SOMMARIO

AvvertenzaMiscellaneaCorreggiIL LIBRO DELLA CUCINAAnnotazioniTavola di alcune Voci e modi di direIndice d'altre VociIndice dei capitoliRettificazione

IL LIBRO DELLA CUCINA DEL SEC. XIV

TESTO DI LINGUA NON MAI FIN QUI STAMPATO

BOLOGNA Presso Gaetano Romagnoli 1863

Edizione di soli 202 esemplari ordinatamente numerati N. 99

TIPI FAVA E GARAGNANI

Al Chiarissimo Signore, SIG. FRANCESCO CORAZZINI

PROFESSORE DI STORIA E DI GEOGRAFIA NEL R. LICEO DI BENEVENTO.

Molto illustre Signore,

A un caldissimo amatore e felice coltivatore de' nostri antichi classici studii, quale è la S. V. Ch.ma, non puote certamente ispiacere l'offerta di questo LIBRO DI CUCINA, dettato, a quel che si pare, nell'aureo trecento, o in quel torno, e non mai, per quanto è a mia notizia, fin qui reso di pubblico diritto. La S. V. Ch.ma nel passato anno, tratta da soverchio di amorevolezza, volle testificarmi l'affezione sua pubblicamente, intitolandomi l'erudito e candido suo ragionamento sulla necessità di conservare e accomunare la lingua; ed io oggi voglio in qualche maniera rendernele un poco di contraccambio, per giustizia ed equità, e per la gratitudine e la stima che caldissime verso di Lei sento.

Or si compiaccia dunque, o molto illustre Signore, di accettare con lieto viso questa mia testimonianza de' prefati ragionevoli sentimenti; e mi creda, quale con singolare affetto ed ossequio, ho l'onore di dichiararmi

Di Bologna, nel Novembre del 1863.

Suo Obbl.mo Servidore FRANCESCO ZAMBRINI.

AVVERTENZA

Niuno si faccia a credere che, nella pubblicazione di questo libro, io abbia avuto in animo porgere ammaestramenti di buona e gentile cucina: no, per mia fede. Le ragioni che mi mossero a torlo dall'oblivione in cui si giacea, trassero dal desiderio di accrescere sempre più la messe de' vocaboli, spezialmente domestici e di cose attinenti alle arti, della quale il nostro libro è assai abbondevole, e di offerire un testo che ci rappresenta al vivo le costumanze de' nostri antichi, per ciò che risguarda l'uso delle loro vivande e delle mense. La qual cosa tanto più feci volentieri, in quanto che niun libro di simil genere, secondo ch'è a mia notizia, scritto in volgare nel sec. XIV, venne finora reso di pubblica ragione. Questo duplice vantaggio dunque me ne dette stimolo, e m'avviso che bastar debba perch'ei torni bene accetto al colto ed erudito leggitore. Nulla ha a fare coll'antico libro De re culinaria di Apicio, nè con altri trattati latini, anteriori al sec. XIV; ma egli è senza dubbio scritto originalmente da penna toscana, e per avventura, non ostante pochi senesismi ed altri vocaboli speciali soltanto a diverse provincie italiane, fiorentina. La semplicità, l'eleganza e la sobrietà, conforme il comporta la materia trattata, vi spirano da ogni lato. Per comprovarlo a un girar d'occhio, veggasi il seguente capitolo:

Nelle gran feste e dì pasquali, fà di pasta uno arbore o vite, o giardino. E insù l'albore appicca pomi, pere, o uccelli diversi, o uve, ciò che tu vuoli, fatti di pasta distemperata con ova: e debbiansi empire di empiture sopra dette e coloralle di diversi colori, come giallo, verde, bianco e nero. A onore del detto arbore, poni nel mezzo d'esso uno pastello, ovvero gabbia piena d'uccelli; e in tale arbore puoi ponere tutti i frutti, li quali troverai, secondo e diversi tempi. Quando si portarà nella corte, facciasi sotto l'albore (o vite, o giardino) fuoco di legne altamente, e ponanvisi vergelle odorifere; e ponanvisi pomposamente.

Così scriveva forse un idiota cuoco, che vivea cinquecento anni fa! Ciò nondimeno, colpa dell'antico amanuense, in assai luoghi mi sono abbattuto, senza dubbio corrotti ed errati, la più parte de' quali io mi cimentai colla critica a rettificare. Se ci riuscii felicemente, bene sta; se non, sia come non fatto; anzi prego l'indulgenza del cortese pubblico a passarsene come se le mie osservazioni non fossero, lasciando nel senno de' meglio avveduti l'indovinare più acconciamente, e darne spiegazioni meno lambiccate.

Secondo il mio costume, io mi tenni strettamente all'originale, nè feci che leggerissime mutazioni di grafia, come predicti in predetti; pescio in pesce; poi, verbo, in puoi; de in di, e cotali altre coserelle scambiai di niun momento, le quali nè danno, nè tolgono la veste del tempo, ma non sono che varietà introdotte per lo più da' copisti.

Oltre le opportune note, posi in fine una Tavola di voci e modi degni di osservazione, colla giunta di un Indice di que' vocaboli, che, sconosciuti affatto, indarno si cercherebbero ne' lessici della nostra lingua; de' quali poi abbiamo la propria significazione dalla specialità di ciascheduna vivanda, donde traggono il nome. Note esplicative di antichi vocaboli, oggi disusati e proprii soltanto dei primi secoli della lingua, non posi mai, o quasi; tenendo per fermo che non n'avesse bisogno chi si fa a leggere in volumi di simil genere, anco persuaso che per niuno de' miei leggitori non potrebbesi giammai rinnovellare veruno equivoco, della foggia che intravvenne a un cotal Borso Zeminian da Sant'Ambrosi; il qual come fosse, e come la bisogna andasse, voglio brevemente, e secondo un manoscritto da me posseduto, qui a piè dimostrare.

Secondo che io ho udito raccontare da persona degna di fede, egli ebbe, non sono ancora molti anni passati, nel contado modanese, un cotal Borso Zeminian da Sant'Ambrosi, il quale, tuttavia essendo fanciullo, checchè la cagione si fusse, a Bologna da' genitori suoi fu condotto. Dove poi crescendo negli anni, e, com'è costume, mandato alle scuole perchè egli apparasse leggere e scrivere, ed essere un savio e prob'uomo, intervenne che, stante ch'egli avea dalla natura sortito un così ruvido e ottuso ingegno da non isperarne cosa che buona si fusse, per quanto ei s'affaticasse, e per quantunque i precettori si dessero attorno ad ammaestrarlo, e' non venne giammai a capo di alcun poco di bene; sicchè, pure quasi come colui che non isguardò a libri di sorte alcuna, nella sua innata ignoranza sempre poi fino alla morte si rimase. Ma però che dove è ignoranza, ivi suole essere prosunzione, così perch'egli avea letto più volte il Fiore di Virtù, la Storia di Barlaam, i Reali di Francia e Guerrino detto il Meschino, e ne avea spigolati e ricolti in un suo quadernuccio, come gemme e tesori di lingua, tutti i riboboli e le parole strane che in que' libri si trovano, egli si credeva un gran Sere, e si spacciava per un gran letterato e conoscitore e ristauratore delle opere del trecento: e di libri e di scrittori e di cose letterarie nelle brigate e fuori non finava giammai di strombazzare; e ne diceva le più stolte cose del mondo, e le più ridevoli; e tali e tante in somma da disgradarne quel benedetto Calandrino, e il Carafulla: e, secondo il vezzo degl'ignoranti, a quale vi vogliate scrittura, anche di dott'uomo, che venisse alla luce, costui apponeva, e ne voleva trovar difetti, e ne diceva le sconcie parole con ognuno, ora appuntando una virgola, ora trovando un c rovescio, ora un o corsivo dove tondo, siccome lui, esser dovea, e cotali altre stucchevoli miseriuole, menando per ciò tanto scalpore con chiunque s'abbattesse, ch'e' riusciva più impronto della tosse. A questa sua prosunzione e follia aggiugnevasi per soprappiù una sì sfrenata e sudicia e abbominevole e calunniatrice lingua, che egli avrebbe detto corna anche di messer Domeneddio, quando glie ne fosse venuto il mal talento. Nel contendere, ed anco nel favellare tranquillo e dimestico era sì insolente, plebeo e svergognato, che avrebbe vinto un granducale gabellier livornese, e un birro papale. Insomma egli era uno di que' cotali omicellacci, quasi idrofobi, che, conoscendosi inetti affatto a ogni buon'opera, ed avendo pure il ruzzo in capo di volere apparir dotti, s'ingegnano e brigano di mettere in iscredito le fatiche degli studianti, avvisandosi mattamente, coll'abbassare altrui, di innalzar sè medesimi; e così provocano e prendono per lo petto i pacifici uomini, acciò ch'ei divengan per forza irosi e mordaci. Era costui bassotto di sua persona, con un cotal viso arcigno e molesto, che, fisamente sguardandolo, avresti detto: oh! ei ci venne per fare uggia ad altrui! ove stavano due disuguali occhiuzzi porcini (l'un de' quali inferiormente bitorzoluto), che indicavano orgoglio, ignoranza e ingratitudine; e donde lieto sporgeva un nasello, nella sua picciolezza pieghevole e mobile come la proboscide d'un liofante, tanto rivolto all'in su ed aperto, che parea ch'ei sogghignasse alle glorie. La bocca era tagliata conforme le parole luride, che del continuo da essa partivano; e l'orecchie poco si discostavano dalle comuni, salvo che le estremità, più ardite, signoreggiavano intellettualmente, forse di qualche pertica, la cima del cucuzzolo. E dalla parte superiore della manca guancia discendeva una lista di pelo bianco quasi come la neve; la quale, a modo di barbagianni, girando sotto la gola, risaliva poi convenevolmente lungo la diritta, fino alla uguale altezza della contrapposta; sicchè Borso era ancor giovane allora ch'ei dette una solenne mentita a quel proverbio, che dice: — Gli ultimi a incanutir sono i c....ni. — Onde tra per le suddette ragioni, e perchè egli avea non so quale altra cosa, ch'io non vo' dire, sì prolungata, immensa e sconcia, da potersene fare la cuffia alla testa d'ogni gran toro, veniva dal popolo, per dispregio, non Borso Zeminian da S. Ambrosi, ma Borson Birrino il maldicente, comunemente appellato. Ora lasciando da una parte queste ed altre simili tacche, e a quel venendo che più importa, dirò, che egli stava compilando, per alfabeto, non so quale suo Operone sugli spropositi di tutti i filologi italiani, forse da Adamo in qua, niuno eccettuato (a compiere il quale, lavorando dì e notte, ci avrebbe spesi bene un otto anni, abborracciando un 6000 pagine, in gran foglio); e già era pervenuto, a quanto egli stesso affermava, al c o co, e gli cresceva la materia tra le mani, quando gli avvenne quel ch'io sono per dirvi. Invasato costui e fradicio nelle storpiature del 300, oltre le quali, come dicemmo, niuna cosa più conosceva, accadde, che, dovendo egli condursi una volta per certe sue bisogne (forse a cercar fave, di cui andava assai ghiotto) su quel di Pontecchio, diessi attorno per rifornirsi d'una cavalcatura. E non potendo averne cavallo alcuno che ben gli stesse, stante che pochi bolognini volea trar fuori di quella sua stemperata e maledetta borsa, piena tutta di borra e di fastidio, alla perfine, mettendo in non cale la gelosia che nascere ne potesse e il pericolo di fare a' calci, pose di torre a fidanza un asino. Misesi dunque per la città dimandando or l'uno or l'altro se avea l'asino da prestargli; e niuno non ritrovandone per domandare che si facesse, accadde, ch'e' venne ad abbattersi in una contrada detta san Mamolo, dove al sommo della porta d'una bottega stava scritto con tanto di lettere: — Spaccio d'Anisi. — Or ciò vedendo Borsacchione, e risovvenendosi un tratto, come gli antichi talvolta, per trasponimento di sillabe, scambiavano il significato d'una parola in quello d'un'altra, e che per ciò stesso in luogo di prefetto dicevan perfetto, di indivia invidia, di prelato perlato e cotali altri ciancioni; grosso come era e materiale oltremodo, non ricordandosi punto il tristanzuolo, che non già nel secolo XIV, ma nel XIX vivea, s'avvisò troppo bene, che Anisi ed Asini fosse una sola cosa, sicchè di presente disse fra sè: Hojo, gnaffe, el fristolo m'àe dibonaire mente atato: alle guagnele, eo en caballo, et ratearòe a bolontate, et fave manicaròe a dispitto de fratelmo, et diverròe piùe rogente! ed entrò sicuramente alla bottega, e incominciò a voler fare il nolo. Ma coloro che là entro erano, riconosciutolo per Borson Birrino il maldicente, credendosi che questo egli avesse fatto per torsi giuoco di loro, dicendogli le maggior villanie del mondo, fuggendo egli, se gli cacciaron dietro con grossi e nocchieruti querciuoli; e, raggiuntolo, il conciaron sì bene, che non gli lasciaron in dosso parte alcuna del corpo, che macera non fosse; e avvegnachè troppo tardi, pure il cattivello alla perfine s'avvide, che mal fanno coloro, che vogliono esercitare l'altrui mestiere. Ma questo, secondo che mi fu raccontato, poco gli giovò poi nel rimanente, perchè in iscambio di mutar modi, e di attendere a portar some, vieppiù accrebbe e in petulanza e in maldicenza e in odio verso altrui; nel che, come d'animo perverso ch'egli era e turpe, se ancora fosse per i tempi, tuttavia si rimarrebbe[A].[A] In questo medesimo ms. stanno molte altre avventure di costui, intitolate: Commentario della Vita e degli studii di Borson Birrino, corredato di preziosi documenti, che alla circostanza produrremo per intero, perchè gutta cavat lapidem.

