DELL'ANTICO STATO
DEL LAGO
DI PUSIANO
NELL'ALTO MILANESE.
DELL'ANTICO STATO DEL LAGO DI PUSIANO NELL'ALTO MILANESE.
MEMORIA
DI
CARLO REDAELLI.
MILANO Coi TIPI di GIO. GIUS. DESTEFANIS. 1824.
Non crederò già che queste sollecitudini piacciano a que' solamente cui... sembra l'erudizione profittevole, ma sì ancora a que' molti che professano di cercar l'utilità, e con questo vocabolo null'altro intendono che il guadagno.
Palcani — Prose Italiane.
DELL'ANTICO STATO DEL LAGO DI PUSIANO NELL'ALTO MILANESE.
Pochi fra gli scrittori, che s'occuparono della storia antica del milanese ebbero cura d'investigarne la corografia parlando anzi di questa bene spesso solo per incidenza o con brevi parole, se eccettuiamo il Giulini ed il P. Ferrari; e quanto pur dissero alcuni, devesi forse prendere in nuovo esame. Altri neppur sospettarono, che l'antico stato del suolo milanese offrir dovesse argomento alle loro indagini, e che per ovviare errori od oscurità andar unite dovessero alle istoriche ricerche le topografiche e corografiche. Par dunque che molto rimanga a farsi in tale argomento, e nella lusinga noi d'apportarvi qualche debol lume, abbiam preso ad esaminare per la disparità delle opinioni, se il lago di Pusiano nell'alto milanese sia propriamente il lago Eupili rammentato da Plinio fra quelli della decima regione d'Italia, secondo la divisione fattane da Augusto[1], o se un avanzo dell' Eupili sieno e quello stesso di Pusiano e gli altri tre limitrofi chiamati comunemente d' Alserio, d' Isella e d' Annone. Nè vogliasi dire troppo tenue argomento il cercar d'illustrare poche linee del naturalista romano che alle cose patrie si riferiscono, rese oscure ed intricate dal corso de' secoli per mezzo dei quali il di lui libro passò glorioso.
I laghetti di Pusiano, d' Annone, d' Isella, e d' Alserio sono alla distanza di 24 miglia circa al settentrione di Milano lungo le falde dei monti della Valassina, che sono emanazioni delle alpi Rezie. Per l'amenità de' loro dintorni e per la salubrità dell'aria, che vi si gode, non che per essere nati sulle loro sponde il Parini e l'Appiani son dessi conosciuti e giustamente celebrati. Quello di Pusiano è il più considerevole, di forma pressochè ovale, si estende per circa quattro miglia da Pusiano a Ponte Nuovo. I conjugi Federico e Carolina Lose hanno recentemente offerto al pubblico due belle vedute di questo lago[2]. L'altro detto Serio o d' Alserio ed anche di Conservio dal piccolo luogo di questo nome, che è sulle sponde, si estende circa due miglia e mezzo. Questi due sono ad uno stesso livello, e potrebbe dirsi, che entrambi hanno l'emissario nel fiume Lambro, che scorre lì presso. Un altro emissario ha pure il lago di Pusiano in quello d' Isella denominato il Pescone. Il lago d' Annone, che dicesi anche di Oggionno e di Sala, di forma ovale allungata, ha l'estensione di miglia tre circa milanesi dal ponte di S. Nazaro al luogo di Bagnuolo. Amenissime sono in particolare le sponde di lui, e di questo pure i conjugi Lose ci hanno data una veduta[3]. D'assai minore ampiezza è quello d' Isella o di Civate. Di figura quasi circolare, conta nella maggiore larghezza un miglio e mezzo, cioè da Civate al fiume Pescone. Una lingua di terra partendo dal lembo di quel paese va allargandosi fra le acque, e presenta una penisola ricca di vigneti, di gelsi e di seminati, la quale è abitata da contadini e da pescatori. Le acque così divise formano due laghi da piccolo stretto congiunti, e questi alquanto più basso degli altri hanno l'emissario quasi a ritroso per la valle di Malgrate nel lago di Lecco. Vi sono metri 2300 tra il lago di Pusiano e quello d' Isella.
Lacarta, che abbiamo unita soccorrerà meglio il lettore, che non ha peculiare cognizione di que' laghetti, e che vuol seguirci nell'esame di questo punto di corografia milanese.
Non cade già dubbio che l' Eupili ricordato da Plinio non fosse posto nella regione in cui si trova il lago di Pusiano, ma nasce questione intorno all'estensione dell' Eupili, da che in modo oscuro e contraddicente ne hanno parlato gli scrittori de' secoli a noi vicini.
Alcuni credono, che il Lario non avesse già emissario presso il borgo di Lecco, od almeno che l'avesse così in alto, che altro pur vi fosse verso Como, supponendosi presso Lecco unite tra loro le montagne laterali al lago, e che le acque del Lario comunicassero con quelle dell' Eupili. Si pretese pur anche di determinare il luogo, ove i monti fossero tra loro congiunti[4]. Che se per avventura si credesse prezzo dell'opera l'entrar di proposito in questa disamina; e risultasse fondata quell'opinione, sarebbe tolto ogni dubbio sull'antica unione de' nostri laghetti. Doveva allora l' Eupili occupare una grande estensione, ed il verso di Virgilio: Anne lacus tantos? te lari maxime...[5] non avrebbe più bisogno di alcun comento, potendo essere il Lario più esteso d'ogni altro lago d'Italia. Le disparità degli antichi scrittori sull'estensione di questo lago potrebbonsi forse allora conciliare, e si potrebbe dar forse una sufficiente spiegazione di alcune vetuste asserzioni intorno ad esso, ed ai pesci che vi si trovavano, che tengono del favoloso. Una spiegazione pur avressimo del trovarsi presso Villa Albese nel Piano d'Erba una selva sotterranea, che dir vorrebbesi Lignite[6]. A cagione dell'oscurità, in cui è involta una ricerca sopra di un avvenimento, che può aver preceduto i tempi storici, il gran libro della natura può solo per avventura esserci guida. Sarebbe quindi da bramarsi, che taluno con ampio corredo di mezzi l'intraprendesse, come atta a fornire utili risultamenti. Sembra, che il chiarissimo geologo Breislak abbia voluto farci sentire le difficoltà di questa disamina nell'istante in cui vi ha pur messo qualche lume[7]. La scienza, che egli coltiva con tanto ardore, domanda da lui nuove fatiche su di ciò, le quali certamente saranno utilissime, e serviranno a diradare alcun poco quel velo che nissuno forse saprebbe intieramente levare. Ma che che ne fosse un tempo di questa maggiore estensione ed altezza del Lario noi esaminiam solo, che fosse l' Eupili nel primo secolo dell'era volgare, in cui Plinio lo dinotò come un lago distinto da quello di Como colle seguenti parole. «Anche in questa decima regione, ritrovansi ragguardevolissimi laghi e fiumi, che sono come loro parti od alunni; se pure non li ricevono d'altronde per restituirli di nuovo al loro corso, siccome fa il lago di Como del fiume Adda, il lago maggiore del Ticino, del Mincio quello di Garda, dell'Oglio quello d'Iseo e del Lambro il lago Eupili; i quali fiumi tutti recano delle acque loro tributo al Pò[8].»
Lo storico Tristano Calchi parlando de' nostri laghetti sentì forse prima d'ogni altro il dubbio, che forma l'oggetto di questo scritto, non trovando che le parole di Plinio corrispondessero allo stato fisico del luogo. «Al piede di questi monti (della Vallassina ) giaciono, dice, varj laghetti abbondevoli di pesci, chiamati dal nome delle prossime castella di Montorfano, di Erba, di Monguzzo, di Pusiano, e d' Annone. Plinio riputolli un lago solo, che denominò Eupili, da cui il Lambro riceve le acque. Allorchè le pioggie li rialzano, il che spesso accade, si riuniscono insieme, e vengono come a formare un solo lago; e così mescolati fra loro sembra che diano origine al fiume, il quale però nasce nei soprastanti monti[9].»
Dopo del Calchi Paolo Giovio nella vita di Ottone Visconti rammentò una tradizione, che vuol essere esposta. «Asseriscono alcuni, che l' Eupili per un violento terremoto si sprofondasse, e che nei siti più bassi del suo letto ineguale lasciasse cinque piccoli laghi dei quali escono le acque del fiume Lambro[10].» Questo scrittore mostra poi di non averci senza disamina tramandata una tale tradizione, da che quasi lo stesso replicò in altre due opere scritte in tempi diversi, ed in una delle quali come vedremo, cerca anche di assegnare altra cagione della diminuzione delle acque[11].
Convennero nel dire del Giovio vari scrittori, tra quali il Cluverio[12]; ma in progresso alcuni nominando l' Eupili lasciarono inforse se per esso intendessero il solo lago di Pusiano, oppure tutti quattro que' laghetti[13]; altri parlarono in modo, che non sembrò il loro dire degno per avventura di alcuna riflessione per le incongruenze, come accenneremo, che sembravano venirne; da quasi tutti però fu creduto, che l' Eupili rammentato da Plinio fosse il lago di Pusiano[14]. Si riputò altresì, che il nome di Pusiano fosse una derivazione da Eupili, quasi dir si volesse Pusilliano, Eupisiliano, e questa voce che si ritenne d'origine greca, venne spiegata per passaggio alle alpi[15]. Così contrarj divisamenti vorrebbero se non altro farci sospettare una catastrofe fisica in quella regione. Soltanto sul fluire dello scorso secolo se non vennero alcuni a stabilire, che debbasi propriamente intendere pel lago Eupili, si praticarono ciò nulla di meno indagini utili a questa disamina. Vediamo se colla scorta ben anche di tali osservazioni si potesse credere, che al tempo di Plinio tanta quantità di acque vi fosse nei luoghi de' quali parliamo da stimare che quei quattro laghetti fossero un vasto ed unico lago.
