DELL'ARTE DEI GIARDINI INGLESI Fortunatus et ille Deos quì novit agrestes,
Panaque, Sylvanumque senem, nymphasque sorores!
Georg. L. ii.
Tav. I. Frontispizio esprimente un baccanaletto.
MILANO. Dalla Stamperia e Fonderia al Genio Tipografico casa Crivelli, presso il ponte di S. Marco, N.º 1997.
Anno IX.
INDICE
L'EDITORE A CHI LEGGE.
La mancanza de' libri che trattino nel nostro idioma dell'arte de' giardini moderni, e l'eccessivo prezzo e la rarità di quelli altrove pubblicati, mi hanno indotto a procacciarmi la presente opera. Coloro, che conoscono quella del C. L. Hirchfeld assai voluminosa, approveranno tutto ciò ch'è stato tolto da essa, come pure le interessanti aggiunte, e le non poche variazioni eseguite dall'Italiano Autore. Ho l'onore di presentarla al colto pubblico tanto più di buon grado, quanto che un tal gusto è di già penetrato nel nostro paese, facendone prova i diversi disegni in rame, tratti da alcune ville dei contorni di Milano. Il paesaggio, antico come natura, e fisso siccome il bello, decantato mai sempre da' sommi poeti, e seguito da' valenti pittori, non è stato tuttavìa praticamente adottato in generale a tener luogo di giardino, che dagl'Inglesi verso la metà dello spirato secolo, per cui a ragione questo genere serba tale denominazione. Superbe praterìe, delle quali non furon mai viste nè più vaghe, nè più magiche, si addossarono nell'alto di lor dolci pendici abitazioni eleganti, che fecero sfoggio a vicenda dei doni della natura, e del raffinamento dell'arte. Il torrente ruinoso, ed il fiume inondatore frenarono la sterminatrice loro rapidità per non fare altra pompa che dello scorrevole, del vario, del pittoresco, del bello fecondatore. Il monte, il piano raccolsero i dispersi lor pregj, e li tributarono a gara al nascente genio, che guidato da amore, ed inspirato dalle muse, percorse la novella carriera, e invitò le scienze, le facoltà della mente, e tutt'i piaceri a fissarvisi per pascere lo spirito umano di voluttà squisitissima. La natura benefica così riprese i suoi diritti, e restò attonita di vedersi abbellita, e quasi sorpassata dall'arte, che non consistette più che nel saperla studiare con rispetto, e nel saperla far comparire con verità, e scelta. Per tal maniera la faccia della Inghilterra è divenuta più amena e più ridente; la botanica ha estesi i suoi confini; l'agricoltura ne ha ricavato un nuovo lustro; e tutte le belle arti, e le scienze, che formano il corredo del trionfante gusto, hanno penetrato in tutte le classi, e in tutti i siti. La stessa vita campestre, altronde sempre piacevole, si è resa per esso anche sentimentale. Quante ragioni da supporre che sempre più siffatto gusto verrà generalmente abbracciato, ed esclusivamente coltivato anche tra noi, e si diffonderà quindi sull'Italia intera, privilegiata culla delle belle arti, e delle scienze, dove troverà una disposizione d'arte, e di natura almeno eguale a quella del suo paese natale, onde si diramò! Quante ragioni ancora da presumere, che il primo trattato, che si produce in questo genere nella nostra favella, possa essere gentilmente accolto, e compatito. Esso ha il merito almeno di dare un'idea chiara e distinta della cosa, e potrà giovare per più titoli in aspettazione di una penna migliore ed originale, che tratti degnamente, e con maggior estensione questo interessante argomento. Solo aggiungerò in qualità d'uomo appoggiato all'indole della cosa, piucchè alle applicazioni parziali ed arbitrarie, che un tal genere non importa nè tutto quel travaglio, nè quel dispendio che si è immaginato fra noi. In realtà questa sorta di giardini è quanto di più fino e di meglio speculato è forse stato trovato finora nell'arte di unire l'utile al dolce, e di sapere tirar partito, abbellendo, e facendo valere ogni locale. Può essere egualmente applicato ad un grande che ad un piccolo spazio; in città, come in campagna, non ricerca grande movimento di terra, nè profusioni idrauliche, e neppure somme fabbriche, che non sono positivamente della sua essenza. Riesce oggetto di leggier dispendio da principio, e quasi di nessuno in appresso. Nel grembo della pace, e di uno stabil ordine di cose è da lusingarsi con fondamento che quest'arte, ancor novizia tra noi, vi sarà pure coltivata con onore, e resa in breve adulta e maestra. Per tal modo l'Italia verrà a gareggiare colle altre nazioni anche in questa parte, ed acquisterà forse in essa quella superiorità, che ci viene attribuita, e che sembra nostro dono di natura nelle arti geniali.
DELL'ARTE DE' GIARDINI INGLESI
ORIGINE DE' GIARDINI INGLESI.
Gl'Inglesi amano con passione il soggiorno della campagna, e v'impiegano nell'abbellirla quelle somme, che generalmente le altre nazioni dissipano nelle lor capitali. Non è in Londra, dove debbasi giudicare della ricchezza, della magnificenza, e del buon gusto di un Lord, ma bensì alla sua campagna, situata in provincia. Un clima temperato, un paese generalmente ridente, e fertile, l'abbondanza che regna ne' campi, una vita libera, ed agiata, la costumanza di reciproci uffizj di famiglia, e d'amicizia, quella generale di soggiornarvi nella più gran parte dell'anno, ne formano le principali attrattive. La situazione fisica dell'Inghilterra è un felice miscuglio di catene di monti, e di montagne isolate, dolcemente elevate, e comodamente praticabili, di valli, di fiumi, di cadute d'acqua, di boschi annosi, e di praterìe d'un'incomparabile verdura. Una vegetazione rigogliosa senza confronto altrove, le acque le più limpide, ed un non so che di vario, di aggradevole, di romanzesco, e di superbo, che ad ogni passo s'incontra, e si succede con tanto garbo, formano di molte provincie dell'Inghilterra il più seducente quadro, che scuote la mente, e le inspira idee poetiche, e pittoresche. Non è meraviglia quindi se il genio Inglese, rapito dalla bella natura campestre, che lo circonda, immaginò il primiero di staccarne le parti più belle, e comporne un tutto ideale, analogamente ornato, e reso più vago dai doni dell'arte, che colle reciproche relazioni acquistasse nuovo pregio, e valore, e presentasse una successione saggiamente calcolata di quadri, e di scene, ripiene di voluttà, di comodo, di capriccio, e di grandiosità: sostituì i tratti di paese campestre abbelliti, e scelti ai disegni artificiosi degli antichi giardini, e ne introdusse per tal maniera de' nuovi, e d'un tal genere, che divennero quasi altrettanti poemi, opera del poeta, del pittore, e del filosofo.
Mentre gli scrittori delle altre nazioni tacevano, oppure magnificavano l'antico stile, i Bretoni cominciavano a sviluppare a poco a poco ne' loro scritti l'essenza dell'arte de' giardini. Francesco Bacone, che sparse una nuova luce sulle scienze, fu il primo, che diffuse sopra i giardini ancora una luce, tuttavìa offuscata dalle antiche tenebre. Esigeva per un giardino trenta jugeri di terreno, e lo divideva in tre parti: uno spazio erboso all'entrata, un altro ripieno di cespuglj alla sortita, ed il giardino propriamente detto nel mezzo, con viali, e passeggi dalle due bande. Alla prima parte destinava quattro jugeri, sei alla seconda, quattro a ciascheduno de' viali laterali, e dodici al giardino di mezzo. Gli ornamenti, e gli arabeschi a diversi colori, disegnati in terra sotto le finestre della casa, non sono, che giuochi puerili, che si trovano pure, com'egli dice, su de' pasticci, e lo stesso giudizio porta sulle piante acconciate in differenti figure. Invece d una pianura esatta, vorrebbe che si elevasse nel mezzo del giardino un monticello aggradevole alla vista, sormontato da un vago padiglione, al quale si pervenisse per mezzo di due o quattro file di gradini. Bandisce gli stagni, ed i canali d'acqua dormente, che vuol che sia sempre in moto. L'invenzione capricciosa di slanciare le acque in alto, e di farle artificiosamente giuocare, non aumenta a suo giudizio nè la purità, nè la salubrità dell'aria, nè il piacere del giardino. Lo spazio occupato dalla boscaglia vorrebbe che assomigliasse a un sito piacevolmente incolto. In quà in là vi si potrebbero frammischiare degli arbusti differenti con fiori odorosi; ma il terreno lo vorrebbe coperto dappertutto di violette, di fragole, e di primevere, che esalano grato odore, e prosperano all'ombra. I boschi non dovrebbero offrire un ordine preciso, ma delle picciole eminenze d'intorno, sparse di fiori varj, e d'arbusti odoriferi. Raccomanda gli alberi da frutta, e de' sentieri comodi, ed asciutti, che si diramino in tutti i sensi. Nel fondo del giardino, continua l'autore, si potrebbero praticare da due lati de' piccioli ridossi, da dove l'occhio potesse liberamente percorrere le vicine campagne. Nello spazio, da lui chiamato giardino, i viali saranno larghi, e guarniti d'alberi fruttiferi, e vi vorrebbe pur collocati de' seminarj di consimili piante, e dei vaghi gabinetti artificiali di verdura, con sedili. Ma non bisognerebbe poi tanto, soggiugne egli, accumulare questi oggetti, dovendo il giardino, propriamente detto, rimaner libero, ed aperto alla maggior circolazione dell'aria; l'ombra è da cercarsi ne' viali laterali, non dovendo, a parer suo, servire il giardino che per le stagioni temperate di primavera, e d'autunno, e per le ore della sera, e del mattino d'estate. Delle passeggiate prolungate su' colli sarebbero avvantaggiose, se la natura le fornisse.
Per quanto sieno coerenti le osservazioni, ed opportune le domande di Bacone, sono tuttavìa frammischiate da alcune, direttamente opposte al buon gusto in fatto di giardini; tale è la forza della moda, che soggiogò pure questo grand'uomo. Approva la forma quadrata, le arcate di legno sormontate da picciole torri, che cattivi ritengano gli uccelli, ed ornate di figure dorate, e di strette lamine di vetro colorato; loda le colonne di legno, e le piramidi della stessa materia, le vasche regolari, ornate di figure, e di vasi. Finalmente determinando un modello stabile, ne limita lo stile, ciò che non si accorda punto colla varietà naturale degli spazj, e colla fertilità del genio creatore. Tuttavìa Bacone non si accontenta di passare per profeta d'una scienza non ancor nata; ei non solo predice, comincia a creare.
Questa medesima bellezza campestre, che avrebbe mai sempre dovuto regnare nei giardini, fu in seguito descritta da Milton nel suo paradiso, ossia giardino di Eden. «La natura aveva prodigate delle bellezze innumerevoli sulle montagne, e nelle valli. Le sue ricchezze erano sparse con profusione nelle campagne, che il sole liberamente riscalda co' suoi raggi, e nei verdi folti, che una impenetrabil ombra rende cotanto vaghi nell'ardore del giorno. Questa felice abitazion campestre era mirabilmente variata pel piacere degli occhj. Là voi trovavate de' boschi, i cui fronzuti alberi distillavano la mirra, ed i preziosi balsami: quì ne vedevate degli altri, che coi loro frutti lucenti, e saporiti incantavano l'occhio, ed il gusto. Tutte le meraviglie, che la favola attribuisce al giardino delle Esperidi, s'incontravano realmente in questo giardino di voluttà. Fra gli alberi sorgevano spazj ridenti, deliziose colline, ripiene d'armenti, che l'erbe tenere ne pascolavano. Quì una leggiera eminenza coperta di palme, e il seno fiorito d'una valle, irrigata da ruscelletti, offrivano mille bellezze, e colà cresceva la rosa senza spine. Le opache grotte disponevano freschi ricoveri, tappezzati di pampini, che s'affrettavano di sporgere i porporini grappoli, e che vi si avviticchiavano con una mirabile fecondità. I ruscelli con grato mormorìo cadendo al lungo delle colline, ramificavano al piano, ed andavano formando uno stagno, la cui superficie presentava il suo specchio cristallino alla verdura delle sponde d'intorno coronate di mirti. Gli augelli formavano un coro ripieno di melodìa, e gli zeffiri portando con essi i profumi de' campi, e de' boschi, mormoravano tra foglia e foglia soavemente agitata».
I poeti di tutte le età, e di tutte le nazioni hanno dovuto tenere un consimile linguaggio descrivendo de' giardini, giacchè qualsiasi altro, e quello sovratutto della moda vi si ricusava; ma la voce di questi araldi del buon gusto non potè per questo dissipare gl'inveterati pregiudizj del lor secolo.
Comparve Lord Temple. Assicura egli che in nessun altro tempo in Inghilterra vi fu maggior inclinazione pei giardini che nel suo; che giammai non vi si sono mantenuti meglio, e che in nessun altro paese potevano essere altrettanto belli che nella sua patria. Esige quattro cose per un giardino: frutta, fiori, ombra, ed acque. Vicino all'abitazione vuole un tappeto d'erba fregiato di fiori, ed in mancanza di fiori, dei getti d'acqua, de' vasi, delle statue; nello spazio che segue, la cinta dovrebbe essere tutta scoperta, e senz'altri alberi, da quelli infuori, che vi si dispongono in ispalliera, ma poco elevata. Supponendo che questo spazio occupasse due terzi del giardino, si potrebbe guarnire il resto di piante da frutta, a meno che non si preferisse, per procacciarsi dell'ombra, piantarvi un boschetto. Fin quì tutto è bene, o almeno sopportevole, atteso il gusto del secolo. Ma inoltre vuole il Lord un quadrato perfetto, perchè dice esser quella la forma più conveniente ad un giardino, ed esige un terreno piano, o leggiermente inclinato. Cita per modello il giardino di Moore, il più bello, che dice aver veduto in Inghilterra, ed altrove. Nel mezzo d'una vasta terrazza, tutta ricoperta di sabbia, e circondata d'allori, sorgeva un gran palazzo. Tre scalinate spaziose di pietra, l'una nel mezzo, e due laterali, conducevano ad un ampio spartimento. Le fontane, le statue, le arcate verdi, e di sasso, i padiglioni, le grotte con acque spruzzanti non vi mancavano. Ecco come pretende, che andassero formati i giardini, che se più fossero regolari, più riuscirebbero belli. Ciò non pertanto una debil luce traspariva attraverso di tanti pregiudizj. Vi puonno essere de' giardini irregolari, soggiungeva Temple, che non saranno per questo che più belli, e più aggradevoli; vi bisogna per tal effetto una vantaggiosa situazione, e quanto basti di arte, e di travaglio per dare alla loro irregolarità una forma atta a piacere. Rigettava altresì i muri nudi, de' quali per costumanza antica si circondavano i giardini; o li voleva rivestiti almeno di verde, perchè non producessero una dispiacevole sensazione. Fin quì arrivò Temple.
Addisson gli successe, e per la forza de' suoi maschj giudizj, e del suo gusto classico si avvicinò maggiormente ad una certa perfezione; ciò che Pope aveva cercato di ottenere quasi nello stesso tempo pel mezzo della satira, che sapeva così ben maneggiare.
Nacque in allora il principio della rivoluzione nell'arte de' giardini. Addisson si mosse a mostrare dove consistono i veri piaceri dell'immaginazione, e di là dedusse delle accurate osservazioni sulla cattiva maniera, che dominava tuttora ne' giardini. «Sosteneva che le opere dell'arte paragonate a quelle della natura non puonno mai avere quella vasta estensione, e quella immensità, che prestano un così delizioso trattenimento allo spirito dello spettatore. Può ben essere un oggetto dell'arte delicato, e pulito al paro d'un altro di natura, ma non sarà giammai altrettanto augusto, nè magnifico nel disegno. Ne' tratti grossolani, e negletti di natura vi ha sempre qualche cosa di più ardito, e che fa sentire di più la mano maestra, che ne' colpi di pennello più delicati, e negli abbellimenti più squisiti dell'arte. Le bellezze di giardino, o di palazzo il più superbo si trovano rinchiuse in un piccolo cerchio; l'immaginazione le percorre ben presto, e domanda qualche cosa di più per soddisfarsi; ma ne' vasti campi della natura l'occhio gira liberamente su tutte le parti, e si pascola d'una infinita varietà d'immagini, senza essere astretto ad un cert'ordine. Di vero noi non troviamo dilettevoli le opere dell'arte, che in quanto rassomigliano più a quelle di natura, ed in allora il piacer nostro è prodotto non solamente da questa rassomiglianza, ma altresì dal sentire che il modello è perfetto. In generale v'è nella natura qualche cosa di più grande, e di più augusto, che in tutto ciò, che si vede fra le curiosità dell'arte; così tutte le volte che noi la vediamo imitata in qualche modo, ciò ne dà un piacere più nobile, e più rilevato, che quello che possiamo trarre dalle opere dell'arte le più fine, ed esatte. Una vasta estensione di terreno coperta da un aggradevole miscuglio di boschi, di prati, e di cascate d'acqua, che rappresentino dappertutto un'artificiosa semplicità, c'incanta assai più che l'eleganza ordinaria del più sontuoso giardino. Perchè mai non si potrebbe fare di una possessione intera una specie di giardino, arricchito di frequenti piantagioni, che tornerebbe al profitto del proprietario, e al suo piacere? Una palude coperta di salici, o un monte coperto di quercie, formano un oggetto non solamente più piacevole alla vista, ma più utile all'interesse, che se si abbandonassero alla loro naturale sterilità. I campi coronati da spighe formano un vago prospetto, di maniera che se i viottoli, che si vedono tra un campo e l'altro, fossero un po' più elegantemente mantenuti, se lo smalto delle praterìe fosse ajutato da qualche leggiera addizione dell'arte, e se le siepi fossero ornate d'alberi, e di fiori con maggior cura, un uomo potrebbe fare un bel paesino del suo possesso».
All'appoggio di principj cotanto sani, Addisson compose in appresso un leggier quadro, ma vago, di un giardino conforme al suo genio, e alla natura. Eccolo. «All'intorno della mia picciola casa ho varj jugeri di terreno, che chiamo il mio giardino, e che un abile giardiniere non saprebbe come chiamare. È desso una confusione, un'intralciata mescolanza di ortaggio, di frutteto, e di giardino a fiori. I miei fiori vi crescono in diverse parti colla più lussuriosa abbondanza, e sono così lontano da preferirne alcuno, che quando ne rincontri ne' campi, e che mi piacciano, fisso a loro subito un posto nel mio giardino. Diversi pezzi di terra sono smaltati di mille differenti colori. Il sol metodo, che seguo, è di radunare nel medesimo sito il prodotto della medesima stagione, affinchè sbucciando tutti nello stesso tempo, compongano un quadro più variato, e ricco. Una consimile irregolarità regna nelle mie piantagioni, che crescono con tutta la selvaggia libertà della natura. È divertente per me di passeggiare in un labirinto, che ho piantato, e di non sapere se il primo albero, che incontrerò, sia un pomo, una quercia, un olmo, od un pero. Il mio verziere ancora ha il suo posto determinato, e sono di sentimento che un verziere è più aggradevole alla vista, che una citroniera, o una serra. Amo vedere ciascheduna cosa nella sua perfezione, e mi compiaccio di più della vista, e dell'odorato delle mie ajuole di cavoli, e di legumi, e d'una infinità d'erbe utili, che vengono a tutta maturità, che di vedere delle piante esotiche, delicate, sforzate da un calore artificiale, tisiche, e languenti in un clima, e in un terreno, che non sono il loro. Nell'alto del mio giardino sgorga un fonte, da cui deriva un ruscelletto, che serve al piacere, ed all'utilità del sito: l'ho talmente diretto, che serpeggia d'intorno a quasi tutte le mie piantagioni; scorre, come farebbe in piena campagna, fra rive coperte di primevere, di amaranti, e di rose, che sembra d'aver egli fatto nascere. Come il mio giardino attira gli uccelli delle campagne all'intorno, offrendo loro dell'acqua, dell'ombra, della solitudine, e de' ricoveri, così non permetto che sieno distrutti i loro nidi, o discacciati dai siti, che frequentano nel tempo della frutta. Amo ancor più avere il mio giardino pieno di merli, che di cerase, e dono volontieri della frutta per sentire il canto. Con questo mezzo godo sempre della musica la più perfetta della stagione; e son ben contento di vedere il capinero, ed il tordo saltellare ne' miei sentieri, e traversar volando i viottoli, ed i siti, ch'io stesso percorro. Tutte le mie opere sono rustiche, come natura, e non affettano punto la delicatezza dell'arte...».
Simili rischiarimenti d'un Addisson sulla disposizione de' giardini, gustati da tanti suoi lettori, eccitare dovevano la nazionale industria; e cominciossi di fatto a porre in opera simiglianti idee.
Il passo più considerabile, che si fece verso i miglioramenti, che ne vennero in seguito, fu d'abbattere i muri, che servivano di confine ai giardini, e di sostituirvi de' fossi vuoti. Questo tentativo sembrò in allora così sorprendente, che il popolo chiamò questi fossi Ah! Ah! per esprimere la sorpresa, che risentiva di vedersi bruscamente arrestato d'una maniera tanto inaspettata. La coltura, e il terreno d'intorno al di là del fosso dovette in appresso fondersi, per dir così, nello stesso quadro del giardino, e questo rimaner libero dall'angustia del luogo, e dalla soverchia sua regolarità, affine di accordarsi meglio col paese all'intorno.
A quest'epoca comparve Kent, uomo d'un genio grande, e d'un gusto delicato, che verso la metà del decorso secolo, poste da banda tutte le antiche regole, sembrò sorger creatore d'una nuova arte di giardini. Abbandonò la regolarità ordinaria, che ben conobbe quanto stancava, ed infastidiva. Osservò che la natura non ama la simmetrìa, che ne' piccoli corpi, e non già ne' larghi tratti di terreno, e ch'essa dissemina nelle sue opere più favorite la varietà, ed un bel disordine. Sentì le impressioni irresistibili, che producono sull'anima gli oggetti grandi, e magici della natura, quando la loro disposizione è libera, ed ardita; e sentì che queste impressioni scuotono, ed occupano assai più, che tutte quelle, che cagionano le picciole costruzioni eleganti. Scelse la linea curva, come la più diversificata; diede a' ruscelli, ed alle acque un corso tortuoso; cavò partito delle eminenze senza spianarle; abbellì i boschi naturali senza distruggerli; antepose un tappeto di verdura ad un terreno sabbiato; praticò una quantità di sfondati seducenti; aprì all'occhio una folla di lontananze; nobilitò i boschetti, collocandovi delle fabbriche; in una parola, Kent trovò l'arte de' giardini ove la cercava, cioè nella natura. I suoi disegni, e piani furono adottati dal gusto de' suoi nazionali con entusiasmo; e l'arte de' giardini progredì in Inghilterra con una rapidità sorprendente verso la sua perfezione dal momento che fu affidata colà al buon metodo. I gran principj di Kent furono la prospettiva, e l'intelligenza del chiaroscuro. Divideva con gruppi d'alberi una pianura troppo semplice, o di troppo estesa, ed ammorzava la sua luce troppo viva colle tinte cariche di piante sempre verdi. Mancando l'orizzonte d'oggetti, onde animarlo, ne ideava degli artefatti, che formassero perspettiva. Le fabbriche, i siti di riposo, i templi erano piuttosto l'opere del suo pennello, che del suo compasso. Kent ebbe de' successori, che trascorsero la strada, ch'egli aveva aperta. Comparvero successivamente de' trattati giudiziosi, ed estesi, consacrati all'arte de' giardini. Fra gli autori, che se ne sono occupati, i più distinti sono Home nella celebre sua opera sopra gli elementi di critica, e Vhately nelle sue osservazioni sopra l'arte de' giardini. Il primo non ne parlò, che in forma di digressione, e per fare delle applicazioni de' principj, che stabilisce. Benchè diverse delle sue proposizioni sieno nuove, e giudiziose, altre però sono compassate con soverchia minuzia sopra principj generali in modo che non sembra potersene far quel conto, che altri hanno preteso. Vhately considerò l'arte de' giardini sotto un punto di vista più vasto ancora; la risguardò come l'arte di abbellire de' paesi interi. Nessuno de' suoi compatriotti prima di lui aveva esaminato questo soggetto con una penetrazione altrettanto viva, ed in una estensione così ardita. La sua critica sul bello è profonda; i suoi principj sono dedotti, e sviluppati ad evidenza: si potrebbe chiamarla la metafisica de' giardini. Ma la metafisica sola soventi volte nuoce al sentimento, ed effettivamente sembra che Vhately lo abbia troppo poco calcolato. Abbiamo in questo genere una folla di scritti, e ne sortono oggigiorno presso le altre nazioni[1].
Chambers, architetto del Re d'Inghilterra, che riunisce ad una vasta erudizione un genio, ed una sensibilità squisita, è quegli che ha data l'ultima mano all'arte de' giardini Inglesi, portandoli, dirò così, all'ultima perfezione, e spingendoli oltre la sfera dell'immaginabile. Al suo ritorno dalla China Chambers aveva osservato che nella sua patria non si osava abbastanza distaccarsi dall'antico stile; che vi si mancava d'invenzione, ed erano soggetti gl'Inglesi a dare nelle stravaganze ogniqualvolta tentavano de' nuovi saggi; vedendo che tutte le belle arti avevano de' maestri, frattanto che quella sola de' giardini rimaneva orfana, e priva di chi ne facesse valere le doti, trovò nel suo spirito, e nella brillante sua immaginazione delle idee, che credeva più convenienti alla natura, ed alla destinazione de' giardini di quelle, che d'ordinario si seguivano; in conseguenza giudicò che siffatte idee ecciterebbero più l'attenzione, e sarebbero state meglio accolte da' suoi compatriotti, se attribuite ad una nazione lontana, che le avesse di già messe in pratica; quindi pubblicò la celebre sua opera intitolata: Dissertation on Oriental Gardening, dove probabilmente semina delle idee Inglesi, e forse le sue in un suol Chinese[2], affine di prestar loro un'apparenza più forte, e di renderle vieppiù seducenti.
DESCRIZIONE DI CHAMBERS DE' GIARDINI DELLA CHINA[3].
La natura è il modello de' Chinesi, e lo scopo loro è d'imitarla. Prima di tutto osservano la forma del terreno, se è piano, o pendente; se vi sono colline, oppure montagne; se egli è esteso, o ristretto; se è asciutto, o paludoso; se abbonda d'acqua, o se ne è privo. Prestano una scrupolosa attenzione a tutte queste circostanze, e scelgono le convenienze, che si confanno meglio alla natura del suolo, che esigono minori spese, coprono i suoi difetti, e maggiormente fanno comparire tutt'i suoi vantaggi.
Il terreno è distribuito in varie scene, e per passaggi tortuosi, aperti nel mezzo de' boschetti, siete condotto ai differenti punti di vista, ciascheduno de' quali è indicato da un sedile, da un edificio, o da qualche altro oggetto.
La perfezione de' loro giardini consiste nel numero, nella bellezza, e nella diversità di queste scene. I giardinieri Chinesi, come i pittori d'Europa, raccolgono dalla natura gli oggetti più aggradevoli, e procurano di combinarli in maniera che non solamente compajano separatamente col maggior lustro, ma altresì che per il loro accozzamento formino un totale piacevole, e che produca grata sensazione.
I loro artisti distinguono tre differenti specie di scene, che le caratterizzano col nome di ridenti, d'orribili, e d'incantate. Quest'ultima denominazione risponde a ciò che si nomina scene di romanzo, nelle quali i nostri Chinesi si servono di diversi artifizj per destare la sorpresa. Talvolta fanno passare sotto terra un fiume, o un rapido torrente, che col suo rumorìo assorda l'orecchio di chi passa, incapace a comprendere d'onde provenga tanto fracasso. Altre volte dispongono le roccie, e le pietre in tal maniera, che il vento passando attraverso gl'interstizj e meati, che per tal effetto vi son praticati, forma de' sibili affatto singolari, e strani. Impiegano in siffatte composizioni le specie più straordinarie d'alberi, di piante, e di fiori; vi ottengono degli echi artificiosi, e complicati, e mantengono colà differenti sorta d'uccelli, e d'animali mostruosi.
Le scene d'orrore presentano macigni sospesi, oscure caverne, e cateratte impetuose, che si precipitano dall'alto delle montagne da tutte le bande. Gli alberi sono difformi, e sembrano spezzati dalla violenza del turbine. Quì se ne vedono dei rovesciati, che intercettano il corso de' torrenti, e sembrano d'essere stati svelti dal furore dell'acque: là pare che colpiti dal fulmine sieno stati arsi, e fracassati. Taluno degli edifizj cade in rovina; tal altro è consumato per metà dal fuoco, e qualche miserabil capanna in quà, e in là dispersa sulle montagne, sembra egualmente attestare l'esistenza, e la miseria degli abitanti. A queste scene d'orrore succedono comunemente delle ridenti. Sanno gli artisti Chinesi con quanta forza l'anima è colpita dai contrasti, e non mancano giammai di praticare delle improvvise transizioni, e delle forti opposizioni di forme, di colori, e d'ombre. Così da viste limitate vi fan eglino passare a prospettive estese; dagli oggetti d'orrore alle scene aggradevoli; e dai laghi, e dai fiumi alle pianure, alle collinette, ed ai boschi. Ai colori oscuri, e tristi oppongono i più brillanti, ed alle semplici forme, le complicate, compartendo giudiziosamente le diverse masse d'ombra, e di lumi in tal modo, che la composizione riesca distinta nelle sue parti, e compita nel suo tutto.
Allorchè il terreno è vasto, e che vi si può far entrare una moltitudine di scene, ciascheduna è appropriata ad un sol punto di vista; ma quando lo spazio è ristretto, e non permette d'introdurre abbastanza di varietà, si cerca di rimediare a questo difetto col disporre gli oggetti in maniera che producano rappresentanze diverse, secondo i diversi punti di vista; e sovente l'artificio è spinto al segno, che queste rappresentazioni non hanno tra loro veruna rassomiglianza.
Ne' vasti giardini i Chinesi praticano delle scene differenti per il mattino, per il mezzodì, e per la sera, ed innalzano ai debiti punti di vista degli edificj proprj ai trattenimenti di ciascheduna parte del giorno. I piccoli giardini, dove, come noi l'abbiam detto, un solo accozzamento produce diverse rappresentazioni, dimostrano nella stessa guisa fabbriche ai diversi punti di vista, che dal loro uso indicano il tempo del giorno più atto a goder della scena nella sua perfezione.
Stante che il clima della China è eccessivamente caldo, gli abitanti impiegano molt'acqua ne' loro giardini. Allorquando sono ristretti, e che la situazione lo permette, tutto il terreno è messo sotto acqua, e non vi sopravanza che un picciol numero d'isolette, e di scogli. Nei giardini spaziosi s'introducono laghi, fiumi, e canali. Si imita la natura diversificando, com'ella fa, le rive de' fiumi, e de' laghi. Ora queste rive sono aride e sabbiose, ed ora coperte di boschi fino al dorso dell'acque. Piane in tai siti, ed ornate d'arbusti, e di fiori, in altri siti si trasformano in macigni scoscesi, che presentano caverne, dove una parte dell'acqua vi si precipita con altrettanto strepito, che violenza. Qualche volta voi vedete delle praterìe ricolme di bestiame, o de' campi di riso, che si avanzano nel lago: altre volte i boschi sono penetrati in diverse parti da fiumi, e da' canali, capaci a portar barche; le sponde sono coperte d'alberi, i cui rami si estendono, s'intralciano, e formano a luogo a luogo delle arcate, sotto le quali passano i batelli. In questa guisa voi pervenite a qualche oggetto interessante, ad una superba fabbrica, collocata nella sommità d'un monte tagliato a terrazze, ad una cascina posta in mezzo del lago, ad una caduta d'acqua, ad una grotta ripartita in diversi appartamenti, ad uno scoglio artificiale.
I fiumi seguon di rado la linea dritta; serpeggiano, e vengono interrotti da irregolarità diverse. Talvolta sono ristretti, rumorosi, e rapidi; e tal altra sono lenti, larghi, e profondi. Ne' fiumi, e ne' laghi si vedon le canne, e l'altre piante, ed erbe acquatiche. Spesso i Chinesi vi construiscono sopra dei molini, e delle macchine idrauliche, il di cui moto giova ad animar la scena. Hanno ancora una quantità di batelli, diversi di forma, e di grandezza. I loro laghi sono zeppi d'isole, le une sterili, e circondate da roccie, e da scogli; arricchite le altre di tutto ciò che la natura, e l'arte offre di più perfetto. V'introducono pure degli scogli artefatti, e sorpassano in questo genere di composizione tutte l'altre nazioni. La pietra, di cui si servono, viene dalle parti meridionali dell'impero, tira al turchino, e presenta delle forme irregolari, cagionate dall'azione dell'acque: i pezzi scelti s'impiegano ne' quadri a commesso, che adornano gli appartamenti; gli scarti servono per i giardini, e connessi per mezzo di un cemento dell'egual colore formano de' massi d'una considerevole grandezza. Allorchè questi massi sono grandi, vi scavano dentro caverne, e grotte con aperture, a traverso le quali si scoprono lontananze. In diverse parti, e sulle punte si vedono delle piante, degli arbusti, e dell'erbe, e sopra le lor cime si collocano tempj, ed edificj, ai quali si monta per mezzo di gradini tagliati nella stessa roccia. Eccovi un'idea di consimili scogli.
Tav. II. Scoglio Chinese praticabile.
Quando v'è acqua bastante, e che il terreno è convenevole, i Chinesi non mancano d'introdurre delle cascate ne' loro giardini. Schivano qualunque sorta di regolarità, imitando le consimili operazioni della natura ne' monti. Le acque spruzzano dalle caverne, e dalle sinuosità degli scogli. Quì romoreggia una grande e violente cateratta; là una moltitudine di piccole cascate. Qualche volta la vista della caduta è intercetta dagli alberi, i cui rami e foglie non permettono che per intervallo di vedere le acque, che cadono al lungo de' fianchi della montagna. Talora al dissopra della parte più rapida della cascata sono gettati da un rocchio all'altro de' ponti di legno grossolanamente fatti, e sovente il corrente delle acque è interrotto da alberi, e da mucchj di pietre, che la violenza del torrente sembra avervi trasportate.
Ne' boschetti i Chinesi variano sempre le forme, ed il colore degli alberi, riunendo quelli che gettano rami a foggia di fiocco con quelli che crescono piramidalmente, e i verdi cupi con gli allegri; v'intrecciano piante, che portan fiore, fra le quali ve n'hanno diverse, che fioriscono nella più gran parte dell'anno. I Chinesi ancora introducono tronchi d'alberi ora in piedi, ed ora sdrajati, e spingono lontano assai la delicatezza sopra le loro forme, sul colorito delle loro corteccie, e perfino sulli muschi, che li rivestono.
Non v'ha niente di più vario che i mezzi, che impiegano per eccitare la sorpresa. Vi conducono alcune volte a traverso di caverne, e di viottoli oscuri, alla sortita de' quali vi trovate subitanamente colpito dalla vista di un delizioso paesetto, arricchito da quanto la natura fornisce di più bello. Altre volte vi menano per larghi sentieri, per viali, che diminuiscono, e ne diventano disastrosi a poco a poco. Non v'è più passaggio; de' cespugli, delle spine, e de' sassi lo rendono impraticabile; allorquando tutto ad un tratto s'apre agli occhi vostri una ridente, e vasta prospettiva, che vi piace tanto più, quanto meno l'aspettavate.
Un altro artificio di questi popoli è quello di nascondere una parte della composizione col mezzo d'alberi, e d'altri oggetti intermedj. Ciò eccita la curiosità dello spettatore, che vuol vedere da vicino, ed approssimandosi, si trova piacevolmente sorpreso da qualche inaspettata scena, o da qualche rappresentanza, totalmente opposta a quanto cercava.
Il confine de' laghi è sempre nascosto ad arte per lasciar spaziare l'immaginazione; e la stessa regola si osserva, per quanto si può, in tutte le altre composizioni Chinesi.
Quantunque i Chinesi non sieno molto versati nell'ottica, tuttavìa l'esperienza ha loro insegnato, che la grandezza apparente degli oggetti diminuisce, e che i loro colori s'indeboliscono a misura che s'allontanano dagli occhi dello spettatore. Queste osservazioni hanno dato luogo ad un artificio, che pongono talvolta in opera. Formano delle vedute in prospettiva, introducendovi fabbriche, vascelli, ed altri oggetti, diminuiti a proporzione della loro distanza dal punto di vista; e per rendere più compita l'illusione danno delle tinte bianchiccie alle parti lontane della composizione, e piantano ne' fondi degli alberi di un colore meno vivo, e più bassi di quelli del davanti. In questa maniera, ciò che per se stesso è limitato, e di poca considerazione, diviene in apparenza grande, ed esteso[4].
I Chinesi schivano d'ordinario la linea retta, ma non la rigettano però sempre. Formano de' viali diritti, allorchè hanno qualche oggetto interessante a porre in vista. Quando il terreno è interamente piano, pare ad essi assurda cosa di praticarvi un sentiero tortuoso; poichè, dicon essi, è l'arte, oppure il passaggio costante de' viaggiatori, che l'ha fatto? Ma nell'uno, e nell'altro caso non è naturale di supporre, che gli uomini volessero scegliere la linea curva, quando posson andare più facilmente per la dritta alla loro meta.
Ciò che si nomina in Inglese CLUMP, vale a dire gruppo d'alberi, non è ignoto ai Chinesi; ma non li mettono tanto in opera, quanto noi. Non occupano mai tutto il terreno; i giardinieri loro considerano un giardino, come i nostri pittori considerano un quadro; ed i primi gruppeggiano i loro alberi nello stesso modo, che gli ultimi uniscono le loro figure, gli uni, e gli altri avendo le loro masse principali, e le secondarie.
I Chinesi, continua Chambers, circondano comunemente le loro fabbriche regolari di artificiose terrazze, di dolci pendìi, e di molte scale, i cui angoli sono ornati di gruppi di scultura, e di vasi intrecciati con ogni sorta di macchine idrauliche, che, congiunte con l'architettura, danno a quelle un'aria interessante, e vi aggiungono splendore, e strepito.
D'intorno alla principal abitazione, il terreno è quasi regolare ed aperto, e trattenuto colla maggior cura, e non vi si soffre veruna pianta, che possa in alcun modo impedire la vista della casa. La fabbrica è dessa campestre? La decorazione, che la circonda, è selvaggia. È dessa nobile? La decorazione è grandiosa. Finalmente la fabbrica è d'un aspetto gajo, e ridente? La decorazione è voluttuosa. In una parola, i Chinesi sono molto esatti a far regnare un solo e medesimo carattere nelle diverse parti delle lor composizioni.
Ritirano tutto l'avvantaggio possibile dagli oggetti, che sono fuori della loro appartenenza. Cercano di formare un apparente legame fra i loro giardini, e le foreste all'intorno, i campi, e l'acque lontane; e quando hanno alla loro portata la vista di città, di castelli, di torri, e d'altri oggetti considerabili, sanno essi servirsene con tanta economìa, ed industria, che si rimirano sotto tutti gli aspetti, e in tutte le possibili direzioni. Praticano lo stesso per rapporto ai fiumi navigabili, ai gran cammini, ai molini, e consimili oggetti semoventi, che possono animare, e fornire varietà al giardino.
Hanno delle decorazioni per tutte le stagioni dell'anno. Quelle della primavera consistono nei tigli, nei larici, nelle spine del fior doppio, nel mandorlo, nel persico, nelle rose, e nella varia famiglia dei caprifogli. Il suolo, e l'orlature de' boschetti, e de' boschi sono guarniti di giacinti selvatici, di garofani, di narcisi, di violette, di tuberose, di zafferano, e di tutt'i fiori, che spuntano in quella stagione. Introducono nel parco siti destinati per ogni sorta d'uccelli domestici, e selvatici, e da preda[5]. Altrove vi sono de' nidi, e de' siti accomodati per farvi covare il volatile; finalmente delle belle latterìe, e delle fabbriche destinate all'esercizio della lotta, della scherma, e di altre operazioni ginnastiche conosciute alla China. Ne' boschi vi praticano ancora dei grandi spazj, atti alla cavallerizza, a tirar d'arco, ed a far delle corse.
Per la state scelgono i Chinesi le parti più ricche, e meglio mantenute dei loro giardini. Queste parti sono inondate d'acque, che formano stagni, fiumi, e macchine idrauliche, con barche di varia costruzione, adattate ad andare alla vela, ed a remi a divertirsi alla pesca, alla caccia d'uccelli acquatici, ed al combattimento navale. I boschi sono composti di quercie, di faggi, di castagni d'India, d'olmi, di frassini, di platani, e delle diverse specie d'aceri, e di pioppi; i boschetti d'ogni qualità di bel arbusto, che porta fiori in estate: il totale offre il più bel verde, e la mescolanza di colori la più superba, ed armoniosa. Gli edificj sono vasti, brillanti, e numerosi. Ciascheduna scena ne presenta uno, o varj, de' quali una parte serve al ballo, ai conviti, al riposo, al bagno, ed alla meditazione.
Fra i gabinetti, e l'altre fabbriche, che adornano la parte del giardino, consacrata alla state, vi si trova spesso una sala con volto a foggia d'emisfero, dipinto con molt'arte, e rappresentante il cielo durante la notte; nella volta viene disposta una moltitudine di piccioli buchi coperti da vetri colorati, per i quali passando la luce, rappresenta il chiarore d'una bella notte estiva colle stelle, e la luna.
Sull'acque formano isolette galleggianti, fornite le une di tavole per il festino, le altre di seggiole per i musici, ed altre guarnite d'arbusti, sotto dei quali si trovano letti per il riposo, banchi erbosi, e tant'altre comodità della vita.
Le piantagioni dell'autunno sono formate da diverse specie di quercie, di faggi, e d'alberi, le di cui foglie si conservano di più, e che, seccando, producono un altro colore, come il RHUS CORIARIA, e l' EDERA QUINQUE FOLIA ec. V'intrecciano qualche albero conifero, e qualcuno di frutta, e gli arbusti, ed i fiori tardivi; degli alberi morti perfino con tronchi di una forma pittorica, e ricoperti da muschio, e da edera.
Le fabbriche, che adornano queste scene d'autunno, e d'inverno, inspirano frequentemente l'idea della decadenza, e della mortalità. Si vedono degli eremi, e degli ospizj, dove i vecchi e fedeli servi della casa vi passano in pace il restante de' loro giorni fra le tombe de' loro padri, e quelle più distinte della famiglia del lor signore. Rimangono in quà in là delle rovine di palazzi, di castelli, e di templi. Si veggono degli archi di trionfo consunti, e degli avanzi di monumenti superbi, dedicati un tempo alla memoria d'antichi eroi, le di cui iscrizioni sono per metà scancellate. Mettono in opera tutto ciò che può servire a segnare la caducità, le avversità, e la mortalità delle cose di questo mondo; e siffatto spettacolo, rinvigorito dal tristo aspetto, e dall'aria piccante dell'autunno, riempie l'anima di malinconìa, e la porta a delle gravi riflessioni.
Le differenti scene de' giardini Chinesi si congiungono tra loro pel mezzo di viali, di gran sentieri, di fiumi, e di laghi, ma con passaggi felici, ed ingegnosamente calcolati. I gran sentieri tanto diritti, che tortuosi, sono alcune volte abbastanza lontani gli uni dagli altri, e separati dai folti boschetti, che la vista non vi può trapassare. Talvolta si accostano, insensibilmente gli alberi s'allargano, e divengono men alti; l'orecchio è destato dalla voce di chi percorre l'opposto sentiere, e l'occhio è rallegrato dall'aspetto incerto delle persone, che compajono a traverso degli alberi, e dei rami. D'improvviso le piantagioni ridivengono spesse, e folte, gli oggetti spariscono, e le voci si perdono in un confuso mormorìo; poi i sentieri piegano di sbalzo verso gli stessi spazj scoperti, e le diverse compagnìe sono piacevolmente sorprese d'incontrarsi in uno stesso sito, dove possono vedersi, e soddisfare senza ostacolo la loro curiosità. I sentieri sono di sabbia, o di verd'erba, che non si limitano a coprire il sentiero, ma tratto tratto penetrano nel folto del bosco laterale, affine d'imitar la natura con maggior verità.
Ne' vasti giardini ciascheduna valle ha il suo ruscello, o il suo piccolo fiume, che serpeggia ai piedi delle colline, e va a gettarsi negli stagni, e nei laghi. Sono appassionati i Chinesi per l'acqua, che sanno così ben dirigere, e colla quale rendono più energica la tranquillità delle decorazioni quiete, aggiungono tristezza alle malinconiche, allegrìa alle ridenti, maestà alle nobili, e terrore alle spaventose».
La sola descrizione di Chambers eccita la fantasìa, e feconda la mente; e per lo meno lascia il desiderio di attenersi a' progetti più limitati, ma corrispondenti ai principj della vera e ben ragionata teorìa, e basta a segnare le traccie per ridurla alla pratica.
Gl'Inglesi, e tra gli altri il celebre Brown, dal quale i più moderni, ed i più vaghi giardini della Inghilterra riconoscono la loro esistenza, l'hanno fatto da lungo tempo, preceduti dalle seducenti descrizioni de' poeti, e dall'osservazione della natura, che hanno seguito passo a passo; e dalle loro opere pratiche n'è risultata una teorìa, che assicura, e facilita gli effetti, e i progressi dell'arte.
Tav. III. Piano generale di casa, e giardino Inglese. A. Ingresso alla corte. Essa comunica col giardino, isolando il palazzo.
B. Viali circolari. Alberi da una parte, e dall'altra il tappeto verde della corte. Essi mettono alla scala, dov'è la cordonata per le carrozze, che salgono al vestibolo.
C. Palazzo nella maggior elevazione. Gli appartamenti terreni devono dar luogo alle sottoposte cucine, ed altri ufficj. Un basamento contorna il palazzo, ed un corpo di gradini mette alla corte, ed al giardino.
D. Fabbriche laterali ad uso di stalle, di rimesse, ec.
E. Verzieri, e frutteti con serbatojo, e serre calde.
F. Obelisco, il cui piedestallo è attorniato da quattro colonnette con catena, e posa in alto per tre o quattro gradini.
G. Sito di riposo coperto.
H. Tempio rotondo, circondato da portico.
I. Altro tempio quadrilungo di stile Greco, in ruina.
K. Sito, da dove esce l'acqua dal giardino.
L. Capanna da pescatore, fabbricata con avanzi di barche, coperta di gionchi, ed al di fuori corredata da reti.
M. Romitaggio.
N. Latterìa.
O. Seggio circolare di buona architettura.
P. Rupe o scoglio, da cui precipitandosi l'acqua dà principio al fiume. Quì possono aver luogo avanzi d'antichità.
Q. Tre ponti variamente costrutti.
S. Casale fuori della cinta, al quale si va anche dal giardino.
T. Corso dell'acqua fuori della cinta.
NB. Le indicazioni degli oggetti, che concernono la corte, si possono osservare meglio nella veduta delpalazzo di Scoonemberg, tavola N.º 25. Il presente disegno è a presso a poco la pianta di quella corte.
OSSERVAZIONI RELATIVE ALL'ARTE DE' GIARDINI DEL MODERNO GUSTO.
Non si devono mai abbandonare consimili opere alla turba degli architetti volgari, ma domandano un artista giardiniere, fornito d'erudizione, di discernimento, di sensibilità, e di genio.
Onde meglio vedere quanto l'artista giardiniere s'allontana dall'architetto, e quanto poco possano seguire gli stessi principj, basterà osservare che il primo s'occupa dell'abbellimento di una superficie orizzontale, ed il secondo dell'abbellimento d'una superficie verticale. Dalla diversità di superficie, che questi due artisti mettono in opera, risulta di conseguenza una necessaria diversità di scopo e di piano. L'architetto vuol accontentar l'occhio tutto ad un tratto, e fargli colpire tutto ad un tratto l'armonica disposizione dell'opera sua; l'artista giardiniere ama di occupare con una successione insensibile, e gradata d'oggetti. L'architetto deve formare un piano il più semplice, perchè si possa abbracciare senza pena, e senz'imbarazzo; bisogna che dia alle diverse parti delle forme egualmente regolari, e proporzionate, onde si colga subito il rapporto delle parti al tutto; l'artista giardiniere in cambio, avendo tutt'altre viste, deve formare tutt'altro piano; cerca a nascondere le sue disposizioni, ed a spargervi una tal qual piacevole complicazione; tollera le ineguaglianze di suolo, e gli oggetti accidentali, ed irregolari; in una parola, opera di modo a non satollare con un sol colpo d'occhio lo spettatore, ma cerca d'occuparlo, e di divertirlo progressivamente, e per lungo tempo. A forza di regolarità, e di simmetrìa l'architetto produce l'effetto bramato, ed il giardiniere lo perde. Tendendo a scopi così differenti, devono altresì percorrere cammini diversi. L'artista giardiniere riuscirà felicemente, facendo quasi in tutto il diametralmente opposto a quanto deve fare l'architetto, il quale è inceppato dalla rigida proporzione, angustiato da regole invariabili dell'austera geometrica esattezza, nemica de' slanci del genio, che gela sovente tutto ciò, ch'è soggetto al suo calcolo.
La natura è il solo modello dell'arte de' giardini, ma presa a copiare, com'ella si offre ne' siti suoi prediletti. La natura dispone in un paesino tutti gli oggetti con libertà, e senz'affettazione. Essa non impiega nè uguaglianza simmetrica, nè misure artistamente compassate, nè uniformità di contorni, creando, e componendo precipizj, monti, colli, pianure, piante, fiori, boschi, ruscelli, fiumi, e laghi. Tutto appare sotto un aspetto spontaneo, e vario, e nello stesso tempo ripieno di quel piacevole abbandono, e di quell'apparente confusione, mille volte preferibile alla nostra più accurata esattezza. Ecco il modello, che la natura presenta all'artista giardiniere, che proponendosi di rallegrare, e di ricrear l'uomo colli medesimi oggetti, con i quali essa lo ricrea, deve pure com'essa presentarli nello stess'ordine. Essa è regola, e modello al tempo stesso; e l'artista non potrà riuscire, che imitandola fedelmente. Egli è un bel giardino quello, che con discernimento, e gusto è copiato dalla bella natura.
Un altro cattivo effetto della simmetrìa si è l'uniformità, e la noja, che ne sono inseparabili, e che sono direttamente opposte alla sensazione, che produr deve un giardino. Oggetti naturali, oggetti artefatti, tutto si accumula, nessuna varietà, nessuna distrazione aggradevole; si è veduto, si è colpito tutto alla prima occhiata. Noi sentiamo le nostre impressioni indebolirsi, e perdere la loro elasticità: noi vogliamo essere occupati, e non troviamo niente, che ci tocchi; noi sfuggiamo dalla noja, sortendo dai ristretti limiti di un giardino per iscorrere quegli spazj, ove regna la libertà, e dove la natura c'incanta con quella diversità di scene, che rapiscono, e che le è propria.
Queste osservazioni bastano a far sentire la differenza che passa tra l'arte del giardiniere, e quella dell'architetto. Ne sarebbe ancora più facilmente capace il figurista, come quegli ch'è applicato allo studio della più sublime proporzione; e meglio ancora il paesista, e per anche il pittor da teatro, che d'ordinario però non conoscono nè planimetrìa, nè botanica.
L'artista giardiniere deve cominciare dal formarsi un occhio, ed uno spirito capace a giudicar del bello. Rimirare le bellezze di un paesetto con piacer sensibile, e considerarle con occhio critico, sono due cose differenti. L'artista giardiniere, che vuol travagliare con successo, deve possedere un ammasso d'idee campestri, e non può acquistarlo che coll'esatta e sostenuta osservazione della natura. Deve aver una conoscenza estesa, non solamente dei differenti siti, oggetti, e caratteri del paesaggio, ma delle impressioni ancora, che producono questi siti, questi oggetti, questi caratteri, tanto isolati, che combinati, come lo possono essere in una infinità di maniere differenti. Ecco parte del vero studio della natura; studio, ch'è l'opera non di pochi giorni, ma di molt'anni, e che non può farsi in paesi nudi, ed uniformi, ma che domanda dei tratti di paese, arricchito di varietà, e di contrasti; che esige un occhio perspicace, e delicato, una viva sensibilità, la calma, l'arte finalmente del vedere, e di saper colpire il tutto, e tutte le singole sue parti.
Gioverà molto ancora all'artista giardiniere aver la conoscenza delle opere classiche, che i gran maestri, pittori e poeti hanno fatte d'appresso natura. Devonsi a queste opere ben studiate de' lumi, che noi consumeremmo molto tempo ad acquistare, se fossimo obbligati di cercarli noi stessi, consultandone la natura. Lo studio, che questi uomini di genio hanno fatto, accorcia tanto più il nostro, ed approfittandoci delle loro scoperte, noi facciamo economìa di un tempo prezioso, e ci mettiamo in istato di farne delle nuove. Per ultimo la compagnìa d'un pittor di paesi, di quelli che non sanno dipingere che dopo d'aver veduto con emozione, ed osservato con giudizio, riuscirà d'una grande utilità al giovine artista giardiniere.
Non gli si può abbastanza raccomandare di osservare attentamente la natura; e diffatti come potrà mai disporre le elevazioni, i piani, ed i fondi; come ordinare le piante, e i cespugli; come potrà mai distribuire, e condur l'acque; cavar partito da un deserto, se non conosce a fondo il valore, e l'effetto di questi oggetti isolatamente, e combinati? Nei giardini simmetrici dell'antico stil Francese non vi era bisogno di tutto ciò; ma volendosi dei giardini, che meritino questo nome, e che offrano la bella natura, l'artista, avanti di arrischiarvisi, bisogna che abbia osservato molto, e sia in conseguenza dotato di un'ubertosa immaginazione; altrimenti sarà spesso imbarazzato, o per lo meno riuscirà sterile; non farà che copiare senza successo delle imitazioni altrui, e degenererà mai sempre.
Dopo l'osservazione viene la scelta, essenziale per l'artista giardiniere, come per il paesista. Su di ciò è meglio ancora osservar nulla, che imitar tutto. Il buon pittore paesista spoglia gli oggetti, di cui si occupa, di tutto ciò che la natura può avervi lasciato di triviale, e di superfluo nel suo piano sublime; cava dalla vasta massa del paese le parti più belle, le più ridenti, le più frizzanti, e forma un nuovo insieme, che senza cessare d'essere naturale, è però al dissopra della natura ordinaria; perfeziona le disposizioni, e gli oggetti senza trasformare il loro carattere, e li combina senza toglierli di mezzo; stende, e riserra, aggiunge, e ritoglie, senza intorbidar punto l'armonìa. Compiuta l'opera, una nuova natura si svela, il tutto è vero, e non ostante l'original non esiste. Così agirà l'artista giardiniere, quale non renderà la fredda rappresentazione della natura insignificante, ed inanimata, ma la colpirà parlante all'anima con una sentimentale azione; ed ecco come il giardiniere sagace diviene conoscitore del sublime, del bello ideale, d'un bello, per così dire, di là dall'arte.
Questi ha di comune ancora col paesista la composizione. La natura permette ad ambidue di valersi della varietà infinita, di cui essa si serve per allettare, e di seguirla liberamente nelle loro composizioni, negli allargamenti delle superficie, e ne' fondi, nella mischia, e nella forma degli alberi, dell'erba, e dell'acque, nelle piantagioni, e negli abbellimenti, nei siti vasti, o limitati, montuosi, o piani, ridenti, o deserti. Esige da ambidue un'egual conoscenza delle leggi della prospettiva, onde sappiano ordinar gli oggetti di maniera a comparire con giusta proporzione, e a produrre pel mezzo delle loro forme, e dei lor colori un effetto aggradevole alla vista, una saggia disposizione, che prevenga la fatica, e la distrazione dell'occhio, e lo diriga successivamente alle più belle parti del totale. Frattanto che quì un recinto di colli, di boschi, e d'edifizj gl'impedisce di smarrirsi su prospettive nude, ed ingrate, o d'essere frastornato da oggetti non analoghi, o non convenienti, là lo porta a riposare su fondi felici, ed assortiti. Essa richiede finalmente d'ambidue l'arte d'accordare tutte le parti in modo che compongano un tutto armonioso, e ciò con varietà, con bella irregolarità, e con tutti gli accessorj immaginabili.
La riunione degli oggetti campestri non diletta mai tanto, che quando è animata dal muovimento. Per ottenere questi effetti, il paesista e l'artista giardiniere domandano il soccorso della linea curva, quella che Hogarth chiama il modello della bellezza, e della quale la natura si serve per disegnare tutt'i suoi contorni; fatta per la mobilità, come per l'immobilità sembra fatta la linea retta. Il paesista possiede ancora altri mezzi per comunicare a' suoi quadri l'apparenza del moto, e della vita, arricchendoli di figure, di fiumi, di cadute d'acqua, d'edificj, e di rovine; collocandovi tutto ciò che annuncia, o fa supporre la presenza dell'uomo; esprimendo gli effetti del vento sugli alberi, e sull'acque, quelli delle nuvole, del sole, della luna, e d'altre meteore nel cielo; mezzi che sono pure nelle mani dell'artista giardiniere, colla superiorità, che tutto diventa realtà per esso.
Finalmente la pittura di paese, e l'arte de' giardini s'incontrano nel colorito; e legge costante della bella natura si è non di assopire con colori smarriti, e monotoni, ma di risvegliare con tinte vive, e variate; quindi avverte il paesista, e l'artista giardiniere d'essere attenti alle sue produzioni, e di saper scegliere quelle tinte, che più valgono a far sortire l'effetto più favorevole al loro disegno. In generale devono dominare i colori gaj e chiari; ma le parti isolate, le grotte e le ruine possono essere rilevate da alberi, e da cespugli di una tinta più nera. Anche in ciò sono da seguirsi le regole della pittura: gli oscuri avanti, e gradatamente i chiari indietro, ed ottenere de' contrapposti, e de' contrasti, come altrove ne parleremo. Oltre la diversità infinita delle tinte, che si ritrova tra albero ed albero, ve n'è altresì una grande, che risulta dalla variata direzione de' rami, dalla picciolezza o grandezza del fogliame, dall'abbondanza, o dalla scarsità delle foglie.
L'artista giardiniere conoscendo bastantemente la botanica, ma più ancora in qualità di pittore, e d'uomo di gusto, che per rapporto alla difficile classificazione, all'arbitraria nomenclatura, e al più o meno di parti inservienti alla generazione, piantando, e combinando i diversi vegetabili, potrà produrre un quadro più vero, e più esatto di quello del paesista stesso. Può benissimo, formando delle ben intese gradazioni di tinte debili e forti, e di chiaroscuro, e maritando, e fondendo i colori d'una vaga maniera, offrire alla natura de' quadri, ch'essa stessa non ha composto, che di rado. Come le tinte dei vegetabili cambiano a grado delle diverse stagioni, così bisognerà che vi ponga la maggior attenzione, e che preveda ogni cosa. Bisogna che conosca eminentemente la simpatìa de' colori, e i differenti tuoni del medesimo colore.