Il codice manoscritto del LIBRO DELLA COCINA sta nella R. Biblioteca dell'Università di Bologna, in una Miscellanea, segn. del num. 158; il quale intendo qui appresso descrivere a utilità degli amatori della bibliografia italiana. Valgano queste mie cure a rendermi vie più benevoli gli amatori delle nostre antiche lettere.

MISCELLANEA.

Codice membranaceo dei secoli XIV e XV, in foglio, a due colonne, di carte 101, delle quali l'ultime due bianche: segnato già N. 143, Aula II-A; ed ora, conforme la segnatura del Bibliotecario, sig. prof. cavaliere Liborio Veggetti, N. 158. Comunque i caratteri sieno di più tempi, di varie forme, e di diverse penne, leggonsi tuttavia sufficientemente bene. Nella prima carta, recto, trovasi scritto quanto segue, di mano moderna, e forse del finire del passato secolo: Manoscritti italiani antichi, Cod. Saec. XIII e XIV, Adjectis nonnullis XV. A mio avviso nulla vi ha, che appartenga al sec. XIII. Pervenne a questa Regia Biblioteca Universitaria dalla munificenza di Papa Benedetto XIV. Vi si contengono le seguenti cose:

I. — Segni che sirano inazi al dì del iudicio.

È l'opuscolo diviso in 15 brevi rubriche, secondo la partizione delle 15 giornate che indicano i Vangelisti. Si contiene nella metà della prima carta, verso, unica non a colonnette; e comincia: El primo dì. El mare salzara ecc. Finisce: poi la gete resuscitara al iudicio.

II. — Doue, e, linferno, dei suoi nomi, e che paduli de fuocho e fiumi i saui li descriuano.

Occupa il rimanente della pagina suddetta, e comincia: Inferno, e, ditto perche ifra, cioe posto di sotto. Finisce: E così luochi etiadio de purgatorio. Seguitano tre versi in latino delle pene dell'inferno.

III. — Leggenda o Storia di santa Anfrosina.

Si comprende in 132 strofe di vario metro, cioè ora di sei, ora di sette e talvolta di otto versi. Comincia col titolo seguente: Anfrosina beata vergene puedente humile e soferete Tra monaci moristi monacata. Segue la prima strofa, che comincia:

Per dir la storia tua e la legenda

Co diuotion cio posto intendimento

E pche chiaramete ognom lanteda

Prima diro com fu tuo nascimento

Po del conoscimento Cauesti a dodici ani

Poi co uestisti i pani Dun secular per essere monacata.

Finisce:

E simile mente ancor si aduocata

Di chi lalegie canta e sta a odire

Virgine benedecta si pregata

Pregar per noi al somo et'no sire

Che ce faccia coprire

Di manto di salute

A la soma virtute

Si che nostra aima sia glorificata.

IV. — Le Noie.

È un curioso componimento satirico, in terza rima, di Antonio Pucci, già edito fra le sue Rime, ed il quale pur trovasi al codice N. 147 con questo titolo: Le Noglie del Patecchia. Comincia:

Io prego la diuina maiestade

Supna alteza soma sapieza

Lume infinito eterna ueritade

Che nella mia ingnorante itelligenza

Spiri alquanto del beato lume

Che fa riluminare la coscienza

Finisce:

A noia me quado elli e dimandato

Limosina per dio a più psone

Chel pouero sia dapiu pouero cacciato.

V. — Doctrina de lo Schiavo de barj.

Sono varie Sentenze o Proverbi già più volte stampati nel secolo XV e XVI, o sotto questo medesimo titolo, o con quello di El Savio Romano. Trovasi eziandio quest'opuscolo in alcuni mss. intitolato: Ammaestramenti di Salamone. Secondo il nostro codice, una ristampa io ne feci nel passato anno, tenendone però a confronto un altro della libreria de' Cann. di S. Salvatore di qui, e uno Laurenziano. Comincia:

Al Nome sia de Dio e de buono incomiciare

Tutte le cose che lomo vene a fare.

Intedi figliuol se uuoli imparare Sapienza

Finisce:

Copiuto e oramai questo dittato

Abbia quei che fece esto tractato

In questo mondo da Dio buono stato, e si nellaltro.

VI. — Cinque Sonetti e una Lauda.

Nè i Sonetti, nè la Lauda han nome d'Autore. Ecco i capoversi di soli quattro de' prefati Sonetti, giacchè uno d'essi, ed è per ordine di scrittura il terzo, resta inintelligibile.

Il giouene che uol portare honore.

Questo Sonetto leggesi riportato dal Mai nel suo Spicilegium romanum; vol. 1.º, pag. 688, come di un Ciano o Cino del Borgo S. Sepolcro.

O no posso trovar chi ficchi lagho

Leggesi fra le Rime del Burchiello. In alcuni codici però si ascrive all' Orcagna, e come di lui si diè fuori dall'egregio sig. prof. Francesco Corazzini, a pag. 321 della sua Miscellanea di cose inedite o rare; Firenze, Baracchi, 1853, in 12.º

Da la fortuna si vole imparare

Denon dinegare ch sia pisano.

Riporteremo per saggio il seguente, che credo inedito.

Da la fortuna si uole emparare

Spirituale e temporale usanza

In questo modo no preder baldaza

Ma serui a Dio p altro aquistare

Quando se sano procaccia d'avanzare

Si che nel difecto no abbi machaza

Nellaltrui ben non auer speraza

Che ciascun ama se piu chel copare

Pero quado tu se in giouenitate

Procaccia si che sel tepo taualla

No tiritroui uecchio in pouertade

Che tal co techo dalegreza galla

No che ti desse denari o derrate

El no tidarebbe del loto de la stalla

Ma se da te arai nell'altrui scala

Non ti fia detto come ala cichala.

La Lauda, che è di strofe 26, comincia:

Misericordia eterno Dio

Pace pace Signor pio

Non guardare al nostro errore.

Finisce:

A honore e laude sia

De la Vergine Maria

Questa sentenza ria

Da noi levi oni.... ore.

Non meno i Sonetti che la Lauda, sono preceduti dalle seguenti parole:

I segni de stultitia sono questi

Tosto essere iganato. prouerb. cap. X.

Impetuosamente parlare, proverb. XV.

Apena essere correcto, o coreggerse. prov. VII.

Ageuolmente irarsi. Eccl. IVI.

Con stolti usare. Prov. XV.

Idilecti seguitare. Prov. I.

VII. — Miracoli diversi.

Sono alcune pie Narrazioni ed Ammonizioni, dettate certamente nell'aureo secolo del trecento. Risguardano tutte miracoli o prodigi intervenuti per grazia della Vergine Maria, i quali però nulla hanno che fare col libro intitolato propriamente: Miracoli della Madonna, pure scritti nel buon tempo della favella italiana, e più volte stampati nei secoli XV e XIX assai scorrettamente, ed aventi bisogno che una pietosa mano vi medicasse le piaghe, di che in molte parti sono bruttati. I Miracoli, e Ammonimenti contenuti in questo nostro codice, occupano poco più che 10 carte, e salvo il primo, che è assai lungo e che tiene 26 colonne intere, gli altri tutti sono discretamente brevi. Eccone gli argomenti per ordine, col principio e la fine.

1. Miraculo duna donna teptata dal cognato scampata da pericoli, ritornata in gratia per sua castita, e diuotione de la Vergine Maria. E poi facta monacha.

Comincia:

Truovasi che fu nella cita di roma uno huomo potentissimo dauere e di persona ingratiato molto da citadini e dal populo di roma et era sauio et saputo e dimolto buono consiglio in utilita del suo comune.

Finisce:

E per tanto ognj uomo de pigliare esenpio di fare senpre bene e guardarsi di mal fare e Dio per la sua grazia e misericordia cene faccia dono Amen.

Questa narrazione, insieme con un'altra, si dette fuori per mia cura nel 1861, col titolo: Novelle d'Incerti Autori del sec. XIV; Bologna, tip. del Progresso.

2. La Vergine Maria scampa labadessa grauida del cuoco, dale mani del uescouo.

Comincia:

Truouasi che fue una badessa duno munisterio la quale era di molta santa uita, onde laltre monache li portauano grande inuidia.

Finisce:

Poi morto il uescouo, e questo fanciullo fuchiamato uescouo, e la Vergine Maria gli die la gratia e poi la gloria. Amen.

Quasi simile esempio, ma assai più prolisso, pubblicai tra i Dodici Conti Morali d'Anonimo Senese; Bologna tipi del Progresso, 1861.

3. Una donna mori che non confexo uno peccato per uergogna, de che il benfare nolli ualse.

Comincia:

Truouasi che fue uno huomo e una donna la quale era sua moglie, e istando insieme per più tempo e no poteuano avere niuno figliuolo.

Finisce:

E percio no e bisogno che tu prieghi idio per me chio mai non posso auere misericordia da Dio. Amen.

4. Duno abbate luxorioso, che uoti di non avere afare con niuna dicta Maria.

A saggio dello stile e della lingua usati dall'Anonimo scrittore di queste devote e superstiziose narrazioncelle, per chi non avesse la Novella predetta (N. 1), darem per intero la seguente, come una delle meno prolisse.