Primieramente ci pare, che Plinio non avrebbe fatta menzione del lago Eupili parlando degli esistenti nella decima regione d'Italia, secondo la divisione di Cesare Augusto, se stato questo non fosse fra i più ragguardevoli, poichè questi soltanto egli annoverò. Se al tempo di Plinio questi laghetti fossero stati tra loro disgiunti e separati (ritenendosi accennato col nome di Eupili quello solo di Pusiano ) poteva per avventura pur far parola degli altri tre attigui, non dovendosi credere, che in questo caso abbia tralasciato di accennarli per la loro picciolezza, poichè quello di Pusiano ha un'estensione ben di poco maggiore del lago d' Annone. Quanti poi non ne avrebbe ricordati se avesse voluti annoverare tutti i laghetti della circonferenza ad un dipresso del lago di Pusiano posti nel paese formante la decima regione, che comprendeva il milanese, il bergamasco, il mantovano ed altre minori provincie?
Questo scrittore disse poi provenire il fiume Lambro dal lago Eupili; il che repugnerebbe al fatto, qualora per l' Eupili s'intendesse il solo lago di Pusiano, giacchè quel fiume vi passava solo da vicino ed in questo da pochi anni venne introdotto con idrauliche operazioni. Ha quest'origine nella Valassina, e ricevendo entro i soli confini di quella valle, che divide per mezzo, ed ove è utilissimo alle manifatture, molti rivi, fiumane e torrenti, s'ingrossa d'assai nelle grandi e lunghe pioggie. Bagnato Asso irrompe nel Piano d'Erba arrecandovi bene spesso colle sue inondazioni gravissimi danni. Determinando i confini all'occidente della Brianza propriamente detta, come i laghetti, di cui parliamo ne lo determinano al settentrione, questo fiume bagna Monza, inaffia vaste campagne, e sbocca in Pò presso il luogo detto Botterone nel distretto di Belgiojoso provincia pavese. Perchè non dovremmo noi credere, che effettivamente fosse di esso all'epoca di Plinio, quanto dice essere dell'Adda, e degli altri fiumi accennati nel passo da noi riferito, cioè che entravano ed indi uscivano dai loro rispettivi laghi, come avviene ancora a nostri giorni, e solo il Lambro dovevasi eccettuare prima delle accennate operazioni idrauliche. E come altrimenti ciò esser potrebbe senza una rivoluzione fisica? È probabile di altra parte, che Plinio conoscesse minutamente i luoghi dell'alto milanese, di cui ragioniamo; e quindi sembra doversi ammettere colà un ampio lago, da cui ne usciva il fiume Lambro che già v'aveva portate le sue acque. E non doversi pertanto trovare in errore, o meno esatto il naturalista romano, nè dovrebbesi così dare una ricercata interpretazione alle sue parole per avere il lago di Pusiano un emissario nel Lambro, od asserir gratuitamente, come fece il Calchi, che Plinio giudicò que' laghetti un solo, nel mentre che quest'ultimo scrittore nelle parole « allorchè si alzano per le pioggie, il che spesso accade, si riuniscono insieme, e vengono come a formare un solo lago » esponeva un fatto, il quale fornisce un'argomento ad appoggio del nostro assunto. Pare, che queste sole osservazioni rendano pur meno tenebroso quel passo di Plinio del lib. II.º che viene comunemente letto « Ut in Fucino lacu invectus amnis, in Lario Addua, etc. », e che debbasi al contrario leggere con il conte Della Torre di Rezzonico dietro diligenti osservazioni filologiche, « Ut in Eupilio lacu invectus Lamber, in Lario Addua, etc. » E così non una sol volta ma due Plinio ci avrebbe detto, che il Lambro usciva dall' Eupili[16].
Forse per la considerevole diversità di livello tra il lago di Pusiano e quello d' Isella e d' Annone, e da questi al lago di Lecco, ove ha fine l'emissario dei due ultimi, alcuni moderni scrittori[17] sembran credere, che l' Eupili fosse formato dalle acque dei soli laghetti di Pusiano e d' Alserio in cui entrasse ed indi n' uscisse il Lambro. Il lago di Pusiano, come risulta dalle livellazioni praticate è più alto di metri 55,60 del lago di Lecco presso Malgrate, ed è superiore di metri 35,60 a quello d' Isella; onde quest'ultimo è più alto circa metri 20 del pelo del detto lago di Lecco ambi in istato ordinario.
L'unione dei laghi di Pusiano e d' Alserio che hanno, come abbiamo detto, uno stesso livello, od almeno non è più alto il secondo che di 500 millimetri[18], accadde più volte a nostri giorni, e ne fummo testimonj di vista; lo stesso deve essere avvenuto e per lunghi intervalli nel corso de' secoli, in modo da farli credere un solo, attesa anche la poca distanza che vi ha fra l'uno e l'altro. L'Alciati disse: Il Lambro esce dal lago, che Plinio chiama Eupili, non traendo seco una notabile quantità di acque, se non si aumenti, come suole di frequente accadere, per lo sciogliersi delle nevi[19]. Se noi riferiamo questa asserzione ai soli laghi di Pusiano e d' Alserio ne esce un concetto distinto, altrimenti non sappiamo che abbia voluto dirci questo grave autore, e che abbia egli voluto intendere pel lago Eupili. Bisogna adunque dire, che al tempo, in cui scriveva fossero tra loro uniti que' due laghi, e che abbia propriamente creduto, che da que' soli constasse l' Eupili. Ma questo non avrebbe avuta un'estensione bastevole per essere posto da Plinio fra quelli ragguardevoli della decima regione d'Italia. L'accennata differenza di livello è certo un'obice riflessibile all'opinione, che cerchiamo d'illustrare, ma se oltre tutto quanto fu detto sopra in prova dell'esistenza un tempo d'una maggiore quantità di acque in que' dintorni noi con plausibili congetture ed osservazioni, con alcuni fatti pur anche mostreremo assolutamente, che maggior quantità di acque eravi all'intorno di tutti quattro que' laghetti, converrà pur dire che son d'essi gli avanzi dell' Eupili, e che a ragione Plinio lo pose per la sua estensione tra i laghi più ragguardevoli. Non oseremo asserire però, che fossero nel primo secolo dell'era volgare intieramente uniti questi vasti serbatoj d'acque, come possono esserlo stato un tempo, mentre con facilità si saranno abbassate nel corso de' secoli a poco a poco le acque. Vogliamo però tener per certo, che a tutte venisse dato il nome di Eupili, e che si considerassero un lago solo, trovandosi se non altro fra le altre comunicazioni più ampia d'assai quella dei due di Pusiano e d' Isella col mezzo del fiume Pescone.
E come una maggiore quantità di acque potesse pur esservi in que' siti, malgrado l'emissario per la Valle Madrera nel lago di Lecco, lo vedemmo nell'ottobre dell'anno 1801 in cui v'ebbero grandissime inondazioni. Non solo allora si riunirono i due di Pusiano e d' Alserio, ma poco mancò, che quelli pure d' Isella e d' Annone non venissero a formarne un solo con quello di Pusiano. Pressochè del tutto coperta era quella lingua di terra, che divide i laghi d' Isella e d' Annone ed un vero lago presentavano le brughiere denominate i pascoli di Bosisio, di Molteno, ec. Un'immagine allora si ebbe dell'antico Eupili; ed è ovvio il riflesso, che di tanto per le lunghe e dirotte pioggie, che v'ebbero in quell'autunno, si era alzato il lago di Lecco da rendere difficile lo scarico delle acque di quello d' Annone. Ma una straordinaria inondazione non è certo bastevole argomento per l'assunto nostro. Comprovata l'esistenza un tempo di questa maggiore quantità di acque, esporremo da poi, nell'investigare la causa della diminuzione delle medesime, alcune ipotesi che sembran dar ragione come ciò fosse malgrado questa notabile differenza di livello.
Osservando i dintorni di tutti questi laghetti nulla si presenta, che mostri fisicamente impossibile, poter già i medesimi formar parte del fondo di un esteso lago. Scorrendo questo suolo incontriamo bene spesso degli avvallamenti che ci manifestano la dimora delle acque in età anche non di molto rimote: riguardandolo poi dalle circonvicine alture, pare a non dubitarne di vedere il letto di un esteso lago, a cui essendo mancata l'acqua, solo tanto ne rimase da riempirne i luoghi più profondi del letto stesso. Nè noi intendiamo qui di parlare di quella estensione di acque, che unite al Lario tutta per avventura coprisse quella parte dell'alta Brianza, che trovasi circoscritta dai monti della Valassina e da una catena di colline, che si stendono dal lato opposto quasi in giro, e che vanno ad attaccarsi ai monti verso Como a ponente e verso Lecco a mattino, ma bensì intendiam solo di parlare di que' bassi fondi, che non molto distano dai laghi, ed ove ha fine il declivio di quegli amenissimi poggi e di quelle ridenti colline. Non vi sono tra questi laghi nè valli, che essendo necessariamente emissarj renderebbero improbabile l'esistenza di un solo, nè colline, che li dividano. Avvi un'eminenza di mezzo tra quello di Pusiano e d' Isella, ma è ad osservarsi, che per un buon tratto di terreno potevan essi tra loro comunicare; essendovi in questo, non meno che altrove dei luoghi bassi, ed in cui bene spesso vi stagnano delle acque, ed in ispecie per le pioggie autunnali. E non vorremo poi dare all' Eupili delle ineguaglianze nel suolo, de' scoglj, delle sinuosità? Giova l'osservare che alcune volte meno lontana si rende la comunicazione dei due laghi poco lungi dall'accennata eminenza, alzandosi le acque per modo, che volendo andar da Lecco a Como fa d'uopo prendere più alto cammino.
