Io, allora, cercherò di far capire che la sua assenza....

Gust. (continuando) È un colpo di mano dato per tener su la baracca!... Il sistema è buono... ed è vecchio quanto la Chiesa... che ha introdotto l'astinenza... parlamentare tra le virtù... (ridono, e si uniscono in gruppo, verso il fondo, con Elena, Gabriella e altri, prendendo il caffè).

Sil. (dopo aver baciato Enrichetto, che ha presso di sè) Va', carino... dà un bacio anche al babbo!... (Esther accompagna il bambino da Maurizio, che lo bacia: Maurizio non restituisce il bacio; poi fa cenno a Esther di condurlo via. — Esther via, a destra, con Enrichetto. — Questa azione dev'esser fatta in vista del pubblico, durante le battute che seguono).

Ricc. (a Silvia) Il signor Duca è qui?

Sil. (indicando Maurizio) Sì.... Non lo conosce?

Ricc. Non ancora!... Prima che il Duca si recasse a Parigi... non ebbi occasione di trovarmi con lui... e ignoravo che fosse già ritornato.

Sil. Da ieri... (chiamando) Maurizio!... (Maurizio si stacca dal bambino, e si avanza. — Silvia gli presenta Riccardo) L'Ingegnere Riccardo Salvetti....

Maur. (con cortesia, dandogli la mano) Sono molto lieto di conoscere personalmente il Direttore della nostra Società.... Mio padre... e mio fratello... m'han fatto i migliori elogi di lei.... Io, a dire il vero, non m'intendo affatto di costruzioni... anzi... credo che certe cose bisogni lasciarle fare a chi c'è nato... ma ho sempre avuto un debole per l'arte... specialmente per l'architettura.... Ebbene, ho veduto qualche cosa sua... e... davvero... m'è parsa di ottimo gusto....

Gust. (a Riccardo) Per bacco!... Complimenti, mio caro!... Un elogio simile da parte del Presidente della Società artistica....

Maur. (ridendo) Perchè compro qualche quadro...

Gust. Bello però.... che il Principe padre.... naturalmente... confina in soffitta... perchè non deturpi la «Galleria» de' nostri avi!... (ridono)

Princ. (entrando e andando verso Riccardo. — Maurizio saluta Riccardo, e s'allontana). Caro Ingegnere.... Ebbene, che nuove?

Ricc. Eccellenti, signor Principe....

Princ. Davvero!?... Sentiamo... sentiamo!

Ricc. Ho parlato alla persona che lei sa... e pare proprio che la Banca Nazionale... finalmente... ci accorderà un credito di due milioni....

Princ. Proprio!?

Ricc. Io spero di concludere la cosa domattina.

Princ. Oh, ma questa è una grande notizia!... Hanno udito, signori?... (tutti s'avvicinano). La Banca viene finalmente in nostro ajuto... (movimento di soddisfazione in tutti, ed esclamazioni in concerto) Ora, la costruzione del Quartiere è assicurata.... (approvazioni generali).

Ricc. Non del tutto.... Restano ancora molte difficoltà da superare.

Fabr. (con calore, incoraggiato dalle approvazioni di Gustavo, dell'Ottavi e del Sereni). La discesa vertiginosa de' valori immobiliari era inevitabile e necessaria.... Eravamo saliti troppo... dando a' terreni... e alle case un valore fittizio.... Ora, ritorna l'equilibrio.... Non è possibile discendere di più!... La rovina de' primi costruttori imprudenti... salva gli altri più avveduti.

Ricc. Giova sperarlo... ma non è certo!

Fabr. Oh, l'avvenire è per noi!... Lasci che il Quartiere Lanfranchi sia finito... e... poi... vedrà.

Princ. (esaltandosi a mano a mano) Finito!?.... Vivrò io abbastanza per vederlo? Mi pare un sogno!... Da principio non volevo saperne... e... poi... mi ci sono appassionato fino all'esaltazione!... Vado tutti i giorni a girare per i cantieri.... Quando li vedo deserti... mi prende una stretta al cuore... come se fossi colpito da una sventura domestica!... Che pena il vedere quelle fabbriche interrotte... quegli istrumenti di lavoro inerti!... Ma che gioja quando il cantiere è popolato da centinaja di lavoratori!... Quel lavorìo continuo mi elettrizza!... Lo spettacolo di tutta quell'attività umana... di tanta forza e di tante energie associate insieme per costruire una nuova Città... mi fa l'effetto d'un'ondata di sangue nuovo che entra nelle mie vene... e mi ringiovanisce.... (esaltato) Il quartiere Lanfranchi!... Ingegnere, me lo faccia vedere popolato... e io morrò contento!

Ott. Che entusiasmo!

Ser. Che fede!

Gust. Che vigore!... E si dice vecchio!

Ricc. Farò tutto il possibile.... ma le mie sole forze non bastano!

Fabr. E non siamo tutti con lei?!

Ott. Certamente!

Fabr. La nostra opera, Ingegnere....

Ott. La mia influenza....

Gust. E il mio concorso....

Fabr. Non le mancheranno mai!

Princ. (e tutti gli altri) Ci conti!... ci conti!... (si uniscono a Riccardo, insieme con Gabriella e Maurizio — ritirandosi nel fondo e continuano a parlare. — Scena tra Silvia ed Elena. — Il Principe sta con loro; ma, poi, osservando Silvia ed Elena, si accorge dell'alterco tra le due donne, e s'avvicina per interromperlo).

Elena. (a Silvia) Fabrizio trionfa!... Tutti si esaltano alle sue idee... a' suoi disegni... e tu... già così fiera avversaria... taci!?... Saresti forse... convertita alle sue idee?

Sil. No!

Elena. E, allora, perchè non lo combatti?... Tu sola puoi ancora guarire mio Zio dalla sua follia... e io ti consiglio a non perder tempo... e a tentare tutti i mezzi... per farlo rinsavire!...

Sil. (sospettosa, cercando indovinare il pensiero di Elena) A quale scopo mi dici tutto questo?!

Elena. Per salvare quello che non è ancora perduto!

Sil. (con ironia) A favore di chi?

Elena. (turbata, e simulando schiettezza) Di te.... di tuo figlio!... Fabrizio spinge il Principe alla rovina... e chi ne subirà le conseguenze, sarete voi due!... Pensaci!... Io lo dico per tuo bene....

Sil. (c. s.) Ti sta tanto a cuore il nostro avvenire?

Elena. (c. s.) Ma... certo!

Sil. Ebbene, rassicurati... Non c'è nulla da temere!... Io ho dieci mila scudi di rendita... e mio figlio, oltre questi, troverà sempre qualche briciola della sostanza di Maurizio....

Elena. Ma Maurizio stesso....

Sil. (sempre più eccitata) Non corre pericolo, lo sai!... Il Principe è padrone di gettar via le rendite... ma non può toccare il capitale... e questo è così ingente, che, anche pagando i debiti del padre, rimarrà sempre a... tuo cugino... quanto basta per fare molti viaggi a Parigi... Solo dovrà attendere... e costringere a pazientare... ha troppa furia di spendere 5000 lire l'anno!

Elena. (risentita) Cosa vuoi dire? Non ti capisco!

Sil. (c. s.) Proprio?!

Elena. (alzando la voce) No!... non voglio comprenderti!... Se ho parlato, è stato solo nel tuo interesse!

Sil. (con riso sarcastico) È perchè ti duole... che mio suocero getti in pazze imprese quel danaro che Maurizio impiegherebbe così bene?!

Elena. (scattando) Silvia!

Princ. (interrompendole, piano, con vivacità) Silenzio!... Vi osservano!... (breve azione. — Elena e Silvia si frenano sotto lo sguardo severo del Principe. — Elena s'allontana, e s'avvicina al gruppo, nel fondo).

Princ. (con dolcezza, a Silvia) Silvia, frénati... te ne prego!... Non facciamo scandali!

Sil. (piano) È lei!... Viene qui a provocarmi!

Princ. (c. s.) Non rispondere!

Sil. E dovrò subire....

Princ. No, no!... Penserò io a imporle rispetto... ma è mia nipote!... Forse tu l'accusi a torto... e suo marito è là... (accennando Gustavo) Una tua parola... uno sgarbo... potrebbe essere la scintilla.... Pensa alle conseguenze... e sii prudente... per me... te ne prego! (sono interrotti da Gustavo).

Gust. (a Silvia) Cugina, andate al Costanzi sta sera?

Sil. No!

Gust. Allora, se non ne avete già disposto, dovreste cedere il vostro palco alla signora Ottaviani!

Sil. (alzandosi, e andando verso Gabriella) Con tutto il piacere.

Gabr. (lieta) Davvero?

Sil. Perchè no?... Sta sera... e tutte le volte che lo desideri.

Gabr. Sei troppo buona... ma proprio non posso giovarmi della tua cortesia... Mio marito non ama molto il teatro... e, poi, dice di essere stanco....

Princ. (all'Ottav.) Oh, Commendatore... non è permesso rifiutare un piccolo svago a una signora gentile come la sua!

Ott. Cosa vuole?!... Domattina ho due commissioni... e devo ancora studiare le proposte del Ministro....

Princ. Le studieremo insieme al Costanzi... vengo anch'io... Durante gl'intermezzi terremo compagnia alla signora... e... mentre cantano, passeggeremo ne' corridoj, dicendo male del Governo.... A lei, come deputato ministeriale, ciò deve far piacere.

Ott. (ridendo) Moltissimo!

Princ. Allora, non l'annojerà!...

Ott. Dunque, è stabilito!... Anche lei passa all'estrema sinistra?

Princ. No!... Resto nel mio partito...

Ser. Quale?!

Princ. Quello de' malcontenti... che comprende tutti i settori della camera!... (tutti ridono, e prendono congedo da Silvia che accompagna Gabriella sino fuori della Galleria. — Maurizio, dopo aver salutato Gabriella, entra a sinistra; poi, esce subito col «paletot» il cappello in testa e il bastone. — Gli altri escono dalla Galleria. — Silvia rientra e ferma Maurizio).

Sil. Fermatevi!... Ho da parlarvi.

Maur. (contrariato) Che cosa dovete dirmi?

Sil. (con collera sorda) Non voglio... intendete bene... non voglio... che Elena venga più qui!

Maur. Ah, è per questo?!... Ditelo a lei... o a mio padre.... Lui invita i parenti.... (per andarsene).

Sil. (con forza) Lo dico a voi!... L'inverno scorso ho tollerata la sua presenza... perchè così voleva il Principe... e perchè la vostra relazione, nota a pochi, m'offendeva... ma non m'aveva ancora esposta al ridicolo!... Oggi, dopo lo scandalo del vostro viaggio con lei a Londra... e a Parigi... non lo sopporterò più!

Maur. (ironico) Davvero?!

Sil. No!... E se voi volete evitarle delle pubblicità disgustose... le chiuderete voi stesso le porte del palazzo....

Maur. Non lo sperate!

Sil. (con minaccia) Lo vedremo!

Maur. Delle minacce?!

Sil. Perchè no?!... (dopo pausa) Una volta che, nel gentiluomo, tutto è spento... e nessun sentimento più vi scuote... vi parlerò di danaro!

Maur. Cosa volete dire?!

Sil. Da oltre un anno... avete incassato un milione di lire per la espropriazione delle case che costituiscono la mia dote... Dov'è quel danaro?!...

Maur. Nelle mani di mio padre....

Sil. (fredda) Bene!... Me lo farete restituire.... Non voglio che il frutto della mia dote... serva a pagare le toilettes di Elena!

Maur. (alza il bastone per percuoterla) Disgraziata!...

Sil. (che dal primo movimento di Maurizio, prevede dove sarebbe giunto, con moto rapidissimo, suona il campanello sulla tavola, che si dovrà udire dal pubblico).

SCENA ULTIMA.

Ambrogio comparisce dal fondo; poi Esther e detti.

Sil. (piano a Maurizio, indicando i domestici) Battetemi... in presenza de' vostri servi!

Maur. (combattuto, si frena a stento).

Sil. (forte, ad Ambrogio) Chiamatemi Esther... La carrozza del Duca.... (Ambrogio via. — Dopo un momento, comparisce Esther dalla destra. — Silvia continua con tono indifferente e aria canzonatoria). Intanto, buona notte... e... se andate al Circolo... giocate poco!...

Maur. (fremente, vorrebbe parlare; poi, rattenendosi, esce).

Sil. (affranta dalla commozione, si getta sopra una poltrona) Vile!... vile!... sempre vile!

(Cala la tela)

Fine dell'atto Primo

ATTO SECONDO

SCENA I.

Ambrogio, Emma, Vittorio.

Amb. Vengano innanzi.... Vado ad avvisare il Principe... Lo attendano qui... (via).

Emma. (guardando attorno). Lasciami vedere!.... Che mobili!... Che lusso!... Dio, come devono esser ricchi e felici... quelli che stanno in questi palazzi!