Dal confronto, che abbiamo fatto di queste due arti, manifestamente emerge, che quella del giardiniere sorpassa altrettanto quella del pittore, quanto la natura sorpassa la copia; e diffatti nessun'arte è più la natura stessa, che quella de' giardini. La presenza degli oggetti è reale, ed effettiva; l'acqua si presenta col suo aspetto, e col suo mormorìo; i colori brillano all'occhio con uno splendore, una vivacità, un calore, che invano si sforzerebbe di colpire lo stesso pennello magico del Tiziano. Lo sviluppo successivo delle differenti scene d'un giardino presta un più lungo piacere, e più instaurante, che il più bel paesino in pittura, che l'occhio ha ben presto interamente abbracciato. Di più l'artista giardiniere guadagna in estensione, e non lascia desiderar gran cosa. Molti oggetti belli in natura perdono nell'essere imitati; molti altri, che il pittore è costretto di riserrare in piccolo spazio, si perdono facilmente in un'informe massa, malgrado le leggi della prospettiva. Finalmente la composizione di un quadro resta sempre la stessa da qualunque parte si esamini; l'artista, come lo spettatore non vi possono cangiar l'ordine adottato, e per conseguenza l'effetto suo è invariabile. Ma l'artista giardiniere è padrone di moltiplicare le sue composizioni, facendole considerare sotto diversi punti di vista. Può, mediante la disposizione de' suoi sentieri, marcare diverse visuali allo spettatore, che lo fermino, e l'obblighino d'esaminare il piano da un altro lato. Può dunque, pel mezzo della varietà, e successione delle vedute, che dirige conformemente al suo scopo, produrre un seguito di movimenti, che si rinforzino reciprocamente colla loro energìa, e che offrano all'anima un indicibil diletto.
Il talento d'un bravo giardiniere è di farsi copiare dal pittore, e divenire il modellatore del paesista. Qual estensione adunque di cognizioni, di genio, di avvedutezza!
Tav. IV. Pagliajo rotondo, ricavato du détail des nouveaux jardins.
DELLA DESTINAZIONE, E DIGNITÀ DE' GIARDINI.
Affin di cercare, e d'ottenere lo scopo prefisso de' giardini Inglesi, converrà prima formarsi un'idea della destinazione, e della dignità de' giardini in generale. Un giardino è un luogo destinato a far gioire tranquillamente l'uomo de' beni della vita campestre, e delle rinascenti delizie delle stagioni. Tutt'i piaceri, che la natura riserba per i suoi prediletti amici, ponno trovarsi nel recinto d'un vasto giardino ben ordinato, e tutti questi vantaggi aumentano di pregio a misura che il discernimento, ed il buon gusto presiedono alla disposizione, e coltura di esso. L'uomo, che non è ancora abbastanza degenerato, prova de' godimenti, che lo confortano nel raccoglimento, nella quiete della campagna, nella freschezza dell'aere, ne' soavi odori, ch'esalano le piante, e i fiori, e negli avvantaggi, che ne risultano per la salute, e per lo spirito; ama trovarsi fra una sorte d'innocenza, che non ritrova nelle città, e fra una possibilità minore di delitti; prova delle amene distrazioni; i suoi sensi sono soddisfatti, e sente quella tacita compiacenza, che inspirano al cuore le scene campestri della natura, e la dimenticanza felice delle inquietudini, e delle pretese del mondo; solleva l'anima verso il suo creatore, e passa dolcemente in revista il bello, il grande, il vario, la vita, e la morte. La campagna, ed un giardino, ch'è la campagna in miniatura, ed in bello, diventa così il domicilio del sollievo dopo le pene, quello del riposo delle passioni, e del ristoro dei travagli, il teatro delle occupazioni le più graziose, e primitive dell'uomo, il tempio, ove si adora la suprema saggezza.
La destinazione generale dell'arte de' giardini sarà dunque quella di destare piacevoli sensazioni, oltre quelle, che naturalmente risvegliano i siti allegri, i solitarj, e melanconici, i romanzeschi, e solenni; e l'arte consisterà nello scuotere l'altrui immaginazione, e sensibilità con un'armoniosa catena di emozioni diverse, prodotte dal vario, dal nuovo, dal bello, dal selvaggio, e dal patetico.
Gli oggetti, che rinchiude un giardino, sono quelli, che la bella natura presenta al monte, e al piano. L'artista giardiniere sceglierà, e raccoglierà fra essi particolarmente quelli, che più agiscono sopra la facoltà sensitiva, e sopra l'immaginazione, poi li acconcerà, li combinerà, e li disporrà in guisa, che la loro forza sia accresciuta. È per questo mezzo che un luogo, cangiando di natura, comincia a differire da un sito abbandonato, da una campagna soverchiamente monotona, e fatta per la sola utilità, e comincia a diventar giardino. Prima legge generale dell'arte dei giardini.
Ma un giardino essendo l'opera dell'applicazione, e del genio, deve fortemente commuovere l'immaginazione, ed il cuore; e l'artista rinforzerà in conseguenza l'impressione, che cagioneranno gli oggetti naturali da lui stati scelti, ed accozzati con criterio, mescolandovi degli oggetti artificiali, ed analoghi, seguendo i principj dell'unità. Seconda legge generale di quest'arte.
Ciascuna specie particolare di giardino, che venga immaginato, presenterà una determinata destinazione, che sarà la sorgente delle regole da osservarsi nella di lui composizione, fisso stante il principio di ricreare, e di divertire. Questa destinazione eleva i giardini alla classe dell'opere più stimabili dell'arte, e li sommette per conseguenza alle leggi invariabili del bello. Sotto quest'aspetto l'arte de' giardini diventa la filosofia degli oggetti variati della natura, del loro potere, e della loro azione sopra l'uomo. Deve quest'arte prefiggersi di non allettare soltanto i sensi esterni, ma di diventare una sorgente di contentamento interno per l'anima, di ricchezze per l'immaginazione, di delicatezza per il sentimento: dilata così la sfera del buon gusto, e delle arti tutte, applica lo spirito creatore dell'uomo ad una nuova messe, che non aveva peranche conosciuta, penetra a fondo, e rende, per così dire, più belle le opere della natura, ed abbellisce questa terra, nostro soggiorno per un tempo.
L'arte de' giardini può vantarsi d'avere la superiorità fra tutte l'altre bell'arti. È un'arte, e non pertanto è amalgamata colla natura più di qualsiasi altra. Ci fa gioire di tutta la varietà, di tutt'i piaceri della campagna, di cui la pittura di paesetto non ce ne offre che una parte; produce d'improvviso delle impressioni, che la poesìa descrittiva non risveglia che successivamente per un progresso d'immagini; procaccia un piacere più vivo, e più lungo, che le statue, i quadri, e gli edificj; poichè l'accrescimento continuo, i cambiamenti delle stagioni e dell'atmosfera, il movimento delle nuvole e dell'acque, l'intervenzione degli uccelli e degli insetti, e mille piccoli accidenti cagionati dall'avanti e dall'indietro, adornano un giardino con tanta varietà e magìa, che non cessa mai di allettare; bellezze inoltre alla portata di chiunque, e frammischiate sempre colla comodità, e coll'utile.
L'arte de' giardini non si limita a copiare la natura, abbellendo il domicilio dell'uomo; accresce di più il natural suo sentimento verso la bontà divina, si presta all'allegrìa ed al brio, ed aumenta persino la benevolenza dell'uomo per i suoi simili. I deserti della Lapponia e della Siberia non stancano soltanto, ed intimidiscono il viaggiatore; spengono altresì il sentimento, ed il genio dell'abitatore, inspirando l'indolenza, il cattivo umore, il malcontento, e l'abbattimento.
Nelle regioni ben coltivate ed ornate di giardini si vedranno gli uomini accostumarsi per preferenza ai decenti e tranquilli piaceri, che ivi offre la natura, ed insensibilmente obbliare gl'insulsi e rozzi trattenimenti. Circondati da oggetti incantatori, il loro spirito diverrà lieto e sereno, e i loro sentimenti più dolci, ed umani; sentiranno la loro indole spinta a dispiegare più presto, e con successo le sue più belle facoltà. Egli è certo che le scene ridenti della campagna, e de' giardini hanno un potere più importante, che volgarmente non si conosce, sopra l'immaginazione, e sopra la sensibilità. Lo scosso ed esteso pensiero non si arresta; da una serie d'idee novelle si eleva ad un'altra, infino a tanto che, abbandonando i noti oggetti, d'onde è partito, si slancia in preda de' trasporti, che cagiona la considerazione del bello, e del grande.
DELLA GRANDEZZA, E DELLA VARIETÀ.
Fra le qualità che rendono gli oggetti naturali proprj ai giardini, e che dobbiamo determinare con qualche esattezza, domanda la nostra prima attenzione la grandezza.
L'uomo per una connaturale sua inclinazione odia tutto ciò, ch'è ristretto, ed ama l'estensione, e la grandezza. L'aspetto di piccioli oggetti, rinchiusi in picciolo spazio, ci satolla, e ci disgusta presto, e la vista di tutto un paese, di montagne, di rocchi, d'acque spaziose, di boschi, ci rianima.
Quanto l'anima si allarga, quanto estende le sue forze, e si affatica di tutto abbracciare, allorchè le si scopre in prospettiva il mare, oppure allorquando in una bella sera d'inverno il cielo sembra svilupparsi senza limite agli occhi nostri, e vi si mostra co' suoi lucenti pianeti, e colle sue sfavillanti stelle! L'amore dell'uomo per il grande agisce così fortemente, e così visibilmente, che non si può dubitare della realtà di questa sua inclinazione, che sembra annunciare la nobile destinazione della specie umana. Il godimento della grandezza presta alla immaginazione, e allo spirito un alimento, che lo soddisfa compiutamente; slanciasi da una stazione ordinaria, e poco elevata verso una sfera più sublime di sensazioni, e d'immagini; sente che non è più un uomo volgare, ma un essere, la cui energìa e vocazione sono al dissopra del centro, che occupa.
Un paesetto piuttosto che un giardino è destinato dalla natura a fornirci il piacere, che risulta dalla grandezza; ma un giardino pure proporzionatamente deve tendere a procurarci tal piacere. La grandezza in fatto di paese comprende in se l'estensione degli oggetti naturali, e quella del luogo, ov'essi si trovano. Si potrebbe ancora distinguere il grande dalla grandezza; così appunto un boschetto di quercie annose avrebbe qualche cosa di grande, cagionato dagli alberi stessi, che lo formano, frattanto che un esteso bosco di salici riuscirebbe sempre meschino.
L'estensione delle parti costituisce la grandezza; la loro diversità, e le loro differenze formano la varietà; ed armoniosamente accoppiandosi la grandezza colla varietà, ne risulta la perfezione in fatto di paesetti, e di giardini.
La varietà sembra più indispensabile ai bisogni dello spirito, che la grandezza. Gli stessi oggetti offerti agli occhi nella medesima posizione, un'eterna monotonìa, un'uniformità costante di tinte non solamente stancano, ma cagionano un segreto martirio.
Come le differenti parti diversificate, d'onde risulta la varietà, possono nello stesso tempo avere una certa estensione, la grandezza, e la varietà in conseguenza saranno suscettibili d'un'intima unione. Tuttavìa queste due qualità restano sempre troppo essenzialmente differenti, perchè si possano confondere. Due quadri delineati da un gran poeta, da Haller, mettono la cosa in evidenza.
QUADRO DELLA GRANDEZZA.
«Un miscuglio di montagne, di laghi, e di macigni s'offre distintamente all'occhio, benchè sotto colori, che gradatamente s'indeboliscono. Nel fondo azzurro della perspettiva delle alture coperte di folti boschi riflettono gli ultimi raggi. Un'alpe poco distante presenta delle terrazze dolcemente inclinate, ricoperte d'armenti, che co' muggiti fanno risuonare le valli d'intorno. Un lago, posto fra le roccie, offre uno specchio immenso; una fiamma tremante brilla sulle placid'onde. Là delle verdeggianti valli s'aprono alla vista, formando sinuosità, che si ristringono allontanandosi».
QUADRO DELLA VARIETÀ.
«La verdura de' boschi su questi ameni colli era tratteggiata dal biondo colore de' sottoposti campi. L'Aro nel suo tortuoso corso, e variato rifletteva su le pure onde un folgorante lume. A lui vicino, la capitale della Nuitonia, soggiorno di pace, e della confidenza, presenta le sue mura, che alcun nemico non ha giammai sforzate. L'occhio girando d'intorno vede regnar la pace, e l'abbondanza. Sotto la sua capanna ricoverta d'umile musco quì il povero gioisce della libertà, e del frutto de' suoi sudori. Da un lato la terra era coperta di pecore, che ruminavano con avidità, frattanto che da un altro de' pesanti bovi, mollemente stesi sull'erba, rianimavano il loro gusto, ruminando del fiorito trefoglio. Il cavallo, sbarazzato dal freno, e dal travaglio, saltava sull'erba nascente de' campi, che sovente lavorato aveva. I boschi non offrivano uno spettacolo meno lusinghevole; dei faggi, quasi spogliati, fiammeggiavano colà d'un rossore ardente; altrove dei folti pini gettavano la lor ombra sull'erba pallida; i raggi del sole spargevano attraverso de' rami oscuri la tremante lor luce, ed una verd'ombra, variamente graduata, scherzava col fuoco del giorno. L'amabile silenzio di questi boschi! E qual incanto ancor più dolce nella voce dell'eco, quando una turba di felici creature, immerse nel riposo, e nell'abbondanza, riunivano le loro voci per cantare il piacere! Un vicino ruscello talvolta colà mormorando colle debil'onde sul verde smalto, e tal altra cambiate in neve, ed in perle le versa con istrepito nell'abisso de' rocchi».
Del resto la varietà non si limita semplicemente agli oggetti, ma si estende ancora ai differenti lati, da cui si considerano questi stessi oggetti, e ai differenti punti di vista, sotto de' quali si abbracciano. Un solo edificio, un sol gruppo d'alberi, qualche volta pure un albero solo può essere, per così dire, moltiplicato dalla maniera di presentarlo.
Secondo le leggi della varietà lo spazio più conveniente per un giardino sarà dunque quello, in cui colline, ripiani diversi, acque, e fondi offrono gli oggetti sotto diversi aspetti, e forniscono variate lontananze. Bisogna che lo scoperto succeda al rinchiuso, il chiaro all'oscuro, l'attraente al patetico, il tranquillo al sublime, il selvaggio ed il romanzesco all'elegante: bisogna riempire di piantagioni gli spazj vuoti, ed animar le colline con cespugli, con cadute d'acqua, e con fabbriche; e medesimamente diversi oggetti d'una stessa specie devono comparir differenti pel loro carattere, per la loro forma, e per la loro situazione.
DELLA BELLEZZA.
La bellezza dà l'ultima mano di possibile perfezione alla grandezza, ed alla varietà. L'artista giardiniere giugnerà a dare alle distinte parti e variate del suo totale quella bellezza, della quale saranno suscettibili. Se, conforme l'opinione d'alcuni critici, la bellezza consistesse nelle qualità, per le quali gli oggetti cagionano un piacer sensibile, sarebbe evidente, che una parte di questo attributo risiederebbe di già nella grandezza, e nella varietà. È più probabile la tesi, che la bellezza risulta dall'organizzazione delle parti, onde meglio servire al loro fine, e dalla fusione armonica, e cospirante delle medesime parti a formare un tutto di maggior coerenza, e durata, per cui applicandosi questa ragionata teorìa alla bellezza campestre, ossia a quella de' giardini pittorici, essa risulterà dall'ottener meglio lo scopo, a cui sono diretti, quello cioè di costantemente ricreare. Ma la bellezza campestre, considerata per se stessa, pare che possa ridursi a due principali capi, colore, e movimento.
La proporzione in generale può altresì offrire qualche sorta di bellezza, ma quella del regno vegetabile non sembra necessariamente prescritta dalla proporzione. E diffatti quale proporzione troviamo noi mai tra i fiori delle piante, ed i lor rami, e tronchi; tra quelli dell'erbe, e de' loro steli? Il debil gambo della rosa si piega sotto il largo suo bottone, e il picciol fiore del pomo viene su d'un grand'albero; e tuttavìa l'arbusto, che ci dà la rosa, e l'albero, che porta i fiori del pomo, hanno, malgrado la loro rispettiva disproporzione, una guarnitura molto piacevole.
La bellezza campestre risulterà specialmente dalle forme, ma non da quelle tanto esatte, che la natura impiega ne' suoi capi d'opera isolati, e che nell'arte del disegno determinano una parte così essenziale della bellezza. Nella disposizione de' ridenti paesetti, travagliando sopra grandi masse, poteva la natura abbandonarsi ad un maggior arbitrio, e non ha scrupolosamente osservata l'esattezza de' rapporti. Potrebbesi mai sostenere che nel guarnimento d'una roccia, ricoperta quì d'alti pini, e là d'umili cespugli, e perfino di semplice corallina, regni un'esatta osservanza delle proporzioni, o che nelle piante d'una selva, nella maniera che spiegano i rami loro, nel colorito delle foglie, domini un rapporto tale, che si possa render ragione, perchè queste situazioni, e queste forme debbano esser così, e non altrimenti?
Pare senza contraddizione vero, che, componendo paesetti, la natura non ha preteso in generale di produr la bellezza, compartendo agli oggetti una determinata forma, perchè degli oggetti della stessa specie, presentati sotto forme diverse, ed opposte, sembrano egualmente sempre belli. Noi troviamo bello un bosco, i cui alberi sono alti, e slanciati, e medesimamente troviamo bello un altro bosco, composto di bassi tronchi. Che il bosco s'incurvi in volte opache, o che lasci trapassar la luce del giorno, sempre ci cagionerà sommo diletto; che un fiume stenda l'ampio suo letto fra una valle, o che dividendo le sue acque cada dall'alto d'un monte, nell'uno e nell'altro caso potrà aver diritto alla bellezza.
Se gli oggetti campestri debbono dunque acquistar la bellezza dalle forme, pare che non possa essere per altro mezzo, che per quello delle curve. La linea retta non riesce assolutamente priva di bellezza in un paesino, ma egli è certo, che le curve somministrano un piacer più sensibile, ed apportano un'impressione più durevole. Una selva, che si prolunghi su colli, e fra valli, e si allarghi ora quà, ora là, riesce sicuramente più bella, che un'altra uniforme al lungo d'una pianura. È più evidente cosa, che il colore, ed il movimento sono parti essenziali della campestre bellezza.
DEL COLORE.
I colori interessano più generalmente l'uomo, che le forme: basta d'aprir gli occhi per i primi; e per gustar le seconde, convien paragonare, e giudicare. Il colorito imprime agli oggetti un poter grande sopra la sensibilità, ed eccita il sentimento della gioja, dell'amore, e del riposo. La natura fa pompa d'una varietà maravigliosa di colori, che colle loro tinte forti, o moderate, col loro fuoco, o colla loro dolce luce, col loro miscuglio, e colla loro fusione, co' loro getti, e riflessi offrono il più seducente spettacolo.
Nè soltanto è d'ammirarsi la magnificenza dei colori nel regno vegetabile, ma precipuamente devesi quella ammirare, che produce l'aurora, ed il sol cadente, spettacolo, che, rapendo i sommi poeti, e pittori, inspirò ad essi le più valorose lor opere.
Oltre questa pompa di corta durata, che spiegano i colori ne' fiori, ed al levare, ed al cadere del giorno, la natura ci presenta ancora nella generale decorazione de' paesetti una bellezza di colorito meno grande, ma più stabile. Il verde, che rinfresca, e benefica la vista, è quello, che signoreggia nelle belle campagne. Qual varietà infinita non offre questo sol colore, rimbrunendosi, degradandosi, e fondendosi, e non solamente per gli effetti de' fondi, che per quelli del chiaroscuro? E quì la natura insegna all'artista giardiniere di allettare colla medesima varietà, e successione di verdi; ed è ancora in sua balìa di superarla, procurando di operare dei miscugli, e delle degradazioni più fine, e delicate.
Le capitali leggi, che osserverà sul colorito, sono le seguenti:
1.º Eviterà l'uniformità, e si ricorderà che opera direttamente contro i precetti della natura, allorquando non si serve che d'un sol verde.
2.º Non s'immaginerà essere cosa indifferente mischiare a caso i colori delle sue piantagioni, ma rifletterà che vi vuol pensiere, e scelta, onde produrre all'occhio un felice effetto in fatto di colori.
3.º Sopratutto avrà cura d'impiegare colori chiari, e vivi, affine di risvegliare lo spirito. I colori di questa tempera non animeranno soltanto, e principalmente gli oggetti più vicini, ma formeranno la massa principale del suo quadro campestre.
4.º Distinguerà le parti del suo spazio totale, le quali o per la loro situazione, o per la loro natural disposizione, ovvero attesa la destinazione, ed il carattere che loro s'intende di dare, collocandovi delle fabbriche, esigono un color differente, analogo alla cosa, che vi si vuol introdurre. Un sentiere di traverso, che conduce nel bosco, potrà essere ombreggiato d'una verdura meno gaja: le grotte, e gli eremi vogliono essere velati d'un fogliame oscuro, e melanconico.
5.º Studierà la simpatìa de' colori, e si applicherà a maritare, ed a fondere quelli, che sono amici, di maniera che ne risulti una perfetta armonia. Non farà unicamente attenzione all'effetto, che produce attualmente, e da vicino l'unione de' colori, ma a quello altresì, che produrrà da lontano nella successione delle stagioni, e degli anni.
6.º Darà, per quanto sarà possibile, a' suoi oggetti naturali, ed artefatti uno spazio, ed una posizione propria a rilevarne le bellezze, rischiarando questi oggetti con una luce diretta, e con raggi interrotti, a misura che la loro situazione, o la loro destinazione l'esigono, e lo permettono.
7.º Avrà cura l'esperto giardiniere, che la distribuzione de' suoi verdi ottenga l'effetto della prospettiva del colore, detta dai pittori prospettiva aerea. Se avrà un ampio locale, ove tutto abbandonare all'effetto, e all'interposizione dell'aria l'allontanamento degli oggetti, allora sarà in minor bisogno di attenersi al rigore di questa legge: ma se avrà un picciolo spazio, e brami di far sfuggire rapidamente il suo bosco, il suo viale, i suoi cespugli da un tale determinato punto di veduta, dovrà esser sollecito di collocare nell'avanti gli alberi, e le piante, che abbiano il verde più cupo, le foglie più grandi, e dettagliate, e i tronchi dalla scorza più rugosa, e nericcia, mettendo al confine del suo orizzonte i verdi più pallidi, i tronchi più lisci, le foglie biancastre, che tanto brillante effetto producono dominate dal sole. Così otterrà il maraviglioso effetto d'ingrandire il luogo per la degradazione de' colori, appunto colle medesime regole, che la prospettiva ha stabilite per il pittore paesista.
DEL MOVIMENTO.
Il movimento produce bellezza, perchè accompagnato da varietà, e cambiamento. Esso è indispensabile negli oggetti campestri, affinchè possano piacere stabilmente. La veduta de' siti più ameni comincia a stancarci, allorquando non ci presenta, che oggetti immobili, e nel riposo, quando non vi compaja cosa, che rompa questa tranquillità uniforme, ed annunzi un'esistenza animata. Tale osservazione non è sfuggita a' più abili paesisti, che tuttavìa restano ben al di sotto dell'artista giardiniere, quando si tratta di produr movimento, non potendo i primi che semplicemente indicarlo, e non renderlo sensibile. Cotesti pittori animano i lor paesetti ora con pastori, ora con viandanti, ora con mandre erranti a caso, ora col volo degli uccelli: fanno sibilare il vento attraverso le foglie, rappresentano cadute d'acqua, ed il fumo, che s'innalza al dissopra de' casolari. Nello stesso modo l'artista giardiniere dovrà procacciarsi movimento nell'opere sue, e tanto più ch'esso sarà reale, ed ottenuto con maggior facilità. Per ottenerlo non dovrà dimenticare le seguenti massime:
1.º Sceglierà un sito, ove il vicinato gli presti delle vedute, dirò così, mobili, o semoventi, come sono i villaggi, e le colline, i campi, ed i prati; ove pascolano gli armenti, ed ove travagliano i giornalieri; i laghi, ed i fiumi animati da batelli, e da pescatori, e le grandi strade ricoperte di gente, che va, e viene.
2.º Vorrà egli procacciarsi del movimento nello stesso giardino? Impiegherà per ottener questo intento degli oggetti mobili di loro natura.
3.º Soverchio movimento distrae, e stordisce, motivo, per cui l'artista giardiniere cercherà di non procacciarsi che un movimento dolce, e spontaneo.
4.º Esaminerà per qual mezzo potrà produrre movimento, e vita. La natura ha riserbato a se il movimento dell'aria, e delle nuvole, ma permette all'artista giardiniere di vivificare il suo sito con altri mezzi. Può fare scorrere l'acqua ora presto, ora lentamente; può farla cadere da piano in piano, o farla precipitare dalla cima d'una scoscesa rupe; può variamente condurla, e distribuirla a suo talento. La sua piantagione è esposta al vento; una quantità d'uccelli non mancherà d'annidarvisi, ed i vario-tinti insetti leggiadramente svolazzeranno intorno.
DELLA VAGHEZZA.
Che la bellezza campestre risulti dal colorito, o dal movimento, sarà sempre suo effetto costante di risvegliar piacere, tosto che agisca sopra l'immaginazione; ma negli oggetti, nella loro situazione, e legame risiedono ancora delle proprietà, che ci apportano soddisfazione, e che ci prevengono in loro favore, senza però rapirci; e queste proprietà costituiscono la vaghezza, talmente collegata colla bellezza, che difficil cosa riesce distinguere i tratti di famiglia, che la caratterizzano; affare più di sentimento, che di raziocinio, e particolarmente rimarcabile all'effetto.
La bellezza fa nascere in noi un piacer vivo, grande, e talvolta pure accompagnato da entusiasmo; e la vaghezza d'un oggetto produce una dolce emozione dell'anima, una tranquilla inclinazione, una pacifica e durevole compiacenza a contemplarlo. Le sue impressioni sono più deboli, ma soavi; non fortifica lo spirito come un alimento sugoso, ma lo rinfresca, come la rugiada rinfresca la rosa. La bellezza è imperiosa, la vaghezza è insinuante. La vaghezza dunque si fonderà sovra una specie di giusta economìa, e di moderazione: moderazione ne' lumi, e nel colorito, moderazione nelle mosse. La vaghezza nasce dall'impasto, dallo sfumato, dalle velature, e dalla parsimonia. L'arco baleno è bello, quando i suoi colori brillano con tutto il loro splendore; egli è vago, quando insensibilmente si perdono. I raggi liberi e risplendenti del sol nascente son belli, e divengono vaghi, allorchè penetrano per il verde fogliame, che gl'intercetti. Una gran caduta d'acqua è bella; la sorgente, che mormora, è vaga.
In generale, noi vediamo rare volte la natura comporre tutto un quadro d'oggetti, che non abbiano che la vaghezza, ma piuttosto la vediamo mischiare questi vaghi oggetti ad altri, che hanno della grandezza, della varietà, e della bellezza. Non trascura il vago, perchè produce il suo effetto, ma non l'impiega unicamente; lo associa ad oggetti di maggior energìa, affine di produrre con questa mischia un'impressione più variata, e soddisfacente. Colla scorta di tal istruzione l'artista giardiniere cercherà pure nella natura gli oggetti aggradevoli, e vaghi per abbellire il suo recinto, ma considererà questi oggetti come parti parziali, ed aggiunte.
DELLA NOVITÀ, E DELLA SORPRESA.
La novità occasiona un movimento de' più vivi, e tocca quasi più che il bello, ed il grande. La novità può trovarsi in parte nell'oggetto stesso, ed in parte nel modo, in cui si presenta. Trattandosi d'oggetti campestri, sembra che la novità debbasi particolarmente investigare nella loro situazione, e nella loro connessione. Ma come l'emozione, che produce la novità, riesce di corta durata, così bisognerà congiungervi la grandezza, e la beltà. Le impressioni proprie di queste due qualità riunite rinforzano l'emozione, che porta la novità, e la prolungano maggiormente. È fuor d'ogni dubbio, che un oggetto interamente nuovo per noi ci tocca più d'un altro, in cui la novità non risiede che in alcune parti, o in qualche alterazione; tuttavìa la novità, anche in parte, produce sempre il suo effetto. Un bosco non è una rarità, e tuttavìa il verde fogliame, che lo riveste a primavera, gli dà l'allettamento della novità. Una rosa non è cosa straordinaria; tuttavìa qual piacere ci apporta il primo bottone, che scorgiamo sul rosajo? La natura fa giornalmente comparire de' cangiamenti agli oggetti, che abbiamo sotto gli occhi; e la novità di questi cangiamenti conserva loro un poter attraente. L'artista giardiniere cercherà in conseguenza oggetti, ne' quali la natura produce una continua variazione. Un oggetto può parer nuovo, pel mezzo del punto di vista, sotto cui si scorge. La natura produce pari novità, per cui devesi diligentemente investigare questa sorgente di piaceri. Veduto un oggetto da vicino, o da lontano, ora allo scoperto, ed ora per metà celato, ora in una tal situazione, e in una tal combinazione, ed ora in una tal altra, può benissimo, almeno per qualche istante, produrre illusione, e sembrare un nuovo oggetto. L'arte di render le cose nuove, dando loro dei differenti aspetti, forma una delle primarie risorse del giardiniere.
L'inaspettato non è il nuovo, ma gli è collegato da vicino. Negli oggetti aggradevoli, l'effetto della novità è l'ammirazione, che diverte, e quello dell'inaspettato è la sorpresa, sentimento assai più vivo.
È cosa chiara, che, affinchè un oggetto piacevolmente sorprenda, bisogna che abbia le qualità per ciò richieste, e si converrà facilmente che questi soli oggetti s'accordano colla destinazione de' giardini, e non quelli, che sorprendono d'una maniera disaggradevole, ributtante, e spaventosa.
A forza di rivedere i medesimi oggetti, e di famigliarizzarsi con essi, anche le cose più belle alla lunga stancano, e a questo difetto della natura umana deve in parte rimediare l'inaspettato, rianimando il gusto. E particolarmente ne' giardini Inglesi, che, potendosi fare in ciaschedun anno una certa spesa, non sarà difficile di perpetuarsi con de' leggeri cambiamenti l'effetto della sorpresa, senza punto alterare il carattere del giardino.
Le principali regole per l'artista giardiniere, che risultano da queste osservazioni, sono:
1.º Non disporrà mai il suo piano in maniera che si possa colpirne il totale al primo colpo d'occhio. Non lascierà scorgere, nè indovinare quale scena segua la precedente. Più nasconderà le sue disposizioni, più la loro subitanea apparizione colpirà[6].
2.º Presterà attenzione agli oggetti, ai siti, alle lontananze ec., pel cui mezzo si propone di sorprendere. Non basta che sieno aggradevoli; conviene di più che sieno importanti, scelti, e distinti. Una cosa comune, per quanto si mostri all'impensata, non cagiona che una debole impressione. Preparati a una sorpresa, non bisogna poi che succeda il parto della montagna d'Orazio.
3.º Senza varietà, e cambiamento l'effetto non sarà che poco considerabile. Allorquando dopo un oggetto, che ci ha sorpresi, il medesimo oggetto, oppure un altro simile s'offre di nuovo, ha di già consumata la sua più gran forza sopra di noi, e si rivede con indifferenza. L'apparizione di molti oggetti, e differenti tra loro produce un seguito continuo d'emozioni; ma anche su tal proposito fa di mestieri della più sagace economìa, e vi vogliono riposo, e pause. Sopratutto sarà proscritto qualunque raffinamento, e giuocarello al di sotto della dignità d'un giardino, ove deve regnare il sano discernimento, ed il buon gusto.
DEL CONTRASTO.
Il contrasto, specie di cambiamento, che risulta dal confronto d'un oggetto con un altro dissimile, riesce un mezzo atto a produrre vive emozioni. Se ne serve d'esso la natura ne' suoi più superbi paesetti, e gli abili pittori, ed i sommi poeti l'hanno imitata con successo ne' loro quadri, e nelle loro descrizioni. Per rapporto ai contrasti, convien fare attenzione alle seguenti osservazioni:
1.º Propriamente parlandosi, non è che nelle grandi estensioni di paese, e non in un piccol sito campestre rinchiuso, che la natura c'incanta pel contrasto degli oggetti. Il giardino, in cui se ne vorran praticare, sarà esteso assai, e bisognerà di più che la natura l'abbia di già preparato a tal uopo, o per lo meno che comodamente vi si possano fare le necessarie disposizioni. Cercare a produr de' contrasti in un picciol sito, sarebbe sopraccaricarlo, e per conseguenza imbarazzarlo, e renderlo insignificante.
2.º Non conviene crucciarsi per praticar de' contrasti nel giardino, nè praticarne dappertutto. Osservando la natura, si scorge ch'ella si abbandona ad una specie di sentita negligenza, quando mette gli oggetti in contrasto; e dessa non si tormenta a porre dovunque ineguaglianze, ed opposizioni marcate; ma piuttosto fa succedere un seguito di consimili combinazioni.
3.º Il contrasto può aver luogo fra oggetti di natura, e di specie differenti, oppure fra oggetti della stessa natura, ma solo dissimili per le loro proprietà. Il primo di questi contrasti produce maggior effetto, ma bisogna impiegarlo con molta precauzione in un giardino, perchè l'artista giardiniere può facilmente essere indotto a presentare oggetti, che non si accordino punto col totale, o ben anche frastornino, ed intorbidino l'impressione principale. Tal sorta di contrasto regna particolarmente ne' paesetti, e può trovar luogo ne' vasti recinti. L'altra sorte di contrasto è più conveniente a' piccioli giardini, e cagiona un effetto più debole, ma più sicuro. Si cercherà di riunire abilmente queste due sorti di contrasto, per quanto lo potran permettere l'estensione, e la destinazione del giardino, che non devonsi mai perdere di vista.
Per soverchio amore al primo di questi contrasti si è caduto negli eccessi più stravaganti. Si è voluto imitare taluna di quelle scene di romanzo, che la natura crea talvolta per suo diporto, e si è dato nel ridicolo. Non è sorprendente cosa, che ne' giardini Chinesi siansì sforzati i contrasti colla sfrenata licenza del gusto orientale, ma è sorprendente, che Chambers approvi tale stravaganza, e che varj Inglesi l'abbiano seguita.
Sopratutto si sfuggirà qualunque scena di profondo terrore, le quali scene in realtà non sono fatte che per rilevare col loro contrasto l'effetto delle piacevoli, e non si accordano punto colla destinazione de' giardini, sia che si pratichino per semplice fantasìa, sia che ciò si faccia per l'amore della novità, e del contrasto.
Finalmente in proposito di natura, come di belle arti, che l'imitano, il contrapposto è una bizzarrìa, e la più gran parte de' sognati contrasti non riescono, e ripugnano alle leggi della verità, e della delicatezza, ciò che disturba, e toglie l'unisono, e pieno effetto dell'azion principale.
Sarà molto esperto quel giardiniere, che riuscirà a produrre felici contrasti, senzachè si avvegga dell'artificio, che accozza con apparente accidentalità i contrapposti più forti.
DELLA PARSIMONIA, E SOBRIETÀ.
Sembrami in questo luogo di poter fare parola della sobrietà, e dell'economìa d'ogni sorta d'abbellimenti, e d'oggetti; giacchè generalmente può dirsi di tutti gli ornamenti, come de' piaceri, che val meglio la parsimonia, che la ridondanza.
L'oggetto d'un ornato è di attirare l'occhio dello spettatore a preferenza d'ogni altra cosa; ma, considerando la natura, noi troviamo bensì in ogni sua parte de' tratti, che sembrano invitare la nostra attenzione parzialmente più gli uni degli altri; non mai però essa li ammassa, e li moltiplica; e si piace di allettare gli sguardi soltanto per pascerli di delizie, non per istancarli di fatica. Per quanto immensamente sia ricca, null'ostante essa tutto opera con giudizioso risparmio; non abusa de' suoi tesori per toglier loro tutta la preziosità, prodigandoli con troppa lautezza.
Il giardiniere osservatore, ed allievo della natura, imparerà da essa questa saggia economìa, trovando in lei sempre gli spazj, e i riposi, che soddisfano alla mente, ed agli occhi.
Siavi grandezza, e sontuosità nell'insieme, e nell'invenzione; risparmio sagace nell'esecuzione. Nulla v'ha di più bello, che un disegno maestoso, cui l'eseguirlo non costi immensa spesa, e troppa opera. Quanto meno hanno costato i monumenti lasciatici da Bramante, e da Michel-Angelo (proporzionatamente alle lor molli) che quelli sovracarichi d'ornamenti del Borromino, e de' corrotti seguaci della sua scuola!
Questa teorìa è molto applicabile ai giardini, giacchè tutto rileva dalla natura. A forza di variare, e d'introdurre nuovi oggetti, e diversi ornamenti, non si evita quasi mai di cadere nel trito, nel meschino, nel piccolo, e si arriva a dispiacere per quel lato medesimo, per cui si vorrebbe allettare.
Un giardino sopracarico d'ornamenti, d'accidenti, di sorprese, di fabbriche, di piante, è un enigma per l'occhio, che ne resta imbarazzato: e sovratutto se un mal consigliato inventore si avvisa di molto raccogliere in piccolo spazio, togliendo gli oggetti dalla proporzione naturale. Se avete nel vostro giardino una veduta spaziosa, un'elevazion maestosa, una quercia, che abbia sfidati cento inverni, abbiate cura d'assortir tutto l'accessorio con proporzioni, che siino convenevoli, e ricordatevi che «la nature ne donne jamais les bras du nain à un grand, ni la tête du colibri à un aigle. ( Hube )».
La ridondanza è confine all'affettazione, al ricercato, a ciò che costa fatica. La fatica è tomba del piacere, e chi vuole allettare, bisogna che nasconda con molta sagacità la pena, che gli costa lo svegliare una sensazion deliziosa. È de' giardini, come de' fiori artefatti: bellissimi quanto più sembrano negletti, e non s'avvede della mano dell'industriosa Glicera. Finalmente è de' giardini, come d'ogni arte, che imita la natura.
Tav. V. Veduta di Woobourn di P. Southcote.
DEI DIFFERENTI CARATTERI DEL PAESINO, E DE' SUOI EFFETTI.
La natura, che fa regnare nelle sue opere una mirabile varietà, la sparge eziandìo nella superficie della terra. Medianti le diverse mosse del terreno, essa imprime ai paesetti una sì grande diversità di situazione, e di configurazione, che trovare due paesetti perfettamente simili, sarebbe un fenomeno egualmente raro, che trovar due uomini perfettamente eguali. Sentire le impressioni, che fanno sull'anima le differenti situazioni del paese, non è cosa alla portata di tutti: convien essere dotati di una certa finezza, e capaci di somma attenzione. Ciò richiede penetrazione, ed una felice organizzazione, una lunga abitudine, o tendenza alla meditazione, per cui si arriva perfino a rendersi ragione delle sensazioni d'ogni genere, che producono su noi i diversi oggetti, e a dedurne delle regole, onde eccitarne delle eguali.
Se facendo un viaggio un po' lungo, durante la bella stagione, osserviamo noi stessi, e che liberi da distrazioni, siamo disposti ad abbandonarci alle impressioni, che ci fanno i differenti paesi, che successivamente ci si offrono, l'interno sentimento ci farà distinguere le differenti forze degli oggetti, e delle campestri situazioni con altrettanta certezza, con quanta l'occhio discerne la varietà delle forme, e de' colori.
L'uomo è adunque in una relazione talmente intima colla natura, che non può negare l'azione continua di questa sopra la sua macchina. Il bello, il nuovo, il grande, l'ammirabile, che sparge la natura, cagionano a lui commovimenti moltiplicati. Vi sono dei siti, che c'invitano ad una viva gioja, altri ad un piacer più tranquillo: in questo luogo si prova una dolce melanconìa, ed in quell'altro l'ammirazione, e la venerazione s'impadroniscono di noi. Ve n'hanno persino di quelli, che c'inspirano un sentimento importuno della nostra fragilità, e de' nostri bisogni, e ci riempiono di tristezza, di timore, e di spavento.
L'arista giardiniere dovrà conoscere tutti gli effetti de' siti parziali del paesaggio, affine di saper scegliere quelli, che producono emozioni conformi alla destinazione de' giardini, ed ordinarli, e connetterli, di maniera che queste emozioni si succedano armoniosamente.
Sebbene il soggetto sia vecchio quanto la creazione, l'arte di penetrarlo, e di rappresentarlo è però ancora troppo nuova, perchè la lingua abbia una sufficiente dose di espressioni atte a prestarvisi.
Cercasi di descrivere una pianura, oppure una valle? Allorchè si tratterà di spiegare la sua lunghezza, o la sua larghezza, l'elevazione, o il suo abbassamento, la sua guarnitura, o il vicinato degli oggetti limitrofi, sarà mai possibile di risvegliare con parole un'idea abbastanza esatta, abbastanza stabile, acciò si riconosca precisamente quella pianura, e questa valle tale qual è, senza poter confonderla con un'altra simile, che si è veduta, o con un'altra, che le sostituisce l'immaginazione? Si vuol descrivere una collina? I piedi, i fianchi, la cima: ecco le parti principali; ma quest'anatomia basterà ella forse? Quale varietà non regna mai nelle sue forme tondeggianti, allungate, restringentisi, appianate, incavate, compresse, sviluppate di nuovo! Quì la pittura, e la stampa offrono il loro ufficioso soccorso, soggetto altronde a gravi imperfezioni, e sempre discosto dall'esattezza.
Tuttavìa per disimbrogliare in parte la cosa, e per renderla meno insensibile all'osservazione, e alla pratica, ajutiamoci con delle separazioni, e delle distinzioni. Separando dall'immensa superficie della terra le grandi parti, che formano per se stesse altrettanti totali, si hanno de' paesetti; e dividendo questi paesetti in piccole parti, si ottengono dei cantoni. In conseguenza di questa distinzione il paesetto consisterà in diversi cantoni, che hanno più o meno d'estensione, di varietà, e di bellezza, e che sono collegati tra loro. Ciaschedun cantone, considerato come parte del paesetto, ha pure le sue parti individuali, che la natura rende suscettibili di un carattere distinto. Quello di tutto un paesetto è determinato dal più o meno di perfezione, e d'armonìa, che regna ne' differenti caratteri de' particolari cantoni. Il paesino deve adunque la sua bellezza, e l'energìa dell'impressione, che desta, ai differenti cantoni, o distretti riuniti, che lo formano; e non solamente i caratteri particolari di ciascheduna scena isolata, ma ancora la connessione, e concatenazione di queste scene decideranno del suo effetto.
PARTI INDIVIDUALI DEL CANTONE.
Le parti individuali del cantone sono piano, ed elevazione in astratto: abbellimenti, ed aggiunti sono le rupi, i colli, le montagne, i boschi, l'acque, le praterìe, le lontananze, gli accidenti.
Il piano, le eminenze, gli sfondi ora limitano la vista degli oggetti, ora la stendono, ora la moltiplicano, e l'avvalorano.
La pianura non è guari suscettibile di varietà; tuttavìa la natura l'impiega, e può talvolta formare una delle parti aggradevoli d'un giardino, ma non mai il tutto. Essa inspira le idee del comodo, e della facilità, e permette l'esame tranquillo, e prolungato delle bellezze, che l'ornano. Ma affinchè una pianura possa piacere, fa d'uopo, che abbia una certa estensione da ogni parte, e che non presenti una superficie vacua, ed inanimata. Una lingua di terra lunga, e stretta disgusta, e ben anche un maggior quadrato di pianura, che senz'interruzione si estenda tanto, che l'occhio non possa colpirne i confini. Il sentimento della vista vuol essere occupato, e divertito. Perfino una pianura coperta d'ondeggianti spighe, e priva d'altri oggetti, non trattiene che per poco. Ma quanto diletto cagionerà una pianura frammischiata di campi, e d'ortaglie, che spieghino una varietà di scene, e di colori! Ciò, che anima maggiormente la pianura, sono le acque, talvolta risplendenti de' raggi del sole, e tal altra riflettendo l'aspetto del ciel azzurrino, e degli intralciati ammassi delle vaganti nubi.
La pianura riuscendo per se stessa poco interessante, i suoi confini, ed il vicinato potranno darle valore. Riesce aggradevole, allorquando si perde in un bosco, attraverso a' gruppi d'alberi, o quando si rileva in vaga collina; e ne diviene più amena ancora, quando s'innalzano de' colli a' suoi fianchi, o che un'alta foresta, un popoloso villaggio, o qualche altro considerabile oggetto segna i suoi confini.
EMINENZE.
L'eminenza produce maggior allegrìa, e diletto della pianura, riuscendo per sua natura scoperta, e gioconda. L'eminenza termina de' punti di vista nello stesso tempo, che ne apre de' nuovi; alletta nel montare colla moltiplicazione degli aspetti; sorprende allora quando si è pervenuti alla sommità. L'eminenza comparte dignità, e lustro agli edificj, che porta sulla sua cima, o ne' suoi fianchi, e presta loro situazioni brillanti, ed aggradevoli.
La bellezza dell'eminenza sovra tutto dipende dalla sua figura. Tutto ciò che presenta angoli, ch'è tagliato verticalmente, o che forma punte, offende l'occhio. Le linee dolcemente ondeggianti, gl'insensibili pendìi, la varietà ne' contorni de' ripiani, una cima vagamente rotondata, e che termina in piano, compartono all'eminenza la forma più grata. Guarnita poi acquista un nuovo pregio. Una fresca verdura, che copra tutta la sua altezza; un ridente fogliame, e de' fioriti cespugli irregolarmente dispersi sul pendìo; degli alberi d'una forma grandiosa, che si slanciano dai fianchi, o che ombreggiano una parte della cima; un gregge, che vi si arrampichi; una fabbrica di buona architettura, sono gli ornamenti più belli di una eminenza.
Si cerchi di salire facilmente per una via più che si può circolare alla stessa eminenza, e praticata in modo, che ad ogni passo sia vario il punto di veduta.
DEGLI SFONDI.
Lo sfondato è la dimora della solitudine, e del riposo. Agevola l'orditura, e gli accozzamenti delle scene melanconiche, e primeggiano in esso con effetto l'ombra, e la chiusura. De' cespugli risuonanti il canto degli augelli, che s'amino, ed ivi nidifichino in pace; un'acqua che scorre tacitamente, o con soave mormorìo; il susurro d'un ruscelletto, che non si scorge; talvolta una rumorosa caduta; viottoli con alberi piegati ad arco, sembrano gli oggetti più atti a vivificare graziosamente questo ritiro.
Lo sfondato piace meno nel mezzo d'una pianura, che vicino ad un bosco, o ai fianchi di un monte, dove natura lo colloca spesso. Le cavità profonde, e perpendicolari colpiscono, le dolci inclinazioni, ed insensibili piacciono. Lo sfondato fugge la regolarità, e le compassate forme.
Tav. VI. Collinetta nella villa Silva a Cinisello.
Per la combinazione de' piani, de' rialzi, e degli sfondi la natura dissemina ne' paesetti una varietà, che incanta; l'artista giardiniere seguirà il suo esempio, e non trascurerà veruna di queste capitali disposizioni del terreno. Era una prova certa, che non si colpiva nel naturale, allorquando, seguendosi i precetti del Francese le Nôtre, tutto si trasformava in esatta pianura; si spianava ogni rialto, e le sole elevazioni, che qualche volta si soffrivano, erano delli nudi terrazzi di sasso.
Nelle pianure, nelle elevazioni, e negli sfondi può regnare molta differenza, e varietà, cagionata in parte dalla loro estensione, e grandezza, ed in parte dalle reciproche relazioni, e dalla di loro tessitura. Determinare le vere proporzioni di questi oggetti, e convenevolmente legarli, è il colmo dell'arte dei giardini.
Allorchè la natura non ha preparata la disposizione del terreno, ma che bisogna crearla, è facile cosa cadere nel meschino, e nel ridicolo. Convien nascondere le linee di separazione, ed osservare la varietà delle parti. Il giardiniere, occupato a porre in opera un determinato spazio, rifletta, e paragoni; e ciò gli fornirà istruzioni più utili, che i generali precetti.
DELLE ROCCIE.
Quando la natura ha poste delle roccie in uno spazio vasto, destinato a diventar giardino, convien approfittarne. Spandono dignità e forza, e comunicano al paesello un carattere eroico. Ma d'ordinario, e soprattutto ne' ricinti limitati non si possono riguardare che come accessorj, sempre utili però. Gettano interruzione, ed ombra nel quadro, e se ne può trarre un gran partito ne' siti solitarj, deserti, e melancolici. Sono il naturale soggiorno delle grotte, de' ruscelletti, e delle cadute d'acqua, e loro prestano una necessaria base. I verdi cespugli diminuiranno l'aspetto incolto, e rozzo, che naturalmente presentano. Una pastoral capanna, o tal altro indizio d'abitazione umana vi figurerà con vaghezza.
Le artificiali roccie sono difficili a comporsi, e facilmente tradiscono la mano, e il travaglio dell'uomo. Il lor buon effetto dipende dalla loro situazione, e dalle loro forme. Più queste forme, e le congiunzioni delle roccie saranno varie, ardite, confuse, e singolari, più contrasteranno colle parti vicine, e viemaggiormente produrranno risalto. Punte, scaglie, ineguaglianze, difformità, concatenazione ne' massi... In poche parole è questa la sede di tutto ciò, che si allontana dalla regolarità delle linee, e dalla disposizione naturale delle forme.
Tav. VII. Capanna boschereccia nella villa Cusani a Desio.
BOSCHI.
Senza boschi, e senz'acque le forme più belle del terreno mancherebbero d'interesse, e di vita. I boschi piacciono in più maniere. L'altezze loro, la loro estensione, i loro contorni, le loro situazioni, il più o meno di lor foltezza, le differenti gradazioni de' colori del loro fogliame, sono abbondanti sorgenti di varietà, e di piacere. Da lontano pur anche i boschi riescono oggetti lusinghevoli, e somministrano ombre al paesetto; rallegrano da vicino, rinfrescando, e rianimando le forze; risvegliano l'idea dei nascondigli, che procurano agli alati abitatori, che consolano col loro canto; presentano gli effetti del chiaroscuro, ed esalano soavi odori dalle piante, e dai fiori. Una foresta colla sua lunghezza, larghezza, ed elevazione può divenire l'oggetto capitale d'un paesino. Composta di vecchi alberi intatti, e fronzuti veste il carattere della gravità, e d'una maestà dignitosa, che inspira la venerazione: un sentimento di riposo ricerca l'anima, e la getta in una dolce ammirazione, e in un'estasi tranquilla; concorrendovi l'accidente d'una violente tempesta, vi eccita lo stordimento, e la sorpresa. La vivacità, la serenità, e l'allegrìa sono proprie del boschetto poco fronzuto, o di quello, i cui alberi sono d'un getto nobile, e svelto, poc'alto, ma elegante, la cui verdura è fresca, e ridente, i cui interstizj sono trasparenti, ed il terreno liscio senza cespugli, e sterpi. L'agitazione delle foglie cagionata da zeffiri, il giuoco del chiaroscuro tra le foglie, e sul terreno, il sol levante, e cadente, che indora il boschetto penetrandolo, l'incerta luce della luna, che soavemente traspira fra le cime degli alberi, sono gli accidenti più favorevoli all'abbellimento del bosco.
La natura si serve de' boschi come d'un mezzo efficace a formar scene di varj caratteri: scene pacifiche, solitarie, deserte, malinconiche, allegre, aggradevoli, serene a norma della disposizione, e delle combinazioni diverse de' tronchi, del terreno, e della qualità de' verdi, e del fogliame.
Gli alberi da cima sono l'ornamento de' boschi; la loro altezza, la loro grande età, il silenzio, ed una maestosa freschezza, che spandono, penetrano l'anima, e la commuovono.
Sacre ai felici contrasti, ed al bello nelle scene opache dei boschi siano conservate intatte quelle annose piante, che portano l'impronta dei secoli sulla rugosa loro scorza, sui tronchi mezzo squarciati, sulle estese braccia, che sovrastano la selva; e sovrattutto sacre, e rispettate dalla scure sieno le piante coperte di ellere parasite, e di musco, o di tenaci corimbi: l'effetto di queste nelle solitudini è sicuro, e indicato costantemente dalla natura.
DELL'ACQUE.
Le acque sono nel paesino ciò che sono gli specchi in una sala, ciò che sono gli occhi nel corpo umano. Senza contare i piaceri della passeggiata in battello, e della pesca, le acque sono talmente vivificanti, talmente rinfrescanti, e così copiose in apportare grate impressioni, che la loro presenza piace dovunque, e la loro privazione fa pena anche ne' siti più vaghi.
Un volume d'acqua piace ancor da lontano, e non solamente per la sua fertilità nel produrre effetti varj in ragione della grandezza, della sua forma, e movimento; ma ancora perchè suscettibile di vantaggiose combinazioni con altri oggetti.
L'estensione, e la profondità d'una massa d'acqua sono sorgenti d'idee sublimi. L'impensato aspetto d'un gran corpo d'acqua, del mare per esempio, produce maraviglia; e scorrendo successivamente cogli occhi questa scena immensa, il pensiero si perde nell'idea dell'infinito. Tuttavìa per quanto forte sia la meraviglia che cagiona la vista del mare, l'ordinaria sua uniformità ne indebolisce l'effetto, a meno che l'immaginazione non sia rianimata da oggetti mobili. I vasti corpi d'acqua ci trattengono con maggior piacere, allorchè non si scorgono tutto ad un tratto, ed in tutta la loro estensione, ma che insensibilmente vadansi sviluppando a poco a poco, e sotto punti di vista variati. Delle isolette disperse, e di diversa forma rompono pure aggradevolmente la monotonìa d'una larga superficie d'acqua. Le alte rive, le punte di rocco, i promontorj, i capi osservati da varie parti, e a una certa distanza, formano limiti oltremodo piacevoli. Una superficie d'acqua considerabile cagiona il più bell'effetto, allorchè scorre al lungo d'un bosco, o che serpeggia a piedi d'un colle; la grandezza apparente, che acquista per questo mezzo, per quest'inganno occupa l'immaginazione anche allora quando l'occhio non iscorge più nulla.
Tav. VIII. Veduta del laghetto nella villa di Monza.
La limpidezza dell'acqua è la primaria sua dote, e sparge la serenità, e l'allegrìa su tutti gli oggetti vicini. Il riflesso delle nuvole, come abbiam già detto, degli alberi, de' virgulti, de' colli, degli edificj forma una delle più ridenti parti del campestre quadro; l'oscurità al contrario, che giace sugli stagni, inspira melanconìa, e tristezza. Un'acqua profonda, e tacita, nascosta in parte da' grandi alberi, velata da spineti, e da sovrapposti cespugli, s'accorda mirabilmente co' siti destinati agli eremi, alle urne, ed ai monumenti consacrati dall'amicizia alle spoglie d'anime illustri.
Il movimento dell'acqua è ancor più fertile in apportare impressioni varie. Stendesi ella placidamente in una vasta ed aperta pianura? Annuncia una scena dedicata al riposo. Cacciasi dessa dolcemente in parti ombrose? Acquista un non so che di grave, e di tristo. Un sordo mormorìo e soffocato è il tuono della melanconìa, e del dolore; un dolce mormorìo invita alla riflessione, e conviene alla solitudine. Il susurro d'una chiar'onda, che serpeggia trastullandosi, sparge allegrìa; un corso rapido, e le saltellanti cascate apportano la gioja; precipitosi fiotti, che scacciansi l'un l'altro schiumando, destano l'idea della forza; i torrenti, che mugghiando s'ingolfano in profondi e tetri abissi, o che cadon dall'alto al lungo delle roccie, e de' monti, offrono uno spettacolo superbo, che s'accosta al sublime. La violenza, il fremito, il mugghio feroce de' gran fiumi, e delle cateratte, le rotolanti bianche e schiumose loro onde, l'aere oscurato all'intorno, l'eco delle rupi, tutto si riunisce per destar sentimenti, che talora spaventano.
L'acqua collegata con altri oggetti produce effetti diversi, e vantaggiosi. Dà un aspetto ridente all'ombre, e cambia un deserto in deliziosa regione; aumenta l'aria selvaggia delle difformi roccie, e delle montagne, e sparge altresì la serenità, e il bello su questi oggetti. Gli stagni d'acqua dormente rendono una foresta più oscura, e più triste, e i limpidi ruscelli, che serpeggiano in quà, e in là, soavemente mormorando, l'animano, e la rallegrano. Qual piacevole quadro non presenta un paesino, ove alle ondeggianti sponde d'un grande e chiaro ruscello s'alzano piccoli gruppi d'alberi, ora spessi, ed ora radi, che terminando in tronchi isolati, si ricompongono di nuovo in boschetto, asilo dell'ombra, e del silenzio! Dove l'acqua brilla talvolta sotto le verdeggianti volte, o fra i diversi fusti degli alberi; talvolta riluce in larghe masse rischiarate, e talvolta va a perdersi dietro un bosco, od un colle, poi ricompare più vistosa che mai! E qual incanto non acquista una collinetta, che dolcemente elevandosi vien coronata da cespugli, e da qualch'albero, i cui ben composti tronchi portano al cielo le nuove ed orgogliose frondi! Ove una leggiera cascata d'acqua, ora visibile, ed ora nascosta dagli sterpi, or rumorosa, ed or più tacita slanciasi leggiadramente al lungo del pendìo; poi formando ruscelli d'inegual corso fra sassi, s'affretta di scorrere tra' fiori, che smaltano il vicin prato, e brilla colà, vagheggiata dai raggi del sol cadente!
Considerata l'acqua dall'alto si presenta sotto il migliore aspetto, allorchè i suoi fiotti argentini serpeggiano in aggradevoli sinuosità all'intorno d'un colle, d'un boschetto, d'un'isoletta, di casolari, e di villaggi; che sottratta agli occhi dall'ombra d'un sovrapposto monte, o dagl'intralciati cesti d'alberi, quivi si striscia in un oscuro fondo, e là d'improvviso risplendente appare dalle non aspettate aperture del bosco. Questo spettacolo veduto dall'alto d'un colle in tutta la sua varietà, ed abbellito di tutti gli scherzi dei riflessi, e di tutte le bellezze del chiaroscuro, eccita sentimenti inesprimibili.
Non v'ha scena, di cui l'acqua non possa aumentare, o diminuire l'impressione; non v'ha commovimento, che dessa non possa produrre, accrescere, od addolcire: tanta è l'energìa di quest'elemento.
DELLE PRATERIE.
Le praterìe, che appartengono in parte alla pianura, non sono suscettibili d'alcun carattere sublime, quando pur anche fossero molto estese: sono d'un genere mediocre, e non producono che leggieri impressioni. Nulladimeno la natura presenta in esse delle decorazioni amabili, e quiete, il cui carattere è l'apparenza libera, e campestre: richiamano alla mente le immagini graziose delle pastorali, e sembrano specialmente consacrate ai sentimenti del riposo, e de' piaceri tranquilli.
La bellezza delle praterìe dipende principalmente dalle curve dolci, che segnano la di lor circonferenza. Rimediano queste alla soverchia uniformità colla varietà, che offrono. Tutto ciò ch'è regolare, angoloso, acuto, è da escludersi. Da poi la lor bellezza è determinata dalla vivacità, e dalla freschezza del verde, dalle interruzioni, e dall'ombre, che producono gli alberi isolati, ed a gruppo, dalla lor cornice formata da' colli, da' rocchi, e da' boschi, e dalla loro connessione con tutti questi oggetti. Un ruscello, oppure un fiumicello, che insensibilmente svolge le sue acque, spande lume, e freschezza, e cangia la compiacenza tranquilla, che prova l'anima, in un commovimento più vivo, in quello della gioja.
DELLE LONTANANZE.
Le lontananze fanno gioire l'occhio dei differenti oggetti del paese. Esse dipendono in parte dalla natura medesima di questi oggetti, ed in parte dalla loro situazione, e concatenazione, ed in parte ancora dal punto da dove si considerano. Gli oggetti puonno colla loro importanza, vaghezza, e novità comunicare ad una lontananza un carattere distinto; ma ve n'hanno ancora che sono privi d'effetto, e di significazione, che la natura occupata della maggior perfezione del totale mischia, e confonde nelle grandi masse, e che l'attento giardiniere non vorrà separare per metterli in distinta luce. Gli oggetti acquistano quasi maggior energìa dalla loro situazione, ed attaccamento, che non ne prendono dalla loro natural configurazione, considerato ciascheduno a parte. Le situazioni rischiarano, ed oscurano, rinforzano, e modificano con una varietà sorprendente gli effetti delle forme, e dei colori, della grandezza, e del movimento. Finalmente gli oggetti non solamente per se stessi, ma ancora per il loro collocamento, per la loro situazione, e legame possono comparire sotto aspetti diversificati, a misura che si sono disposti i punti di vista, dai quali si scorgono. Quantunque le lontananze sì naturali, che artefatte possano essere variate all'infinito, tuttavìa si distingue qualcuno de' loro principali caratteri.