Al mezzodì specialmente del lago di Pusiano s'incontrano estese brughiere, le quali trovandosi al livello del lago vengono innondate, od almeno si rendono paludose, tostochè il medesimo si alza, e l'acqua in molti luoghi vi si ferma per qualche tempo nelle grandi pioggie, e viene a formare una specie di lacuna. Nel 1747 è stata pronunciata una sentenza dal Senato di Milano a favore dei signori Carpani contro coloro, che nelle escrescenze delle acque avevano pescato ne' prati confinanti al lago di Pusiano, riputandosi leso il diritto della proprietà della pesca[20]. Noi vedemmo più di una volta formarsi come una specie di lago anche nei così detti Pascoli d' Annone, che sono parte delle accennate brughiere. Il sig. Don Giuseppe Barretta primo tra coloro, che sul finire dello scorso secolo vennero ad apprestare utili osservazioni e notizie per questa disamina, quantunque sembri, che abbia ignorato quanto avevano detto Plinio, il Calchi e Paolo Giovio intorno a questi laghi, in una Memoria, che ha per titolo Storia e Coltivazione della brughiera paludosa di Sirone, piccola terra nelle vicinanze del lago di Pusiano, accenna il ricordarsi i vecchi abitatori del paese, che in tempo di loro fanciullezza que' Pascoli erano soventi volte inondati dalle acque[21]. Ciò viene pur comprovato dall'esistere nei medesimi della torba, come osservò anche lo stesso Baretta. Circa il 1780 scoprissi una torbiera, che poco dopo fu riconosciuta dal cavaliere Ermenegildo Pino per la estensione di 950 pertiche[22], e da pochi anni altre se ne rinvennero nei dintorni di tutti quei laghi di una estensione considerevole, e propriamente nei limitrofi territori di Monguzzo, Alserio, ec.[23]. E come la torba si va formando ove concorrano, e vi stagnano le acque per difetto di scolo, possiamo congetturare, che in molti altri siti all'intorno di quei laghetti trovar se ne debba, poichè ben molti altri luoghi di quelle vicinanze, come abbiam veduto, vengono pressochè annualmente innondati. Persuasi, che il lago Eupili fosse di maggior estensione, si potrebbe qua e là ricercarla con fiducia, dovendosi credere, che da secoli siasi già formato quel misto turfivo che va sempre poi aumentandosi. E qualunque esser possa l'utilità, e l'uso tra noi della torba, non è egli sempre lodevole cosa il riconoscere sin dove si estendono le produzioni del nostro suolo?
L'Abbate Amoretti disse esservi molti indizj, senza però accennarli, della esistenza in quel terreno di un ampio lago; e sembra doversi credere, che li abbia desunti da osservazioni geologiche e geognostiche[24]. Il sig. Breislak pria credette probabile questa estensione dell' Eupili, ed indi ne ha forse tali prove riscontrate, che non dubitò di asserire, parlando de' luoghi del Milanese ove esiste della torba « e nel catino dell'antico Eupili di Plinio, i residui del quale sono i laghi di Pusiano, e d'Annone »[25]. Non è a tacersi, come sembra di riconoscersi delle scogliere lungi non molto dalle sponde di taluno di questi laghetti. L'esistere in tutti e quattro le stesse specie di pesci, non sarebbe ad addursi, come un indizio dell'origine comune.
In appoggio dell'opinione, di cui facciam discorso, si potrebbe anche riportare quanto ne scrisse Bonaventura Castiglioni. Quest'autore s'induce a credere col di lui fratello Giovanni Antonio, che il lago di Pusiano fosse già una lacuna[26]. Ma come si approfondì di tanto?... Non venne egli in sostanza a dire, se non che ritiratesi le acque, le quali all'intorno di quel lago venivano a formare quasi un'estesa palude, rimasero determinati i confini del medesimo? Egli di certo, scrivendo verso la metà del XVI secolo, non ha fatto se non registrare un'oscura tradizione, che serve in certo modo al nostro scopo, e di cui si può dare una spiegazione plausibile dietro le cose sin qui esposte. Il bibliotecario dell'Ambrosiana Sormanni in un'operetta stampata l'anno 1728[27], non avuto riguardo allo stato del lago a' suoi tempi, ma appoggiato solo, bisogna credere, a tradizioni o cronache, che non ci fu dato di poter consultare, paragonò i seni del lago di Lugano a quelli del lago di Pusiano dicendo « empie lo spazio di venticinque miglia oltre molti seni, che diffonde uguali al piccol lago di Pusiano pur da geografi latini notato col nome d'Eupili ». Par dunque che vi sia stato un tempo, in cui i laghetti attigui a quello di Pusiano per maggiore quantità di acque tra loro si considerassero seni di esso. Così altri credettero, che il laguccio di Montorfano, che sta lungi poche miglia dal piano d'Erba, fosse l' Eupili rammentato da Plinio[28], e non mancò chi Eupili disse quello di Monguzzo ossia d' Alserio. Con ciò se non altro manifestarono un'antica opinione, che le acque di que' piccoli laghi fossero parte dell' Eupili, non curandosi dell'estensione, che in epoche diverse può quest'ultimo aver avuto. Vedemmo (pag. 10) che pure il Calchi enumera il lago di Montorfano in un con quello di Pusiano, e gli altri vicini. Noi siamo talora ingrati verso de' nostri predecessori! Essi ci narrarono soventi volte colla massima buona fede quanto viddero, quanto seppero, quanto congetturarono, quanto credettero vero, e noi ignari per avventura de' costumi, del vero valore de' segni, con cui esprimevano le loro idee, ignari dello stato della loro coltura, dello stadio delle scienze e delle arti, ben lungi dal trar profitto dei loro scritti collocandosi per dir così possibilmente nella situazione, in cui eglino si trovavano, osiamo invece bene spesso non curarli, se pur non li tacciamo di creduli, di favolosi, d'innetti. Possiam lusingarci, che non saranno vendicati!....
Vi sono quattro terre alle prime falde dei monti della Valassina col nome di Civate, di Suello, di Scisana e di Borima per tal modo ubicate, che se non poteva a queste e specialmente alle tre prime accostarsi l' Eupili, doveva però essere d'assai meno lontano, e così scorgiamo una ragione perchè siano state fondate in situazione, che dir ben si può incomoda, lungi dalla strada che passa in vicinanza dei laghetti e lungi dai medesimi. Pare che i primi abitatori del suolo ove sorgono quelle terre (non atto d'altra parte per natura ad una valida e comoda difesa) dovessero essere invitati a porre i loro casolari, presso alle acque. Nè si direbbe, che ciò abbian fatto per evitare le inondazioni, poichè di troppo sono elevate quelle terre dalla sponda dei laghi. Se le acque dei due laghetti d' Annone e d' Isella si alzano talora per modo, come abbiamo detto, che volendo andare da Lecco a Como fa d'uopo prendere più alto cammino, questo innalzamento non è già cosa riflessibile per rapporto all'altezza delle quattro terre, che abbiamo nominate. È qui d'altronde a dirsi, che ancora a giorni nostri scorgonsi avanzi non ignobili di un'antica strada che attraversava per quelle terre, e che prolungandosi questi avanzi dall'uno all'altro lato oltre il confin dei laghi, mostran ad evidenza, come già si trascorresse più in alto lungo di essi. L'esistenza di quel cammino rimonta di certo ad un'epoca lontana, e per avventura serviva ad un transito ragguardevole. Nè infatti noi sapremmo con qual fondamento si potesse rivocare in dubbio, che quegli non siano gli avanzi della strada da Bergamo a Como, che vediamo segnata nelle tavole Peutingeriane, e da Como poi a Chiavenna, e di là al passo delle alpi retiche[29]. Molte osservazioni potrebbero ciò confermare non ancora per quanto noi sappiamo da alcuno avvertite, se ciò troppo lungi non ci traesse dal nostro argomento. Non meno di questa strada servir doveva per recarsi alle alpi il lago Eupili, e la interpretazione di questo nome per passaggio alle alpi, che alcuni, come abbiamo accennato, ci hanno data ritenendola un greco vocabolo, potrebbe aver solo in questo senso qualche fondamento, poichè le greche voci Εὖ Πύλη, non possono altro significare se non agevole porta, ingresso, o cosa simile. Fra gli abitati, che sorsero lungo di questo lago, uno può aver avuto per eccellenza il nome del lago, o del transito, a cui quella strada serviva, ed aver così dato origine a quello della terra di Pusiano, che esser può facilmente una corruzione da Eupili la voce Eupisiliano. In alcune pergamene relative a quella terra scritte al principio del XIV secolo si legge de loco Puxiliano[30]. Forse perchè nativo di quell'abitato vediamo uno dei primi vescovi di Como col nome di Eupilio[31]; e così pure dal nome di questo lago, che forse sino da primi secoli dell'era cristiana non dicevasi soltanto Eupili ha tratto il nome quel Pussienus, di cui si legge nella terra di Alzate, che è poche miglia lungi, la seguente iscrizione:
MINERVAE L INVENTIVS PVSSIENVS V S L M
E di questo stesso abitato intese forse di parlare il Corio od era accennato nelle cronache, da cui egli trasse le confuse notizie, che ci dà parlando de' secoli remoti, allorchè disse « Ed in questo circuito (degli Insubri) glie uno loco non ignobile da Plinio appellato Eupolis: cioè civita bona la quale manda il Lambro[32].» Ed il nome di Eupili, presso gli scrittori, e quello di Pusiano nell'uso comune, sarebbe rimasto dopo la diminuzione delle acque a quello solo de' nostri laghetti che è più esteso.
Se lungo le sponde o nel terreno frapposto fra l'uno e l'altro lago v'esistesse abitato, che o per se stesso o per memorie si dovesse incontrastabilmente credere eretto innanzi l'età di Plinio, le nostre ricerche per avventura mal si sosterrebbero. Ma tutte le terre, tutti i villagi, tutti i casolari, e le amene ville, che sorgono tanto alla sponda che nel terreno frapposto, e che doveva essere innondato se l' Eupili era lago ragguardevole, sono di recente fondazione rapporto all'epoca, di cui parliamo, ed anzi non potrebbonsi que' tanti abitati in conto alcuno riputare antichi. Il suolo alquanto elevato ov'è Bosisio, patria di Parini e di Appiani, all'età di Plinio esser poteva al più un'isoletta. Le più lontane notizie di questa terra rimontan solo col principio del secolo XIV, e dicevasi allora Boxixio[33]. È noto come nell'anno 1450 il capitano Iacopo Picinino fece quivi impiccare con nera perfidia Luchino Palmieri che rivestiva il sacro carattere d'inviato, amico suo e del Duca Francesco I. Sforza[34].