Truouasi che fue uno abate il quale era uno grande amicho di Dio e dera questo abate ungrande luxurioso, e stando cosi tutta uia pensaua modo e uia chom egli potesse trouare medicina di questo pechato. Questo abate auea grande diuozione alla Vergine Maria congni die gli facieua ispeziale orazione, e auea promesso di stare netto echasto allordine ora disse questo abate e promise di maj non auere afare con niuna femmina la quale auesse nome Maria, ora uene questi efue tentato duna garzonetta e uegniendo latentazione siebbe il chonsentimento e ando agiaciere chollej. Istando questo abate achasa di chostei edera nellatto disse questi, tristo a me per che nono io tenuto io quello chio promesso, allora chiamo chostei e disse dimi chome tu ai nome, e questa disse Maria. Allora questo abate fu punto duno dolore grandissimo e inchomincio apiangere molto fortemente, e in questo pianto lanima si parti dal chorpo e fu menata in paradiso, ora rimase questa garzonetta e uedeua chostuj morto e non sapea chessi fare, se non che uenne e debelo sotterrato sotto illetto, ora disse Idio io non uoglio chelle grazie della mia Madre sieno ochulte, in mantanente tutte lechampane della terra chominciarono asonare sanza toccharle persona, allora lagente sicomincio molto amaravigliare e il ueschouo etutta lagente furono raghunati alla chiesa magiore della terra, esendo cosi questa femina uegendo chera uolonta di Dio che questa opera si sapesse, mossesi e andonne al ueschouo e chon molte lagrime gli ebbe questo fatto ( sic ) udendo il ueschouo questo fatto pensosi che questo era grande amicho di Dio e chegli auea grande diuozione alla Vergine Maria, mossesi tutta la gente e andaro etrouaro questo abate, e dal chapo edalpiede auea uno torchio grandissimo accieso, e stauano e non si uedeano chi li tenesse. Allora fu tolto il chorpo e portato alla Chiesa e questi torchi si li andauano dinanzi e non si uedeua chigli portava, e sotterrato chostui, e amenduni itorchi si nandaro in cielo, si che dice che questo abate per lachontrizione chegliebbe alla Vergine Maria che merito di andare in uita eterna epoi il chorpo suo facieua molti miracholi. Amen.

Questa ridevole narrazioncella leggesi anche ne' Miracoli della Madonna, ed in più altri antichi testi; ma diversificano tra loro nella dicitura, ed in qualche particolare circostanza.

5. Duno conte che indugio tornare a penitentia e uiuo ando all'inferno.

Comincia:

Truovasi che fue uno chonte edera uno grande pecchatore e stando grande tempo nel peccato e Domenedio laspettava che tornasse a lui.

Finisce:

Ora pensi ogni persona questo fatto perche none istia nel pecchato perche troppo la Domenedio permale chi pena troppo a tornare alla sua misericordia.

Si pubblicò nel passato anno in numero di soli 12 esemplari numerati. Somiglia a una narrazione del Passavanti, e a un'altra di fra Filippo da Siena.

6. Duno riccho diuetato pouero che non uolle rinegare la Vergine Maria per auere richeze.

Comincia:

Truovasi che fu un uomo il quale era molto riccho e staua sempre in grande chonviti.

Finisce:

E uene il uescouo e si glidiede molte riccheze per amore della Vergine Maria ed ella gli diede riccheze ispirituale e achatogli qui la grazia e poi la gloria.

7. Duno fratello duno re che per lacto di dinuntiare la morte, mori, e presa la penitentia fu salvo.

Comincia:

Truovasi che fu in una terra uno Re il quale istava sempre tristo, e giamai non si ralegraua per niuna chagione.

Finisce:

E nella gloria diuita eterna allaquale ci chonducha Iddio perla sua misericordia. Amen.

8. Questioni del Corpo di Christo, e risposte per exempli de la substantia, de la grandeza, de la diuisione e non diminutione.

Comincia:

L'uomo die credere fermamente che nellostia che tu uedi alaltare che uisia quello medesimo chorpo che Iesu Christo trasse.

Finisce:

E dandare auita beata nella quale Idio che ci amaestrj e aluminia della sua grazia in questo mondo e nellaltro la gloria. Amen.

9. Exemplo che lomo non de indugiare ilfare penitentia, e non dire domane faro, laltro di faro.

Comincia:

Truovasi che fu uno prete ilquale era grande amicho di Dio, e haveva questo prete uno suo chericho chavea nome Esau.

Finisce:

Allora comincia apiangere negia non gli uale che giamai non puote fare penitenzia dè suoi pecchati. Amen.

10. Exemplo de chi non esce di peccato, è simile al falcone.

Comincia:

Aviene alchuna volta che luomo legha il falchone in su la stangha, e quando luccello ista in su lastanga e vede passare la preda ec.

Finisce:

E achiechalo del chuore edella mente perche maj non escha del pecchato. Amen.

11. A fuggire il peccato fuggi ipensieri.

Comincia:

Diciesi che luomo dee istare fermo adifendersi dalle tentationi.

Finisce:

Luomo de fugire icharnali pensierj sopra tutte lechose. Amen.

12. La predicatione di Christo.

Comincia:

Dicie il glorioso euangelista missere santo matheo, che predicando una fiata el nostro benigno Salvatore ec.

Finisce:

Chi udirà uoluntieri la parola de Dio, fia cosa impossibile che non abbia la gloria de uita eterna. Amen.

VIII. — Fiore diuirtu.

Quegli che fece prima le schede de' mss. giacenti in questa Biblioteca, in iscambio di Fiore di virtù, lesse Hore diurne, e aggiunse che vi si contenevano diversi Ragionamenti morali sopra le virtù ed i vizii. E di fatto egli non aggiunse male, però che in questo libricciuolo si tratta propriamente delle virtù e de' vizii. Occupa pagine poco più che 41. Dal capitolo dell' Avarizia, sino alla fine, la scrittura è di altra mano. Tutte le iniziali sono scritte in rosso, e qui e qua trovansi spazii in bianco da dipingervi figure allusive all'argomento, secondo che vedesi in altri codici di simile operetta. Manca il prologo, non per difetto del Codice, ma sì bene dell'amanuense: l'indice precede l'operetta, che comincia tosto col primo capitolo. La lezione sembrami non delle più antiche. E vano il parlare di quest'aurea scritturina, tante e tante volte ne' tempi antichi e ne' moderni stampata e ristampata, e della quale stanno più codici in questa Regia Biblioteca.

IX. — Articoli di Dottrina cristiana, ed altro.

Si comprendono in sei colonne, e sono i seguenti: Virtu de aqua benedecta. Segni de la stultitia, cioe del matto. Proprietadi del core duro, dice sancto Bernardo a Eugenio libro primo. Come ipeccati descendono luno dalaltro. Quante sono le uirtu, e come insieme ligate. Perche non sono piu che quattro. De i doni de lo Spirito Sancto come aiutano a cacciare i uitij e le passioni delanima. Di questi Doni seguitano effecti. Unione dei Doni con le uirtudi. Effecti che nascono dei Doni dello Spirito Sancto uniti con le decte uirtudi, secondo etiandio lo euangelio di sancto Matheo.

X. — Sposizione del Simbolo Apostolico.

È preceduta da un lungo prologo, ove si parla in genere della Fede; dopo di che si passa alla dichiarazione del Credo. Il tutto è compreso in 7 pagine. Comincia:

Scrivesi nel decreto de Consecratione distintione. iiijº Capitolo: Vos ante omnia etc. che el santolo, cioe coluj che tene altri abaptismo etenuto amostrare albaptizato la Fede. Et perche tu figliuolo non se baptizato da persone intendenti che tisapesseno derozare, e forse io non siro altempo che tu arai intendimento perfetto. Acio che tu leggendo ticonfermi in la Fede, nella quale tu se baptizato leggi questa catacumina, cioe digrossatione de Fede.

Finisce:

Non potrà intrare in quella uita chi non diuentera tale quale uno fanciullo, e conuerra che di peccato ueniale sia netto. E Christo dixe. Senon diuenterete come questo fanciullo non intrarete nel regno del Cielo etc. E conuene che lanima stia tanto in purgatorio, che di venialj sia monda. Altramente non entrerà in Cielo.

Molte sono, e fra loro diverse (delle quali pur taluna si trova in istampa) le Sposizioni del Simbolo degli Apostoli, ma questa, secondo il mio conoscimento, reputo affatto inedita.

XI. Trattatello sopra i peccati ueniali.

Vi si parla stesamente de' peccati veniali, toccando anche in fine e annoverando i mortali. Sta in 5 Colonne, e comincia:

Come per natura lomo et ogni cosa desidera elbene, e per questo si vede che levirtu sono da natura che sono cosa bona et perfetta. Cosi per lo contrario ogni homo et creatura, a in odio et horrore elmale che e contra natura.

Reputo che questo Trattatello null'altro sia, se non che un frammento capitolo d'opera maggiore.

XII. — Regule de la Confexione.

Sta in 15 colonne: comincia:

Come de essere la confexione. Sia simplice, humile, feruente, pura e fedele.

Il Trattatello finisce coi Comandamenti di Dio. Secondo che è a mia notizia, lo giudico inedito, ed è affatto dissimile da quello che pubblicò nel 1851 il benemerito e celebre letterato ab. Giuseppe Arcangeli. Quantunque faccia seguito agli altri sopra indicati articoli di Dottrina cristiana, pure ciò non è avvenuto che casualmente, essendo i mss. che contengono le prefate materie del tutto disuguali e nelle membrane e nella forma de' caratteri.

XIII. — Maledizione di M.º Ant.º da ferrara despregiando amore.

Non conosco in istampa questo Componimento; è in trentatre terzine. Daremo per saggio la prima e l'ultima.

Diuiso sia per luniuerso pace

Per gli animi aciesi dellettenalj pene

Chomio seghuendo questo dir mi face

De uolgi il poter tuo aumilta

Si che pietosa questa dona truoui

Per linfiniti guai che dato ma.

XIV. — Disperata del Sauiozzo da Siena.

È una Canzone di strofe 7, che comincia:

Le infastidite labra incuj gia posi

Finisce:

Poi che Iddio me contro e 'l mondo in ira.

Questo poeta, che scrisse molte Rime, delle quali poche abbiamo in istampa, fioriva sul finire del secolo XIV. Egli si chiamò Simone Forestani di Ser Dino Sanese, e fu appellato il Saviozzo. La predetta Canzone, composta dall'autore pochi dì prima ch'ei s'uccidesse in carcere, si stampò in Firenze dal Bonaccorsi nel 1490, a cura di Cesare Torto, che la inserì nella Raccolta di Rime di Agostino Staccoli.

Seguita nel Codice un Titolario appartenente al secolo XV, che occupa presso che 7 colonne, in un carattere quasi inintelligibile: indi il Sonetto che comincia: Molti volendo dir che fusse amore, ecc. Poi l' Ave Maria disposta in 16 terzine, che comincia: Ave stella diana luscie serena. Amendue questi componimenti sono senza nome d'autore. Il primo però, come è noto, è di Dante; ed il secondo di Maestro Antonio da Ferrara: fu pubblicato da Monsignor Telesforo Bini, a fac. 37 delle Rime e Prose del buon secolo della lingua ec.; Lucca, Giusti, 1852, in 8.º: offre varietà di lezione.

XV. — Cantari de la Reina doriente.

Comincia:

Superna maiesta da cui procede

Ciò che nel mondo da ogni sustanza

E se cortese a chi tirichiede

Diuotamente con fede e speranza

Humilemente ti chieggio mercede

Che doni gratia ame pien dignoranza

Chio rimi sì la presente legenda

Che tutta gente dilecto ne prenda.