Il primo sarà quello della grandezza, e del sublime, che comprende, oltre la maestà, e dignità degli oggetti, la distanza, e la moltitudine delle parti.
Rousseau pretende che il gusto de' punti di vista, e delle lontananze deriva dall'inclinazione, che hanno la più parte degli uomini a non piacersi, che ove non si trovano; è da presumersi però, che provenga da più nobil sorgente; pare, che risulti da ciò, che l'anima nostra essendo originalmente espansiva, ama di slanciarsi ai più lontani oggetti, e di unirli, e comprenderli a un tempo stesso nella sua immaginazione, ciò che forma ed esercizio, e contentamento delle sue facoltà.
Non v'è cosa, che animi di più, e rallegri una lontananza, che la mobilità degli oggetti: le imprime un carattere particolare, e differente di quello della grandezza, e della varietà. Fra tutti gli oggetti mobili del paesino si distinguono soprattutto le acque coperte d'ogni sorta di battelli in movimento.
Tuttavìa non bisogna pretendere dappertutto vedute libere, nè dalla natura, nè dai giardini. Le prospettive aperte all'occhio da ogni parte distraggono, ed all'ultimo faticano, come un cielo sempre sereno, e che non è adombrato da veruna nube. L'occhio egualmente, che lo spirito, domanda dei punti di riposo, degli spazj chiusi, ove possa rianimarsi sulla verdura, sotto fresch'ombre, o al mormorìo d'un ruscelletto. Il godimento d'una tenera decorazione, che riposa in seno d'un dolce crepuscolo, serrata da ogni banda, non è mai più vivificante, che in seguito alle delizie delle lontananze chiare, ed estese. Varie sorti d'oggetti, come un romitaggio, un bagno, esigono assolutamente siti rinchiusi, e bisogna alcune volte nascondere una parte della prospettiva, affin d'impedire la distrazione, o per far comparire qualche parte nel suo migliore aspetto. La natura ne' suoi paesetti limita la vista con eminenze, e con boschi, e l'artista giardiniere potrà di più servirsi delle fabbriche.
Riguardo ai siti, che non somministrano alcuna lontananza piacevole, come sono i campi, le pianure aride, e sabbiose, le paludi, ec., le quali disgustano col loro vuoto, e colla loro uniformità, l'occhio vuole, che gli si nascondano. Si potrà ancora rimediare con avvantaggio ad una lontananza, che presenta un non so che di vago, e d'incerto, interrompendola con piantagioni diverse. Un paesino, le cui differenti parti sono distaccate le une dalle altre, e per così dire disperse, farà peggiore effetto, a misura che sarà più esteso. Tocca all'ufficiosa mano dell'arte a porvi rimedio. Col soccorso degli alberi isolati, ed in gruppo l'arte può stabilire maggior connessione fra le parti, e meglio caratterizzarle ad effetto di comporre un tutto; il paesino guadagnerà varietà, e le lontananze non solamente si moltiplicheranno, ma acquisteranno maggior attrattiva, e vezzo.
ACCIDENTI.
La natura è fertile in apparizioni accidentali, colle quali abbellisce i suoi paesetti nelle differenti stagioni dell'anno, e nelle diverse ore del giorno. I cambiamenti che offrono il levare ed il cadere del sole; l'ordine, il movimento, e i diversi quadri delle nuvole, soprattutto ne' temporali, ed alla sera per l'obbliqua ripercussione del sol fuggitivo; la repentina vicenda delle improvvise apparizioni del sole, e dell'ombre, l'incerta luce della luna velata da nube, che passa; il chiaroscuro delle lontananze, dipendente dallo stato del cielo, che vi frammischia le sue forme, e il suo chiarore; il vapor leggiero, e celeste, che nuota d'intorno ai punti di vista; l'effetto dei colori del baleno; le rugiadose perle mattutine, che risplendono ne' prati; le figure bizzarre della fluttuante nebbia; l'agitazione del fogliame, e dell'acque; li piacevoli riflessi, che ci allettano di più dei raggi della primitiva luce: tutte queste variazioni della natura, che noi comprendiamo quì sotto il nome d'accidenti, sembrano formare talvolta delle situazioni novelle, e creare de' nuovi oggetti. Rianimano l'effetto della luce, e dei colori, cambiando perpetuamente il chiaroscuro delle decorazioni, e riescono in fatto di paesetto la più fertile sorgente di varietà, e di vita. Sorprendono l'occhio attonito con apparizioni, che l'immaginazione non saprebbe rappresentarsi, nè le più abbaglianti, nè le più magiche, nè le più rapide a scomparire.
Per imitare, per quanto lo può l'arte debole dell'uomo, gli accidenti, che sono particolari alla natura, il paesista spia le sue vie più segrete. Questo mezzo non è dato in tutto all'artista giardiniere: esso aspetterà con pazienza, che la natura abbellisca il suo distretto.
Tav. IX. Veduta del ponte, del tempio di Venere, ec. ec. nel giardino del cavaliere F. Dashwood a West Wycomb.
CARATTERISTICO DEI DIVERSI CANTONI.
I cantoni più atti a formar giardino sono specialmente gli aggradevoli, e gli allegri, e quelli ove regna la serenità, e che si possono chiamare ridenti, e lusinghevoli. Sono generalmente composti d'una variata successione di luoghi bassi, e d'eminenze, di sinuosità, e d'ineguaglianze; e vi hanno luogo praterìe, macchie, boschetti, fiori, acque, e collinette riunite spontaneamente, e con garbo. Le roccie, le alte catene de' monti, e le grandi cadute d'acqua ne vengono escluse.
Più le diverse composizioni di questi oggetti sono variate, ed intralciate tra loro, più esse piacciono. La freschezza, e la vivacità della verzura, che spandesi dall'erba, e dagli alberi; la limpidezza dell'acque; il chiaro specchio, che offrono; il susurro, lo strepito, che produce, zampillando una folla di tortuosi ruscelletti, che scherzano; i colorati fiori, le amene colline coronate di boschi, e di fioriti cespugli; l'ombre, che rischiarano piacevolmente; il giuoco de' riflessi incerti; le lontananze animate determinano il carattere di cotesti cantoni a seconda dei loro differenti gradi, che si portano dal puro aggradevole al gajo, al ridente.
La natura crea i cantoni di questo genere con una varietà infinita, e con copiosa diversità di grandezza, di forme, di colorito, d'ordine, e di combinazioni. L'impressione, che formano, è moderata. Una placida compiacenza, un'effervescenza di piacere, che riscalda, un'estasi piacevole, ecco gli effetti, che producono sui sensi simili distretti.
Quelli, in cui regna un'amabile melanconìa, o il solenne, sono più rari in natura, ed hanno una maggior energìa. I cantoni aggradevoli strisciano leggiermente sull'anima, facendovi una debole impressione: quelli, di cui parliamo, seducono l'anima, l'attraggono, l'incantano, la commuovono, e l'elevano.
Un cantone, nel quale domini la dolce melanconìa, si produce coll'esclusione totale delle lontananze; pel mezzo di fondi, e di abbassamenti; pel mezzo di macchie, e di folti boschi, soventi volte per l'effetto di semplici gruppi d'alberi grandiosi, e fitti, sulle cime de' quali si fa intendere un sordo mugghio; pel mezzo d'acque stagnanti, o che nascoste agli occhi producono un affogato mormorìo; pel mezzo d'un fogliame oscuro, di tronchi, o foglie cadenti, e d'un'ombra, che si distende all'intorno; o per la mancanza di tutto ciò, che annuncia la vita, e l'attività. In questi cantoni vi si mostrano raramente de' chiari: quì abita il silenzio, e la solitudine.
Un solitario uccello, che svolazza; una tortorella, che geme sopra una concava cima d'una consunta quercia; uno smarrito usignuolo, che racconti le sue pene al deserto, bastano a riscaldar la scena. Offre un consimile cantone il dolce godimento del riposo, e della solitudine, la lusinghiera immagine dell'idea che l'uomo basta a se stesso, e la pacifica dimenticanza delle cose, che intorbidano l'interna nostra quiete. Confidente dell'amore, questo cantone trattiene viva l'occulta tenerezza del cuore, e medica dolcemente gli affanni. Lo spirito si abbandona a riflessioni più libere, e più degne di lui; tutte le sue forze si concentrano, e ne divengono più attive. L'immaginazione si eleva con istraordinario volo ad una nuova sfera d'idee, fra le quali va errando con segreto entusiasmo. Chi potrebbe essere così poco filosofo per non procacciarsi nel suo vasto recinto, ove regna la serenità, un cantone proprio ad ispirare la dolce melanconìa? A chi mai queste impressioni potrebbero essere assolutamente straniere? Straniere al punto di non averle mai osservate nella natura, o di non averle ammirate, e sentite nei valorosi poeti, che le han cantate?
ROMANZESCO, E MAGICO.
Il romanzesco, o il magico in fatto di paesetti, risulta dallo straordinario, e dal singolare, che domina nelle forme, nei contrasti, e nelle connessioni. Particolarmente s'incontra questo carattere nei cantoni disseminati di montagne, e di roccie, in rinchiusi deserti, ove non è pervenuta ancora la mano ardita dell'uomo. Oltre le forme, i forti contrasti, e gli strani e sorprendenti avvicinamenti generano il romanzesco. Quì l'immaginazione dovendosi occupare d'oggetti vicini, gli oggetti lontani rimangono intercetti; rare volte si stendono in avanti, ma più sovente s'innalzano dal basso in alto, o s'internano dall'alto in basso. Là ove il deserto aspro, ed oscuro s'accoppia all'ombrosa valle pacifica, smaltata di vaghi fiori, o dove il torrente precipita le sue acque schiumose dall'alto d'una balza attraverso d'una vario-colorata macchia, che errano di poi placide, e lucenti fra le verdi foglie; dove le bianche creste d'una calva roccia aprono la volta d'una bella foresta... là comincia il carattere romanzesco.
La natura sembra piuttosto gettarlo alla ventura in un momento di felice capriccio, che terminarlo, e sfumarlo delicatamente. Sono colpi accessorj, arditi, singolari, che sfuggono dalle sue mani nella composizione de' quadri campestri.
Il romanzesco apporta sorpresa, ed una piacevole meraviglia, e fa rientrare in se stesso. La grandezza, e l'oscurità producono i cantoni solenni, gravi, sublimi, e maestosi. È fuor d'ogni dubbio, che la prima di queste proprietà riesce indispensabile alla determinazione di cotesto carattere; quanto alla seconda, essa aggiunge vigore all'impressione della grandezza, come lo provarono già i Greci, e li Druidi ne' sacri loro boschi di quercie. Il silenzio, che circonda un oggetto sublime, ne accresce la maestà. Uno strepito veemente, quello della tempesta sul mare, o di un furioso vento ne' boschi, o del fremito delle cateratte risveglia altresì sentimenti distinti, e concorre egualmente che il silenzio profondo ad esprimere il carattere, di cui si parla.
Le catene de' monti, le roccie soprattutto, allorchè sono spelate, ovvero rese oscure, e nere; gli alti boschi, ed i gruppi d'alberi slanciati; i rapidi torrenti, l'impetuose cadute, le lontananze al mare, i monti bianchi di neve, i vulcani, gli abissi.... l'oscurità delle foglie, le ombre forti, le tenebre della notte rischiarate da scarsa luce di luna, che attraversa un'annosa selva; una calma, una solitudine profonda all'intorno, che somministra all'anima la facoltà di porgersi all'impressione di tutti questi oggetti, e di abbandonarsi all'idee, ed alla meditazione, che cagionano; tutto ciò, più o men bene combinato, forma un cantone maestoso, e sublime. I suoi effetti sono la maraviglia, la compunzione, e l'elevazione della mente. Commovimenti di siffatta tempra, e sopra ogni cosa il sentimento così possente della grandezza, e dell'onnipotenza del Motore della natura, quanto mai piacciono ad uno spirito, che non ha peranche scordato di sentire la propria dignità!
I cantoni di tal carattere sono una rarità anche in natura, e non s'incontrano che d'intorno a' promontorj lungo le spiagge del mare, oppure sull'Alpi, ne' Pirenei, e fra le più esaltate sommità de' monti, infra antiche foreste, e ne' deserti, ove signoreggiano indomiti torrenti, ed incendiatori vulcani.
Noi vediamo come la natura genera cantoni di differenti caratteri, atti a produrre differenti impressioni. Cotesti naturali caratteri possono altresì essere rinforzati per diverse maniere dall'intelligente mano dell'uomo. È per tal guisa che un ridente cantone, fregiato d'una pastoral capanna, o d'una casa rustica; un melanconico da un solitario convento; un romanzesco da gottiche ruine; un maestoso da un tempio; tutti vi guadagnano prodigiosamente. Allora quando simili edificj, e monumenti sono congiunti a' cantoni, cui convengono di loro essenza, le fabbriche, e i cantoni si contraccambiano l'energìa loro; i loro caratteri ne divengono più marcati, e ne risulta un complesso d'idee, e d'immagini, che agiscono con forza determinata, e possente sull'animo nostro.
Il natural carattere d'un distinto cantone può ancora cangiarsi, e trasformarsi in un altro. Per esempio, un cantone malinconico può rendersi allegro. Aprite delle lontananze, rischiarate il bosco, date del pendìo all'acque, e fatele zampillare; diminuite le masse dell'ombra con molti chiari; intorbidate il silenzio del sito, soltanto col belamento di greggia, che pascoli nel vicinato... immediatamente la scena malinconica si trasformerà in un'allegra.
Si può puranche trasformare un cantone, che non significhi gran cosa in un altro di carattere deciso. Scegliete uno spazio di terreno piano senza forma, senza bellezze, puranche sterile; cambiatelo in collinetta erbosa con cespugli, con gruppi di piante, e con piante isolate, e ne otterrete una parte di cantone allegro. Alcune volte scorgiamo ne' campi delle quercie rare, e difformi, incurvate dal tempo, e dalla tempesta, colle cime morte, che sparse in quà, in là presentano un tristo aspetto: figuriamoci al loro posto de' cesti d'arbuscelli di bella venuta, e verdeggianti; ed il campo prenderà un ridente aspetto.
A misura che lo spazio totale formerà un mescuglio di varj cantoni, guadagnerà a poter essere variato. Così un giardino composto di diversi cantoni d'un distinto carattere, risveglierà impressioni diverse; ma in tal caso la successione, ed il filo delle impressioni avranno una particolar influenza.
Primieramente convien esaminare qual effetto produca in particolare ciaschedun oggetto naturale, la sua situazione, e la sua disposizione. In seguito va fatta attenzione alle proporzioni, che hanno tra loro gli effetti degli oggetti isolati, al loro più o meno d'accordo, al limite, ove principia l'armonìa delle omogenee emozioni, e dove cominciano a divergere. Là dove nello stesso tempo si osservano oggetti, le cui forze sono diverse, là pure procede un'emozione composta. Si può perderla più facilmente, che una semplice; ma allorquando riuscirà, è immancabile un prodotto maggiore di sentimento.
L'artista giardiniere, che espone quadri di una forza considerabile, e diversa, deve industriarsi, come gli altri artisti, di rinvigorire le emozioni. Scegliendo i suoi oggetti, sarà dunque circonspetto a non impiegare, sia successivamente, sia tutto ad un tratto, che quelli, le cui impressioni non si distruggono vicendevolmente, e non si contraddiscono, ma che s'accordano, e felicemente si maritano.
Ciascun oggetto deve essere per se stesso tale, e diretto di maniera, che, malgrado la presenza, o la varietà degli altri, che si scorgono al tempo stesso, le impressioni di tutti seguano, per dir così, una linea non interrotta, e vadansi a riunire in un sol punto, e si avvalorino, e si rinforzino scambievolmente colle loro combinazioni. Se non si ha cura di raccogliere le differenti impressioni, e riunirle, e formarne un centro comune, un giardino non avrà mai la perfezione, che aver deve come opera di gusto diretta dal raziocinio, vale a dire l'unità, senza la quale qualsisia varietà stanca, e riesce infruttuosa. Le impressioni vogliono essere ragionate; vi si ricerca una condotta, ed un filo, come in un poema, e la più fina conoscenza del cuore umano. Ancora, di grazia, un'osservazione, che mi pare di conseguenza, onde meglio distinguere le differenti specie de' giardini, che si possono construire. Si può comporre un vasto giardino di varj cantoni, ma egualmente si può benissimo immaginare un bel giardino, che non consista, che in un sol cantone di un carattere, e di un effetto semplice, e determinato. Per tal maniera si possono aver giardini, che non sieno che allegri; altri, in cui regni una piacevole melanconìa; altri, che non sieno che romanzeschi, e finalmente altri puramente maestosi, secondo la variata disposizione del cantone, in cui si trovano, e dalla quale è dinotato il loro carattere.
Questa differenza riesce ancora più considerabile per l'uso, che si può fare dei giardini stessi. Un casino di campagna, dove si vuol godere de' primi mesi della bella stagione, richiede un giardino allegro; un avanzo di convento, un romitaggio, un tempio pare che si accordino meglio con un cantone dolcemente melanconico; un vecchio castello chiama un giardino romanzesco. Ciascheduno di questi giardini aver potrebbe un'estensione considerabile, senza perdere punto della semplicità del suo carattere; ben inteso però, che il cantone, da cui è formato, ritenga l'originaria sua indole.
Tav. X. Casino in posizione naturale, atta a ridursi a villa Inglese.
DELLO SPAZIO TOTALE.
Lo spazio è come la tela, sulla quale deve dipingere l'artista giardiniere; e la prima sua ricerca riguarderà la natura di questo dato spazio.
È cosa inutile di richiamare quì, che non bisogna scegliere per un giardino un luogo d'aria cattiva, o soggetto all'umido, soverchiamente vicino alla città, o di troppo lontano da un borgo. Vanno considerati i pericoli diversi, cui soggiacciono i giardini posti in vicinanza de' fiumi, e delle grandi strade; e non vanno mai riposti in un fondo privo di viste libere, o malamente circondato. Ciò che esige la sanità, il comodo, il piacere, e la possibilità di eseguire quanto si medita, risalta presto agli occhi di chicchessìa; sovrattutto un suolo fertile, e dell'acqua.
Per più ragioni fa d'uopo cercare per un giardino uno spazio, che abbia in se stesso delle naturali bellezze. Ciò accende il genio dell'artista giardiniere, che travaglia, per dir così, sotto gli occhi della bella natura, ch'è il suo modello, e che deve sforzarsi di superare; ciò diminuisce le cure, e le spese della disposizione, dove il terreno, gli alberi, le foreste, e l'acque forniscono abbondantemente da se, e suggeriscono l'ordine delle idee; ciò rileva l'effetto della distribuzione interna colle impressioni, che producono le vedute all'intorno, le quali non sembrano mai così belle, che allorquando si possono considerare da un sito piacevole per se stesso. In conseguenza, per quanto si può, e per quanto lo permettono altre leggi, cercate di avere nel vicinato del vostro giardino delle prospettive libere, amene, e variate. Ma non bisogna poi che l'occhio le veda dappertutto interamente, e le scorga in tutta la loro estensione da ciascheduna parte del giardino, che in tal caso interromperebbero l'azione delle differenti sue scene, destinate a produrre ciascheduna il suo particolar effetto. Le lontananze dovranno essere ora velate, ora scoperte, ora presentate sotto tal punto di vista, ed ora sotto tal altro, di modo che per tal mezzo la di loro propria impressione non solamente sia accresciuta, e moltiplicata, ma che si accordi pur anche colle altre decorazioni del giardino. Dove regnano la dolce melanconìa, la meditazione, ed il riposo, dove l'occhio debb'essere occupato a considerare una sola scena esposta, là una perspettiva ridente distrarrebbe. Disponendo le scene del giardino, convien fare attenzione al carattere de' prospetti, che offre il circondario; soprattutto considerando che riesce più facile di adattare il giardino al paese, che il paese al giardino, a meno d'intraprendere sugli oggetti del contorno dei cambiamenti cotanto dispendiosi, come quelli, che sono stati operati in alcune ville Inglesi. Il bello de' giardini pittorici dipende molto dall'arte di legare le vedute interne del giardino colle esteriori del paese, in guisa, che non vi sia contraddizione tra loro, ma che producano un effetto unico, e rinforzato.
L'estensione dello spazio destinato a diventare giardino contribuisce a determinare la disposizione totale, e quella delle singole scene. Più lo spazio è vasto, e più si acquista il diritto d'aspettarsi migliori effetti dal genio, e dal sapere dell'artista. È da assegnarsi un sito spazioso alla formazione d'un ragguardevole giardino, affinchè le decorazioni non vi si trovino ammucchiate, ma perchè si distendano, e si succedano con ordine, e perchè non intorbidino i movimenti dell'anima, ma ne facciano nascere un seguito filato, ed armonioso.
Una lista di terreno, che si distenda al lungo davanti la casa, riesce ben incomoda, e quasi ribelle alla formazione d'un giardino pittoresco; vi vuole di contro la casa uno spazio di terreno, che si distenda presso a poco in quadrato, e che abbracci la casa tutta all'intorno.
Gli spazj quadri-lunghi in avanti, che serrano la casa nel mezzo, quantunque meno adattati, sono tuttavìa suscettibili d'essere ridotti a formar giardino. La casa certo non vi figurerà di molto, non potendosi questa isolare, ma si potrà cavar partito del restante. L'oggetto principale è d'ingrandire lo spazio per ottenere gli effetti, che si hanno di mira; e perciò alcune volte ne' piani di tal figura converrà portare la piantagione da un lato solo, e lasciar scoperto l'altro lato, che goderà di vista. Qualora il terreno sarà soverchiamente ristretto, basterà ottenere una sola scena, quella della casa.
Dev'essere messo debitamente a contribuzione tutto il vicinato, e per ciò conseguire, sarà travagliato il terreno del giardino in tutt'i sensi. Ne' piccioli particolarmente s'impiegherà tutta l'arte. La mossa del terreno riuscendo uno de' principali mezzi per ingrandire gli spazj, e per disporli con effetto, e in ciò consistendo gran parte dell'arte, e dell'opera dei giardini, l'artista giardiniere non si stancherà mai d'addestrarsi a modellare con terra creta superficie diverse di terreno, a norma de' casi, che gli si presenteranno, o che amerà figurarsi, onde pervenire ad acquistare sempre più la teorìa, e la pratica della sua arte.
Un terreno, che non consiste, che in pianura, è poco proprio per un giardino, perchè troppo uniforme, e perchè le variazioni artefatte costerebbero troppo.
Scegliete uno spazio, che non sia totalmente sprovvisto di pianura, ma che rinchiuda ancora delle alture, de' fondi, e varj cangiamenti. Un consimile terreno non offre soltanto diversità, concorre altresì a comunicare varietà, ed effetti alle scene campestri, che vi s'introducono. È cosa saggia e prudente d'approfittare de' doni della natura.
Costiere ricolme a dolci pendìi, piacevoli elevazioni isolate, tondeggianti rincalzamenti, cigli di fiume sicuri, o abbandonati dall'acque, e circondati da interessanti, e variate vedute alla portata dell'occhio formano le belle situazioni, ed il locale più atto alla costruzione di una villa di piacere, che non riporrete agli orli di un lago, nè alle falde di un monte, nè inchiodata ad un rapido colle, o confusa ne' villaggi, come generalmente tra noi si veggono, e dove le belle posizioni per la maggior parte sono occupate unicamente da rocoli, e da cappuccini. La scelta della situazione vien fatta in Inghilterra dopo le più grandi indagini, e i più maturi esami.
L'esposizione ancora merita sommi riflessi, e il più delle volte converrà, che l'abitazione prenda obbliquamente i venti cardinali, e sia riparata dalle incomode gole, e dai venti settentrionali.
I fiori, gli arbusti, le piante, e l'acque sono mezzi capaci a rompere la monotonìa del piano; ma un paese montuoso, e disseminato di colli, dalla natura stessa è stato organizzato per essere più suscettibile di varietà, e di movimento. Fornisce diversità nelle ineguaglianze, nelle curvature, e nel declinamento del terreno; maggior grandezza, e differenza negli aspetti; più libertà, ed ardimento nella situazione degli alberi; più di vita ne' ruscelli, e nelle cadute d'acqua, che non si riposano mai.
Un parco, o un vasto ricinto esige un paese ove si trovi una ricca successione di variati cantoni, di valli, di colline, di fondi, di montagne, di pendìi dolci, e rapidi: quì le vedute si moltiplicano da se stesse; ve ne sono sull'alto, ve ne sono al basso; ciaschedun passo mena verso un sito, verso un nuovo quadro. Le scene spariscono, e ricompajono; delle nuove nascondon le già vedute; le situazioni cambiano perpetuamente. Si sale, e l'orizzonte stendesi da ogni parte; più si monta, e più si vedono i cantoni affondarsi, e perdersi; la celeste volta si sviluppa all'infinito, ed ai suoi orli la luce del giorno va ad indebolirsi ne' lontani vapori: l'ammirazione, e la meraviglia vi riempion l'anima. Succedonsi commozioni più dolci a misura che si riviene al basso. Fugge il cielo, si nascondono i lontani oggetti: i pendìi conducono a praterìe, a boschi, a laghi. La sola natura del suolo fornisce tutte queste diversità, e tutti questi incanti. Le ineguaglianze del terreno animano in gran parte la natura; senza di esse l'acqua dormirebbe nei laghi, non vedremmo scherzare i ruscelletti, non intenderemmo lo strepito della rapida caduta.
La natura è infinita nella maniera, con cui riunisce le differenti disposizioni del suolo; ed in questa riunione sempre nuova è riposta una delle incognite sorgenti del suo inesausto allettamento.
L'artista giardiniere non perda mai di mira questa inimitabile maestra, quando si tratta di distribuire, d'innalzare, o d'abbassare il terreno, ed allorchè cerca una novella connessione fra le parti. Egli non muova passo senza averla accuratamente consultata.
Conviene principalmente indagare qual è il carattere naturale del cantone, che vuolsi cangiar in giardino, onde adattarsi a cotesto carattere, ed onde saperne cavare il miglior partito.
Non si può mai abbastanza inculcare, che bisogna seguir la natura, e non guastarla a forza di mal inteso dispendio di testa, e di borsa, nè stranamente disfigurarla con violenza volendola abbellire. Non bisogna formar il piano del giardino a norma d'un sol modello isolato, che ci è piaciuto; ma conviene aver sempre riguardo alla particolar disposizione del locale. Operando così, si rimarrà fedeli alla natura; vi sarà un maggior numero di bei giardini, e non si discernerà una sola copia. L'opera principale de' giardini all'Inglese consiste nella disposizione del terreno. Se questa disposizione l'ha già fatta la natura, o l'arte l'ha imitata, ma in modo, che rechi piacere da per se sola, e denoti i differenti partiti da prendersi, null'altro resterà più, che di vestire il suolo, e d'ornarlo d'erbe, di piante, d'acqua, e di fabbriche. Generalmente parlando, e soprattutto trattandosi di piccioli giardini, la scena della casa sarà la prima a ricavarsi, ed i ritagli risultanti serviranno per le altre.
Si possono ornare de' siti nudi, si possono disunir delle parti, per dare ad esse una nuova connessione; si puonno aprire, e chiudere delle prospettive, introdurre il chiaro, o dar luogo all'oscurità, chiamar l'allegrìa, o la tristezza in un cantone; si può rinforzarne, o indebolirne il carattere, renderne gli effetti più determinati, più delicati, e più vivi: ma con tutte queste risorse, l'arte non deve mai smarrirsi al segno di tentare con isforzi temerarj di rovesciar la natura: deve piuttosto impiegarli a pulire, che a rifondere; non tormentare, nè soverchiamente finire gli oggetti naturali, che a forza di travaglio cessano d'essere belli. La natura presenta cantoni, che l'arte non può nè trasformare, nè produrre; tali sono il romanzesco, ed il solenne. Come mai l'arte creerebbe oggetti così maestosi, e come ne additerebbe la di lor combinazione? Come quelle catene di monti, quelle rupi, e quegli scogli, quelle acque, e quelle lontananze? Che l'arte adunque non prodighi le sue forze in distretti senza importanza, senza carattere, e d'una disposizione contraria alle leggi del bello: potrà raggiustarli; ma non potrà, che rare volte metamorfosarli senza offender la natura, e senza lasciarvi le tracce della violenza, e del dispendio: evitate li cantoni di un carattere ribelle, ed indomabile; oppure, allorchè voi nelle vicinanze travagliate su siti più docili, lasciate questi cantoni tali quali sono, perchè servino d'ombra al quadro.
Quando si è ben colpito il carattere del paesetto, o d'un cantone, che n'è una parte, bisogna rivolgersi con tutta la cura, ed ornare e rinforzare questo suo carattere: piantagioni, distribuzioni, cangiamenti, scene isolate naturalmente, o ad arte ne vengono in conseguenza. Sia che si formi un giardino, ove domini la maestà, il romanzesco, la melanconìa, il piacevole, e l'allegrìa, sia che se ne formi tal altro per gioire de' piaceri delle differenti stagioni, sia finalmente che se ne formi per soddisfare ai bisogni, per occupare una qualsiasi destinazione, sempre si troverà costretto l'artista di rivenire al carattere proprio del cantone, ove lavora, e di cui non perderà mai di vista la viva immagine. Il carattere naturale d'un paesetto può essere semplice, o composto: può egualmente essere solingo, animato, ridente, melanconico, fertile, deserto, scoperto, rinchiuso, o consistere in una variata combinazione di tali qualità. Quando si tratta di giardini di una vasta estensione, e ne' quali la scena può essere diversificata, il carattere composto avrà la superiorità sul semplice. Ricercate allora le marcate divisioni di questo carattere, affine di disporre le vostre decorazioni, e lo spazio delle vostre differenti scene, di maniera che ciascheduna corrisponda al carattere particolare del sito, che occupa.
Dipende dall'osservazione di questa capital regola il conveniente legame de' diversi caratteri isolati, che presenta lo spazio totale del giardino, e da essa deriva in gran parte la di lui perfezione.
I giardini d'un carattere semplice non domandano che un consimile canton generale, senza notabili varietà. La natural disposizione d'un cantone lo rende atto per se stesso ad una determinata specie di giardino. La stessa forma del terreno, senza far caso sopra il più, o meno di sua fertilità, sopra le sue piantagioni, e gli oggetti del circondario, annuncia anticipatamente quale specie di giardino esiga.
È del dovere dell'artista giardiniere di correggere, e di saper velare i difetti dello spazio, ove deve impiegare il suo genio; difetti, che la natura, la quale non travaglia, che in grande, poteva benissimo lasciar sussistere; ma riempiendo questo difficile incarico, cerchi di evitare un'esattezza penosa, ed esagerata. Volendosi tutto abbellire, e tutto lisciare, si palesa per il minuzioso una preferenza, dovuta unicamente a ciò, ch'è importante; si prova che vien dimenticato quanto le piccole negligenze possono non solamente accordarsi coll'effetto, che produce la bellezza; ma eziandìo col toglierle, farvi perdere una parte del bello, che piace mai sempre.
Non si potrà abbastanza inculcare, che convien guardarsi dal distruggere inutilmente, o mal a proposito gli oggetti naturali, che si trovano nello spazio totale. Gran numero di giardinieri credono, che avanti di principiare le loro piantagioni si debba levare tutto ciò, che la natura ha fatto crescere; e l'esperienza prova, che sarebbero più presto, e più felicemente pervenuti al loro intento, se avessero secondato la natura con cambiamenti leggieri, e con moderate addizioni. Frattanto che le nuove piantagioni languiscono, o non pervengono che lentamente ad una tal qual perfezione, si stanca del primiero progetto, o si fanno tanti cangiamenti di tempo in tempo, che riducesi l'opera a nessun valore.
Quante cose, che al primo colpo d'occhio sembrano superflue, e quasi nocive, possono, dopo un maturo esame, fondersi felicemente nel piano generale! Un albero, di cui a formare l'orgogliosa cima vi è voluto un mezzo secolo, viene spesse volte sradicato per un nulla, non senza una specie di sacrilegio. Risparmierei perfino una quercia secolare col suo tronco per metà consunto, e co' suoi rami informi, in parte seccati; e se il luogo lo permettesse, vorrei collocato sotto la sua poco folt'ombra un romitaggio, cui invitasse a visitare la considerazione, che tutto perisce; frattanto che un compassionevole gufo, nascosto in una concavità dell'albero, facesse sentir dall'alto i rari e lugubri suoi lamenti.
Non si spinga troppo in là questa osservazione. Tutto ciò, che notabilmente intercetta un aspetto aggradevole; tutto ciò, che felicemente non si accorda, o non si piega a verun partito, devesi levare; e l'artista giardiniere, che eseguisce le sue piantagioni, ha il diritto di disfarsi di quanto è ribelle, o ripugna alla composizione del suo piano, lo impedisce, o lo confonde: ma non distrugga mai senza grave necessità. Non si possono dar precetti fissi circa i confini, che aver deve lo spazio d'un giardino: sono sommessi a grandi variazioni, dipendenti dalla natura del distretto, dalla distribuzione, e dalla destinazione stessa del giardino, punti fondamentali da consultarsi. Tuttavìa si può quasi stabilire per massima, che non bisogna sforzarlo a prendere una determinata figura, e che i confini non devono essere troppo fortemente segnati, nè troppo in vista. Riescono aggradevoli quando vanno a perdersi insensibilmente nel circondario, e quanto più si amalgamano meglio con esso. I muri, o le fosse del confine saranno nascoste col maggior artificio[7]. Un giardino, il cui termine è occulto all'occhio, sembra più naturale, e più grande. La vista della fine d'un sito piacevole è importuna, del pari che l'idea, che pervenuti a un tal punto, bisognerà retrocedere. Gli oggetti lontani, ed una veduta, che si sviluppa grandemente, soddisfano piacevolmente ai bisogni della nostra immaginazione. In generale più i passaggi, le elevazioni, ed i rabbassi fan comparire i prospetti moltiplicati, e varj, più la vista nelle parti lontane, che da per se sola ricrea, ed estende l'anima, è ravvivata; quindi noi apprezzeremo maggiormente l'artista giardiniere, che ci ha saputo procurare tanto piacere, di cui non possiamo più far senza, accostumati che siamo al bello di natura.
Una foresta, le praterìe, e soprattutto un lago sono i confini più aggradevoli d'un giardino: poichè non solamente questi oggetti piacciono sempre per se medesimi, ma di più l'occhio vi si fissa con compiacenza, perchè vi trova occupazione, e divertimento.
Qualche volta il carattere particolare, e la destinazione d'un giardino possono esigere un recinto, ed una privazione assoluta di lontananze; ed in allora bisognerà far conto sopra de' soli punti di vista interni, che si creeranno.
Il capo d'opera nella formazione d'un giardino all'Inglese, sarà quello d'intraprendere nello stesso tempo la costruzione del giardino, e della casa in uno spazio ben inteso, ed in vicinanza d'un corpo d'acqua disponibile. Dove il terreno salga, la casa dovrà essere situata nella parte più alta; e dove vi sia pianura, si praticheranno i sotterranei, ove altre volte vi sarebbe stato il pian terreno abitabile. Con terre addossate ai muri, e dolcemente inclinate si coprirà il piede della fabbrica appartenente ai sotterranei in modo, che abbia luogo l'accesso della luce ad essi, e si stabilirà un general basamento, dal quale si discenderà per un dolce pendìo, portandosi al livello dell'acque del giardino, che vogliono essere vedute radenti terra nel loro corso di fiume, o di ruscelli. Per tal maniera la casa siederà nell'alto, e tutta la mossa del terreno fatta colle regole della prospettiva, riuscirà la più vistosa, e felice, e si presterà ai più belli e variati effetti. Lo spazio totale allora sarà naturalmente diviso in due parti, nell'alta, e nella bassa, ove risiederan l'acque.
Un tappeto verde con sentieri regnerà avanti la casa, stendendosi per lo meno due volte e mezza l'altezza della medesima, e circonderà inegualmente tutta la facciata, e buona parte de' fianchi. I contorni di questo spazio verde dovranno essere formati da curve ondeggianti; riflettendo, che l'aggregato di queste linee si allargherà verso l'angolo della facciata, dove si presenterà maggior apparenza di spazio, e si ristringerà all'angolo opposto, dove il terreno sembrerà mancare. Qualora lo spazio sia vasto da ogni parte, la linea si restringerà verso la pianura, e si allargherà verso la montagna, combinandosi ciò col carattere, e l'esigenza della casa.
Questa linea ondeggiante forma la cornice della scena della casa, ed è composta di massicci diversi di bosco, che s'avvicinano a' suoi fianchi con gruppi d'alberi, fra' quali vien praticato il sentiero generale, che dalla casa conduce alle differenti scene del giardino. Parte del fiume scorre in avanti. È questo il piano generale del giardino, che si presenta dalla casa, quale contiene l'area della stessa, ed accenna tutta la piantagione, che abbraccia, e nasconde le scene all'intorno; piantagione, che non nuoce alla libera veduta all'intorno, per la maggior parte venendo essa riposta al basso.
Dietro queste traccie è sorto tra noi un superbo palazzo con giardino all'Inglese, di cui non ve ne ha forse un altro più ben inteso, nè più grande nel recinto d'alcuna gran capital conosciuta; opera tutta dell'intelligentissimo proprietario, recentemente estinto, Lodovico di Belgiojoso, e del valente architetto Leopoldo Pollach, che ne ha diretta l'esecuzione, ed ideate le fabbriche, che l'adornano, del quale ne presentiamo la principal veduta.
Tav. XI. Veduta del giardino, e di parte del palazzo Belgiojoso in strada risara.
DEGLI ALBERI, ED ARBUSTI.
L'arte de' giardini si allontana nella sua maniera di dividere in classi gli alberi, e gli arbusti dai caratteri, e dai segni distintivi della botanica: non giudicando delle famiglie, e delle specie, che per le varietà esteriori, che colpiscono l'occhio, e per il diverso uso, che se ne può fare ne' giardini, li colloca in un nuov'ordine indipendente dalle qualità interne, e dalle differenze essenziali delle piante.
Gli alberi, e gli arbusti, de' quali tentiamo quì una nuova specie di distribuzione relativa all'arte de' giardini, sono indigeni in parte, ed in parte trasportati tra noi da poco tempo da lontani paesi, e particolarmente dall'America settentrionale. Questi ultimi sono commendabili, tanto perchè si son fatti al nostro clima, quanto perchè forniscono alle nostre piantagioni delle belle varietà, ed un incremento prontissimo. Sarebbe un pregiudizio strano quello, che ci portasse a preferirli unicamente alli nostri, o a disprezzarli compiutamente.
Servendoci de' nomi di Linneo, coll'aggiunta de' nomi Francesi, ed Italiani, ci limiteremo alle famiglie, ed alle specie, che non esigono le cure, ed il calor della serra, che soffrono i nostri inverni, e non domandano, che de' siti riparati.
CATALOGO D'alberi, d'arbusti, d'erbe a fiori, e d'erbe da prato, atte al giardino all'Inglese.
ALBERI, ED ARBUSTI.
ACER
campestre, Linneo. Erable, in Francese. Acero, in Italiano. Oppio, in Lombardo.
negundo, L. Erable à feuilles de frêne, F. Acero a foglie di frassino, I. Bel tronco, come tutti gli aceri, a fogliame abbondante, e lucido; ama l'umido.
dissectus. Bell'albero a foglia stratagliata.
opalus, Mil. Superbo pedale ad ampia corona.
platanoides, L. Erable à feuilles de platane, F. Acero platanoide, I.; a foglie di vite, grandi, e lucide.
pseudo-platanus, L. Sycomore, F. Pseudo-platano, I.; a foglie di vite, in qualunque terra.
rubrum, L. Erable de Virginie, F. Acero rosso, I.; a fogliame cangiante, con fiori rossi; ama l'umido.
sacharinum, L. Acero zuccarifero, I.
striatum, L. Erable à feuilles de plane, F. Acero striato, I.; a fogliame lucido.
AMYGDALUS
communis, L. Amandier, F. Mandorlo, I.; a rami in aria; ama terreno soffice, magro, ed anche sassoso.
nana, L. Amandier nain des Indes, F. Mandorlo nano, I.; a fiori abbondanti, color di rosa, di primavera.
pumila, L. Amandier nain d'Afrique à fleur double, F.; a fiori rossi.
Persica fl. pl., Münchh. Pécher à fleur double, F. Persico del fior doppio, I.
ÆSCULUS
hippocastanum, L. Marronnier d'Inde, F. Castagno d'India, I. Bel tronco, a fogliame grande e copioso che forma fiocco; ama terreno grasso.
pavia, L.; a fiori rossi, ed anche a gialli.
AMORPHA
fruticosa, L. Barba di Giove, I.; a fiori violacei; ama l'aprico, in terra qualunque.
ARALIA
arborea, L.
spinosa, L.
Amano terreno fresco, e soffice.
ARBUTUS
unedo, L. Arbousier, F. Corbezzolo, I.; sempre verde con bei fiori, e più bei frutti; sta volentieri presso i muri ombrosi, oppure ben difeso dal settentrione.
uva ursi, L. Vigne ursine, F. Vite d'orso, I.
AZALEA
viscosa, L. Cisto di Virginia, I. Ama terreno forte, ed umido.
BETULA
alba, L. Bouleau vulgaire, F. Betula, I.; a tronco bianco, rami cadenti, fogliame raro.
alnus, L. Aune, F. Ontano, I. Onizza, Lom.; a foglie di verde carico; ama l'umido.
alnus incana, L. Aune à feuilles blanchâtres, F. Ontano a foglie screziate di bianco, I.
nana, L. Bouleau nain, F.
dolentarica; a foglia stratagliata.
BERBERIS
vulgaris, L. Epine-vinette, F. Crespino, I.; a fiori gialli, e frutti rossi.
BIGNONIA
catalpa, L. Bignone, F. Bignonia, I.; a foglie grandi di verde-chiaro, a fiori giallo-bianchi, punteggiati di bianco al di dentro.
radicans, L. Jasmin de Virginie, F.; a fiori rossi a trombetta.
BUPLERUM
fruticosum, L. Seseli etiopico, I.; a foglie di salice; vuole il sole, ed ama terreno fertile.
BUXUS
sempervirens, L. Buis, F. Busso, o bosso, I.
arborescens, L.
suffruticosa, L.
CALLICARPA
Americana, L. Bella pei fiori bianchi, e rosei; frutto roseo, che dura parte dell'inverno.
CALYCANTHUS
floridus, L. Bulneria à fleurs d'anémone, F. I fiori sono d'un color sanguigno-carico; vuole terreno fertile.
CARPINUS
betulus, L. Charme, F. Carpino, I.; a fogliame allegro.
Virginianus, L.
CASSIA
Marylandica, L. Cassier de Maryland, F.; a fiori gialli, d'autunno.
CEANOTHUS
Americanus, L. Thé de la nouvelle Jersey, F. Celastro, I.; a foglie d'un verde allegro, fiori bianchi a spighe.
CEPHALANTHUS
occidentalis, L. Button-Wood degl'Inglesi. Scabiosa Americana, I.; a foglie d'un verde vivo, fiori bianchi odorosi.
CELTIS
australis, L. Micoulier, F. Bagolaro, o loto, I. Frigé, Lom. Si veste ben tardo; fiori da nulla.
occidentalis, L.
orientalis, L.; a foglia più larga.
CERCIS
siliquastrum, L. Gaînier, F. Albero di Giuda, I.; a foglie grandi di verde-chiaro, a fiori porporini, precoci, attaccati al tronco.
Canadensis, L. Gaînier du Canada, F.; a foglie di verde-chiaro al di sopra, e di verde-pallido al di sotto, a fiori rossi; ama terreno fertile.
CHÆROPHYLLUM
arborescens, L.
CHIONANTHUS
Virginica, L. Amelanchier de Virginie, F.; a foglie di verde-chiaro, fiori bianchi a foggia di fiocchi di neve.
Zeylonica, L.
CISTUS
L. Cisto, I. Diverse specie a fiori rossi, porporini, bianchi, e giallastri.
CLETHRA
alnifolia, L.; a foglie lucide, a fiori bianchi odorosi, disposti in spighe.
CLEMATIS
viticella, L.
viorna
orientalis
Virginiana
vitalba
maritima
integrifolia
Arrampicanti, fiori bianchi, rossi, cerulei.
CORNUS
sanguinea, L. Sanguin ou bois punais, F. Sanguinella, Lom.; a fogliame, che si cangia in rosso nell'autunno, e a fiori bianchi.
florida, L. Cornouiller, F.; a fiori bianchi.
alba, L. Sanguin à fruit blanc, F. Fiori bianchi.
mas, L. Cornier, F. Corniolo, I. Cornaro, Lom.; a fiori gialli, precoci. Una varietà a foglie brinate d'oro.
CORONILLA
valentina, L. Séné bâtard, F.; a fiori gialli.
emerus, L.; a fiori gialli, di primavera.
COLUTEA
arborescens, L. Baguenaudier, F. Colutea erbacea, I.; a foglie di verde-chiaro, a fiori gialli, e con vesciche rossiccie.
orientalis, L. Baguenaudier du levant, F.; a foglie di verde di mare, fiori giallastri.
istria, L.; a fiori gialli.
CORYLUS
avellana, L. Noisetier, F. Nocciuolo, I.; specie diverse.
CRATÆGUS
torminalis, L. Alizier à feuilles découpées, F. Spino, I.
æria, L. Alouche de Bourgogne, F. Sorbo dell'alpi, I.; a fiori bianchi, odorosi, di primavera.
crus galli, L. Azerolier de Virginie, F.; a foglie di pero, e a fiori bianchi.
oxyacantha, L. Azerolier à fleur double, F. Spino bianco dal fior doppio.
coccinea, L. Le grand Alizier d'Amérique, F.
alpina, L. Azerolier des alpes, F.
viridis, L.
lucida, L.
CROTON
sebiferum, L.; colle foglie del pioppo nero. Non regge all'aria libera d'inverno, se non quando è alto un uomo. Terreno fertile.
CUPRESSUS
disticha, L. Cyprès de Virginie, F.
thyoides, L. Cyprès du Canada, F.
sempervirens, L.
CYTISUS
laburnum, L. Ébénier, ou fausse Ébène, F. Lamburno, I.; a foglie di verde-scuro, a fiori giallo-chiari pendenti a mazzo.
nigricans, L.
sessilifolius, L.
DAPHNE
mezercum, L. Bois gentil ou garou, F.; a foglie di lauro, e a fiori porporini primaticci. Regge presso un muro esposto al settentrione.
thymalæa, L. Thymelée à fleur blanche, F.; regge all'aria aperta, ma quando sia discretamente alto, e vecchio.
laureola, L. Garou des bois, F.; sempre verde, a foglie di verde-carico, a fiori di verde-giallo, precoci. Sta all'aria libera, ma presso un muro a settentrione.
cneorum, L. Garou, F.; a fiori rossi, di primavera.
DIRCA
palustris, L. Bois de plomb, F.; a fiori bianchi; ama l'umido.
ELÆAGNES
angustifolia, L. Olivier sauvage du levant, F.; a foglie argentine, a fiori gialli odorosi.
latifolia, L.
EPIGEA
repens, L. Epigée, F.
ERICA
arborea, L.
EVONYMUS
Europeus, L. Fusain, F. Fusaggine, Silio, I.; coperto in autunno di capsule rosse.
latifolius, L.; a fiori rossi, e verdi, e a frutto porporino.
Americanus, L. Fusain de Virginie, F.; sempre verde, a foglie spesse, e lucide.
FAGUS
castanea, L. Châtaignier, F. Castagno, I. Varietas foliis ex aureo eleganter variegatis. Si propaga d'innesto.
pumila, L. Petit châtaignier de Virginie, F.; con belle foglie.
sylvatica, L. Hêtre, F. Faggio, I. Bel tronco, fogliame grande, e lucido.
foliis atro-rubentibus, L. Sanguin, F. Faggio purpureo: si propaga d'innesto.
FRAXINUS
excelsior, L. Frêne, F. Frassino, I.; a fiori bianchi.
ornus, L. Petit frêne, F. Albero della manna.
Americana, L.
GENISTA
Hispanica, L. Gênet, ou gênest du mont Ventou, F. Ginestra, I; a fiori gialli, odorosi.
Germanica, L.
Virginica, L.
GLEDITSIA
triacanthos, L.
inermis, L.
Le Gleditsie hanno le foglie di mimosa, e si vestono tardi: in qualunque terreno.
GLYCINE
apios, L. Riccio di dama, I.; con fiori di color rosso-scuro a grappi. D'inverno perde tutto fino alla radice.
GLYCYRRHIZA
glabra, L.
GINKO
biloba, L. Ha foglie fatte a conio d'un verde cenerino: ama terreno forte, in qualunque situazione.
GUILANDINA
divica, L. Le foglie sono molto grandi, e sottodivise come le mimose. Vuole poco sole.
dioica, L. Bonduc, F.; a fiori celesti.
GYNANCHIUM
erectum, L.; a foglia argentina.
HAMAMELIS
Virginiana, L. Pistacchio nero della Virginia, I.
HALESIA
tetraptera, L.; a fiori bianchi in forma di campana.
diptera, L.
HEDERA
helix, L. Lierre, F. Edera, I.
quinquefolia, L. Vite del Canadà, I.
HIBISCUS
Syriacus, L. Althea frutex, ou guimaure royal des jardiniers, F. Malvavischio, I., a fiori bianchi, turchini, rossicci, variegati, ed anche doppj.
HIPPOPHÆ
rhamnoides, L.; a foglie di salice.
Canadensis, L.
Queste due amano terreno umido, e arenoso.
HOPEA
tinctoria, L. Hopea des teinturiers, F.
HYDRANGENA
arborescens, L. Ha foglie d'un verde-chiaro, e sono un po' lucide: i fiori sono a cyma, come il sambuco comune, bianchi, e odorosi.
HYPERICUM
Kalmianum, L. Mille-pertuis de Virginie, F.; a bei fiori gialli.
JASMINUM
officinale, L. Jasmin vulgaire, F. Gelsomino, I.; a fiori bianchi.
humile, L.; sempre verde, a fiori gialli.
odoratissimum, L.
fruticans, L. Jasmin jaune des bois, F.; a fiori gialli.
ILEX
aquifolium, L. Houx, F. Smilace, agrifoglio, I. Bruscone, Lom.; sempre verde, le foglie d'un verde-carico, e lucido; ama poco sole, e un terreno umido, e forte. Ve ne sono a bache rosse, a bianche, ed anche a gialle.
ITEA
Virginiana, L.; ama un terreno soffice, ombroso, e umidetto.
JUGLANS
nigra, L.; noce nera della Virginia.
alba, L.; noce bianca della Virginia.
cinerea L.; noce dell'America settentrionale.
JUSTICIA
adhatoda, L.; difficilmente regge al freddo.
JUNIPERUS
communis, L. Génévrier, F. Ginepro, I.
Barbadensis, L. Cèdre des Barbades, F.
Bermudiana, L. Génévrier des Bermudes, F.
Lycia, L.
oxycedrus, L. Le cadet de Provence, F.
Phœnicea, L. Grand cèdre à feuilles de cyprès, F.
sabina, L. Sabine, F. Sabina, I.
Virginiana, L. Cèdre rouge de Virginie, F.
thurifera, L. Cedro di Spagna, I.
Tutti i ginepri reggono in aria libera quando sono alti un uomo. Sono sempre verdi, bellissimi, d'un verde-scuro. Vogliono terra forte.
KALMIA
latifolia, L.
angustifolia, L.
Con fiori, che durano quasi tutto l'estate. Reggono d'inverno, quando siano ben fortificate, dell'altezza di quasi un uomo. Terreno forte.
LAVATERA
arborea, L. Nella Cisalpina difficilmente regge in aria aperta.
LAURUS
benzoin, L. S'alza all'altezza di quasi due uomini. Le foglie sono d'un bel verde, grandi, e d'odore d'uva moscatella.
æstivalis, L. Borbonia, L. camphora, L. sassafras, L. Difficilmente reggono d'inverno nel nostro clima, anche se sono grandi.
LIQUIDAMBAR
styraciflua, L. Storax d'Amérique, ou coupalme, F. La foglia è angolata, grande, d'un verde-chiaro, liscia. Ama terreno arenoso; cresce molto quando ha l'altezza d'un uomo.
LIRIODENDRON
tulipifera, L. Tulipier, F., a fogliame abbondante, e magnifico, a fiori verdo-gialli, che rassomigliano ai tulipani.
liliifera, L.; a fiori rassomiglianti ai gigli.
LONICERA
Tartarica, L. Chamæcerasus, ou petit cerisier de Tartarie, F.; a foglie di verde-chiaro, a fiori color di carne, a bache rosse.
cærulea, L. Petit cerisier des montagnes, F.; a fiori bianchi, e bache celesti.
caprifolium, L. Chevre-feuille d'Italie, F. Caprifoglio, o madre selva, I.
sempervirens, L. Chevre-feuille de Virginie, F.
peryclimenum, L.
Queste due sono le più belle pei fiori.
xylosteum, L. Petit cerisier des bois, ou bois de fer, F.
alpigena, L. Chamæcerasus des alpes, F.
symphoricarpos, L.; a frutti rossi.
diervilla, L.
LYCIUM
Chinense, L. Jasmin oïde, F. Licio, I.; a fiori bianchi.
barbarum, L. Arbusto a fiori bianco-violetti, i rami divergenti, il frutto giallo; in qualunque terra.
MAGNOLIA
grandiflora, L. Laurier tulipier, F.; la più bella per le foglie grandi di alloro, perenni, lucide, d'un verde-chiaro; fior bianco grande, odoroso. Regge in aria aperta, quando è allevata all'altezza d'un uomo. Terra forte.
glauca, L. Magnolia de la Virginie, F.; a fior bianco. È men bella delle altre e regge più facilmente della grandiflora. Ama l'umido.
tripetala, L. Le foglie di castagno ordinario, lunghissime: i fiori bianchi odorosissimi. Allevata all'altezza di mezzo uomo, regge benissimo in un terreno umido, e a non molto sole.
accuminata, L. Le foglie sono larghissime; ama un terreno forte, e umido. Albero altissimo; regge nel nostro clima più bene delle altre.
MALUS
sylvestris, L. Pommier des bois, F. Pomo, I.
MELIA
azedarach, L. Fico d'Egitto, I.; a vago fiore nero, e bianco, soffre il freddo.
MESPILUS
pyracantha, L. Buisson ardent, F. Spina acuta, I.; a vaghi fiori, e a bache rosse.
cotoneaster, L. Neflier à feuilles rondes, ou amelanchier velu, F.; a foglie crespe, a fiori rossicci, e a frutti rossi.
arbutifolia, L. Alizier de Virginie à feuilles d'arbousier, F.
Canadensis, L. Neflier, azerolier du Canada, F.
orientalis, L. Neflier du levant, F.
amelanchier, L. Amelanchier, F.
Germanica, L.
Fioriscono tutte in primavera.
MORUS
nigra, L. Mûrier à fruits noirs, F. Moro nero, I.; a fogliame scuro.
papirifera, L. Moro papirifero, I.; a fogliame verde-oscuro.
Indica, L.
MYRICA
cerifera, L. Tamarisc, F. Tamariggio, I. Bel arbusto grande, con foglie odorose; vuole terreno grasso.
ONONIS
fruticosa, L. Arréte-bœuf ou bugrande, F.; a fiori rossi.
PERIPLOCA
Græca, L. Le foglie sono d'un verde-scuro, lucide; fiori porporini, e cenerini, a racemo.
PHILADELPHUS
coronarius, L. Seringa, F. Siringa bianca, I.; a fiori bianchi odorosi.
PINUS
sylvestris, L. Pin sauvage, F. Pino selvatico, I.
domestica, L.
larix, L. Melese, F. Larice, I.; a rami cadenti, a fogliame leggiero.
Canadensis, L. Epinette blanche du Canada, F.
picea, L. Pignet, F. Peccia, I. Bel tronco, fogliame raro di verde-scuro.
abies, L. Sapin femelle, F. Abete, I.
tæda, L. Epineux du Canada, F.
balsamea, L. Baumier de Gilead, F. Pino balsamifero, I.
cembro, L. Alviez Briançonnais, F.
strobus, L. Strobo, o di Lord Weymouth, I.
cedrus, L. Mélèse à gros fruits, F. C edro del monte Libano, I.
Queste piante sono sempre verdi.
PLATANUS
occidentalis, L. Platano occidentale, I.; a fogliame grande d'un verde-chiaro.
orientalis, L.; a foglia di vite.
PLUMERIA
rubra, L. Arbre à jasmin, F.; a fiori color di rosa, grandi, ed odorosi.
alba, L.
Queste due piante vogliono essere custodite in serra, ma per motivo della loro rara bellezza si sono poste quì, alle quali si potrebbero aggiungere altre piante esotiche, belle a vedersi, che domandano il calor della serra, quali nella bella stagione si possono esporre all'aperto entro vasi sepolti in terra.
POPULUS
nigra, L. Peuplier noir, F. Pioppo nero, I.
alba, L. Franc-Picard à grandes feuilles, F. Pioppo bianco, I. Tavernela, Lom.
tremula, L. Tremble, F. Albarella, I.
balsamea, L. Tacamakaca, F.
pyramidalis.
heterophylla, L. Il più grande di tutti.
Tutti i pioppi amano l'umido.
POTENTILLA
fruticosa, L. Potentille, pentaphylloides d'Angleterre, F.; porta fiori in estate.
PRUNUS
padus, L. Bois de sainte-Lucie, F. Legno sarono, Lom.; a fiori bianchi pendenti.
nana, L. Cerisier nain, F.; a fiori bianchi odorosi, a grappi.
avium, L. Grand cerisier des bois, à fruit doux et noirs, ou mérisier noir, F.
pumila, L. Ragouminier, ou néga, F.; a fiori bianchi.
mahaleb, L. Cerisier des bois, F.; a foglie lucide, e fiori bianchi.
lauro-cerasus, L. Laurier-cerise, F.; odoroso.
padus Virginica, L.; a fiori bianchi.
spinosa, L. Prunier de buisson, F.; a fiori bianchi.
Canadensis, L.
fl. pl. L. Mérisier à fleur double, F.
Fioriscono quasi tutti in primavera.
PTELEA
trifoliata, L. Ptelea a tre foglie, I.; a foglie liscie, verdo-chiare, fiori odorosi, giallo-verdi, a grappo.
PUNICA
granatum, L. Grenadier, F., Melagrano, I.; a fiori rossi.
fl. pl. L.; dal fior doppio.
PYRUS
communis, L. Poirier, F. Pero, I.
coronaria, L. Pommier des bois du Canada, F.; a fiori rossi.
cydonia, L. Coignassier, F.
pyraster, L.
spectabilis, L.; dal fior rosso.
sativa fl. pl., du Hamel. Le poirier cultivé à fleur double, F.
QUERCUS
rubra, L. Chêne rouge du Canada, F. Bel tronco, a fogliame grande di un verde-chiaro, che si cangia in rosso nell'autunno.
prinus, L.
Canadensis, L.
strobus, L.
nigra, L. Chêne noir de Maryland, F.; a fogliame oscuro, come generalmente tutte le quercie.
alba, L. Chêne blanc du Canada, F.; a foglie lucide.
robur, L. Chêne, F. Rovere, I.
cerris, L. Cerro, I.
vulgaris foliis ex albo variegatis, L.
ilex, L. Licino, I.; sempre verde, ama il caldo.
coccinea, L. Le petit chêne verd, F. Porta il kermes.
sempervirens, L.