È pur noto con quali bellissimi versi abbia il Parini celebrata la patria sua.
Oh beato terreno
Del vago Eupili mio
Ecco alfin nel tuo seno
M'accogli; e del natìo
Aere mi circondi;
E il petto avido inondi!
Già nel polmon capace
Urta sè stesso e scende
Quest'etere vivace
Che gli egri spirti accende,
E le forze rintegra,
E l'animo rallegra
Però ch'austro scortese
Quì suoi vapor non mena:
E guarda il bel paese
Alta di monti schiena
Cui sormontar non vale
Borea con rigid'ale.
. . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .[35]
. . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
Colli beati e placidi
Che il vago Eupili mio
Cingete con dolcissimo
Insensibil pendìo,
Dal bel rapirmi sento,
Che natura vi diè;
Ed esule contento
A voi rivolgo il piè.
Già la quiete a gli uomini
Sì sconosciuta, in seno
De le vostr'ombre apprestami
Caro albergo sereno:
E le cure, e gli affanni
Quindi lunge velar
Scorgo, e gire i tiranni
Superbi ad agitar.
. . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .[36]
Cantò poi il cavalier Monti nel V canto inedito della Mascheroniana.
I placidi cercai poggi felici
Che con dolce pendìo cingon le liete
Dell' Eupili lagune irrigatrici
E nel vederle mi sclamai salvete
Piaggie dilette al ciel, che al mio Parini
Foste cortesi di vostr'ombre quete
E l'Appiani che ben a ragion si disse:
L'onor secondo che all' Eupili in riva
.. nacque, e a paro col premier sen giva[37];
lasciò pure a suoi compaesani un monumento dell'arte, che lo rese immortale dipingendo l'anno 1790 lo Sposalizio della Vergine nella chiesa prepositurale d'Oggionno. Ma non debbono questi celeberrimi concittadini farci ancor più deviare dall'argomento.
Alcuni credono, che ove trovansi le terre d' Incino e Villincino otto miglia circa da Lecco verso Como, vi fosse la città degli Orobj rammentata da Plinio col nome di Liciniforo[38]. L'essere ivi stata questa città escluderebbe una maggiore altezza di quelle acque, poichè Incino, nel cui suolo in particolare si dice propriamente sorgesse quelle città, è posto non molto lungi dal margine dei laghetti di Pusiano e d' Alserio. Nè noi osiam dire, che da quanto sino ad ora abbiamo esposto ne emerga un argomento valevole a mostrar priva di fondamento questa asserzione, nè per avventura basterebbe l'aggiungere, che altri opinarono, che la città di Liciniforo sorgesse altrove[39]. L'esistenza un tempo di questa città non potrebbe di certo rivocarsi in dubbio. Ci dice Plinio, che gli abitanti di Bergamo, di Como, di Liciniforo, di Barra ed altri popoli all'intorno, erano della stirpe degli Orobj[40], popolo della più remota antichità, e su del quale le ricerche dei dotti hanno solo sino ad ora stabilito che fu anteriore agli etruschi, una de' primitivi d'Italia: ma noi ci lusinghiamo d'avere di non poco avvalorata in altro scritto col titolo degli Orobj e delle loro città nell'alto milanese, che ben tosto pubblicheremo colle stampe, se la presente memoria ottenga per avventura qualche suffragio dai dotti, d'avere di non poco avvalorata diciamo l'opinione, che l'antica città degli Orobj detta Liciniforo esistesse nel territorio di Lecco. Direm qui soltanto, che il credere, che fosse nel piano sotto Erba sulle sponde del laghetto d' Alserio e di quello di Pusiano non d'altro ha probabilmente avuto origine se non da certa qual consonanza di nome tra Liciniforo e Villincino; ed i ruderi del borgo d' Incino, che ivi sorgeva, distrutto dai Torriani l'anno 1285[41], possono averla fatta nascere ed averla mantenuta. Si potrebbe anche dubitare, che questo nome siasi formato dalle voci ville (vici) e vicine, quali vediamo esistervi; e giova l'osservare a questo proposito, che il Corio chiama quella contrada Vicino[42]. In appoggio dell'opposta opinione, che colà presso esistesse Liciniforo vien citata un'iscrizione scolpita sopra una base di pietra e sulla quale eravi anticamente collocato un vitello di bronzo. Si asserì che questo monumento esisteva presso la chiesa parrocchiale di Castello sopra Lecco. L'iscrizione sopranominata è la seguente:
IOVI O M HOC SIMVLACRVM LICIF. POPVLI DICAR.
Le minute circostanze esposteci intorno a quel monumento dal Somaglia, che prima ce ne diede contezza vorrebbero comprovarne l'esistenza nel secolo in cui scriveva. Dice fra le altre cose, che quel vitello è stato fuso, e servì per una delle campane di quella parrocchiale[43].
L'angolo noi riscontrammo di un basamento nel giardinetto del parroco di Castello, in cui si legge IOVI O. M. Uno dei monti circostanti dicesi anche oggidì Giovo e questo nome potrebbe non meno far sospettare, che abbia esistito già presso di Lecco un monumento od anche un delubro al maggiore degli Dei de' gentili. Da quel monte scaturiscono le acque del fiume o torrente Caldone, le quali ritenute pure a giorni nostri per salubri, vennero nei scorsi secoli considerate per minerali, adoperate da medici e celebrate[44]. Sarebbe d'altronde malagevole cosa il voler dimostrare, che le città mediterranee degli antichissimi popoli non fossero poste in luoghi elevati, ed Incino e Villincino si trovano in luogo piano e basso. L'antica Como, altra delle città degli Orobj, non sorgeva già ove ora la vediamo; ma era ubicata più all'alto[45]. A noi sembra d'aver mostrato nello scritto sopra accennato, come non si possa più rivocare in dubbio, che l'altra città orobica denominata Barra non sorgesse verso la metà del Montebarro propriamente detto, posto tra l'Adda ed il laghetto d' Annone. Lecco non era poi anche in secoli d'assai meno rimoti alla sponda del lago, ma sorgeva più sopra verso il monte, che lo sovrasta in sito forte per natura, ove si vedono ancora a giorni nostri alcuni avanzi di una rocca e molti ruderi vi si scoprono. In quel terreno ora coperto dalle quercie deve correre la grande strada, che la munificenza sovrana ha fatto intraprendere per il Tirolo.
Non ignoriamo, che all'estremità di quella lingua di terra, che parte dal territorio di Civate propriamente detto, e forma come uno strettissimo istmo tra i due laghi, esistono alcuni ruderi, e che una viva tradizione, ed il nome di una casa ivi posta[46] ci inducono a credere, che vi fosse un ponte per cui si transitasse ad Annone. Gli avanzi, che ancor si vedono, non indicano rimota antichità, e la tradizione stessa assegna d'altronde una non rimota origine a quel ponte, volendosi costrutto al tempo del dominio dei Spagnuoli tra noi, per facilitare non so quali passaggi di truppe per la Valtellina. Non crediamo perciò, che possano essere questi un obice qualunque.
Se dalla tavola Peutingeriana non può desumersi alcun dato favorevole per queste indagini, neppur dalla medesima può trarsi un argomento in contrario. È in particolare per le strade romane, che questa si reputa a buon diritto un prezioso monumento d'antichità.
I nomi d'alcuni luoghi vorrebbero pur confermare l'esistenza un tempo d'una maggiore quantità di acque in que' dintorni. In mezzo all'istmo or ora accennato vi è un casolare chiamato Isella, e dal quale il nome al lago; ed Isella altro non vuol dir certo, che piccola isola, isolella ed in questo senso è adoperata una tal voce dai bergamaschi. L'ispezion locale toglie poi ogni dubbio, che fosse già un'isola ristretta alle piccole alture, che vi si vedono. Avvi da secoli in quel territorio una famiglia civile detta d' Isella, i di cui antenati debbon aver tratto il cognome dall'abitare in quell'isoletta. Se il tempo non ci avesse involati pressochè gli atti tutti degli antichi notaj di Civate, noi eravam certi di rinvenirvi per entro l'epoca di questo cambiamento.
Una parte del terreno di Civate verso il laghetto d' Isella dicesi lembo, volgarmente lembro. Pare, che questa denominazione null'altro voglia indicare se non l'estremità del terreno verso il lago o la sponda del lago stesso. Ma il terreno detto lembo al contrario dista dal lago bastantemente, onde non è per essere più conveniente sotto di tale rapporto questa parziale denominazione, e divien essa poi convenientissima ritenendosi un tempo più alto il lago. Si è quivi in particolare che ci sembrò di riscontrare delle scogliere. Un oltremontano convinto anche dalle osservazioni in luogo, che l'istmo d' Isella che quivi ha principio, era già un'isola, si compiacque di riconoscere nella voce lembro una ben curiosa origine. Osservò, che Embros, Imbrus, anticamente Embros è un'isola dell'Arcipelago, e trovando in Brianza i nomi di Orobio, di Eupili ed altre denominazioni e voci che hanno sentor di greco, gli parve, che possa esser stata denominata da que' greci, se non d'altri, che furono mandati a Como da Giulio Cesare. Ci permettemmo di fargli osservare con una frase di Madama de Stael quanto sia difficil cosa l'indovinare dei fatti par quelques traces confuses, par quelques mots à demi déchirés.