Carte 9 e una colonna alla decima. Ogni pagina contiene circa 9 ottave. Mancano a quel che si pare due carte, cioè il fine del tertio cantare e il principio del 4.º Generalmente la lezione è buona, ma il carattere è logoro, e si legge con qualche difficoltà. È un curiosissimo popolare cavalleresco poemetto, in ottava rima, diviso in 4 Cantari. Vogliono alcuni dotti, che sia il più antico poema di cavalleria che originalmente venisse scritto in Italia. L'autore, che si svela egli stesso al fine del primo cantare, si è Antonio Pucci fiorentino, che vivea sul finire del secolo XIV. Ne abbiamo edizioni antiche, delle quali una si annovera dal cav. Gius. Molini, a faccie 114, N. 13 delle sue Operette bibliografiche: due dal prof. Libri nel suo Catalogo, ed una dal P. Blasi, che di questo Romanzo fece una diligente analisi, alla pagina 243 de' suoi Opuscoli di Autori Siciliani, al vol. XX. Oltre le predette, infinite ristampe se ne fecero poi appresso per uso del popolo.

XVI. — Sonetti sopra i sette peccati mortali.

Stanno in tre colonne, compreso il riepilogo, che qui sotto trascriveremo. In molti codici questi sette Sonetti trovansi senza nome d'autore, come accade nel nostro ms.; in altri vengono attribuiti a Fazio degli Uberti; e in altri finalmente a maestro Antonio da Ferrara. Più volte pertanto si pubblicarono ora sotto il nome dell'uno, ed ora sotto quello dell'altro. Il conte Alessandro Mortara ce li dette, come lavoro di quest'ultimo, nel 1820, riducendoli a più corretta lezione di qualunque altra antecedente stampa, e vi tolse molti di quegli errori, onde erano deturpati nelle prime edizioni. In buona lezione li ristampò altresì il ch. sig. avv. Gustavo Galletti. In questo nostro codice, ai Sonetti seguono i seguenti versi:

Superbia fa lom esser arrogante

Inuidia de laltrui ben mal dire

Ira pien dodio e mal parlante

Accidia il fa con desinor morire

Auaritia il fa falso e desliale

Luxuria sfrenato e bestiale

Gula insensato e del corpo male

Humilta in ciel lo fa salire

Carita ilfa doni ben amante

Patientia ilfa ben e mal sofrire

Bene operare adio il mette auante

Largheza cortese e gratioso

Castita benigno e amoroso

Temperanza chiaro sauio e gioioso

ritornello

Però prego ciaschun che iuitij scacci

E da le septe uirtu mai non si slacci.

XVII. — Cantilena sopra la Passione e Morte di Cristo.

È un componimento poetico disposto in versi rimati a due a due, e scritti in ordine di sestine. Compreso il Lamentatio Matris, la Pietà di Giuseppe d'Arimatia, ed il Pianto della Maddalena, che seguono la Passione e Morte: sono in tutto 88 Sestine, che occupano 12 colonne. Comincia:

Paxio domini nostri Iesu Christi

Secondo channo scripto iuangelisti

A gram consiglio furon ipharisei

Principi sacerdoti e graui iudei

Si come gente ciecha e fuor del senno

Di prender Christo lor consiglio fenno.

El di duna gram festa sapressaua ec.

Finisce:

Non lauete trouato la ouel fu posto

Non uindugiate piu andate tosto

E dite chel uedranno senza dimoro

In galilea dinanzi da loro,

Si come alor promisse e disse

Nel tempo che infra lor al mondo uisse.

XVIII. — Incomincia il cantare de Apollonio di tiro.

Omniposente Dio Signor superno

Senza cominciamento e senza fine

Che per deliberarci dallinferno

Portar degnasti corona di spine

Celestiale di noi se Padre eterno

Da cui procedon le gratie diuine

Donami gratia ora qui al presente

Chio dica cosa che piaccia alla gente.

Carte 12: ogni pagina contiene circa 11 ottave: sventuratamente manca l'ultima carta; il carattere è bello e intelligibile, ma la lezione, a parer mio, non è troppo corretta: per chi volesse imprenderne una nuova edizione, sarebbe necessario consultare altri codici, di cui non abbiamo difetto nelle Biblioteche Toscane. Alcune antiche stampe vengono allegate dai Bibliografi, ma tanto sfigurate, camuffate e rimodernate, da non farsene verun capitale. Anche di questo poetico componimento, in sei cantari diviso, non v'ha dubbio, è autore Antonio Pucci. Si conosce chiaramente dallo stile e da certi suoi modi peculiari; senza che egli stesso lo dice, conforme suo costume, in fine al primo cantare:

Nell'altro canto uidiro il tenore

Comel pescator del pescio coce

E come si porto ben dapollonio

Al uostro honor rimo questo Antonio.

Ci viene dal greco, nella cui lingua in origine barbaramente fu scritto; donde poi, come cosa assai popolare, nel medio evo si tradusse in tutte le lingue d'Europa. Una lata versione in prosa dal latino se ne fece nel buon secolo di nostra lingua, di cui trovansi più codici nelle Librerie Fiorentine. Di questo volgarizzamento favellò il cav. Salviati ne' suoi Avvertimenti. Esso venne citato dagli Accademici della Crusca nel loro Vocabolario come testo di lingua, secondo un codice che fu di Gio. Batt. Strozzi, oggi nella Riccardiana. Si pubblicò la prima volta con somma diligenza e assennatezza per cura dell'illustre filologo sig. avv. Leone Del Prete nel 1861.

XIX. — Trattato di Cucina.

È preceduto da due faccie contenenti l'indice delle rubriche; indi seguita il Trattato che si comprende in cinque carte; ma vuolsi notare che questo non è che un frammento, mancandone parecchie a mezzo e in fine: i caratteri precedono per avventura di qualche anno il Libro che segue, e così, per mio avviso, lo stile e la lingua. Eccone un saggio:

Se uuoli fare blasmangieri.

Se uuoli fare blasmangieri per xij. signori tolli.iij. libre di mandorle et una meza di riso et.iiij. capponi et due libre di sugnactio frescho et mezo quarto di garofani et serba.l. mandorle monde et lautre fae macinare et stempera con acqua chiara et colale bene et tolli lo riso bene lauato a tre acque et rasciugalo bene colla touallia et fallo pestare et stacciare et tolli petti di polli et falli uno poco lessare et filali sotili et falli istare tutta nocte nel lacte delle mandorle et struggi lo sugnaccio in una pentola per se et metti a fuoco lo lacte et serbane due iscodelle et quando il lacte bolle bene stempera la farina dello riso con questo lacte crudo et mettilo a bollire et tienlo indietro in su la brasia et metti incontenente le polpe filate et metti del zuccaro in quantita et quando è bene cotto poni in prima sopra le scodelle un poco d'acqua rosata poi zuccaro poi mandorle soffritte et bianche e poi garofani chabbiano dato uno bollore in acqua. Questa uiuanda uuole essere biancha come nieue e spessa e stretta.

Se uuoli fare buono burro.

Tolli vj. casci freschi o passi et pestali bene et stemperali con lacqua chiara e fredda el grasso tornera di sopra et questo si puote operare in ogni mangiare o a frigere huoua chi non uolesse lardo.

Se uuoli fare giunchata di lacte.

Tolli lacte di peccora et mettilo a bollire in uasello istagnato et no lasciare leuare il bollore impero che diuenterebbe granelloso trailo di quello uasello et mettilo in uno altro et quando è freddo mettiui il presame et mesta forte et quando e preso fa giuncata.

Se uuoli fare pamcia di carne.

Tolli per xij signori libre.vij. di pamcia magra et lessala et battila bene et tolli una libra di cascio gratugiato et.xxiiij. huoua et una merola di pane et speci dolci et forti et gruoco et iiij scudelle di brodo di cappone o di bue et tutte queste metti in uno cattino et poi le metti a bollire senza acqua et mesta bene et fa che sia bene saporoso di spetie et ispessa.

XX. — Libro de la cocina.

È pure preceduto dall'indice dei Capitoli, che occupa tre colonne: il carattere sembrami del finire del sec. XIV, o al più de' primissimi anni del susseguente; e di quel tempo medesimo, o circa, sembrami la dettatura: fu da me preferito questo all'antecedente, perchè completo. Sta in diciannove pagine, non compreso l'indice sopraddetto. Ogni argomento è scritto in rosso: in fine leggonsi alcune ricette medicinali, scritte da altra penna. Non è a mia cognizione che fosse giammai stampato. Eccone un saggio nella grafia del codice.

A fare i cauli bianchi bene cotti.

Tolgli itorsi del caulo e mondali bene siche de le frondi niente ce -magna e troncali nel tenero de la cima, et quando bolle la pentola con oglie et aqua gittaui dentro i detti torsi o uero biancho de cauli, e mettiui del biancho de finocchi. E falli tanto bollire che sia bene spesso. E se uuoli puoi ponerui dentro oglio o brodo de carne o de capone, pepe, poluere di spetie, ova debattute, zaffarano a colorare, e da al signore.

Finisce il codice Miscellaneo, come segue:

Contra 'l male de chi auesse la borsa grossa.

Recipe fegato di gallo, ardilo, fanne poluere, mescola cum duetanto comino pesto sottile, mettiui bolio armenico per la meita che e el comino, mesta insieme, poi prendi di questa poluere uno cuchiaio per uolta e dallo a bere con uino biancho caldo.

Anche quando uene la rottura usa la radice del nagalico pesta. fanne frittelle nell'oglio. mescolaui peli di lepore tagliati bene triti. Stempera con acqua piouana tanto che ne facci frictelle o migliaccio.

Impiastro proprio a questo defecto a porre di sotto.

Recipe pece nauale. ℥. ij. litargiro. sangue de dragone. cera biancha o uoi rossa. pece greca. galbino. ana. ℥. ij. bolio armenico. ℥. ij. giesso. gomma arabica. ℥. iiij. mastice. ℥. 4. aristologia lunga e tonda ana. ℥. vj. trementina. ℥. ij. verditerra. ℥. 4. galla. ℥. j. consolida maggiore e minore ana. ℥. ij. Sangue de homo da uena dal barbieri de fresco libre. j. et confea cori. — Tolli una pellicella de montone frescha con peli come è scorticata. cocila in acqua piouana e bolla per spatio d'una hora. poi cola questa acqua. poi mettila in una pentola roza. fa bollire tanto che torni a mezo. poi ui metti cera et litargiro. pece greca. mastice. olibano. gomma arabica. galbano lamoniaco. e la galla. Facto questo reponi la decta pentola al fuoco. metteui el gesso et holio. e poi il sangue del omo. tuttauia mesta con diligentia a fuoco lento, poi mettiui l'aristolagia poi l'aloe epatico, mummia et sangue de dragone. Fa queste cose cocere tanto che sieno spesse si che si possino fasciare che non coli, e poni sopra la parte rotta. tegna 'l braghieri. stia in posa e nonsie maledicente. Guarditi da pasti uentosi e da gridare. e de non essere stiticho. usi cassia o manna. Non ponti a l'uscire del corpo.

CORREGGI

Alla pag.  38, lin. 1 tortelii in tortelli .

»     60, » 18 e tagliato sottile, e fa in e taglialo sottile e fà .

»     93, » 11 ed altri simili in ed altre simili .

»     94, » 15 con asterisco in con lineetta .

»   113, » 17 a luogo in a lungo .

IL LIBRO DELLA COCINA

AL NOME DI DIO. AMEN.

INCOMINCIASI IL LIBRO DE LA COCINA.

Dei Cauli.

A fare i Cauli bianchi bene cotti.

Togli i torsi del caulo, e mondali bene, sì che de le frondi niente ci rimagna; e troncali nel tenero de la cima: e quando bolle la pentola, con oglio et aqua, gittavi dentro i detti torsi, o vero bianco de' cauli, e mettivi del bianco di finocchi, et fàlli tanto bollire, che sia bene spesso. Et se vuoli, puoi ponervi dentro oglio, o brodo di carne, o di cappone, pepe, polvere di spezie, ova dibattute, e zaffarano a colorare; e dà al Signore.