Vitt. Per ricchi sì... quanto al felici... meno di noi!

Emma. E dire che a noi basterebbe il valore della roba che c'è in una di queste sale per metter su casa... cinquanta volte!... E non sono felici... dici tu!?... Bah!... scherzi!... Se io avessi un palazzo simile... sarei la donna più felice del mondo!

Vitt. (gajo). Anche senza di me?!

Emma. No... no!... (con affetto, scherzosa). Non sei anche tu un... bel mobile?!... Se tu fossi ricco, però... ti amerei ugualmente!...

Vitt. Ah, sei di buona bocca!

Emma. E questo Principe com'è?

Vitt. Lo vedrai!

Emma. Sono curiosa!... È grande... è piccolo... è vecchio, eh?!

Vitt. Vecchio, sì... e con aria venerabile, mentre ne ha fatte... e ne fa ancora peggio di Bertoldo!

Emma. Possibile!?

Vitt. Ma... già... è il loro modo di vivere!... Capirai... con tanti danari... abituati da secoli a veder tutti curvar la schiena dinanzi a loro... essi credono di valere qualche cosa di più... molto di più... di tutti gli altri uomini!... Le coscienze son fatte per loro... le donne son fatte per loro!

Emma. Una volta... ma adesso!?

Vitt. Eh, anche adesso!... Una volta le prendevano con la forza... adesso le comprano!... Si sta tanto bene quando si è ricchi!... Si può esser tanto felici!... Non lo dicevi anche tu poco fa!?... E la donna... si sa bene....

Emma. Per me, son di quelle che si contentano di poco!... Oh, ma questo poco almeno... ci vuole!

Vitt. Per questo mi son determinato... benchè a malincuore... a condurti qui!... Cosa vuoi?!... Il Principe m'ha detto due giorni fa: «È vero che prendi moglie?» — Sì. — «Bene: conducimi la tua fidanzata uno di questi giorni... voglio far qualche cosa per voi... e... se vedrò che hai avuto buon gusto... cercherò di farmi onore nel regalo di nozze.»

Emma. E che male c'è in tutto questo?!

Vitt. Oh, niente!... E, poi, si usa così in casa di questi grandi signori... e una volta che, per metter su casa, bisogna aver quattrini... e, per aver quattrini, bisogna dipender da loro... niente di male se si può ottenere tutto questo... onestamente!... E... siccome... dal più al meno... in queste case... gl'impiegati che hanno moglie, vanno su... per via... delle vie... così capirai...

Emma. Saranno calunnie!

Vitt. A me basterebbe che fossero... per me!... Ah, ecco il Principe!

SCENA II.

Il Principe, e detti.

Princ. (entrando, a Vittorio). È questa la tua fidanzata?

Vitt. Sì, Eccellenza!

Princ. (fissando Emma). Hai proprio buon gusto, briccone!... Un vero bottoncino di rosa!... (A Emma) E da quando siete fidanzati?

Emma. (con un sospiro). Da due anni, Eccellenza!

Princ. (ridendo). Da due anni!... Per bacco!... È un bel pezzo!

Emma. Che vuole, Eccellenza!... Aspettavamo sempre... per isposarci... che Vittorio ottenesse quel benedetto posto nell'Azienda delle Costruzioni....

Princ. E... ora... lo ha avuto?

Emma. Ora... sì... benchè....

Princ. Benchè... che cosa?

Emma. A dire la verità, mi vergogno... ma se ho osato venire a disturbarla... è stato... anzi tutto per riverirla... sì... ma anche per... un gran favore....

Princ. Coraggio... coraggio... di' su!...

Emma. Ecco, vede... gli avevano promesso 120 lire il mese... e in vece....

Princ. In vece!?

Emma. Sono appena 90!?... Capirà....

Princ. Sicuro che con 90 lire!...

Emma. Se ella, Eccellenza, potesse fargli un piccolo aumento....

Princ. Io non posso nulla... proprio nulla nella Società.... Anzi, mi guardo bene dal metter lingua, quando si tratta del personale.... Però, voglio fare qualche cosa... quello che posso.... Se, per esempio, vi dessi l'alloggio qui, in palazzo?... Ci sono tante stanze libere!... Tu potresti intenderti con la guardarobiera per aver lavoro.... (A Vittorio) Che ne dici?

Vitt. Grazie, Eccellenza!... ma, pur troppo... io desidererei che Emma, quando sarà mia moglie, continuasse a lavorare sì... perchè le mie 90 lire non bastano... ma a lavorare in casa!... Sa bene... fa la sarta... e ha una clientela....

Emma. E... poi... lasciare la mamma sola....

Princ. (con intonazione un po' asciutta). Va bene... va bene... non ne parliamo più! (A Emma) Ti farò io da compare alle nozze!... Sei contenta?

Emma. (con gioja). Oh, Eccellenza!

Vitt. Principe.... sarebbe un onore troppo grande per noi!... Ci farebbe troppi invidiosi!... Sa bene, la gente!...

Princ. La gente... la gente!... Oh, conosco bene quello stupido proverbio: «Compare d'anello....»

Vitt. Oh, non per questo, no!

Princ. E tu lasciala dire la gente.... allora!... In somma, farò quel che potrò per esservi utile.... Addio, carina! (facendo una carezza a Emma). Un vero bottone di rosa!... (A Vittorio) Hai proprio avuto buon gusto, briccone! (li congeda con la mano).

Vitt. (piano, Emma, andando via). Anche la carezza!

Emma. (piano, a Vittorio) Dovevo fargli uno sgarbo!?... E il regalo, allora?! (via, con Vittorio, dalla Galleria).

SCENA III.

Maurizio, dalla sinistra; e il Principe.

Maur. (entrando, molto serio). È solo?

Princ. Sì!... Perchè?

Maur. Devo parlarle di cosa molto grave!

Princ. (con tono scherzoso) Oh, che aria solenne!... (dopo una pausa) Si tratta di danaro?

Maur. Sì.

Princ. (dopo un'altra pausa) Il momento non è buono... ma se hai degli impegni serj!... Sentiamo, che somma ti occorre?

Maur. Un milione di franchi!

Princ. (dando un balzo) Un milione!?... Per che farne?!

Maur. (serio, e freddamente) Voglio restituire a Silvia la sua dote!

Princ. (maravigliato) La dote... a tua moglie?!

Maur. Silvia non vuole che sia investita nelle operazioni della nostra Società....

Princ. (di cattivo umore). Ci ha pensato troppo tardi!... Quando ritirai quel danaro, mi diede licenza di impiegarlo nel modo che avrei creduto migliore!

Maur. E, ora, ha cambiato idea... e non è dignitoso per noi contrastarglielo!... Nelle relazioni in cui ci troviamo con lei.... mi pare umiliante che ella possa accusarci d'aver abusato di un danaro che le appartiene....

Princ. (con vivacità). Ha torto!... Saprò persuaderla io stesso che il suo capitale è garantito... e al sicuro da ogni minaccia!...

Maur. (freddo, incisivo). Non si tratta di persuadere... ma di restituire!...

Princ. (con impazienza). Come?!... Tu dimentichi che siamo costretti a contrarre degli altri debiti per non far cessare i lavori?!

Maur. La Banca vi ha aperto un credito!

Princ. (c. s.). Ma non certo per rimborsare la dote di tua moglie!

Maur. Se è necessario....

Princ. (con grande vivacità). Ma è una cosa assurda, mio caro!... (vedendo giungere Fabrizio). Domandalo a tuo fratello!

SCENA IV.

Fabrizio, e detti.

Fabr. (entrando sospettoso). Che c'è?

Princ. (con buon umore, lieto d'aver un ajuto). Silvia reclama il suo danaro per investirlo... a modo suo... e Maurizio è di parere che si rimborsi sua moglie, prendendo un milione alla Banca....

Fabr. (con moto subitaneo). È pazzo!

Maur. (offeso). Perchè?!

Fabr. (c. s.). Una simile proposta non si discute nemmeno!

Maur. (irritato, a Fabrizio). Fanne tu una migliore!

Fabr. Non ne fo alcuna!... Tua moglie aspetterà.... come gli altri... che sia fabbricato il Quartiere... Allora le daremo un palazzo....

Maur. (con fermezza). Essa non vuol saperne delle vostre fabbriche!... Esige... capisci... il suo danaro... e io ho il dovere di darglielo!

Fabr. Tu non le devi niente!... Ha dato a te... e a nostro padre... regolare procura per amministrare i suoi beni.

Maur. E, ora, la ritira!

Fabr. Sia pure!... ma non può distruggere ciò che è stato fatto... da chi ne aveva il diritto!

Maur. Io non vi fo una questione di legalità... ma di delicatezza, Fabrizio!

Fabr. (con ironia). Con tua moglie?!

Maur. (risentito). Perchè no?!

Fabr. (c. s.). Sei troppo buono!

Maur. (irritato). Cosa vuoi dire?!

Fabr. (c. s.). Cento volte buono!

Princ. (ammonendo). Fabrizio!

(Fabrizio non gli bada. — Il Principe, durante le battute seguenti, che devono esser dette rapidamente, cerca di metter pace tra i due fratelli).

Fabr. Se Silvia fosse mia moglie... so io come risponderei!... (con viva ironia). Ma tu... hai adottato il sistema dell'indulgenza, della debolezza, de' riguardi delicati... e sei logico a venir qui a proporre... come la cosa più naturale del mondo... di distrarre i capitali da una grande impresa... per soddisfare a un suo capriccio!

Maur. (riscaldandosi). Non cedo a nessuna debolezza... nè al desiderio di soddisfare a' suoi capricci... ma ho la ferma volontà di troncare, appena sorta, una bassa questione d'interessi.

Fabr. (pronto, ironico). Rovinando le nostre imprese!

Maur. Eppure, un mezzo bisogna trovarlo!... (al Principe). Ciò, spetta a lei!

Fabr. (a Maurizio). Spero che non vorrai insistere... e tormentare nostro padre... pretendendo da lui l'impossibile!

Maur. Insisto... e formalmente... perchè sarebbe una cosa troppo umiliante per me... e anche per lui... (indicando il Principe) confessare che abbiamo avuto bisogno del danaro di Silvia.... Il contratto nuziale la lascia padrona assoluta di disporre, come crede meglio, delle sue rendite.... Qualunque sia il tenore degli atti firmati dopo... noi dobbiamo ridarle intiera quella libertà che essa aveva allorquando è entrata in questa casa....

Fabr. (riscaldandosi). Anche a costo di metterci in gravi imbarazzi?!

Maur. Anche!

Fabr. (incollerito). Davvero!?

Maur. Sì... perchè lui... (indicando il Principe) pensa, come me, che bisogna, se è necessario, sacrificare ogni cosa a un sentimento di dignità personale, che tu non puoi capire....

Fabr. (sempre più incollerito). Io capisco meglio di te... quali obblighi morali, impongano certe situazioni... ma quando si sono volute!

Maur. (interrompendo, minaccioso). Fabrizio... Fabrizio!

Princ. (con forza). Smettete!... È questo il linguaggio di due gentiluomini... di due fratelli?!

Fabr. (con ira ironica). Già... fratelli... ma non uguali!... Maurizio è Duca... e sarà Principe... e io, nulla!

Princ. Vuoi de' titoli anche tu?

Fabr. (c. s.). No!... li lascio, a chi, un giorno, avrà i milioni!

Princ. Questi non posso darteli... (con rammarico sincero) e non è mia colpa... se uno de' miei figli è la vittima di una legge troppo tardi abolita!... (a Fabrizio). Tuo nonno, per continuare la grandezza della casa, ha voluto unico erede del patrimonio avito il primogenito.

Fabr. (c. s.). Lasciando agli altri appena di che vivere!... (con dispetto) Duemila scudi!

Maur. (irritato sempre più del rammarico dimostrato dal Principe ch'egli sia l'unico erede — con calore). Duemila scudi di rendita... che tu puoi spendere... e spendi... a tuo talento... mentre se io ho bisogno di mille lire... devo chiederle come un'elemosina!

Princ. (irritato, a Maurizio). Ti furon mai rifiutate?!... T'è mancato mai qualche cosa?!... Vorresti forse, fin da ora, anche tutte le rendite?!... Sono mie... finchè vivo!

Maur. (c. s., al Principe). E le spenda pure come meglio le piace... ma da gran signore... da principe... continuando le tradizioni cospicue della famiglia... non già in speculazioni da capomastro... da appaltatore... accarezzando illusioni... e coltivando imprese fantastiche!

Princ. (con irritazione). Le mie rendite io le spendo come mi pare!... Ciò non ti riguarda!

Maur. Sì... perchè, in tanto, lei, non è in grado di restituire a Silvia la sua dote!

Princ. (c. s.). A Silvia... ci penso io! (suona il campanello).

Maur. Cosa intende di fare?!

Princ. Lo vedrai!... (ad Ambrogio che si presenta dalla Galleria). Pregate la Duchessa di venir qui... (Ambrogio s'inchina, e rientra a destra).