Dal lato di mezzo giorno, ove è più probabile si estendesse l' Eupili al tempo di Plinio, trovasi un villaggio o piccola terra chiamata Peslago. Si potrebbe dire, che questo nome è una corruzione della voce post lacum, od ancor meglio si potrebbe derivarla da piè del lago. Il Baretta crede, che tragga origine dalla pescagione, come quello di Piscina, e di Retule[47], piccoli aggregati d'abitazioni che sono situati poco lungi.
Che se vogliam poi esaminare quale fu la causa, che produsse tanta diminuzione di acque, ed in qual tempo avvenne, e qual estensione aver poteva l' Eupili all'età di Plinio, può risultare qualche altro argomento a conferma maggiore di quanto abbiamo sin qui cercato di comprovare. Noi crederemo d'aver soddisfatto al nostro assunto su di ciò, esponendo alcune poche osservazioni, e congetture; e speriamo che qualche monumento si rinverrà col tempo atto ad illustrar pienamente questo punto di corografia milanese; non dubitando, che le difficoltà per determinare l'estension dell' Eupili, il tempo e la causa, che lo distrusse siano per arrecare pregiudizio alle cose sin qui esposte.
Paolo Giovio, come notammo al principio di questa memoria, suppone, che l'abbassamento di quelle acque sia accaduto o per un terremoto, o perchè si sieno diminuite le acque defluenti nell' Eupili da' circonvicini colli e monti[48]. Dato per certo, che que' colli e monti ora nudi, fossero già come è d'assai probabile coperti d'annosi boschi, ed in uno dei quali, secondo il Corio[49] vi cacciò Algisio o Adelchi figlio di Desiderio ultimo re de' Longobardi, le scienze fisiche ci obbligherebbero a valutare questa circostanza. Non sembra però, che questa causa fosse da per se sola sufficiente per tanta diminuzione di acque se osserviamo, che nessun fiume, torrente o ruscello in que' dintorni ha deviato dall'antico corso, e tale essere la posizione topografica, che è pur forza in que' laghi si portano le acque tutte delle circonvicine alture. Niuna variazione calcolabile in quest'ipotesi vi ha fatto certamente il maggior fiume, che colà scorra, vogliamo dire il Lambro.
Degno di qualche riflesso potrebbe essere la tradizione, che l'abbassamento delle acque abbia avuto causa da un terremoto. Ma osservando come il Calchi che scriveva prima del Giovio non ne ha fatto cenno, e che poteva pur esserne pervenuta più chiara notizia, non sapremmo pure a questa attenerci.
Nè poi vale a darci una ragione sufficiente l'osservare, che la maggior parte delle acque che entrano nei laghi come discendon queste da montagne calcari, così nelle grandi pioggie vi conducono sempre una quantità di sabbia, di ciottoli, di pietre e di limo o creta, che ne aumentano le sponde; ed a ciò contribuiscono anche i canneti, che li circondano. Volendo pur admettere, che il corso di circa diciotto secoli fosse bastevole ad accrescere di tanto le sponde, ed a rialzare sensibilmente il fondo, in allora le acque abbondanti dell' Eupili non avrebbero lasciati liberi gli estesi piani, che sono al mezzodì del lago di Pusiano. E solo per lo stato, in cui ora si trovano dietro la catastrofe avvenuta quale pur sia, che verrà sicuramente un tempo, che questi vasti serbatoj d'acque non esisteranno più; ed ove ora i remi trovano de' bassi fondi sorgeranno delle case campestri, delle belle villeggiature fors'anche; e vi saranno qua e là amenissime valli, umili poggi, fruttiferi piani. D'altronde le osservazioni sul terreno par che escludano totalmente l'ipotesi, che la diminuzione delle acque sia stata solo opera delle materie condotte nei laghi da' torrentelli, da' fiumi e dalle pluviali. Si potrebbe solo con fondamento asserire, che la divisione dei due di Pusiano e d' Alserio sia stata effettuata dalle abbondanti deposizioni di ghiaja, che suol farvi il Lambro, donde Benedetto Giovio sul finire del XV secolo od al principio del XVI scrisse;
Qualis et ipse rigans Lumber Licinia rura
Eupilis et Serii reddit stagnando lacunas[50].
Questi per più lungo tempo debbono essere rimasti uniti, ma non di certo sino ai secoli a noi vicini.
Ma volendo pure investigarne la causa, noi crederemmo più probabile, che per una grande pioggia ed inondazione, non potendo le acque soprabbondanti aver libero sfogo, si sieno aperto l'emissario, che ora vediamo al settentrione dei laghi d' Annone e d' Isella verso l'Adda, e propriamente nel territorio di Valmadrera, ed in quel tratto di terreno, ove alquanto il suolo si eleva, (a Parete pur anche) e poteva già formare la sponda del lago. Può aver d'assai contribuito il torrente Dalloro che in quelle vicinanze trascorre. Formatosi questo canale, le acque saranno andate diminuendo lentamente. Difficile è lo scarico di queste, e bene spesso si gettano sulle sponde, non essendo stato loro possibile di formarsi un bastevole alveo, e donde i laghetti d' Annone e d' Isella sogliono di frequente alzarsi. Oscure tradizioni tra que' villici dicono, che una notte improvvisamente è sorta l'amena isoletta, che vediamo nel lago di Pusiano vicino alla sponda settentrionale, dell'estensione di ventiquattro pertiche; e che non eravi un tempo il canale del lago d' Isella o d' Annone per l'Adda. Il sig. Baretta nella citata Storia della brughiera paludosa di Sirone dice « A misura che il fiume Lambro si è aperto, ed abbassato il canale, tutte si sono abbassate le acque a lui congiungendosi per portarsi al mare » e giovandosi forse delle tradizioni, che ora abbiamo esposte prosiegue « ma le acque del lago d' Annone hanno poi trovata una più breve via versandosi per l'emissario di Malgrate nel Lario[51] ». L'aver lasciato le acque del lago d' Annone di seguir le altre dalla parte del Lambro, suppone una catastrofe senza della quale non si saprebbe assegnare la causa di questa variazione nel corso. Formatosi una via per la Valmadrera o valle di Malgrate, pare che principalmente per questa le acque abbiano dovuto diminuirsi. Che se in alcuni luoghi l'alveo del Lambro è tale da potervi già correre una maggiore quantità di acque, invece di dire, che questo fiume s'è aperto ed abbassato il canale, il che pure asserì l'Amoretti[52], perchè non dubiteremo (fatta astrazione dell'abbassamento comune a tutti i fiumi nel decorso de' secoli) che una maggiore quantità di acque il Lambro scaricasse, se l'emissario era un tempo dell' Eupili? Così possiam credere, e come la geologia vorrebbe mostrare[53] l'esistenza un tempo di due laghi, che quel fiume doveva alimentare l'uno non molto lungi da Inverico, e d' Agliate l'altro, luogo noto tra noi quest'ultimo per amenità, ed ove gli antiquari godono pure di riscontrarvi gli avanzi di un tempio a Nettuno[54].
Al cav. Amoretti sembrò pure d'essere avvenuta qualche catastrofe alle falde de' due monti in mezzo a' quali passa l'emissario, di cui ragioniamo, cioè il Montebarro e quello di Civate[55]. Ma se questa catastrofe pur avvenne, par che si debba riportare a tempi molto più rimoti dell'età di Plinio, a que' tempi ne' quali il Lario essendo per avventura ad un livello d'assai più alto formar poteva un ricettacolo solo coll' Eupili. Rammenta pure quest'autore lo sconscendimento, che poco lungi si vede nella piccola valle Dalloro, valle singolarissima tra noi, poichè scorrendola ci sembra d'essere all'impensata trasportati nell'Elvezia, e che viene ricordata con piacere qual nido favorito delle canore passere solitarie e dei codirossi[56]. Questo sconscendimento, a cui si potrebbe senza incongruenze assegnare un'epoca meno lontana, può aver rifermata per qualche tempo una quantità di acque, che cresciute a dismisura per dirotte pioggie, e rotto ogni freno, precipitando al basso saranno stata causa, che l'emissario in discorso venisse a formarsi.
Le congetture, le osservazioni del Baretta non ci abbandonano per anco e varrebbero a confermare l'ipotesi, da noi esposta per spiegare il modo, con cui siasi effettuato l'abbassamento delle acque. La figura di questa (brughiera) era di un quadrilungo, a cui verso Ovest un più piccolo quadrilungo pur incolto si univa. L'ampiezza era di pertiche 450. Di questa brughiera la metà occidentale era poco men che piana; ma nella metà orientale molte irregolarità v'erano, specie d'ammassi di terra, ossia tumuli, i quali considerati insieme avevano un'inclinazione verso il Nord[57]. Questi ammucchiamenti di sassi d'ogni forma e d'ogni qualità, che avevano un'inclinazione verso il Nord, non potevano certo essere adunati, che da una considerevole quantità di acque; ma senza l'appoggio di straordinarii sconvolgimenti, senza rimontare ad epoche, che precedono i tempi storici come ha fatto il Baretta, pare che le acque sole dell' Eupili bastar potessero per formarli. E questi ammucchiamenti confermerebbero sempre più non solo l'esistenza un tempo in que' dintorni di una maggiore quantità di acque, ma ben anche possono dinotare colla loro inclinazione verso il Nord, che per l'emissario in discorso avvenne già un abbassamento sensibile, poichè l'acqua, che si andava ritirando dalla parte di settentrione venne a formare questa inclinazione nel terreno. La singolar tradizione registrata da Paolo Giovio, che il pesco sia stato trasportato dall' Eupili nel Lario[58], ebbe forse origine dall'abbassamento delle acque praticatosi nel modo da noi divisato.