Virginiana, L.
fœmina, L.
RHAMNUS
catharticus, L. Spin cervino, I.
frangula, L. Ranno frangola, I.
paliurus, L. Paliuro, I.
zizyphus, L. Jujube, F. Giuggiole, I.
RHUS
coriaria, L. Vinaigrier, F. Sommacco, I.; a foglie oscure, come generalmente tutti i sommacchi.
thyphinum, L.; a fiori rossi, che contengono anche il seme, e che restano sulla pianta per due anni.
glabrum, L.
copallinum, L.
cotinus, L. Fustet, F. Rubione, I.; a frutti coperti da ricca lanugine cangiante.
succedanea, L. Si è trovato essere ailanthus glandulosa di Des-Foutaine. Albero di veloce, e somma cresciuta.
toxicodendron, L.
radicans, L.
ROBINIA
caragana, L. Robinia di Siberia a foglie di verde-chiaro, a fiori gialli.
holodendron, L.; a vaghi fiori.
inspida, L. Faux-acacia d'Amérique, F.; a foglie, e rami ispidi, a fiori porporini, che porta più volte l'anno.
pseudo-acacia, L. Faux-acacia, F. Pseudo-acacia, I.; di straordinaria venuta, a foglie di verde-chiaro, a fiori bianchi pendenti, e odorosi.
frutescens, L. Rose acacia, F.; a fiori gialli.
RIBES
rubrum, L. Groseille d'outre mer, F. Uveta rossa, I.
nigrum, L.
uva crispa, L. Groseiller, F. Uva spina, I.
grossularia, L.
RHODODENDRON
ferrugineum, L. Odano, I.; ama l'ombra presso i muri.
maximum, L. Quando è ben forte all'altezza di un uomo, regge in aria aperta. Le foglie sono d'un bel verde-scuro. I fiori sono giallognoli.
hirsutum, L. Ama di essere presso i muri a settentrione. Le foglie hanno odore di terebentina.
ROSA
eglanteria, L.; a foglie odorose, e fiori gialli.
rubiginosa, L.; a fiori color di carne.
spinosissima; a fiori bianchi, giallastri al basso.
canina; a fiori rossicci.
villosa; a fiori di rosso-chiaro, e calice peloso.
fæcundissima; a fiori doppj di rosso-chiaro.
inermis; a fiori di rosso-chiaro, che porta due volte.
sempervirens; a fiore bianco, semplice, odoroso.
lutea multiplex; a fiori gialli senza odore.
Punica, L. Rosier d'Afrique, F.; a fiori gialli per di fuori, e color di fuoco per di dentro.
cinnamomea; a fiori porporini, odor di cannella.
provincialis, L. Rosier pavonné, F.; a fiori grandi, di rosso-carico, odorosi.
holosericea; a fiori di porpora, odorosi.
Virginiana; a fiori rosso-pallidi, senza odore.
pendulina, L. Rosier à fruit long, F.
Carolina, L.; a fiori doppj di rosso-chiaro, odorosi.
pimpinellifolia, L.; a fiori abbondanti, semplici, rosso-pallidi, e ricco fogliame.
alba, L.; a fiori bianchi, semplici, e doppj.
Belgica; a fiori bianchi, odorosi, biancastri al di fuori, e color di carne al di dentro.
moschata; a fiori di color rosso-pallido, doppj, ed odorosi, foglie odorose.
centifolia, L.; a fiori abbondanti di color rosso-chiaro.
Damascena; a fiori doppj, odorosi.
Gallica, L.; a fiori metà rossi, e metà bianchi, odorosi.
alpina, L.; a fior rosso, semplice.
versicolor; a fiore variegato.
bicolor; a fior rosso, e giallastro per di sotto.
Si conoscono da ottanta varietà di rose, delle quali la terza parte non dà, che fiori semplici. Si possono considerar le rose sotto quattro principali colori: le gialle, le bianche, le incarnate, e le rosse. Ve n'hanno poche di gialle, un po' più di bianche, molto più d'incarnate, e le rosse formano il maggior numero. In questi due ultimi colori v'è un'infinità di gradazioni, da quello di carne più tenero all'incarnato più vivo, e dal rosso pallido al porporino carico. Regna ancora una grande varietà nella statura de' rosaj, nell'odore dei fiori, e nella stagione delle lor venute. Taluni sono senza spine, altri sempre verdi; in alcuni le foglie hanno un odore aggradevole, in altri sono gentilmente macchiate. Si trovano de' rosaj, le cui rose sono vagamente brinate, e screziate di varj colori. Alcuni fioriscono due volte, altri in tutto l'anno; i fiori d'altri non si aprono, che per metà. Nessun arbusto riunisce differenze così singolari, così variate, e così interessanti.
RUBUS
odoratus, L. Framboisier du Canada, F.; porta fiori lungamente, a foggia di rose.
RUSCUS
racemosus, L. Egli è picciolissimo, d'un bel verde-lucido, quasi illuminato.
SALIX
petandra, L. Grand saule de montagne, F. Salce a foglie di lauro, I.
triandra, L.
helix, L.
Babilonica, L.; a rami cadenti.
caprea, L.; assai precoce.
SAMBUCUS
laciniata, L. Sureau, F. Sambuco laciniato, I.
SOPHORA
tetraptera, Mil.; a fiori gialli. Difficilmente regge in inverno.
SORBUS
domestica, L. Cormier, F. Sorbo, I.
aucuparia, L. Sorbier des oiseleurs, F.; a fiori bianchi, e bache rosse.
SPIREA
salicifolia, L. Spirée à feuille de saule, F.; a fiori color di carne pendenti.
tomentosa, L. Spirea della Virginia, I.; a fiori color di carne, disposti a spighe.
hypericifolia, L. Spirée à feuille de mille-pertuis, F; a fiori bianchi a guisa di rose, macchiati di giallo.
opulifolia, L. Spirée à feuille d'obier, F.; a fiori bianchi.
chamædrifolia, L. Spirée à feuille de germandée, F.; a fiori bianchi.
SPARTIUM
scoparium, L. Genêt, F.; a fiori gialli.
STAPHYLÆA
pinnata, L. Faux pistachier, F. Pistacchio, I.; a foglie verdo-chiare, a fiori bianchi pendenti.
trifolia, L. Nez coupé de Virginie, F.; a fiori bianchi.
STERCULEA
platanifolia, L. Firmiana, I. Regge con difficoltà ne' primi anni, che si espone nell'inverno all'aperto, cosicchè è d'uopo rischiarla allorchè è ben grande. Le foglie sono molto analoghe a quelle del fico comune; ma liscie, come pure il fusto, e sono d'un bel verde. I fiori a pannocchia, di poco bella veduta.
STEWARTIA
malacodendron, L. L'arbre tendre, F.; a fiori bianchi.
SYRINGA
vulgaris, L. Lilas, F.
flore albo, L.
flore saturate purpureo, L.
Persica laciniat a, L.
TAMARIX
Germanica, L.
Gallica, L.
Queste piante hanno un bel verde-chiaro, e formano una bella veduta. I fiori sono a spighe, bianco-rosei. Amano i luoghi arenosi, ed umidi.
TAXUS
baccata, L. If, F. Tasso, I., sempre verde. Foglie d'un verde-scuro. Frutti rossi.
TILIA
Europea, L. Tilleul, F. Tiglia, I.
Americana, L; a foglia stretta.
THUYA
occidentalis, L. Arbre de vie, F. Tuya, I.
orientalis, L. Arbre de vie de la Chine, F.
Sempre verdi, a rami staccati.
ULMUS
campestris, L. Orme, F. Olmo, I.
ULEX
Europeus, L. Jonc marin, F.; a fiori gialli. Fiorisce d'inverno sino a germile.
VIBURNUM
lantana, L. Viorne ordinaire, F. Viburno, I.; a foglie d'un verde cenerino, a fiori bianchi.
opulus, L. Opalo, I.; a fiori bianchi, e bache rosse.
roseum, L. Petote de neige, F.; a fiore bianco a foggia di fiocco di neve. Ve ne sono di gialli, ed anche di rossi.
lanceolatum, L.; a fiori bianchi.
nudum, L.
VITEX
agnus castus, L. Agno casto, I. Albero con foglie a guisa di canepa, odore forte non grato, fiori turchino-pallidi. Ama qualunque terreno.
ZANTHOXYLUM
clava Herculis, L. Arbusto, che cresce poco. Foglie d'un bel verde. Fiori, e frutti di nessuna veduta. Regge dovunque.
Piante vivaci, ossia erbe a fiori di primavera.
ADONIS
vernalis, L. Fausse Ellébore noire, F.; annua.
ANEMONE
hepatica fl. albo, rubro, rubro pleno, cæruleo pleno. Hépatique, F.; perenni.
vernalis fl. pl. purpurascente, fl. pl. albo. Anémone, F.
ASARUM
Europæum, L. Nard sauvage, F.; bello pel suo cespite.
BELLIS
perennis, L. Marguerite des jardins, F.
hortensis fl. pl., colore vario.
BULBOCODIUM
vernum, L. Campanette, ou aian, F.; a fior bianco, campanulato.
CALTHA
palustris fl. pl., L. Souci d'eau, F.
CONVALLARIA
majalis fl. rubente, fl. pleno. Muguet, F.
CROCUS
sativus, L., vernus, L. Saffran, F.; a fiori variabili.
CYNOGLOSSUM
omphaloides, L. Langue de chien, F., a fiore turchino.
DIANTHUS
barbatus, L.
carophilus, L.
DIGITALIS
purpurea, L.
epiglotis.
ERYTHRONIUM
dens canis, L. Chiendent, F.; a fior bianco, vuol l'ombra.
FRITILLARIA
imperialis, L. Couronne impériale, F.
Persica, L. Fritillaire, F.; a fior racemoso, atropurpureo.
pyrenaica, L.; a fior variabile.
meleagris, L.; a vaghi fiori di colori variabili.
FUMARIA
bulbosa, L.; a fiori precoci, racemosi, di varj colori; ama luoghi ombrosi, e asciutti.
lutea, L.; a fior giallo, ama l'ombra.
GALANTHUS
nivalis fl. pl. Perce-neige, violette de février, F.; a fiori precoci, candidissimi.
GENTIANA
acaulis, L. Gentiane sans tige, F.; a fior celeste, campanulato, di monte.
HYACINTHUS
non scriptus, L.; a fior celeste, e bianco.
serotinus, L.; giallastro.
amethystinus, L.
orientalis, L.; a varj colori.
mascari, L.; d'un verde-pallido odoroso, a spiga densa.
monstruosus, L.; singolare.
botryoides, L.; odoroso, di color porpora-carico.
racemosus, L.
IBERIS
carexiana, saxatilis, a fior bianco, corimboso.
tuberosa; a fior nero, e verde-pallido.
IRIS
pumila fl. cæruleo, L; primaticcia.
purpureo-cæruleo, L.
variegata.
versicolor.
susiana, L. La più grande, a fiore di fondo bianco, tigrato di scuro.
Germanica, L.; a fior violaceo-carico.
Florentina, L.; a fior bianco.
Virginica, L.; a fior variabile.
pseudo-acorus, L.; a fior giallo.
Persica, L.; primaticcia, fiore a fondo cenerino, a varj colori.
JUNCUS
odoratus, L. Pâture des chameaux, F.
articulatus.
LEUCOYUM
vernum, L. Perce-neige, F.;
æstivum, L. Violier d'étè, F.;
a fiori bianchi, amano l'ombroso.
NARCISSUS
poëticus, L.; a fior bianco, con appendice gialla.
pseudo-narcissus, L.; a fior bianco, e giallo.
bicolor, L.
minor, L.
tazetta, L.; a fiore giallo, e bianco.
odorus, L.
jonquilla, L.; a fior giallo, semplice, e doppio.
ORNITHOGALUM
nutans, L. Ornithogale, ou churle, F.
OROBUS
vernus, L. Pois de pigeon, F.; bellissimo cespuglio a fiori variabili.
PÆONIA
fl. albo pieno, L., rubro pleno, L., pl. incarnato. Pivoine, F.
PHLOX
pilosa, L. Phox, F.; a fiori d'un rosso sporco.
divarigata, L.; a fior celeste.
glaberima, L.; a fior purpureo, e bianco.
maculata, L.; a fior purpurascente.
PRIMULA
veris, L. Primevere, F.; a fiori vaghi, e varj.
auricula ursi, L. Oreille d'ours, F.
PULMONARIA
officinalis, L. Pulmonaire, F.; a fior purpureo, ceruleo, variabile, cangiante.
angustifolia, L. Petit pulmonaire, F.; al sole.
Virginica, L. De Virginie, F.; al sole.
RANUNCULUS
repens fl. pl., L. Le grenouillet, ou pied de courbeau, F.; a fior giallo-lucido, doppio, e semplice.
aconiti-folius fl. pl., L. Le bouton d'argent d'Angleterre, F.; a fior bianco, di monte.
glacialis; a fior giallo di lunga fiorita, di montagna.
SAXIFRAGA
crassifolia, L., Rompt-pierre, F. Bella per le foglie, e pei fiori.
SCILLA
amœna, L.; a fiori celesti.
STIPA
penata, L. È una gramigna bellissima, passati i fiori.
TROLLIUS
Europæus, L.; a fior giallo, vuol l'ombra.
TULIPA
sylvestris, L.; a fiore giallo, semplice.
VALLERIANA
divisa, L.; a fiori bianchi, ama l'umido.
VIOLA
odorata, L.; a fior violaceo, bianco, e rosso-pallido.
fl. cæruleo, L. Violette de mars, F. albo.
montana, L. Violette, F.
tricolor, L. Pensée, F.
D'Estate.
ACORUS
calamus, L. Jonc, F.; colla spica gialla.
vernus, L.
ALLIUM
moly, L. Le grand moly jaune, F.
AMARANTUS
species variæ. Annuali.
APOCYNUM
androsemifolium; a fior bianco, e roseo.
ASTER
Chinensis, L. Fiori estivi, e autunnali, variabili. Annuale.
BLITUM
capitatum, L. Bienne; frutto bello, vuole poco sole.
BORAGE
officinarum, L.; a fiore ceruleo-pallido.
CALLENDULA
officinalis fl. pl., L.; annua, e biennale, a fiori color d'arancio.
CENTAUREA
moscata, L. Jacee, F.; annua, a fior bianco, e giallo.
CHEIRANTHUS
annuus, L. Viole, dette quarantine.
CHRYSANTHEMUM
micones, L. Annuale, a fiori gialli.
CLEMATIS
viticella, L.; a fior semplice, e doppio, ceruleo-purpureo.
vitalba; a fior bianco.
crispa; a fior purpureo-ceruleo.
orientalis; a fior giallastro. L'abito di tutta la pianta di verde-cinereo.
CONVOLVULUS
purpureus, L.
Nil; a fiore color d'azurro-carico.
tricolor, L.
DELPHINIUM
consolida, L. Annuale, a fiori variabili.
grandiflorum, L.; a fior doppio, e semplice, d'un azurro-carico.
HEDISARUM
coronarium, L.; a fior rosso, ed anche a fior bianco.
HYPERICUM
Ascyrum, L. Mille-pertuis de Constantinople, F.; a fior giallo.
calicinum, L.; a fior giallo, grandissimo.
GLADIOLUS
communis, L.; a fior bianco-purpureo. Sp. variæ.
LATHYRUS
sativus, L. Spec. variæ. La gresse, F.
LOBELIA
cardinalis, L.; a fior cocineo.
LUPINUS
pilosus, L.; a fior cinereo-ceruleo.
luteus, L.
Annui.
MIRABILIS
jalapa, L.; a varj colori.
NIGELLA
Damascena, L.; a fiori variabili; annuale.
PAPAVER
rhaeas, L.; a fiori doppj; di varj colori.
PHLOX
paniculata, L.; a mazzetti purpurascenti.
SALVIA
Hispanica, L.; Annuale, a fiori in spiga cerulescenti.
SCABIOSA
atro-purpurea, L. Fiorisce tutta l'estate, ed in parte dell'autunno.
SILENE
armeria, L. La belle silene, F. Dà fiori tutta la state, rossi, e bianchi.
SPIRÆA
aruncus, L. Barba di Giove, I.; a fior canino.
ulmaria; a fior bianco, semplice, e doppio.
filipendula; a fior bianco, semplice, e doppio.
trifoliata, L.; a fior bianco.
lobata; a fior purpureo.
TAGETES
patula, L. Annuale, a fior giallo, velutato.
VINCA
major, L. La grande pervenche, F.; a fior violaceo.
erecta, L.
Belle pei fiori, e pel verde-carico delle foglie perenni.
XERANTHEMUM
annuum, L.; a fiori secchi, bianchi, e rossi; dura molto la loro fiorita.
ZINNIA
multiflora, L. Annuale, fiori a color feniceo.
D'Autunno.
ACHILLEA
tomentosa, L.; a fiori gialli, a mazzo.
mille-folium; a fior bianco, ed anche purpureo.
AGERATUM
altissimum, L.; a fiore bianco, a grappo.
ALCEA
rosea, L.; a fiore vario, e vago, semplice, e doppio.
ANTIRRHINUM
majus, L.; a fiore rosso, e bianco-rosso.
Queste due fioriscono anche in estate.
ASTER
tripolium, L. Œil de Christ maritime, F.; a fior bianco, e giallo.
amellus, L. Amelle, F.; a fiore turchino-pallido.
divaricatus, L. Œil de Christ divergent, F.; a fiore giallo, e turchino-pallido.
dumosus, L. Des buissons, F.; a fior bianco, e giallo.
ericoides, L. A feuilles de bruyère, F.; a fior bianco, e giallo.
linari-folius, L. A feuilles de lin, F.; a fior bianco, e giallo; alto.
concolor, L. De la même couleur, F.; giallastro.
rigidus, L. Roide, F.; a fior giallo, e purpureo-carico.
nova Angliæ, L. De la nouvelle Angleterre, F.; a fior purpureo-ceruleo.
cordifolius, L.; a fiore giallo, e bianco.
puniceus, L. A tiges rouges, F.; a fiore giallo-cinereo.
mutabilis, L. Changeant, F.; a fior giallo-cerulescente.
tradescanti, L. De Virginie, F.; a fior giallo-cinereo.
novi Belgii, L. De la Pensilvanie, F.; a fiore giallo-cerulescente.
tardifolius, L.; a fiore di color giallo, e cilestro sporco.
grandiflorus, L.; a fiori grandi, giallo-atro-purpurei.
corimbosus, L. En bouquet, F.
BUPHTHALMUM
grandiflorum, L. Œil de bœuf à grandes fleurs, F.; a fior giallo.
helianthoides, L. En forme de soleil, F.; a fior giallo.
CHRYSANTHEMUM
coronarium, L.; a fior giallo.
Indicum, L.; a fior doppio purpureo-ceruleo; tardissimo.
CLEMATIS
integrifolia, L.; a fior cilestro.
COREOPSIS
verticillata, L. Cératocéphale à feuilles verticillées, F.
tripteris, L.; A feuilles ternées, F.
lanceolata, L.
A fiori gialli su fondo variabile.
CROCUS
officinalis, L.; a fiori di porpora-carica.
ERYNGIUM
amethystinum, L. Panicaut améthyste, F.
EUPATORIUM
cannabinum, L. Eupatoire commun, F.; a fiori purpurascenti.
purpureum, L.
maculatum, L.
perfoliatum, L.
altissimum, L.; a fiori bianchi.
GERANIUM
striatum, L. Bec de grue strié, F.; a fiore bianco, e rosso-pallido.
sanguineum, L. Sanguinaire d'Europe, F.
GNAPHALIUM
rutilans, L.; con fiori a mazzetto, color di fuoco.
HELENIUM
autumnale, L. Helène d'automne, F.; a fior giallo.
HELIANTHUS
multiflorus, L. Soleil à plusieurs fleurs, F.; a fior doppio d'un bel giallo.
giganteus, L.; a fior giallo.
HIERACIUM
auranticum, L. Chicoracée à fl. couleur d'orange, F.
umbellatum, L; a fiore giallo.
LATHYRUS
latifolius, L. La gesse à larges feuilles, F.; a fiori purpurei.
POLYGONUM
bistorta, L. Bistorte, F.; a fiore purpureo, disposto in spica.
RUDBECKIA
laciniata, L. Rudbeck laciniée, F.; a fiore giallo.
hirta, L.; a fiore giallo sopra fondo scuro.
purpurea, L.; a fior porporino.
SAPONARIA
officinalis fl. pl., L. Savonière des boutiques à fl. doub., F.; a fior porporino.
SCABIOSA
arvensis, L. Scabieuse des champs, F.; a fior cerulescente.
SOLIDAGO
virga aurea, L. La verge d'or d'Europe, F.
sempervirens, L.; a fior giallo.
altissima, L.; a fiori gialli.
Canadensis, L.; a fiori gialli.
laterifolia, L.; a fiori gialli.
Mexicana, L.; a fiori gialli.
D'inverno.
Appartengono in qualche modo a questa stagione le piante tardive e le primaticcie, le sempre verdi, e le esotiche; ed artificiosamente si possono avere durante l'inverno i fiori di quasi tutte le piante. Il grande elleboro nero, helleborus niger major, L., a fior bianco, che si cangia in rosso, fiorisce sotto le nevi[8].
Erbe per li tappeti verdi.
ALOPECURUS
pratensis, L. In terreno umido.
agrestis, L.
AIRA
cespitosa, L.
AVENA
pratensis, L. In terreno umido.
elatior, L. In terreno secco, e magro.
BUTOMUS
umbellatus, L. Jonc fleuri, F. Terreno umido.
HEDISARUM
flore rubente, L. Sulla, F. Terreno secco.
HOTTONIA
palustris, L. Giroflée d'eau, F.
IRIS
Siberica, L. Flambe de Sibérie, F.
LOLIUM
perenne, L. Yvraie sauvage, ou ray-grass, F. In terreno arido.
PLANTAGO
lanceolata, L.
POA
pratensis, L.
trivialis, L.
annua, L.
PHALARIS
Canariensis picta, L. Chasse-bosse, F.
STATICE
armeria, L. Statice, I.
Il timothy-grass, il bird-grass, l' ajonc, ossia la ginestra spinosa, prosperano in terreno secco, e magro; l'ultimo si conserva verde anche d'inverno.
DE' CARATTERI DISTINTI DELLE PIANTE.
La bellezza del tronco consiste in un fusto diritto, alto, e snello, ed anche, per rapporto ad alcuni alberi, nella scorza liscia, ed unita. Queste qualità invitano la nostra attenzione verso un albero, e ci risvegliano grate impressioni. Convengono ai siti, ove la bellezza delle forme, la regolarità, e la maestà campeggiano. Convengono soprattutto ai viali, ai larghi sentieri, ai boschetti; servono all'abbellimento di monticelli, e nel circondario di fabbriche di nobile stile.
Gli alberi a rami staccati, e pendenti fanno un buon effetto ne' cantoni dedicati alla melanconìa: sembrano dinotare colà una specie di simpatìa colla tristezza; e l'impressione, che producono, si aumenta allora quando collocati intorno d'un urna, o d'un monumento, si frammischiano con altri alberi a foglia trista, ed oscura.
La natura destina gli alberi di ricco fogliame a somministrar ombra; li destina alle scene estive, ai siti di riposo, ai sedili isolati, ec. ec. Quelli a foglia rara, e leggiera li disegna per le scene, che non domandano nè ricovero, nè ombra, e che debbono essere forate d'aperture trasparenti, ed aeree, penetrate liberamente da' raggi del sole, ed abitate dall'allegria, e dalla libertà.
Le scene melanconiche, li sentieri, e gli spazj consacrati alla meditazione, ed alla tristezza, gli eremi, le urne, e gli altri monumenti di dolore, e d'afflizione vogliono essere decorati, resi ombrosi, e rinforzati da alberi a foglia scura[9]. Vi sono alberi con foglie d'una varietà pittoresca di colori, che producono buon effetto nelle scene autunnali, ed offrono un aspetto aggradevole, soprattutto quando s'intrecciano ad arte con altri alberi, che conservino ancora il verde lor particolare. Questi fogliami variabili convengono alle piantagioni, che vogliono distinguersi colla lor diversità; dicono bene ne' cantoni romanzeschi, che ricercano un'apparenza strana, e meravigliosa, e dove si vuol sorprendere, o produr contrasto. La durata del fogliame, e le piante sempre verdi sono convenienti ai giardini d'inverno, e servono mirabilmente per gli scuri in avanti. Per riguardo ai fiori, il merito degli alberi dipende dalla bellezza de' loro colori, da quella delle loro forme, e grandezze, e dalla soavità dell'odore, che mandano. Il tempo della fiorita determina la specie degli alberi proprj ad una scena di primavera, o di estate. I fiori brillano nelle scene piacevoli, e ridenti.
Devesi far gran conto degli alberi fruttiferi, e per motivo della bellezza de' fiori, e per quella de' frutti, ed eziandìo perchè sono primaticci. I frutti d'un verde di prato, come alcune specie di prugne, o di colore scuro, o griggio, come alcune pere, e mele, non fanno bell'effetto sugli alberi; al contrario l'occhio è allettato da quelli color di carne, gialli, o rossi. Il tempo della loro maturità determina il sito a proposito, nel quale vanno riposti.
Gli arbusti differiscono principalmente dagli alberi, perchè cacciano più rami fuor di terra da ogni parte, e perchè sono d'un minor crescimento. Gli arbusti rendonsi raccomandabili, ora per le loro foglie, ora pei lor fiori, per motivo del loro grato odore, e per altre buone qualità. Gli arbusti servono primieramente a variare il quadro, componendosi de' boschetti, e delle piantagioni basse; servono a tappezzare i muri, i padiglioni, e i piccioli gabinetti; a dar dell'ombra, e del buon odore ai siti di riposo; ad ornare i boschetti; a guarnire, ed orlare i passeggi; a decorare, ed a caratterizzare le differenti scene.
Cogli alberi la natura compone i gruppi, i boschetti, i boschi, e le foreste; e cogli arbuscelli i cespugli, e le macchie.
ALBERI, ED ARBUSTI ISOLATI.
Un albero, benchè solo, ed isolato, può essere rimarcabile per il carattere, che gli è proprio: può attirarsi l'attenzione colla smisurata grandezza, colla svelta cima, ed anche co' rami, col fogliame, e co' fiori. Più l'albero è isolato, meno l'occhio è distratto; vi si riposa sopra a piacere, e gode di contemplarlo. L'artista giardiniere però non offrirà con tanta facilità un albero solo, a meno che non meriti un particolar riguardo. La di lui posizione può rendere un albero isolato altrettanto osservabile, che lo stesso suo carattere. Un alto tiglio, che copra colla sua ombra una sottoposta capanna; un'annosa quercia traforata, e minacciante ruina, che stenda i suoi rami sul tetto di un eremo; un rispettabile loto, che regni sulla cima più alta d'un monticello; qualunque albero fronzuto, che contrasta col differente verde d'un'altura, contro d'un'acqua chiara, coll'azzurro del cielo, contro una nube luminosa, provano la verità di quest'asserzione.
Un albero solo può servire ancora per approssimare, e legare le parti separate, per interrompere la linea retta, e per coprire un punto di vista. Impiegato fra' boschetti, e fra' gruppi vi sparge una piacevole varietà; collocato in uno spazio di prato, riesce talvolta meglio, che un cesto d'alberi. Molti alberi isolati circondano con vezzo i siti rotondi, e figurano ne' viottoli, e d'intorno all'acque. Un arbusto isolato non potrà far bene, che da vicino, o di fianco ad una grotta, o ad una capanna: vuol esser quasi sempre unito con altri, o messo al piè d'un albero. Un albero isolato deve dire al contemplatore: guardatemi, io sono il più bello della mia specie; e d'ordinario la natura è prodiga con lui di bellezze, perchè tutto il circostante umore, tutta l'aria, ed il sole a lui serba.
DEI GRUPPI D'ALBERI.
Pel mezzo de' gruppi la natura comincia le combinazioni degli alberi. Whately ha fatte diverse osservazioni, e dà regole sensate circa la formazione dei gruppi, e dei massicci. «I gruppi, dic'egli, sono isolati, o dipendenti. Allorchè sono isolati, non si esamina la lor bellezza, che come oggetto particolare; allorchè sono dipendenti, le bellezze delle loro parti debbono sacrificarsi all'effetto del tutto. Il più picciol gruppo dev'essere di due alberi per lo meno; ed il miglior risalto, che possano avere, sarà quello, che le loro teste unite non sembrino formare, che un solo grosso albero: per tal maniera due alberi di differente specie, ossia sette, o otto alberi, le di cui forme non si congiunghino abbastanza bene, formeranno difficilmente un bel gruppo, sovrattutto se tendono alla forma circolare. Tali massicci composti di pini sono di rado aggradevoli, perchè non formano mai un sol tetto, e perchè le lor cime si mischiano confusamente: tuttavolta si può evitare la confusione, disponendoli per file, e non per gruppi circolari; un massiccio d'alberi di questo genere riuscendo più aggradevole, allorchè si estende, più per lunghezza, che per larghezza. Tre alberi riuniti formano una linea retta, oppure un triangolo. Per nascondere la regolarità, bisogna variar le distanze. Si otterrà lo stesso fine, variandosi le forme, e specialmente le grandezze: allorquando una linea retta è formata da due alberi consimili, e da un terzo un poco più piccolo, appena si potrà discernere, se si trovano sulla stessa direzione.
»Se le piante più picciole, collocate all'estremità, possano indicare la più perfetta irregolarità, se ne dovrà far uso in altre circostanze; la varietà nella grandezza è quella, che conviene particolarmente ai gruppi. Quando l'opera dell'arte riesce troppo sensibile negli oggetti naturali, diviene fastidiosa. Ora i gruppi sono oggetti talmente marcati, così proprj a far nascere il sospetto, che sono stati disposti in tal maniera, onde produrre tale effetto; che per impedire l'attenzione, che potrebbe indovinar l'arte, l'irregolarità nella composizione è quivi più importante, che in un bosco, o in un boschetto: altronde un gruppo, essendo meno esteso, non può essere suscettibile d'altrettanta varietà ne' contorni. Le variate grandezze sono più rimarcabili in un piccolo spazio, e le numerose gradazioni possono spesso disegnare le più belle forme.
»La fronte, e la linea esteriore d'un bosco, o d'un boschetto adescano più l'attenzione, che le estremità; ma ne' gruppi le estremità sono della maggior importanza: determinano la forma del totale, e tutte due si scorgono al tempo stesso. Conviene dunque applicarsi a renderle piacevoli, e diversificarle. La facilità, colla quale si possono paragonare, non permette, che si rassomiglino; poichè la più leggiera apparenza d'eguaglianza risveglia l'idea dell'arte. Così un gruppo, la cui larghezza è eguale alla lunghezza, pare meno l'opera della natura, che quello, ove la lunghezza prevale.
»V'hanno diverse qualità di situazioni, che permettono, o che domandano de' massicci isolati. Devonsi impiegare sovente come oggetti belli per se stessi; e talvolta diventano necessarj per rompere l'estensione troppo vasta d'un pezzo di prato, o d'una linea troppo uniforme, sia d'un terreno, sia d'una piantagione. Quantunque le elevazioni presentino i gruppi, o massicci sotto l'apparenza la più avvenente, un'eminenza, che sembrerebbe non essere stata creata, che per essere coronata da un massiccio, diverrebbe fastidiosa se l'arte vi si manifestasse: allora si disporranno degli alberi ne' fianchi per cagionar illusione. Lo stesso spediente si può impiegare per riguardo ai massicci collocati sulle sommità d'un colle, onde diminuirne l'uniformità: l'effetto sembrerà più naturale ancora, se i gruppi si stenderanno in parte sul pendìo.
»Malgrado tutti gli avvantaggi dati a tal sorta di piantagione, conviene spesso escluderla, allorchè si tratta d'un'eminenza dominata da un'altra. I massicci veduti dall'alto perdono talune delle loro principali bellezze; e quando son troppo abbondanti, manifestan l'arte. Non presentano più la superficie d'un bosco, e tutti gli effetti de' loro rapporti sono perduti.»
Giacchè si possono considerare i massicci sotto differenti aspetti, e relativamente ai rapporti, che hanno gli uni cogli altri, essi diventano uno scopo in conseguenza d'una maggior varietà di colpi d'occhio, più che non è un bosco, od una foresta. La stessa lor trasparenza serve a moltiplicare i punti di veduta. È bello lo spettacolo d'un fiume, di cui risplendono le onde argentine tra gli alberi d'una forma superba, e d'una verdura animata, de' quali alberi ciaschedun gambo si abbellisce pel contrasto, che forma la mobil luce dell'acqua con quella del giorno, che penetra le diradazioni della selva.
Lo stesso piacere del passeggio si aumenta fra gruppi d'alberi. Ciascheduna brigata offre un vago prospetto all'altra. La folla sembra ripartita in altrettante coppie amorose; i tortuosi sentieri presentano i passeggiatori ora da una banda, ora dall'altra: quì gli alberi li nascondono un istante, là un'impensata apertura li rende alla vista in un'altra situazione.
Tav. XII. Grotta nella villa Silva a Cinisello.
BOSCHETTI.
Il boschetto tiene il di mezzo fra il gruppo, ed il bosco; varj gruppi giunti insieme compongono il boschetto: il bosco distinguesi per la sua grandezza, il boschetto per la sua bellezza.
La prima regola in questa specie di piantagione è, che gli alberi non vadano a perdersi troppo lontano l'uno dall'altro; ciò che formerebbe una collezione d'alberi isolati, e non un tutto collegato, come deve essere. Affine di produrre all'occhio impressioni piacevoli, convien, che vi sia nella posizione degli alberi una varietà, accompagnata da cert'ordine, ma non da regolarità, nè da una visibile eguaglianza, e compassata misura degli spazj. Conviene, che gli alberi ora si rinserrino, ora si diradino, che le loro posizioni, e diramazioni presentino ora una tal figura, ora una tal altra, e che persino i tronchi si disegnino variamente. I contorni esteriori siano larghi, ed estremamente morbidi, e spontanei.
La passeggiata nel boschetto, perchè riesca deliziosa, bisognerà, che non manchino al terreno le opportune facilità, ma che dappertutto sia libero il passaggio. Un sentiero erboso converrà meglio quì, che un viottolo sabbiato. Pel mezzo delle sinuosità del sentiero, si potrà guidare altrui ora fra spazj vuoti ridenti, fra punti di vista lontani, ora fra siti ombrosi, ed ora a piacevoli sorprese.
L'ineguaglianza del terreno accresce la bellezza del boschetto. Quello, che s'innalza dalla rotonda base d'una rupe, o che dolcemente discende ad un fiume, o ad un lago, oppur che si stende al di sopra d'una ondeggiante serie di collinette, ne diventa oltremodo delizioso. Tuttavìa un terreno piano, ed anche un abbassamento totale di terreno può soventi volte efficacemente concorrere a meglio determinare il carattere d'un boschetto. Quello, consecrato alla melanconìa, resti sepolto in una valle, e quello del piacere coroni la cima d'una vaga costiera. Ripeterò, che il principal mezzo di caratterizzare un boschetto consiste nella diversità naturale degli alberi, ed in quella di variamente disporli.
Un boschetto, che annuncia maestà, e decoro, si forma d'alberi annosi a gran fusto, e a larghi rami, coperti d'abbondante fogliame. Gli spessi ramuscelli, i rami pendenti, il fogliame oscuro, e folto compongono un boschetto patetico, ove amor piange a canto ad un'urna. Gli alberi, che stendonsi arditamente, le foglie leggiere, e lucide, le trasparenti aperture, un terreno liscio, e sgombrato da spini, formano il carattere di un boschetto piacevole. Un boschetto romanzesco risulta dalla singolarità, e dallo straordinario, che regnano nelle forme degli alberi, nel colorito delle foglie, e de' fiori, e nella mescolanza delle differenti specie di piante.
La decorazione d'un boschetto di determinato carattere non potrà mai essere arbitraria, ma dovrà tendere a rinforzare l'indole di questo suo carattere. Gli arbusti fioriti sparsi in quà, e in là sotto gli alberi, i fiori, le fabbriche eleganti, e qualsiasi oggetto, che forma l'ornamento d'un boschetto piacevole, male si accorderà con un boschetto melanconico, che domanda gli eremi, le solinghe capanne, le ruine, e le tombe.
BOSCHI.
Oltre la vastità, per la quale noi abbiamo diggià osservato, che il bosco si distingue dal boschetto, la qualità ancora delle piante fa distinguere l'uno dall'altro; non richiedendo necessariamente il bosco piante scelte, e d'una grandiosa forma. Quelle d'un bosco possono essere neglette, ed incolte, e d'una specie comune, e il terreno avviluppato dagli sterpi.
L'elevazione, e la grandezza degli alberi, la diversità delle loro figure, e delle loro distanze, l'alternativa di rarezza, e di spessezza de' rami, il cambiamento del fogliame, la decorazione degli arbusti, delle piante, e de' fiori, che abbigliano il terreno, gli spazj vuoti, chiusi, e scoperti, la diafanità degli intervalli, l'effetto del chiaroscuro colle diverse loro combinazioni, presentano diverse varietà nell'interiore d'un bosco.
Le differenti situazioni egualmente concorrono ad accrescere questa varietà. Sono d'un tal numero le ineguaglianze, le curvature del terreno, e le posizioni aggradevoli, nobili, ed ardite. Riesce aggradevole il bosco, allorchè si distende su colline dolci, ed ondeggianti, o al lungo de' fiumi, e de' prati; nobile, quando s'innalza sulle montagne; ardito, quando sospendesi in aria minacciosa sopra scoscese rupi impraticabili. Può riuscire peranche romanzesco, e solenne: romanzesco, allora quando sembra sortire dal mezzo d'un lago, o che s'inclina sulle pareti d'una roccia, sotto la quale mugge un torrente; e solenne, allorchè collocato al lungo d'un alta catena di monti, vede aggirarsi le nubi a' suoi piedi.
I sentimenti di quiete, e d'elevazione ci penetrano deliziosamente in un vasto paese tutto circondato da boschi; ed anche un picciol distretto, rinserrato da boschi, è fecondo di commozioni. Le idee di tranquillità campestre, e di felicità, che procaccia un pacifico ritiro, s'impadroniscono di noi, allorchè nella solitudine d'un bosco incontriamo una capanna, ai cui fianchi vediamo pascere il bestiame sul prato, frattanto che il vicin pastore sotto l'ombra s'occupa delle sue faccende, o sta in un dolce ozio, e che non lontano la gallina conduce chiocciando la sua tenera covata. Le più semplici scene campestri fanno quì una profonda sensazione.
Una praterìa non alletta mai tanto, che quando è situata ai fianchi, ed anche meglio nel mezzo di un bosco. I punti di vista, allorchè da un luogo chiuso, ed oscuro mettono in un paese scoperto, che, sortendo dal silenzio, e dal riposo de' boschi, vanno a finire a scene ripiene di movimento, e di attività, al mare, alle città, divengono sommamente piacevoli.
Attesa la sua grandezza, e il suo circuito, un bosco fornisce una moltitudine di prospetti, consistendo d'ordinario per sua natura in una combinazione di cantoni diversi, de' quali ciascheduno si distingue pel suo particolar carattere. Osservando attentamente questa varietà naturale, l'artista giardiniere troverà l'occasione di formare scene interessanti, e che acquisteranno reciproca bellezza dalla loro varietà, e dal contrasto. Ad ogni tratto incontrerà nel suo cammino improvvisi passaggi dal chiuso all'aperto, dall'oscuro al chiaro, dal solingo all'animato, dal melanconico all'allegro, e saprà approfittarne secondando dolcemente, e rinforzandone gli effetti.
L'esteriore della totalità de' boschi verso la casa deve rappresentare una circonferenza, variata nella sua figura, e ne' suoi raccorci, e sporti. La bellezza della sua superficie cagiona miglior effetto, quando il bosco sale. Un ammasso d'alberi, le cui cime non offrirebbero che un piano, riuscirebbe poco piacevole, e poco naturale. Gli alberi, che s'innalzano in quà, e in là al dissopra degli altri, producono una mescolanza, ed una gradazione di colori piacevolissima, e gioveranno ancora a raddoppiare gli spazj. La cornice generale de' boschi, che segna una gran curva davanti la casa, deve formare un totale, e bisogna, che tutte le sue parti, e i diversi gruppi, e massicci, che la compongono, sieno felicemente collegati fra loro, e che distintamente si scorga questo lor legame.
Leggieri eminenze vagamente adorne d'un verde-chiaro abbelliscono piacevolmente il cominciamento d'un bosco situato sopra un'altura: produce lo stesso effetto la trasparenza degli alberi isolati, o a gruppo, che, collocati in avanti a una certa distanza, rompono con colori più chiari l'oscurità del bosco.
Un bosco ammette nel suo seno qualunque sorta di fabbrica, dal tempio superbo al romitaggio cadente. Queste fabbriche ben adattate al distretto, che loro conviene, servono a determinare, e a rinforzare il rispettivo carattere.
Per riuscire a formare giardini, che possano soddisfare alla curiosità, e al giudizio de' conoscitori, è indispensabile di portar tutta l'attenzione ai boschi, e agli effetti, che producono. Non va risparmiata in ciò nè cura, nè diligenza, giacchè la massa principale de' giardini di questo genere, e le generali loro cornici bene spesso non sono che bosco.
Tav. XIII Carbonaja, che forma internamente biblioteca, con cammino.
FORESTA.
Per foresta noi intendiamo un'unione irregolare di boschi composti da alberi isolati, ed a gruppo, e da cespugli. Si accosta alla macchia, e si distingue dal bosco in ciò, che quest'ultimo è piuttosto formato di massicci regolari, e di alberi da cima, e di bell'apparenza; la foresta presenta tronchi in parte consunti dal tempo, variamente inclinati, e difformi; un suolo ricoperto da intralciati cespugli; pochi bei gruppi, e scarsi spazj aperti, e liberi. È il soggiorno prediletto del salvatico, e degli uccelli amici del ritiro, che diminuiscono il ribrezzo cagionato dalla solitudine, dalle volte profonde, e rabbassate dal fogliame, dalla scarsità della luce, e dalla privazione delle vedute. La foresta è fertile in distretti selvaggi, e romanzeschi, soprattutto quando contiene abbassamenti rapidi di suolo, ed alture scoscese. Qualora ve ne siano di tali, si costuma di forarle per mezzo di sentieri varj, che s'innalzano, e s'abbassano, ed or fanno un gomito, ed ora l'altro, appunto come vengono prescritti dalla natura, e dalla necessità, che anticipatamente li disegnano a seconda delle ineguaglianze del terreno, e della posizione degli alberi. Ciò, che rende tali sentieri più importanti all'arte, si è la sensazione viva, e l'effetto delle aperture improvvise, e delle fabbriche, che appajono all'impensata, e che aumentano l'impressione prodotta dal singolare, e dal contrasto. Quando vi sia ricchezza di punti di vista, l'artista avrà cura di non esporli tutti ad un tratto, nè in maniera che siano preveduti: ma mostrandogli a poco a poco con gradazione, e dopo intervalli oscuri, duranti i quali l'anima assapora, per dir così, il piacere avuto, e non ne prevede un nuovo; li farà comparire quì in tutta la lor bellezza, e là in parte nascosti, abbellendoli di tutto il corredo della varietà, e rinforzandoli con tutte le risorse della sorpresa.
Dietro queste osservazioni si accorgerà, che l'operazione di forare i boschi non è semplice travaglio meccanico, e che perfino l'uomo di gusto, avanti di procedere a tal esecuzione, deve lungamente riflettervi, meditare, ed appropriarsi il carattere del sito, e l'effetto del sentimento, che naturalmente produce.
CESPUGLIO.
Il cespuglio è la prima combinazione degli arboscelli. La di lui bellezza dipende particolarmente dalla qualità, dalla grandezza, e dal colore tanto delle foglie, che de' fiori. I cespugli offrono un guarnimento il più piacevole alle collinette, dove come in rasa campagna servono a rompere la linea retta, e puonno formare gruppi pittorici, ben inteso però, che non si gettino senza scelta gli uni fra gli altri, ma che si dispongano a misura delle loro altezze, e delle moltiplici gradazioni delle lor foglie, e dei fiori. Sparsi con garbo, e con economìa ne' prati, ne' boschi, nel confine, che determina i sentieri, somministrano una vaga decorazione. Il soave odore de' fiori ne rende qualche specie propria a guarnirne i padiglioni, ed a circondarne i siti di riposo.
Tav. XIV. Antro di Polifemo nella villa di Monza.
LANDA.
La landa presenta un ammasso irregolare di molti cespugli, ed arbuscelli, frammischiati di quando in quando a qualche pianta, il tutto senza coltura, ed intieramente abbandonato alla rusticità, ed al libero disordine. Benchè vi si possino praticar de' sentieri, tuttavolta le lande non sono destinate al passeggio: servono principalmente a rompere il quadro, ed a gettarvi contrasto. Succedendo ad una serie di scene aggradevoli, ripiene di gusto, e di eleganza producono tutto il loro effetto; ma bisogna, che naschino senza sforzo dalla disposizione accidentale del cantone, o almeno che sembrino piuttosto naturalmente prodotte, che formate a disegno. Collocatele in conseguenza non in siti fertili, e colti, ma in luoghi spartati, e sterili, fra acque stagnanti, o di un lento corso. Le lande appartengono al genere romanzesco.
Non bisogna confondere la landa col deserto. Là dove ardono le inospite arene; dove s'ammucchiano, e s'intralciano quà, e là grandi ammassi di nudi scogli; dove serpeggia un'acqua stagnante, e pestifera, ricettacolo di serpi, e di rospi; dove il lupo in agguato dal nascosto covile adocchia la palpitante preda, e si spaventa a vicenda dei ruggiti notturni, che mandano i mostri più forti di lui; ove la selvaggia, e stanca natura sparge lutto, e mestizia all'intorno; ove giammai la voce dell'uomo non ruppe l'eterno silenzio, che ivi regna... là è il deserto.
Le osservazioni finora esposte dimostrano di qual folla di combinazioni, e d'ordinanze sia suscettibile la disposizion naturale degli alberi, e degli arbusti. La saggia natura ci addita questi ridenti quadri, e c'indica qual sorgente di piacere, e di dolce trattenimento somministrar possino i boschi.
DELL'OMBRA, E DELLA DEGRADAZIONE DE' COLORI DELLE FOGLIE.
È cosa inutile di ripetere quanta varietà, e quante mescolanze sorprendenti la natura ha sparse nella verdura degli alberi, ed arbusti. La forma, la grandezza, l'abbondanza, la scarsezza de' rami, la rigidezza, la mobilità, la figura, il colorito delle foglie, ne moltiplicano le aggradevoli combinazioni.
Mal a proposito si sbandiscono dalle piantagioni gli alberi da frutta, o per lo meno vengono rilegati in luoghi poco esposti. Se però si collochino come conviene, e ne' siti anche più frequentati, qual risalto non danno al giardino co' loro fogliami, e co' fiori, e molto più col bel prodotto de' vario-pinti, e vario-figurati lor frutti!
Per lungo tempo non si sono riguardati gli alberi, che come mezzi atti a procacciare dell'ombra, e soddisfatto questo bisogno, bastava così. In conseguenza il più piccol giardino è in una contraddizione manifesta, allorchè è privo d'ombra; e ciò non pertanto questa non è tutto quello, che il buon gusto esige. L'ombra ancora non vi convien sempre, e n'appartiene la decisione alla natura del luogo, e della scena: gettata sopra un letto di fiori, vi starebbe malamente, ma è necessaria intorno le grotte, i romitaggi, ed i bagni. Troppo, o troppo poco d'ombra può divenir difetto, tanto nelle parti isolate, che nel totale. L'eccesso offre un aspetto soverchiamente uniforme, e tristo; ma un'ombra moderata forma l'amenità del luogo, lo rende praticabile, e somministra copioso diletto. Li differenti gradi d'ombra non saprebbonsi determinare, che mediante l'esatta conoscenza del carattere del giardino, e dell'esigenza delle diverse sue parti. Per rapporto all'ombra, come per rapporto alla piantagione, si ritenga, che l'occhio non deve soltanto arrestarsi all'apparenza attuale, ma trasportarsi all'accrescimento futuro; e quindi vogliono essere calcolati gli effetti, che avranno luogo in seguito.
L'arte di dipingere col fogliame, arte tanto utile a quella de' giardini, merita maggior vanto, che la cognizione di distribuir l'ombra. La prima è una emanazione della bellezza, la seconda piuttosto una legge prescritta dal comodo. Intendo parlare dell'ombra parziale degli alberi, non dell'intelligenza del chiaroscuro, che forma uno dei principali saperi, che si richiedono nella formazione de' giardini pittorici.
Collo spargere diverse specie d'alberi, l'artista giardiniere può offrire varietà, ma sapendoli unir con gusto, produce un'opera di maggior rilievo, dovuta in tutto alla sua industria.
Seguendo tal vocazione, dappertutto ove l'artista giardiniere colloca, e dispone del fogliame, deve, d'accordo col paesista, sorprendere alla natura gli avvantaggi del chiaroscuro; deve far attenzione, non unicamente agli oggetti, ed ai punti di vista isolati, ma all'armonìa di tutte le parti per conseguire il buon successo del totale. Calcolerà l'effetto de' colori, e delle loro degradazioni, tanto nella vicinanza delle scene parziali, quanto ne' punti d'aspetto, da dove si scorgono da lontano, e tutto ad un tratto le intiere masse.
Noi vediamo, che la natura non riveste nè la superficie del suolo, nè i contorni d'un bosco d'un sol verde, senza variarlo, e romperlo. Ricrea coll'amalgamare armoniosamente i verdi, e col porli in contrasto.
Le leggi della pittura determinano la collocazione dei verdi, come ho detto altrove parlando della prospettiva aerea al capitolo del colore. Null'ostante è d'uopo di molto artificio per assortire, fondere, e variare, come fa la natura, le diverse gradazioni di verde. L'arte però in questo può sempre sussidiar la natura, ingrandendo gli spazj, mediante una studiata distribuzione di tinte. Necessario diviene egualmente di non contrapporre troppo forte un verde tenero immediatamente contro dei massi eccessivamente oscuri, quando ciò non sia fatto con estrema parsimonia. Gli alberi d'un fondo molto oscuro convengono a determinare il contorno d'una praterìa, ed a sporgere qualche volta con qualche estremità di bosco sulla sponda d'un lago, e vicino a qualche monumento. Generalmente gli ammassi di verdura pallida non sono dalla natura disposti, che in riva a' fiumi, ne' luoghi molto umidi: altrove saggiamente alterna, e dispone; e in ciò bisogna studiarla con ogni accuratezza.
«Whately ha osservato, che il verde-giallo, ed il verde-bianco s'accordano agevolmente, ma che le grandi masse di verde-chiaro, giallo, o bianco, non si fondono così facilmente con quelle di verde-scuro; onde a formare una piacevole composizione, il verde-scuro dev'esser ridotto al semplice orlo, ed un verde-bruno, od un verde mezzano dev'esservi interposto. Il verde-rossiccio, bruno, e mezzano s'accordano bene, e ciascheduno di questi colori si mischia all'altro; ma il verde a tinta rossa soffrirà una maggior quantità di verde-chiaro, che di verde-scuro, e non si mescerà così bene col verde-bianco, che con gli altri. Impastando i colori v'è d'uopo d'una continua attenzione alle figure, conforme i precetti dello stesso autore. Bisogna, dic'egli, evitar sommamente, ch'esse non formino delle larghe fascie, l'una dietro l'altra; ma conviene, che sieno perfettamente fuse insieme, o ciò, ch'è altrettanto aggradevole, che le grandi, e belle masse delle differenti tinte sieno collocate ai fianchi le une all'altre in proporzioni diverse. Non bisogna tendere all'esattezza dei contorni; ma se le grandi linee esteriori sono ben tirate, le picciole variazioni prodotte dalle ineguaglianze, che si trovano nell'alto degli alberi, non faran difetto. Ne' massicci poi, e ne' cespugli deve regnare semplicemente un miscuglio dolce, e piacevole di pochi colori, che si maritino felicemente, e che si distemperino, come quelli dell'arco baleno.»
L'esperienza c'insegna, che più gli oggetti s'allontanano, più divengon confusi. Di due gruppi in conseguenza egualmente distanti, quello, che sarà d'un verde-chiaro, sembrerà più lontano, che quello, che sarà d'un verde-scuro. La natura del terreno cagiona un'altra differenza. Una montagna, e principalmente una serie di massi, che s'innalzi dietro un bosco, accresce la sua oscurità: al contrario lo splendore dell'orizzonte la diminuisce. Si possono altresì cacciar indietro gli oggetti, aumentando gradatamente le loro tinte. Per ultimo l'intelligenza del chiaro-scuro diventa pure nell'arte dei giardini un mezzo fecondo di approssimare, di allontanare, e di staccare le parti.
Sopra ogni cosa conviene studiar la natura ne' siti suoi prediletti, osservarla diligentemente, analizzarla, sottometterla a certe leggi, risultato del bello.
DEI FIORI.
I fiori rimediano non solamente all'aria d'abbandono, che presentano gli spazj vuoti, ma incantano ancora d'intorno ad essi per la bellezza, e varietà delle lor forme, e dei loro coloriti, e per il soave profumo, che spargono. L'effetto della lor comparsa in lontananza riuscendo debole, converrà meglio approssimarli all'occhio dello spettatore; quindi merita lode l'usanza di collocarli intorno l'abitazione, nei siti più colti del giardino, e dove vi si ferma di preferenza. Neglettamente sparsi, conforme usa natura, in quà e in là sul verde smalto, o al lungo de' sentieri, e particolarmente nelle curvature, che determinano le piante, producono sommo risalto, e vaghezza. Convengono in particolare nelle parti aggradevoli, e serene, e nelle scene di primavera, e d'estate. La più bella figura, che fanno i fiori, principalmente quelli, che si distinguono per la chiarezza, e vivacità delle loro tinte, e per l'altezza del gambo, si è qualora sorgendo sul terreno erboso, e fra erbe selvatiche adornano la sponda d'un ruscelletto, d'un fiume, o d'un lago. Le immagini riflesse dall'onda, e l'effetto del lor movimento, che le raddoppia, formano un quadro ameno, e seducente. Frattanto che noi scorriamo pian piano lungo le rive d'un vago ruscello, quanto riesce amena cosa lo scorgere gl'iridi, i gigli, la corona imperiale, le digitali, i narcissi, i giacinti mirarsi leggiadramente nell'acque! Se si può fare qualche spesa in fiori, ella è certamente ben impiegata a procurarci tanto piacere, che ci soddisfa assai più, che il miserabil possesso di qualche rara pianta malaticcia, conservata a gran cura in una calda serra[10].
Si potranno ancora impiegare i fiori in tappezzare le collinette, e le eminenze, che d'ordinario non soffrono verun altro ornato. In generale riflettasi di collocarli particolarmente verso levante: nulla rileva più lo splendore, e la pompa de' lor coloriti, che l'aurora del mattino. Li teneri raggi del sole, che non istancano gli occhi dello spettatore, il calore dolcemente vivificante, e che anima ogni cosa, l'effetto dell'obbliqua luce, le ruggiadose perle, la farfalla, che s'aggira d'intorno, e mille altri graziosi accidenti si riuniscono per abbellir questa scena; ed ivi colle mischie diverse de' fiori si può fare un quadro, ch'esser non potrebbe, che l'opera d'un artista giardiniere intelligente. I cambiamenti continui, che sopraggiungono ai fiori, esigono un'attenzion diligente, ed una perpetua riflessione. Il giardiniere si occupi in maniera speciale delle piante, che fioriscono nello stesso tempo; ed allorchè ne mischia di tardive, e di primaticcie, rifletta anticipatamente all'effetto, che produrrà la differenza dello stelo, delle foglie, de' botoni, e de' fiori, che cominciano a spuntare, o a svanire, o che sono nella lor perfezione.
Le tinte più delicate, e più dolci debbono essere collocate vicino all'occhio; le forti, e le brillanti più lontano. Si passi dal bianco al pagliarino, dal color di carne a quel di rosa, dal violetto al celeste carico, dal giallo dorato al purpureo. Le tinte grigie, e brune, i differenti verdi delle foglie, la loro forma, e distribuzione, non meno che quella de' fiori, tutto vuol essere considerato.
La continuata successione de' fiori è un tacito avvertimento della natura, di non lasciare mai vuoti i siti destinati agli ornamenti di questo genere.
Tav. XV. Veduta del palazzo, e di una parte del giardino del Cav. Fr. Dashwood a West Wycomb.
DELL'ERBA.
Gli spazj liberi, e scoperti riescono indispensabili in un giardino, non tanto per la salubrità, e per il comodo, che per gli effetti diversi, a cui dan luogo. Allorchè vi si perviene dalla sortita d'un folto sentiero, ricreano coll'orizzonte che presentano, e con l'aria pura che porgono; vi si rinfresca duranti l'ore meno calde della sera, e del mattino, e dopo una pioggia d'estate; frattanto che le nuvole poggiano sulle nostre teste, ed abbozzano, variano, e scancellano i vaghi lor quadri. Sviluppano gli spazj vuoti tutto ad un tratto inaspettate prospettive, ed acconsentono nel loro seno mille scene, che ne avvalorano il pregio. Producono l'effetto de' prati, dei quali non sono punto dissimili.
La prima legge di natura, parlando degli spazj erbosi, si è, che non sieno quadrati, nè quadrilunghi, nè d'alcuna figura affettata. Le forme regolari, angolose, acute, sono repugnanti in natura. Le linee terminanti debbono essere diligentemente nascoste, e nulla di tutto quello deve apparire, che tradir potrebbe la mano artificiosa dell'uomo. Un tappeto verde piantato a bella posta non è interessante, che in quanto sembra prodotto dalla natura stessa.
Un tratto di terreno ricoperto d'erba, perfettamente piano, annoja presto, e specialmente quando è spogliato d'ogni altro oggetto. Le ineguaglianze del suolo accrescono le bellezze degli spazj erbosi, rompendo l'uniformità della linea retta, e cagionando vaghe gradazioni. Ne' giardini Inglesi ben di spesso i tratti di terreno erboso si stendono da un lato sovra collinette arborate, s'inviluppano dall'altro fra' gruppi d'alberi, e fra' boschetti; quì si perdono nell'ombra d'un'oscura foresta, e là ricompajono in siti scoperti, e giocondi.
Un verde allegro è singolarmente proprio al terreno erboso, ma in quello di una scena melanconica converrà scegliere di preferenza un'erba a tinta oscura.
La disposizione degli spazj erbosi facciasi con semplicità, e senz'arte. La lor grandezza sarà proporzionata all'altre parti del giardino, ed in particolare a quelle, che li ravvicinano. La troppo vasta estensione d'un verde tappeto ne diminuisce il buon effetto, che si avvalora, procacciandogli delle interruzioni. Queste gli danno un'apparenza più bella, che quando lo spazio vuoto dispiega all'occhio tutta la sua estensione. Per romperlo, si metteranno in opera artificiali oggetti, fabbriche, piramidi, colonne; ed anche in alcuni siti s'otterrà lo stesso intento col semplice impiego d'alberi gruppeggiati.
Per tal mezzo vien diminuita la nojosa uniformità, e si diffonde movimento. Noi vediamo, che le praterìe, e i tratti erbosi di terreno non sono mai tanto aggradevoli, che qualora si presentano all'improvviso in un bosco, e van serpeggiando dappoi con mille sinuosità fra' massicci di piante, le quali colle loro teste intralciate formando fitte sommità, aprono all'occhio de' passaggi liberi fra i lor tronchi: il verde musco quivi s'adorna d'una più ridente tinta per lo splendore del sole, che l'irradia; e là cacciandosi fra un incerto bujo, raggiugne i siti avviluppati in una oscurità confortante. L'amenità delle verdi zolle potrà esser messa in contrasto col vario-tinto fogliame de' sovrapposti alberi, e coi colori de' loro fiori, e frutti. Si potrà ravvivare il tappeto erboso con arbusti, e con piante vivaci a fiori brillanti. Intorno ai bagni, alle grotte s'impieghi lo spigo, il rosmarino, la menta, la salvia, la persa, il timo, la melissa, il sermolino, l'isopo.