A fare i cauli verdi con carne.

Togli le cime dei cauli sane, e gittale nella pentola bugliente con la carne, e fàlli bullire; et cavali e metti nell'aqua fredda. Et tolto d'altro bruodo in un'altra pentola, mettivi del bianco de i finocchi; et quando è ora del mangiare, poni i detti cauli col brodo nella pentola predetta; fà bullire un poco, e puoi mettarvi brodo di carne di cappone, o oglio.

Dei predetti.

Togli i cauli e poni a cocere con carne di castrone, o di porco, o carne insalata; e mettivi dentro del bianco del finocchio e del petrosello, e mesta forte. Poi cavatane la carne, mesta i detti cauli, sì che sieno bene triti. E dentro puoi mettere ova dibattute, pepe, zaffarano, polvere di spezie. E possonsi fare a questo muodo el dì de digiuno, con oglio, con pesce insalato[1].

Dei predetti.

Togli le cime dei cauli, e fàlle bullire: poi le cava, e friggile nell'oglio con cipolle tagliate, e bianco di finocchi, e pome tagliate; e poni dentro un poco di brodo: et poi fà le scudelle, e gittavi su de le spezie. Possonsi eziandio fare con lo lardo, col cascio e con l'ova perdute, et ponervi de le spezie; e dara' al Signore.

De le foglie minute, et dei finocchi.

Togli spinacci e triplice biete; scieglile bene, et fà bollire. Poi le cava, e battile col coltello fortemente: poi togli petroselli, finocchi, anesi, cipolle, e battile e tritale col coltello, e soffriggi con olio bene; e prendi altre erbe minute e soffriggile insieme, e mettivi uno poco d'acqua, e lassa bullire, e mettivi del pepe e de le specie; e dà mangiare. In questo modo si possono ponere dentro ova dibattute, polpa di pesce senza spine, carne di castrone e di porco; o carne insalata, e diversificare, secondo pare a la discrezione di buono cuoco; e torre maggiorana, trasmarino, petrosello con bone spezie, cum garofani; e di queste erbe, peste forte nel mortaro, cum pesce o carne battuta, porestine fare mortadelli, comandelli e molte altre cose: a questo modo puoi torre erbe domestiche, ovvero salvatiche, se d'orti non si potesseno avere.

Del medesmo mangiare con borraggine.

Togli borraggine, spinacci e biete trepice[2] e simili: poni in acqua fredda a bullire; poi gittata via l'acqua, s'attritino forte col coltello: poi rimetti a cuocere con latte d'amandole, e, messovi dentro battuto di tinca, potrai dare la quaresma al Signore con le specie e con zaffarano, messovi del zuccaro.

Del predetto.

Anche tollendo finocchio intero, bullito, cotto con cennamo, pepe e zaffarano, e mettivi ova perdute e carne di polli, o altra carne, o quello che tu vuoli[3].

Del predetto.

Anche tollendo erbe minute odorifere, bullite, battute, cotte col petto de la gallina, peste nel mortaro, et aggiunte de le foglie, si possono dare al Signore, o a l'infermo per avere soluzione di ventre.

Del predetto.

Togli finocchio bianco trito minuto, e poi lo fà friggere con uno poco di bianco di porro trito minuto, con ovo, o lardo, e ponvi uno poco d'acqua e zaffarano e sale, e fà bullire, e ponvi ova dibattute, se vuoli, dentro.

Del predetto.

Togli finocchio ben lavato, poi fà allessare, e gittata l'acqua, friggilo con oglio, o lardo, sale, e dà mangiare.

Salsa di finocchio.

Togli fiori di finocchio, e pesta nel mortaio; ponli del zaffarano, noce moscada, garofani, cardamone, ventello[4] d'ovo, e distempera con lo zaffarano; et è bona salsa nel mese di settembre, con ovi.

De' senacioni; ciòe in più modi.

Togli senacioni, et....[5] adunali tagliati minutissimamente, et lavati bene in l'acqua calda, et premuti: et poni a cuocere in un'altra acqua cum carni di porco et sale abbastanza, o con altre carni.

Dei predetti.

Tolli senaciones bulliti, bene triti col coltello, e poni a friggere con cipolla, non molta. E anche li poni in altra acqua cum oglio e sale. Et questo mangiare giova a chi non pò orinare per lo vizio de la pietra.

Item, a usanza di marchesi.

Togli cimole di cauli, che si dice rapazoli, ovvero cimole di rape tenere, e poni a cocere; e quando sono cotte, poni a friggere con oglio, con porri o cipolle, o senza l'uno e l'altro. E possi fare sì che ciascuno stia per sè, ovvero coniunti insieme.

De la senape.

Tolli cimole di senape, e fà bollire in acqua; e gettata via l'acqua, fà friggere in padella con oglio e sale, ovvero le poni con carne a cuocere.

De li sparaci.

Togli li sparaci, e fàlli bollire; e quando sieno bulliti, ponli a cocere con oglio, cipolle, sale e zaffarano, e spezie trite, o senza.

De le lattughe.

Togli lattughe con latte fresco di capre, del mese d'aprile, con spezie e tuorli d'ova, e lardo fresco, e carni di porco. Questo mangiare si chiama mangiare di lattuche, perciò che si fa di midolle di lattuche[6].

De le zucche.

Togli zucche novelle tagliate e lavate con acqua calda, e premile fortemente in uno panno, e ponansi a cocere con carne di porco fresca, e pepe e zaffarano.

Altrimenti.

Anche togli zucche novelle, e lavale e premile fortemente, e con ova cotte, e con cipolle, e cascio trito fortemente, e gittale in acqua bullita, col pepe e col zafferano, e oglio a sufficienzia, e sale. E di tali si possono fare ravioli con carne battuta mista, e anche pastelli.

Altrimenti.

Togli zucche secche, et polle a mollo con acqua calda, al vespero; e quando sono mollificate, tagliale minute, e taglia sopra la taola, con cipolle, e con oglio, pepe e zaffarano: soffriggi e poni in civero, fatto di aceto e mollena di pane, a cocere. E a tale modo si pò fare con latte d'amandole, pepe, cruoco, sale e oglio e con latte di noci.

De le pere.

Togli pere fresche e mettile in acqua a mollare; e, gittata quella acqua, polla a bullire in altra acqua con sale et oglio, e poca cipolla a soffriggere con spezie e zaffarano in poca acqua, e poni a cocere: e quando saranno cotte, menestra un poco di spezie in scutelle. E similemente puoi fare in poco di latte d'amandole, senza oglio e senza cipolle, ponendo un poco di zuccaro e un poco di sale.

Di cipolle.

Togli cipolle tagliate e lavate bene con acqua calda, e metti a cocere con carne e cascio, pepe e zaffarano; e poi ponevi ova dibattute, pepe e croco, se voli, e spezie in scudelle.

De' porri.

Togli porri bianchi, a uso di Toscana, triti tagliati minuti, lavati con acqua calda, e poni a cocere con uno pezzo di carne di porco fresca, e poi trita la detta carne coi predetti porri e col pepe et zaffarano e ova dibattute; e sovraggiogni carne di porco, o altra, e dà mangiare; e poni spezie in scudelle.

Altramente a tempo di digiuno.

Togli porri tagliati, ben lavati e premuti, e poni a cocere con oglio e pane trito, o grattato, distemperato con ova, pepe e cruoco: e ponvi ova sperdute, e cascio tagliato, e dà a mangiare.

Altramente.

Anche i porri fessi in quattro parti, e ben bulliti e cavati da l'acqua, si possono friggere con oglio, sale e pepe, sopra le scudelle a tempo di quaresima.

Altramente con carne.

Togli porri bianchi, tagliati minuto e ben lavati, e cuocili con carne di castrone; e cotti dà mangiare con spezie.

Altramente.

Togli porri bene lavati e lessati: poi li cava, e tritali minuti col coltello, e poni in padella o altro vaso a friggere con oglio e sale, ovvero lardo. E poni in acqua a cuocere e ciminium trito e ova dibattute e cruoco, e, se vuoli, ponerai carne di porco, o di castrone, o quello che ti piace.

Altramente.

Togli porri interi, bene lavati, e, fessi in quattro parti, e lessali un poco: poi cavali, e poni in taola a scolare; poi togli farina, e distempera con acqua calda un poco, e mena nel catino co la mescola fortemente, e con sale dentro. Poi togli quelli porri a pezza a pezza, et involgi in quella pasta; e poi friggili con olio ad abbundanza.

De' naponi, ovvero navoni.

Tolli i capi di navoni, fàlli bullire un poco; da po' sciugali un poco; poi li poni a cuocere nel lardo dei polli. E se vuoli farli coloriti, ponvi cruoco, ovvero ova dibattute, distemperate col detto brodo. E puoi ponervi ovi, carne appezzata o tritata, e latte di capra, quando tu vuoli.

De' raponcelli.

Togli raponcelli, bene bulliti in acqua, e poni a soffriggere con oglio, cipolla e sale; e quando sono cotti et apparecchiati, mettivi spezie in scudelle.

Altramente.

Togli raponcelli, ovvero paperdelli[7] con olio e sale e cascio grattato e ova dibattute: e giongievi su cascio e ova perdute, nel dì del sabbato.

De le rape.

Togli rape bullite colle foglie, e polle a cocere con carne di bue, e pepe, e cruoco. E quando sono cotte, le poni in scudelle per la comune famiglia.

Altramente.

Togli i capi de le rape, senza foglie, taglia e fa bullire in acqua. E gittata via quella acqua, poni a cuocere con cappone o altra carne, e colorale con cruoco e pepe. E poste in esse ova distemperate, cascio secco tagliato e ova lesse, mettivi su latte di capra, e dà mangiare.

Altramente.

Togli rape senza foglie, mondate di corteccia, bullite e sciutte, e poni a cuocere con sale et latte di noci, e ponvi pepe e cruoco.

Altramente.

Togli rape senza foglie, bullite; e gittata via l'acqua, togli pane insuppato nel brodo de la carne; e de le dette rape, e cascio grattato, e grasso di carne, a suolo de l'uno e a suolo de l'altro, fa una suppa, che si chiama suppa di fanti.

De' ceci.

Togli ceci rossi o bianchi; e, tenuti a mollo, cuocili col pepe, e col zaffarano, e erbe odorifere. E quando sono queste cose cotte, ponni parte nel mortaio e pesta che sia spessa, e ponvi brodo saporoso, e poi ponvi castagne arrostite intere, e radice di petroselli, e brodo di carne; ovvero, a questo modo, le puoi cuocere con la carne, se vuoli.

Altramente per dì di sabbato.

Togli ceci rotti, e pòlli a cuocere con pepe e croco, e con cascio tagliato, e ova perdute, o ova dibattute.

Altramente.

Togli ceci rotti bulliti, e gittata via l'acqua della cocitura, colle predette cose ponasi cipolla soffritta, e bene confetta con oglio o lardo, come el tempo o dì richiede.

Altramente.

Togli ceci rotti bulliti, e gittata via l'acqua, ponasi a cocere con latte di mandole, spezie e croco; e possi fare senza spezie con giengiovo; e siranno i ceci bianchi[8].

Altramente.

Togli ceci interi, e poni a cuocere con ogni carne salata, lavata e spurata bene del sale: e ponvi pepe e croco, se vuoli. E puoi ponervi ceci rotti e ova perdute, ovvero dibattute, e eziandio lardelli.

Altramente.