Potrebbesi però opporre, che la differenza di livello tra il pelo del lago di Pusiano e l'Adda o lago di Lecco essendo di metri 55,60 ne risulta d'assai difficile, che nella Valmadrera un tanto abbassamento di terreno si sia praticato da togliere questa differenza; ed a sostegno di quest'opinione potrebbesi aggiungere, che l'acqua che scorre per la valle Dalloro non può poi esser stata mai di una tale quantità, (ammessa anche la supposizione da noi sopra esposta) da operare una catastrofe così straordinaria; d'altra parte le induzioni, che l' Eupili facesse già parte del lago Lario vengono ad escludere un'altura nella detta valle; e che infatti alle falde del monti di Civate e del Montebarro non si vedono di leggieri le tracce per dir così di quest'altura; e dietro a queste osservazioni doversi ritenere più probabile, che questa comunicazione abbia esistito sempre. A noi sembra, che la congettura di sopra esposta abbia qualche fondamento, ma di buon grado la scambieremmo con qualsivoglia altra, che più ragionevole si riconoscesse. Non crediamo però, che alle opposizioni accennate non riesca possibile il far risposta. Abbiamo congetturato con fondamento che la diminuzione delle acque siasi effettuata a poco a poco, ed abbiam detto e provato che ne' pascoli d'Annone e ne' limitrofi vi fu già una maggiore quantità di acque. Da que' pascoli o brughiere al suolo, che formava la brughiera di Sirone non vi sono se non poche braccia di maggiore altezza in quest'ultima, come ci notò il Baretta[59], e così le acque, poichè questi laghi erano già in qualche modo divisi da quello di Pusiano, dovevano avere un'emissario per la brughiera di Sirone nel fiumicello detto Bevera, che uscendo dalla valle di Rovagnate, scorre poco lungi, e dalla Bevera nel Lambro. Di questo emissario ce ne indicò, senza avvertire a questa circostanza, sicuri indizj lo stesso Baretta in due luoghi della di lui Memoria, che di tanto ci giovò in questa disamina; e le cose da lui osservate, non potrebbero senza temerità essere rivocate in dubbio. « Una valletta nel mezzo (della brughiera) indizio di un antico corso d'acqua, andava a metter capo nel fontanino.» Questo fontanino, ossia umil corrente d'acqua si scarica nella Bevera. Poco dopo poi dice. « Il fontanino in una parte del podere aveva più ampio l'alveo, e ivi stagnando in qualche modo, le acque deponevano quanto portavano dal colle e dal monte[60].» Essendo adunque di poche braccia la differenza di livello tra i pascoli d' Annone al piano della brughiera di Sirone, da dove le acque procedono verso la Bevera, viene a rendersi più probabile l'avvenimento da noi supposto. Apertosi l'emissario per la Valmadrera, non più hanno potuto i due laghi diggià ad un livello più basso scaricare le loro acque dalla parte di mezzodì, ed ebbero per il nuovo emissario un abbassamento sensibilissimo. Forse poche altre livellazioni potrebbero cambiare la nostra ipotesi in certezza storica, e mostrar pur potrebbero se le acque del Pescone, ed altri rigagnoli si possano introdurre da questa parte nel fiumicello Bevera, e di là nel Lambro, ed estrarle poi, ove si credesse meglio a profitto dell'agricoltura. Le acque dovevano accostarsi allora più ad Oggionno dal lato di ponente, e ciò darebbe una ragione, come il lago d' Annone o di Sala denominasi anche d'Oggionno, quantunque neppur si scorga da quel borgo, non che lo bagni; mentre la varietà dei nomi dei laghi, e le denominazioni diciam così di dettaglio son tratte mai sempre da quelli delle borgate o delle terre, che sorgono presso o poco lungi dalle sponde. Il credersi soltanto ridotta entro angusti confini la comunicazione dell' Eupili col Lario nella Valmadrera dopo l'età di Plinio, sembra incontrare altre difficoltà. Dovrebbesi allora supporre, che il lago di Lecco fosse d'assai più alto, onde non permettesse ad una parte delle acque dell' Eupili un libero sfogo, od almeno lo rendesse ancor più lento e difficile, il che pare non fosse assolutamente nei primi secoli dell'era cristiana. D'altronde poste anche in non cale le osservazioni da noi esposte e le tradizioni, che vorrebbero venire in conferma della nostra congettura, può dirsi, che non sarebbe sfuggita a Plinio e non avrebbe lasciato questo scrittore di accennare l'unione dell' Eupili col Lario.
Non meno difficile fia il determinare l'epoca, in cui l'abbassamento dell' Eupili avvenne. Multis ante annis exaruit dice Paolo Giovio nel trattato de' Pesci Romani[61]. Il di lui discendente Conte Giambattista lo crede avvenuto prima del IV secolo all'appoggio d'alcune parole di Cajo Sidonio Apollinare. Osserva che Sidonio, il quale visse circa il 430 visitò le sorgenti del Lambro, e non disse come Plinio, che questo fiume venisse dall' Eupili, e di cui non fe' ne manco parola[62]. Ognun vede, che questa osservazione non è tale da poterci accontentare. Giova però l'osservare, che l'epoca suddetta coinciderebbe con quella indicata da Bonaventura Castiglioni per la vicenda fisica avvenuta al lago di Pusiano. In ogni modo poi prese abbaglio il compilatore della carta geografica d'Italia nel medio-evo pubblicata dal Muratori nel Tomo X Rer. Ital., indicando un solo lago dei quattro esistenti mentre nel medio-evo di certo era già avvenuto l'abbassamento.
Lo stesso Conte Giambattista Giovio reputa poi che all'età del maggior Plinio si estendesse l' Eupili dalla villa d'Alserio fino al laghetto d' Annone[63] credendolo lungo così circa sette miglia. A noi pare di poterlo estendere alquanto più, dandogli circa nove miglia in lunghezza e dai tre ai quattro nella maggiore larghezza. E così ne risulta un lago degno di qualche rimarco, e tale d'essere rammentato da Plinio fra i più ragguardevoli dell'undecima regione d'Italia. Ma è ben ciò difficile di determinare, e tanto più se come abbiamo congetturato, l'abbassamento abbia avuto luogo a poco a poco.
Non è pur facile l'indicare quanti laghetti subito dopo la diminuzione delle acque sianvi rimasti, ed abbiano continuato ad esistere forse per alcuni secoli. Paolo Giovio nella vita di Ottone Visconti dice d'esserne rimasti cinque, nel trattato dei pesci romani tre, e nella Descrizione del Lario non ne determina il numero. Di cinque pure il Calchi, come vedemmo, ne accenna l'esistenza, dando due nomi diversi a quello d' Alserio, dicendoli cioè di Erba e di Monguzzo: v'include quello di Montorfano, e non accenna quello d' Isella, o di Civate poichè forse a suoi tempi era ancora per tal modo unito con quello d' Annone che consideravasi un solo. Osserveremo poi, che anche a giorni nostri si dà indistintamente uno o più nomi a tutti que' laghetti tratti dalle terre che bagnano, e quelli in ispecie d' Annone e d' Isella si considerano di frequente ancora un solo e così le cose vengono a confondersi. Una tradizione popolare narra, che nelle vicinanze del lago di Pusiano vi fosse un altro laghetto, quale improvisamente una notte si gettò in uno de' vicini. Pare, che questa tradizione si possa apppoggiare con il nome di un luogo chiamato Rotta, donde forse quello di Garbagnate Rotta ad una terra poco lungi. È d'altronde ad osservarsi, che per il corso d'alcuni secoli una parte del lago di Pusiano veniva specialmente denominato lago di Muggiò, come risulta da varj documenti, e che accennato è pur anche come un particolare lago dal cronista Moriggia[64], e così come due consideravansi.
Par dunque, che lo stato fisico di quella contrada, le attestazioni ed osservazioni di autorevoli autori, alcune tradizioni, i nomi e l'ubicazione di alcuni luoghi e terre e le incongruenze, che s'incontrerebbero nelle contrarie ipotesi, vogliano persuaderci, che i laghetti d' Alserio, di Pusiano, d' Isella e d' Annone altro non siano, che gli avanzi di un lago che aveva un'estensione considerevole, venuto meno circa il V. secolo dell'era volgare per essersi aperte probabilmente le acque un emissario per la valle di Malgrate, lasciando da quattro o cinque piccoli laghi nei luoghi più profondi del letto.
Ci sia permesso d'aggiungere diverse altre notizie intorno a questi laghetti dell'alto milanese.