Seguendosi i precetti della natura, si dovrà guarnire dappertutto d'erba, e di piante la vacua superficie della terra, e darle quell'apparenza sana, e ridente, che quella offre all'occhio ne' più fertili distretti.
Gl'Inglesi moderni, favoriti dall'umidità del loro clima, hanno perfezionata nei loro parchi l'arte dei GAZZONI. Per ottenerne fra noi de' passabili, l'espediente migliore è quello di trasportarvi le zolle, e ben aggiustate bagnarle, e batterle grandemente, affine di unirle, ed assodarle. Si cercherà in appresso di strappare le differenti specie d'erbe, e singolarmente le nocive, e di ridurle ad una sola, non lasciandovi mai mancare nè cilindro, nè falce. Seminando le terre riescono tra noi meno bene, ma ciò apporta minor dispendio, e tuttavìa usando di gran diligenza col metodo accennato, si potranno ridurre bastantemente a dovere, massime coll'impiego di minuti concimi, e con la disposizione dell'acque.
DELLE ACQUE.
Noi abbiamo diggià data un'idea generale delle bellezze, e degli effetti vantaggiosi dell'acque nei paesetti.
La natura ce le mostra sotto differenti forme, e con differenti caratteri, tanto per rapporto alla vastità, che per rapporto al riposo, o al movimento. Ci offre le acque ora dormenti, ora in corso, ed ora cascanti. Il primo di questi caratteri comprende il mare, i laghi, gli stagni, i recipienti; il secondo abbraccia i torrenti, i fiumi, ed i ruscelli; il terzo comprende le filtrature, le cascate, e le cateratte.
Il mare è da considerarsi come punto di vista, e fa mestieri di travagliar, e coltivare il lido, e di moltiplicare, e variare le prospettive. Esso è una sorgente di elevate emozioni, ed inspira tutt'i sentimenti, che derivano dalle idee di profondità, d'estensione, e d'immensità. L'accidente d'una tempesta gli fa rappresentare una scena egualmente superba, che maestosa, che colpisce la fantasìa, e la trasporta; e la vista di que' castelli fluttuanti, che sembran talvolta sospesi all'orizzonte, richiamano sempre all'uomo l'audacia, e l'energìa dello spirito, che lo anima.
Le alture, e i promontorj, che circondano il mare, offrono alle case di campagna situazioni superbe, che si distinguono per il loro ardire, e singolarità. In un giardino bagnato dall'acqua del mare, si possono praticare attraverso i boschi, gli scogli, e le montagne, de' punti di veduta, e delle aperture, che stendendosi al mare colpiscano, ed interessino estremamente; si potrà pur anche dar campo a sorprese di sommo effetto. Egualmente un lago serve ad un giardino per punto di vista, e per confine. Un picciol lago però pare indispensabile che faccia parte di un giardino di una vasta estensione; anima tutte le scene all'intorno; la sua limpid'acqua, e pacifica riflette, abbellendo i colori cangianti del cielo, e le decorazioni, che ne adornano le sponde: il suo circuito; la configurazione delle curvature, e de' suoi sporti; la forma, e guarnimento delle rive; le ineguaglianze del loro alto, e basso; la connessione con colli, foreste, e villaggi; tutto ciò è suscettibile di copiosa varietà.
Il carattere del lago è il riposo: gli manca il movimento per se stesso. Rare volte agitato riuscirà abbastanza forte onde produrre qualche rilevata sensazione, ma più sovente rimarrà in uno stato, che non intorbiderà punto l'effetto suo ordinario di calma, e di dolce piacere. Un lago di vasta estensione lusingherà di più la vista, allorchè sarà rotto da isolette, e che anderà a perdersi dietro le foreste, e le collinette. Il lago vuole curvature, che servono a dargli varietà; puonno esser le sue rive deliziosamente abbellite, ora d'elevazioni, ora d'abbassamenti, ora di cespugli, ed ora di grandi alberi inclinati. Quì un picciol promontorio, o una catena di colli, li cui pendìi sono ricoperti di pecore, che vi si arrampicano, si cacciano ben dentro il lago; là un boschetto sembra nuotare nel mezzo de' flutti; da questa parte una stretta lingua di terra erbosa priva d'alberi, e di cespugli s'avanza serpeggiando tra l'acque; una mandra, che sembra sortir dal lago, pascola in questo sito, e ne contempla stordita le riflettute immagini. Da quest'altra parte l'umido elemento scompare nell'apertura, che gli presenta un folto bosco di quercie, e l'immaginazione penetra là, ove l'occhio è arrestato.
Allorchè si crea un lago artificiale, bisogna diligentemente nascondere tutto ciò, che potesse svelar l'arte, ed è soprattutto per riguardo alle rive, che conviene essere attento, affine di non mancare almeno di quell'apparenza, che ha un lago naturale. L'estensione dell'acqua sia in giusta proporzione col circondario, poichè come un ruscelletto svanisce in una vasta pianura, e resta senza effetto, similmente una troppo grande superficie d'acqua può diminuir l'impressione degli altri oggetti del paesino. Rialzando l'opposta riva, formando piantagioni d'alberi da cima, costruendo fabbriche intonacate di color vivo, si può riserrare i limiti, e rapprossimare l'indietro; come per lo contrario l'abbassamento delle ripe, e la privazione d'altri oggetti, ingannano lo sguardo per un'illusoria ampiezza. Bisognerà dunque, che la vista trovi nelle adjacenze d'un lago oggetti, che l'attirino, e l'occupino. Le curvature non debbono essere numerose, nè sta bene che la loro figura sia regolare.
Tav. XVI. Veduta del laghetto nella villa Cusani a Desio.
Le isole servono in un lago tanto a rompere la nuda superficie dell'acque, che ad arricchirne la scena. Se ne può far senza, e si può introdurvene diverse, non più però di due, o tre, perchè occupano troppo spazio, e tolgono l'effetto dell'acqua. S'avverta però, che devonsi distinguere per la differenza delle loro forme, e de' lor guarnimenti. Un'isola spelata farebbe cattivo effetto in confronto delle altre bellezze della scena. Le decorazioni proprie di un'isola sono i monumenti, e le fabbriche d'un genere grandioso; le elevazioni, ed i ribassi del terreno; l'alternativa dei siti ingombrati, e degli scoperti; qualche gruppo composto da bei alberi; alcune strade, che attraversino la variata superficie del terreno, quà e là sparso di cespugli, donde si scorgano non attese prospettive. Vi siano in disparte siti di riposo, o si traveda un romitaggio circondato da grandi piante, che stendano variamente i loro rami, ed alternino lo stridore delle loro fronzute cime agitate dal vento coll'umile bisbiglio delle scosse, ed oscillanti canne. Se l'ampiezza del lago lo permetta, sianvi da lontano capanne da pescatore, e qualche disperso battello, con cui possa aversi il piacere della pesca, d'una scorsa sull'acque, e della caccia delle anitre.
STAGNI.
Rare volte vedonsi degli stagni nei giardini Inglesi, che in realtà sono piuttosto da bandirsi, che da tollerarsi, attese le malsane esalazioni, e la folla d'insetti, che generano; altresì l'acque stagnanti non sono mai abbastanza belle da formar delizia.
Quando poi si credano indispensabili, ed assortiti ad un tale, o tal altro distretto del giardino, non li scavate nel piano, perchè non conservino l'impronto dell'arte, ma bensì in una valle, o in un basso fondo, ove l'acqua si raduna da se stessa. Abbiate cura di dar luogo allo scolo, ed alla pulitezza. Formate colla terra scavata una collinetta, che dia un'aria di verità alla cavità adjacente. Ai bordi non soffrite, che vi sieno elevazioni argillose, sabbiose, ed aduste, ma rivestitele d'erba, d'arbusti, e di piante, che stendansi fino ad una certa distanza. Immediatamente al dissopra dell'acqua sospendete dei cespugli incolti. Questi stagni sembrano convenire maggiormente in siti foschi, ed appartati, ed eccitano tristezza, e melanconìa.
Formati gli stagni da' sorgenti, o da' ruscelli, riusciranno meglio; possono presentare scene piacevolissime, praticati che sieno a diversi ripiani d'acqua, poco, e variamente discosti l'uno dall'altro, producendo una superficie in parte d'acqua, ed in parte di terra, che non ha un legame apparente, nè una continuazione prolungata, e che sia d'un carattere trito, e sminuzzato.
DEI TORRENTI.
Il carattere proprio del torrente è la vastità, e l'impetuosità del suo corso. Le di lui enormi masse si ravvolgono, e si precipitano con forza, ed ardimento; distruggono quanto loro si oppone; e quando l'ostacolo è insormontabile, si fanno strada da un'altra parte, e mugghiano ne' nuovi rigiri con indegnazione, e furore. Le acque del torrente sono in perpetua agitazione, affrettandosi, stringendosi l'un l'altra, zeppe di fremiti, e di calda schiuma. Le sue sponde attestano la sua violenza, spogliate di piante, aride, ineguali, squarciate; o con alberi quasi sospesi in aria, le cui nude radici, sortendo di terra, minaccian ruina ad ogni momento; lacere foglie, e piante svelte al nativo suolo, resti di capanne, e di villerecci tugurj nuotan dispersi sull'onde turbinose. Il suo letto mostra dovunque i segni della violenza del tiranno, che non sa riposare nel suo seno, che cerca nuove mete al suo furore, e che strascina, e raduna sabbie, macigni, e rottami, per ripercuoterli co' suoi flutti. L'orrido suo muggito fa tremar da lontano la solinga spiaggia; il selvatico abitator n'è fuggito, e lo smarrito viandante, che si caccia attraverso i labirinti, che formano gl'intricati cespugli, non vi si accosta, che con ribrezzo.
Simili invenzioni appartenenti al genere grandioso riescono d'una costosa e malagevole esecuzione; altronde praticandosi d'ordinario i torrenti, affine di rimediare colla finzione all'effettiva mancanza, o scarsezza d'acqua, non potran mai avere in conseguenza il pieno loro effetto.
Esistono però de' torrenti più placidi, e quasi continuamente privi d'acqua, la cui imitazione supplirà in parte al desiderio di essa, presentandone almeno il simulacro, e la nativa culla; e si potrà accrescerne l'illusione colla costruzione di ponti, e coll'accennare il corso di qualche rigagnolo, che di tanto in tanto li percorra. Producono buon effetto coll'alto, e basso delle ripe, e servono mirabilmente a dividere le masse del terreno. L'entrata, e la sortita de' torrenti, ed anche di qualsivoglia sorta di fiumi, vuol essere nascosta con ogni arte.
FIUME.
Il fiume si distingue dal torrente per la continuità delle sue acque, per la sua progressione in lunghezza, e per la lentezza, e regolarità del suo corso. È suscettibile tuttavìa di rigiri diversi, che formano una delle principali sue bellezze; le altre consistono nella limpidezza dell'acque, e nella vaghezza, e varietà delle sponde, ec.
Benchè in conformità del suo carattere il fiume s'avanzi in lunghezza, e che sia precisamente questa lunghezza, che ne forma il suo capital pregio, tuttavolta non può sempre essere in linea retta, stanti le ineguaglianze naturali del terreno, il che altronde gli darebbe un aspetto uniforme, ed approssimantesi a quello d'un artefatto canale. Al contrario un fiume naturalmente fa raggiri, che l'abbelliscono de' pregi della varietà; ma queste sinuosità devonsi rotondare dolcemente, e non piegare bruscamente, nulla offendendo di più la vista, che un subitaneo passaggio dalla linea retta alla curva. Questi rigiri nè manco debbon essere soverchiamente moltiplicati, perchè allora tolgono l'idea del movimento progressivo. Le sinuosità diverse d'un fiume, che scorre fra terreni erbosi, ed umili cespugli, fra capanne isolate, e fra gruppi d'alberi, vedute tutto ad un tratto dall'alto, offrono il più seducente spettacolo di lumi, e di mosse.
Le rive d'un fiume sono capaci di grande varietà, tanto di forme, che di ornati. Ora son alte, ora son basse, ora in dolce pendenza, o a scarpa ondeggiante, ora piane, ed ora sono scabre, e rotte. Il loro natural guarnimento consiste in erba, in fiori, in cespugli, ed in alberi. Quì gli alberi si radunano in dense masse, o s'incurvano sull'onde, gettandovi una mezzana luce; là si dispergono isolati, o s'allontanano dalla riva, dove succedono arbusti, e piante, fra le quali ricompare la chiarezza de' siti scoperti. L'alternativa d'un fiume, che si presenta ignudo, e sgombro in tai luoghi, ed in tali altri intercetto da alberi, e da bronchi, che lo lasciano trasparire, cagiona il miglior effetto.
Gli oggetti artefatti possono opportunamente servire alla comparsa d'un fiume. Quasi tutte le diverse sorti d'edificj vi si confanno; poichè l'idea, che un fiume serpeggia d'intorno alle fertili abitazioni dell'uomo, e vi favorisce la pesca, e la navigazione, le rende verosimili, e convenienti. Padiglioni, molini, e pescareccie capanne contribuiran sommamente a rianimare le bellezze del luogo. Un bel fiume ancora può servire d'abbellimento alle vicinanze, tirandone da esso de' ruscelli, degli stagni, le cui acque si rinnovino a procreare cadute d'acqua: si può finalmente allargarlo, e praticarvi nel seno delle isolette.
La varietà del suo corso, e le tante combinazioni con altri oggetti, delle quali è suscettibile, gli danno un posto distinto nei cantoni solenni, e particolarmente nei romanzeschi. Ferve egli sopra scogli in un fondo, o al piede d'un alto monte verticale, reso bruno da boschi di pini; o si caccia nelle risuonanti voragini, per ricomparire bentosto tutto spumante? In tal situazione, e connessione d'effetti forma parte del cantone solenne. Rigiri strani, e singolari, una straordinaria successione di velocità, e di lentezza nel suo corso, la sua combinazione con rocchi, al lungo delle cui pareti perpendicolari striscia sotto alberi sospesi, e nelle cui crepature si spinge con un sordo muggito, lo rivestono del carattere romanzesco.
Gli effetti d'un fiume superano di gran lunga quelli d'uno stagno, ed anche quelli d'un lago, motivo per cui gl'Inglesi li preferiscono a qualunque altro genere d'acqua; e a tutto costo hanno voluto introdurne ne' lor giardini, formando de' fiumi artefatti, sovente più larghi del Ticino, e dell'Adda, con ponti superbi, di taluni de' quali vedonsi i progettati disegni nell'opere del Palladio, in nessun altro paese stati eseguiti. In alcuni de' loro giardini si sono perfino sforzati di far derivare un lontano fiume naturale.
Volendo formare un fiume, collocatelo al piede d'una collinetta, ove le acque vi si radunano naturalmente, ed in abbondanza; nascondete, come dissi, il principio, e la fine con alberi, e con cespugli, o dietro eminenze: fate comparir l'acqua per uno spazio bastante; al sito ove termina, o si disperde, mascherate la vista con folti verdi, con fabbriche; comunicate alle acque una libera corrente, sia per le ineguaglianze del suo letto, sia pel mezzo di ripiani diversi nascosti, ossia per l'effetto d'un molino; infoltite d'arbusti, e di piante comuni, o di piantagioni più rilevate i siti gelosi, che potrebbero manifestare l'opera dell'arte, e compartite alle sponde un contorno facile, e spontaneo.
RUSCELLI.
L'umile ruscello fa infiniti rigiri, perchè è docile, e non si fa strada, che difficilmente; cede compiacente all'ostinazione del suolo: troppo debole per tirar seco un ostacolo un po' forte, l'evita; quindi nascono li ripetuti errori del suo corso, e le moltiplici sue sinuosità.
La vivacità forma il carattere proprio del ruscello; conviene in conseguenza a' cantoni aggradevoli, vaghi, e ridenti, de' quali n'è il principal ornamento. Abbonda ne' siti disseminati di colli, e di montagne, e nelle valli fornite di sorgenti. È in balìa dell'artista giardiniere il guidarlo, e variamente conformarlo. Serve al bagno, alla pesca; forma cadute, ammette ponti, e li più piacevoli abbellimenti della rustica scena.
In un vasto tratto di paese il ruscello si perde tra la folla, e la grandezza degli altri oggetti; per far la sua comparsa ama i piccioli distretti, dove l'occhio possa colpire le sue bellezze, e il mormorìo arrivare all'orecchio. Li suoi pregi brillano in siti riserrati, dove nulla distrae, e dove non appajono oggetti smisurati. Vicino al rio collocate un bagno fra l'odorosa boscaglia, oppure un seggio d'erba contornato d'alberi piegati. Il garrire d'un ruscello diventa un mezzo considerabilissimo ad animare un picciol distretto, capace, com'egli è, di variazioni ne' suoi tuoni chiari, soffocati, acuti, e dolci.
L'artista giardiniere può accrescere, diminuire, e fissare, come gli piace, il movimento, ed il suo gorgoglio pel mezzo delle inclinazioni, delle cavità, e delle alture del terreno; può praticarvi cadute, e disporvi variamente il sottoposto terreno; può mettere, o togliere a piacere gli ostacoli. Ai fianchi d'una grotta, le acque del ruscello siano nascoste, e fervido il suo movimento. In un boschetto delizioso il suo corso formi mille rigiri, si mostri, e si nasconda con piacevoli susurri. All'intorno d'un seggio, o d'uno smalto di fiori, nella sua corsa piacevolmente affrettata zampilli con rumore su' massi a varj strati, e spruzzi vagamente la limpid'acqua contro il suol selcioso.
La vivacità a' differenti gradi forma il carattere generale delle acque cadenti. Dappertutto annunziano la loro presenza all'orecchio, allora pure che l'occhio non le scorge, cominciando dal più leggiero susurro allo spaventevole mugghio. Animano il paese non solamente alla vista, ma ancora all'udito, e le raddoppiate impressioni, che destano, penetran l'anima.
La prima idea, che inspira un'acqua cadente, è quella di venire da un'eminenza, da' colli, e da' monti, che gli servano di culla. Le differenti disposizioni, tali che il più o il meno della loro altezza, le loro declività distribuite in ripiani inclinati, o perpendicolari, i guarnimenti loro d'alberi, d'arbusti, di cespugli, e d'erba, o la totale lor nudità, cagioneranno dunque notabili cambiamenti ad un'acqua di tal natura. Lo stesso terreno, sopra cui si versa, è capace di varietà: può ricever l'acqua, e tranquillizzarla nel suo seno erboso, piano, sabbiato, o irritarla colle sue selci, contro le quali rimbalza, e si ravvolge. Un solo spruzzo d'acqua è di poco effetto, ma l'unione di molti è di grandissimo. Cagionano essi schiudendosi un incerto mormorìo? Tengono l'immaginazione sospesa. Cadono regolarmente? Invitano alla lettura, alla riflessione, ed al sonno. I fili d'acqua convengono ai siti gaj, ed allegri.
Attorno alle grotte, ed ai sedili ombreggiati possono uscir da uno scoglio, e scherzare frammezzo alla boscaglia. Vicino ad un bagno, o ad un gabinetto consacrato alla lettura, sia la lor caduta regolare. Aumentano il piacere, se nascosti, perchè l'immaginazione se ne occupa; e soprattutto quando sono scarsi, la necessità stessa esige, che s'involino allo sguardo. Componendosi per ottenere simili effetti, convien guardarsi dallo svelare la mano dell'arte. Riuscirà tuttavìa più facile praticar de' fili, che una caduta un po' grande. I primi possono essere velati, o almeno l'occhio non è rigido in giudicarli; ma una caduta d'acqua perde a non esser vista: deve poter mostrarsi arditamente, e non lo può, se non quando è ricolma di bellezze.
Tav. XVII. Caduta d'acqua nella villa di Monza.
CASCATA.
La bellezza della cascata è principalmente costituita dall'altezza, da cui cade, e dall'abbondanza, e limpidezza delle sue onde.
Cadute d'acque accanto ai fiumi, o alla sortita d'un lago possono piacere all'orecchio pel loro strepito; non alletteranno che debolmente l'occhio. Ma allorchè si precipitano da un monte, da una balza scoscesa, o da uno scoglio elevato, vi acquistan ben altro effetto, soprattutto con masse d'acque chiare, e trasparenti. L'altezza della caduta può portar la sensazione fino alla meraviglia, e allo spavento. «Lo straniero, dice Haller parlando d'alcune cadute nelle alpi, vede con sorpresa scorrere de' fiumi per l'aria, sortir dalle nubi, e trasformarsi in nubi a vicenda.»
Procurate alle artificiali cascate gli effetti bizzarri della luce; non le offrite nude, e scoperte, ma guarnite d'erba, d'edere, e d'arbuscelli. Alberi e cespugli, che vi si incurvino sopra, senza nasconderle intieramente, vi faranno bene: talvolta celate i piani superiori, e fate sì, che l'acqua sembri sortire dal seno d'un folto virgulto, e si veda precipitare attraverso alle cime degli alberi, che in parte la coprono. Le acque cadenti sieno in proporzione con quelle contenute nei recipienti, che formano, e sieno distribuite, e moltiplicate naturalmente. Producono buon effetto vedute dal basso in alto, ed anche migliore dall'alto in basso. La natura ci offre le cascate nei monti, o nei colli: quando il terreno non abbia un considerabil pendìo, la cascata è contro natura. Le grandi appartengono ai siti eccelsi; le picciole convengono ai melanconici, ed anche agli ameni. Proponendosi di produrre vive sensazioni, un sol getto sarà preferibile a varj. Del resto si conformerà ai bisogni della scena, ed allo scopo, che si ha di mira. Con macigni, e con massi si dà alla cascata un tristo aspetto; con verdi piantagioni, un aggradevole.
DELLE CATERATTE.
La cateratta è distinta dalla cascata per un carattere di maggior rapidità, e veemenza. Un movimento, che trae tutto seco, turbolento, impetuoso, una sovrabbondanza d'acqua torbida, e sempre agitata, le bianche masse di schiuma, il ruggito feroce, e la violenza, che ributta, e distrugge tutti gli ostacoli, una nebbia all'intorno, l'eco ripetuto dalle rupi, sono altrettante qualità, e circostanze, che definiscono la cateratta. La sua dimora è nei monti, o fra rocche elevate; fra ristretti spazj nelle lande, ove scatenansi soventi le tempeste, e i rovesci d'acqua, le inondazioni, ed i vulcani. Il suo letto mostra i segni della collera, e del furore; è ineguale, stracciato, pieno di concavità, imbarazzato da sassi e da pezzi di roccie. Boscaglie all'intorno con nude radici, alberi sospesi in aria, presentano uno squallido aspetto.
Le cateratte, come parte caratteristica dei cantoni romanzeschi, e solenni, possonsi ammettere in un vasto ricinto, dove combinino colla natura, e con li grandiosi oggetti, che le circondino; ma è difficile nell'imitazione ottenere anche una parte soltanto degli accidenti sublimi, che le accompagnano; ben di rado vi si riuscirà, anche a forza d'opera, e di spese. Pare, che la natura abbia riservata la formazione delle cateratte unicamente al suo poter creatore.
OSSERVAZIONI SOPRA LE ACQUE.
L'acqua è uno de' più superbi oggetti della creazione, ed è l'anima del paesetto. Non vi ha scena sì piccola, cui non convenga sotto una qualunque forma; non ve n'ha per grande, e per brillante che sia, a cui non aggiunga vivacità, e forza.
L'acqua compare avvantaggiosamente sotto differenti forme, e con differenti caratteri nei cantoni d'ogni specie, nel piacevole, nel sereno, nell'animato, nel solitario, nel melanconico, nel romanzesco, e solenne. Fatta pur anche astrazione de' suoi differenti effetti interessanti, essa piace dappertutto, rallegra nel vederla, dato però che sia libera, e pura: la vita, e la freschezza colano con essa.
Per indomabile che sia in certe masse, e sotto certi rapporti, in altri stati ordinarj obbedisce però al poter dell'uomo, che può guidarla, e configurarla come gli piace. Può metterla in movimento, od in riposo, stenderla, o riserrarla, variare, abbellir le sue rive, lasciarla scoperta, od ombreggiarla, e darle tutti i tuoni. Può per la di lei distribuzione, e combinazione con altri oggetti rendere il suo effetto più sicuro, e più interessante; col suo soccorso può cangiar tutte le scene, ed eccitare tutti i sentimenti.
L'uomo ciò non pertanto non ha saputo accontentarsi de' caratteri varj, sotto cui la natura presenta le acque. Non pago di vederle ora in riposo, ed ora in moto, accompagnate da tanta diversità di forme, di movimento, di strepito, e d'accidenti, ha voluto pur anche sforzarle loro malgrado a slanciarsi in aria. La sazietà, l'amor del maraviglioso, il raffinamento de' piaceri manierati hanno prodotto la singolar invenzione di cacciar nelle vasche di giardino tigri, cigni, lupi, coccodrilli, delfini, e tutte le divinità dell'olimpo, obbligandole isolatamente, o in gruppo, nelle più ridicole attitudini, a versar acque, e lanciarle per ogni dove, e da ogni parte[11]. Questo strano miscuglio di ciò, che appartiene al mare, al cielo, e alla terra, tanta mostruosità sia costantemente tenuta lontana dai giardini.
Le acque salenti possono convenire in luoghi romanzeschi, e decorare graziosamente piccioli spazj guarniti di fiori. Sono a suo posto nelle città avanti un palazzo, e nelle grandi piazze; convengono ancora, formando ornato inerente ad un edificio nobile, nell'interno delle sale, dei gabinetti, ec. ec.
Tav. XVIII. Tenda Greca nel giardino Belgiojoso.
DEI CAMMINI, E SENTIERI.
Nei trattati dell'arte dei giardini trovansi delle sufficienti istruzioni sopra la costruzione, la solidità, ed il comodo dei cammini, e sentieri necessarj in un giardino: su questa materia devesi principalmente far attenzione alla qualità de' climi, e del diverso suolo.
Noi non parleremo quì della maniera di distribuire i sentieri, se non in quanto essa è sottomessa alle leggi del buon gusto.
Sentieri superflui, come in una pianura aperta, ove nessun ostacolo arresta il passo, riescono disgustosi, ed è dispiacevole cosa di non trovarli ove necessitano. Nuocesi all'effetto delle rustiche scene tanto praticandosene in troppo numero, che formandone pochi, o distribuendoli in modo, che non se ne incontrino là precisamente ove bisognano.
La principal destinazione de' sentieri è di condurre a tutte le scene, senza obbligare a ritornare indietro. Ma a questa destinazione se ne aggiunge un'altra, cioè che siano praticati di maniera a variare, ed a moltiplicare non solamente gli aspetti, ma a presentare ancora nella più bella comparsa le varie lontananze, ora tutte ad un tratto, ora successivamente, frattanto che ogni altra vista dispiacevole resta nascosta.
La distribuzione dei cammini esige dunque una attenzion vigilante ai punti di veduta. Secondo la situazione, e la natura del terreno, e delle campestri scene, i sentieri ora scorreranno ne' fondi, ora si eleveranno coll'eminenze, talvolta si stenderanno in linea retta, e talvolta si ripiegheranno; di quando in quando si ristringeranno, e si allargheranno. Proponendosi costantemente di far gioire delle prospettive, e degli effetti più aggradevoli delle decorazioni, non sarà difficile d'ordinar felicemente i sentieri. Sarà dunque contradditoria cosa principiare la formazione d'un giardino per li sentieri, che non possonsi determinare con convenevolezza, e distribuirsi bene, che allorquando tutte le parti, e le scene del giardino saranno intieramente abbozzate, e decise.
Sarà sempre mal a proposito di distribuirli talmente, che molti di essi, invece d'essere in quà in là nascosti, s'incontrino tutti in una volta, imitando in qualche modo le strade della città; altronde non devesi mai formarne di questi uno spettacolo.
Allorchè cominciò a diffondersi il nuovo gusto introdotto da' Bretoni, si rigettò intieramente la linea retta, e si abbracciò l'ondeggiante. Ma la linea, che serpeggia regolarmente, è quasi del paro uniforme, che la retta. La linea, che s'incurva con libertà, e senza esattezza, e si ripiega in modo a produr varietà, merita senza contraddizione la preferenza. Noi la chiameremo la linea naturale, perchè ella si offre agli occhj nostri ne' modelli, che ci presenta natura, e perchè là pure, ov'è disegnata da man dell'uomo, si regola in conformità della disposizione del suolo, e della situazione de' diversi naturali oggetti.
La linea retta non è contro natura, e non merita d'essere del tutto rigettata. Conviene ai grandi passeggi pubblici, ed ai larghi viali guarniti dalle due bande d'alberi elevati. Là ove debbono aprirsi delle prospettive lontane; ove si cerca l'allettamento, che fornisce l'estensione, e la grandezza; ove l'occhio debb'esser fissamente attaccato ad un oggetto importante, collocato in avanti, e destinato a fermarlo, i cammini in dirittura sono i migliori. Inoltre la linea retta diventa talora necessaria pel contrasto, e per l'interruzione. L'ingegnoso miscuglio delle due linee diventa indispensabile in una grande estensione di terreno, e ne riesce pur anche piacevole per la diversità, che vi sparge.
Mal a proposito il nostro autore M. Hirchfeld appoggia anche di più l'impiego della linea retta, non riflettendo, che con ciò distrugge in gran parte la teorìa, e l'artificio de' giardini Inglesi, che non son altro, siccome la natura intera, che un composto di curve; ed anche i sentieri derivando da' colli, da' monti, dalle valli, da' fiumi, e da' boschi, che li prescrivano, non sono che una parte della stessa natura, un aggregato di curve, che si dispiegano in tutti i sensi, atteso che l'uomo, e la necessità non fanno che secondar la natura; e non sarà che per effetto non naturale, che diventeranno stabilmente retti.
Il sentiero sinuoso conviene alle scene, ed alle piantagioni, che devonsi percorrere passeggiando tranquillamente, e con riflessione, e dove la vista dev'esser gradatamente guidata da un oggetto, da un aspetto all'altro. Compiacesi d'errare per sentieri tortuosi fra boschetti, e fra cespi al lungo delle acque, e si diletta di scorrere per angusti viottoli ne' bassi-fondi ombrosi, ed alla volta degli oscuri romitorj; riescono piacevoli montando su' colli, dove moltiplicano, e diversificano i prospetti. Servono per ultimo ad ingrandire lo spazio.
Mediante la linea curva-ondeggiante dei sentieri, nulla si perde dello spazio; tutto viene abbellito, e leggiadramente contornato.
Costruendo de' cammini tortuosi, evitate tutto ciò, che può manifestar l'arte: sinuosità naturali dovunque. Non si scorgerà alcuna progressione, alcun in-dentro, o in-fuori, che non sembri nato, che dalla stessa natura del suolo, e che non si accordi colla disposizione degli oggetti. Li rigiri del cammino non devonsi rompere tutto ad un tratto, che in caso di sorpresa.
Il cammino guadagna altresì in varietà, allargandosi, e ristringendosi, e contenendo ora nel mezzo, ora ne' fianchi spazj erbosi con gruppi d'alberi, ed al lungo ora alberi diritti, ed ora piegati ad arco.
Che un sentiere angusto volti ad una capanna, o all'eremo, ed un largo viale, ed anche retto conduca ad un tempio; un racchiuso viottolo coperto di una volta di fitto fogliame discenda serpeggiando verso la scena melanconica, che giace nell'ascosa valle. Il più o meno di coltura dei sentieri vien regolato in proporzione delle decorazioni, fra le quali si stendono.
L'erba, ed i fiori comuni contorneranno il cammino, che attraversa un distretto semplice, e campestre, ed i cammini destinati ad un delizioso passeggio, saranno ornati di arbusti odorosi, e di piante balsamiche. Quelli, che menano a scene grandiose, avranno dalle due parti de' grandi alberi, e de' fiori superbi, e brillanti. La varietà de' verdi, e la vivacità de' colori arrestano lo spettatore anche là, ove non cercava che un semplice passaggio. I sentieri siano comodi, e bastantemente proprj. Nelle ville d'Inghilterra sono di soverchio lusso, e sembrano terrazzi, favorendo a conservarli l'ordinaria temperatura del clima. Al piano basterà che siano di sabbia; al colle esigono un cemento consistente. Per ottenere il debito scolo alle acque vogliono essere fatti a schiena di mulo.
Si distinguono i sentieri in un generale più largo, ed in altri secondarj di minore, e varia larghezza. I sentieri in genere siano tenuti spaziosi; vengono ristretti continuamente dal crescimento delle piante laterali; e si prevenga il caso di doverle scioccamente tosare, e ridurre a formare un muro verde. La vegetazione inoltre ne' siti soffocati riesce languida, ed infelice.
Dove il giardino ha per confine la campagna, o il bosco, la continuazione de' sentieri, e l'insensibile loro smarrire prolungheranno l'idea dell'estensione, e produrranno buon effetto, ed una felice illusione.
Non sarà cosa indifferente la determinazione del passeggio in un giardino all'Inglese, dove dato luogo ad uno sviluppo d'idee, e di sensazioni filate, se ne dovrà seguire la traccia atta a trattenere più aggradevolmente l'animo nostro: quest'ordine sarà tanto più preciso a tenersi in un picciol giardino, sommesso necessariamente a maggior artificio. In un grande si ritrarrà talvolta maggior diletto, passeggiandolo solo; poichè l'animo nostro, sempre inteso a contemplare le rarità, che gli si presentano, e la fantasìa, che non è prevenuta, gustano più voluttuosamente le produzioni della natura, e dell'arte, intanto che ci lusinghiamo passand'oltre di pascolarci sempre più lautamente.
DEI VIALI.
I grandi viali rettilinei sono proscritti dal genio pittorico. Da lontano ristringono, e tagliano malamente la casa, e veduti dalla casa, nascondono, e tolgono di mezzo gli andamenti, gli effetti, e le bellezze del paese d'intorno, che vogliono esser raccolte, ed amalgamate col giardino, ad ottenere il cui intento deve esser rivolta tutta la cura, ove il contorno le presta; e dove no, il giardino deve rappresentarle nel suo seno, ciò, che costituisce giardino all'Inglese.
Un breve viale retto potrà aver luogo, rare volte però, come si è detto di sopra, ma giammai un lungo, e a più forte ragione una maggior quantità di grandi viali simmetrici, per motivo della nojosa uniformità che generano, perchè limitano la vista da ogni banda, e perchè la linea retta, dividendo il terreno in due parti, guasta così il più bel sito. Le rette, e fitte piantagioni ancora si oppongono alla libera circolazione dell'aria, e ne' bassi-fondi possono contribuire all'insalubrità della situazione. Lo scarso piacere poi, che procura all'occhio l'infilatura, osservato il viale dal corrispondente interno del palazzo, non compensa tante mal opere.
Si consideri ancora quante cure, è quanto tempo vi vuole per avere gli alberi alla debita altezza onde produr buon effetto, e quanto sia difficile riaverne de' nuovi della stessa specie nei siti fissi, ove ne son morti; ciò, che forma uno degli avvantaggi incomparabili dello stile moderno, dove i posti difficilmente sono invariabili, e molto meno le specie. Si preferisce sempre in Inghilterra un cammino obbliquo, e in linea ondeggiante, guarnito di gruppi d'alberi, e d'altri oggetti sparsi. In una avvenuta sinuosa tutto ciò, ch'è interposto, sembra metter la casa in movimento, e farla marciare col viaggiatore; nascono mille effetti piccanti, e varj, offrendosi perpetuamente il palazzo sotto diversi punti di vista, e prendendo a ciaschedun passo una nuova forma.
Tav. XIX. Veduta di Wilton di Lord Pembroke.
DEI TEMPJ.
Fra le nazioni moderne gl'Inglesi i primi hanno introdotte nei loro giardini fabbriche a foggia di tempj antichi. Allorchè il nuovo gusto principiò ad estendersi, si pensò a nuove invenzioni proprie a dare ai siti naturali un aspetto più nobile, e compiuto, che rilevasse le bellezze di natura, si prestasse al pascolo della mente, e servisse altresì al comodo. In conseguenza di tal ricerca non si poteva non pensare agli antichi tempj, atteso ancora che contemporaneamente i dotti, che viaggiavano nella Grecia, e nell'oriente, cominciavano a spandere sulle ruine dell'antichità una luce più serena, e più chiare nozioni[12].
La posizione de' tempj antichi contribuiva a rilevare la loro bella architettura. Erano isolati, e circondati da belle piazze ornate di statue. Comunemente posavano sopra un'eminenza, o su d'un poggio; ed avevano talvolta da ogni parte, e talvolta alla sola entrata principale, una superba scala di marmo.
Secondo i precetti di Vitruvio, si dovevano determinare le differenti situazioni de' tempj dai diversi caratteri delle stesse divinità, cui erano consacrati. Giove, Giunone, e Minerva in qualità di principali protettori dell'uomo li avevano nei luoghi più alti; Mercurio, Iside, Serapide nei mercati; Apollo, e Bacco in vicinanza dei teatri; Cerere alla campagna; e Nettuno alle spiagge del mare. Quelli di Marte, di Bellona, di Vulcano, e di Venere erano situati fuor di città: si riguardavano queste divinità come turbolenti, e dannose[13].
Vitruvio dà istruzioni sopra la scelta, che bisogna fare dell'ordine d'architettura, secondo le differenti divinità. Ai templi di Minerva, di Marte, e di Ercole destina l'ordine dorico come riputato per il più grave, e solido; a quelli di Venere, di Flora, di Proserpina, e delle Ninfe il corintio, come il più elegante, e delicato; a quelli di Giunone, di Diana, e di Bacco assegna l'ordine jonico, che tiene il dimezzo fra la semplicità del dorico, e la pompa del corintio. Il medesimo autore prescrive le qualità diverse de' marmi, che convengono alle diverse divinità; assegnando il bigio, ed il rossiccio ai tempj di Giove, di Marte, e d'Ercole; il bianco, ed il brillante a quelli di Flora, e delle Grazie.
Gli ornati esterni, ed interni del tempio avranno un rapporto convenevole alla natura, agli attributi, ed alle azioni del nume.
Il famoso tempio di Apollo, innalzato da Augusto sul Palatino, era decorato così: nel vestibolo spiccavano le simboliche statue, che indicavano i benefici suoi effetti; nel timpano v'era l'aureo cocchio del sole; le porte eran d'avorio; ed i muri di marmo bianco contenevano de' bassi rilievi relativi ad Apollo. La sua statua campeggiava nell'interiore del tempio: due biblioteche separate sui fianchi, l'una composta d'opere Greche, e l'altra d'opere Romane, attestavano la divina sua influenza[14].
La prima legge, che devesi scrupolosamente osservare nelle imitazioni de' tempj antichi, è quella di conservar fedelmente le loro forme, le loro proporzioni, ed il lor carattere; ed in conseguenza di cotesto loro carattere, li cui principali elementi sono la bellezza, ed il maestoso, i tempj non converranno che in siti convenienti, e scelti. Debbonsi essi riservare per situazioni ricche, e dignitose, ove possano armoniosamente produr buon effetto. Si vedono con piacere sopra eminenze, d'onde si scopra una superba vista, ne' siti, che inspirano maestà, e venerazione, e dove le impressioni, che forma lo spettacolo della natura, vogliono essere sublimate.
Nei vasti ricinti, che abbracciano moltiplici scene, vi può essere un maggior numero di tempj; variandosi tuttavìa la grandezza, le forme, la situazione, e la lor destinazione.
I templi rotondi sembrano i più conformi ad un giardino. La di lor forma riunisce alla dignità una cert'aria di leggierezza, e di vezzo, che li rende soprattutto raccomandabili ne' luoghi, ove natura spiega le sue dovizie. I quadrilunghi, o quadrati ricevono tanto dalla loro forma, che dalla loro più vasta estensione, e dal maggior numero di colonne, un aria più solenne, e rispettabile.
Riesce inconcepibile come la maggior parte dei tempietti, che finora si vedono ne' nostri giardini, non sieno composti che di sole colonne, di cui vi hanno rarissimi esempj nella bella antichità; poichè realmente non sono capaci d'alcuna destinazione, fuorchè di quella troppo limitata, di formare un semplice punto di veduta.
I templi di giardino non sono più per noi edificj destinati al divin servizio; quindi l'interno loro non esige la distribuzione, che a quelli davano gli antichi[15]. Possono perciò esser disposti secondo l'usanza della vita socievole del giorno, e formare interiormente delle sale, e de' gabinetti. Per rapporto al bisogno di luce, questa si procaccierà preferibilmente dall'alto.
I tempj convenevoli ad un giardino sono quelli del Sole, di Diana, di Cerere, di Flora, di Pomona, d'Apollo, delle Muse, e delle Grazie; e lo sono perchè più suscettibili d'allegorico significato, richiamando le forze, gli effetti, e le proprietà della natura; ma vogliono essere distribuiti con economìa, e sempre nel mezzo di scene corrispondenti al carattere, che dispiegano.
Volendo rinunciare ai soggetti, che somministra la mitologìa, si potranno sostituire con guadagno quelli, che emergono dalle circostanze, e dai sentimenti, che accompagnano la vita campestre; quindi i templi consacrati alla serenità, al riposo, al ritiro, ed alla contemplazione, riusciranno convenevolissimi ad un giardino.
Le differenti stagioni dell'anno, e le diverse parti del giorno possono altresì avere i loro tempj, onde rinvigorire l'impressione delle scene, che preferibilmente loro son dedicate, ed onde moltiplicare la varietà de' piaceri particolari a ciascheduna di esse. Edificj di simile invenzione contribuiscono grandemente ad accrescere la vaghezza, ed a caratterizzare i siti, ed offrono al genio dell'artista nuovi impulsi.
Il tempio della primavera s'innalzi in sito fresco, e giocondo; questo tempio sia d'uno stile lusinghevole, circondato d'immagini ridenti, che annunzino il risvegliamento della natura, ed inondato di fiori, tra' quali gli zeffiri di ritorno ricominciano i loro scherzi.
Quello del mattino sormonti la molle pendice d'un poggio, ove domini del paro l'amenità, e l'allegrìa; la sua architettura sia leggiera, ed aerea; l'esposizione verso lo splendore della nascente aurora; e sia circondato d'acque, e di vicini boschetti, i quali moltiplichino lo spettacolo superbo, che offre l'errante luce.
Il tempio della state ricco, e superbo compaja con pompa in mezzo a fiori, e a piante rigogliose, che crescano con profusione fra' boschetti d'alberi fruttiferi, i cui doni maturandosi, stendano di ramo in ramo una mescolanza, che rapisca, di forme, e di colori.
Sopra un pendìo al coperto de' cocenti raggi del sole il tempio del mezzodì si nasconda entro il fogliame, e la selva de' rami d'un augusto albero, ed annoso; e meglio sarà se vi sgorgassero d'intorno de' ruscelletti, procurando i piaceri della freschezza, e facendo nascere quelli del riposo.
Il tempio dell'autunno, accompagnato dal dolce sereno del giorno, si mostrerà fra boschi atti alla cacciagione, o sopra un colle coronato da pampini, da sorbe, e da altre piante a bacche.
Quello della sera, negletto e solingo, riposerà fra gruppi leggieri di piante odorifere sull'occidental pendice d'un monticello, cui lambe una sfuggevole onda.
Lo scopo di siffatte osservazioni non è altro, che quello di accennare all'artista giardiniere una nuova messe, e delle strade, che puonno condurre a incalcolabili invenzioni.
Gli emblemi espressivi, e che tolgano ogni sorta d'incertezza, quì si adattano meglio, che le iscrizioni; altronde le decorazioni hanno un maggior merito, allorchè riescono nel medesimo tempo immagini allegoriche. Questi ornati convengono a diverse parti dell'edificio, e soprattutto nella facciata, e nel fregio. Debbono riunire la semplicità alla chiarezza, e non esser composti che d'un picciol numero di simboli poco complicati, ma aventi un intimo rapporto colla cosa che si vuol denotare. Si ponno altresì rappresentare in bassi rilievi.
Sull'esempio de' Greci, e de' Romani ci sarà permesso ancora d'impiegare i tempj, come monumenti, consacrandoli nei nostri giardini a uomini d'un merito eminente. Nessuna sorta di fabbrica pare più conforme di questa a tal uso, che le dà una destinazione più precisa, che quadra col carattere de' tempj, e rende loro una parte della dignità, che avevano fra gli antichi, ov'erano in primo luogo dedicati agli dei, ed in appresso agli eroi, ed ai sapienti.
I tempj offrono delle memorie più ragguardevoli, e più degne, che le urne, e gli altri sepolcrali monumenti.
La costruzione di questi tempietti non è grave neppure a quelli, che hanno una modesta fortuna, i quali per tal mezzo possono elevare il loro giardino al rango di que' siti sacri, dove si rende culto al merito, siti tanto conosciuti dai Greci, ed ignoti tra noi. I tempj dell'amicizia, e dell'avita virtù, e quello dei grandi uomini dell'Inghilterra, che si veggono a Stowe, appartengono a questa classe, di cui ne fornirono i primi esempj.
Del resto noi ricercheremmo nei giardini sovrattutto i monumenti consacrati a quella specie di merito, che ha un certo legame col sito; noi vi desidereremmo dei tempj consacrati alla memoria di quei genj, che sparsero nuovi lumi sopra i differenti rami dell'agricoltura, sopra l'arte di coltivare i giardini, e generalmente sovra gli augusti, e reconditi arcani della natura; che ora co' loro canti entusiastici, ora coi loro quadri d'imitazione avvezzarono gli uomini a sentire le bellezze della creazione. Il carattere particolare, proprio a ciascheduno di questi chiari ingegni, fornisce l'occasione di presentare una situazione, ed un adornamento convenevole a consimili fabbriche. Gli emblemi prestano altresì in questo caso i loro utili soccorsi; ma le iscrizioni offrono degl'indizj più intelligibili, e brievi. Basterà il nome solo collocato nel fregio.
Non intendo di affermare, che quando si voglia innalzare un tempio, sia necessario di costruirlo di maniera precisamente greca; un tempio gottico talvolta in alcune posizioni può produrre maggior effetto ancora; ma egli è vero altronde, che l'architettura greca è in possesso da secoli d'essere sola apprezzata. Le sue bellezze sono fuori d'ogni dubbio, e compajono tali a tutte le nazioni, alloraquando il sentimento del nobile, e del grande si sviluppa in esse; e non addivenne che per rozzezza di costumi, privati di gusto, e per effetto di pretta barbarie, che si riuscì a soffocare, durante uno spazio di tempo, la sensibilità ingenita, che ciascheduno sente naturalmente per la sua placida semplicità. Le proporzioni, le forme, la distribuzione, l'ornato, tutto ciò, che appartiene alla buona architettura, i Greci lo mostrarono eminentemente ne' preziosi modelli, de' quali tuttavìa ne ammiriamo gli avanzi sublimi. Ne' migliori secoli moderni si sono imitati i Greci nell'arte del fabbricare, come nella scultura, e nella poesìa. Tutte le nazioni, che hanno qualche pretesa al buon gusto, risguardano l'architettura di questo popolo, come il lor patrimonio. Quindi a noi stessi sembra questo popolo men discosto da noi, perchè la gioventù si forma all'ombra de' suoi monumenti, perchè le nostre arti, e le nostre scienze riaccendono spesso al suo fuoco l'estinta lor fiaccola, e perchè viviamo in una specie d'intimo commercio col suo genio, e la sua virtù. Si converrà però facilmente, che l'imitazione non deve degenerare in copia servile; e non si dovrà ammettere, che ciò, che è adattato al nostro clima, al nostro genere di vita, differente da quello de' Greci, ed ai nostri differenti bisogni.
Ne' parchi Inglesi si vedono alcune volte delle chiese gottiche, il cui aspetto risveglia la venerazione, collocate in cantoni segregati, e taciti, fra' monti, e rocchi, e circondate d'alberi venerandi. Il carattere di consimili chiese, e cappelle è riposto nella semplicità dignitosa. Qualunque sorta di magnificenza, e di lusso n'è sbandita.
DELLE GROTTE.
Si nominano così le concavità, ossia gli spazj vuoti, e panciuti, dirò così, che s'incontrano nel seno della terra, e segnatamente nell'interiore delle montagne. Si attribuisce la formazione delle grotte a diversi rovesciamenti parziali, che hanno potuto cagionare i fuochi sotterranei, o le acque, che penetrando a traverso le montagne, e le roccie, hanno staccate, e strascinate con se le terre, e la sabbia, che presentavano loro minor resistenza, lasciandovi sussistere le parti più solide, che non hanno potuto smuovere; e per tal modo hanno dato luogo alla formazione delle grotte, e delle caverne[16].
Le grotte, che attualmente nei nostri giardini sono l'opera dell'arte, erano ne' primi tempi la dimora d'uomini, come lo sono ancora oggigiorno presso de' popoli barbari. Questi nascondigli nelle montagne, e fra i rocchi perdettero la rusticità loro, dacchè i Greci cominciarono a dedicarli alle Ninfe. Era opinione, che le ninfe amassero le fonti; ed una umidità condensata, che stillava dall'alto, e dai lati, imprimeva sovente alle grotte la lor figura. Spesse volte ancora la sorgente era impregnata di particole petrose, che deponeva, e che segnavano il di lei corso d'una specie d'intonaco. L'immaginazione dava vita, e significato alle figure prodotte da questi accidenti. Il cacciatore, il paesano, ed il pastore si portavano in queste grotte a porgere alle ninfe le offerte relative alla loro natura, ed agli oggetti, sopra cui era fama, che vegliassero. Le sacrificavano ora un agnello, od un capretto; ora de' frutti, ora del latte, dell'olio, e del mele. La buona loro semplicità credeva, che queste tutelari divinità vi erano presenti, benchè invisibili, e che si conciliava il lor favore con questi doni. Si circondavano di ghirlande le loro statue, e si consacravano loro degli orticelli.
Pane, e Bacco, che insegnavano le canzoni alle ninfe, erano riputati essere l'ordinaria loro compagnìa, e vedevansi spesso le loro statue innalzate nelle grotte. Sul mezzodì la pastoral zampogna taceva per non interrompere i sonni di Pane, che costumava in quell'ora di dormir nelle grotte.
Questa pittura delle grotte consacrate alle ninfe porge quell'amenità, che sapevano i Greci spargere con tanto sale su d'ogni cosa. Eran luoghi santi, esenti d'ogni timore. Non formavano ancora parte de' giardini, che presso quella nazione non sortirono dai limiti della primiera rusticità, ma formavano oggetti staccati, che ricevevano dalla loro situazione al lungo de' laghi, e de' fiumi, ne' monti, e ne' boschi un carattere perfettamente campestre. La conoscenza del primitivo loro destino può condurre l'artista giardiniere ad invenzioni piacevoli, che portino l'impronto dell'antica loro rispettabile semplicità.
La storia delle grotte ne' secoli posteriori non è così serena, che al tempo delle ninfe de' Greci. Nei tempi di guerra, e de' suoi flagelli, questi ritiri si trasmutavano a vicenda in ispelonche d'assassini, e nell'asilo dell'infelice. Talvolta diventavano il soggiorno d'un eroe, e perfino delle fortezze d'importanza. Allorquando poi l'amore della vita solitaria si diffuse fra' cristiani, le grotte divennero l'abitazione de' santi, che, allontanati dall'aspetto del mondo, vi si consacravano alla contemplazione. Vi scavavano nel sasso gli altari, le cucine, i dormitorj, e le altre comodità essenziali alla vita. Era il tutto la semplicità stessa: la povertà solo, e la devozione erano le inseparabili compagne dell'uom religioso. La di lui vita austera, e sobria gli attirava sovente l'attenzion del vicinato; e la sua grotta era un luogo sacro, a cui non vi si accostava, che con venerazione.
Non v'ha cosa più necessaria all'arte, acciò formi delle grotte imitanti le naturali, quanto il ritornare col pensiero sulla primiera costruzione fatta dalla natura stessa, giacchè le opere dell'arte in questi oggetti si sono tanto scostate dal vero modello[17]. Noi vediamo che le grotte sono native de' paesi montuosi, e che abbondano di tufi, o di roccie. Non converranno adunque, che ne' cantoni composti di monti, e di rupi, che ammettono cavità, e screpolature, sia accidentali, sia formate dalla mano dell'uomo.
L'impiego dei macigni nella formazion artificiale delle grotte è giustificato dalla maggior facilità, dalla solidità, dalla diminuzione che cagionano dell'idea di deserto, offrendo l'immagine di una certa tal quale abitazione. La presenza dell'uomo giustifica un po' più di ricercatezza, che non esigerebbe l'aspra natura delle grotte, quale riuscirebbe per altra parte effetto assai difficile ad ottenersi. Possono esser ricoperte di musco, e di piante serpeggianti; in tal canto può crescervi un cespuglio d'un verde piacevole, e nel circondario ponno slanciare gli alberi l'orgogliose lor cime. Queste circostanze non distruggono il carattere proprio di una roccia; l'addolciscono soltanto, correggendone l'uniformità, diminuendo la secchezza delle forme, e tuttavìa s'accordano coll'aspetto naturale d'una grotta. Ponendovi all'intorno delle piante a fogliame oscuro, e tristo, l'artista può accrescere l'impressione, che desta l'aspetto ignudo, e canuto della rupe. Può darle vivacità, compartendo l'acqua in ruscelletti, e rinforzarne l'apparenza selvaggia, adunandola in impetuoso torrente. Può praticare nell'interno varie aperture, farvi de' sedili, e delle comode abitazioni.
Una grotta artificiale deve soprattutto avere una tal situazione, quale noi siamo avvezzi a vederla in natura; dev'essere appoggiata a collina, a rupe, o collocata fra' scoscesi massi, e fra' ruscelletti, in siti bassi, ed oscuri. Non v'è niente di men naturale, che grotte fattizie alla pianura, o ne' luoghi scoperti, ove immediatamente attirin l'occhio. Debbono avere una situazione allontanata, e mesta, e che non si scopra con facilità. Non saran annunziate nè da introduzion elegante, nè da uno spazio in avanti riccamente adorno. Non sarà per questo essenziale, che il sito sia affatto chiuso, e privo d'ogni sorta di vista; vi posson essere praticati de' fori diversi, che presentino ridenti prospettive, particolarmente all'acqua. Nella formazion delle grotte deve regnare una composizione semplice, negletta, e rustica. L'interna decorazione è riposta nella configurazione stessa de' sassi, e negli effetti accidentali dell'acque, che vi trapelano, o che le percorrono. Qualunque sorta di distribuzione, e di ornato, che non vi si potrebbe trovar naturalmente, non vi ha luogo. Sia semplicissima la sua forma esteriore: un mucchio irregolare di pietre; una parete di screpolato sasso; una rupe composta di masse isolate, che sembrino d'essersi separate per l'effetto del tempo, o dell'acque, in quà in là imbrattate di musco, e di sterpi, o tappezzate d'edera, e di vite selvatica, che serpeggino fra le fessure, in alto ricoperte di terra, ove spuntino a stento degli umili arbusti, li cui languidi rami cadano sopra l'entrata; de' ruscelletti, che scorrino nei fianchi fra cespugli.
Quantunque le grotte de' giardini non sieno che imitazioni delle naturali, tuttavìa si penserà a disporle in modo, che riescano pulite come conviene, e che non sieno mai pericolose. Non saranno umide, nè impenetrabili all'aria purificante, nè manco debbono esser basse, e strette. Non sono refrigeranti, e d'uso, che allora che son composte d'elevati macigni secchi, con vaste volte foracchiate d'aperture, che diano luce, e vista.
Si può dare ad esse un carattere determinato, che si rapporti agli usi, ai quali altre volte servivano. Si può consacrarle ad una ninfa, ad un antico eroe, ad un santo; e farvi campeggiare gli oggetti, e le particolarità, che ci rammemora la storia. Sarà però meglio prescindere da qualsivoglia oggetto mobile, ed accessorio; cosa che d'ordinario degenera in puerilità, e che non appartiene alla di lor natura; cosa senza verità, di breve illusione, e che toglie il possibile miglior uso del sito. Tutto al più sarà permessa una concisa inscrizione; e per riguardo all'ornato, ed al movimento vivente, glielo comunicheranno, come in tutte le altre parti del giardino, le persone stesse, che l'anderan visitando, che debbonsi considerare per le vere e sole macchiette del quadro; e quando pur predominasse l'amor del maraviglioso, suggerirei piuttosto delle mascherate conformi alle diverse scene, che presenta il giardino.
Le grotte per se stesse riuscendo oggetti straordinarj in natura, ed i giardini presentando di rado de' siti convenevoli ad esse, sarà meglio risparmiarle. Un bel giardino può esserne privo senza difetto.
Qualora, pel bisogno di smaltir terre, si determini d'innalzare in una parte del giardino un'artificial collinetta, anche pel risparmio delle stesse terre, si potrà disegnare il piano d'un'intralciata grotta, da elevarsi a foggia di cantine, ricoperta da grandiose volte, o da macigni. Per la maggior chiarezza della cosa, ne presento quì uno schizzo, che basterà a suggerire altre idee più convenevoli, e più belle.
Tav. XX. Grotta sforata, d'invenzione di M. Schuricht.
DEI ROMITAGGI.
I romitaggi, che si collocano nei giardini, opere dell'imitazione, sono destinati meno ad essere abitati, che a far gioire per qualche istante del riposo, e della solitudine, ed a rinforzare le impressioni, che destano i cantoni pacifici, e melancolici.
L'eremo domanda una situazione nascosta, ama le montagne, e le rupi. Talvolta una grotta può essere situata colla maggior naturalezza agli orli d'un'acqua, ma l'eremo sembra unicamente fatto per le foreste, e per i deserti.
Il romitaggio è una capanna, una semplice casuccia fabbricata per man dell'uomo; o allorchè è praticato nel sasso, e che si accosta alla natura delle grotte, è travagliato a foggia di stanza, che s'approssimi alla regolarità.
Devesi rappresentare come abitato da un solo. La riunione di molti romitaggi ai fianchi l'uno dell'altro, diminuirebbe coll'idea di società la forte sensazione, che è propria al romitaggio. Appartiene ai siti solitarj, ove regna una dolce malinconìa.
Il romitorio ci rammemora que' tempi, in cui la pia innocenza abbandonava il mondo per trovare il paradiso ne' deserti. Quì la vita de' primi monaci era santa, ed utile; coltivavano le terre, e rendevano sani, e fertili una quantità di siti incolti. I deserti non risuonavano solo delle loro preghiere, ma del fracasso ancora dell'ascia, che dirigeva le lor mani; l'agricoltore del vicinato andava a domandar loro non solamente delle benedizioni, ma delle istruzioni ancora sopra i suoi travagli. Un genere di vita, privo di tutt'i piaceri mondani, e di tutte le comodità della società, ed impiegato, e diviso fra il travaglio, la penitenza, e la meditazione, non era veduto che dal cielo, che doveva ricompensarlo un giorno. Li brevi giorni della lor carriera scorrevano in seno di una felice uniformità, senza bisogni, e senza passioni. I raggi del sole cadente, rischiarando la fronte del romito, lo trovavano così sereno, che quelli dell'aurora, che lo svegliavano. Il solitario aveva fatto cambio di tutte le sue pretensioni su questa vita, per le speranze della futura, verso la quale il suo spirito indefessamente si avanzava colla tranquillità, che inspira la confidenza. Quando s'approssimava l'ora del suo passaggio, pien di fiducia, porgeva l'orecchio alla voce degli angioli, che lo chiamavano a loro; col crocifisso in mano abbandonava questo mondo con una maestosa gioja, e lasciava la sua cella, e la memoria della sua pietà ad un fratello, le cui preci l'accompagnavano in cielo. Simili rimembranze si risvegliano all'aspetto d'un romitaggio, che hanno una tenera energìa, e che destano sentimenti dolci, ed affettuosi.