Maur. (agitato, con vivacità). Spero che non confesserà a Silvia il nostro imbarazzo... nè le chiederà di farci delle concessioni!

Princ. (di cattivo umore, ma con calma). So tutelare da me il decoro della famiglia... gl'interessi di tutti voi... e non ho bisogno di maestri!... (azione di Maurizio e di Fabrizio) È affar mio!... Di fronte a tua moglie... (rivolgendosi a Maurizio) sono responsabile io solo... e se non ha più fiducia in me... so io quello che devo fare!... Del resto, sentirai tu stesso... (nuova azione di dispetto e d'inquietudine da parte di Maurizio e di Fabrizio). E tu... (a Fabrizio) lasciaci!... La tua presenza... non può far altro che irritarla maggiormente!... (Fabrizio dà una scrollatina di spalle ed esce).

SCENA V.

Silvia, dalla destra, e detti.

Sil. (fredda, sostenuta, al Principe; senza guardare Maurizio). Mi vuole?

Princ. (frenandosi, con dolcezza). Sì, vieni!... Ho bisogno di avere con te una spiegazione.... Maurizio m'ha detto che ci ritiri la tua fiducia per quello che riguarda l'amministrazione della tua dote... È vero?!

Sil. Non ne ho forse il diritto?

Princ. Nessuno te lo contrasta... ma è un atto di sfiducia che offende lui e me!... Ne hai ben ponderata la gravità?

Sil. Sì.

Princ. E persisti?

Sil. Persisto.

Princ. (inquietandosi). Per che ragioni!?... Parla liberamente... non sei donna da ubbidire a un capriccio... e se hai presa una risoluzione... che mi addolora... (azione di protesta da parte di Silvia, e di dispetto da parte di Maurizio) sì, che mi addolora... ti deve aver guidato un motivo molto grave... Quale?!

Sil. Lo chieda a Maurizio!... Lui sa, perchè... contro la mia volontà... do a lei, che non lo merita, un dispiacere di questa natura!

Maur. (imbarazzato). Silvia non ha fiducia nelle nostre imprese... e ha paura di perder tutto!

Princ. (rasserenandosi, a Silvia). Non è altro che questo?

Sil. (ironica). Poichè lo dice lui!

Princ. (c. s.). Allora... mia cara... puoi vivere tranquilla!... Sei garantita da una prima ipoteca... (sorridendo bonariamente) e rispondiamo tutti noi in solidum per ogni eventualità!

Sil. (freddamente). E così lei è di parere che le cose... devano restare come sono?!

Princ. (gajo). Sicuramente... se non ci sono altre ragioni... (come sorpreso da un'idea improvvisa). Ah, ho capito!... Tu vorresti avere a tua disposizione qualche altro biglietto da mille per le tue toilettes d'inverno?!... A questo si può rimediare facilmente... (gajo, galante). Mandami il conto della tua sarta, e lo pagherò io!

Sil. (risentita, credendosi offesa). Non ho chiesto delle toilettes... ma di rientrare nel libero possesso di quel che è mio!... E mi maraviglio che si discuta!... Ma... giacchè oggi, in casa Lanfranchi, anche questo è possibile... e io non voglio discutere con lei... nè darle de' dispiaceri... mi permetta di troncare questo colloquio... (dopo una pausa, con intenzione) Lo riprenderà... con Maurizio... il mio avvocato!... (per andarsene).

Princ. (trattenendola). Non parlarmi così... perchè mi faresti andare in collera!... Devi trattare con me... con me solo... e non c'è bisogno d'avvocati!... Ho il dovere di tutelare... anche contro te stessa... il tuo interesse... e non mi saprei perdonare di cedere a un capriccio... (azione di Silvia) a un puntiglio... o... peggio ancora... a una paura ingiustificata.... Provami che quanto chiedi è utile e ragionevole, e farò quel che vorrai!... Prima no!

SCENA VI.

Ambrogio e detti.

Ambr. (dalla comune, annunziando). Il signor ingegnere Salvetti!

Princ. (ad Ambrogio). Venga... venga!... (Ambrogio via). Giunge a proposito!

Maur. (al Principe). Lei vuol far intervenire l'Ingegnere in questa disputa!?... (con impeto). Ma io non permetterò mai che un estraneo... sia messo a parte di questioni intime!

Princ. (severo, alzando il tono della voce). Lo voglio io!... Se non ti garba, vattene!... Questa è cosa che dobbiamo regolare tra noi!... (alludendo a Silvia ed a sè). Tu non c'entri più!

Maur. Ma io non posso tollerare che in mia presenza....

Princ. (c. s.). Ti ripeto... vattene!... Al Club sei aspettato per il programma delle corse... Occupati di questo... sarà meglio!... Per le cose serie, basto io solo!

Maur. (tranquillandosi). Faccia come crede... ma, in un modo o nell'altro... procuri di farmi uscire al più presto da una condizione di cose... che mi umilia.... (via dalla Galleria. — Sulla soglia s'incontra con Riccardo, che saluta freddamente).

SCENA VII.

Riccardo, Silvia, Principe e Ambrogio.

Ambr. (introduce Riccardo, ed esce subito).

Ricc. (con alcune carte in mano, che mostra al Principe) Scusi, signor Principe, se la disturbo... ma prima di concludere con la Banca... avrei voluto darle tutte quelle spiegazioni....

Princ. Grazie... tra poco ne parleremo... (prende le carte: poi, con una intonazione gaja, disinvolta). Ora lei giunge a proposito per far da giudice, e da paciere... in una grave questione... (indicando Silvia con lo sguardo).

Ricc. (maravigliato, sorridendo) Tra lei e... la signora Duchessa?

Princ. Per l'appunto!... (sempre fingendo gajezza, e adoperando un tono canzonatorio). Sa che cosa mi diceva?!... Che abbiamo fabbricato sull'arena... che siamo minacciati da gravi pericoli... da una completa rovina!

Ricc. (ridendo, e protestando) Oh... e perchè?!

Princ. (c. s.) Chi lo sa!... Un presentimento... un avviso del cielo!... (dopo una pausa, con una intonazione sempre più gaja). Questa febbre della ricostruzione di Roma ha cagionato tante rovine!... I Ministeri cambiano con tanta rapidità!... Da un giorno all'altro, un fatto qualunque... impreveduto... può distruggere tutti i calcoli... o ridurre a zero il valore degl'immobili!

Ricc. (volgendosi verso Silvia) La signora Duchessa ne teme?!

Sil. (fa un gesto di negazione indifferente).

Princ. O qualche cosa di simile!

Ricc. (maravigliato) Non posso crederlo!... (a Silvia) Ma è proprio vero?

Sil. (freddamente) Non ha sentito?! (accennando il Principe).

Princ. (a Riccardo) Eh, cosa gliene pare?!

Ricc. Sono maravigliato!

Princ. Anch'io!... Ho cercato di persuaderla che commetterebbe una vera pazzia.... ma io non sono eloquente... e perciò invoco il suo ajuto!... Lei è tecnico... e può spiegar meglio di me tutto il congegno: chiarire i dubbj: dissipare tutte le inquietudini....

Ricc. (sorridendo bonariamente) Mi par facile!

Princ. (a Silvia, con aria vittoriosa) Lo senti!?... (a Riccardo) Parli schietto, sa!... Senza riguardi!

Ricc. La situazione della Casa... oggi che possiamo contare sull'appoggio della Banca... parmi assodata... Se io possedessi de' capitali... non esiterei a investirli in azioni nostre!

Princ. (trionfante, a Silvia) Vedi!?

Ricc. Assicurata la fine de' lavori in corso, anche nella peggiore ipotesi, cioè affittando le case a un prezzo vilissimo, tra quattro anni se ne caverà almeno un milione e mezzo di rendita!

Princ. Cioè... l'8 per cento!... E tu vorresti!?

SCENA VIII.

Ambrogio e detti.

Ambr. (dalla galleria, annunziando) La signora marchesa Elena!

Sil. (con impeto, scattando) Non ricevo!

Princ. (turbato, pronto) La ricevo io!... (Ad Ambrogio) Pregate la Marchesa di passare nel mio appartamento... Devo parlarle... (Ambrogio via. — A Silvia, con dolce rimprovero) Silvia, Silvia!... (a Riccardo, indicando Silvia, e tornando a fingere gajezza) È giornata di nervi, oggi!... L'abbiamo contrariata troppo!... Procuri lei di persuaderla... ma senza irritarla!... Io non voglio che sia legata alla nostra fortuna!... Desidero solo che sappia tutelati i suoi interessi... e che, stando con noi, ha molto da guadagnare... nulla da perdere!... (dando la mano a Riccardo) Ci vedremo più tardi!... (via).

SCENA IX.

Silvia e Riccardo.

Sil. (appena via il Principe, dà un sospiro di sollievo; e, smettendo il contegno freddo, dice con cortesia signorile) A noi, dunque, Ingegnere!

Ricc. (insinuante, sorridendo) Il Principe ha ragione... Permetta che glielo dica... le sue paure sono ingiustificate.

Sil. (sorridente, con confidenza) Non si tratta di paure!... Credo quanto il Principe che un'impresa diretta da lei deva riuscire... e, poi, se si dovesse anche fare qualche perdita, non me ne addolorerei troppo!

Ricc. (maravigliato) E allora?!

Sil. (sorridendo) Allora... qui si tratta di ben altro... e, per dimostrarle che in lei... in lei solo... ho piena fiducia, le dirò tutto!... (con scatto di vivacità) Io non voglio che il mio danaro resti più a lungo nelle mani del Duca... di mio suocero... o di mio cognato!

Ricc. (maravigliato) Come?!

Sil. Hanno abusato della mia inesperienza... per carpirmi una procura... e fare quel che volevano!

Ricc. Oh, possibile!?... Il Principe....

Sil. (interrompendo) Un vecchio sognatore... un fanciullo di sessant'anni... sempre in balia di chi sa solleticare la sua vanità!

Ricc. Ma suo cognato?!

Sil. Un egoista, ipocrita... che arricchisce speculando con i danari degli altri!

Ricc. Ma suo marito?!

Sil. (con sprezzante sorriso) Un Yokée, un Uster, un allevatore di cavalli!

Ricc. (azione) Oh!

Sil. (con sfogo d'ira lungamente repressa, e scatto d'ironia) Lei si maraviglia di sentirmi parlare in questo modo... della mia famiglia?!

Ricc. Certo!... Una famiglia così patriarcale!... Persone che le hanno tanto rispetto!

Sil. Per riguardi sociali.... non per amore!

Ricc. Non posso credere!

Sil. Eppure, è così!... Il Principe con me è buono, cortese.... pieno di sollecitudine.... perchè fo bene gli onori di Casa... e rappresento nobilmente... la mia parte di duchessa Lanfranchi!... Ma non mi ama!... Dopo sè stesso, egli non ama che una persona sola... sua nipote!

Ricc. La marchesa Elena?!

Sil. Appunto!... Fabrizio mi onora di un'antipatia, che è quasi uguale a quella ch'io provo per lui.

Ricc. (ridendo) Me ne sono accorto!... Ma il Duca?

Sil. (vivace, con sprezzo) Mio marito mi odia... quanto io lo disprezzo!... (calma). Comprende ora, perchè io voglio obbligarli a rendermi il mio danaro?!

Ricc. Perfettamente!... È un puntiglio, un dispetto....

Sil. Dica pure: una vendetta.... Ciò li contraria, li annoja?!... e io insisto. (con calore) Ho trovato la loro corda sensibile... la farò vibrare fin che si spezzi! (lusinghiera) E lei mi ajuterà!

Ricc. (maravigliato) Io?!... Come?!

Sil. Dimostrando al Principe che la Società può restituirmi il milione di lire senza pericolo....

Ricc. (c. s.) Non lo posso!

Sil. (sempre più lusinghiera) Perchè no?!... Se è realmente mio amico....

Ricc. (con islancio) Sono suo amico più di quanto lei creda... ma tradirei i miei doveri....

Sil. (c. s.) Tradire!?... la parola è troppo viva!... Lei ha tanto ingegno... che troverà il modo di far del bene a me... senza danno degli altri!

Ricc. (ridendo) Mi par difficile!

Sil. (sempre più insinuante) Allora... rifiuta?!... Non vuol essere il mio difensore?!... Non la commuove il caso di una donna debole, sola, che fa appello al suo cuore?

Ricc. (con calore) Molto... se quella donna è lei!

Sil. Dunque?!

Ricc. (lottando tra l'amore e il dovere) Mi proverò.... tenterò tutti i mezzi....

Sil. (con gioja) Davvero!?

Ricc. (c. s.) Sì, perchè sarei lietissimo di farla felice!