Il più antico possessore, che si conosca del diritto della pesca in que' laghi si è l'Arcivescovato di Milano. Nella scomunica, che nell'anno 1312 lanciò l'Arcivescovo Cassone Torriani contro di Matteo Visconti, i figli dello stesso, i Consoli ed il Consiglio generale della città di Milano si legge: Tu Mathae, rem universam Angleriensem, Leucensem, Bellanensem, Vallassinensem, Castanensem,... quæ arces et loca sunt antiquitus Ecclesiastici nostri juris, tenes. Eidem tibi decumæ nostræ lisantinæ, reditus nostri Varisienses, portoria nostra Mercuriolana nostræ piscationes ad Pusianum exigantur. (Ripamonti, Hist. Eccl. Med., lib. VIII, pag. 493.) Non trovandosi però accennate le pesche di Pusiano nella Bolla del Pontefice Alessandro III. data nell'anno 1162, in cui si enumerano distintamente le proprietà tutte dell'Arcivescovato di Milano, si potrebbe dubitare che questo diritto non fosse antichissimo al tempo dell'Arcivescovo Cassone se però non era compreso nei possessi della Valassina che poco dista. (V. Sormani, de Anathemate Sancti Ambrosii contra Gallos, pagina 232.) Sembra poi che in que' secoli la proprietà della pesca negli altri laghetti vicini a quello di Pusiano appartenesse ripartitamente alle Comunità, che li circondano, se vogliam riflettere che non rimane alcuna memoria ne' scrittori patrii, per quanto almeno noi sappiamo, d'alcun privato possesso in epoche lontane: che le Comunità od almeno le Vicinie godevano di non pochi diritti divenuti poscia proprietà dello stato; che le Comunità di Malgrate, di Lecco, di Mandello e di Brivio, che sono poco lungi, fruivano anche in epoche meno lontane di questa proprietà, e qualche diritto crediam noi conservano queste ancora. In progresso ebbero il diritto della pesca in que' laghi per più o minor tempo, in una maggiore o minor parte di esso la Collegiata di S. Giovanni Battista di Monza, i Monaci di Civate, le famiglie Paravicini e Carpani, che ne' dintorni ebbero già chiara sede; ed indi i Bentivoglio, Rosales, Cella, Molo, d'Adda ed il Principe di Leuchtenbergh, non che altri. I Carpani sin dall'anno 1483 presero a livello dall'Arcivescovo di Mil. Nardini il lago di Pusiano pagando l'annuo canone di L. 320 e libbre cento pesce. Sotto il Pontificato di S. Carlo Borromeo la mensa arcivescovile alienò quella proprietà, essendosi cioè affrancati i sigg. Carpani del livello, mediante lo sborso di scudi 7000. Poco dopo l'arcivescovato acquistò quella porzione di lago che era di proprietà della Collegiata di Monza, e che in progresso divenne pure dei sigg. Carpani. (V. Frisi, Memorie della chiesa di Monza. — Gridario del Duca di Sermoneta. — Documenti presso di noi.) Alla metà circa dello scorso secolo, la famiglia Molo diede principio al grandioso palazzo, che vediamo in Pusiano, e che servì più volte alla dimora di Principi e d'individui ragguardevolissimi. Abellì pure la vicina isoletta che ha la superficie, come abbiamo detto, di 24 pertiche compreso il lembo, che ben di frequente è innondato. — Nel 1782 il Governo diede a livello con condizioni saviissime una parte de' fondi uliginosi, che sono all'intorno di que' laghetti onde fosse ridotta ad utile coltura; ( Istromento 15 novembre 1782 in rogito Lonati.) Il vantaggio, che ne provenne può vedersi nella più volte citata Storia e Coltivazione della brughiera paludosa di Sirone. Circa quest'epoca i Monaci di Civate tentaron pure, e non infruttuosamente di rendere più proficue alcune delle paludi di loro proprietà presso il lago d' Annone, ma le loro fatiche furono in seguito non curate. Spiacevole cosa, che l'annichilamento di tutti gli ordini religiosi tra noi, abbia pur prodotta la dispersione degli archivi preziosi, che presso molti di questi ordini si conservavano, provocando anche in ciò la colpa, che gli autori vollero definire retentio rei suæ invicem furis. Prezioso quant'altri mai per antichissime carte era l'archivio de' Monaci di Civate, e dai frantumi, che noi conserviamo di due codici di esso col titolo Memorabilia l'uno, Liber guasonorum de Sara l'altro (libro dei luoghi fangosi in Sala) possiamo dedurre d'essere già quelle paludi più estese, ed anzi nel territorio di quella terra posta sulla sponda orientale del lago d' Annone sono quasi del tutto scomparse. Pare, che da quelle carte e codici ben molte notizie si avessero a dedurre sui laghetti, di cui parliamo. Qualche privato tentò pure in questi ultimi anni di rendere fertili piccole porzioni delle paludi, che stanno alle sponde del lago sotto Civate; ma il mezzo sicuro di tutte renderle proficue, ossia di asciugarle sarebbe quello di abbassare qua e là l'emissario del lago d' Annone, che è largo poche braccia, e lungo 3200 metri circa. Se non può forse ottenersi l'asciugamento totale dei tanti luoghi paludosi che sono alle sponde dei laghi, e se abbassandosi il pelo d'acqua, mentre si disseccano delle paludi, si abbia dubbio per verità, che se ne scoprano delle altre ora coperte dalle acque, di certo almeno un numero rilevante di pertiche di terreno diverrebbero fruttifere, che ora altro non producono se non poca paglia e delle canne, e si eviterebbero le inondazioni, che l'aria in qualche luogo rendono meno pura ne' caldi estivi. Questo lavoro avrebbe un sicuro risultato, e l'ispezione locale ne mostra la facilità. — Nel secolo decimo quinto si fecero delle livellazioni per veder se potevasi da questa parte condurre a Milano un canale; ma l'opera si riconobbe allora impossibile. Dall'analoga relazione, che ci ha dato il Pagano nel raro di lui libro intorno al Naviglio, sembra potersi dedurre, che questi laghetti fossero allora più alti. S. A. R. l'Arciduca Ferdinando Governatore dello Stato di Milano fece praticare alcune livellazioni, che sembrò avessero per iscopo il progetto dell'unione del lago di Pusiano a quello d' Annone. Convien dire, che queste livellazioni od altre cause abbiano mostrato impossibile il mandare ad effetto i vasti divisamenti, che questo principe nutriva per opere architettoniche, o giovevoli all'agricoltura ed al commercio. Nel 1793 il signor Diotti formò un progetto per trarre a profitto dell'agricoltura parte delle acque del lago di Pusiano, ma gravi opposizioni si posero in campo, ed in linea d'arte, e per la difficoltà di conciliar l'interesse degli utenti del Lambro, ed i diritti del proprietario della pesca del lago. Per l'esecuzione però di questo progetto non è per anco abbandonato il pensiero. Negli anni 1810 e 1811 il Governo fece eseguire varie opere, fece praticare un nuovo emissario del lago di Pusiano, all'oggetto di estrarre una maggiore quantità di acqua per il reale parco di Monza, ma forse il risultamento di quelle opere non è corrispondente all'ingente somma che ci si spese. Altri in seguito si affaticarono, onde rinvenire il modo di rendere ancor più utili quelle acque; ed in tanto lume delle scienze fisiche è a lusingarsi, che vedrem fra non molto eseguiti utili progetti. Il sig. Giuseppe Bruschetti nella citata Istoria dei progetti, e delle opere per la navigazione interna del milanese dice a questo proposito quanto segue «A compiere con vantaggio la rete di navigazione del milanese potrebbe fra le altre opere aprirsi anche un canale da Malgrate al lago di Civate o d'Oggiono abbassando questo lago e facendo cambiar corso allo scaricatore del medesimo. Da questo lago poi attraversando un'altura e dirigendosi verso Molteno si troverebbe un colatore detto la Bevera che scarica le acque nel fiume Lambro, il quale attraversa tutta la Brianza e si dirige a Monza. Continuando la navigazione in questo canale si avrebbe la comunicazione col naviglio Martesana poco prima di Crescenzago, ove il detto fiume Lambro entra e sorte dal naviglio medesimo» (pag. 253) — Fu nelle acque di Pusiano, che nel novembre dell'anno 1816 il meccanico sig. Locatelli fece il primo esperimento del naviglio inaufragabile; e le sponde e le alture, che le circondano erano piene di spettatori recativisi anche da lungi non poco, il che formò un quadro singolarissimo. — Negl'inverni 1821 e 1823 morì nel lago d' Isella una quantità considerabilissima di pesci, nè si saprebbe assegnare una ragion sufficiente. Ne vale l'attribuirlo al rigor della stagione, ed alla poca profondità del lago, gelando questi duramente come quello pure d' Annone pressochè in ogni inverno. Meriterebbe forse le indagini del naturalista il credersi da alcuni che abbia a ciò dato causa un'abbondante estrazione di tufo, che si effettuò negli scorsi anni in una cava posta poco lungi di questo laghetto, e per modo che vennero ad entrare nel lago delle acque lorde, zeppe da minime particelle del tufo stesso, che si distaccano nell'estrarlo. Per gelare quello di Pusiano richiedesi però un freddo più intenso, diremmo straordinario. Osandosi di transitarli in quello stato pur anche con carri da coraggiosi briantei, ne avvennero luttuose vicende, che mostrano la necessità di un severo divieto. Tutti questi laghi sono ben di poco profondo, meno alcuni luoghi. L'altezza ordinaria dei due d' Annone e d' Isella è di circa braccia 18 e poco più sono alti quelli di Pusiano e di Alserio. Quello di Pusiano in un luogo vicino all'isoletta ha tale profondità, che dicesi volgarmente non trovarsi fondo; e presso di Bosisio ad un sito denominato Padufè è alto forse più di 50 braccia milanesi. Nel mezzo quello d' Alserio oltrepassa talvolta le trenta braccia. I due luoghi più profondi del lago d' Annone lo sono di 25 braccia, e diconsi il Pompo ed il Peloso. Questo lago deve avere molte sorgenti sotterranee. Pendocca e Pescone diconsi i due punti più alti di quello d' Isella cioè di 22 braccia. Il chiarissimo sig. ingegnere Carlo Parea ci ha data la elevazione di questi laghi sul pelo basso del mare Adriatico. Da queste livellazioni risulta, che il laghetto d' Annone è alto metri 225,698, quello di Pusiano 259,198, quello d'Alserio 259,698. ( Bruschetti opera citata, pag. 261.). — In tutti quei quattro laghi, ma ancor più in quello d' Isella, abbonda a preferenza d'ogni altro il pesco ( perca fluviatilis,) ed è d'assai buona qualità. Così era pure ne' secoli trascorsi, poichè il Porcacchi parlando di questi laghi dice « et tutti son notabili per la presa di grossi pesci persici » ( Nobiltà di Como, pag. 136) e prima di lui Paolo Giovio « omnes percarum præpinguium captura notabiles » ( Descriptio Larii lacus, pag. 52.) Vi si trova poi de' pesci di qualche pregio, un numero sufficiente di anguille ( murena anguilla,) se eccettuiamo però quello d' Alserio, in cui non amano troppo di propagarvisi, probabilmente per le tante serpi, che vi sono ne' canneti, che circondano in particolare la depressa sponda settentrionale: vi sono delle tenche ( ciprinus tinca ) e dei lucci ( esox lucius ) ma però in quello d' Isella, questi due ultimi si trovano in assai scarso numero. Fra i pesci di poco o nessun pregio si enumerano i cavezzali ( ciprinus capeto,) i carpani ( ciprinus carpio,) i barbi ( ciprinus barbus ) un tempo già più abbondanti, le arborelle ( ciprinus albor ) le scardorelle ( ciprinus brama ) e le così dette troje, ec. Nelle antiche scritture si trova accennato come esistente nel lago di Pusiano un pesce detto Canedini, che non sapremmo dire qual fosse. Forse così denominavasi nel secolo decimo quarto il cavezzale, che dicesi anche in buon italiano cavedano, e volgarmente in Brianza cavèden. — I Governi in varie epoche emanarono utili disposizioni, e perchè prosperar potesse la pescagione in questi laghi, ed a difesa di chi v'ebbe la proprietà della pesca (V. Gridario di Don Diego Phelippes de Guzman sotto l'anno 1640, ec., ec. Compendio delle Gride ed Ordini della città di Milano dell'anno 1601, ec., ec.). Il Duca di Milano Francesco Primo Sforza sotto il giorno 2 Marzo 1463 scriveva al Vicario del monte di Brianza « Dilecte mi — per la introclusa supplicatione intenderay la querella fa labbate de sancto Petro de chiua de la usurpatione se li fa de quello laco Volemo che te informi bene de la cosa e trovando così esse come expone prouedi superinde per modo che quelli danono non siano admisi ala possessione de dicto laco se non per la parte hano possuto legittimamente comprare, e non de altra che spetta ad esso abbate. » ( Dall'Archivio Governativo di S. Fedele in Milano. ) Innosservate sempre le disposizioni a tutela della pescagione e vive sempre delle contestazioni sulla proprietà di qualche parte, d'assai si diminuirono i prodotti di questi laghi. Negli anni, che decorsero dal 1514 al 1527 le terre limitrofe ai nostri laghetti dovettero somministrare ciascun anno alla città di Milano, riunendo le parziali quote in uno, libbre 860 pesce ( Sommario degli Ordini pertinenti agli Ufficiali della Comunità di Milano, pag. 66. ) — Nelle alture, che circondano questi laghi, nelle antiche sponde a mattino ed a mezzodì diressimo propriamente dell' Eupili, prosperava diggià l'olivo, e dava un frutto considerevole, ma ora vi è trascurato per non corrisponder più, quale ne sia la causa, le cure che richiede al prodotto sempre tenue. — Lungo i monti, che sovrastano al Nord i laghetti, più d'uno vi ha osservate delle petrificazioni. Il Baretta (memoria citata) disse, che il Monte di S. Fermo è composto d'ammoniti, alle quali, qualche rara venere è pur frammista. L'Amoretti ( opera citata pag. 300.) dice « Il sasso di questi contorni è calcare, sovente rossigno, in alcuni si trovano non infrequenti degli ammoniti, de' nautili ed alcune veneri. » Ed il sig. Breislak nella Descrizione geologica di cui ci giovammo, pag. 52, riconobbe pure la presenza de' corpi organici marini sopra i monti del piano di Erba. Noi conserviamo degli ammoniti, che rinvenimmo l'anno 1802 nel monte detto di Suello sopra il lago di Pusiano ad un'altezza considerabilissima.