Stantechè ne' giardini non si hanno considerabili porzioni di monti, e difficilmente una scoscesa rupe, ed agreste, dietro cui si possano nascondere gli eremi, non si saprebbe collocarli meglio, che in alcuni ritagli di terreno imbrattati d'arbusti, e di sterpi, o in luoghi rabbassati, ed ombrosi, ove più facilmente possono acquistare il carattere, che esigono. Un romitaggio è felicemente situato quando s'appoggia ad un colle, ed a rocche; e qualche volta troverà il suo posto fuori del ricinto del giardino nelle adjacenze d'una vicina landa.
Il cantone, ossia la scena, che circonda immediatamente un romitaggio, dev'essere priva di fasto, d'attrattive, e d'ornati; ma presentare un'aria d'abbandono, di modestia, di pacifica semplicità, senza brio, e senza bellezze, che faccian colpo.
Una placid'acqua, o una chiara sorgente è conforme quanto mai al suo carattere. Si potrà rinforzare l'idea della solitudine col mezzo di piantagioni d'alberi a rami pendenti, ed a foglie oscure, e con spessi cespugli.
L'edifizio può essere egualmente di sasso, che di legno, purchè la sua struttura sia della più rigida semplicità, e della maggior negligenza. Nessun'arte, nessun lusso; la stessa ignoranza delle proporzioni dell'architettura risulta quì per un merito. L'aspetto del totale non deve annunziare, che sobrietà, indigenza, dimenticanza di se stesso. Un tetto di stoppia, o d'ardesia, informi pilastri, che lo sostengano, una parete di cretoso fango, ne' cui fianchi si vedan i danni del tempo, e delle stagioni, riunita in parte, ed in parte ricoperta da musco; un'inelegantissima porta fra un rozzo steccato, che rinchiuda lo spazio; delle finestrelle con stamigne, o con vetri consunti, o colorati, formano l'esterior corredo d'un romitaggio.
L'interior distribuzione deve limitarsi alla decenza, ed alle comodità indispensabili: della semplicità dappertutto, della modestia, e della gravità; una panca, un letto per il riposo in un angolo; una cappelletta in un altro; una specie di nicchia colla semplice immagine del santo titolare; nei muri qualche sentenza, che c'insegni la saggezza in questa vita con semplicissime parole; al dissopra della porta un campanello per annunziar l'ora della preghiera, compongono la decorazione più conveniente ad un eremo, oggetto ricavato dalla vita monastica.
Ne' romitaggi deve trovarsi una certa oscurità, cagionata dal picciol numero delle aperture, e dalla fosca piantagione all'intorno. Le tinte predominanti saranno brune, o griggio-cariche.
Risguardando talvolta un romitaggio come oggetto, che non deve produr impressione, che colla sola apparenza, si pensa di aver tutto fatto, quando l'esterior solo porta l'impronto della solitudine, e si crede che l'interno si possa adornare con tutte le bellezze di una fastosa sala. Ma lasciando da parte, che questa disposizione mette in contraddizione l'esterno coll'interno della costruzione, essa interrompe l'impressione ognivoltachè si entra, e si sorte, e fa sì, che il circondario stesso perde il suo effetto. Nessuna necessità giustifica questa pratica, e la leggier sorpresa, che si prova al primo aspetto, è troppo fugace, e debole, onde compensare le impressioni che toglie.
Avanti di costruire un romitaggio fa di mestieri indagare il carattere, e la destinazione delle parti, che compongono il giardino, e consultare la di lui ampiezza. Non vi ha luogo sempre[18].
RUINE.
Gli effetti, che producono le ruine, non solamente ne giustificano l'imitazione, ma le rendono ancora sommamente pregiabili nei moderni giardini. Rammentano i tempi passati, ed eccitano un sentimento compassionevole, misto a malinconìa. Queste impressioni possono essere modificate in più maniere dal carattere particolare, e dalla destinazione anteriore, dall'età, dall'ordine, e dalla forma sovente distinta, e soventi volte incerta, dalle iscrizioni in quà, e in là per metà scancellate di un edificio in decadenza, dal suo posto, e da altre particolarità, che richiamano gli eventi, ed i costumi antichi. È per tal maniera, che gli avanzi d'un castello posto sulla montagna, d'un convento, d'una vecchia casa signorile, cagionano sensazioni variate a norma de' tempi, e d'altre circostanze, che questi aspetti richiamano allo spirito, e che puonno essere di una grande diversità intrinseca. Ci ritroviamo fra secoli, che non esistono più. Si rivive per qualche istante nell'età della barbarie, e della guerra, ma della forza, e del valore; in quella della superstizione, ma della pietà modesta; nell'età della ferocia, e della passione per la caccia, ma dell'ospitalità, e dell'eroismo.
Tutte le rovine portano lo spirito a far il paragone tra lo stato loro anteriore, ed il presente; ci richiamano gli eventi, ed i passati costumi; e l'immaginazione trova nei monumenti, che le si offrono, l'occasione di penetrare in là della portata degli occhj, e di perdersi fra le immagini, sorgenti secrete, ma copiose di piacere, e di dolce malinconìa.
Tali sono gli effetti delle vere ruine; ed allorchè le fattizie sono ideate di maniera a produrre una felice illusione, possono fare quasi la stessa sensazione.
Il colmo dell'arte sta nel togliere ad esse qualunque sorta d'apparenza artefatta, e dare un'ordinanza, una precisione, una legatura, o una discontinuazione, che le faccia sembrar antiche, e l'opera verosimile dei guasti del tempo, e dell'influenza delle stagioni. Per ottenere ciò è necessaria cosa, ch'esse sieno composte di grandi masse, e che per quanto disgiunto, e smembrato il tutto appaja, si possa ciò non pertanto riconoscere confusamente una certa proporzione fra le parti. L'unione delle parti può essere cessata, poichè la disunione è l'effetto naturale del tempo; ma devono queste essere collocate di maniera a conservare ancora una tal qual connessione, e non essere sparpagliate così da lontano, che l'occhio sia obbligato di raccoglierle penosamente, o peggio ancora, che manifestino l'operazione della mano dell'uomo, che le ha così disperse; dispersione altronde niente indispensabile, come ce lo attestano tutt'i bei resti antichi. Li frammenti intieri di muro potranno restar completi, e riuniti, e far vedere di qual uso eran da prima. Qualche volta pure lo scopo che si prefigge, di produrre cioè una determinata sensazione, rende questa precauzione essenziale. In tal caso bisogna che rimanga qualche vestigio della primiera destinazione dell'edifizio. In conseguenza non vi siano mucchj informi di pietre, che significan nulla, ma delle parti conservate, e di tratto in tratto riunite, che dinotino la forma, e la precedente disposizione dell'intiera fabbrica.
Le ruine, ed il locale non devono manco essere in contraddizione: per quanto incolto, per quanto rozzo sia il luogo, non deve ciò non ostante esserlo al punto da rendere inverosimile, che la fabbrica, li cui avanzi vi si trovano, abbia giammai potuto esservi eseguita realmente in tutta la sua estensione, e servire all'uso, cui era destinata.
Perchè non manchi l'effetto delle fattizie ruine, convien accelerarne la concezione, e non dar luogo a riflettere, e a ricercare se quanto si vede sia realtà, od artificio. La riflessione è soprattutto ritenuta da ruine d'un significato non equivoco, e determinato, e che fanno tosto riconoscere la destinazione, e l'ordinanza della fabbrica, di cui ne sono gli avanzi. Ad ottenere quest'effetto bastano talvolta un basso rilievo per metà corroso, una statua spezzata, un frammento di capitello, o di cornice, un'iscrizione appena leggibile.
Affine di dare alle ruine un'apparenza di verità, si può qualche volta aver ricorso ad un intonaco sporco, e tristo. Dipenderà questo dal carattere delle ruine. In generale però sono le masse di sasso, che convien impiegare, e che vanno esposte logore, spezzate, e screpolate.
Acquistano le ruine maggior naturalezza, quando sono frammischiate ad erbe, ed a boscaglia. La natura sembra riprendere con una specie di trionfo il possesso dei siti, che l'architettura le ha rapito. Niente prova maggiormente la vetustà, che un luogo, che, altre volte ornato da una fabbrica, è oggidì ricoperto d'erba, e di sterpi. Una quantità d'edera, che sorte dall'interno d'una conquassata torre; un ciriegio, che solingo ed incurvato fiorisce fra ruinate mura; dei rovi sbucciati dalle crepolature; un ruscelletto, che mormora attraverso i gradini d'una scala appena riconoscibile, sono le circostanze varie, e soventi volte compagne delle vere ruine, che annunziano vivamente la forza de' tempi.
Altri accidentali oggetti potranno ancora stabilire un contrasto più parlante fra le ruine dell'edifizio, e la trascorsa sua magnificenza. Qual sentimento di tenerezza, di malinconìa, e di tristezza non s'impadronisce mai dell'animo dei dotti viaggiatori, allorchè visitando le contrade un tempo coperte da greche fabbriche magnifiche, trovano al fianco degli informi frammenti un rozzo casolare, un miserabil tugurio per il viandante, e nascondigli di belve feroci fra gli avanzi sublimi d'antichi tempj! Un gufo, che abita una rovinata torre, una famiglia di cornacchie, che si è stabilita in vecchj muri, un picciolo steccato pei montoni, non sono cose rare presso le ruine, e rinforzano l'idea, che si forma d'un sito deserto, da lungo tempo abbandonato dagli uomini, e da uomini famosi.
In Inghilterra, ove non esiste un sol pezzo d'antichità greca, e romana, con sommo criterio piuttosto si coltivano, e si rappresentano le antichità gottiche; la qual buona usanza è di più appoggiata dall'opinione di Home, che pretende, che nelle gottiche ruine si vede il trionfo del tempo sopra la solidità, immagine malinconica, ma non dispiacevole; e che le greche piuttosto ci ricordano il trionfo della barbarie sul buon gusto, immagine trista, e che ci sconforta.
Supposto adunque, che le ruine non contraddicano l'architettura altre volte impiegata nel paese, bisogna, che abbiano una situazione analoga al lor carattere, e nella quale possano figurare senza estranei soccorsi. Sembrano collocate naturalmente in ribassi sterili, e contro eminenze aride, e sassose; non mai in riva d'un acqua chiara, fra ridenti boschetti, o di mezzo a fiori. Sieno lontane da siti vaghi, ed ameni: possono succedere a quelli per gettar del contrasto nel quadro, ma non mai farne parte. Sono la proprietà dei cantoni, ove regna la solitudine, la dolce malinconìa, la gravità, il solenne.
Le ruine non possono servire a viste opposte alla loro natura, e alle sensazioni, che destano; in conseguenza non vogliono essere decorate internamente a foggia di sala per mangiare, o di sala per la musica. La gioja, ed il piacere non albergano là, dove non si mostrano, che la caducità, e la distruzione.
L'ingresso alle medesime non sarà disposto con arte, nè abbellito. Le ruine non devono presentarsi all'occhio; vogliono essere ritrovate, nascoste ed inviluppate, come sono, nell'oscurità, e nella mestizia. Scorte d'improvviso in parte solitaria fra sassosi ammassi, e fra sterpi, e dopochè si son percorsi inospiti sentieri, ecciteranno, e occuperanno sensibilmente l'immaginazione.
Le ruine possono spesso, per la loro situazione, e connessione con boscaglie, comporre un quadro più pittoresco, che le stesse fabbriche nuove, o ben conservate. Ammettono una maggior varietà nelle forme; la mescolanza co' verdi arbusti moltiplica i loro aspetti; la loro tinta è più dolce, e si amalgama meglio cogli oggetti all'intorno; il lor difetto di simmetrìa facilita quest'unione, ed hanno accidenti più varj.
L'accidental dono, ma difficile di trovare nel suo distretto delle vere ruine di qualsiasi genere, riuscirà di tutt'altro valore, che l'imitazione la più felice. Non si tratterà in allora, che di saperne trarre partito, e d'accordarle felicemente col restante[19].
Si pretende, che in alcuni parchi Inglesi si siano fabbricate delle rappresentazioni compite di pezzi d'antichità, e che dopo si siano fatte saltar in aria col mezzo delle mine, perchè vi restassero gli avanzi col maggior effetto di verità; procedere, che dinota piuttosto una mal intesa prodigalità, che una ricerca di raffinamento.
Si travagliano in Roma de' modelletti, delle copie in piccolo dei pezzi più belli dell'antichità, formate in gran parte di sughero, ed in parte di terra cotta, con una indicibile precisione, e verità, le quali studiandosi di passabilmente bene imitare, non si saprebbe desiderar nulla di meglio.
SITI DI RIPOSO.
Si ha bisogno di siti di riposo per rifarsi della fatica del passeggio. Saranno dunque essi a qualche distanza l'uno dall'altro, e sparsi nè in troppo grande, nè in troppo piccola quantità; il loro numero sarà regolato a seconda della maggiore, o minore estensione dello spazio totale del giardino.
La comodità vuole, che si ripongano dei seggi in luoghi freschi, ed ombrosi, sotto volte di fogliame, accanto colline; non in siti intieramente scoperti, sabbiosi, ed esposti ai raggi del sole, ove nessuno è tentato di sedersi.
Il riposo, e la comodità non formano tutto ciò, che si ricerca; devono altresì i seggi occuparvi graziosamente con punti di vista, con prospetti piacevoli, de' quali si gode maggiormente seduto, che in piedi.
Alcune scene sono di tal natura, che esigono, che lo spettatore ne sia vicino per gustarle in tutta la loro sfera; tali sono degli spartimenti di fiori, dei gruppetti di piante rare, de' ruscelletti che scherzano.
Un agiato sedile inviterà a saporire queste leggieri delizie, che sfuggono all'occhio passeggiando, soprattutto quando nello stesso tempo vien provocato da altri quadri più grandi, e d'una composizione magnifica. La situazione de' banchi dev'essere calcolata sotto diversi rapporti.
Un picciol banco d'erba, o una elevazione di terra, che la natura ha rivestito di muschio, è l'ordinario sedile de' paesani, e meritan d'essere imitati nei siti d'un carattere semplice, qualora gl'insetti, e l'umido non li rendano incomodi.
I seggi di pietra sono durabili, ma le panche, e le sedie di legno meritano la preferenza, prive d'inconvenienti, più facili a farsi, ed a trasportarsi, e perchè ricevono una forma, ed una vernice analoga ai siti diversi. Più la forma sarà semplice, e leggiera, più riuscirà; la vernice grigia, o bianca, produrrà maggior contrasto.
Per maggior comodo si potrà talvolta cangiare le panche, e le sedie ordinarie in siti di riposo coperti. Le loro pareti difendono dal vento, ed il lor tetto dalla pioggia. Il semi-circolo sembra la figura la più adattata. L'architettura deve esserne semplice, leggiera, e piacevole, e avere niente di massiccio, nè di magnifico. Si possono ornar tali seggi d'un'iscrizione, o d'una sentenza corrispondente al carattere della scena, o della prospettiva, della quale si gode, che risvegli la riflessione, frattanto che il corpo riposa.
Tav. XXI. Seggio coperto, d'invenzione di Schuricht.
DEI PONTI.
I ponti vogliono essere collocati, ove un bisogno visibile li domanda. I ponti sono inutili agli stagni, ai laghi, ed alle curvature, che fanno le acque dormenti, perchè costeggiando le ripe, si può pervenire all'opposta sponda; ed in simili posizioni producono cattivo effetto.
Il carattere della scena, alla quale conduce il ponte, o fra la quale si trova, deciderà del più o meno d'ornato, o di semplicità, che richiede. Un ponte di sasso architettato condurrà al tempio; uno di pietre rotte alle ruine.
Nei giardini d'Inghilterra, come ho detto altrove, veggonsi de' ponti superbi, stati ricavati taluni dal Palladio, che appena osò di porli in carta, come ideale progetto.
I ponti di muro hanno un aspetto pesante, e troppo comune; vogliono esser di sasso, oppure di legno. Soventi volte l'andata ad una grotta, o ad un eremo non domanda altra sorta di ponte, che alcune selci ordinarie, comodamente, e con sicurezza riposte.
Quelli di legno hanno un'apparenza più leggiera, e ridente; sono nello stesso tempo più suscettibili di una maggior varietà di forme, e danno più facilmente luogo ad una capricciosa costruzione.
Quando in un giardino necessitano più ponti, fa di mestieri prevenire l'uniformità dei loro aspetti, evitando di collocarli in linea retta, ed alla fila, e variandone la costruzione, e l'ornato. Per tal maniera i ponti, oggetti necessarj, ponno divenire mezzi d'abbellimento, e d'apparato. Accrescono la varietà, e concorrono a produrre belle perspettive. Esposti allo scoperto spargono intorno una certa vivacità; e cagionano miglior effetto quando appajano per metà nascosti ai fianchi d'un bosco; o quando in siti più alti, hanno per fondo la costa di un colle, o un oscuro bosco; o quando ancora si presentano attraverso tronchi d'alberi, che vi formino sopra de' fiocchi, e de' cesti. In vaghi distretti vi si collocheranno sopra delle stabili seggiole.
PORTE.
Quando debbansi praticar delle porte, e dei portoni in un giardino, l'ordine toscano ne sarà il più conveniente, e vi si osserverà la più grande semplicità. Riescono di miglior effetto alla vista, allorchè sono, da una parte almeno, coperti ne' fianchi da cespugli, e da alberi. Alle sortite del giardino difficilmente faran bene mostrandosi sfacciatamente; converrà il più delle volte nasconderli in parte, ed anche intieramente.
STATUE.
La profusione delle statue nei giardini presso gli antichi Romani era in parte scusata dalla loro mitologìa, ed in parte dalle loro usanze; non così presso i Romani moderni, che hanno trasformati i loro giardini in altrettante gallerìe; e peggio che peggio parlandosi de' Francesi, i quali, finora almeno, non avevano diritto di far mostra nei loro giardini, che di cattive copie, o di mediocri originali.
Tutto ciò che orna un edificio, non adorna egualmente un giardino, e di tal numero sono le statue; tanto più se si tratta di giardini, che devono imitare varj tratti della bella natura. Tuttavìa volendosene pur impiegare, non saranno fuor di sito una Flora tramezzo ai fiori, un Bacco sotto una pergola, una Diana in un bosco, Pomona nell'orto, e Venere, e le Ninfe al fonte. L'impressione, che desteranno però, non sarà mai gran fatto piacevole, attesa l'usanza resa di troppo comune; e considerate come divinità tutelari del sito, il lor interesse è svanito per noi. Produrranno forse miglior effetto le statue allegoriche della pace, della vittoria, dell'abbondanza, e quelle ancora d'uomini illustri, in siti a loro consacrati. Si potranno situare delle statue simmetricamente intorno l'abitazione, a motivo delle opere d'architettura, alle quali appartengono in qualità di produzioni d'un'arte collega; ma in un giardino sarà meglio disperderle quà e là.
D'ordinario nel gran pezzo di tappeto verde, che circonda la casa, campeggia con buon effetto la statua colossale della divinità, cui sembra dedicato il giardino, usanza probabilmente ricavata dall'antichità più nascosta, quando nell'orto si costumava di riporre la statua di Priapo.
Le statue esposte allo scoperto nei modernissimi giardini Inglesi sono totalmente proscritte; e diffatti la perpetua loro immobilità annoja, tolgono l'illusione, la verità, e l'effetto dei siti naturali, e quasi sempre non vi son collocate così che per pompa; su di che è da riflettersi, che le statue non ammettendo mediocrità, se son belle, vogliono essere meglio apprezzate, e riparate, e se cattive, non van mostrate del tutto[20].
Le statue propriamente non sembrano fatte che per l'ornato degli edifizj, e particolarmente per quello dell'interno. Nei giardini ciascheduna richiede il suo tempio, o la sua sede, ove figurare da sola, o con analogo corteggio. Convengono così, nè mai sfacciatamente nei siti, ove natura domanda a dispiegare le sue bellezze; ove quando pur s'incontrano, sembrano d'essersi scostate a caso dalle loro stazioni, d'essersi perse in cammino, e smarrite nei luoghi, ove certo non si aspettava di trovarle.
Tav. XXII. Piramide con sua cella, spaccato, e pianta, d'invenzione del cittadino la Gardette.
MONUMENTI.
Se all'esempio degli antichi noi imparassimo a pregiar maggiormente l'energìa dei monumenti, noi potremmo, godendo nello stesso tempo dei piaceri campestri, risvegliare pure in alcune parti de' nostri giardini la memoria di un merito eminente, o di un'azione grande, ed utile, e nutrirvi per tal maniera de' sentimenti morali. Nei giardini si possono consacrar dei monumenti ai filosofi, ai poeti, ai grandi artisti, ai cittadini utili, ed agli amici tanto morti, che vivi. Questi contrassegni di memoria possono essere egualmente dedicati al piacere, ed al dolore, ed esigono sempre una scena analoga al carattere di queste emozioni. Il monumento d'un avventura, d'un sentimento, d'una ricordanza piacevole attragga l'occhio sulla bella collina, che sormonta: un monumento di duolo, o di malinconìa si nasconda modestamente in un fondo appartato, nel mezzo di folti virgulti, o sotto alle roccie.
Gli effetti dei monumenti posson essere molto variati, a seconda della diversità delle persone, o dei soggetti, de' quali rinfrescano la memoria. Risvegliano dei ricordi, e dei sentimenti interessanti di venerazione, d'amicizia, d'amore; delle emozioni, che apportano un grato piacere, o una dolce malinconìa. Allorchè le bellezze di natura hanno saziato i nostri occhj, noi amiamo di fermarci presso quei monumenti, ove il cuore vi trova pascolo novello.
Li monumenti, tanto comuni in Inghilterra, il cui soggetto è preso nella stessa famiglia del proprietario, o nel ristretto cerchio de' suoi amici, sono i più energici per lui, ma non così per tutti gli altri.
Fra le differenti sorta di monumenti, appartengono taluni all'architettura, e tali altri alla scultura. I tempj, le piramidi, gli archi trionfali, le colonne, gli obelischi, ec. appartengono alla prima; alla seconda le statue, le urne, i tumuli, ec. Qualche monumento riunisce le due arti. Gli uni sono semplici, come un'urna, una colonna; gli altri composti come un mausoleo ornato di figure, un'urna, contro la quale s'appoggia una statua in attitudine dolente, ec.
Frammezzo questi monumenti se ne trovano alcuni, che per cagione del loro carattere di magnificenza, e di grandezza non convengono troppo ad un giardino. Di questo numero sono gli archi di trionfo, e le statue equestri. Questi monumenti annunziano una pompa, che non si accorda guari colla semplicità de' giardini. Le urne, e i cenotafj, le colonne civiche, navali, ec. sono oggetti assortiti a' cantoni melanconici di un giardino, risvegliando idee, e sentimenti, che tali cantoni non saprebbero produrre da per se soli. Basterà nei depositi il solo nome di chi vi giace.
Il famoso quadro di Poussin, chiamato comunemente l'Arcadia, è espresso così: nel mezzo d'un sito ridente quanto mai si vede il deposito d'una giovine morta sul fior degli anni colla seguente iscrizione: et in Arcadia ego. Ma questa iscrizione così laconica fa fare le più serie riflessioni a due giovani, ed a due donzelle inghirlandati di fiori, e che sembrano d'aver incontrato questo monumento sì tristo in siti ove pareva, che non cercassero un oggetto d'afflizione. Uno fra essi fa rimarcare agli altri questa iscrizione, mostrandola a dito; e non si vede più su' loro volti, attraverso l'afflizione che principia, che i segni d'una gioja che spira. S'immagina d'intendere le riflessioni di questa gioventù sulla morte, che non risparmia nè età, nè bellezza, e contro cui non hanno riparo li più fortunati climi...
Costruendo un monumento qualsiasi, l'artista ha la scelta fra una moltitudine di forme, purchè siano in se stesse di buon gusto, e s'accordino col carattere dell'opera. L'invenzione di tutte le parti della costruzione, la sua esecuzione, ed egualmente l'ornato devono decidersi, e misurarsi esattamente secondo le regole della convenienza, e dal più o meno d'importanza dell'oggetto, e della sua destinazione. L'esterior forma deve invitare l'occhio d'una maniera piacevole, ed avere un carattere chiaramente espresso, che non lasci lo spettatore un momento in dubbio sulla di lui significazione; e questo carattere dev'essere tale, che si possa colpirlo avanti che la lettura dell'iscrizione termini di spiegarlo. Un deposito, un sarcofago, un'urna sepolcrale sono oggetti facili a comprendersi, non così una semplice colonna, che esige qualche accessorio, che rischiari la cosa, come un emblema, o un'iscrizione. Una semplice ghirlanda di fiori basterà per indicare, che la colonna, sulla quale è riposta, è consacrata ad una piacevole rimembranza. In nessun'altr'opera si dev'evitare più la superfluità d'ornato, che ne' monumenti; essa nuoce alla tranquilla maestà, ed alla semplicità grave, che formano l'essenza de' loro caratteri. Più il monumento è semplice, meno distrae la vista, e più la sua impressione sarà sicura, e pronta. Bisogna che l'occhio possa tutto ad un tratto abbracciarlo intieramente, e che non vi sia nulla da cercare. Due iscrizioni offendono già la semplicità; ed una colonna sormontata da vaso, o da altro qualsiasi ornato, porge una complicazione, ed uno stile ignoto ne' bei tempi.
Tutte le fabbriche e i monumenti del giardino vogliono essere fatti sulla scala geometrica della casa, perchè s'ottenga una giusta proporzione rispettivamente tra essi, e la casa. Dovrà altresì regnare una giusta proporzione tra gli spazj di ciascheduna scena, e l'oggetto particolare, che vi primeggia; e tra questi spazj parziali ancora, e la totale estensione del giardino.
La prima precauzione da osservarsi impiegandoli si è quella di non renderli giammai parte capitale del quadro, ma di subordinarli sempre alle scene naturali; di non ammucchiarli indistintamente, e di non presentare giammai un'opera dell'arte, che attiri a se sola tutti gli accessorj. Ciascheduna fabbrica abbia la sua base di terreno in ragione dell'apparente suo piede di fabbricato, e questo terreno sia in gran parte scoperto, e sgombro, ed in dolce salita. S'avverta per ultimo, che l'oggetto primario di ciascheduna scena vuol essere collocato, per quanto si può, in alto, e deve piramidare con quanto lo circonda.
I nomi delle primarie ville Inglesi sono dedotti da quelli de' siti nel mondo stati illustrati per memorande imprese dagli antenati de' rispettivi proprietarj. Si veggono sparsi nel parco con dignità i monumenti di gloria nazionale, e quelli delle private famiglie; e riposte in quà, e là le urne, e i cippi degl'individui, che si son segnalati, o cui ha distinto qualche singolar avvenimento. In alcuni parchi la riunione di questi funebri oggetti compone un ragguardevole elisseo. Tale tributo reso al vero merito, onora quello, cui è dato, e chi lo discerne; ritiene viva ne' petti cittadini la memoria dei fasti, e de' progressi nazionali; e lascia impressa nella mente di chi ha visitato questi monumenti, consacrati ad uomini illustri, un'alta confidenza, ed opinione verso le fortunate famiglie, che li hanno prodotti.
Tav. XXIII. Colombario, ossia cinerario della famiglia degli Acii nel parco di Belgiojoso, con suo spaccato, e pianta.
ISCRIZIONI.
Le iscrizioni sono addizioni che si fanno agli edifizj, e ai monumenti per ispiegarne l'origine, o la destinazione. Servono adunque a togliere qualunque sorta d'incertezza sulla significazione di queste fabbriche, ed a soddisfare nel punto stesso la curiosità di chi vi si accosta.
Le proprietà essenziali delle iscrizioni sono d'essere concise, e chiare, d'un buono stile, convenevoli all'oggetto, e di sembrar nate senza stento dalla natura stessa, e dalla destinazione della cosa.
Un edifizio, o un monumento non soffre che una sola iscrizione. La fabbrica non è là in favore della iscrizione, ma l'iscrizione in favore della fabbrica.
Si possono altresì spargere in un giardino delle iscrizioni sopra siti di riposo, su panche, su porte, ec. Allora cessano d'essere rischiarimenti necessarj, e s'allontanano dalla primiera loro istituzione. In questi casi, non servendo più d'indizj, potranno essere più lunghe, e più circostanziate. Potranno riportarsi alle bellezze della scena, richiamare alla mente qualche util precetto, esprimere un sentimento coerente al carattere del luogo. Quando sono morali, devono esprimere un pensiero importante, o un sentimento vero, ed elevato; quando si riportano al carattere della scena, saranno energiche, e vibrate. Riescono quasi sempre importanti nei giardini, perchè danno luogo ad un seguito d'idee, e di sentimenti, a cui l'anima forse non vi si sarebbe così facilmente abbandonata senza tale incitamento.
La lettura dei classici nelle rispettive lingue metterà in istato facilmente il proprietario del giardino di scegliere ciò, che più conviene al suo caso, e farà contribuire gli autori più accreditati alle bellezze del luogo, disseminandone i precetti, le riflessioni con saviezza, e collocazione giudiziosa. I poeti patetici, georgici, didascalici, buccolici sono piucchè mai ridondanti di sentimenti analoghi alla coltivazione, al riposo, alla solitudine, all'amor delicato, alla campestre tranquillità.
Per ottenere un buon effetto dalle iscrizioni, convien usarne con sobrietà; troppo frequenti annojano, e manifestano una cert'aria di pedanterìa: altronde varj oggetti chiaramente espressi non ammettono iscrizioni.
Nelle iscrizioni vuol essere impiegata quella lingua, ch'è più facile a comprendersi, cioè la lingua del paese. È un peccato, che le iscrizioni in buona prosa italiana formino quasi tuttora un tentativo da farsi[21]. Non conviene far pompa di molte lingue, e di lingue morte; convien imprimere dei sentimenti, e dare nozioni chiare, e distinte.
Tav. XXIV. Pagoda Chinese, suo spaccato, e pianta, d'invenzione de la Gardette.
Spiegazione del piano generale
- A. Basamento composto di roccia
- B. Scala d'erba
- C. Terrazza in piano
- D. Quattro gran vasi
Spiegazione del piano particolare
- A. Porte d'ingresso
- B. Porte finte per spechi
- C. Colonnette dorate
- D. Scala di vivo
DELLE FABBRICHE NEI GIARDINI[22].
La comodità fu la cagion primiera delle piccole fabbriche, che si praticarono nei giardini. Si cercava un sito, ove porsi al coperto dalle pioggie, dal vento, dal freddo, e dal caldo; si voleva un grato ricovero, in cui godere in pace dei piaceri della società, e di quelli della solitudine.
Il gusto in appresso avendole considerate come mezzi di abbellimento, si cominciò a precisarne le forme, l'eleganza, il carattere, la situazione.
Avanti di farne la scelta convien usare la più diligente attenzione alla situazione, all'indole, ed alla disposizione del giardino, e soprattutto distribuirle con discernimento, e sobrietà.
Gli edifizj devono produrre il loro effetto nei giardini egualmente, che nei paesetti, e non comparirvi come semplici oggetti, ma come oggetti di una significazione determinata. Devono esser proprj, non solo ad indicare più chiaramente il carattere del cantone, cui appartengono, ma ancora a comunicargli una nuova energìa, che si diffonda sul totale. Devono rinvigorire l'amenità, l'allegrìa, la gravità, la malinconìa delle scene, delle quali fanno parte, e rendere ciascheduno di questi caratteri vieppiù sensibile. Un rottame rinforza l'aspetto solenne, un eremo il malinconico, un tempio il nobile, una capanna il campestre.
Sarà dunque essenziale che la fabbrica si accordi col carattere del luogo, in cui è riposta; ed anzi il carattere di ciascheduna scena determinerà la qualità dell'edifizio, che le conviene.
Inoltre la grandezza, e l'ornato esteriore dell'edifizio devono misurarsi sull'indole particolare del distretto. Soverchia estensione e ricchezza spegne soventi l'impressione, che produr deve la scena naturale; e se è troppo poca, non la fa spiccare abbastanza: poichè si avrà presente, che non bisogna considerare la fabbrica, e il sito, in cui risiede, come parti tra loro isolate, ed indipendenti, ma che devono formare un totale, sostenersi amichevolmente colle reciproche loro relazioni, ed accrescere le mutue loro impressioni con combinazione armoniosa.
DELLE CASE.
Non è del nostro instituto di parlare delle case di campagna, ma per farne un cenno, diremo in generale, ch'esse devono comporre un insieme ben ordinato, e saggiamente inteso, e non essere un confuso ammasso d'edificj mal congiunti, ove l'occhio sia distratto dalla moltitudine delle parti, ed offeso dal di loro disordine.
Presenteranno un totale d'apparenza nobile, e semplice, ed atto a produrre sull'occhio del conoscitore un'aggradevole impressione col suo ordine, colla sua simmetrìa, colla bellezza delle forme, e colla verità del carattere.
Le case saranno distinte in magnifiche, in nobili, e in eleganti. Convenendo a tutte una bella situazione; la distribuzione, e l'ornato sarà relativamente analogo a ciascheduna.
Convenientemente poste sopra una dolce eminenza, il luogo adjacente diventa parte inerente del terreno occupato dall'edificio, e la regolarità potrà stendervisi sopra. Perciò nell'immediata adjacenza il difetto di totale regolarità sarebbe strana cosa; essendo una fabbrica oggetto d'abbastanza grande importanza, onde si debba distendere l'influenza della simmetrìa fino sulle parti, che le appartengono, e le quali non sono ancora sotto l'impero dell'arte dei giardini. Gl'intervalli, che legano la casa col giardino, e coll'introduzione, debbono essere meno sensibili pel mezzo di gradazioni reciproche. Riesce più conforme alla serie delle nostre idee lo smarrirci poco a poco nell'aggradevole disordine, che ci offre la natura, a cui l'arte cede successivamente il suo posto, e i suoi diritti.
Il carattere della casa dovrà accordarsi con quello del paese, che la circonda.
La massa totale d'una fabbrica, particolarmente dalla parte del giardino, presenterà una figura unica, e non divisa, o complicata. Le forme più vantaggiose sono la rettangolare, e la circolare: una troppo estesa lunghezza distrugge l'aria di grandiosità dell'edificio.
Un sol quadrato basterà per una casa di campagna del genere elegante, e vago. Riguardo poi a quelle, che domandano maggiore spazio, e grandezza, si potranno aggiungere delle ali diverse al corpo principale, lasciando libera l'entrata, oppure chiudendola con cancelli. Si potranno ancora praticare con buon effetto all'ingresso de' corpi avanzati isolati. Alle case, riposte sulle alture, bastano due piani.
Gli ornati tanto interni, che esterni, e gli addobbi debbono respirare un'aria campestre, e richiamare la libertà, il piacere, e l'allegrìa, che regnano alla campagna, e ne' giardini.
ABBELLIMENTI DI PARTI ISOLATE DI CASA DI CAMPAGNA.
Qualunque casa di campagna, a proporzione della sua importanza, esige un ingresso, che l'annunzi favorevolmente, ed anche una specie di piazza, che ne abbracci tutta la facciata, chiamata dagli oltremontani avanti-corte. Essa è comoda a più usi, e particolarmente serve a far brillare la casa, e procurarle uno spazio intorno pieno di luce, e di vista.
Le corti in Inghilterra sono chiuse da cancelli, e il più delle volte aperte; la cinta generale, che rinchiude i giardini, gira anche intorno alla casa, ed alla sua introduzione, e rinchiude il tutto senza avvedersene.
È inutile richiamare, che una casa qualunque, perchè abbia buon effetto, non può essere situata altrimenti, che tra corte, e giardino.
L'avanti-corte delle case Inglesi ordinariamente è preceduta da viali pittorici non sempre dritti, con gruppi d'alberi dalle due parti, e con masse più o meno grandi di bosco sui fianchi. Ben di spesso essa ha nel mezzo un vasto recipiente d'acqua, per cui la strada piega dalle due parti verso la casa, fiancheggiata da gruppi d'alberi sempre più belli, la quale introduce alla corte, ch'è tutta ricoperta d'erba, alla riserva della doppia strada, comunemente circolare, per la quale si perviene alla grande scala, che mette al vestibolo del palazzo. Il verde tappeto della corte, solitamente di figura circolare, contiene nel mezzo arbusti, e fiori.
Agli angoli, ed ai fianchi della casa gl'inglesi appoggiano volontieri de' superbi gruppi d'alberi irregolarmente, che contrastano con vaghezza contro le masse bianche, o cenericcie della fabbrica.
Il basamento della casa, e specialmente verso il giardino è ricolmo di vasi di fiori, e così pure le finestre con parapetto a colonnette. Girando intorno un alto basamento, gli uffizj sono praticati in parte delle cantine.
L'intonaco prediletto degl'Inglesi nelle case di minor importanza si è quello, che finge mattoni, di un bel rosso con rigature bianche. In allora tutti gli sporti sono bianchi, ed in quà, e là si vedono de' bassi rilievi di figura incassati nel muro a proposito.
Le stalle, le abitazioni, e i ricoveri atti al servizio sono distaccati dal palazzo, e formano ali, o corpi isolati, per cui la corte comunica col giardino.
Per discendere al coperto le carrozze in alcuni palazzi salgono nel vestibolo, coronato da timpano, pel mezzo d'una circolar cordonata.
Presentiamo il prospetto del palazzo di Scoonenberg presso Brusselles, stato edificato dal duca Alberto di Sassonia Techen, che accenna parte di quanto si è detto.
Lo stile, che generalmente hanno abbracciato gli Inglesi, è quello del Palladio, e d'Inico Jones, suo celebre competitore. Nelle grandi fabbriche fanno uso della pietra di Portland, ch'è più bella ancora della pietra di Parigi, volgarmente detta da taglio. Diversi palazzi nelle ville Inglesi sono oggetti di tutta magnificenza.
Tav. XXV. Prospetto del palazzo di Scoonenbergh presso Brusselles, altrimenti chiamato la villa del Lake.
Era nostra intenzione di presentare i piani generali di alcune ville Inglesi più scelte, e con successivi rami, e le corrispondenti descrizioni proseguire a parte a parte l'esposizione, e l'ordine di tutte le scene, che le compongono, metodo che infallantemente conduceva meglio d'ogni altro ad ottenere l'intento dell'opera; ma la difficoltà grave di procurarci simili piani, e le singole parti che abbracciano, senza le quali le sole descrizioni languiscono, e riescono spesso d'un senso oscuro, ed equivoco; inoltre l'amore di offerire qualche saggio di cose patrie in questo genere; e per non moltiplicare pur anche all'eccesso l'incisione, pervenuta diggià in quest'opera ad una piucchè discreta dose di tavole; essendosi voluto ancora trattar l'argomento con una maggior estensione; tutto ciò ci ha limitati ad attenerci ai pochi prospetti generali di ville inglesi, che abbiamo sparsi nell'opera, presi di fianco all'abitazione principale. Queste ville non sono delle più grandiose, ma sono belle, e presentando la scena del palazzo, ch'è la prima, la più importante, e la più difficile a ricavarsi, dinotano abbastanza la situazione generale, ed i diversi partiti, a cui questa dà luogo. Ciò potrà in qualche modo supplire al resto, variabile all'infinito, ed ineguale, come lo sono i locali diversi, le immaginazioni, e i differenti stati di finanze de' proprietarj.
Secondo il vecchio stile francese, egualmente che secondo il moderno inglese, le delizie d'una villa debbono esser divise in tre parti principali, e distinte; nell'introduzione cioè al palazzo, in quella detta propriamente giardino, e nel bosco, ossia in quella chiamata parco.
Il giardino, che rinchiude la scena del palazzo, e che l'accosta da ogni parte, dovrà comporsi d'una natura più gentile, e più scelta, ed egualmente le scene, nelle quali sarà suddiviso. Similmente sarà più artefatta la parte dell'introduzione al palazzo, come altresì più studiato, ed ingentilito il principio del parco, che lega col giardino.
Quest'ultima parte, il parco, a misura che si estenderà, e si allontanerà di più dall'abitazione principale, diverrà vieppiù negletto, e si amalgamerà viemmeglio colla natura del paese, che lo circonda.
L'interne scene del parco possono essere indicibili, e può abbracciare il parco nel suo seno possessioni intere a varie colture, con villaggi, e casali, con porzioni di monti, di valli, e di fiumi; oppure semplicemente servirsi di questi oggetti, come d'altrettanti punti di prospettiva.
L'esistenza d'un casale nello stesso parco, o nelle sue vicinanze, saggiamente divisato, e fornito di tutti gli amenicoli, che risguardano il bestiame, e la manifattura delle sue produzioni; che contiene il ricinto degli animali domestici, e quello delle pecore; il sito proprio per le api, e quello per ogni sorta di pollame; con i diversi magazzini de' generi, e l'abitazione dell'intendente, e de' contadini tramezzo al verde, e all'acque correnti, riuscirà sempre oggetto di somma importanza, e d'una piacevole, e varia occupazione.
Un recinto particolarmente destinato alle bestie salvatiche può formare una porzione considerabile, e interessante d'un esteso parco, e col suo aspetto agreste ed oscuro, e colla forte combinazione de' suoi alberi servire di contrapposto al restante dei quadri, e rinforzare il senso di serenità sparso nelle scene, ove questa predomina.
Un parco di bestie salvaggie esige primieramente la disposizione essenziale alla sua destinazione; vale a dire, la chiusura del suo confine, de' sicuri ricoveri, il nutrimento, e l'acqua necessaria al salvatico. Sarà dunque composto da una folta foresta, che rinchiuda ciò non pertanto un suolo abbondante d'erba, che leggiadramente si dispieghi negli spazj vacui. Questi liberi spazj permettono la circolazione dell'aria attraverso i boschi, vengono visitati dal sole, e dai salvatici, che vi si radunano piacevolmente alla portata dell'occhio; ma altresì sono essenziali al ben essere degli abitanti de' siti folti quà, e là dispersi, e composti di virgulti, e di sterpi.
Le piante, che convengono maggiormente a simili piantagioni, sono le quercie, i castagni comuni, e quelli d'India; le ginestre, i viburni, l'olivetta, il crespino, e gli spini vi convengono più fra gli arbusti.
I ruscelli d'acqua viva sono preferibili agli stagni; ma nel ricinto de' cervi vi si troverà un laghetto. Un picciol lago, che si veda sorgere d'improvviso tramezzo una foresta, riesce oggetto, che fa sorpresa, e piacere; soprattutto allorchè è disposto naturalmente, e reso ombroso in parte da qualche pezzo di adjacente foresta, o da qualche folto massiccio, collocato sulle sue rive; oppure che un casino di caccia vagamente si specchi nelle sue acque.
Tav. XXVI. Casino di caccia, d'invenzione di J. Canter.
Il rigore della fredda stagione addomanda delle cure pel nutrimento del salvatico, e per la costruzione degli stabili ricoveri atti a custodirlo, che vogliono essere congegnati quanto mai semplici, e selvaggi, e collocati dimodochè accreschino l'aspetto pittorico del sito.
Un ricinto d'animali salvaggi, il cui terreno sia ineguale, e disseminato d'alture, e di fondi, è preferibile ad una monotona pianura. I muri della cinta saranno diligentemente nascosti; tutta la piantagione si accorderà col carattere naturale alle foreste, e mostrerà un'aria di abbandono, e di piacevole disordine.
Fra le macchie, i boschetti, e i cespugli serpeggieranno talora de' sentieri, e talora de' cammini atti all'uso de' cavalli, e de' cocchj.
Per rapporto agli edificj, ve n'han luogo diversi. Qualunque sorta di ruine, un tempio a Diana sull'alto, una grotta al basso consacrata ad Endimione, una negletta capanna di scorza d'alberi in riva allo stagno, riescono oggetti oltremodo corrispondenti alla natura agreste, e solitaria, che forma il carattere proprio di cotesta maniera di parchi.
Pompose foreste, e maestose masse d'alberi gruppeggiati; larghe aperture, ed ampj spazj vuoti, rallegrati dal verde smalto, e da sovra imposte fabbriche; laghi estesi, e limpidi a vaghe rive, coronate di vario verde; rapidi fiumi; considerabili cascate; lontananze, che presentino ricchi paesaggi; tempj di nobile stile, collocati sull'eminenze; importanti monumenti, distribuiti con sapere, e grandiosità, rispondono all'effetto, che si attende dai parchi reali, e del prim'ordine. I parchi del second'ordine abbraccieranno parte degli stessi oggetti in un grado meno eminente; e così discendendo in proporzione degli stati diversi de' proprietarj, e degli spazj, che gli son destinati, i giardini non saran composti che della parte propriamente detta giardino; e talvolta perfino circondato il campestre casino da semplici spazj liberi, messi a diverse colture, ma saggiamente disposti, e combinati con esso; non cercandovisi che l'utile, ne risulterà tuttavìa un complesso di effetti sommamente interessanti, ed aggradevoli.
DEI VILLAGGI.
L'arte di abbellire il paese si diffonde pur anche sui villaggi, e sui casali, considerati come parti inerenti talvolta della villa inglese, o come parti contigue, e mediate, o semplicemente come formanti punto di vista; e siccome nelle grandiose ville dei signori al di là de' monti, anche i villaggi, e le terre appartenenti erano sacrificate un tempo all'ostentazione, e alla simmetrìa, giusta i capricci della predominante moda; così nelle moderne, conforme lo stile inglese, sono subordinate alle leggi del bello, e del conveniente.
Non v'ha aspetto più aggradevole, e che più ristori l'animo di quello d'un villaggio, ove regni il comodo, e la serenità, e che attesti il buon essere de' suoi abitanti; e tali lo sono in Inghilterra, in Olanda, ed anche in parte della Svizzera, dove altresì si presentano sotto forme veramente pittoriche, ma generalmente non succede lo stesso tra noi, i nostri villaggi parodiando perpetuamente la città, privi d'acque correnti, e di verde.
In luogo d'una lunga fila di case, che significa nulla, riuscirà cosa più comoda, più utile, e dilettevole il distenderle isolatamente, riempiendosi gl'intervalli tra l'una casa, e l'altra di gruppi d'alberi, o di siepi fiorite, che difendino i rispettivi orticelli.
L'ammucchiamento delle case rustiche aumenta i pericoli in caso d'incendio, o di malattìe contagiose; apporta maggior distrazione, ed ozio nelle famiglie, e strascina minor pulitezza, soprattutto dove si trova bestiame.
L'architettura delle case deve regolarsi sopra gli usi, e i bisogni del contadino. Dappertutto una libera ventilazione, un'abbondanza di luce, e la maggior solidità. Anche quì tutto vuol essere ragionato, e ben concepito.
Un'acqua sana, e pura è oggetto di prima necessità, e devesi rivolgere ogni cura a procurarla tale, e singolarmente a tirar partito delle naturali sorgenti, ove il sito le dona.
Un villaggio ancora può essere ornato da recipienti diversi d'acqua, onde servire all'abbeveramento del bestiame, e per la lavatura de' carri, e della biancherìa.
Le piazze de' villaggi non devono assomigliare a quelle delle città, e il loro principal ornamento debbono esserne gli alberi. Quegli che preservato avesse il villaggio da un grande incendio, o salvata la vita al suo vicino; quegli che avesse fatta a sue spese un'utile fondazione, o a cui qualche ramo di rustica economìa dovesse una nuova scoperta, ed una riconosciuta utilità generale, troverebbe quì un posto adattato all'erezione d'un umile monumento in suo onore.
La chiesa ancora, allorchè è situata sopra una leggier eminenza, e convenientemente decorata, può fornire un punto di prospettiva oltremodo interessante.
I siti più belli per la costruzione de' villaggi, e casolari sono sulle colline mediocri, e sopra dolci declività riposte fra eminenze, che si succedono alternando; alla riva sicura d'un fiume, o d'un limpido lago, che presenta alle sovra imposte fabbriche l'amabile suo specchio, e che le vicine piantagioni coronano d'una degradata verdura.
Tav. XXVII. Tempietto a pergolato.
DEI VERZIERI.
Gli orti per gli erbaggi, e i frutteti contigui alla abitazione, vogliono essere posti, come si è detto, sui lati, in siti appartati, dove vi siano le serre per le piante esotiche, e i serbatoj per i vasi di cedro; ed egualmente i lettorini, e le campane di vetro per la verdura, e per le frutte d'inverno. Quì regna soltanto l'utile, e la distribuzione di consimili giardini riesce talmente metodica, e il loro aspetto talmente uniforme, che qualunque sorta di bello ne pare escluso.
Tuttavìa si possono combinare gli orti in modo che campeggino con vezzo, e con effetto, senza punto privarli della loro utilità.
Non è necessario in primo luogo, che le ajuole siano distribuite simmetricamente; e per riguardo alle altre parti dell'orto si prestano senza ripugnanza ad una varietà di forme, che loro comparte un aspetto men artificioso, e duro.
Sono particolarmente da proscriversi i murelli, ordinaria chiusura degli orti, che spargono sopra d'essi un'aria dispiacevole, rinchiudendoli dentro uno spazio isolato, e rompendo in conseguenza il naturale loro legame cogli oggetti, e le viste all'intorno; ed è precisamente questa concatenazione di scene campestri, che per l'incanto de' suoi effetti, ora contrastando, ora rinforzandosi, ed accrescendosi di valore armoniosamente, ora compensandosi, e reciprocamente correggendosi, agisce con tanto potere sull'animo dell'osservatore sensibile. La connessione d'una scena aggradevole, oppure dispiacevole cogli oggetti vicini, decide principalmente del suo vantaggio, o disavvantaggio, egualmente che un immagine, un pensiero ne rende chiaro, od oscuro un altro. E perchè non lasciamo noi sussistere pel nostro piacere questo legame dell'orto colle altre utili piantagioni, e colle attrattive de' campi? Perchè continuamente questo nojoso quadrato, nel quale si crede di doverlo sempre rinchiudere? E perchè non si pone maggior attenzione alla qualità del terreno, ed al sito, che alla sua regolarità? Perchè questi muri rialzati, cotanto dispendiosi a fabbricarsi, e a mantenersi, e d'un aspetto tanto ingrato? Il picciol numero di piante a frutta, che si coltivano in ispalliera al lungo di questi muri, potranno forse compensarne le spese? Un fosso secco, o una doppia siepe non proteggono abbastanza l'orto? E qualche altura, oppure un bosco a disegno piantato a tramontana non potranno ricoverar le parti esposte ai venti nocivi?
I ripari intorno di muro, oggetto tristo, che richiamano alla mente la presenza de' ladri ne' siti consacrati al piacere, e che tolgono gli effetti del bello, e del grande, isolando aspramente un picciolo spazio dal resto del circondario, riescono altronde facilissimi a scavalcarsi, tanto più dove da una parte vi si appoggiano spalliere. Questi muri vogliono essere allontanati, e nascosti; e piuttosto si rivolgerà il pensiero a trovarne una più economa costruzione, che compensi la di loro maggior estensione. Si potranno fare a pilastri, impiegandovi sassi, o in altro modo. In Inghilterra cingono così una parte della possessione, nella quale si trova compresa la delizia del signore, ossia la villa.
Medianti questi cambiamenti, gli orti, ordinario teatro d'una diligente coltura, e di assiduo travaglio, si spoglierebbero della dispiacevole loro monotonìa, e di quanto in essi dispiace all'occhio, e l'offende; si congiungerebbero bene colle piantagioni d'intorno, e presterebbero nuove attrattive. Provansi queste grate impressioni negli orti d'Olanda, ed in alcuni della Germania, ed anche rare volte tra noi, dove i legumi son coltivati in rasa campagna.
Alla regolarità, all'ordine, alle debite precauzioni, che devono regnare in un orto, onde comodamente potersi accostare a ciascheduna pianta, osservarla, e curarla; alla proprietà, che vi si esige, si può accoppiare una tal qual sorta di bello, che faccia sì, che l'osservatore si arresti con piacere, tenuto lontano, o in disparte quanto vi può essere di disgustoso.
Arbusti fruttiferi ora contorneranno il sentiero, ora nasconderanno un angolo acuto, ora romperanno una linea troppo lunga, ed or comporranno un ben ordinato gruppo. Le ortaglie combinate colle piante di frutta, e colle serre forniscono abbondante messe alla ricreazione dell'animo, e a quella degli occhj.
Le opere a pergolato, quantunque non siano adottate dal gusto inglese, tuttavìa, attesa la loro somma leggierezza, possono convenire agli ortaggi; e la precedente vignetta ne presenta un disegno.
Tav. XXVIII. Prospetto della citroniera, e di parte del castello di Belgiojoso.
DELLE CITRONIERE.
Le citroniere sono quasi sconosciute nei giardini d'Inghilterra, e le poche che vi si trovano, rassomigliano a piccioli ospitali, ove languono prive di fiori, e di frutti, queste specie di piante, onor primiero del giardino. Ma nel loro paese nativo, ed anche tra noi, ove prosperano, mediante poca cura, che loro si accordi, la coltura di queste piante non è da trascurarsi, e possono infinitamente contribuire all'abbellimento delle parti architettoniche del giardino, ed anche delle naturali. In conseguenza la citroniera dev'esser parte inerente alla casa, oppure contigua; come la è nel primo caso quella assai vaga del Clerici in Balsamo, e nel secondo la magnifica nella superba villa di Belgiojoso, della quale la precedente vignetta ne offre il prospetto.
Tali citroniere possono essere abbellite internamente in più maniere, con pergolati, con getti d'acqua, con statue, e vasi, e rallegrate da uccelli peregrini, che vi svolazzino in libertà.
Le piante degli agrumi possono esser riposte entro vasi, e produrranno ancora effetto migliore se in cassette sepolte in terra.
Qualora l'aranciera non sia inerente, nè contigua all'abitazion principale, formerà una scena distinta nel giardino d'inverno, o nel verziere.
Le citroniere poi in ispalliera colle piante stabilmente in terra, ponno essere magnifiche per se stesse, e fornire un grato passeggio durante l'inverno, ed imbalsamar l'aria nella bella stagione; ma riuscirà cosa difficile il tirare un buon partito da queste, volendosi un giardino pittorico. Lasciando da parte la grave spesa, che continuamente esigono, disdicono all'occhio in più maniere, ed è particolarmente alla ricerca, ed alla ricreazione dell'occhio, che tutto vuol essere diretto ne' giardini all'Inglese. Se in luogo di spalliere rettilinee mai più finite, si rivolgesse il pensiero a formare piccioli quadrati, forse con non maggior dispendio si perverrebbe ad ottenere boschetti naturali d'agrumi d'un effetto voluttuoso, ed incomparabile.
I vecchj giardini inglesi, e forse i più belli tra gli attuali, ne' quali non rimane più vestigio di regolarità, erano regolari un tempo, ed assoggettati ai principj del predominante in allora stile francese. Forniti però d'abbondanti acque bellissime, e di una prodigiosa copia d'alberi superbi, contenendo nel loro seno una mirabile varietà di piani, che l'arte non aveva saputo abbastanza vincere, nè sfigurare, e circondati dal paese il più vago, e ridente; all'appoggio di così preziosi materiali il genio Britannico applicandovi i principj della pittura, e del bello, mediante qualche sacrificio, e qualche leggiera addizione, è pervenuto a saperne approfittar tanto, ed ottenere i giardini che formano da gran tempo l'universal ammirazione.
Abbattute le cinte di muro, e le arcate verdi, si sono estesi, e nascosti i confini; non hanno più esistito i gran viali, e tutte le emanazioni della linea retta sono scomparse; le masse d'acqua, e dei boschi sono state contornate naturalmente, e praticate grandi aperture, che presentassero sfondi, e perspettive, correlative alle distanze, ed al significato del davanti: le fitte masse de' boschi disseminate di spazj vuoti variamente configurati, ed adorni, e percorse da fiumi, e da gorgoglianti ruscelli.
Le stesse case in tai siti soggiacquero a considerabili variazioni; s'interrì il primo piano, che si convertì in cantine atte al servizio, e sostituendo ad esso nuovi piani, si portò in alto la casa, e si ripose sopra un'artificiale collinetta.
Allorchè ebbero principio in Inghilterra i giardini del nuovo gusto, si videro sorgere quadri di paesaggio d'uno stile vario, e ragionato, che spiegarono un complesso di bellezze ricavate dall'arte, e dalla natura. Tutto lo studio consiste nel saper scegliere le parti, che possono entrare nella composizione di siffatti giardini, e di saperle legare in modo, come abbiamo detto tante volte, perchè formino un determinato totale, e quest'arte dipende molto da quella, che c'insegna a levare dal quadro tutto ciò, che non gli conviene, a riunire gl'interni disegni colle scene esteriori, a ben disporre i limiti, ed approfittare delle lontananze[23].
La configurazione, le mosse, e gli effetti del terreno vogliono essere diligentemente studiati, come ognun sa, alla montagna, o nelle adjacenze de' fiumi, nei siti, in cui le acque hanno stazionato altre volte, e il cui terreno hanno percorso, e travagliato. Perfettamente edotti, e penetrati delle bellezze di questi effetti, si tratta di saperne trarre il buon partito, ove queste circostanze si presentano, soprattutto accompagnate da quella della sicurezza, e dell'inviolabilità del sito; oppure di saperle saggiamente trasportare in una sede sicura, che vi aggiunga le proprie qualità; e col mezzo della formazione de' fiumi, de' laghi, dell'alto e del basso, ottenere una egual varietà, e bellezza di quadri. Le ville inglesi sono di questi due generi.
Lo sguardo generale presentandosi in giardino deve scorrere fra massicci diversi di verdura, fra boschi, e fra alberi isolati, fra spazj erbosi, e fra strati di fiori; dal chiaro passando all'ombroso, e dall'ombroso al chiaro; dai siti scoperti ai siti rinchiusi, dal ridente al tristo, e da una degradazione d'un verde all'altro.
Gli aspetti interni saranno numerosi, e variati; a ciaschedun passo, a ciascheduna fermata, ad ogni voltata si scorgerà un nuovo quadro.
I gruppi d'alberi siano differenti per le lor forme, per le loro grandezze, per la loro composizione, e per le loro distanze.
Tav. XXIX. Casa rustica nella villa Silva a Cinisello.
RIPRESA, ED OSSERVAZIONI SU VARJ ARTICOLI, PARTICOLARMENTE RELATIVI ALLA PIANTAGIONE.
La distribuzione delle piante, degli arbusti, e dell'erbe domanda una grande conoscenza dei vegetabili, molta osservazione, molta cura, e molte prove. In fatto di piantagione, da disporsi pittorescamente, è a guardarsi da un botanico, perchè uno precisamente botanico va del pari d'un altro precisamente architetto. A tal uopo richiedesi una sufficiente cognizione botanica, corroborata però da un occhio, che le leggi della prospettiva hanno reso intelligente, e le bellezze della natura delicato.
La composizion pittoresca de' differenti colori atta a produrre un quadro, che possa piacere, esige la conoscenza delle diverse tinte, e delle affinità dei colori. Il bianco fa lega con tutt'i colori; il color giallo s'accorda meglio col bianco, che col rosso, o col turchino; il color rosso s'unisce meglio col giallo, che col celeste; i colori intermedj faciliteranno le mischie[24]. Gli schizzi dolci, ed un amabile impasto sembrano preferibili in tal genere di pittura.
L'arte, o la maniera di ordinare una piantagione è dipendente dalla qualità dei siti. Una landa è disseminata senz'alcun ordine; una scena malinconica debb'essere folta, e come ammucchiata, e lasciare pochi interstizj alla luce; un cantone allegro domanda molta vista dell'orizzonte; e un cantone romanzesco consiste nei contrasti singolari tra le forme degli alberi, e tra i colori delle lor foglie.