Sil. (con amarezza e sincerità) Felice!?... Non sarò più!.. Oramai, il cuore è morto!... (con abbandono; sempre lusinghiera) Non vede che son ridotta a cercare delle commozioni, delle gioje, nella soddisfazione di un puntiglio?... In una vendetta... forse puerile?... (con grande confidenza) Trista cosa, caro ingegnere, viver soltanto per alimentare de' cattivi sentimenti... e, oggi, io sono cattiva!... Lo sento!... farei del male... così... senza scopo... per il solo piacere di far soffrire qualcuno!

Ricc. (protestando) Oh, non parli così!

Sil. La mia sincerità la spaventa?!

Ricc. No; ma vorrei che le sue parole rivelassero minore amarezza....

Sil. Non è possibile!... In questo ambiente falso, corrotto, non ho più nè ideali, nè gioje, nè speranze!... Da quando vi sono entrata, le illusioni sono crollate ad una, ad una... e l' etisia morale ha ucciso in me ogni entusiasmo... attutito ogni sentimento buono!... A forza di comprimere i moti dell'animo, e di compormi una maschera per il mondo, ho finito col non sentire più nulla!

Ricc. (maravigliato) E si è rassegnata a questa esistenza?!

Sil. Rassegnata, no; ma non ho mai avuto la forza di ribellarmi!... Sento che la società, dove sono nata e cresciuta, va in isfacelo.... Ho l'intuizione che altra gente verrà, con nuovi ideali, a prenderne il posto.... Vorrei esser di quelli!... Mi turba l'idea di essere incatenata a de' cadaveri.... ma mi manca la forza di spezzare una simile catena!... (con entusiasmo) Oh, quanto invidio lei, che ha respirato a pieni polmoni un'aria ossigenata di verità... di umanità!... Io, in questa nebbia di menzogne e di vigliaccherie, ho perduto ogni energia!

Ricc. Alla sua età?!... Più nessuna passione?!

Sil. No!

Ricc. Nessun sentimento gentile?

Sil. (lusinghiera) Forse uno... che lei potrebbe suscitare.

Ricc. (turbato) Io?!... Quale?!

Sil. La gratitudine... (sempre insinuante) Faccia quello che le ho chiesto... e sarò molto... ma molto riconoscente!

Ricc. (sempre più turbato, commosso) Davvero?!

Sil. (provocante, voluttuosa) Oh, sì!... Glielo proverò!

Ricc. (con calore) Oh, se potessi sperare!

Sil. (c. s.) Che cosa?!

Ricc. (pentito d'avere osato troppo) Nulla!... Un'idea pazza, che ha traversato la mia mente....

Sil. La dica!

Ricc. No... è una follia!

Sil. Le idee pazze... se sono alte... generose... non mi fanno paura!... Parli liberamente.

Ricc. Non oserò mai!

Sil. (c. s.) Allora... dovrò indovinare.

Ricc. Neppure!... Se leggesse nel mio pensiero... riderebbe di me!

Sil. Perchè?!... Dopo le confidenze che le ho fatto, lei non può dubitare della mia amicizia... e con i veri amici... si è sempre indulgenti.

Ricc. (con islancio) E se incoraggiato da tanta bontà le dicessi... che... l'amo?!

Sil. Non me ne offenderei!

Ricc. (molto turbato) Ma risponderebbe....

Sil. Che nessuna cosa al mondo... mi lega!.... Che se mi sentissi attratta verso un uomo che mi ama... non invocherei contro questo amore, nè i vincoli di famiglia, nè la religione, nè la morale!... Stenderei la mano all'uomo amato... e gli direi semplicemente: « Ti amo... sono tua! »

Ricc. (con islancio e passione) Oh, se potessi udire quella parola!

Sil. Ma, il cuore è morto... e a risuscitarlo....

Ricc. (con islancio) Non basterà la passione, la fede, l'entusiasmo, l'idolatria?!

Sil. (con abbandono, provocante) Chi sa... forse!

SCENA X.

Ambrogio e detti; indi Esther.

Amb. (consegnando a Riccardo le carte, date prima da questo al Principe) Il signor Principe le manda queste carte, e la prega di scusarlo se non può trattenersi ora con lei.... La vedrà domani.

Sil. (ad Ambrogio) È uscito?

Amb. Sì, eccellenza... in carrozza.

Sil. (vivace, turbata) Solo?!

Amb. No, con la signora Marchesa...

Sil. (con moto d'ira represso) Ah!

Amb. E col signorino.

Sil. (con impeto) Enrichetto?!

Amb. Sì, eccellenza!

Sil. Ma non era andato a passeggio con Esther?!

Amb. Sono rientrati da pochi minuti.

Sil. (agitatissima) Chiamate subito madamigella Esther.

(Ambrogio, via).

Ricc. Si calmi, Duchessa!

Sil. (al colmo dell'ira) Un nuovo insulto... lo vede! E, con l'insulto, il dileggio!... Non ho voluto riceverla... e il Principe... per darle una soddisfazione... va a Villa Borghese con lei... e conduce anche mio figlio!

Esth. (entrando) La signora Duchessa mi vuole?

Sil. (severa) Perchè Enrichetto non è qui con voi?

Esth. Rientrando, ha visto il signor Principe che saliva in carrozza... è corso per abbracciarlo... ed è voluto andare con lui.

Sil. (ironica) E con Elena?!

Esth. (confermando, timida) E con la signora Marchesa.

Sil. (con alterezza) Vi ho detto più volte: «Enrichetto non deve uscire che con voi o con me!»

Esth. (scusandosi) Il signor Principe se l'è preso in braccio... l'ha messo egli stesso in carrozza... Potevo io oppormi?!

Sil. (c. s.) Sta bene, andate! (Esther, via).

Ricc. (credendo di calmare Silvia) Ha ragione.... È col nonno!

Sil. (esasperata) E il nonno, per dimostrargli il suo amore, lo fa vedere a tutta Roma con Elena.... con l'amante di suo figlio!... Oh, creda a me, ci vuole una grande virtù per tollerare in silenzio tutte queste quotidiane punture di spillo!

Ricc. È vero!... e io la comprendo e la ammiro!

Sil. Ma biasima, forse, in cuor suo, il mio primo atto di ribellione... ed esita ancora a venire in mio soccorso!

Ricc. (con islancio e con passione) Oh, non esito più!... Lei avrà la sua vendetta.

Sil. (con intenzione, tornando sorridente e molto lusinghiera) Badi!... forse, promette troppo!

Ricc. (sempre più esaltandosi) No!... Il Principe mi ascolta... saprò piegarlo.

Sil. (c. s.) Lui, forse, sì... ma Fabrizio... e gli altri?! Sono forti... astuti....

Ricc. (c. s.) Lotteremo!

Sil. (c. s.) Troverà una resistenza accanita!

Ricc. Non mi fa paura!... Ho la fiducia degli azionisti... e il credito della Società è nelle mie mani.

Sil. Avrà noje, dispiaceri... inquietudini d'ogni sorta....

Ricc. Sopporterò tutto lietamente... se mi sorride una speranza...

Sil. (lieta, trionfante) Davvero?!

Ricc. (con islancio) L'amo tanto!

Sil. (c. s.; molto lusinghiera) Dunque, guerra a tutti... e... per me?!

Ricc. (esaltato) E vittoria sicura... se m'incoraggia con una parola... (con passione) Non vuol dirla?

Sil. (con abbandono, intenzione e promessa quasi ingenua) Vinca!

Ricc. Oh, grazie!... (le bacia la mano con effusione di cuore; poi, via, lieto, esaltato dalla passione).

Sil. (lo segue con lo sguardo, lieta, orgogliosa del trionfo, e commossa).

(Cala la tela).

Fine dell'Atto Secondo

ATTO TERZO

Studio del Direttore della Società costruttrice. — Scrivanie. — Uno scrigno; disegni di fabbriche appesi alle pareti; piante topografiche ecc. ecc. — Sulle scrivanie registri, cartelle, carte, ecc. — Due porte laterali, con grandi cortine. — La comune, a sinistra dello spettatore.

SCENA I.

Vittorio e un Usciere.

Vitt. (all'alzar della tela, ajutato dall'usciere, mette in ordine carte e registri. — È molto agitato). Porta delle sedie.... C'è Consiglio... e ricordati di non lasciar entrare i soliti seccatori.... Non annunziarli nemmeno.... non è giornata da visite!

Usc. Anche la signora Duchessa?!

Vitt. No, per bacco, la signora no!

Usc. Va bene: ma con gli appaltatori sarà un affare difficile!... Da questa mattina vanno in cerca dell'Ingegnere....

Vitt. Oggi non può parlare con nessuno.... Lo lascino tranquillo!

Usc. L'assemblea è andata proprio male, eh?!

Vitt. Malissimo!

Usc. (a bassa voce) È vero!... Un gruppo d'azionisti ha fischiato il Direttore!

Vitt. (con indignazione) Già... gli stupidi!... Come se la crisi l'avesse creata lui!

Usc. Il capo-contabile, però, diceva che un po' di colpa ce l'ha anche il signor Riccardo!

Vitt. Ne ha una sola delle colpe, lui!... quella di tenere degl'impiegati che gli fanno una guerra sordida.

Usc. Oh!... (protestando).

Vitt. Già... già!... Nell'assemblea c'era chi aveva degli appunti, forniti dal Contabile, contro la sua relazione!... Oh, se si tira innanzi... quello là è il primo che salta!... Stava bene col vecchio Direttore... perchè, con lui, si rubava!... (battendo con la mano su' registri) Ne hanno fatti insieme de' pasticci!... Ma verrà fuori tutto!

Usc. E per noi... crede che ci sia pericolo?!

Vitt. Io non so nulla... ma quando si ha la coscienza netta... caschi anche il mondo... poco importa!

Use. Ma il pane?!... Io sono sempre stato un galantuomo... e lei può dirgli....

SCENA II.

Emma e detti.

Emma. (entrando) È permesso?!

Vitt. (con vivacità) Qui... no!

Emma. Perchè?!

Vitt. È lo studio del Direttore!

Usc. Per ora, non c'è pericolo!... (a Emma) Resti pure... (a Vittorio) Se viene... l'avviso. (via).

Vitt. Cosa vieni a fare?!

Emma. Sgarbato!... a vederti!... Sono tre giorni che non ti fai vivo!

Vitt. Ti ho scritto.... Abbiamo avuto da lavorare giorno e notte!

Emma. Se ho visto tutti i tuoi compagni in giro!

Vitt. Loro fanno l'orario... io lavoro col Direttore!

Emma. Sei proprio diventato la sua ombra!

Vitt. Mi vuol bene... e si fida di me.

Emma. Tanto meglio... così ti aumenterà la paga!

Vitt. Questo, per ora... credo che sarà impossibile!

Emma. Ma, almeno, ti daranno gli arretrati!

Vitt. Neppure!

Emma. Bravo!... E il padrone di casa, che aspetta il deposito?!... E il tappezziere che ha portato il conto?!

Vitt. Sta' tranquilla!... Penseremo a tutti.

Emma. (con ironia) Quando?!

Vitt. Quando ci sarà un momento di tranquillità!... Non posso mica seccarlo per delle miserie!

Emma. (risentita) Ma se è danaro che ti devono....

Vitt. Posso aspettarlo... non scappa!

Emma. E sta bene!... Prendila con quella calma... e scapperà la pazienza a me!

Vitt. (cercando di rabbonirla) Sii bonina, Emma... e sta' cheta!

Emma. (alzando la voce) Eh!... Si sono fatte le pubblicazioni... s'è preso casa... abbiamo comperati i mobili... e, ora ch'è il momento di prendere il danaro che hai lasciato accumulare da tre mesi... dici che puoi aspettare!... Ma è una vera burletta!... (irritandosi sempre più). Se tu sei già pentito... dillo francamente... e mandiamo tutto all'aria!

Vitt. Sei pazza!... Qual idea!... (le prende con affetto la mano, che Emma cerca di ritirare; e le dice con grande serietà e dolcezza) L'Ingegnere è molto inquieto, perchè gli affari vanno male!... In questi giorni, capirai, non ho voluto dargli delle seccature; ma domani mi farò dare il danaro.

Emma. (sostenuta) Quanto a me non ti dico più nulla!... Fa' quello che credi!

Vitt. Via... smetti il broncio!... La settimana ventura ci sposeremo!

Emma. Oh, le conosco le tue settimane!

Vitt. Domani vengo da te con le cinquecento lire... e ti lascio carta bianca!... Regolerai le cose a tuo modo.... Sei contenta?!

Emma. (tornando serena) Sarò contenta... se farai sul serio!

Vitt. Cattiva!... Non ti fidi?!... Ma ora vattene!... Vien gente!... Corri... corri!

SCENA III.

Detti; l' Usciere; poi Riccardo.

Usc. (accorrendo) Il Direttore....

Emma. (incontrandosi con Riccardo) Troppo tardi! (ride).

Ricc. (vedendo Emma. — a Vittorio) La vostra fidanzata?

Vitt. (confuso) Sì!... Scusi, se la trova qui in Ufficio... È venuta a portarmi alcune carte di premura.