Togli ceci freschi novelli, bulliti; e gittata via l'acqua, li puoi cocere con spezie, croco, sale et oglio e ova battute, cascio e carne, come tu vuoli.

Altramente di Quaresima.

Togli ceci rotti o interi, poni a cocere con olio, sale e pesci minuzzati, ovvero battuti e distemperati nel mortaio; e, messovi spezie e zaffarano, dà a mangiare.

De' peselli.

Togli i pesi, e poni a bullire con molta acqua, e riserva l'acqua, nella quale tu possi fare suppa a modo di Francia. E poni in padella cipolla con oglio a soffriggere; e quando è soffritta, metti la detta acqua nella detta padella, et allora togli pane, tagliato grosso mezzanamente, e poni in la detta acqua con spezie, e dentro vi s'immolli. Poi togli i pesi predetti, e poni a cocere in altra acqua con oglio, sale e cipolla, e dà mangiare.

Altramente.

Togli i pesi ben bulliti; e, gittata via l'acqua, mettili a cocere con cascio di briga[9], oglio e ova sperdute; e puoi mettervi dentro del petrosello.

Altramente.

I pesi freschi, cuocili con oglio, sale, spezie, zaffarano, ova dibattute; e dà a mangiare.

Peselli con carne.

Metti i peselli a cocere con carne, bene spurata dal sale; e la detta carne, poi che serà cotta, tagliala minuto, e metti in scudelle.

Altramente.

Peselli bulliti, e gittata via l'acqua, ponli a cocere in altra acqua con carne di porco salata, e un poco di zaffarano. E puoi mettervi dentro carne fresca di castrone, o altra, come tu vuoli.

De le fave sane.

Fave fresche novelle, fàlle bullire; e gittata via l'acqua, mettile a cocere con latte di capra, o di pecora, latte d'amandole, o con carne, bene spurata di sale. E mettivi ova dibattute, e lardelli in scudelle se vuoli.

Altramente.

Le fave in prima molli, mettile a bollire, e gittatane via l'acqua, mettile in altra acqua a bollire con carne di porco, o con cascio; e dà mangiare.

Altramente.

Fave fresche novelle bullite; e gittatane via l'acqua, mettile a cocere con cipolla soffritta in oglio, e erbe odorifere pestate, aggiunte con pepe e zaffarano.

Altramente.

Togli fiori di fave, e metti a cocere con carne di porco fresca; e quando sono quasi cotte, mettivi dentro ova dibattute, latte e spezie, zaffarano e sale, e fà che la carne sia bene dibattuta, e mesta tutto, e fàllo spesso, quasi mortadello.

Altramente.

Cuoceli i fiori di fave col cappone intero, e al fine de la cocitura, mettivi latte d'amandole e ova dibattute, pepe, zaffarano e sale; e cocansi in buono vaso.

De le fave infrante.

Togli fave, bene infrante, mundate e sciolte e nette, e fàlle bullire uno bollore; e, gittatene via l'acqua, lavale molto bene, e mettile in uno altro vaso con poca acqua e sale, che sieno solamente coperte coll'acqua, e volgile spesso colla mescola: e, cotte che le siranno spesse, ammaccale con la mescola fortemente. Poi le distempera con uno poco d'acqua aggiunta, e fà scudelle, e metti in le scudelle mele, ovvero oglio fritto con cipolle, ovvero lardo fritto.

Altramente.

Fave infrante, e lavate con l'acqua calda, mettile a bullire: e quando aranno bullito, lavale bene un'altra volta, e polle a bullire in tanta acqua, che sieno coperte e guardate dal fumo. E quando saranno ben cotte, menale con la mazza; poi le distempera con acqua fredda, ovvero vino bianco, sì che sieno bene fatte. Poi fàne minestre, e mettivi su oglio, fritto con cipolle; e dà mangiare. E se volessi, puoile distemperare con acqua calda, e se vuoli, mettivi su pepe, zaffarano, mele e zuccaro. Con queste fave porrai dare tinca, o altri pesci. E sappi, che, de le predette cose, porrai fare mortadello.

De le lenti.

Togli le lenti bene lavate e nette da le pietre, e poni a cuocere con erbe odorifere, oglio, sale e zaffarano. E quando saranno cotte, tritale bene; e messovi su ova dibattute, e cascio secco tagliato, dà mangiare.

Altramente.

Poni a cuocere le lenti con carne di porco fresca o insalata, e dàlle a mangiare, pur così senza ova e cascio.

De' fasoli[10].

Fasoli bene lavati e bulliti, metti a cocere con oglio e cipolle, con sopradette spezie, cascio grattato, et ova dibattute.

Altramente al modo Trivisano.

Metti fasoli bulliti, discaccati[11], a cocere con carne insalata, e con pepe, e zafferano. E possonsi dare soffritti con oglio, postovi dentro un poco d'aceto, amido e sale.

Altramente.

Tolli i fasoli bulliti, e gittatane via l'acqua, mettili a cocere con carne di castrone, di porco, o di bue, o qualunche vuoli, e molto pesta, e un poco di zaffarano e sale; e dà mangiare.

De' fungi[12].

Togli fungi di monti, bulliti, e cipolla soffritta con lardo, e poni a bullire con spezie et altre erbe odorifere, e ova dibattute; e dà mangiare.

Altramente.

Togli fungi di monte, e lessali; e gittatane via l'acqua, mettili poi a friggere con cipolla tritata minuto, o con bianco di porro, spezie e sale; e dà a mangiare.

Altramente.

Togli fungi secchi, e tenuti a mollo dal vespero a la mattina; e gittata via l'acqua, tagliali minuti col coltello, e un poco di porro bianco, o cipolla; e poni a friggere con oglio, o lardo e spezie e castagne e aceto, e un poco d'acqua e sale. E poi ci poni mostarda con mosto cotto, e carne di porco, se ti piacerà.

De la composta.

Togli carote bene lavate e bullite, e fatte freddare: et in l'acqua d'esse fà cocere rape divise in quattro parti e non molto cotte, e similemente fàlle freddare. Poi togli radici di petroselli, di rafano............[13] e bianco di porro, e finocchi, pere, cappari, e cime di cauli, e fà spartitamente tutte cose bullire, e freddisi come di sopra: secondo i lombardi, vi si possono porre de' garobbi[14]. Poi togli mostarda bona, fatta con forte aceto, seme di finocchi, anisi; e singularmente ordina a solaio. E poni rafano tagliato minuto in ciascuno solaio de le predette erbe, e poni mostarda e poi erbe particularemente, come si conviene. Queste cose così ordinate, mettile in uno vaso, e di sopra poni una taola larga, e lassa stare per otto dì.

Altramente.

Togli rafano tagliato minuto, anasi, seme di finocchi, e poni a cuocere nel mosto; e cocansi tanto, che 'l mosto torni a mezzo: e con questo mosto distempera la mostarda. Poi togli rape picciole e naponi, e mele cotogne, e pomi, divisi in quattro parti, e pere divise per metà, e carote integre, e radici di petroselli, e bianco di finocchi, e metti a cocere tutte queste cose. E quando saranno cotte, compolle ordinatamente in uno vaso netto, interponendovi mostarda distemperata di sopra, a' suoli predetti. E se volessi, puoi ponervi del mele; e puossi fare cum zuccaro e cannella distemperata col predetto e con aceto, e riponi e serva.

De' brodi: e primo, de brodo granato.

Togli polli smembrati, e metti a friggere con cipolle, e lardo, et acqua abbastanza: e quando siranno quasi cotti, togli erbe odorifere, tritale bene col zaffarano, pepe, garofani, cennamo e zenzovo, e distempera col brodo predetto, e mesta onni cosa insieme; poi tolli ova dibattute, e mettivi un poco d'acqua fredda, e aggiungivi di quel brodo, e mesta, e poni a fuoco. Et quando cominciarà a bullire, levala dal fuoco, e mangia.

Altramente.

Togli capponi o galline, e lessali. E postovi dentro spezie et erbe, togli tuorla d'ova, col brodo, e mesta e dibatti nel catino: poi bollano insieme fino che 'l brodo diventa granelloso. E così fà di tutti gli uccelli, con lardo, o senza lardo.

Altramente.

Togli polli tagliati grosso, smembrati, o interi, e friggi nel lardo con erbe odorifere, spezie, agresta intera, e fa come di sopra; ma fà poco brodo. E ponsi fare brodi di carne, e di uccelli piccioli e grandi. E puo'li colorare, e fare verdi con erbe peste.

De la gelatina di pesce.

Togli buono vino con un poco d'aceto, e, sciumato[15] che fia quando bolle, mettivi dentro il pescie, e, cotto, cavalne, e fà bullire il vino tanto, che torni a la terza parte: poi mettivi dentro zaffarano e altre spezie, con alloro: poi colato il vino, mettivi spico, e lassa che sia freddo; poi metti, sopra 'l pesce, nel catino.

Del brodo del pesce.

Pesce bene lavato, quanto si conviene: friggilo con l'oglio abbundantemente, poi lassa freddare: poi abbi cipolle tagliate per traverso; friggile con oglio rimanente del pesce: poi prendi amandole monde, uva secca, ienula secca e prugne, e friggi con le dette cipolle insieme, e leva via l'oglio che avanza, e togli pepe e zaffarano, e altre spezie elette, bene trite, e distempera con le cipolle predette, e vino e aceto; e, distemperato fortemente, metti a fuoco fino che bolla: poi levalo dal fuoco, e poni in altro vaso, e mettilo ordinatamente a solaio col pesce predetto. E se 'l volessi dolce, ponvi o vino cotto, o zuccaro competentemente.

Altramente.

Togli buono vino e un poco d'aceto e bolla insieme e sciuma: poi mettivi il pesce a cocere; e, cotto, cavalo; e il vino tanto bolla, che torni al terzo; poi mettici alloro, zaffarano e spezie fine, e fà riscaldare il pesce, e cola il vino e ponvi spico, e lassa freddare il pesce.

Del paparo.

Taglia la gola al paparo o oca; pelalo bene e bruscia; taglia i piei, cavali l'interiori e lava bene: poi togli agresto, aglio; e se tali cose non poi avere, togli erbe odorifere, bagnate in aceto, e ricusci di sotto, e poni in spiedo, e arrostilo; e se non fosse grasso, mettivi dentro del lardo. E poni un poco d'acqua in una scudella, e togli il grasso che esce d'inde. E quando serà assai cotto, levalo dal fuoco, e dà mangiare col succo d'aranci, di limoncelli, o di lumìe: e se vuoli, puoi fare peverada con molena di pane abbrusciata, e col fegato abbrusticato e pesto con la detta molena: e tutte cose, distemperate con aceto, fà bullire e mettivi pepe, zaffarano, garofani et altre spezie bone. Del capo, piedi, ventricchi, fegato, puoi farne agresta, mettendovi dentro ova dibattute, zaffarano, spezie; e dà mangiare.

Altramente.

Poni un poco d'acqua in una scudella, e côgli il grasso che esce del paparo o oca; e giungivi succhio di melangole e zuccaro, che sarà acrodolze; mettivi zaffarano, e friggi in la padella: fà poi abbrusticare del pane bianco, infuso in tuorla d'ova dibattute, e metti nel savore predetto, e poni nel taglieri a suolo a suolo.

De la grua.