I boschetti ridenti figurano meglio sulle colline dolcemente gonfie, e rivestite d'un verde animato, che alla pianura. Il modo, col quale le cime si alzano le une sopra le altre, oppure le une dietro alle altre; le forme ineguali delle loro elevazioni; le varie cadute de' loro pendìi; la maniera, in cui talune sembrano ritirarsi, frattanto che tal altre s'avanzano con risalto; tutte queste varietà di volume, di sito, e d'aspetto formano la bellezza del quadro. Egualmente bisogna comporre le piantagioni seguendo un tal carattere, e talvolta diradare i gruppi, e tal altra inspessirli; ora spargerli lontani, e distaccati, ed ora rinserrarli in masse solide, e fitte; quì collocare un bell'albero isolato, e là gettar i cespugli, o ben anche una successione interrotta di piante della stessa specie, che si va perdendo insino che un'altra specie diversa a poco a poco vi predomini, per lasciar poi lo spazio successivo ad un altra.
Bisogna che l'aperto succeda al chiuso, il chiaro all'oscuro, il vuoto al pieno, il piano al rilevato, l'elegante all'agreste.
Componendosi boschi o boschetti, o raccomodandosi naturali foreste, una delle principali avvertenze sarà di risparmiare i punti di vista. Convien che lo sguardo sia, per così dire, incatenato ai soli oggetti, che lo interessano; e che gli altri oggetti, che non apporterebbero che distrazione, sieno nascosti, o velati infino a tanto che l'immaginazione, e il sentimento siano compiutamente soddisfatti da ciò che li aveva singolarmente invitati. Con colline, con curve sporgenti di piantagione si nasconde quanto si vuole.
L'artista giardiniere sarà guidato dalle leggi del bello, e da quelle della prospettiva, disponendo i suoi punti di veduta: esaminerà quando dovrà raccorciarli, o stenderli, e quando li dovrà nascondere per far gioire della solitudine, e per procurare riposo all'occhio; limitarli per far provare tutto l'effetto della scena, ed aprirli per far gustare i piaceri dell'estensione, e dell'aperto. Col soccorso dei punti di veduta ci appropriamo in qualche modo di tutto il paese intorno, aumentiamo i piaceri d'un piccolo spazio, e ci procacciamo un nuovo possesso, che ci rallegra, senza esserci a carico e senza toglier nulla al suo vero proprietario. Ma quanto ciaschedun punto di vista è differente ne' suoi effetti! Va egli a cadere sopra un lago? Cagiona un sentimento di gioja, e di serenità. Si avanza fra una valle? Desta sentimenti di pace campestre, e di riposo. Va errando per vaste campagne, e ben coltivate? Produce uno squisito senso di contentezza. Un'altura, che si elevi nel vicinato, accorcia la veduta, e risveglia l'idea del ritiro; una serie di montagne fa nascere un sentimento di grandezza, e d'elevazione: i vecchi castelli, e le rovine richiamano la malinconica memoria de' tempi andati: le tristi foreste eccitano la gravità, e le riflessioni serie: i boschetti percorsi da acque correnti risvegliano l'allegrìa: una catena di monti, che s'ammucchiano gli uni sugli altri sopra un fondo celeste, e che svaniscono coll'orizzonte, rapiscono l'immaginazione colla rappresentazione sublime dell'immensità. Conviene non solamente saper scegliere tutti questi aspetti sotto i loro punti di vista più favorevoli, ma saper fare ancora dei loro differenti effetti un uso convenevole al carattere del quadro; non prendere nè più, nè meno che la composizione di questo esige, e farli succedere di maniera che i sentimenti, che risvegliano, si leghino, e si rinforzino reciprocamente, si fondino in un seguito d'emozioni piacevoli, e colpiscano pel contrasto dei loro subitanei passaggi. Perchè non manchino d'effetto queste vedute del paese, devono accordarsi colle sensazioni, che fan nascere le scene interne del giardino. Gli aspetti rinchiusi nei limiti della piantagione del giardino sono altresì suscettibili di varietà. La diversità degli alberi, e degli arbusti; le grandezze diverse, e la posizione dei gruppi; la direzione dell'occhio tantosto verso un albero sommamente bello, o raro, tantosto verso tal altro oggetto di rimarco; la variata successione degli ornati, dei siti di riposo, delle fabbriche, degli spazj erbosi, e dei sentieri; la freschezza, che spandono i ruscelletti, che co' loro ponti leggieri animano tanto il paesino, sono altrettante risorse della varietà.
I boschi attraversati da passeggi sinuosi non ponno esser altro che masse più o meno grandi di gruppi di piante. Quelle che copriranno i murelli del confine, saranno abbastanza fitte, e larghe per nasconderli interamente. La distribuzione piramidale delle piante è quella che d'ordinario conviene maggiormente in tal caso, vale a dire, gli arbusti in avanti, poi le piante, e per ultimo gli alberi accosto al muro. Qualche albero de' più rari sarà posto solo, o gruppato con altri nei gomiti della piantagione con cespi fioriti ai piedi; e nelle stesse posizioni irregolarmente a vicenda qualche arbusto distinto pel suo fusto, pel suo fogliame, o pe' suoi fiori. È in grazia di queste piante sporgenti, che il sentiero piega, e vuol essere giustificata la prevalsa loro resistenza: il tutto sarà fatto senz'alcuna affettazione. Dove la massa presenta due fronti, onde ottenere la disposizione piramidale, gli alberi saranno collocati al lungo nel mezzo.
La disposizione piramidale conviene in qualche situazione, e per qualche tratto, ma la più naturale, e di maggior buon effetto riesce immancabilmente quella di formar varj gruppi di diverso numero di piante; ora della stessa specie, ed ora di specie analoga, e qualche volta affatto opposta, per ottenere contrasto tra le foglie, e tra le cime, situate agli sporti della piantagione, e nell'indentro delle sue curve, ed in quà, e là gettate nel folto del bosco, in modo che rappresentino successive piramidi diverse agli occhi di chi passa. La ben calcolata disposizione, e l'economìa delle piante otterran meglio l'intento, che la profusione. Fra i diversi gruppi di piante saranno collocati gli arbusti, egualmente gruppeggiati; avvertendo d'introdurre nel mezzo dei folti massicci, ove questi avran luogo, frequenti spazj vacui, essenziali non solo alla riuscita delle piante, e de' cespugli, ma essenziali ancora al magico effetto del chiaroscuro.
Dove il sentiero sarà sabbiato, di quando in quando varie striscie di sabbia penetreranno, perdendosi nella piantagion laterale, riposta su d'un fondo erboso, e dove i sentieri saranno erbosi, penetrerà l'erba nel fondo sabbioso della piantagione, affine di rompere la disgustosa monotonìa, e la poco naturalezza delle verdi orlature. Di tratto in tratto nei grandi sentieri usciranno fuori con vaghezza gruppi d'alberi, e d'arbusti.
I fiori vogliono essere sparsi in quà, e in là, specialmente nei gomiti delle piantagioni. È a calcolarsi la continua successione di questi, ed il buon effetto delle varie loro tinte.
Le masse saranno proporzionate alla vastità del totale, e delle singole parti. Le larghe ammettono più facilmente i necessarj spazj liberi, senza de' quali i cespugli non le renderebbero impraticabili nè allo sguardo, nè al piede. Da taluni di questi spazj vuoti si potrà trarre diverso partito pel mezzo degli stretti sentieri sinuosi, e nascosti, che v'introducono. In consimili piantagioni si avverta di frammescolare le piante, che attirano il loro nutrimento dal fondo della terra, con quelle che lo attirano dalla superficie.
Si comporranno masse rischiarate con alberi isolati, o a gruppo, della stessa famiglia; e se ne formeranno così anche di piante, e d'arbusti di specie diversa.
Allorchè i sentieri serpeggiano fra colline, si può produrre un nuovo buon effetto, prolungando sul pendìo le piantagioni, e facendole variamente percorrere le diverse sommità, lasciandone sgombri alcuni spazj, per i quali godere delle circostanti vedute.
Nel sito, ove un ruscello, oppure un fiume forma un gomito piacevole, per vieppiù marcarlo, sarà ben fatto piantarvi un albero maestoso, o un gruppo d'alberi superbi.
Sulla fronte del boschetto, e della foresta collocate alberi di bella venuta, e di abbondante fogliame, che facciano contrasto con quelli del di dentro. Nel prato disseminate alberi gruppeggiati a grandiosa cima, che si pieghino, che s'incrocicchino tra loro a giuste distanze. Formano prospettiva, apportano l'effetto del chiaroscuro, aprono, e nascondono gli spazj, e gli oggetti a piacere, ed arricchiscono il quadro.
Le piantagioni sui fianchi dell'abitazione non consisteranno che in gruppi leggieri, ed avvenenti.
Le masse d'alberi folte, ed oscure compongono il miglior fondo, che si può dare alle praterìe. L'occhio si compiace a riposarvici sopra, dopo d'avere errato fra gruppi d'alberi grandiosi, e di fioriti arbusti. Il totale della piantagione ora anderà salendo, ed ora successivamente mancando, in modo che ingrandisca lo spazio, ed apra un esteso orizzonte. Essa deve contrapporre cogli spazj erbosi. A fondi oscuri fate succedere boschetti ridenti. Che la varietà, e il contrasto regnino mai sempre nella grandezza, nelle forme, nelle distanze, e nelle foglie de' gruppi. L'allegro fogliame conviene sul davanti d'un'oscura foresta; il bruno sull'erba ridente; ne' fondi il verde cupo del tasso, e della tuja.
In generale non bisogna sopraccaricare di piante gli spazj erbosi; devono presentare vaste superficie verdi, nelle quali le piantagioni non sono che abbellimenti, e qualche volta una necessità prescritta dalla disposizione dei punti di veduta.
Alcune volte conviene di lasciare sgombre le naturali convessità del terreno. Si legano allora l'una coll'altra d'una maniera più dolce. Una leggiera eminenza potrà ornarsi con fiori, con arbusti, o con piante nane; un albero non vi converrebbe, poichè l'elevazione poco considerabile del terreno contrasterebbe troppo colla sua altezza; a meno che questi piccoli rialzi non finghino l'effetto della terra, che naturalmente vien sollevata dalle radici dell'albero sovrapposto. Agli angoli delle curve rientranti collocate piccole piante, e collocatene delle grandi agli angoli delle curve sporgenti.
Gli alberi destinati a presentarsi isolatamente devono essere distinti per il lor tronco, per la loro corona, o attrarre l'occhio, che vi si fissa, per qualche altra eminente qualità. La loro bellezza si distingue meno in una foresta, o in un bosco fra gli altri alberi, che allorchè si presentano soli, o in piccoli gruppi, e più liberamente allo sguardo. Il castagno d'India, per quanto comune sia, riesce sempre pregievole per questa parte, considerata la sua bella cima tonda, il suo fogliame che presenta belle macchie, ed i suoi grandi mazzi di fiori. Il tiglio d'America, e d'Europa, il pioppo d'Italia, e della Carolina, l'albero tulipifero, gli aceri, e soprattutto quello che si chiama ACER OPALUS Mill., la cui ampia corona ricca di superbe foglie accresce il valor del tronco; e nelle scene autunnali il sorbo aucupario, ed anche il lazzeruolo sono da preferirsi a giusta ragione[25]. Il pino, il larice, quello detto STROBUS, ed in generale tutte le piante sempre verdi vengono collocate nella guisa più avvantaggiosa, allorchè sono poste isolatamente: prestano un grande abbellimento ai vasti tratti di terreno erboso, ove arrestano piacevolmente lo sguardo.
Componendosi gruppi, bisogna soprattutto essere attenti ad unire gli alberi, che si convengono tra loro. Quelli a foglia si convengono più co' loro simili, e così gli alberi coniferi con piante analoghe, le quali propriamente non hanno foglie, ma una specie di linguette. Tuttavìa gli alberi riescono bene se sono in opposizione colle loro foglie, p. e., il salice di Babilonia, la betola bianca, e il larice si associano felicemente; l'albero tulipifero, gli aceri, il platano, la quercia si accordano per la forma delle loro foglie; il tiglio, il pioppo nero, e gli aceri mettono cime egualmente diritte. Ove si vorrà introdur contrasto, il pioppo bianco si unirà col faggio purpureo, ed anche meglio questo secondo col rubione. L'arte del gruppeggiare le piante devesi imparare dalla stessa natura, ove questa è intatta, o almeno più conservata che tra noi.
Il luogo suggerisce sul fatto un'infinità di partiti, che sarebbe cosa stucchevole, ed imperfetta il precisarli; come altresì molto in fatto di piantagione è da lasciarsi alla natura, che vi mette poi l'ultima, e più valente sua mano.
Le piante giovani col tempo prosperano meglio, le vecchie sono più presto godibili, ma il di loro traspiantamento esige gran diligenza, e domandano anch'esse qualche anno per rimettersi, e talune periscono. Sarà bene mescolarne dell'una, e dell'altra sorta. Le varie maniere di riunire gli alberi in gruppi possono essere incognite a qualche dilettante, per cui non gli spiacerà di trovare quì un leggier saggio a questo riguardo.
Tav. XXX. Modello di piantagione per gruppeggiare le piante.
CONCEZIONE DI UN GIARDINO.
Allorchè l'artista giardiniere sarà incaricato dell'esecuzione, e della piantagione d'un giardino, comincierà dallo studiare la natura del terreno, che dovrà abbellire. Osserverà a vicenda i contorni del sito, ed il paesaggio, che lo circonda, e che può fornirgli bei punti di vista. Esaminerà le acque correnti, e le stagnanti, le roccie, le colline, i rincalzamenti, i boschi da taglio, e quelli d'alberi da cima; considererà quali piante prosperino meglio nel terreno, sul quale dovrà travagliare; lo percorrerà spesso per tutt'i sensi, e a tutte le ore del giorno, affine di bene impossessarsi della natura del sito, e di marcare le naturali separazioni, che presenta, e per approfittare degli effetti del mattino, del mezzodì, e della sera.
Dietro queste meditazioni calcola, ed abbozza il suo piano generale; si forma nella sua testa la distribuzione delle grandi masse, e la prospettiva gli indica il posto, che occupar devono per non nuocersi mutuamente, sia nascondendosi le une dietro le altre, sia non gruppeggiandosi convenevolmente tra loro, onde formare quelle vedute pittoriche, che difficil cosa riesce d'incontrarne delle somiglianti in natura.
Abbastanza versato in botanica, conosce l'indole degli alberi, delle piante, e degli arbusti; sa quale qualità di terra, e quale quantità d'acqua addomandino. Instrutto del naturale loro crescimento, delle forme, e colorito delle loro foglie, e de' loro fiori, e frutti, sa se prosperino più al sole, o all'ombra. Fatte queste conoscenze, stabilisce le sue grandi masse; e dopo d'avere disposto il terreno, riflette alla distribuzione delle parti, e fa le sue piantagioni in modo che le differenti specie di piante, in ragione delle loro forme, e colori, produchino l'effetto, che brama.
Volendo ornare il suo giardino d'opere d'architettura, e non conoscendo abbastanza quest'arte, si rivolge ad un architetto intelligente, e di gusto: spiega a lui il suo piano, lo conduce sul sito, e cerca d'immedesimarlo nelle proprie idee, perchè la fabbrica, di qualunque carattere ella sia, abbia una reciproca convenienza, e proporzione; con anticipata previdenza calcolando il maggior incremento, che potranno acquistar le piantagioni, che la circondano[26].
Operando così è quasi impossibile di non far bene, e di non accostarsi ai movimenti semplici, e fecondi della natura. Il possessore risparmia, e l'artista acquista riputazione; le persone di gusto sono soddisfatte, e ciascheduno vi trova il suo conto.
Proprietarj! nuovi ricchi del giorno! sappiate approfittare di quanto possedete, e non vi affannate a crear quello, che vi manca. Impiegate il vostro denaro ad ingrandire la vostra possessione, piuttostochè rinchiuderla in un piccolo spazio per aggravare il vostro terreno di vani oggetti discordi, e ridicoli.
Se si trovano nel vostro fondo naturali elevazioni, boscaglie, e dirupi, cercate di pervenire comodamente a questi oggetti; diramate gli alberi, atterratene alcuni per iscoprire le parti troppo nascoste, fate piantagioni per guarnire le parti vacue; colmate le concavità inutili, e dispiacevoli all'occhio; introducete comode stazioni nelle posizioni pittoriche, dove la veduta dei contorni interessa l'attenzione, e dove la fatica fa desiderar un ricovero. Disegnate il vostro sentiero nei boschi, abbattendo le piante, che impediscono il passaggio; ma abbiate cura di conservarne le più belle, facendo deviar la strada ora da un canto, ed ora dall'altro. In questa guisa si troveranno i cammini formati naturalmente, e a poca spesa. La costruzione di una capanna, che servirà d'asilo contro il sole, e la pioggia, o d'un villereccio ponte congegnato d'alberi, fatti dal più zotico villano, riescono cento volte più pittorici, e più analoghi al luogo, che se fossero questi oggetti l'opera del più abile ingegnere.
Se al contrario il vostro terreno giace in un fondo, e che siate abbastanza felice d'avervi dell'acqua, e di trovarvi a poca profondità una sorgente, scavate, ingrandite il suo recipiente, cercate il suo declivo, e fate scorrere questa limpid'acqua in tutt'i siti, ove potrà portarsi. Imitate fedelmente le rive de' ruscelli, lasciandovi crescere l'erba, le canne, e le piante palustri; collocate con discernimento il salice piangente, il pioppo, ed il faggio; ed aggiungete i più convenienti arbusti, procacciandovi effetti, e punti di vista interessanti. Di luogo in luogo arrestate il corso delle acque con sassi, che sormontandoli, le acque produrranno cadute. Se le rive sono abbastanza separate, perchè il volume dell'acqua formi grandiosi nappi, collocate sulle sponde qualche pezzo d'architettura. La sua riflessione nell'acque, e la quiete del luogo apporteranno la calma nell'animo, e l'inviteranno ad una dolce meditazione.
Le tombe, gli obelischi, i templi, le grotte saranno artistamente riposte, e con infinito giudizio. Dalla loro disposizione si riconoscerà il sapere, ed il gusto dell'artista, se ha saputo approfittar del terreno, e se è pervenuto ad ingrandirlo.
Vi è un mezzo di alzare il terreno collo scavarlo all'intorno, e portare le terre all'orlo. Questa fattura comunica movimento al piano, e diventa più profittevole qualora si trovi nel fondo una sorgente. Infoltendo di piantagioni l'argine, si ottiene un ricovero delizioso nei calori della state.
Si perverrà a tutti questi siti senza punto accorgersene, sia per vie diritte, o tortuose, sia per cammini scavati, o coperti. Si darà luogo a piacevoli sorprese, e non si mostrerà ogni cosa tutto ad un tratto: è questo il mezzo infallibile di cagionare sensazioni piacevoli, e di non stancare l'immaginazione.
Quanto è soddisfacente di comunicare un aspetto più bello ad un tratto di paese! Riempirlo della varietà delle scene magnifiche, è approssimarsi in qualche modo alla creazione! L'uomo virtuoso, ed industre, che passa la sua vita fra le sue piantagioni, e che coltiva con cura il suo orto, è l'amico del genere umano, che soddisfa a un debito di natura. Le piantagioni non procurano soltanto piaceri innocenti, ma durevoli, che rinascono in ciaschedun anno. Quanto diletto si prova alla vista di un paesino, che si è formato, a quella di ameni passeggi, e all'ombra degli alberi, che si sono piantati colle proprie mani! Non imbarazzate, non opprimete dappertutto gli ammirabili siti della bella natura; non tagliate mai i rami delle vostre piante in figure matematiche: poichè il vedere le piante, che s'innalzano in forma di cono, di palla, di piramide, o di ventaglio, oppure in altre forme, che annunciano i segni della violente forbice, tutto ciò rovescia le idee di natura, e non compensa i piaceri, ch'essa ci somministra. Imprimetevi bene in testa, che non si crea la natura, e che tutta l'arte immaginabile non può servire, che a farla valere. Qualunque tu sia, guardati dal produr indifferenza coll'opera tua. Sarebbe questa la prova più certa, che hai mancato al tuo scopo, e che non hai sentito tu stesso le emozioni, che ti proponevi di risvegliare in altrui.
Tav. XXXI. Veduta della casa, e di una parte del giardino, ricavata dal piano generale,tav. III, pag. 34.
CONDOTTA, E FILO D'UN GIARDINO.
A dare in qualche maniera la condotta, ed il filo di un giardino Inglese, offriremo uno squarcio ricavato dall'opera DE LA COMPOSITION DES PAYSAGES DI M. DI GERARDIN. «Noi dobbiamo trovare sui fianchi della casa un sentiero ombroso, e battuto, che ci condurrà facilmente ne' siti più interessanti..... Ora ci troviamo in un bosco, ove i raggi del sole scherzano attraverso le ombre; il cristallo di una fonte riflette le forme della rosa, che germoglia sulle sue rive; il mormorìo delle limpide acque, gli amorosi accenti degli augelli, il grato profumo de' fiori vi allettano al tempo stesso tutt'i sensi.
Più innanzi un bosco quasi impenetrabile offre il santuario al pensante silenzio, e alla confidente amicizia. All'estremità di questo bosco il susurro d'un ruscello, inteso da lontano, invita al dolce riposo sotto l'ombra. In una solitaria, e trista valle scorre fra scogli ricoperti da coralline il ruscello, di cui s'intende lo strepito. Quasi subito la valle si richiude da ogni parte, e lascia a stento un sol passaggio per un sentiero tortuoso, e difficile. Quale spettacolo si presenta tutto ad un colpo! Attraverso le cavità oscure dei lontani massi si slanciano da ogni banda acque brillanti, e rapide; i sassi, le radici, i rami, e i tronchi d'alberi frammescolati nella precipitosa corrente dell'acque variano gli ostacoli, lo strepito, e le forme delle loro cadute in cento guise diverse. Lo spazio è circondato d'alberi annosi, che l'avviluppano, e l'abbondante fogliame s'incurva, e s'intralcia sopra l'onde spumose: i gruppi d'alberi, disposti nella più felice maniera, procacciano un sorprendente effetto di chiaroscuro, e di prospettiva a questa scena incantata; le rive sono adorne di piante odorose, e di cespugli fioriti; qualche scarso raggio di luce, riflettuta dal lucido della cascata, rischiara questo misterioso ricovero, ove regna quel dolce chiarore, che si confà tanto alla bellezza. È là appunto, che la bella Ismene si bagnava un giorno; il caso vi condusse il giovinetto Ila: attraverso le foglie scorge l'amante, che da lungo tempo il suo cuore adora in segreto. Che addivenne alla vista di tante attrattive! Arso da desiderj, combattuto da delicatezza, prende il partito d'involarsi con una precipitosa fuga al delirio de' sensi; ma fuggendo lascia cader un viglietto. La bella Ismene sorpresa dal rumore, che ha inteso, getta lo sguardo intorno, scorge il viglietto, e il suo cuore è commosso da tanta delicatezza, e da tanto amore. Ila fu amato, Ila fu felice; e la memoria di questi avventurosi amanti è ancora incisa sopra una vicina quercia.
Quì in un terreno profondo, e ritirato un'acqua placida, e pura forma un laghetto; la luna, avanti d'abbandonar l'orizzonte, si compiace a mirarvisi lungamente. Le rive sono circondate da' pioppi: fra i nascondigli delle loro tacite ombre si scorge in lontananza un umile monumento filosofico, consacrato alla memoria d'un uomo di genio, perseguitato quaggiù, perchè volle colla sua indipendenza porsi al dissopra della vana grandezza. La tranquillità, e il silenzio regnano in questo grato ritiro.
Fra poco un bosco d'antiche quercie, sotto le quali si travede un tempio, involto nella più profonda oscurità, offre alla meditazione un sicuro asilo. Quì il poeta in preda all'entusiasmo non è distratto, e quì ritrova le sublimi idee, che esprime ne' suoi versi.
Là si presenta una valle ristretta, e solinga; un ruscelletto scorre tranquillamente sull'erboso letto; i pendìi delle montagne sono ricoperti di felce, ed i boschi racchiudono questa solitudine: un romitaggio si trova in queste parti, che servì di pacifico rifugio ad un sapiente.
Sulle rive d'un vasto lago vicino s'innalzano aridi scogli, e massi informi, le cui cime sono coperte da pini, da larici, e da tortuosi ginepri. L'incolto terreno richiama alla mente dappertutto l'immagine d'uno squallido deserto. Questo sito è separato dal restante della natura per una lunga catena di rupi, e di monti. Il pittore viene a cercarvi de' quadri della gran maniera; e l'amante infelice, o quegli, che ha perduto l'oggetto del suo amore, vengono a cercarvi la dimenticanza delle loro pene; ma non vi ha sito così selvaggio, ove amore non li perseguiti: si veggono scolpiti sul sasso i nomi delle belle, e la rappresentazione de' pegni de' loro antichi amori.
Attraverso un bosco di cedri per una dolce salita si perviene alla sommità d'un erto monte, ai cui piedi serpeggia un fiume tra fertili praterìe: da là l'occhio abbraccia un ampio orizzonte, coronato in lontananza da un anfiteatro di monti.
Diggià il sol levandosi dispiega con maestà il suo radioso disco. Le vaporose nuvolette si dissipano al suo aspetto; lunghe ombre spandono in avanti gli alberi, le case, e le dorate coste sopra il verde tappeto, risplendente ancora di rugiadose perle; mille e mille accidenti diversi di luce arricchiscono questo quadro solenne, ove l'orgoglioso filosofo, dopo di avere vanamente esauriti tutt'i sistemi, è forzato di riconoscere l'essere degli esseri, e il dispensator delle cose.
Ma quanto prima l'attrattiva dell'ombre, e l'amabil verde de' prati ci chiamano nella valle per dare riposo agli occhi abbagliati da tanto spettacolo. Ai piedi del monte havvi un bosco, ove i lupoli, e i caprifogli, attortigliandosi agli alberi, formano festoni, ed intrecciate ghirlande. Gli strati di musco, e d'erba verdeggiante sono rinfrescati da spruzzi di piccole sorgenti, intorno alle quali ne' cespugli di rose salvatiche, e di spine fiorite l'usignuolo amorosamente gorgheggia.
Letti di verdura ci arrestano ad ascoltarlo con tanto più di piacere, che all'odor della rosa, e del bianco spino si frammischia quello del giacinto salvatico, delle semplici violette, e del giglio delle valli, che crescono con profusione in tutti i luoghi di questo ameno bosco, che sono visitati dal sole.
Sortendo di là uno spazio vasto di praterìe, si stende insino al fiume, e serve di pastura a numerosa greggia, che non paventa il cane del pastore, nè la sua verga. Gruppeggiati gli agnelli in cento maniere diverse, gli uni pascolano pacificamente, gli altri sono sdrajati; e sembrano ancora più ingrassati dalla dolcezza della pace, e della libertà, che pel sapore dell'erba fresca, e fiorita; mentre dall'alto delle roccie mal accessibili la capra divora il citiso amaro, e fa una pompa maestosa delle ondeggianti sue lane.
Massicci di salici, d'ontani, e di pioppi ci porgono la loro ombra per condurci ad un ponte, dove si traversano i due bracci del fiume, che formano un'amena isoletta.
In un bosco di mirti, e di allori si osserva tuttavìa un antico altare. Il profumo del fiorito bosco, nel quale è piantato, e le vicine rovine d'un tempietto antico dimostrano abbastanza, che fu altre volte consacrato all'amore; ma di presente non forma che un semplice passaggio, ed una rustica abitazione è appoggiata alle rovine, quasi non più riconoscibili, del tempio.
Dall'altra parte del fiume si trovano i ricinti d'una cascina, della quale si scopre il fabbricato sulla vicina costiera. Un sentiero percorre i differenti campi fra siepi di ribes, di piante del lampone, e d'arbusti fruttiferi. La terra non vi riposa mai. Il bue ivi rumina in pace, il montone, e la capra saltellano in libertà, ed il puledro esulta, scuotendo la sua crinita cervice, divorando i sentieri, e gli spazj immensi del prato colle rapide corse, senza invidiare la libertà dei campi dell'Iri, o del Galeso.
Un po' più in là, in altri campi l'agricoltore mena l'aratro cantando, e i suoi più teneri figli giuocano d'intorno a lui; frattanto che quelli, che sono capaci al lavoro, strappano la cattiv'erba ne' solchi seminati. Il travaglio risparmia alla gioventù il disordine delle passioni, risparmia i mali, sostiene la salute, prolunga i giorni della vecchiaja; e questa buona gente alla fine della giornata, per lo meno si è sottratta alla noja, ch'è ben di spesso il tormento del ricco, e della grandezza.
Ma è tempo di finire il nostro passeggio. Un frutteto ci riconduce a casa.
«Ho voluto soltanto darvi un leggier saggio delle bellezze, e delle varietà, che si possono rincontrare nella natura; intraprenderei invano di rappresentarvi tutte quelle, di cui essa n'è suscettibile. La differenza delle colture, le ineguaglianze del terreno, la diversità degli stessi oggetti, osservati da differenti punti, e sotto diversi aspetti; finalmente tutta la fecondità dello spettacolo dell'universo non può non offrirvi in una maniera, o nell'altra dettagliati oggetti in tale abbondanza, che non sarete imbarazzato che della scelta. Ma nelle parti, come nel tutto non contrariate mai la natura»[27].
DEI GIARDINI PUBBLICI.
Non è da lasciarsi dimenticato in proposito di giardini qualunque abbellimento conveniente ai luoghi pubblici, siano piazze, passeggi, mercati, monumenti, licej, nosocomj, ec., i quali possono essere abbelliti di piante, di ombre, di acque, di edifizj analoghi a tutto quello, di cui si è fatto parola, parlando dei giardini Inglesi.
Oltre le grandi piazze, che una città considerabile deve rinchiudere, ornate da statue, da monumenti, da fontane, ed anche da alberi, e circondate da fabbriche eleganti; deve altresì avere entro le sue mura, o in vicinanza delle sue porte alcuni luoghi destinati al pubblico passeggio. Questi luoghi sono consacrati all'esercizio, alla libera respirazione, al ristoro, e alla conversazione; quindi l'ordinanza, e la maniera, giusta la quale saranno ideati, risponderà alla loro destinazione. I giardini pubblici vengono riguardati oggigiorno come un bisogno importante per gli abitanti di una città, poichè non solamente temperano i travagli della giornata, risvegliando sentimenti aggradevoli, ma insensibilmente ancora rimuovono il cittadino dai divertimenti ignobili, e pericolosi, e lo avvezzano a trattenimenti migliori, all'uso d'una sociabilità più dolce, e più compiacevole. Le diverse condizioni guadagnano a rapprossimarsi in tai luoghi: gli uni adottano un contegno più decente, un sembiante modesto meno affettato; gli altri un'affabilità più prevenente, ed una più facile urbanità. Nel giardino pubblico bisogna che vi sia tutto per tutti; in esso le madri conducono i teneri figli a godere dell'aria aperta, e a sviluppare con semplici giuochi l'agilità delle loro membra; in essi l'artista concorre a sollevarsi nei giorni di riposo dalle fatiche ordinarie; la gioventù robusta vuol rinvenirvi i facili modi onde esercitare la ginnastica forza; il pensatore vi cerca i passeggi solitarj, ed i monumenti instruttivi; il grave magistrato vi rintraccia le piacevoli distrazioni; e le molli donzelle vi gustano la dolce frescura, il delicato olezzo, e la voluttà del riposo.
Un giardino pubblico deve trovarsi, per quanto è possibile, in sito aperto, e circondato da ridenti lontananze; dovrà avere alcune parti ombrose a ciascun'ora del giorno, ed altre felicemente esposte durante l'inverno. La piantagione sarà composta d'alberi, le cui larghe foglie spandino molt'ombra, e formino grandiose volte. I viali saranno larghi, comodi, moltiplicati, e preferibilmente in linea retta. Ciò non pertanto un pubblico giardino d'una vasta estensione, oltre i viali rettilinei, potrà contenere larghi sentieri tortuosi, praticati nel folto de' boschi, e ne' separati boschetti. Ciò sparge varietà nel totale. La comodità, e la sicurezza della gente a piedi esige che ne' sentieri, che gli sono assegnati, non vi passino nè carrozze, nè cavalli.
Non solamente si collocheranno sedili, e si destineranno seggi coperti, e piacevoli ricoveri nelle parti più scelte; ma se ne proporzionerà ancora il numero al bisogno della folla de' passeggiatori, e si distribuiranno ad opportune distanze. Queste piccole fabbriche siano varie per la forma, eleganti e leggiere per la loro costruzione.
Qualora un fiume, o un canale ne percorra il recinto, agili barchette v'invitino alla gita sull'acque, ed al piacer della pesca. Devono in recondita parte i bagni prestare il loro refrigerio, e le ampie vasche addestrare i nuotatori. Vi siano spazj destinati, ed acconci per ogni sorta di giuochi ginnastici, e di corse. Gli edificj pubblici, eretti dall'eleganza, e dal gusto, accoglieranno nelle ampie sale le danze, i giuochi, i festini, le refezioni: nessuno de' piaceri della vita sarà trascurato; a tutto sarà previsto.
Le pubbliche feste potranno celebrarsi con tutta la pompa; e sarà di modo disposto, che i viali regolari offrano il comodo di illuminazioni brillanti, onde tramutare con artificio l'oscurità della notte nella chiarezza del giorno; i boschetti si rischiareranno con faci meno ardenti ad imitare il pallore della luna; e le mete, i prospetti saranno innondati da scintillanti fuochi artificiali.
La frequenza del concorso esclude tutto ciò, ch'è raffinato, delicato, e facilmente struggibile. Ma si possono d'altra parte più utilmente ornare i pubblici passeggi, presentando al cittadino quà, e là frammezzo a' suoi stessi divertimenti delle saggie lezioni, e delle interessanti reminiscenze, col mezzo di quadri, di statue, di monumenti. Si rammentino al popolo le sue virtù nazionali, la fortuna de' pubblici avvenimenti, le azioni de' migliori suoi concittadini. Una delle pubbliche passeggiate d'Atene consisteva in alcuni portici ornati da quadri, che rappresentavano le belle azioni fatte da' benemeriti cittadini[28]. Si è poco pensato ancora a' giorni nostri a decorare consimili siti dedicati ai pubblici diporti, d'opere dell'arte, che onorino l'utile merito, imitando in ciò gli antichi, che non trascuravano mai ne' pubblici luoghi d'animare i cittadini alle virtù colle immagini delle virtù civili. Quanto sarebbe facile a ciascheduna città d'innalzare ne' pubblici suoi passeggi un monumento consacrato all'uomo più meritevole, nato nel suo seno! Ne' grandi giardini pubblici delle capitali si potrebbe dedicare ad alcun illustre poeta, artista, o filosofo, o guerriero celebre, qualche particolare boschetto, e decorarlo coi loro mausolei, collocati in iscene disposte a disegno, tratte dal carattere del genio, cui sarebbero consacrate.
Sarà piacevole che vi s'incontrino serragli di fiere, ricinti d'augelli peregrini, parchi di cervi, e di damme; che le acque siino popolate di cigni; che insomma tutto spiri il movimento, e la vita. Nulla di piccolo, nulla di meschino è perdonabile in questi pubblici luoghi. I mezzi delle nazioni sorpassano quelli de' privati; e tutto ciò ch'è pubblico, deve portare l'impronta della grandezza, e della magnificenza[29].
GIARDINI D'UNIVERSITÀ, E D'ACCADEMIE.
Amano le muse ridenti eminenze coperte, ed adorne di ruscelletti, e di fiori. L'Elicona, antica sede delle nove suore, era uno de' monti più fertili, e più arborati della Grecia.
Le operazioni dello spirito ottengono successi più pronti, e più felici, allorchè siamo circondati d'oggetti, che per loro natura ci apportano grate impressioni. La bellezza, e la serenità del luogo, allettando i sensi esterni, ravvivano l'immaginazione, e raddoppiano l'attività dello spirito. Noi lo sappiamo per prova a qual punto la nostra lena è rianimata, allorchè ritorniamo al travaglio dopo aver fatto graziosamente dell'esercizio in un giardino. L'amenità dello spirito, eccitata dal godimento della bella natura, fa dovunque la nostra contentezza, e contribuisce possentemente allo sviluppo delle disposizioni, per le quali si formano l'oratore, il poeta, e l'artista.
La città altera, e deprava il gusto della gioventù; la campagna, e i giardini lo rimenano al suo naturale istinto, e prestano preziose, e facili attrattive alla sua coltura. Le circostanze, fra le quali comincia la prima educazione dell'uomo, sono importanti. Il tuono, sul quale si monta la nostra sensibilità, e che ci accompagna per tutta la vita, è dipendente in gran parte dalle prime impressioni, che ci han colpite. De' giovanetti cuori, a cui di buon'ora si è inspirato il gusto della mondezza, dell'ordine, e dell'amenità, non lo perderanno così facilmente, e passeranno queste qualità ne' loro giudizj, e nelle loro azioni. La ristrettezza, il disordine, il tristo aspetto, che presenta una cattiva scuola, o una casa d'educazione, inceppa, ed intorpidisce le anime della gioventù, che vi si trova rinchiusa, e basta a renderle insensibili alle delicate impressioni del bello, che spiegano le grandi opere della natura, e dell'arte. Tutto ciò che trasmette idee, e sentimenti d'ordine, di convenevolezza, di beltà; gli edificj, e i giardini, che contribuiscono grandemente a ciò, non saranno meno essenziali, che i buoni maestri agli stabilimenti destinati all'educazione. Diversi collegi delle università di Oxford, e di Cambridge hanno vaghi giardini. L'università di Dublino ha un parco ripieno di campestri attrattive. Alcune università di Germania rinchiudono vasti passeggi; ma siamo ancora ben lontani d'avere de' giardini accademici, quali converrebbero.
Un'accademia, dove si addestra la miglior gioventù dello stato alle scienze, alle arti, e al servigio della patria, esige un sito sano, aggradevole, e tranquillo. Le mediocri città, e i grossi borghi sono preferibili a tal uopo alle rumorose città, e commercianti. L'aspetto dell'edificio, distribuito con sapere, ed ornato da buona architettura, sia bello, ed attraente. Vi avrà un giardino annesso, le cui piantagioni formeranno vaghi boschetti sacri ad Apollo, alle Muse, ad Ebe, disegnati d'una maniera caratteristica, e decorati dalle statue, e dai busti di queste divinità. Una campestre biblioteca, e parziali collezioni di storia naturale potranno essere sparse a proposito nel giardino, e potranno esservi case consacrate ai più illustri filosofi, e ai più chiari ingegni, ove i loro scritti si trovino accanto alle loro immagini. L'ordinanza del totale riuscirà facile, naturale, progettata con nobile semplicità, ed eseguita con gusto, e con discernimento.
Vi sia un orto botanico; e soprattutto s'insegni in tai luoghi l'arte benefica della coltura de' campi, e delle utili piante. Essa fornisce alla gioventù trattenimenti ripieni di allettamento, e d'interesse. Nelle parti appartate vi siano vasche per i bagni, e per la nuotazione, cavallerizza, e spazj destinati a diversi giuochi, ed esercizj di corpo.
La particolar destinazione di ciascheduna casa di educazione farà nascere facilmente nuove idee, relative alla disposizione del totale, e delle parti.
GIARDINO D'OSPITALE.
L'interesse degl'infermi, e quello de' sani domanda, che gli ospitali siano stabiliti fuori del ricinto delle città, in siti salubri, bene esposti, e secchi. In tali situazioni potranno tanto più facilmente avere un conveniente giardino, che circondi tutto all'intorno l'edifizio.
Un giardino d'ospitale deve offrire all'occhio dell'ammalato una vista ridente, e fiorita; alla sua orecchia una placida tranquillità: al convalescente un agiato passeggio, il benefizio dei tepidi raggi solari, e una ristorante freschezza, cagionata dall'aria libera, e dalle salutari esalazioni delle piante, e dei fiori. Le piantagioni si stenderanno lungo i sentieri asciutti, e ben sabbiati, guarniti d'abbondanti sedili, e varj. Viali troppo fitti renderebbero l'aria umida, stagnante, malsana; sono preferibili i gruppi di piante a fogliame rado, e leggiero fra cespugli, e piante odorose. Gli alberi coniferi, e resinosi ne siano proscritti. In un giardino d'ospitale tutto inviterà al godimento de' piaceri benefici della natura, all'obblìo delle infermità, e degli affanni della vita, e a far sperare un avvenire, e de' giorni più prosperi: quì deve tutto respirare quiete, e placida serena gioja, che nessuna scena malinconica, nè alcun vestigio della nostra fragilità intorbidi. Li frequenti spazj vuoti saranno animati da erbosi tappeti, e da ridenti piantagioni di fiori. De' ruscelli, il cui mormorìo sia sensibile, ivi scherzeranno piacevolmente. Si potranno disporre spaziosi massicci di piante a odori forti e balsamici, ed attirarvi una folla di canori uccelletti, che co' loro canti facciano risonare la gioja in cuori oppressi. Vi si potrà annettere un giardino di semplici per uso non meno che per diletto.
DE' GIARDINI DI CONVENTO.
Questi giardini, allorchè non sono consacrati all'utile, esigono un particolare carattere, dipendente dalla destinazione dell'edificio, dal genere di vita de' suoi abitanti.
In Inghilterra v'ha più d'un esempio di case di campagna fabbricate a foggia di monastero. Strawberryhill, campestre dimora del celebre Orazio Walpole, è un modello in questo genere. Lo stile dell'architettura, i mobili, le vetrate dipinte delle finestre, e tutti gli ornati sembrano del decimoterzo secolo. Non è desiderabile però che venghino alla moda le case di campagna in forma di chiostro (a meno che ciò non nasca per ripiego), che non presentano, che un leggierissimo vantaggio, quello di potervi cioè applicare a proposito l'architettura gotica.
Tav. XXXII. Campo santo, d'invenzione de la Gardette.
GIARDINI ANNESSI AI CIMITERJ.
I cimiterj sono que' luoghi, che per loro stessi, ricordando all'uomo il più luttuoso di tutt'i momenti, abbisogna che nel loro aspetto diminuiscano il ribrezzo, che viene causato dall'idea della dissoluzione, ornandoli con maestosa semplicità di tutti quegli oggetti, che possono sussidiare l'immaginazione colle idee del riposo, e della riproduzione.
Le piante, che hanno il verde perenne, come i pini, i cipressi, i tassi, ed i lauri, sembrano essere esclusivamente volute per ornare questi ricinti, sia per l'idea funerea, che la consuetudine vi ha applicata, sia perchè mostrando queste piante di avere una vitalità permanente, che non riceve insulto dal verno, consolano l'umana ambizione, che tanto spesso ama di pascersi di felici illusioni.
Presso gli antichi Romani il cipresso era consacrato alle tombe, ed era l'emblema della morte, come la rosa quello del piacere. Questi alberi circondavano i loro tumuli, che non nascondevano in angoli remoti, ed oscuri, ma che collocavano in siti scoperti, e vistosi, e lungo le pubbliche vie.
Gli alberi piantati ne' cimiterj non solamente servono ad indicare i siti, ove giacciono amate spoglie, ma ancora a purificare l'aria; poichè le piante diminuiscono le cattive esalazioni, o almeno le rendono men perniciose. Gli alberi servono ancora ad arrestare lo stanco passeggiero là dove tanti monumenti atti a commuoverlo gli richiamano in mente interessanti rimembranze, e gli destano utili riflessioni.
Vi sono de' grossi borghi, e delle piccole città in Inghilterra, dove precisamente i campi santi offrono il solo passeggio pubblico alla popolazione; ma per quanti ornamenti, e quanta delizia vi sia sparsa, non è mai possibile di allontanare totalmente da quelli l'idea della tristezza, e del dolore.
Devono i cimiterj accogliere ne' loro ricinti senza ributtare per un aspetto eccessivamente tetro, non devono invitare con troppo lusso di ornati, e di amenità.
Li frequenta ora il pensatore malinconico, ora le madri piangenti, ora la vedova sposa, e l'orfano figlio, e sentono mitigare per la semplicità degli abbellimenti di quel ricinto il dolore, che vengono ad esalare sulle tombe de' congiunti, e degli amici.
Lodevole è quella legislazione, la quale avendo in cura gli oggetti sovraccennati, ha tenuto di mira di allontanare questi luoghi dall'abitato per procurare la maggiore salubrità dell'aria, e non serbare sott'occhio con troppa frequenza gli oggetti di commiserazione, e di dolore agli abitanti[30]. Più lodevole ancora sarebbe se si adottasse la pia e più salubre costumanza di serbare soltanto colla memoria e il nome degli estinti le ceneri, in luogo di custodirne le ossa. Più semplici in questo modo, e meno dispendiosi riescirebbero i monumenti di tutti coloro, che hanno un dritto affidato alla riconoscenza dei posteri, e all'amor della patria. Fede ne facciano i colombari Romani, che ne' vasi cinerarj ci hanno serbate le memorie di tanti illustri cittadini colle ceneri unite alle sepolcrali inscrizioni in piccoli spazj appunto, o nicchie, come i colombi sogliono praticare per riporre i loro nidi. Almeno tal costumanza potrebbe aver luogo fra i cittadini agiati, li di cui cinerarei sarebbero riposti ne' rispettivi poderi, come si costumava presso la più grande nazione del mondo. Frequenti e necessarie distinzioni convenendo alla diversità delle persone, d'uopo è, che introducasi nel ricinto una simmetrìa, che offra la collocazione dei tumuli più o meno eminente secondo i rispettivi ranghi. La più esatta eguaglianza morale, e politica diviene ineguaglianza di fatto; e per conseguenza il sarcofago, che eterna la memoria del liberatore della patria, e del sommo legislatore, sarà più eminente, e più ornato dell'urna d'un cittadino privato. I padri additeranno ai figli la storia delle gesta degli avi, e lodevole invidia, e grata rimembranza faranno emulare la celebrità dei predecessori.
Abbiano i cimiterj un sito esposto ai venti, che purificano l'aria; il paese all'intorno sia solitario, serio, e tranquillo. Felice chi potendo edificare questi ricinti in luogo, ove scorrano acque, saprà trarne il convenevole partito, e introdurrà dei ruscelli lustrali, che lambendo l'erba, e il piede delle piante possano contribuire col grato loro rumore ad interrompere il silenzio del luogo. I giardini annessi ai cimiterj devono considerarsi fra la classe di quelli, in cui regna una dolce malinconìa.
Il locale non sarà chiuso, ma protetto da una bassa muraglia, o da un fosso. Al di dentro una lista di pioppi piramidali, o di cipressi ne circonscriveranno simmetricamente lo spazio. Frammezzo queste piante vi siano spiazzi, che rinchiudino edificj funebri, cappelle mortuarie, cenotafj, e mausolej distinti con saggie inscrizioni, e vere. L'area sia vacua, e serva alle sepolture comuni, nel cui centro sorga un tempietto d'eccellente stile. Il lato aperto in avanti sarà chiuso da cancellata[31].
Il totale deve rappresentare un quadro tristamente grande, e maestoso, che non avendo in se niente di ributtante, nè di terribile, smuova ciò non pertanto l'immaginazione, e porti nello stesso tempo nel cuore un'emozione piena di pietà, di tenerezza, e di dolce malinconìa.
Tutte le popolazioni hanno molto contribuito alla memoria dei loro. I monumenti, che ci rimangono, ne fanno fede; e le memorie, che ci sono state tramandate dei riti sacri dell'antichità, ci attestano quanto rispetto s'avesse pei funerali, e pei sepolcri. Questo degenerò in superstizione esagerata, poi fatalmente è passato in moltissimi luoghi a una noncuranza colpevole. Possa risalire colla decorosa semplicità dei monumenti a conservarci le illustri memorie de' cittadini arricchiti delle virtù più eminenti, e nello stesso tempo non si vegga più profanato il municipio da' tristi oggetti di lutto.
Tav. XXXIII. Uccelliera del cittadino P. A. Zappa a Sesto.
GIARDINI RELATIVI ALLE STAGIONI.
Ciaschedun cantone non è egualmente aggradevole duranti tutt'i mesi dell'anno; l'esposizione, e il suo carattere rendono dispiacevole in una stagione un soggiorno, che faceva piacere nell'altra. La natura ha dato ad ogni parte dell'anno il suo carattere proprio, come le particolari sue piante. Inoltre ciascheduna stagione è accompagnata da una quantità di circostanze, e d'accidenti, che non appartengono che ad essa sola. La natura stessa c'indica adunque che formando un giardino, bisogna fare attenzione alle distinte influenze delle stagioni. Le successive loro variazioni mantengono, e rianimano il gusto, che si prende agli allettamenti proprj di ciascheduna. Il gusto personale, i bisogni, o la disposizione d'un sito, che abita un amico de' giardini, possono altresì condurre a progetti di tale specie; ed è per tal maniera, che noi avremo de' giardini di primavera, dei giardini d'estate, d'autunno, e d'inverno.
Tutto il sapere dell'artista giardiniere consiste nel presentare sotto l'aspetto più favorevole ciò che la stagione ha di particolare, e tutto ciò, che il suo carattere ha di bello, e di piacevole; riunendo le circostanze avvantaggiose, ed accidentali, che l'accompagnano, rinforzandone gli effetti, per quanto è dato all'arte, ed escludendo tutto ciò, che non si accorda col piano di questa particolar disposizione. Cosicchè tutto quello, che la natura dispiega di caratteristico in ciascuna stagione nei differenti climi, sembri quì riunito, e reso più bello.
GIARDINO DI PRIMAVERA.
I fiori, il sereno, e la gioja coronano la gioventù dell'anno. La natura risvegliandosi dal suo sopore celebra i giorni ridenti della nuova sua nascita. Tutto è ripieno di movimento, e di vita. Le valli, e i prati s'adornano di fresca verdura, e degli smaltati doni di Flora. I boschi mettono foglie, e fiori; e l'esalazioni balsamiche ondeggiano per l'aria divenuta più calmata. Le ingrandite ombre campeggiano, e maestrevolmente contornano, e fanno risaltare gli oggetti. Il cielo sgombro dalle nubi, brilla d'un celeste chiarore, che rianima, e ristora, e riluce sui ruscelli, e sui fiumi, che susurrano, e mormorano, scorrendo con piena libertà.
Nei campi tappezzati d'erba le tenere agnella seguono belando la madre, mentre sulle alture un più robusto bestiame sorbe a lunghi sorsi i torrenti del nuovo aere, e fa rimbombare i suoi lieti muggiti di colle in colle. I boschi risuonano d'innumerevoli accenti d'uccelli, che cantando si chiamano, che fabbricano cantando i novelli ricoveri d'amore, e che s'addormentano, e si risvegliano cantando. Frattanto i sensi dell'uomo sono destati: un sentimento, che lo riscalda, lo penetra, e si sente rianimato, ed acceso d'entusiasmo; dimentica le città, e le loro occupazioni, e brighe, e respirando con maggior libertà, corre incontro alle voluttà, alle quali l'invita la natura campestre.
Questa è la festa di Flora. Gli alberi, i cespugli, e le piante, che in questa stagione fanno mostra dei loro fiori in tutta la vaghezza della vario-colorata loro pompa, devono decorare col loro smalto, e colle loro vacillanti ombre il verde tenero degli spazj erbosi. Perciò tantosto si disperdino isolate sul verde tappeto; tantosto si radunino in gruppi, e compongano folte masse a vaghe mischie, ed a soavi odori, o s'innalzino in forme piramidali, dominati dalle fiorite cime, al tempo stesso, che all'intorno pendano mazzi diversi d'arbusti men alti; e si riuniscano in leggiadri boschetti, consacrati alla primavera. L'artista giardiniere sceglierà le famiglie, e le specie, che forniscono una successione di fiori, e li radunerà in modo di non lasciarne mai priva la scena. Porrà attenzione a scegliere i gambi d'una forma più bella, perchè anche dopo la fiorita non offendano l'occhio; e sarà diligente in levare tutto ciò, che diggià è passato. Le piante a frutta non sono mai abbastanza raccomandate per le scene di primavera, per motivo della loro bella fiorita, ed anche i fiori a cipolla, de' quali si puonno comporre vaghi strati pittorescamente dispersi in quà, e là sulla fresca erba.
L'esposizione del giardino di primavera sarà al mezzogiorno. Una serie di collinette illuminate dal sole, e leggiadramente gonfiate, che spieghino ondeggiando le loro dolci pendenze senza rabbassi profondi, sembrano offrire il sito più analogo a questo carattere. Questo sito acquista maggior pregio ancora, quando si possa nelle piccole valli trammezzo a' lucidi sassi far gorgogliare qualche rigagnolo, di cui le acque sieno trasparenti, e chiare, il corso animato, moderato il mormorìo, e le rive coronate di fiori, che pendano, e che si mirino nel liquido elemento. Le acque, e i cespugli attirano la melodìa dei colorati augelli, la cui compagnìa non è giammai più aggradevole, che nel corso di questi giorni festosi, sacri all'amore, e alle canzoni. Che la serenità, e la gioja regnino in ogni parte del giardin di primavera. Tutte le decorazioni, tutte le opere dell'arte devono annunciare l'indole della stagione, la gioventù, e l'allegrìa.
Appartengono a questo cantone i seggi scoperti, gli alberi piegati ad arco, i tempietti ridenti, collocati in faccia di belle prospettive, circondati al di fuori di piante fiorite, ed ornati al di dentro d'immagini, che non respirino che il piacere. Le fabbriche saran leggieri, e d'uno stile gajo. Iscrizioni collocate sulle fabbriche, e nei siti di riposo possono altresì contribuire a renderci più attenti alle scene di primavera, e invitare a godere de' piaceri, ch'ella ci offre.
Quì fra ciocche di rose, e di gelsomini, e fra i gruppi di mandorli, e d'arbusti fioriti, frammezzo alle esalazioni balsamiche del giglio convalio, della madre selva, del giacinto, e dei narcisi, vicino ai boschetti, ove il cantor d'amore invita co' suoi accenti, al lungo de' ruscelletti, su le cui rive crescono la violetta, la precoce pivonia, e l'iride odorosa, quì le grazie, e l'amore amano avervi e sede, e culto.
Tav. XXXIV. Latterìa di Hohenheim.
GIARDINO ESTIVO.
La state ha le sue parti caratteristiche, e le sue particolari delizie. Le piante crescono nella pienezza della loro vegetazione, e i frutti de' campi, e degli alberi si colorano all'accostarsi della loro maturità. Mille fiori sbucciati di fresco presentano tutte le loro attrattive. Dappertutto il fogliame interamente sviluppato si comparte in folte volte, galleggia nell'aria, e diffonde la benefica sua ombra, rivestito il verde di tutta la forza del suo colorito. I boschi ondeggiano fieri per la bellezza delle loro frasche. I prati, e i campi esalano abbondantemente i loro balsami, e sono animati dall'allegro spettacolo, che presenta la segatura, che fra le occupazioni de' mietitori risonano di riso campestre, e di liete canzoni, e del grido monotono della nascosta quaglia. A queste scene succedono quelle delle diverse raccolte dei grani. Le mandre attestano co' loro muggiti la gioja, che loro inspirano le pingui pasture, e la secchia ridonda di latte. I temporali abbozzano sulle nubi i più superbi quadri. Col caldo s'aumenta l'ombra, e colla lunghezza del dì s'accresce la profonda oscurità de' boschi. La state dà a ciascheduna parte del giorno un carattere, e degli allettamenti distinti; al mattino una freschezza, che ristora; al mezzogiorno una chiarezza accompagnata da ardore, e da un silenzio solenne delle cose; alla sera una salutare diminuzione di calore, ed una placida calma. Le notti senza tenebre scorrono piacevolmente nel seno di un amabile crepuscolo; la loro freschezza, gli odori soavi, che esalano allora, l'universal quiete ravvivano la natura, che dorme, e lo stellato cielo le sorride.
Il giardino d'estate è specialmente destinato a procurare un pieno godimento de' piaceri di questa stagione, e a difendere dalle sue incomodità.
Si cerca in questa stagione un'ombra benefica; un folto bosco di faggi, o di quercie, sarà dunque un gran presente di natura. Tuttavìa l'industria deve prestarsi al suo soccorso nel giardino estivo. Devesi particolarmente far caso degli alberi a foglie grandi, e contare sul tiglio, sul castagno d'India, sull'acero, sul platano, e sulla catalpa. Il passeggio riesce fresco, e piacevole sotto queste piante, che forniscono a' siti di riposo un rifugio pieno d'amenità. Ma oltre l'ombra dobbiam contare sui fiori, e sui frutti della stagione.
Perspettive, che diano su praterìe coperte d'armenti, e su' campi coronati di spighe, sono valutabili quanto mai nella specie di giardini, di cui parliamo.
Nulla combina più col carattere della state, che la freschezza dell'acque. Un sito abbondante di ruscelli, e di cascate, che i giorni più adusti non impediscono di mormorare, riesce de' più felici, come de' più rari. Il lago presenta un godimento più sicuro, e più indipendente dai capricci del caso. Il solo aspetto dell'acqua rianima, ed il suo specchio rallegra col quadro, che presenta delle colline, degli alberi, e del cielo. I passeggi, ed i comodi ritiri in nessun altra parte riescono più aggradevoli, che quì. Le fabbriche diventano un vero bisogno per questi giardini. Primieramente devono prestare un ricovero contro il caldo, e una dimora fatta per il riposo. Attesa l'abbondanza del fogliame, che appartiene alla state, le fabbriche ponno divenire oggetti oltremodo pittorici, soprattutto per la loro situazione, pel colorito, e per la combinazione cogli alberi, e l'acque. Possono essere ancora di varj caratteri. In parte ricca, e fertile sorga il tempio di Cerere; in un sito selvoso, e folto si presenti una capanna, formata da scorze d'alberi, ed a canto del prato una vaga latterìa, che abbellendo ne qualifichi la scena.
I bagni sono più che un semplice oggetto di piacere in un giardino della state.
In un giardino d'estate hanno luogo ancora i passeggi sotterranei, idea niente nuova, e felicemente praticata in Inghilterra, ed anche in Francia; e tra gli altri giardini in quello, che apparteneva un tempo a madame Brunois in Parigi ai campi elisi.
GIARDINO D'AUTUNNO.
In questa stagione la natura non è più occupata che a dare l'ultima raccolta de' suoi frutti più abbondanti, ed a prepararsi insensibilmente al riposo. Le foglie cominciano a seccarsi, e a cadere; la forza vegetativa, e vivificante s'indebolisce; tutto, compreso pure il giorno, tende a decrescere. Tuttavolta l'autunno non manca de' suoi piaceri, indipendentemente ancora dalle feste della vendemmia.
Il temperato ardor del sole non apporta più che un dolce calore. Un'imponente calma posa sui campi, e sulle foreste. Le nebbie del mattino, che distruggono lentamente le foglie degli alberi, ravvivano la verdura de' prati. E quale spettacolo pittorico, allorchè la fiaccola del giorno si dispiega dissipandole, e che una nuova creazione si eleva con una risuscitata bellezza! Un sentimento pacifico di voluttà, e di riconoscenza, che inspirano gli ultimi beneficj della natura, una dolce malinconìa all'aspetto di queste scene, che non lasciano più sperar nulla, tristi scene di fragilità, sono i due sentimenti predominanti, che imprime autunno.
In questa stagione le piante, e i boschi porgono ai nostri occhi un nuovo spettacolo in fatto di colori. Nella state tutto era rivestito di verde, in adesso da un tuono d'un colore si passa a un altro; dal verde pallido al gialliccio, al bruno, e al rosso, con una varietà infinita di degradazioni, e di mischie.
I diversi frutti non contribuiscono meno ad abbellire le scene autunnali. La vite principalmente riclama il suo posto, la quale si potrà impiegare ora a coronare gli alberi, ora a serpeggiarvi intorno, ed ora a formar pergole. Grato al sole nascente è il vedere tra folti ammassi di tralci i pesanti grappoli d'uve tinte del colore di rubino, o fiammeggianti di quello dell'ambra, insidiati dall'ingordigia del merlo, e di tutta l'alata famiglia. Flora ancora abbellisce gli ultimi giorni dell'autunno, e quasi tutt'i fiori, di cui s'adorna questa stagione, conservano più a lungo la loro bellezza, che i prodotti teneri, e fugaci di primavera.