Ricc. (sorridendo) Conti da pagare?!

Emma. (fa cenno di sì, col capo).

Vitt. No!... alcune carte....

Ricc. (a Emma) Avete fatto benissimo a venire.... Così mi ricordate che non abbiamo ancora regolato i conti con Vittorio....

Vitt. (pronto) Ma... non c'è premura!... (controscena di Emma, lieta che Riccardo pensi a farli pagare).

Ricc. (serio, preoccupato) Anzi, c'è urgenza!... (a Vittorio) Dovete avere, credo... tre mesi?

Vitt. Tre!

Ricc. Fate eseguire il mandato... e dite che me lo portino per la firma.

Vitt. Domattina?!

Ricc. No, no, subito!... Desidero che possiate riscuotere oggi stesso... (come parlando a sè medesimo) Domani... potrebbe essere tardi!

Emma. (lieta) Grazie, signor Direttore!... (via, con Vittorio).

Ricc. (agitato) Troppo tardi?!... Speriamo di no! (va alla cassa-forte; l'apre e ne toglie delle carte, febbrilmente. — Azione silenziosa, per manifestare che, in quelle carte, è riposta ogni speranza, avendo così nelle sue mani un'arma contro gli amministratori. — Si bussa alla porta di destra: entra Silvia).

SCENA IV.

Detto e Silvia.

Ricc. (sentendo bussare, ripone frettoloso le carte e corre ad aprire). Oh, Silvia, quale imprudenza!

Sil. (entrando) Ero troppo inquieta!... Mi sarebbe stato impossibile attendere fino a questa sera per aver notizie.... Ebbene?!

Ricc. Non sono riuscito a nulla!... Ho trovato un'Assemblea ostile... messa su principalmente contro di me!

Sil. Possibile?!

Ricc. Proprio così!... Hanno combattuto la mia relazione punto per punto... con un'acrimonia che m'ha fatto maraviglia.... Oh, impossibile difendersi!

Sil. Ma di che cosa ti accusano?

Ricc. Di tutto!

Sil. E di avermi restituita la dote?

Ricc. Nessuno lo ha detto apertamente.... ma non hanno risparmiato la più piccola allusione alla mia colpevole condiscendenza verso i creditori privilegiati!

Sil. (con disprezzo) Gli sciocchi!... E hanno concluso?

Ricc. Di liquidare!

Sil. (con gioja mal celata) Deciso?!

Ricc. Quasi all'unanimità!

Sil. E questo t'addolora?

Ricc. Sino a impazzirne!

Sil. Eh, via!... è assurdo!

Ricc. No... no!... È una rovina cercata... voluta... perchè se gli azionisti mi davano il danaro che ho loro richiesto, in meno d'un anno avrei terminato il Quartiere... e non si sarebbe perduto un soldo del capitale!... Ho messo nella discussione tutto il mio ingegno... tutta la mia anima... per iscuoterli... per convincerli!

Sil. Sì, lo credo... e ti comprendo!... Ma, hai torto... sì torto... di appassionarti tanto per della gente che non ti ha mai capito!... Peggio per essi se l'impresa va in rovina!... Lascia piangere il Principe e Fabrizio, che l'hanno creata!

Ricc. Il Principe ne uscirà rovinato!

Sil. Ma Fabrizio, dopo di avere scatenato la tempesta... raccoglierà gli avanzi del naufragio!.. Oh, io lo conosco... e tu sei bene ingenuo di prendertela così a cuore per lui... e per gli altri!

Ricc. Fabrizio è nelle mie mani!

Sil. Ah?!

Ricc. Sai?... quelle carte che cercavo in questo labirinto d'imbrogli...

Sil. Ebbene?!

Ricc. Le ho trovate!... (mostrandole nel cassetto) Eccole qui... C'è ne per lui... e per gli altri!... Se mi vogliono perdere... guai a loro!

Sil. Bada, che sono astuti!... Occorreva loro l'uomo responsabile... e hanno messo gli occhi sopra di te!... Sta' in guardia!

Ricc. La vedremo!... E ora va'.... Aspetta che ti fo accompagnare... (chiama a sinistra) Vittorio!

Sil. A questa sera!

Vitt. (presentandosi) Mi ha chiamato?

Ricc. (indicando la destra) Fate uscire di là la Duchessa, senza che nessuno la veda.

Vitt. (precedendola) Venga, signora!

Sil. (a Riccardo, piano, nell'andarsene) Coraggio!... E nessuna indulgenza.... nessuna debolezza!... Ti hanno giocato?: véndicati... e ti amerò cento volte di più! (via).

SCENA V.

Moretti e Riccardo.

Mor. (di dentro la comune, alzando la voce) E io passo lo stesso!... Ci vuol altro che una vecchia marmotta per chiudermi il passo!... (s'ode lo strepito interno d'una contesa).

Ricc. (andando verso la comune) Cosa c'è?!

Mor. (entrando) Uno stupido che ho dovuto levar di peso... per passare!

Ricc. (severamente) L'usciere eseguisce gli ordini che ha ricevuti!

Mor. Cioè, di non far entrare i seccatori?!... Sta bene!: ma non già le persone che vengono per affari!... Sono proprio questi i momenti buoni da far anticamera!

Ricc. Qui nessuno fa anticamera!... Ma, ora, c'è Consiglio... e io non ho tempo!

Mor. Ah, c'è Consiglio?!... Ragione di più, perchè parli subito!

Ricc. (seccamente) Allora... si spieghi... e si spicci!

Mor. (piantando le mani su' fianchi) Domani, eh!, si sospendono tutti i lavori?

Ricc. Tutti!

Mor. (facendo il gesto di chi indica danaro) Per mancanza di... farina?

Ricc. Già!

Mor. (dopo una pausa) E le Banche?

Ricc. (freddamente) Hanno chiuso gli sportelli.

Mor. E non c'è altro modo, eh!, per tirare avanti?

Ricc. Nessuno!

Mor. Dunque.... il fallimento?!

Ricc. Pur troppo!

Mor. Però... in cassa... ci sarà ancora un po' di... polvere?... Qualche migliajo di lire... non è così!?

Ricc. Certo... ma che non bastano a pagare neanche una settimana di lavori!

Mor. (alzando le spalle) Non importa!... Dia a me quattro... o cinque mila lire... e penso io a farle riaprire il credito!

Ricc. (maravigliato) E in che modo?!

Mor. (piano, con tono di confidenza) Tra i miei operaj... e fuori del cantiere... ho un centinajo di bulj... con tanto di fegato... che non hanno paura de' poliziotti!... Mi dia da distribuire... un po' di breccia... e s'incaricheranno loro dell' affare.... Un pajo di dimostrazioni all'aria aperta... e il Governo fa spalancare subito gli sportelli!

Ricc. Delle violenze... de' disordini!?

Mor. (con grande indifferenza) Qualche vetro rotto... qualche legnata!... Oh, roba da nulla!

Ricc. (con indignazione) Se ho capito, voi vorreste gettare in piazza gli operaj... e spingerli alla ribellione?!

Mor. Ma no!... non occorre tanto!... Basta farli vociare un poco!... Banchieri e ministri... mollano subito!

Ricc. E voi osate di farmi una simile proposta!?

Mor. È il solo mezzo... ed è infallibile!

Ricc. Oh, mai... mai!

Mor. E perchè?!

Ricc. Perchè sarebbe un'infamia!

Mor. E non è peggio... per voi altri... gettare sul lastrico centinaja di famiglie?!

Ricc. È una disgrazia!... non una colpa!

Mor. Parole... parole!

Ricc. Ma pensate alle conseguenze!

Mor. E quali?!... Qualche giorno di carcere... che si buscano i più stupidi, che si lasciano acciuffare... un centinajo di fannulloni rimpatriati!... E, per una simile inezia, il pane assicurato... per altri tre o quattro mesi... a mille operaj!

Ricc. (protestando, c. s.) No!... no!

Mor. (alzando la voce) È la sua ultima parola?

Ricc. (risoluto) L'ultima!

Mor. Sta bene!... Allora, lavoreremo per nostro conto... e peggio a chi ne tocca!

Ricc. (severo) Cosa intendete di dire?!

Mor. Che la dimostrazione, all'aria aperta, si farà lo stesso!... Qualche biglietto rosso... c'è ancora!... (toccando le saccocce) Basterà per pagar da bere agli amici!

Ricc. Ma non avete capito che la Società si mette in liquidazione!?

Mor. Cosa volete che importi a noi!?... Le fabbriche son venute su.... O voi altri... o i creditori... o le Banche... avete l'obbligo di finirle!... State tranquillo, a questo ci penserà il Governo!

Ricc. Badate... a ciò che fate!

Mor. È affar nostro!... Voi ci licenziate... e noi dobbiamo guadagnarci da vivere!

Ricc. Potrebbe costarvi salato!

Mor. Di questo, lei, non s'inquieti!... Il sale ce lo metteremo noi!... Pensi, piuttosto, domani, a dare ordine che chiudano bene le imposte del suo Ufficio... perchè la festa comincerà da qui!... Non ci volete ajutare in nessun modo!?... Pagherete voi altri per i primi!

Ricc. Dunque, siete proprio risoluti?!

SCENA VI.

Detti; il Principe; Tommaso; il comm. Ottavi; poi Fabrizio; Gustavo; il conte Sereni, e due Signori, che entreranno con l'ordine più innanzi indicato.

(Il Principe entra appoggiato al braccio di Tommaso. — Si ferma nel fondo ad ascoltare le ultime parole di Moretti. — Ha l'aspetto d'uomo abbattuto e sofferente).

Mor. (interrompendo Riccardo) A tutto!... Noi non siamo di quelli che si fermano al primo ostacolo!... Abbiamo superato ben altra crisi che questa, caro Ingegnere... (sulle mosse per andarsene) e se lei si affoga in un bicchier d'acqua... io... vede... non mi affogo neanche... se cascasse il diluvio! (via, minacciando).

Princ. (avanzando verso il proscenio) Perchè Moretti se ne va minacciando?

Ricc. Perchè gli ho negato il danaro che mi chiedeva per subornare gli operaj!

Princ. (alterato) Che vuol fare?!

Ricc. Del chiasso, per la sospensione de' lavori!

Princ. (con dolore) Ci mancherebb'altro!

Ricc. È tipo da farlo anche senza il nostro ajuto!... Non intende ragione!

Princ. (sedendo, accasciato) Ah!... ma è la rovina completa, dunque?!

Ott. Via, Principe... non si accuori per ciò!

Princ. Si crederà che siamo noi a provocare, sottomano, i disordini!... Abbiamo tanti nemici!... Avete visto, questa mattina, all'Assemblea?!... Non una voce in nostra difesa!... E, in fine, chi perde di più... sono io!... La metà de' lavori è stata fatta col mio danaro!... Un terzo de' terreni erano miei!... E chi alzava la voce non aveva sborsato nemmeno diecimila lire!... Ma com'è accaduto, che le azioni... sottoscritte tutte da amici... siano andate in mano di quella gente?!

Tomm. Giuochi di borsa!

Ott. Gli amici non avevano nessuna fiducia... e ci hanno traditi... gettando tutte le azioni sul mercato!

Princ. Oh, io non avrò la forza di sopportare questo colpo!

Ott. Via, Principe... coraggio!

Ricc. (combattuto) Nel suo stato... farebbe molto bene a non trovarsi al Consiglio!

Princ. E perchè?!

Ricc. Perchè dovrà sentire delle rivelazioni ancor più dolorose!

Tomm. (al Principe) Sì... sì... sarebbe un'imprudenza!... È già tanto agitato!

Princ. (agitatissimo) No!... Voglio saper tutto!... E subito!.. (con impazienza) Cosa fanno, che non vengono?!

Tomm. (udendo un rumore di passi) Eccoli, Eccellenza!.. Io mi ritiro... (entrano Fabrizio, Gustavo, Sereni e due Signori).

Princ. (a Tommaso, con tono imperioso) No... resta!

(I nuovi arrivati salutano affettuosamente il Principe e Ottavi: — i due Signori, e Sereni, rispondono freddamente al saluto di Riccardo: — Fabrizio e Gustavo non lo salutano).

Gust. (al Principe) Dunque, caro zio... eccoci qui tutti... rassegnati a sentire quali altre disgrazie ci ha preparato il nostro Direttore!

Ricc. (freddo) Sono ai loro ordini!

(A un cenno del Principe tutti prendono posto. — Il Principe rimane dove si sarà seduto entrando. — Riccardo resta in piedi. — Durante questa scena, Fabrizio, Gustavo e Ottavi sederanno, per restar poi in piedi. — Sebbene la scena rappresenti un Consiglio, è necessario dare a esso un grande movimento, secondo l'azione. — Nella prima parte, uno de' due Signori prenderà degli appunti; e cominciata la disputa, smetterà di scrivere).

Disposizione degli attori in scena

Princ. (a Riccardo) Dica pure.