Grua bene lavata, e bullita un poco in caldaia larga, mettila in lo spiedo, e arrostila, non perciò a pieno: poi abbi cipolla tagliata a modo di dadi, e bene fritta col lardo abbastanza, e colora col zaffarano. E abbi fette di pane alquanto abbrusticate, e di buono vino, cotto e mestato colla cipolla predetta: fà bullire la detta grua smembrata colle dette cose nel vino uno bollore. E nel brodo magro del detto savore, molla il pane predetto: sopra uno taglieri grande, del savore, spezie e carne ordina gradatamente a solaio, come si conviene, e a la fine de la cocitura, ponvi del grasso del detto savore. Simile si può fare del capo di castrone o vitella, bene pelata, in acqua bullita; ma de' non bene lessarli. E fatto ordinatamente, com'è detto di sopra, debbiasi mettere su cascio, e poi mangia.

Del brodo saracenico[16].

Togli capponi arrostiti, e i fegati loro con le spezie, et pane abbrusticato; trita nel mortaio; e distempera nel mortaio buono vino bianco e succhi agri, e poi smembra i detti capponi, e metti a bollire con le predette cose in una pentola, e mettivi su dattali, uve grece, prugne secche, amandole monde intere, e lardo sufficiente; e dà a mangiare. Simile modo fà de' pesci marini; pome e pere puoi ponere nei detti brodi.

Del brodo dei capponi.

Togli capponi, e lessali; e quando siranno cotti con quelle spezie che tu vorrai, rompili in uno catino con ova e brodo loro, e gitta farina con mescola forata sopra i detti capponi rotti; e tutto questo si gitti nel bruodo, e bolla un poco: e' chiamasi brodo apollocato.

Altramente a la provenzale.

Togli fegati, ventricchi e interiori di capponi ben lavati e ben tagliati; e poni in una pentola con poca acqua, e cuoci con spezie e ova dibattute, e colora come tu vuoli. E puoi soffrigger le predette cose, e ponervi succhi acetosi e dolci. Similmente puoi fare co' capi e' piedi di capponi, o loro simili.

Altramente a la spagnuola si fa brodo verde.

Tolli uccelli, fegatelli, o carne, quantunche tu vuoli; lessali bene con bone spezie e erbe verdi pestate; e poi, aggiuntovi ova dibattute, pòlle nel detto brodo de la detta carne, e bollano. Il brodo non dè essere spesso.

De le starne.

Togli starne bullite e polli smembrati con erbe odorifere, sale, e bone spezie trite nel mortaio: e soffritta la detta carne con lardo, pòlla a cocere in un poco d'acqua nella pentola, e mettivi su latte d'amandole; e a la fine de la cocitura, mettivi cuoriandoro: distemperalo col loro bruodo, e fà brodo granato, se vuoli. Simile modo si pò fare de' pavoni, fagiani, pollastri giovini, e uccelli piccioli.

De la gratonia.

Togli latte di pecora, e distemperalo fortemente con l'ova, e poni il lardo nella padella, presso al fuoco, sì che sia calda bene: e abbi la mescola forata, e spargi il latte su la mescola intorno per la padella, e cuocelo competentemente. E, levatolo dal fuoco, giungivi zuccaro, e mangia. Item nel detto brodo, giongivi albumi d'ova stretti, tagliati a modo di dadi; e chiamasi gratonia spagnola: e questa puoi colorare come ti piace.

De' Crispelli, ovvero Frittelle Ubaldine.

Togli farina netta, bianca, e distempera con ova e fermento uno poco; mettivi zaffarano, e poi metti a cocere con lardo disfatto; da poi mettivi su zuccaro o mele, e mangia.

Altramente.

Piglia farina bianca con un poco di levame: distempera con acqua calda, e fà levare, cioè fermentare: poi, prese ova di luccio, o di trota, o di corvalo[17], o d'altro pesce, mesta forte colla predetta pasta; e, messovi dentro del zaffarano, coci come detto è di sopra.

Altramente.

Simile puoi fare con cipolle trite, con nepitella et erbe; e friggile con aglio o lardo: poi prendi farina, e distempera insieme tutte cose con albume d'ova, e mettivi fiori di sambuco et altri fiori, come tu vuoli; e diversifica i colori come ti piace, e mettili in lardo bolliente con la mescola spartitamente.

De' guanti, cioè ravioli.

Togli ceci bianchi, ben immolli in l'acqua; lessali bene, poi cavati dell'acqua, tritali forte e mestali con la detta acqua, e colali; e, di quella acqua colata, distempera la farina come tu vorrai; e friggansi a lento fuoco con lardo o oglio, e mettivi su del mele.

Altramente.

Distempera la farina con l'ova, fà di poi guanti o altro, come tu vuoli: poni a cocere bene in la padella con lardo caldo o oglio.

Di salsiccie, o vuo' tortelli di pesce.

Metti il pesce in acqua bullita, sì che si possa bene spolpare da le spine, e togli erbe odorifere, trite bene insieme con la detta polpa di pesce, e spezie: poi metti tutto in uno panno di lino bene largo e bucato, e spremili forte: poi metti in la padella con oglio caldo, e fàlle per lungo, o per traverso, come ti piace.

De' crispelli di carne, o vero tortelli e ravioli.

Prendi ventresca di porco scorticata, lessala, e tritala forte col coltello: togli erbe odorifere bona quantità, e pestale forte nel mortaio: mettivi su del cascio fresco con esse et un poco di farina, e distempera con albume d'ova, sì che sia duro. E preso del grasso del porco fresco in bona quantità, metti in la padella, sì che bolla, e fàne crispelli; e cotti, e cavati, mettivi su del zuccaro.

Altramente.

Togli cascio fresco, trito forte: mettivi un poco di farina, e distempera con albume d'ova, sì che sia spesso; e metti a cocere con lardo, come detto è di sopra; e mettivi su zuccaro, come nell'altre cose fu detto.

De le gualdaffe di ventri et caldumi.

Togli ventre di vitella, e lavalo con l'acqua fredda o con la calda, radendolo et mondandolo quanto puoi più mondare: poi poni il detto ventre in la padella senza liquore sopra 'l fuoco, e volgilo e rivolgilo spesso, fine che possa essere bene mondo e raso: poi anche il lava con l'acqua, come prima: poi fàllo un poco bullire in acqua e cuocilo, messovi dentro menta intera e sale: poi friggasi col lardo in la padella, come tu vuoli, e togli quello brodo, ch'e' si chiama gualdaffa.

Altramente, de' budelli.

Togli budelli di vitella giovene; lavali bene, e impili de le dette gualdaffe cotte, tagliate minute, misticate con ova dibattute e cascio grattato, spezie e sale: e fatto questo, puoni a lessare: e puoli ponere a rostire; e dà mangiare. Puoi anche ponere queste gualdaffe in bruodi o in pastelli. E così puoi fare gualdaffe di altri animali.

Altramente.

Togli budello mondo, lavato e raso con acqua fredda o calda; e sala; poi anco il lava con l'acqua. Prendi ova dibattute, cascio grattato, zaffarano, spezie e erbe odorifere trite e peste nel mortaio; e pòlle in scudella o catino, e mesta insieme; e empiasi, e ponasi a bullire fine che sia bene cotto. E fatto questo, ponasi nello spiedo, o in la graticola; e dà a mangiare.

Dei detti gualdaffi e caldumi.

Dei detti gualdaffi e budelli crudi di vacca si pò fare brodo, s'ei si lavano bene: i detti budelli tagliali e friggili in lardo con cipolla tagliata minuto: pòlli a bullire, et metti in essi tuorla d'ova con molena di pane, spezie, erbe; et fà brodo granato, se tu vuoli, e colora come tu vuoli. E questo brodo si chiama caldume.

De la corata e ventre di porco in caldume.

Simile fà de la corata e del ventre del porco; e lavalo bene; e, tagliato minuto, friggilo con lardo e con le cipolle ecc., come detto è di sopra.

De li savori.

Togli cenamo, zenzovo e pane arrostito (la crosta), e sale, e pesta bene nel mortaio: poi distempera con buono vino, e un poco cola, e fà bullire un poco. Tale sapore si chiama cenamata, e conviensi a tutte carni di capriolo e lepore a rosto. Nota che la carne del capriolo si pò arrostire con ossa, e senza ossa. Simile quelle de la lepore e altre carni, cioè dayne, cervi e simili, e a le quali si conviene il detto savore, e succhio di melangole con spezie, se tu vuoli.

De la peverada.

Togli pane abbrusticato, un poco di zaffarano che non colori, spezie e fegati triti e pesti nel mortaio, e distempera con aceto o vino e bruodo predetto, e fàllo dolce o acetoso, come tu vuoli. E tale peverata si può dare con carne domestica, salvatica e con pesce.

De' civeri di lepore e altre carni.

Smembra il lepore tutto, e, con poco lavare, cuocilo in acqua; poi togli il fegato e polmone cotto, pestalo bene nel mortaio, e poi che fia cotto il detto lepore, togli spezie, pepe e cipolla, e soffriggi nel lardo col detto polmone e pane arrostito: e poi che sono tutte cose insieme bullite, dà a taola. Nota che tu dei, il fegato e polmone cotto, tritare e pestare nel mortaio con spezie e pane abbrusciato, e distemperallo con buono vino, e un poco d'aceto. E poi che fie cotto e soffritto il lepore con la cipolla, gitta il detto savore sopra 'l lepore, e lassa freddare che sia tepido, e dà mangiare. E tal modo si pò fare per le pernici, cioè starne.

Altramente.

Togli cenamo, garofani, noci moscate, noci d'India, fegati di uccelli, tuorla d'ova, e uccelli piccioli, interi o partiti, e friggili con lardo: poi li cuoci nel detto bruodo, e fà come di sopra è detto.

Di sommacchia di polli o di uccelli.

Togli polli smembrati e friggili nel lardo; e togli amandole, summacco[18] con l'acqua e cocili con li polli, e sia spesso, e dà a mangiare. Simile puoi fare de' pesci appezzati: simile fà de' polli, dei capponi, o starne, o uccelli piccioli, e budelli di capponi. In tale mangiare puoi ponere amido; e molto aiuta chi à flusso di ventre. Simile puoi fare de' pesci appezzati, o battuti, ponendo oglio in luogo di lardo.

Di limonìa di polli.

Friggansi li polli col lardo e cipolle, e pestisi l'amido non mondo[19], e distemperisi col bruodo de la carne del porco, e colisi, e cocansi con li detti polli e spezie. E se non avessi amido, spessisi il bruodo colle tuorla d'ova; e quando sirà presso l'ora del ministrare, metti in quello, succhio di limoni, o di lomìe, o di cetrangule.

Di gratomèa di polli, uccelli et pesci.

Lessa li polli, e togli i fegati, amido, spezie e tuorla d'ova, e distempera col detto brodo, e fàllo spesso; e quando serà bene cotto, mettivi su zuccaro minuzzato, e dà a taola. Simile fà de' capponi, starne, e accolora, e assapora, come è detto. Simile fà de li pesci, ponendo oglio per lardo.

Di romanìa di polli.

Friggansi li polli con lardo e cipolle, e pestisi l'amido non mondato, e distemperisi con succhii di mele grane forti o dolci: premisi forte e colisi bene, e mettasi coi polli, e bolla un poco, e mestisi col cocchiaio, o dibattisi, e mettavisi su spezie. E in difetto di mele grane, si pò fare brodo con erbe.

Di agliata bianca con li capponi.

Togli capponi bene lessi, e col brodo distempera spezie, agli e amandole, e bollano abbastanza, che sia spessa. Questa si chiama bianca agliata: se altramente si colasse, perde il nome. Puossi fare dei capponi arrostiti e lardati.

De' blanmangieri.