L'artista giardiniere deve costantemente occuparsi a scoprire tutti gli accidenti piacevoli, che accompagnano l'autunno. Impastando le tinte diverse degli alberi, e degli arbusti, formerà coll'unione, e colla disunione quadri incogniti alle altre stagioni. Non v'ha sito più opportuno per far mostra di questa pittura, che un colle a dolce pendìo. Sarà bello vedere una piantagione, che comincia da un ridente prato disseminato di fiori d'un colorito vivo, e monta presentando arbusti a bache gialle, e rosse, va continuando con alberi, e con boschi, le cui foglie sono vario-tinte, e alternate da colori gialli, rossicci, pallidi, verdastri, e termina con gruppi serrati d'alberi coniferi, che rivestiti di verde cupo, sono abbracciati dalla celeste volta.
Casini di caccia, e capanne d'uccellatore sono convenevoli quanto mai al carattere dell'autunno; e ne' suoi giorni estremi campeggieranno con verità, e con effetto tutte le sorti di rovine.
GIARDINO D'INVERNO.
Anche in mezzo alle nevi, e fra' ghiacci, gli accidentali fenomeni cagionati dal sole, e dalla luna al lor levarsi, ed al lor coricarsi, presentano sotto un aspetto più dolce, e più vago l'universal biancura, per cui il nostr'occhio è abbagliato, e la cui monotonìa lo stanca. E qual prodigio non è mai la formazione del ghiaccio? Ove l'acqua profonda ondeggiava, là giuoca imperterrita la gioventù del villaggio, ed il corsiero marcia fieramente su' fiotti incatenati. La caduta del fiume si sforza invano di sprigionarsi; le gocciole riunendosi cercano di pur colare, ma s'induriscono. La notturna brina infiora i vetri dell'abitazione, e vi abbozza paesetti, che contornano con tanto vezzo i raggi della nascente aurora. E qual sentimento di salute, e di robustezza rianima tutta la natura umana? È questo il tempo non solo delle faccende domestiche, ma dei gran travagli ancora alla campagna, ed al giardino, il tempo opportuno per operar movimenti, e trasporti di terra, ed è quello in gran parte della piantagione.
Abitando noi un paese, ove questa stagione ben a lungo, e ben di spesso vi esercita tutto il suo rigore, dobbiamo tanto più cercare a preservarci dai suoi incomodi, ed approfittare de' suoi piaceri. Noi siamo chiamati a crearci de' giardini d'inverno a dispetto pur anche de' capricci della natura. In un comodo e ben inteso giardino vernale si può gustare pur anche una parte de' piaceri delle belle stagioni ne' dì temperati, e sereni, che s'incontrano sovente ne' mesi più rigidi. Il verde allora porge agli occhi un incanto inesprimibile, ed i piacevoli momenti, che ci accorda il sole, riescono tanto più grati, quanto sono più brevi. Uno stormo d'uccelli, che svolazzino fra gli alberi sempre verdi, e che divertano col loro garrito, non apporta un'immagine perfetta di primavera; ma ciò sparge una certa giocondità sull'asprezza della stagione.
La destinazione d'un giardin vernereccio è limitata. Non vi si può cercare in là d'un piacevole ricovero contro l'inclemenza del tempo, e le necessarie comodità per respirare un po' d'aria, e per passeggiare. In tale sorta di giardino la necessità è imperiosa, e la regolarità stessa, da che riesce comoda, ha il diritto di reclamare la sua presenza. Il giardino d'inverno sarà vicino alla casa, e riparato dai venti rigorosi, soprattutto dai settentrionali. Si distenda verso il mezzodì, e s'apra al sole, e alle benefiche sue influenze. Il sito sia secco, ed aprico. I sentieri di sabbia saranno dappertutto al coperto del vento. Se lo spazio, e l'estensione del luogo permettono strade comode per l'equitazione, sarà ben fatto di praticarle, separate però dai sentieri. Il piacere del giardino d'inverno consiste particolarmente nelle diverse specie, e famiglie d'arbusti, e di piante, che si conservano sempre verdi, o che lo sono più a lungo delle altre; ed in ciò la natura ce ne fornisce un'ampia suppellettile. Di queste piante ed arbusti si potranno comporre gruppi, e boschetti vernali ammirabili, e produrre miscugli, e quadri di verdura del maggiore effetto. Non con gran cura si può conservar verde il tappeto erboso, e nel passeggio incontrare de' fiori, che la natura ha riserbati a questa stagione.
Un orto vicino, ove la coltura vien continuata duranti quasi tutt'i mesi, può altresì apportare divertimento. Sovra ogni cosa sembra convenire ad un giardino vernale una serra ben costrutta, nella quale si coltivino con cura le piante esotiche, che d'ordinario fioriscono in questa stagione, ed imbalsamano l'aria. Situata nel mezzo della piantagione, diventerà oggetto di sommo interesse per l'occhio; e allorchè sarà aperta a cert'ore, cagionerà molto piacere, e molta illusione. Vi si annetterà un'uccelliera per accrescere la delizia del luogo.
I portici, i vestiboli chiusi con invetriate, ponno cangiarsi in oggetti d'amenità. Anche in città sono opportune le serre diverse, variamente congegnate; ed anche pensili a norma de' siti, e dell'esposizione, con fiori, con piante, con uccelli, e con acque. Altrove si conoscono già da molto tempo.
Del resto il giardino d'inverno può essere collocato, e disposto in guisa, che rimanga aggradevole nei mesi più belli, e formi una parte convenevole del totale.
Credo di non poter meglio terminare questi suggerimenti toccanti il giardino d'inverno, che riportando alcune osservazioni, egualmente delicate, che giudiziose, scritte a lord Kaims da un suo amico. «Noi non contiamo d'ordinario nella vita che sul bene, e raramente sul male. Noi portiamo questa inclinazione perfino ne' nostri giardini, dove non coltiviamo che i doni della bella stagione, e dove non prendiamo gusto che per le piante, che fioriscono col favore della rugiada, e de' cocenti raggi del sole. Noi sbandiamo dalla nostra idea il terribile inverno, durante il quale noi ci attristiamo doppiamente, per la mancanza delle influenze benefiche di quest'astro, e perchè hanno dato luogo al penetrante vento del nord, ed al freddo. In senso metaforico, ed in senso letterale si può chiamare saggio il giardiniere, che ci provvede d'un favorevole tetto contro le piaghe dell'inverno, e che coltiva le piante suscettibili d'animare, e d'abbellire questa lugubre stagione. Quegli che non sa ritirarsi sotto il portico degli stoici, allorchè il giardino d'Epicuro ha cessato di fiorire, non è filosofo; quegli che vuol bandire i fiori, e i profumi della state per costantemente sedersi all'ombra de' cipressi, lo è di troppo.»
GIARDINI, O SCENE RELATIVE ALLE PARTI DEL GIORNO.
Le differenti parti del giorno nella bella stagione s'annunziano con differenti caratteri. La vivacità, ed il sereno accompagnano il mattino. La forza del sole nella state, ed il caldo pesano sul mezzodì; il riposo e qualche cosa di quieto, e di temperato rinfrescano la sera. La natura aggiunge a ciascheduna parte del giorno un seguito di fenomeni, che le son proprj; e gli oggetti de' campi, diversamente illuminati, presentano ad ogni istante nuove forme. Si potrà in conseguenza compor scene, nelle quali non solamente le qualità proprie a ciascuna parte del giorno s'offrano all'osservazione, ma dove ancora sciolte queste qualità da quanto hanno d'incomodo, abbandonino al godimento attrattive più dolci.
Ora seguendo il proprio gusto, ora la posizione del sito, che si abita, ora i bisogni del suo genere di vita, e delle sue occupazioni, si può fare del suo giardino un di mattina, del mezzogiorno, e della sera. In un vasto ricinto si potrà pure combinare armoniosamente col totale queste specie diverse di piantagioni, e di locali, riguardandoli come altrettante scene distinte.
Il giardin del mattino vuol essere esposto al sol levante, in sito aprico, con libere vedute dell'orizzonte, e dominato da cime di colli, e da punte di roccie, ed anche da fabbriche, contro cui scherzino piacevolmente i nascenti raggi. Ama il leggiero fogliame, ed una feconda irrigazione. Una vaga pescareccia capanna alle rive del lago, che inviti ai piaceri della pesca, in altra parte più colta un tempio ad Apollo, l'amico delle ore del mattino, riescono oggetti convenevolissimi a tal parte di giardino. Contemplate questo tempietto dorico in rovina. Collocato sopra una leggiera eminenza, ha da un fianco il folto del bosco, dall'altro vede montare il sole sull'orizzonte. Il vestibolo è chiuso da ramata, e serve d'uccelliera. La parte intatta del tempio contiene internamente un gabinetto con porta, che v'introduce, e con un'altra che mette al vestibolo. Lo spazio sotto al tetto, che rimane, è destinato per la nidificazione degli uccelli, ed a servire ad essi di ricovero nella cattiva stagione. Nel mezzo zampilla una fontana; quattro piccoli gruppi di piante la circondano.
Tav. XXXV. Tempietto antico in rovina, consacrato al mattino.
Al mezzogiorno ricerchiamo l'ombra, e la freschezza; e tutta l'attenzione dell'artista giardiniere debb'essere rivolta a ritrovare i mezzi atti a pervenire a quest'intento. Acque placide, e zampillanti, vaghi boschetti non abbastanza folti da impedire la corrente dell'aria, e fabbriche avviluppate, almeno in parte, nell'ombra, la cui destinazione risponda ai bisogni dell'ora. Vi sieno bagni, gabinetti per il riposo, e tempj sacri a Bacco, ed a Como.
Allorchè la freschezza al tramontar del sole (rimarca un osservatore delicato, il signor Gerardin) viene a distendere quella tinta dolce, e piacevole, che annuncia le ore del diletto, e del riposo, regna allora in tutta la natura un'armonìa sublime di colori. Egli è in questi istanti, che il Lorenese ha colpito l'affettuoso colorito de' suoi quadri pacifici, a cui l'anima si attacca insieme cogli occhi; egli è in allora che la vista si compiace di passeggiare liberamente su di un gran tratto di paese. I massicci d'alberi penetrati dalla luce, sotto i quali l'occhio travede un ameno passeggio; vaste superficie di prati, il cui verde è raddolcito dall'ombre trasparenti della sera; il puro cristallo d'una placid'acqua, nella quale riflettono gli oggetti vicini; i fondi leggieri d'una bella forma, e d'un vaporoso colorito: tali sono gli oggetti, che convengono all'esposizione della sera. Sembra che in tal momento il sole vicino ad abbandonare l'orizzonte prenda piacere avanti di partire a maritare la terra col cielo; in conseguenza appartiene al cielo la più gran parte dei quadri della sera; poichè allora l'uomo sensibile ama a contemplare l'infinita varietà di mescolanze, e di degradazioni dolci, e toccanti, delle quali si abbelliscono il cielo, ed il fondo de' paesi, in questo delizioso momento di tranquillità, e di raccoglimento.
La notte, che la providenza destinò al riposo degli esseri, sembra dover rimanere priva del privilegio d'avere un giardino, che le sia consacrato. Con qual piacere tuttavolta noi occupiamo una parte di essa per gioire de' suoi piaceri nella state! E con quanta ragione il saggio non occupa egli, durante questo religioso riposo della natura, il suo spirito a riflettere sui mondi, che risplendono al dissopra della sua testa!
Allorquando la luna si mostra pomposamente sull'orizzonte, il cielo, sgombro da' vapori, offre uno spettacolo, che comunica alla terra un nuovo incanto. Tutti gli oggetti vi guadagnano per l'effetto de' suoi lumi smorzati, e teneri. Una tacita, e larga superficie d'acqua, oppure un lago, sopra il quale si stende l'amica luce della celeste fiaccola; i mormoranti ruscelli, e le cadute, i gruppi d'alberi, ed i boschi, fra cui si caccia l'argentea luce, e si disperde soavemente; una pacifica valle, che esala i profumi delle rinfrescate piante, o del trifoglio recentemente tagliato; piantagioni composte di fiori, e di cespugli odorosi: tutti questi oggetti appartengono al voluttuoso godimento d'una bella notte estiva.
Un osservatore degli astri, nemico del sonno, ama trovare in un consimile soggiorno, collocata su d'un poggio, una specula destinata all'astronomìa. Il quì appresso esposto disegno rappresenta una torre ottangolare atta all'osservazione dei venti, secondo i precetti di Vitruvio. Il tritone, che poggia in alto, mostra colla sua conchiglia le differenti direzioni del vento. Sul fregio sono disegnati gli otto venti primarj, che sono suddivisi in ventiquattro minori, marcati dalle testine introdotte nella cornice. Il ripiano superiore contiene una sala adattata alle osservazioni astronomiche, che ha grandi aperture da ogni lato, ed una maggiore in alto, levandosi il tritone.
Tav. XXXVI. Torre astronomica, d'invenzione di Weinling.
Da quanto si è accennato nel corso di quest'opera si concluderà che un giardino del moderno gusto si presta a qualunque estensione di terreno, dalla più piccola alla più vasta, formando un solo quadro semplicissimo, oppure una serie diversa di quadri. Può farsi egualmente in città, che alla campagna, con fabbriche, e senza fabbriche, senza il soccorso dell'acqua, e tanto meglio con essa. Può essere oggetto di pochissimo tempo, e di pochissima spesa, e diventare oggetto di sommo dispendio, e d'una lunga cura.
A parti eguali d'un giardino magnifico dell'antico stile, costerà sempre meno un moderno di gusto fisso. Non si dovranno mai appianar monti, nè valli, nè fare l'immensa spesa per mettere a livello tutto il circonvicino terreno. Il buon gusto non riconosce più le mostruose macchine idrauliche, e le diramazioni immense di canne di piombo, che penetravano nelle viscere della terra a foggia d'altrettante vene, ed arterie. Si risparmia la spesa, ch'era cagionata dall'abbondanza disgustosa delle cattive statue, e de' pessimi vasi. È cessato il furore per i fiori a cipolla, delle quali cipolle taluna si è pagata oltre la somma di mille fiorini. Si risparmia la spesa della perpetua tosatura dei muri verdi, dei pilastri, delle colonne, degli architravi, delle volte verdi; e la maggiore, ch'era necessaria, de' legnami, de' ferri, e delle vernici. Si evita la lunga cura, e l'instancabile educazione, che addomandava la formazione de' mostri di tasso, e di sabina. Gli alberi, e le verdi masse, che pianta il nuovo gusto, si conservano quasi da per se sole.
Lo spazio in vero degli antichi giardini era ordinariamente più piccolo, che quello, che esigono le piantagioni moderne, ma quegli spazj rendevano nulla, e solo apportavano spesa; frattanto che gli spazj verdi, e coltivati di questi divengono nello stesso tempo proficui. Gli alberi, e gli arbuscelli forniscono legna con i rami superflui, e danno una quantità di rampolli da piantarsi altrove, o da vendersi. I verdi tappeti danno fieno. Havvi un maggior risparmio di viali, e di spazj sabbiati. Ne' vasti ricinti non si guastano campi, nè praterìe. I boschi non vi perdono nulla della loro utilità, benchè un sano discernimento li cambia in luoghi di delizia; vi guadagnano in cambio, attesa una cura maggiore, che loro si accorda.
Ma ci si dirà, quanto non costano mai tante costruzioni nei giardini moderni? Qualche domanda, fatta a vicenda da noi, servirà di risposta a questa obbiezione. Che non costavano mai le vostre grotte colle loro conchiglie, e gli altri loro ornamenti? Che non costavano le vostre prospettive, e le vostre fontane, i canali, i cancelli di ferro, ed i vostri belvedere? Si richiederà forse, che un ricinto rinchiuda tutte le specie di fabbriche, di cui devesi parlare nell'esposizione della teorìa dell'arte?[32] Ove si raccomanda più l'economìa in fatto d'opere d'architettura, che nel nuovo stile? Una semplice casuccia coverta di paglia, una capanna da pescatore non bastano sovente per risvegliare l'idea del conveniente, e del bello? E chi peccava più dalla parte della prodigalità di quella insulsa maniera, che collocava sempre un padiglione, una grotta in faccia l'una dell'altra, per soddisfare la falsa idea d'imitare l'uniformità regolare dell'architettura civile?
Finalmente la violenza, che s'impiegava per isfigurare la natura, era nello stesso tempo una profusione inutile. Quante colline e montagne non si sono spianate a tutto costo per cambiare in pianura lo spazio totale del giardino! E dopo aver trasformato il tutto in pianura, quante pene, e spese non vi bisognavano per dare all'acque, divenute stagnanti, un corso forzato! Qualunque tentativo fatto per opporre a se stessa la natura, di cui si può imitare i modelli con tanta facilità, e vantaggio, è una stravaganza, che punisce ben presto la spesa gettata, l'infelice successo, e il pentimento.
Se si volesse spingere avanti il paralello fra i due stili seguiti dalle due grandi nazioni, dir si potrebbe, che il Francese soffoca la natura colla industriosa attività, colla quale vuol abbellirla; l'Inglese la rende talvolta soverchiamente negletta, e quasi deforme, volendola copiare troppo scrupolosamente, e senza scelta. In Inghilterra si travaglia per se; in Francia per la propria vanità. L'Inglese cerca alla campagna i piaceri campestri; la città segue il Francese nei campi. L'Inglese è nelle sue terre giardiniere, ed economo; il Francese non vi è il più delle volte altra cosa che decoratore. Il Francese vuol gettarvi nell'ammirazione, e nella sorpresa; l'Inglese vuole occuparvi con un seguito d'idee, e di sentimenti filati. Il Francese conta sulle proporzioni; l'Inglese sulle scene, e sui quadri. Questi cerca la varietà, che presenta la natura; quegli le invenzioni dell'arte. L'Inglese si sforza di mostrare il paesaggio, ed il Francese di mostrare il proprietario.
Inoltre l'Inghilterra presenta una maggior quantità di cantoni agresti, romanzeschi, e fortemente caratterizzati, coperti da boschi, e da rocchi, e con una quantità di sorgenti, e di fiumi superbi, che portano le loro acque a fior di terra, e che non vi traboccano mai, non esclusa pur anche la regale Tamigi. La Francia al contrario ha meno di paese pittorico, e molto più di piano, che non permette una ricca varietà di scene, nè tocca la fantasìa, e che ha dato nascimento ai monotoni, e meschini giardini della pianura, che tali altronde convengono al Francese, cui bisognano de' giardini, dei quali possa colpirne al primo sguardo il totale; de' giardini vezzosi, che blandamente sorridano ai suoi occhi, e lo solletichino mollemente, e prestino alla vivace, e ristretta sua immaginazione un proporzionato campo.
È cosa inutile arrestarsi di più sulla profusione, e sul non senso dei giardini della vecchia maniera, i quali non erano, che copie servili l'uno dell'altro, sorgenti di noja, ed il frutto dei pregiudizj, della mancanza di gusto, e della pigrizia più crassa. Fortunatamente in questi ultimi tempi si è principiato a riconoscere, che anche in fatto di giardini, come di musica, e di pittura, non vi può essere che un solo genere, il bello.
La rivoluzione nell'arte dei giardini ha resa più ricca, più ridente, più pittoresca la faccia dell'Inghilterra, spogliando il paese del suo aspetto agreste, e monotono, non per rifonderlo, ma per abbellirlo. Ha propagata la conoscenza, e la ricerca delle piante indigene, e forastiere, coll'avvantaggio, che ne hanno saputo tirare in seguito le arti, ed i mestieri; ha esteso i progressi dell'agricoltura, e della scienza dell'acque, rendendovi più attenta, ed invogliandone la classe de' più facoltosi possessori; ha propagato, e diffuso in tutti l'amore, ed i beni della vita campestre, allargando la sfera degl'innocenti piaceri, delle utili occupazioni, e dell'osservazione sagace, e comunicando lo studio, e l'intelligenza delle belle arti.
Per distruggere poi l'idea, non si sa come tra noi prevalsa di soverchio dispendio, e di perdita di terreno, aggiungerò, che taluni dei parchi Inglesi non son altro che una possessione di lusso, e tale la chiamano spesso gli stessi loro autori, e proprietarj.
Alcuni ricinti Inglesi sono quanto di più fino, e di più speculato è forse stato trovato finora nell'arte di unire l'utile al dolce, e di saper trarre profitto da tutte le circostanze, e da tutti gli oggetti; e fra tutte le possessioni sono forse quelle, che rendono più colà al suo proprietario, come quelle sotto l'occhio perpetuo del padrone, delle quali n'è riservata a se la cura, e l'amministrazione, e ne ha formato un simultaneo oggetto di profitto, e di delizia.
Per capacitarsene, convien rimontare alla necessaria Cognizione degl'immensi terreni incolti, sparsi su tutta l'isola, e perfino negli stessi contorni di Londra, dove attesa l'opportunità degl'ingrassi, la facilità de' trasporti, e l'approvigionamento della capitale, questi terreni dovrebbero sembrare i più preziosi; e sono in tale stato per mancanza di braccia, occupate nella marina, e alle manifatture, ed altresì per l'interesse maggiore, che ne risulta ai particolari nell'impiego diverso dei loro capitali. Alcuni di questi tratti incolti appartengono a comunità, ed il loro acquisto diventa imbarazzante, ma non impossibile in un paese, dove le conversioni all'utile, e le proficue speculazioni sono famigliari a chicchessìa, e ben presto abbracciate. I terreni ancora sono l'oggetto il meno caricato, e la loro tassa non equivalente a quelle degli altri articoli, perchè regolata su' vecchj catastri, che non si rinnovano, perchè interessanti la parte legislativa, cui spetta l'imposizione delle tasse. Risulta adunque che il costo delle terre è moderato, e nulla in Inghilterra è meno aggravato dalle imposte. Quindi un tratto di terreno incolto, ridotto colà a parco, effettivamente guadagna. Edotti dell'importante, non si persuaderà essere oggetto di somma spesa il cingere questo tratto di terreno con meschino murello, o con barriera di legno, ove invece di legna si abbruccia il carbon fossile, ed anche per maggior risparmio coll'economico cartello, che avvisa esservi trappole, ed inciampi nascosti. Ciò fatto, a norma delle qualità, e delle differenti situazioni del fondo, questo è posto a colture analoghe, ed opportune. Un tratto di costiera al mezzodì sarà messo a viti, pianta esotica, e che dando puranche un vino pestifero, sarà sempre prezioso per il padrone di casa, ricavato da un suolo ribelle, e sotto i suoi occhi; un pezzo di terreno sarà paludoso, e vi si tenterà la coltivazione del riso. Ma siffatte cose consideransi pure per semplici capricci, e per vani tentativi di nessun lucro. Tutto il restante del parco, vale a dire la massima parte del terreno, forma altrettante praterìe effettive, e variate, abbellite da gruppi d'alberi diversi, ed irrigate da copiose acque bellissime, di cui qualcheduna ha la sua sorgente sul sito. Numerose mandre vi pascolano, talune in tratti separati, affittati, e tal altre in altri spazj riserbati al padrone. Sopra alture meno fruttifere vedonsi arrampicare montoni, e nei boschi, che danno legna d'opera, si vedono correre daini, e qualche cervo, ricercatissimi, e di sommo costo. Le case rustiche in quà, e in là disperse, o che formano casale, sono abitate da' contadini, e guarnite d'ogni genere di pollame, e d'animali. Subordinato il tutto al maggior comodo, all'economìa, ed all'ordine più preciso, tuttavìa un genio pittorico ha preordinate le situazioni, e la costruzione d'ogni cosa. Perfino la cappelletta del luogo, situata sopra un poggio, sembra appartenere al recinto, e fa quadro. Le acque abbondano di pesci, ed in alcuni tratti di prato pascolano i cavalli. Gli ortaggi, i frutteti, e le serre sono in parti nascoste, vicine alla casa, e formano scene separate.
Il nostro terreno prezioso, e generalmente coltivato non acquisterebbe certo come in Inghilterra ad essere ridotto a parco; ma tuttavìa una possessione ridotta un po' pittorescamente, e mantenuta con lusso, non può che migliorare e per l'effetto degli occhi, e per quello della borsa[33]. Obbliga altresì alla riunione de' fondi, e a piantarvi la casa nel mezzo, giusta i precetti de' buoni agricoltori. Con poca spesa, ma con assidua cura si ritrarrebbero sommi utili, che crescerebbero in ragione della superiorità del nostro clima, e della varietà, e bellezza de' nostri prodotti.
La supposizione poi che il nostro paese sia diggià un giardino, sarebbe la stessa di quella, che la nostra popolazione sia formata da altrettante Veneri, ed Apolli, come ce li descrivono i poeti, e come ce li mostrano l'opere dei migliori scultori; e si avverta, che come appunto l'Apollo di Belvedere rappresenta un bello ideale per la bellezza delle singole parti, che lo compongono, e la squisitezza del suo totale, composizione ricavata dalla natura umana, ma che realmente in essa non esiste, così dovranno essere i giardini pittorici. Ricavati da' siti naturali li singoli pezzi superiormente belli, formeranno un totale, che diventerà bello ideale (come si è detto a suo sito); e come appunto i mostri d'ogni genere hanno precedute le belle statue Greche, e Romane, così gli altri giardini hanno preceduto i giardini pittorici, stati singolarmente adottati dagl'Inglesi, e ridotti a somma perfezione; punto fisso, siccome il bello, da cui non si saprebbe deviare, che per effetto di prevalsa barbarie, o di luttuosa catastrofe di calamità.
Un'altra conseguenza, che risulta dall'osservazione di quest'opera, si è, che i giardini regolari dell'antico stile non potranno altrimenti amalgamarsi, o formar parte de' giardini naturali del moderno gusto. Il volerne da principio far saggio, e la mancanza di coraggio d'abbattere, e di conformare così il restante, hanno potuto suggerire da principio questo mezzo termine, che non quadra punto col risultato, e cogli effetti, che attendere si devono dal totale; ed anzi questa parte isolata, e perduta fa mal opera a se, ed al resto.
Si è detto, che la natura dei giardini moderni, accostandosi alla casa, ne diventa più colta, e più gentile, e vi ammette puranche qualche ornato dell'arte; ma non potrà per questo fondersi, ed accoppiarsi con una natura, che non è natura, e che non appartiene ad alcun'arte. Grandemente parlandosi, e con precisione, non vi è che un solo stile in fatto di giardini; e i giardini promiscui sono mostri.
La formazione dei giardini Inglesi, come tutte le opere, che abbracciano totalità, non potrà essere ideata, e diretta, che da una sola persona. Si sono abbastanza dettagliate le qualità, che costituiscono l'artista giardiniere, al quale potrebbe con onore supplire anche un amatore, di nessun mestiere, e che avesse una giusta conoscenza di molti, dotato d'un colpo d'occhio sicuro, e di sano discernimento, avvezzo all'osservazione, e all'esame. Richiedesi in lui molta immaginazione, o piuttosto una facile ritentiva di quanto ha veduto, e che abbia veduto assai; e per ultimo l'arte, ossia la conoscenza, il giudizio, l'industria di saperlo variamente applicare a proposito, e conformare con buon effetto. Non basterà, come si è detto, di porre in carta il disegno, e quello del circondario; gioverà ancora farne il modello, e sovrattutto disegnar ogni cosa al naturale sul sito. Walpol rimarca, che il proprietario, per poco che abbia di gusto, è il migliore ordinatore del suo giardino.
L'arte dei giardini deve travagliare non solamente per l'occhio, e per l'immaginazione, ma ancora per il sentimento. «Laddove è introdotta una miglior maniera, dice Chambers, ove i giardini sono naturali senza rassomigliare alla natura ordinaria, nuovi senza essere affettati, e straordinarj senza essere stravaganti; ove l'attenzione dello spettatore è continuamente tenuta in sospeso, punta la sua curiosità, ed il suo spirito occupato da una grande diversità di sensazioni; là bisogna, che i giardinieri siano gente di genio, d'esperienza, e di criterio; bisogna, che dessi siano pronti a sentire, ricchi di mezzi, fertili in invenzioni, e che conoscano a fondo tutt'i movimenti del cuore umano.»
Per quanto sorprendenti siano i progressi fatti in Inghilterra nell'arte dei giardini pittorici, tuttavìa sarebbe uno strano pregiudizio quello di riguardare quest'arte come pervenuta colà alla sua perfezione. Per forza di carattere, e per sovrabbondanza di mezzi molto hanno fatto gl'inglesi anche in quest'arte, ma molto resta loro da farsi ancora; ed un esame imparziale ci mostrerà gli errori, ne' quali incorrono sovente. Uno de' principali loro difetti è d'essere ancora troppo limitati. Fino al presente si sono generalmente ristretti al solo genere aggradevole, e non si sono abbastanza estesi su tutte le altre specie sì variate di giardini, che si ponno disporre a norma della differenza dei siti, e dei caratteri proprj a ciaschedun cantone. Questa sterilità si mostra ancora non solamente nella continua ripetizione di torri Chinesi, di kioschi, d'obelischi, di colonne, di tempj, e di cose, e di avanzi gotici, ma puranche nella stessa maniera del piantare. A Kent si rimproverava che le sue masse erano soverchiamente piccole, e non proporzionate agli spazj, e che si attaccava di troppo agli effetti immediati, e che non piantava per l'avvenire. Non mi è riuscito di vedere in Inghilterra de' giardini relativi alle stagioni, e alle parti del giorno. Il miscuglio intelligente delle diverse qualità di verdi, ed il contrasto delle loro forme è appena conosciuto ne' modernissimi giardini. È cosa ordinaria al lungo de' tratti erbosi, de' ruscelli, e de' fiumi la continuazione di gruppi, composti esattamente del medesimo numero, e della medesima specie d'alberi, e di vedere nel restante una continua schiera piramidale di piante, cominciando dalle più basse alle più alte. Gl'Inglesi hanno altresì accumulata una quantità di cose gotiche, d'archi trionfali, di statue equestri, di piramidi, e di circhi, che non sembrano gli oggetti fatti per un giardino.
Il gusto de' giardini Inglesi si è diffuso ben presto in tutta l'Europa, ed è stato avidamente abbracciato dalle nazioni più colte. La Francia si vanta d'avere dato il giorno a Watelet, artista, e poeta d'un rango distinto, che fu il primo scrittor Francese, che sommise i giardini all'invariabilità del bello. Penetrato delle massime, e degli effetti della pittura, fece, per quanto si poteva, l'applicazione delle regole di quest'arte a quella de' giardini; e quest'applicazione fu più felice di quella degli architetti quando trasportarono ne' giardini la simmetrìa dei loro edifizj.
Il signor di Girardin ha composta un'opera preziosa sulla composizione del paesaggio, e sui mezzi d'abbellire la natura intorno le abitazioni, accoppiando l'utile all'aggradevole; e non contento di avere esposta la teorìa, ha presentato il celebre suo giardino di Ermanonville.
In Francia è comparso il poema di Delille, che merita la palma fra tutt'i poemi didascalici sopra i giardini; l'immaginazione del cui autore è ricca, e fiorita, il suo gusto delicato, e formato dall'osservazione della natura, e dallo studio de' migliori modelli.
Anche la Germania in fatto di giardini moderni presenta de' capi d'opera, che possono gareggiare coll'opere più belle delle emule nazioni. La Germania possiede Hirchfeld. Ghesner sollevò alquanto la benda, e Sulzer fu il primo in Germania a collocare l'arte del giardinaggio fra le belle arti.
Dall'ingegno Italiano è fuor di dubbio, che colla scorta de' materiali, col favore della limpidezza del nostro cielo, e bontà di clima[34], questo ramo novello di delizia, e d'utile potrà col tempo essere portato ad un eminente grado di bello nel paese natìo dell'arti geniali; ma era necessario frattanto di avere tra noi in qualche modo una guida, onde conoscere questi giardini, e giudicarne; e sino a che i veri principj dell'arte non erano stati sviluppati a dovere, e resi generalmente cogniti, non prendendosi la buona strada, si andava soggetti a traviare spesso. Scarsi d'immaginazione, e di principj analoghi, privi d'idee chiare, e senza una giusta cognizione della cosa, si vacilla mai sempre, e non si sa che copiare a stento, e con cattivo successo de' pezzi già veduti in altri giardini; ed in questo genere non si tratta mai di copiare, ma d'inventar sempre.
Ora il cammino, che si deve percorrere, seguendo la riflessione, e lo studio della natura, è almeno in gran parte indicato; e si ritenga per massima fondamentale, che il più bel giardino è quello, che è precisamente tutto ciò, che può essere a seconda dell'indole, e qualità del sito, e de' suoi contorni.
INDICE DELLE MATERIE.
Origine dei giardini Inglesi Pag. 1
Descrizione di Chambers dei giardini della China 18
Osservazioni relative all'arte dei giardini del moderno gusto 36
Della destinazione, e dignità dei giardini 47
Della grandezza, e della varietà 52
Quadro della grandezza 54
Quadro della varietà id.
Della bellezza 56
Del colore 59
Del movimento 63
Della vaghezza 65
Della novità, e della sorpresa 67
Del contrasto 70
Della parsimonia, e sobrietà 73
Dei differenti caratteri del paesino, e de' suoi effetti 76
Parti individuali del cantone 79
Eminenze 81
Degli sfondi 82
Delle roccie 83
Boschi 85
Dell'acque 87
Delle praterìe 92
Delle lontananze 93
Accidenti 96
Caratteristico dei diversi cantoni 98
Romanzesco, e magico 101
Dello spazio totale 108
Degli alberi, ed arbusti 125
Catalogo d'alberi, d'arbusti, d'erbe a fiori, e d'erbe da prato atte al giardino all'Inglese 126
De' caratteri distinti delle piante 154
Dei gruppi d'alberi 159
Boschetti 163
Boschi 166
Foresta 170
Cespuglio 172
Landa 173
Dell'ombra, e della degradazione de' colori delle foglie 175
Dei fiori 180
Dell'erba 183
Delle acque 187
Del lago 188
Stagni 191
Dei torrenti 192
Fiume 194
Ruscelli 197
Cascata 201
Delle cateratte 203
Osservazioni sopra le acque 204
Dei cammini, e sentieri 206
Dei viali 213
Dei tempj 215
Delle grotte 226
Dei romitaggi 234
Ruine 239
Siti di riposo 247
Dei ponti 250
Porte 251
Statue 252
Monumenti 255
Iscrizioni 262
Delle fabbriche nei giardini 265
Delle case 268
Abbellimenti di parti isolate di casa di campagna 270
Dei villaggi 278
Dei verzieri 281
Delle citroniere 285
Ripresa, ed osservazioni su varj articoli, particolarmente relativi alla piantagione 290
Concezione d'un giardino 303
Condotta, e filo d'un giardino 309
Dei giardini pubblici 316
Giardini d'università, e d'accademie 321
Giardino d'ospitale 324
Dei giardini di convento 325
Giardini annessi a' cimiterj 326
Giardini relativi alle stagioni 332
Giardino di primavera 333
Giardino estivo 337
Giardino d'autunno 340
Giardino d'inverno 343
Giardini, o scene relative alle parti del giorno 347
Conclusione 353
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.
Tav. I. Pag. 3 Frontispizio esprimente un baccanaletto.
» II. » 24 Scoglio Chinese praticabile.
» III. » 34 Piano generale di casa, e giardino Inglese.
» IV. » 46 Pagliajo rotondo, ricavato du détail des nouveaux jardins .
» V. » 75 Veduta di Woobourn di P. Southcote.
» VI. » 82 Collinetta nella villa Silva a Cinisello.
» VII. » 85 Capanna boschereccia nella villa Cusani a Desio.
» VIII. » 88 Veduta del laghetto nella villa di Monza.
» IX. » 98 Veduta del ponte, del tempio di Venere, ec. ec. nel giardino del Cav. F. Dashwood a West Wycomb.
» X. » 108 Casino in posizione naturale, atta a ridursi a villa Inglese.
» XI. » 124 Veduta del giardino, e di parte del palazzo Belgiojoso in strada risara.
» XII. » 163 Grotta nella villa Silva a Cinisello.
» XIII. » 170 Carbonaja, che forma internamente biblioteca, con cammino.
» XIV. » 173 Antro di Polifemo nella villa di Monza.
» XV. » 183 Veduta del palazzo, e di una parte del giardino del Cav. Fr. Dashwood a West Wycomb.
» XVI. » 190 Veduta del laghetto nella villa Cusani a Desio.
» XVII. » 201 Caduta d'acqua nella villa di Monza.
» XVIII. » 206 Tenda Greca nel giardino Belgiojoso.
» XIX. » 214 Veduta di Wilton di Lord Pembroke.
» XX. » 233 Grotta sforata, d'invenzione di M. Schuricht.
» XXI. » 249 Seggio coperto, d'invenzione di Schuricht.
» XXII. » 255 Piramide con sua cella, spaccato, e pianta, d'invenzione del cittadino la Gardette.
» XXIII. » 261 Colombario, ossia cinerario della famiglia degli Acii nel parco di Belgiojoso, con suo spaccato, e pianta.
» XXIV. » 265 Pagoda Chinese, suo spaccato, e pianta, d'invenzione de la Gardette.
» XXV. » 272 Prospetto del palazzo di Scoonenbergh presso Brusselles, altrimenti chiamato la villa del Lake.
» XXVI. » 276 Casino di caccia, d'invenzione di J. Canter.
» XXVII. » 281 Tempietto a pergolato.
» XXVIII. » 285 Prospetto della citroniera, e di parte del castello di Belgiojoso.
» XXIX. » 290 Casa rustica nella villa Silva a Cinisello.
» XXX. » 302 Modello di piantagione per gruppeggiare le piante.
» XXXI. » 308 Veduta della casa, e di una parte del giardino, ricavata dal piano generale, tav. III, p. 34.
» XXXII. » 326 Campo santo, d'invenzione de la Gardette.
» XXXIII. » 332 Uccelliera del cittadino P. A. Zappa a Sesto.
» XXXIV. » 337 Latterìa di Hohenheim.
» XXXV. » 349 Tempietto antico in rovina, consacrato al mattino.
» XXXVI. » 353 Torre astronomica, d'invenzione di Weinling.
NB. Le vedute ricavate da alcune ville de' contorni di Milano non hanno descrizione; si sono sparse nell'opera quasi alla ventura, e non si danno che per semplici saggi patrii.
NOTE:
1. Fra le opere inglesi meritano d'essere specialmente consultate le seguenti: The rise, and progress of the present taste in planting-parks, pleasure-grounds, gardens etc. in a poetic epistle. 4.º 1767.
Essay on design in gardening. 8.º 1768.
An essay on the different natural situations of gardens. 4.º London 1774.
Letters on the beauties of Hagley, Envill, and the Leasowes: with critical remarks and observations on the modern taste in gardening, by Joseph Heely. 8.º 2 vol. 1777.
The English garden. London, 4.º 1772.
2. Taluni si sono compiaciuti chiamar questi giardini Anglo-Chinesi, e farli derivare dall'imitazione di quelli della China, ma per capacitarsi, che ciò non può essere esattamente vero, basterà persuadersi che una nazione, qual è la Chinese, che non conosce le leggi della prospettiva, e quelle del chiaroscuro, non è possibile che si vanti d'avere giardini pittorici, in nessuna relazione altronde colle estere, e grandi nazioni, dalle quali poter copiare il lor bello, che ha una solida base, e che fa continui progressi. La fantasìa di Chambers ha dato luogo a questa precipitata credenza, stata di poi avvalorata dalla nazionale rivalità Francese. Ciò è applicabile alle altre nazioni dell'antichità, e singolarmente ai Romani, la cui parsimonia, e ferocia ne' tempi della repubblica non li hanno permessi, ed il soverchio lusso sotto gli Imperatori non li ha sofferti. La villa d'Adriano presso Tivoli, il più gran avanzo dell'antichità in questo genere, presenta una situazione infelice, ed accenna un ammasso di terme, di teatri, di naumachie, di canopi, e di circhi.3. Si può riguardare questa descrizione come la sorgente comune, dalla quale si sono ricavate tutte le altre, che si son fatte de' giardini Chinesi, comparse successivamente con più o meno d'addizioni, e di cambiamenti. Chambers ne parlò per la prima volta nella grandiosa sua opera degli edificj, mobili, abiti, macchine, e stoviglie, ec. ec. de' Chinesi, ove, occupandosi di simili oggetti, non si diffuse gran fatto sopra de' loro giardini. L'applauso, che riportò quest'opera, fu senza dubbio uno stimolo di più per impegnare l'autore a pubblicare un nuovo trattato, la sua dissertazione sui giardini Orientali, nella quale estese, e sviluppò il ristretto primiero suo piano, chiamando in suo soccorso il genio, ed il buon gusto, onde propagare un quadro attraente del paro per la sua bellezza, che per la sua variazione, e novità.
In opposizione a questa descrizione si vedano le seguenti opere:
Recherches philosophiques sur les Egyptiens et les Chinois, par M. P. Berlin 1773 8.º
Nouveaux mémoires sur l'état présent de la Chine. Paris.
Voyage d'Osbek à la Chine.
4. In pittura fanno paesaggi, ne' quali non v'ha nè punto di vista, nè lontananze. Le linee fuggenti sono loro egualmente incognite, che i punti, ove bisogna ch'esse si riuniscano. Non hanno veruna nozione delle regole, cui sono invariabilmente sommessi gli effetti della luce, ed ignorano la pratica de' riposi, e delle grandi masse d'ombra, che si pongono sul davanti. Non sanno rompere, nè degradare i colori.5. Quale estensione di parco ciò suppone! Pure Chambers confessa nella sua prima relazione di non aver veduto alla China che de' piccolissimi giardini.6. Le leggi del dramma sono pur tanto analoghe a queste: guai se al primo atto l'uditore s'accorge della sviluppo della catastrofe! Anche i giardini hanno il loro intreccio, il loro principio, il loro mezzo, il loro fine, e a gradi a gradi è d'uopo pervenirci con molta sagacità.7. In Inghilterra segnano il confine di diversi parchi alcuni rari pali con cartello, sopra cui sta scritto di non inoltrarsi, perchè vi son nascoste delle disposte insidie.8. Quelli, che per curiosità, o per amore per la botanica vorranno formarsi una bella biblioteca in genere di fiori, dovranno conoscere, o procurarsi i seguenti libri.
Arena (Filippo), la natura, e coltura dei fiori; Cosmopoli, 1771.
Boym (Michele), gesuita, Flora Sinensis; Viennæ Austriæ, 1656, in fol.
Bry (Gio. Teod.), Anthologia magna; Francof., 1626, e 1641, tom. 4.
Besleri (Basilii), Hortus Eystettensis; Norimbergæ, 1613, 2 vol., in fol.
Dillenii (Joan. Jac.), H ortus Elthamensis; Lond., 1732, fol. mag.
Ferrarius, de Florum cultura; Amst., 1664, in 4º, con figure.
Hortus Malabaricus; Amstel., 12 tom., in fol., con figure.
Laurembergius (Petrus) de Plantis Bulbosis, et Tuberosis; Francof., 1654, in 4.º.
Liger, le Jardinier Fleuriste; Paris 1705.
Linnæ (Caroli), Hortus Cliffortianus; Amstelodami, 1737, in fol.
Miller, Dictionnaire du jardinage.
Munting (Abrah.), Phytographia curiosa; Amst., 1711, in fol.
Passæus (Crisp.) Hortus floridus; Arnhemii, 1614, e a Utrecht, sotto il titolo di Jardin de fleurs par Crespin de la Passe.
Parkinson (Joan.), a choice garden of all sorts of rarest flowers; Lond., 1656.
Pontederæ (Julii), Anthologia; Patavii, 1720, in 4.º cum fig.
Recueil de plantes orientales, occidentales et autres, incise da Roberto Châtillon, e da Bosse.
Rossi (Gio. Dom.), nuova raccolta di fiori cavati dal naturale; Roma, 1645.
Sloane (Hen.), suo viaggio alla Giamaica, in Inglese; Lon., 1725 in fol.
Swertius (Eman.), Florilegium; Amstel., 1647.
Theatrum Floræ, ec.; Parigi, 1622, in fol.
Traité de la culture des fleurs; Paris, 1658, in-12.
9. Menzione quì può farsi degli alberi annosi mal convenienti nella scena ridente, e tanto raccomandati dalla natura nel luogo solitario, ove presieda il sacro orrore del bosco: quegli alberi di scorza rugosa, di tronco irregolare, ramosi fino talvolta alla radice, ricoperti di piante parasite, che rendono tanto bella e pittoresca la natura del tronco medesimo. Essi sono variati sulla superficie delle loro scorze nericcie dai licheni, che dall'aria, e dalle acque ricevono colori molto diversi, o rossicci, o biancastri, e più comunemente di un giallo dorato, che produce un caldo di tinte meraviglioso. Sono talvolta consimili monumenti venerandi della madre degli esseri coperti di folto musco, e non meno vago è il risultato di questa pianta su vecchi tronchi, come quello sempre commendabile, pittoresco, e leggiadro della tenace tortuosa famiglia delle edere multiformi. Rispettato in luoghi umidi sia ancora il fungo, che veste talvolta il piede di alcuni alberi nell'autunno, e produce vicino all'erba un ottimo effetto, sia per il contrapposto delle sue tinte gialle, o biancastre, sia per il liscio lucente della sua superficie vicino alle scabre rughe della pianta matrigna.10. I fiori, e le piante più rare si fanno venire dall'Olanda, o dall'Inghilterra. Dall'Olanda arrivano più sicure; dall'Inghilterra soggiacciono a maggiori pericoli: ma nel secondo paese ve n'ha una copia maggiore, e sono a minor prezzo. Colà si potrà dipendere dai mercanti botanici Gordon, Dermer, e Thomson, stabiliti presso Londra, de' quali è noto il lussurioso catalogo.11. La fontana di Brusselles del Mannekepisse è assai più ragionevole.12. Gli alberi furono i primi altari, ed i campi i primi tempj. Quelli di pietra, e di marmo nacquero col progresso dell'architettura. Per conservare l'antico rito si costumava piantarvi intorno de' boschi, e questi boschi erano riputati sacri. Ebbe principio in Egitto la costruzione dei tempj; di là fu portata presso gli Assirj, i Fenicj, ed i Sirj; passò quindi nella Grecia colle colonie, e dalla Grecia a Roma. Tale fu la marcia costante della religione, delle scienze, e delle belle arti.13. L'arte architettonica de' tempj era presso i Greci, e i Romani altrettanto diversificata, quanto resa al maggior grado di perfezione. Li dinotavano con i seguenti principali termini: tempio tetrastilo con quattro colonne di fronte; prostilo con colonne avanti; amfitrostilo con colonne avanti, e indietro; periptero a semplice galleria intorno; diptero a doppia; monoptero rotondo con cupola portata da colonne; hipetro colla parte interiore scoperta.14. Il rispetto, che si aveva pei tempj, corrispondeva alla loro bellezza. Erano sicuro asilo al debitore, e al colpevole; in essi non era lecito di tampoco sputare; e nelle pubbliche calamità le donne più gentili prosternate nel santuario vedeansi bagnare il suolo di lagrime, e scoparlo co' proprj capelli. Raramente il conquistatore osava di rapirne le ricchezze; poichè la politica, e la religione del pari contribuivano a rendere questi monumenti sacri, ed inviolabili.15. L'interiore di questi tempj era di una mirabile semplicità; tutto il lusso dell'architettura veniva impiegato al di fuori. Erano per la maggior parte circondati da colonnati, e preceduti da un vestibolo a diverse file di colonne, coronato da frontone, nel cui timpano erano espressi in basso rilievo de' combattimenti, e de' sacrificj. Le colonne posavano alla stessa altezza; non si collocavano giammai le une sopra le altre. I tempj de' riformati s'accostano più de' nostri alla purità, e allo stile de' Greci, e de' Romani. In Londra non esiste un sol tempio moderno immaginato come i nostri, che generalmente non sono che ossature gottiche con ornamenti romani.16. Le caverne sono grandi cavità ripiene di squallore, e di precipizj nelle viscere della terra. Esse si formano per lo divallamento delle roccie, o come si formano gli abissi, e le voragini, per lo scoppio de' vulcani, per l'azione dell'acque, de' vapori sotterranei, e de' terremoti. Queste non sono da introdursi ne' giardini.17. In nessun'altr'opera, quanto in quella delle grotte, il vecchio stile manierato ha fatta una maggior profusione di denaro, di spirito, e di non senso. Ridondavano di simmetrìa, di scale superbe, di colonnati, di statue, e di quadri. I cristalli, le conchiglie, i coralli erano sparsi dovunque; e dove la magnificenza era portata al suo colmo, si vedeva comparire il vero Nettuno composto di mille lucidi sassolini fra getti insidiosi d'acqua, che slanciavano il gambero maliziosetto, e la disinvolta tartaruga, e fra i portentosi suoni d'organi, e di pifferi, che formavano le acque.18. Per variar gli oggetti, invece degli ordinarj romitaggi, si possono introdurre altre specie d'edificj, e di dimore, dedicate alla malinconìa, e alla contemplazione. Possonsi consacrar queste fabbriche non soltanto ai romiti famosi, ma alla memoria ancora d'antichi filosofi, celebri coltivatori della solitudine. Nessuno più di Pitagora, tra i saggi dell'antichità, sembra aver meglio apprezzato i doni della vita campestre, e quella che consigliava a' suoi discepoli, era venerabile, e piena d'allettamento.19. Young nel suo giro nelle parti orientali d'Inghilterra ci riporta la descrizione dell'antica abbazìa di Roche, che si cerca di connettere col vicino parco di Sandbec. Con questa mira si travaglia a formare nel detto parco una nuova scena, il cui spazio consiste in una stretta valle tortuosa, e arborata, quale percorre serpeggiando un ruscello, che bisbiglia attraverso li massi distaccati da rocchi scoscesi, che circondano i fianchi della cavità. Nel mezzo della valle sorgono le rovine dell'abbazìa con grandiosi frammenti di muro, e con archi spaziosi, compiuti in parte, ed in parte spezzati. Tra gli avanzi de' muri, umili arbuscelli spiegano i rami fra le rovesciate colonne; le pareti son tapezzate d'ellere, che vi pendono in tai siti a guisa di festoni. Le tombe de' monaci, i monumenti de' benefattori posti in obblìo da lungo tempo, e le basi delle distrutte colonne sopravanzano l'erba. Infranti quà, e in là si veggono de' gottici capitelli, delle parti di membrature travagliate con molt'arte, e delle statue fracassate. Altri avanzi crepacciati, e in apparenza di crollare, occupano tuttavìa l'antico lor posto. Una rovinata scala, che conduceva sopra una torre, che il tempo ha distrutta, è rimasta in piedi ad una grande altezza, inaccessibile, e scoperta. Nulla v'ha di ben conservato, ma vi restan le traccie di tutto; e queste rovine non lasciano verun dubbio sulle proporzioni, e l'inservienza dell'antico edificio; e radunano in folla nel nostro spirito tutte le idee, che possono nascere all'aspetto d'un luogo antico, consacrato alla religione, e che non presenta oggigiorno che desolazione, e squallore.20. I Greci costumavano di fare le loro statue nude, per meglio rappresentare la natura. I Romani distinguevano le loro statue dagli abigliamenti, chiamando paludate quelle degl'imperatori, dal lungo manto guerriero, che le coprivano; thorocate quelle de' capitani, e cavalieri, dal loro sorcotto; loricate quelle de' semplici soldati. Le statue de' senatori, e degli auguri erano dette trabeate; togate quelle de' magistrati; tunicate quelle del popolo; stolate quelle delle femmine. Le statue si possono distinguere in edestri, equestri, ed assise. La grandezza delle statue si divideva in tre classi: grandi, mezzane, e picciole. Le grandi si suddividevano in altre tre classi; chiamandosi auguste le più grandi dell'altezza naturale, eroiche quelle, che avevano due volte la dett'altezza, e colossali quelle, che si distendevano fino a tre altezze, e più. Le piccole statue pure si dividevano in tripedanee dell'altezza di tre piedi, in cubitali, e palmari. Quanto alla materia, di cui originalmente furono esse composte, v'è apparenza, che la creta, come la più maneggevole, e la più atta a ricevere qualunque forma, fu impiegata per la prima. In seguito fu impiegato il legno; ed i Romani non ebbero per lungo spazio che degli Dei di legno, anche dopo che la scultura assoggettò la pietra, ed il marmo. Vedi Pausania, Plinio, e la dissertazione di Frigelino: de statuis ec. ec.
Trattandosi dell'arte de' giardini ragionati, che ammettono tempj, ed edificj ornati da statue, le più minute particolarità, e circostanze relative alle stesse non sono da ignorarsi.
21. La semplicità maestosa del Greco, e del Latino non sostiene egualmente le altre lingue, e sovratutto la Francese, che langue pei suoi incomodi gerundj, e per lo impiego de' verbi ausiliarj, ai quali è indispensabilmente soggetta, e che sono sempre gli stessi. Nel parco di Leasowes sopra un'urna, consacrata alla memoria d'una giovine parente, si legge questa toccante iscrizione:
PERAMABILI · SVAE · CONSOBRINAE M · D AH · MARIA PVELLARVM · ELEGANTISSIMA A · FLORE · VENVSTATIS · ABREPTA VALE! HEV · QVANTO · MINVS · EST CVM · RELIQVIS · VERSARI QVAM · TVI MEMINISSE
22. Si è quì posto un pezzo d'architettura chinese, che per verità è molto bizzarra, ed inverosimile, mancante di belle forme, ed oppressa da superflui ornamenti meschini, e ridicoli. Felicemente per noi questo gusto è passato di moda, che indipendentemente dalla grave spesa, a cui c'impegnava, era in una singolar contraddizione col paese, che abitiamo, e col nostro clima. Lo stravagante lusso del secolo non si accontentò delle sole scipidezze chinesi; progredì oltre e furon messe a contribuzione le opere egizie, le moresche, e le turche. Si riunivano in un piccolo spazio gli edifizj, e i prodotti di regioni così differenti, che il quadro, che ne risultava, era affatto buffone, e l'immaginazione la più disordinata non era in grado di sostituirne un altro più confuso.23. L'arte delle congiunzioni, e quella dei passaggi riescono la parte più difficile per l'artista giardiniere, come lo sono per il compositore di musica, e per il pittore.24. I raggi di luce rifranti dal prisma determinano meglio d'ogni altra legge le affinità dei colori.25. Meritano distinta menzione le seguenti varietà, che si sono ommesse nel catalogo. Acer pseudo-platanus fol. variegatis. Aesculus hippocastanum fl. luteo varieg., fl. albo varieg. Arbutus unedo fl. rubro, fl. pleno, fol. crisp. Betula laciniata, incana, glutinosa. Carpinus quercifol. Celtis fol. varieg. Chionanthus latifol. Clethra nana. Crataegus fl. pl. Cytisus fol. varieg. Daphne fl. rubro praec., fl. albo praec. Fagus foliis varieg. Gleditsia caul. virid. Hedera fol. varieg. Ilex aquifolium fol. varieg., aur. varieg., argent. varieg., angustifol. Itea minor. Iasminum fol. argent., fol. aureo varieg., angustifol. Juniperus fol. varieg. Ledum fol. varieg. Magnolia ferruginea, glauca fl. pleno. Myrica sempervirens. Phyllyrea latifol. non serrat. Phlomis angustifol. Pinus larix nigra, repens, rubra. Populus balsamifera fol. varieg. Prunus laurocerasus fol. argent., fol. varieg. Pyrus fol. varieg., fl. pleno. Quercus robur fol. varieg. Rhamnus alaternus fol. argent., varieg. Robinia pigmaea. Rosmarinus fol. argent., fol. aur. varieg. Rubus fructu albo. Salix caprea fol. variegatis, purpurea. Sambucus fol. varieg. argent., varieg. aureo. Stewartia Marylandica. Tilia viminibus rubris. Ulmus fol. varieg. Vaccinium minor. Viburnum fol. varieg., fol. hirsut. Vinca fol. aureis.26. Proponendosi di costruire un giardino, converrà da principio formare sulla carta il piano generale, portando le viste in là al possibile, e procedere in appresso lentamente coll'esecuzione; oppure tutto ad un tratto formare l'intera piantagione, e d'anno in anno aggiungervi le fabbriche, e gli oggetti dell'arte, che ricerca.
Adottate idee, che si possino eseguire, e che corrispondino ai vostri mezzi permanenti. L'abbracciare progetti giganteschi tanto nelle private, quanto nelle pubbliche opere, è fissare l'imperfezione, e stabilire un perpetuo imbarazzo. Si sbilancia se stesso, e i successori; e si priva se, e gli altri del possibile godimento. L'opera difficilmente vien progredita sulli disposti disegni; resta ineseguita, o grandemente alterata; non risulta quanto poteva, o doveva essere.
27. Le descrizioni di Blenheim, di Stowe, di Hagley, di Painshill, e di tant'altre famose ville Inglesi, che si avrebbero volute quì porre, si potranno leggere nella voluminosa opera d'Hirchfeld, in quella intitolata: «L'art de former les jardins modernes» in 8.º, ed altrove.28. Il prato della valle in Padova presenta le statue d'uomini illustri, benemeriti di quella città; ed un Signor Milanese a proprie spese ha fatto colà erigere la statua d'un insigne giurisconsulto suo parente, che ha illustrato quella università.29. Fra i passeggi pubblici più belli, come si trovano oggigiorno, forse ne porta il primo vanto in Europa quello chiamato il Prater presso Vienna, situato in una grand'isola, che forma il Danubio. Ma le sue fabbriche sono meschine, le rive del fiume disordinate, e sconcie, i suoi ponti miserabili, e nelle escrescenze è messo tutto sott'acqua.30. Questo costume sempre adottato da tutte le nazioni veniva riguardato come sacro, e sanzionato da leggi a ciò apposite, come ne fanno menzione tutti gli storici, gli oratori, ed i critici. Antonino Pio «intra urbem sepeliri mortuos vetuit.» Diocleziano, e Massimiano «mortuorum reliquias ne sanctum Municipiorum jus polluatur intra civitatem condi jampridem vetitum est» e la stessa legge delle 12 tavole «nefas erat intra mœnia mortuum sepelire.»
Nè agevole era punto l'ottenere la distinzione d'essere sepolto nelle città, perchè Servio Sulpizio scrivendo a Cicerone attesta, parlando di Marcello morto in Atene: «Ab Atheniensibus locum sepulturae ut darent intra urbem impetrari non potui, quod religione se impediri dicerent, neque tamen ante id cuiquam concesserant.» Isidoro poi confermando quanto sia ciò pregiudicievole alla salubrità, accenna come il costume di seppellire fuor delle mura si adottasse posteriormente. «Prius autem quisquis in domo sua sepelibatur: postea vetitum est legibus, ne fœtore ipsa corpora viventium contacta inficerentur.» Cicerone, Plutarco, Strabone, Pausania portano mille autorità su questo proposito, parlando anche dei popoli di Smirne, di Sicione, di Delo, di Siracusa, di Corinto, ec.
31. Vedi lavignetta posta in testa del presente articolo.32. Veggasi l'opera intitolata: «Recueil d'idées nouvelles pour la décoration des jardins, et des parcs dans le gout Anglais etc.» Leipzick 1796.33. Vhately, Vatelet, de Lille ci danno descrizioni oltremodo seducenti di possessioni d'un corrispondente lusso, e delizia, quali valgono meglio di molti giardini.34. Non è però da dissimularsi che la freschezza, la temperatura, la limpidezza delle acque, la mossa del terreno dell'Inghilterra, l'umidità, e l'ostinazione Inglese, se non sono qualità esclusive, volute da questo genere, almeno lo rendono colà più praticabile, e più delizioso, che altrove.
ERRATA.
Frontispizio sylvanumque leggi Sylvanumque
Pag. 33, lin. 24 basta segnare basta a segnare
40, 18 il piano i piani
65, 2 leggermente leggiadramente
73, ultima lentezza lautezza
172, 2 rissorse risorse
282, prima puuto punto
312, 21 fiilosofo filosofo