Ricc. (freddo, sostenuto, sforzando di serbarsi tranquillo) Nell'ultimo Consiglio ho esposto la situazione... e ho spiegato come... dopo il rifiuto della Banca di darci altro danaro... riuscisse impossibile di continuare i lavori, senza un nuovo sacrifizio da parte degli azionisti.... Non ostante i miei sforzi... e non ostante l'esempio del Principe... la maggioranza ha determinato di liquidare la Società.

Gust. Se questa determinazione è stata presa, si deve all'imprudente restituzione del milione di lire alla Duchessa... restituzione che ha irritato quanti siamo!

Fabr. La sola vera causa del disastro!

Ricc. Domando scusa... ma quella restituzione fu approvata dalla maggioranza del Consiglio!

Ott. Perchè si fece credere che non avrebbe danneggiato l'azienda!

Princ. Questo è vero!

Ricc. (severo, freddo, contenendosi) Sì, è vero!... Ed è vero anche che ne furono dette le ragioni, e furono indicati i modi co' quali si doveva, da allora in poi, proseguire.... E avete votato anche questi!... Ecco il verbale firmato!... Perchè non si volle, perchè non si potè adoperarli.... lo vedremo.... Io accetto la mia responsabilità... ma soltanto se gli altri assumeranno la loro!

Princ. Sì... ma dopo che lei avrà reso il conto!

Ricc. (interrompendo) Di tutto!... Li ho convocati per questo!

Princ. (agli altri) Lasciatelo, dunque, parlare!

Ricc. Una volta determinata la liquidazione, io non dovrei far altro che presentare, a' liquidatori, i miei registri... ma....

Princ. Ebbene!?

Ricc. Se non si rimedia in tempo, dal loro esame risulteranno gravi irregolarità, che possono anche far dichiarare doloso il fallimento!

(Azione e movimento generale).

Princ. Non comprendo!

Ricc. Quando ho assunto la direzione, ho trovato un grande disordine amministrativo... ma non credevo che potesse nascondere delle vere frodi!

Tutti. (con grande protesta) Frodi?!

Ricc. (accennando Gustavo) Il Marchese, lo sospettava!

Gust. (con grande vivacità) Non ho mai detto questo!

Ricc. (contenendosi, c. s.) Sì... ed è in seguito a' suoi avvertimenti, che son voluto andare al fondo di ogni cosa.... Esaminando le carte di tutta l'azienda... ho trovato che il male era più grave di quanto si poteva temere.

Fabr. (pronto, vivace) Il debito lasciato dal primo Direttore!

Ott. (c. s.) Qualche cambiale non pagata!

Ricc. E anche ben altro!

Princ. (agitatissimo) Che cosa?!... In nome di Dio, lo dica!

Ricc. (osservando degli appunti) Abbiamo, prima di tutto, in circolazione, 400 azioni... dal n.º 6400 al 6800... che non furono mai pagate... e perciò si sarebbero dovute annullare!

Princ. E chi le ebbe?

Ricc. (pronto) Dugento, il commendator Ottavi....

Ott. (pronto, vivace) Mi furono regalate, per le concessioni che seppi ottenere dal Governo!

Ricc. Ma ciò non risulta!

Princ. (interponendosi) È vero... lo ricordo!... Ho proposto io stesso questo compenso.

Ricc. Che il Consiglio però... non poteva fare!

Ott. (alzando la voce) E perchè?!

Ricc. Perchè non ne ha la facoltà!... (tutti protestano vivacemente) In ogni modo, bisognava registrare... sotto un titolo qualunque... la somma corrispondente... al passivo... e liberare le azioni... mentre, così, figurano emesse illegalmente!

Princ. (a Riccardo) E le altre!?

Ricc. (accennando Gustavo) Le ebbe il Marchese!

Gust. (pronto, vivace, risoluto) Non lo nego!... E costituiscono un mio debito!... Ecco tutto!

Ricc. Ho paura che il tribunale non lo chiamerà un debito!

Gust. (con vivacità, c. s.) Che cosa, dunque!?

Ricc. Una frode!... (proteste generali, vivacissime) Certo, perchè si tratta di titoli senza valore.... venduti alla Borsa!

Ser. È una illegalità che si può sempre sanare!

Tutti. (meno Riccardo, con alte grida) Certo... certo!... sì... sì!

Princ. Vediamo che cosa c'è d'altro!?

Ricc. Molte cambiali di capomastri immaginarj, che figurano d'aver ricevuto delle anticipazioni per lavori non mai eseguiti!

Ott. Ma sono passività antiche!

Ricc. (pronto, energico) Che nel fare i conti ritorneranno a galla!

Ott. Sì... ma con vantaggio di nessuno!

Ricc. Sia pure!... ma non senza grave danno... morale... di chi ha ottenuto lo sconto di quegli effetti... cioè... (notando le parole) di tutti loro!

Tutti. (eccetto il Principe e Riccardo, con alta protesta) Noi!?... come?!... perchè?!

Ricc. Alle cambiali sono uniti gli appunti e le lettere... di chi le ha raccomandate!

(Parlano tutti, protestando calorosamente e rapidamente).

Ott. Che si è pensato bene di conservare?!

Fabr. A quale scopo, poi!?

Gust. Da chi!?

Ricc. (dominando tutte quelle voci) Dal cassiere e dagl'impiegati... per giustificarsi!

Ott. Non ne hanno di bisogno!

Ser. Sono carte, che si possono sempre bruciare!

Ott. Ma certo... certo!

Tutti. Sì... sì!

Princ. (a Riccardo, c. s.) Ed è tutto qui?!

Ricc. Ci sono, inoltre, parecchi contratti che si possono anche impugnare... di falso.

Tutti. (come, sopra, con animazione crescente) Di falso?!

Ricc. (alzando la voce; fiero, energico) Sì... perchè si tratta di ricomprare, a prezzi esorbitanti, de' terreni venduti... qualche mese prima... a uomini di paglia!

Fabr. (scattando in piedi; pronto, vivace) Ciò non è facile a provarsi!

Ott. E nessuno farà una simile ricerca!

Ricc. (dominando con la sua la voce di tutti) La faranno gli azionisti danneggiati... la farà il tribunale!

Gust. (urlando) Sono spauracchi!

Ricc. (c. s.) No!... sono pericoli... che è dover mio di svelare!

Princ. (a Riccardo) E che cosa propone lei per isventarli?

Ricc. Il pagamento dell'ammontare delle azioni, emesse illegalmente... il ritiro delle cambiali fittizie!

Gust. (sempre gridando) Ma, per far questo, non basta mezzo milione!

Ricc. (pronto, energico, fiero) Che tutti insieme potranno trovare!... Pensino che è questione d'onore!

Fabr. (scattando in piedi, e alzando la voce) È una pazzia!

Ser. Certo... certo!

Gust. (c. s.) Ci sono tanti modi per riparare!

Tutti. (parlando insieme, con grande animazione) Sì!... sì!

Ricc. (c. s.) Quali?!... Non li vedo!

Gust. (pronto, vivace) Si aggiustano... i registri!

Ser. Si sopprimono le carte inutili!

Fabr. E si presentano solo gli ultimi contratti!

Ott. Ben inteso.... con le partite già liquidate!

Gust. E i bilanci in regola!

Tutti. (c. s.) Sì... sì!

Gust. (accalorandosi, sempre più) È questione di un po' di lavoro!

Ott. (pronto, vivace) E tutto si accomoda!

Ser. (pronto, vivace) Ma sicuro!

Ricc. (contenendosi a stento: quasi fremente) Sicchè, io dovrei... secondo loro... alterare i registri?!

Ott. (pronto) No... correggerli!

Ricc. (c. s.) Fare sparire i documenti?!

Ser. (stringendosi nelle spalle) Basta non mostrarli!

Ricc. (c. s., al colmo dell'esasperazione) Cioè... mentire cogli azionisti... co' giudici!... falsificare le carte!... rendermi complice di tutti i loro... pasticci!... assumere la responsabilità morale di tutte le frodi commesse dal giorno che fu impiantata la Società?!

Ott. (gridando) Nessuno le dice di far questo!... Si tratta solo di riparare al male!

Ricc. (c. s., fremente) Che io non ho fatto... e del quale non devo rispondere!... Sono un uomo onesto, io... e mi fa maraviglia che si possano farmi simili proposte!... Ho svelato loro i pericoli, a' quali vanno incontro... perchè riparino... se vogliono... onestamente... finchè ne hanno il tempo!... Non già per ajutarvi a coprire, con nuove frodi, le vecchie!... Vi ho dato il mio lavoro... il mio ingegno... la mia influenza... ma non vi ho venduto il mio onore!... Mi avete sfruttato in tutti i modi... ma non mi farete diventare nè un ladro... nè un falsario!...

(Durante la sfuriata di Riccardo, l'azione dev'essere animata da parte di tutti. — Il Principe si agita sempre più: Tommaso cerca di calmarlo: gli altri, in piedi, minacciano Riccardo, protestando, interrompendo, ecc. ecc.).

Devo agli azionisti la verità intera... e la sapranno!... Questi documenti... che nessuno di voi altri vuol riscattare... anderanno al tribunale!... Essi proveranno che l'idea grandiosa del Principe non è fallita per colpa mia... nè per forza di eventi... ma perchè, sino dal primo giorno, egli ebbe la disgrazia di circondarsi d'uomini senza scrupoli... veri parassiti!

Tutti. (fuorchè il Principe, protestando, con alto clamore) Non è vero!... menzogna!... è falso!... calunnie!

Ricc. (continuando, senza badare a nessuno, e dominando tutti con la sua voce) Mi duole per il Principe... che lo scandolo sarà enorme... e colpirà persone che gli sono care.... Ma chi ha rotto deve pagare!... E tanto peggio per tutti, se... credendo di trovar qui un ingenuo... hanno provocata la ribellione di un galantuomo... e lo hanno spinto... per liberarsi dal fango che si vuol gettare sopra di lui... a denunziare i veri colpevoli!

Tutti. (Urli, e proteste generali).

Princ. (tremante dalla commozione, con uno scoppio violento d'ira) Lei non denunzierà nessuno... non farà scandoli... non getterà la vergogna sopra un'impresa creata da me!

Ott. Bravo! (tutti insieme, con alte grida di approvazione) .

Ser. Bravo!

Gust. Così... così!

Princ. (continuando) Se ci sono de' colpevoli... io solo ho il diritto di giudicarli!... Io, che ho dato alla Società il mio nome, e de' milioni... non chi è stato pagato per il suo lavoro!... (approvazioni generali, clamorose. — Dopo breve pausa) Se il fallimento è una disgrazia inevitabile... lo scandolo non avverrà fin che io vivo!... Se nessuno riparerà le colpe di un'Amministrazione disordinata... pagherò io per tutti!... (con ira generosa, a Riccardo) A me quelle carte... che lei non ha il diritto di gettare in pascolo alla folla!... (fa un passo verso Riccardo, per togliergli di mano le carte).

Ricc. (quasi istupidito, afferra le carte e le salva) Ah, no!

Princ. Lo voglio!... Qui comando io! (continuando, con grande commozione) Sotto le rovine della Società... resterà travolta la mia fortuna... non l'onore della mia famiglia!

Ricc. (pallido, fremente, ma risoluto) Eccellenza... l'onore della sua famiglia... vale il mio!... E queste carte non usciranno dalle mie mani... finchè io non le avrò poste al sicuro dalle accuse di chi ha... rubato qui!... (stringe le carte tra le mani, con moto convulsivo, e fa per uscire).

Tutti. (balzando in piedi, furiosamente) Non lo lasciate uscire!... È troppo!... Ladri noi?!... Ma il ladro, è lui!... Fermatelo!!... (alcuni trattengono Riccardo: altri, sempre minacciosi, sulla porta, si preparano a sbarrargli la via. — Grande chiasso e confusione. — Quadro!).

Princ. (ergendosi della persona, alto, solenne) Silenzio!... Lasciatelo uscire!... (movimento e meraviglia in tutti) Lo voglio!... (a Riccardo) Signore, domani.... lei mi darà quelle carte!

Ricc. (vincendosi a stento) Sì... se lei assumerà... con atto formale.... la piena responsabilità dell'azienda!

Princ. (solenne, c. s.) Quest'atto... lo avrà!... (vinto dalla commozione, si avvia verso la comune, sostenuto da Tommaso e da Ottavi).

(Gustavo, Fabrizio e gli altri lo seguono, gesticolando, parlando animatamente, e gettando sguardi d'odio e di sprezzo sopra Riccardo; che, ritto in piedi, pallido, fremente, ride convulsivamente, con grande sarcasmo). — (Quadro).

(Cala la tela).

Fine dell'Atto Terzo.

ATTO QUARTO

Gabinetto-salotto nell'appartamento privato del Principe. — Scrivania con sopra libri, carte ecc. — Mobili artistici, quadri alle pareti, vasi di porcellana ecc. — Porta nel fondo, e porta laterale.