FINE.
NOTE:
1 . Hist. nat., lib. III, cap. XXIII. 2 . V. Viaggio pittorico nei monti di Brianza corredato di alcuni cenni storico-statistici diviso in 24 vedute . 3 . V. il detto Viaggio pittorico. 4 . V. Giovio: Como e il Lario , pag. 231. — Le lettere lariane del medesimo, pag. 146. — Amoretti viaggio ai tre laghi , edizione quinta, pag. 240, ed altri. 5 . Georgicon, lib. II, v. 159. 6 . Amoretti, Opera citata . 7 . V. Elementi di geologia, tom. II., pag. 70. — Descrizione geologica della provincia di Milano, pag. 198 . 8 . Liber III, cap. XXIII, Hist. nat. = In hac regione et XI lacus incliti sunt, amnesque eorum partus aut alumni: si modo acceptos reddunt, ut Adduam Larius, Ticinum Verbanus, Mincium Benacus, Ollium Sebinus, Lambrum Eupilis, omnes incolas Padi. 9 . Historiæ Patriæ, lib. X, pag. 203. = Horum radicibus complures iidemque piscosi lacusculi ex proximis oppidis nomina sortiti Montorfani, Herbæ, Mongutis, Pusiani, Annoni adiacent unicum Plinius judicavit, Eupilum vocat qui Lambrum amnem emittat. Forte cum imbribus augentur, ut sæpe faciunt, in unum conjunguntur, et nascenti ex montibus fluvio mixti ortum praestare videntur. 10 . Thesaurus antiq. et histor. Italiæ , tom. III, pars prima, pag. 266. 11 . Descriptio lacus Larii. Avenione. 1776, pag. 52 — De Piscibus Romanis , num. XXIV. 12 . Italia antiqua , cap. XXXVI, pag. 410. 13 . V. Muratori Rerum Ital. , tom. IX, pag. 1, nota 7. — Alciati Rerum patriæ , lib. II, pag. 76 — Parini nelle odi intitolate La Vita rustica — La Salubrità dell'aria — Monti, Versi estratti dal quinto canto inedito della Mascheroniana . 14 . Giulini Memorie della città e campagna di Milano , tom. IX, carta corografica, ed alla pag. 144. — Arduino al citato libro III di Plinio. — Leandro Alberti Descrizione d'Italia , pag. 409. — I lessici geografici. — Guid. Ferrari op. volumen IV, pag. 275. — Bossi Istoria d'Italia , tom. I., pag. 65, ec., ec. 15 . V. il Giulini luogo citato. — Benedetto Giovio Istoria di Como , pag. 20. — Gaudenzio Merula De Gallorum Cisalpinorum antiquitate, ac origine , pag. 17. 16 . V. Disquisitiones Plinianæ , lib. IX, pag. 10. 17 . Rezzonico luogo citato, pag. 63. — Frisi Memorie della chiesa Monzese , dissert. I. pag. 2. — Tamassia Quadro economico dei cantoni di Bellano ed Asso , pag. 29. 18 . V. Bruschetti Storia dei progetti e delle opere per la navigazione interna del milanese , pag. 261. 19 . Luogo citato. Ecco le sue parole. Lamber in Mediolanensi agro fluvius ab lacu, quem Plinius Eupolim apellat, oritur non sane magnam aquarum molem, traens, nisi pluviis liquescentibus nivibus, quod frequentissime accidit, augeatur. 20 . Atti nell'Archivio del Senato. 21 . V. Atti della Società Patriotica di Milano , tomo III, pag. LI. 22 . V. Della maniera di preparare la torba, e di usarla , ec., pag. 5. Milano 1785. 23 . V. Amoretti: Della Torba e della Lignite. Milano 1810, pag. 46. 24 . Viaggio ai tre laghi , pag. 301, edizione quinta. 25 . Descrizione geologica della provincia di Milano , pag. 148. 26 . Gallorum Insubrum antiquæ sedes , pag. 39. 27 . Topografia della Pieve d'Arcisate , pag. 23. 28 . V. Ballerini Compendio delle cronache della città di Como , pag. 318. — Histoire naturelle de Pline traduite en françois, par Poinsinet de Sivry. 29 . Tav. II. V. Atlante Dell'Ortelio , edizione di Anversa del 1622, pag. XLIII. 30 . Si conservano nell'I. R. Archivio Diplomatico in Milano. 31 . V. Porcacchi, Nobiltà di Como , pag. 22. 32 . Istoria patria , parte prima. 33 . V. Frisi, Memorie storiche di Monza , tom. II., pag. 163. 34 . Simonetta, Sforziade , lib. XX, pag. 310. — Corio, Istoria di Milano , parte V. 35 . Ode intitolata, La salubrità dell'aria . 36 . Ode intitolata, La vita rustica . 37 . In morte del esimio pittore cavaliere Andrea Appiani, Canzone di G. Prayer. 38 . V. Micali, L'Italia avanti i Romani , parte prima, capo IX. — Carli, Lettere americane, ec., ec. 39 . V. Somaglia, Nuova descrizione dello stato di Milano , pag. 32. — Tab. chorographica medii ævi , Muratori Rer. Ital. , tom. X, pag. 132. — Quadrio, Dissertazione intorno alla Valtellina , tomo I., pag. 32. 40 . Hist. nat., lib. III, cap. XVII. 41 . V. Giulini Memorie della città e campagna di Milano , tom. III, pag. 370. 42 . Istoria di Milano , parte prima. 43 . Luogo or ora citato. 44 . V. Roncali, Dissertatio physico-chimico-medica, de aquis mineralibus Coldoni ad oppidum Leuci . 45 . V. Iovius, Histor. Novocom. , lib. I, pag. 33. — Sigonius, de reg. Italiæ , lib. II, cap. I., ed altri molti. 46 . Volgarmente detta, Casa del ponte . 47 . Memoria citata, pag. LVI. 48 . Luoghi citati. 49 . Opera citata, parte I. 50 . V. Rezzonico, Disquisitiones Plinianæ , lib. IX, pag. 43. 51 . pag. LVI. 52 . Opera citata, cap. XXV, pag. 68. 53 . V. Breislak. Descrizione geologica della provincia di Milano , pag. 90 e 97. 54 . V. Allegranza, De sepulcris christianis , pag. 23. — Amoretti, opera citata , pag. 292. 55 . Luogo citato. 56 . Questa valle offerse pure il soggetto di una veduta nel citato Viaggio pittorico . 57 . pag. LIV. 58 . De piscibus romanis , cap. XXIV. 59 . pag. LVI. 60 . pag. LIV e LVII. 61 . Luogo citato. 62 . V. La pag. 237 del Como e il Lario . — Ecco le parole di Sidonio. « Uluosum Lambrum, cœrulum Adduam, velocem Athesim, pigrum Mincium, qui ligusticis, euganeisque montibus oriebantur, paulum per ostia adversa subuectus, in suis etiam gurgutibus inspexi: quorum ripæ etc. », lib. prim., lit. V. 63 . Opera citata, pag. 240. 64 . La Nobiltà di Milano , pag. 548.