SCENA I.

Principe e Tommaso; indi Esther.

Princ. (è seduto sopra una poltrona vicino a una tavola ingombra di libri, di carte e di giornali: ha l'aspetto d'uomo abbattuto, sofferente: è molto agitato) Che infamia!

Tomm. (dall'altra parte della tavola, con un giornale in mano, interrompendo la lettura) Basta, Eccellenza!... Mi permetta di non leggere più... (fa per gettare il giornale).

Princ. (nervoso, convulso) No!... continua... Voglio sentir tutto!

Tomm. Perchè tormentarsi così?!

Princ. Leggi... leggi!... Lo voglio!

Tomm. (rassegnato, leggendo) «La condotta della Duchessa spiega tutta la catastrofe. Sono inutili i commenti!»

Princ. Oh, sì... inutili!... (dà un altro giornale a Tommaso) E questo?!... Cosa dice?!... Guarda lì... è segnato in rosso!

Tomm. (leggendo) «Oramai si fa piena luce sulla famosa Società per il quartiere Lanfranchi.... Tra il Direttore e una dama aristocratica, della quale tutti conoscono il nome, correvano delle relazioni che non erano solamente d'interessi.... Di qui, la restituzione del milione di lire, cagione prima della catastrofe.»

Princ. (interrompendo, fremente, imperioso) Va' innanzi... va' innanzi!

Tomm. (continuando) «Ciò spiega la sollecitudine avuta dal Principe nell'addossarsi tutte le passività, e nel far ripartire per l'America l'Ingegnere... Si spera così di soffocare lo scandolo; ma non sarà facile!»

Princ. (con dolore, affranto) Pur troppo!... Oh, questo colpo è il più terribile!... Ma, dunque, tutti conoscevano le relazioni di Silvia con l'Ingegnere!... Anche tu?!

Tomm. Le ho sospettate... ma non avrei mai creduto....

Princ. E perchè non hai parlato?!

Tomm. Per non darle un dolore!

Princ. Hai fatto male!... Un mese fa avrei troncato tutto, senza scandolo... mentre oggi... lo vedi!... col pretesto della rovina finanziaria della Società... si stampano di queste infamie!

Tomm. Ma se lei vuole, può imporre il silenzio... con delle brave condanne!

Princ. De' processi!?... Sarebbe peggio!... E che fa ora la Duchessa?

Tomm. (fingendo) Non so!... Esther, forse, potrebbe dirglielo.

Princ. Chiamala!... (Tommaso s'affaccia alla porta di destra, e dà un ordine). Spero che non vorrà restar qui... e affrontare lo scandolo!

Tomm. Sarebbe un'imprudenza... anzi... un'audacia!

Princ. (vivace) Che io non le permetterò!

Esth. (entrando) Sua Eccellenza mi vuole?

Princ. Sì... vieni!... (con aria di rimprovero) Anche tu sapevi?!... (con ira) E, forse, sei stata sua complice?!

Esth. (con islancio) Che dice mai, Eccellenza?!... Le giuro... che ignoravo tutto!

Princ. (tranquillandosi) Davvero?!

Esth. Sulla mia vita!

Tomm. (insinuante) Può crederle... Esther è incapace di mentire.

Esth. (con simulata ingenuità) Io mi sono sempre occupata esclusivamente del Signorino.

Princ. Che ora va in collegio.

Esth. (con finto dolore) Lo so!... La signora Duchessa me lo ha detto!... E mi ha anche licenziata!

Princ. E ciò ti addolora?

Esth. Sono sola... resto sulla strada!

Princ. Provvederò io anche a te!... E, ora, dimmi: che fa la Duchessa?

Esth. È chiusa nel suo appartamento con la cameriera.... Credo prepari le valigie per partire.

Princ. Per dove?

Esth. Non so!... Forse, per villa Santi... Ho visto che ha spedito de' lunghi dispacci a sua zia!

Princ. (vivace) Prima che parta voglio vederla!... Diglielo!

Tomm. Eccellenza... perchè questo colloquio?

Princ. Lo voglio!

Tomm. (insinuante) Sarà un nuovo tormento!

Princ. (imperioso, a Esther) Hai capito?... Voglio vederla!

Esth. (inchinandosi) Ubbidisco! (via).

Tomm. (insistendo) Creda, Eccellenza... fa male a procurarsi questo nuovo dolore... nello stato di abbattimento in cui si trova!

Princ. (con riso ironico) Hai paura che non resista a tante scosse?!

Tomm. Oh Dio!, Eccellenza!... C'è di che abbattere la fibra più vigorosa!... (insinuante) Se almeno avesse lasciato ad altri la cura di liquidare la Società!... Ma vuol far tutto lei!

Princ. (vivace) È impegnato il mio onore!

Tomm. Sta bene... ma... quando lei ha risoluto il da fare... per l'esecuzione, può affidarsi a qualche persona pratica d'affari, che abbia la mente fredda.... Lei è troppo... sempre gran signore!... Non vede i tranelli che le tendono gli affaristi... e, con l'intenzione di far bene, si esporrà a nuove perdite!

Princ. Non credo!... E, poi, lasciami provare!... Il mio nome... la mia condizione... servono ancora a facilitare certe trattative.... Ci sono molti che s'interessano per me... ho fondate speranze di ajuto.

Tomm. Oh, Eccellenza... non s'illuda!... Quando si tratta di promettere... tutti son pronti... ma prima di sborsare de' capitali!

Princ. Eppure, io ho ancora fede... Ottavi lavora attivamente... e se si può concludere un grosso prestito....

Tomm. Altrimenti?!

Princ. Farò quello che hai detto tu!... Venderemo i quadri... i cavalli: affitteremo....

Tomm. E lei vorrebbe presedere a una simile liquidazione!?

Princ. (vivace) Ah, io no... mai!... Se vi sarò forzato, darò ampia procura al più fidato, e al più devoto de' miei!

Tomm. (agitato) A chi?

Princ. (sorridendo) A te!

Tomm. (fingendo grande maraviglia) A me, Eccellenza?!

Princ. Chi altri troverei più intelligente.... più pratico?!

Tomm. Oh, molti!... ma nessuno più devoto!

Princ. Per questo sarai il prescelto!

Tomm. E vostra Eccellenza resterà a Roma?

Princ. No!... Me ne anderò a Ginevra... all'eremitaggio.

Tomm. Ma non solo!?

Princ. Con chi?!

Tomm. (piano, insinuante) Potrebbe far venire con sè Esther... per governare la casa!

Princ. (con suprema indifferenza) Lei... o altri!... Quando tutto fosse finito... che cosa m'importerebbe più di vivere?

Tomm. (vivace, con sollecitudine) Oh, non si sconforti così!

Princ. (scotendosi) Hai ragione!... (con forza) Ma sei tu che mi fai dubitare di tutto!... Lasciami ancora sperare!... (si alza, e passeggia agitato per la stanza; mentre Tommaso, con giuoco di fisonomia, manifesta l'interna soddisfazione d'aver trascinato il Principe a quell'ordine di idee).

SCENA II.

Gustavo e detti; indi Ottavi.

Gust. (entrando, con calore al Principe) Oh, caro zio!... Elena è angosciata, fremente, per questo scandolo... Verrà lei stessa a dirglielo.... Io, poi, ne sono furioso.

Princ. (freddo) Grazie... grazie!... ma, con tutta la tua ira, non hai saputo nemmeno rendermi il servigio che ti ho chiesto!

Gust. Co' giornali?!... L'ho tentato; e i più autorevoli di Roma hanno avuto il maggiore riserbo... ma che colpa ho io se, oltre i giornalisti conosciuti, c'è qui una nidiata di corrispondenti anonimi, che appestano la provincia co' pettegolezzi della capitale?!... Non bisognava lasciar partire Riccardo!... Doveva restar qui lui... a liquidare la Società... e a rispondere di tutto!

Princ. E farvi processare per truffa!

Gust. Eh, via!... Una volta che aveva restituito i documenti, era disarmato!

Princ. Li ha restituiti, in cambio della promessa da me fattagli di assumere tutta la responsabilità legale della gestione!... E tu, ora, mi fai una colpa di avervi salvati?!

Tomm. (vedendolo giungere) Il commendator Ottavi.

Princ. (andandogli incontro, con ansietà) Ebbene?!

Ott. Ottime notizie!... Il Ministro s'interessa vivamente a lei.... Il suo tratto nobilissimo ha prodotto la miglior impressione.... Si farà di tutto per ajutarla!

Princ. (con sincera commozione) Grazie!

Ott. Ma ho ancora di meglio... Ho trovato una persona pronta a sborsare il danaro... per coprire le passività di un'indole... sì... un po' delicata... che potrebbero darle noja!

Princ. (con speranza) Davvero?!

Gust. (incredulo, diffidente) Possibile?!

Ott. Sì... sì!... Farebbe un mutuo a lunga scadenza... anche per una somma vistosa!

Gust. Ma vorrà delle garanzie....

Ott. Oh, queste sì!

Princ. e Gust. (insieme) Quali?!

Ott. Un'ipoteca su' beni.

Gust. (con crescente diffidenza) Ah!

Princ. (con rammarico) Non posso darla!

Ott. E perchè?

Princ. Non sono miei!... Io godo solo l'usofrutto!

Ott. Come?!... Il palazzo... le ville....

Princ. Il palazzo... le ville... le grandi tenute... l'intiero patrimonio... appartengono a Maurizio.

Ott. E i poderi delle Marche?

Princ. A lui, e a Fabrizio... Io non ho nulla!

Ott. Oh, ma tutto questo non rende impossibile l'affare!... I suoi figli acconsentiranno certamente.

Gust. Ne dubito!

Princ. Maurizio è stato sempre contrario a' miei progetti!

Ott. Ma oggi è tutt'altra cosa!... È questione di parola data.... di dignità... di onore!... E il Duca, che è un perfetto gentiluomo, lo capirà meglio d'ogni altro.

Princ. Lo crede lei?!

Ott. Ne sono convinto!... Faccia appello al suo cuore... alla sua fierezza... e, trattandosi di salvare il prestigio della Casa, acconsentirà certo.... Ne sono così persuaso che, se lei me lo permette, assumerei l'incarico di persuaderlo!

Princ. (con gioja) Davvero?!... Lei farebbe questo?!

Ott. Perchè no.... se me lo consente?

Princ. Ma con gioja!... Lei mi risparmia un dialogo penoso.... e, forse, un'umiliazione.

Ott. Allora vado subito.

Gust. Vengo anch'io.

Princ. (trattenendolo) Tu no!... Guasteresti la cosa.

Gust. (protestando) Oh, perchè!?... Io ajuterò il Commendatore.... Ho una certa infarinatura negli affari... e so come va preso Maurizio... (con intenzione) Il mio intervento non sarà inutile!... (a Ottavi) Che ne dite, Commendatore?

Ott. (freddo, imbarazzato) Certo.... non potrà far male.

Gust. (trascinando con se Ottavi) Andiamo dunque... (via).

Princ. (a Tommaso) Che te ne pare?!

Tomm. Non ho fiducia!... Il signor Duca è contrario... e il Marchese farà di tutto per fargli dire di no!

Princ. Con quale interesse?!

Tomm. Quello che ha lui... e un'altra persona... che il Duca sia sempre molto ricco!... (azione del Principe. — Vedendo giungere Silvia) La signora Duchessa.

Princ. Lasciami con lei! (Tommaso s'inchina, ed esce).

SCENA III.

Silvia e il Principe.

Princ. (con ira, a stento repressa) Disgraziata!... quale scandolo!

Sil. (abbattuta, affranta, rimane silenziosa, immobile).

Princ. (c. s.) Come avete potuto dimenticare così la vostra dignità... il vostro nome?... (pausa) Rispondete!

Sil. Lo amavo!

Princ. E osate anche invocare questo amore in vostra difesa?

Sil. No!

Princ. E, allora, quale scusa alla vostra colpa?

Sil. Nessuna!... Anzi, non provo che un rimorso... quello di non averlo seguito!

Princ. Come?!... come?!

Sil. Sì!... Al momento di lasciar Roma... dove, tra corrotti e corruttori, non aveva trovato che offese, ingiustizie, dolori, per tornarsene a New-York, in mezzo a della gente che aveva imparato a stimarlo e ad amarlo.... egli mi propose di seguirlo.... Là era certo di trovar lavoro degno di lui... e, col lavoro, la ricchezza e la gloria!... Mi prometteva così un'esistenza di pace... di amore!... E io ero determinata a seguirlo!... Sentivo che là... con lui... era la vita!... Eppure, non ne ebbi il coraggio!.... Egli supplicò... pianse.... ma invano!... Non ho potuto... non ho avuto coraggio!... (dopo una breve pausa) Non si è nate e cresciute impunemente in questo ambiente di debolezze e di viltà... che si chiamano etichetta, convenienze sociali!... L'energia non è che il risultato di tutta la nostra natura!... Non si può essere energici, risoluti, una volta sola nella vita... O si è sempre, o non si è mai!... Forse, io ero nata forte... ma, nell'ambiente in cui crebbi, la mia indole s'è paralizzata!... Qualche cosa di guasto, di corrotto, s'infiltra sempre nel nostro sangue.... non foss'altro, la tenacia con la quale difendiamo la nostra viltà!... Sì!... io sono stata vile.... vile.... e l'ho perduto!

Princ. (maravigliato) Ed è questo il solo sentimento che domina la vostra anima?!

Sil. Il solo!

Princ. E non sentite nessun ribrezzo?!

Sil. No!

Princ. Nemmeno il rimorso di avere spezzato ogni vincolo con la gente onesta?

Sil. La gente onesta?!... Quale?!

Princ. Neanche il sarcasmo... il disprezzo del mondo!?

Sil. Oh, il mondo!?... Vi chiederò ancora: quale?!... forse, quello che m'ha fatta così?... (con calore crescente, e fremendo) Sì!... quando sono entrata, senza amore, in questa casa, ero ancora buona!... Benchè poco illusa sulla felicità che potevo attendermi, ero disposta ad amare mio marito... o, almeno, a essere per lui un'amica sincera!... Senza grandi ideali... oramai le fanciulle del nostro mondo non ne hanno più!... ma con quella fierezza, che, spesso, è virtù... Altera, superba di rappresentare una bella parte... risoluta a prenderla sul serio... e a essere la dama irriprensibile.... rispettata da tutti!... Cosa ho trovato qui?!... (dopo un'altra breve pausa) Mio marito non interruppe neanche per poche settimane le sue tresche con donne da teatro, note a tutta Roma!... Sino da' primi mesi, io non potevo andare a uno spettacolo, senza il pericolo che, dal palcoscenico, mi dardeggiasse lo sguardo di una cantante... o di una ballerina... protetta dal Duca!... Me ne lagnai con lei... e lei stesso... che è il padre!... rispose alle mie rimostranze ridendo: — Una donna come me, non deve nemmeno accorgersi di simili rivali!... (con ironia convulsa) Quelle donne, che i nostri mariti pagano... non contano... no... nella loro vita!... Non sono delle amanti... ma degli oggetti di lusso... imposti dalla condizione sociale... come il tiro a quattro per le corse... e la grande livrea per i lacchè!... Oh, se il Duca avesse un'amica del nostro mondo... allora... sì... ci sarebbe offesa... e io avrei ragione di dolermi! — Così... così, mi ha parlato lei!... E perchè l'offesa ci fosse, Maurizio scelse l' amica tra le nostre dame.... Sì, una parente... Elena!... E quando io chiesi che le fosse almeno vietata la porta di questo palazzo... mi si rispose con un rifiuto... per evitare lo scandolo!... E, ora, con questi esempj... con queste provocazioni... lei si maraviglia della mia condotta... del mio linguaggio?!

Princ. Mi maraviglia e mi addolora... perchè vi credeva migliore delle altre... e speravo che la fierezza della vostra anima, e l'orgoglio del nome che portate... vi servissero di difesa contro tutte le seduzioni!... E perchè... sapendoti buona... e avendoti vista soffrire... avevo fede che non avresti mai fatto piangere gli altri!... Lo scandolo d'oggi, vedi, m'avvilisce... più di ogni altra sciagura!... Oh, perchè non hai trovato in te stessa la forza di restare onesta!

Sil. E perchè non mi fu mai parlato così prima d'ora?!

Princ. (protestando) Ma non ti ho io trattata sempre come mia figlia?!... Che cosa potevo fare di più?!

Sil. Amarmi... difendermi!... (dopo una breve pausa) Lei mi ha dato l'appartamento più bello del suo palazzo... non la parte migliore del suo cuore... che è rimasto a Elena!

Princ. Non è vero!

Sil. (continuando) Ho avuto tutti i bagliori del grado e della ricchezza, non un affetto!

Princ. E tuo figlio?!

Sil. (scossa) Mio figlio!?... Sì!... Ebbene... lo amo!... (cupa) Ma è il figlio di Maurizio... sicchè non mi spaventa neppure il pensiero che egli, un giorno, saprà quello che ha fatto sua madre!... (dopo una breve pausa) Se dovesse crescere in un altro ambiente, dove c'è qualche cosa di vivo... di potente, rabbrividirei al pensarci!... Ma educato da suo padre... (con ironia amara) dalle facili vittorie che sorridono sempre agli eredi delle grandi fortune... imparerà ben presto a disprezzare tutte le donne... e non sarà molto maravigliato se sua madre....

Princ. (con grande vivacità, interrompendola) Non dirlo... sarebbe orribile!

Sil. (con sincerità) E voglia Dio che non avvenga! (con crescente commozione) Ma se egli, mal vostro grado, crescerà buono... mi comprenderà... e mi perdonerà!... E dovesse anche disprezzarmi.... ebbene, soffrirei rassegnata il suo disprezzo, per il supremo conforto di sapere così che non rassomiglia a suo padre!

Princ. E ora che cosa contate di fare?!

Sil. Parto questa sera!... Mi ritirerò in campagna con mia zia... (con accento commosso) Non mi vedrà più! (fa per andarsene).

Princ. (combattuto, dopo una breve lotta). Addio!

(Silvia s'avvia per uscire dalla porta di sinistra, quando s'incontra con Maurizio. — Si ferma piena di alterezza).

SCENA IV.

Maurizio e detti.

Maur. (entrando, vede Silvia: si ferma, e dice al Principe) Non è solo?!... Ritornerò!... (fa per andarsene).

Princ. Resta!... (alludendo a Silvia) Ogni spiegazione è inutile tra voi!... Silvia ci lascia... non vi vedrete più!

Maur. (al Principe) E dove porterà costei il disonore del nostro nome?

Sil. In nessun luogo!... Il vostro nome lo lascio con gioja!... Quello della mia famiglia mi basta!... E se un giorno la legge ve lo consentirà... create pure un'altra Duchessa Lanfranchi!... Non sarà migliore di me!

Maur. (con violenza) Disgraziata!... (le si scaglia contro).

Princ. (trattenendolo) Maurizio!... (Silvia, superba, sprezzante, scrolla le spalle, e si dirige verso la porta di sinistra. — Vedendo venire dalla Galleria Elena e Gustavo, muta strada: passa altiera davanti a loro; e, con alterigia e disprezzo, li guarda fissi tutti).

SCENA V.

Elena, Principe, Tommaso, Maurizio, Gustavo e Fabrizio.

Elena. (appena uscita Silvia, si slancia nelle braccia del Principe) Caro zio!... È stata proprio una disgrazia che quella donna sia entrata nella nostra famiglia!

Princ. (abbattuto) Basta... basta!... Non devo a lei sola i miei dolori!... (a Maurizio, con ansia) Ebbene?!... Ottavi ti ha parlato?!

Maur. Veniamo appunto per questo.

Princ. (c. s.) E così?!

Maur. Ciò che propone Ottavi è assurdo!

Princ. (con crescente commozione) Come?!

Maur. Sarebbe la rovina della Casa!

Princ. Una semplice garanzia?!

Maur. Dopo garantito... bisogna pagare... e... non potendolo... anderebbero all'asta il palazzo e le ville.... Sarebbe così distrutto il patrimonio della famiglia!

Princ. Oh, quale esagerazione!

Maur. Il pericolo esiste... ed è mio... anzi nostro dovere... di scongiurarlo.

Princ. (maravigliato) Facendomi mancare alla parola data?!

Maur. (sempre freddo) Lei non può dar altro che ciò che ha!... Nessuno le chiederà di più!

Princ. Ma è impegnato il nostro onore!

Maur. L'onore di casa Lanfranchi non ha nulla a che fare con gl'interessi della Società!... Lei ha fatto fin troppo a sacrificare somme ingenti a beneficio d'ingordi speculatori... e sarebbe un delitto consentirle nuove pazzie!

Princ. (sempre con grande esaltazione) Dunque, tu rifiuti?!

Maur. Recisamente!

Princ. Bada!... Il tuo rifiuto può spingermi agli estremi... (minaccioso) e, con una parola, posso toglierti ogni illusione di essere, fino da oggi, tu solo il padrone!

Maur. (freddissimo, come sempre; e quasi in aria di sfida) La dica!

Princ. (c. s.) Posso, volendo, vendere tutto ciò che ho comperato da me... affittare il palazzo... le ville... Posso privarti, fin che vivo, del lusso e del fasto... che sono il tuo solo orgoglio!

Maur. (c. s.) Lo faccia, se lo crede!... ma sarà tutta sua... esclusivamente sua... la responsabilità di questo nuovo scandolo!... Io non sarò mai complice della rovina di mio figlio... e della mia Casa... per salvare un'impresa di pazze speculazioni edilizie, che ho sempre disapprovato!

Princ. (fremente d'ira e di commozione, a Fabrizio) E tu, che hai promosso queste speculazioni... e sei stato il cattivo genio della Società.., cosa rispondi!?

Fabr. (freddamente) Come Maurizio!

Princ. (con iscoppio d'ira) Ah, siete d'accordo oggi.... e per la prima volta?!... D'accordo, contro vostro padre!

Gust. (insinuante) Ma... hanno ragione!

Princ. (con ira) Tu, taci!

Elena. (affettuosamente, insinuante) Caro zio, parlano nel suo interesse... nell'interesse della famiglia!

Princ. (con nuovo scoppio d'ira) Non ho più una famiglia, io!... Ho messo tutto il mio cuore... tutta la mia anima... per crearne una che servisse di esempio agli altri... e proprio da essa ho i maggiori dolori!

Elena. (c. s.) No, non parli così!... Lo creda, l'amiamo tutti!

Princ. (con forza, svincolandosi da Elena, che gli si è avvicinata come per abbracciarlo) Basta... basta!... non ho più nulla da dirvi!... Andate pure!... So quello che devo fare!... (Elena vorrebbe insistere: gli altri fanno un'azione come per parlare) Andate tutti!... (spingendo anche Elena) Lasciatemi solo!... (siede, convulso, abbattuto, sopra una poltrona: — azione degli altri: — Elena si mostra afflitta; Gustavo contrariato; Maurizio e Fabrizio freddi: — tutti via). — (Pausa). — (Il Principe, scotendosi, a Tommaso) Hai sentito!?... E sono i miei figli!!

Tomm. (insinuante) E lei esita ancora?!

Princ. No, non esito più!... Va' subito dal notajo.... Sarai tu il liquidatore dell'onore di Casa Lanfranchi!... Vendi tutto quello che puoi vendere... affitta palazzi e ville.... cava danaro da tutto per soddisfare a' miei impegni d'onore!... Provino anche loro la tutela di un amministratore avaro!... Io anderò lontano... in cerca di oblio... (con sarcasmo, convulso) E, sta' tranquillo... cercherò di vivere lungamente per punirli del loro egoismo!... (dopo una pausa) E poichè tutto crolla qui... e nobiltà... fierezza... disinteresse... punto di onore... tradizioni... affetti di famiglia... quanto insomma ha costituito la forza e l'orgoglio de' nostri avi, sono tutte cose morte... fuggirò anch'io, prima di rimanere seppellito sotto le mura del vecchio palazzo!... Va', va', dal notajo!

(Azione. — Il Principe fremente, splendido d'ira, è rivolto al pubblico. — Tommaso, a metà scena, guarda a destra, glorioso e trionfante. — Dalla porta di destra, s'affaccia Esther, che sorride a Tommaso, giubilando del comune trionfo).

(Cala la tela)

Fine.

N. B. — Dopo le diverse rappresentazioni al Goldoni di Venezia, questa mia commedia fu recitata, con successo lietissimo, al teatro Garibaldi di Padova, dalla Compagnia di Cesare Rossi, e ripetuta alcune sere: al Filodrammatico di Trieste, protagonisti Andrea Beltramo, Clara Della Guardia, Alfredo De Sanctis, dove fu data per sei sere consecutive: allo Storchi di Modena, unica rappresentazione in onore di quella eletta attrice che è Vittorina Seraffini-Checchi, protagonisti Enrico Belli-Blanes ed Alfredo Campioni: al Paganini di Genova, dove fu replicata, col solito lietissimo successo, alcune sere, protagonisti Cesare Rossi, Teresina Mariani, Carlo Rosaspina: e al Bellini di Palermo, protagonisti Italia Vitaliani, Giuseppe Bracci, Ettore Baccani. Anche a Palermo piacque molto e fu ripetuta.

M'incombe l'obbligo di ringraziar qui pubblicamente, come meglio so e posso, le valorosissime attrici Italia Vitaliani, Clara Della Guardia, Vittorina Seraffini-Checchi; non che i miei bravi e carissimi amici Bracci, Beltramo, Belli-Blanes, De Sanctis, Campioni e Baccani, che, con tanto zelo e con tanta bravura, assicurarono alla mia Danza così lieto e costante successo.