Togli petti di galline, cotti; e, posti sopra una taola, fàlli sfilare più sottili che puoi. Intanto lava il riso e sciugalo, e fànne farina, e cernila con setaccio o stamigna; poi distempera la detta farina del riso con latte di capra o di pecora o d'amandole, e metti a bollire in una pentola ben lavata e netta; e, quando comincia a bollire, mettivi dentro i detti petti sfilati, con zuccaro bianco e lardo bianco fritto; e guardalo dal fumo, e fàllo bullire temperatamente senza impeto di fuoco, sì che sia ispesso, come suole essere il riso. E quando tu menestrarai, mettivi suso zuccaro trito o pesto, e lardo fritto. Se tu vuoli, puolilo fare col riso intero da per sè, apparicchiato e ordinato col latte di capra, a modo oltramontano; e, quando tu il dai, mettivi su amandole soffritte nel lardo, e zenzovo bianco tagliato.

Altramente di Quaresima.

Togli amandole monde, e sciutte con tovaglia; e pestale fortemente quanto puoi, non mettendovi acqua: poi con uno panno lino premile quanto puoi, e, l'oglio che n'esce, mettilo in uno vaso: poi togli le guscie, ovvero corteccie rimaste, e distemperale con l'acqua fredda, e colale con la stamigna o sedaccio; e con quello latte distempera la farina del grano del riso, com'è detto, e metti a bullire come detto è: e metti su zuccaro colla polpa del pesce; di luccio, ranocchi, o di altro pesce che abbia la polpa bianca, e diffilata come petto di galline: e quando menestrarai, mettivi su zuccaro et amandole, e mangia. Puoi anche fare del bianco di porri, lessati in acqua: diffilali e distemperali con la farina predetta, come di sopra.

Altramente con riso.

Togli il riso, e lavalo forte; e, lavato, fà bullire: cavalo e ponilo sul taglieri a freddare; poi rimettilo a cocere, e mettivi su latte di pecora, e fa bullire competentemente; e, mentre bolle, mettivi polli truncati, e mettivi su lardo fritto fresco, e zuccaro. E quando farai le minestre, mettivi su zuccaro e spezie abbastanza, con lardo fritto.

De la festiggia.

Togli polli interi netti, friggili nel lardo; poi mettili a cocere in acqua con zuccaro, spezie e zenzovo; e fàlli spessi.

A empiere uno pavone.

Scortica il pavone, rimanendo il capo colle penne: poi togli carne di porco non troppo grassa, e anche pesta de la carne del detto pavone o altro, e tritale e pestale insieme. Anche pesta spezie, cannella e noci moscate, quelle che tu vuoli; le quali, bene trite e peste colli albumi d'ova, mestale insieme, e disbatti colle dette spezie e carne fortemente, e riserva le tuorla da per sè. Poi empi il detto pavone de la detta carne trita e pesta, e spezie predette: e involgi il detto pavone in una rete di porco, e fermalo con brocche di legno: e così il metti nella caldaia in acqua tepida, e bolla soavemente. E quando serà ristretto bollendo, arrostilo in spiedo o in graticola, e coloralo con le tuorla d'ova dibattute, le quali tu servasti; e non le torre tutte, ma del resto faraine pome, come seguita, cioè. Togli lumbo di porco crudo, e tritalo minutissimamente col coltello, e battilo forte; poi mesta la detta carne con le dette tuorla d'ova riservate, e spezie predette, e fàlle sì spesso, che intra le palme de le mani facci pomi piccioli; e involgili in tuorla d'ova, e colorali, e mettili a bollire in acqua bollente. Poi così bolliti[20] puoi arrostire e coloralli con tuorla d'ova sottilmente con penne. Di queste pome ne puoi mettere dentro nel pavone, e di fuore, sotto la detta rete. E, fatto questo, rivesti il detto pavone del suo cuoio, pelle e penne riservate, e portalo a taola: e, levato su il cuoio, dà a mangiare[21].

A empiere una gallina.

Pelata che fie la gallina, scorticala cruda; e de la carne sua, e carne di porco senza osso, bene battuta, e spezie, e ova, e lardo chiaro, cioè strutto, mesedati[22] insieme, empi il cuoio de la detta gallina; e ne l'acqua bogliente nella caldara si stringa: poi l'arrosti nello spiedo; e guarda che non crepi. E in tal modo puoi fare d'altri uselli[23].

Altramente.

Scortica la gallina, come detto è, la cui carne si coca con le spezie. Poi prendi uno vaso di terra, fatto in modo di cardafisia, cioè d'inguastara[24] o di fiasco; metti il detto cuoio nell'acqua nel detto vaso, ritenendo il collo del detto cuoio di fuore del vaso: poi empi il detto cuoio de la detta empitura: poi ligato il detto collo, e messovi un poco d'acqua, metti a cocere. E quando sirà cotto, rompi il vaso, e dà a mangiare.

A empiere uno vitello.

Togli el vitello giovene scorticato, ovvero pelato: arrostilo e empilo, come tu vuoli: puoi ponervi papari, galline e capponi e l'empitura che sopra è detta, e qualunche altra bona: mettivi però molto lardo battuto, nel ventre; poi togli il grasso che ne cade quando s'arrostisce, e poni en peverata col pane abbrusticato, e zaffarano; e bolla un poco da per sè la detta peverata; e dà a mangiare.

A empiere uno castrone.

Di uno castrone intero, raso, tu puoi farne come detto è al primo modo de la gallina; e per sua empitura puoi ponere galline, pernici intere lesse, o smembrate, e ogni cosa buona che tu vuoli; e guardalo dal crepare. Simile modo puoi fare d'uno capretto pelato.

A empiere una spalla, o altro membro.

Togli spalla di castrone, e leva la carne dall'osso, e togli ventresca di porco, e tutte insieme tritale e battile col coltello su la taola. E prendi erbe odorifere in buona quantità, peste, con spezie e zaffarano, e mesta colla detta carne e ventresca: giongivi cascio fresco, bene pesto con ova, in bona quantità; e distempera che non sia troppo spesso, nè molle: poi togli una rete di porco o di castrone, e stendila su la taola, e togli la metà de la detta carne, e stendila su per la detta rete: poi prendi l'osso de la spalla e pòllo su la detta carne: e poi togli l'altra metà di carne, e pòlla sul detto osso de l'altra parte, sì che l'osso sia nel mezzo, e coprilo tutto colla detta rete. Poi pòllo sulla graticola del ferro, e arrostilo, sì che basti, e dà a mangiare. Simile puoi fare de gli altri membri.

A empiere uno ventre.

Togli ventre di porco o di castrone bene lavato e netto; poi togli il grasso e carne loro, cotta alquanto; la quale mesta con spezie e ova, e empi il detto ventre de le predette misture, e poni a cocere in acqua, e chiudi il forame, e pungilo con l'aco mentre esso si coce. Ovvero sì il puoi arrostire su la graticola, e coloralo, e assapora come tu vuoli. Anco il può empire di bona ventresca di porco, con ravioli interi. Similmente puoi empire uccelli che tu vuoli.

A empiere budelle.

Budelli di porco o vitella tu li puoi empire di grasso porcino e altre carni, con spezie e erbe odorifere, e fà come detto è del ventre, ligando et pungendo: e mangia.

De la suppa.

Togli pane tagliato rotondo, come a modo di taglieri; friggilo in la padella con lardo fresco, e gittavi su bone spezie, e togli pane abbrusticato, e distemperalo col grasso, che sia caduto di pavone, o d'altri uccelli, e gittalo sopra il pane fritto nella padella; e di sopra gittavi zuccaro, o succhi acetosi, e mangia.

Altramente.

Togli pane tagliato rotundo, come detto è di sopra, e fundilo in tuorla d'ova dibattute, e friggilo in la padella: poi nel poni su nel taglieri ordinatamente a suolo a suolo; e, se vuoli, puoi mettervi del zuccaro, o de le spezie, e dà al signore col pavone, o cum altri uccelli.

Del pastello romano.

Togli polli smembrati, spezie e zaffarano et erbe odorifere: mestali insieme, e friggili uno poco: poi mettivi ova dibattute e agresta in bona quantità; e intanto facciasi la crosta: componi poi il pastello, facendo due o tre solari, e a ciascuno solaro mettendo spezie: al di sopra metti lardo, e copri il pastello, e fà uno foro nel mezzo dattorno: di sopra forma uccelli di pasta pieni, o altri animali che ti piacciano; e postovi del lardo, cuocilo nel forno, e dà mangiare. Simile modo si pò fare di cascio fresco con carne battuta.

Del pastello dei capretti.

Togli capretto bene tagliato, et sepis tagliate[25], e friggi con lardo: anco togli erbe odorifere in buona quantità e zaffarano, e pesta forte, e cascio fresco con esse bene trito, e distempera colla detta carne, e metti in uno vaso sulla bragia, sì che sia spesso alquanto, e fà la pasta nella teggia competentemente sottile, e poni del lardo soffritto intra 'l testo e la pasta. Togli anche pepe sofficientemente, e carne con ova predette, e poni nel testo, e fà un'altra pasta, e metti di sopra, e poni bragia di sotto e di sopra.

Altramente.

Togli uno capretto minuzzato o polli piccioli smembrati, e friggili col lardo fresco e cipolle minuzzate, e erbe odorifere trite con zaffarano, e tuorla d'ova, e distempera fortemente, e mesta con ova, e metti tutto in uno vaso sopra la bragia, e volgi spesso, fine che sia spesso: giongivi spezie abbastanza; coloralo con tuorla d'ova, e fà la forma de la pasta, e rinchiudi tutto: fà cuocere, e mangia.

Del pastello di uccelli vivi.

Fà il pastello, e empilo di semola, e fàllo cocere nel forno; e quando sia cotto, gittane fuora la semola per uno buco di sotto o da lato, e inchiudivi dentro diversi uccelli vivi, quelli che tu vuoli: e fà fenestrelle nel pastello, a modo di fenestrelle di gabbia; e fatto questo, ponasi nell'arbore che si dirà[26].

Altramente pastello buono.

Se tu vuoli fare pastello d'animali salvatichi, fà arrostire la carne, e lardala come tu vuoli: bagnala col vino con maggiore abbundanzia di spezie.

Altramente.

Pastello puoi fare di carne di bue, di castrone e di porco, tagliata molto minuta con agli, cipolle, scalogne, agresta sana, o con erbe, a quel modo che tu vuoli.

De la torta parmesana.

Togli polli smembrati e tagliati, e friggili con le cipolle ben trite, con lardo in bona quantità: e, cotti i polli abbastanza, mettivi su spezie e sale abbastanza. Poi togli erbe odorifere, mettivi su zaffarano in bona quantità, e trita forte........[27] in bona quantità, e poni la medolla sopra 'l grasso di quello, e batti col coltello fortemente, e spessa e mesta colle dette erbe con alquanto di cascio grattato. Poi togli di queste un'altra quantità, e fanne ravioli; e togli anche cascio fresco, e fanne ravioli bianchi. Togli anche petrosello e altre erbe odorifere e cascio fresco, e fanne ravioli verdi, e tutte cose sopraddette distempera con ova. Togli anche amandole monde; pestale forte e dividile in due parti; nell'una mettivi de le spezie in bona quantità, nell'altra mettivi zuccaro; e de l'una e de l'altra quantità fanne ravioli spartitamente: poi togli ova e fàlli pieni. Togli anche budelli di porco bene grassi e lavati, et empili di bone erbe e cascio, e lessali bene. Togli anche presciutto crudo e taglialo sottile e fà similmente salsuccie: poi togli ova dibattute, e mesta con li detti polli in uno vaso, e pòllo su la bragia, e mescola, mescola con la mescola fine che sia spesso; poi levalo dal fuoco, e assaporalo di sale. Poi togli farina bene monda, e fanne pasta salda, e forma al modo de la tegghia o la padella. Poi collo cocchiaio togli del brodo dei detti polli, e ungi la detta pasta: poi nella detta pasta fà un solaio di carne d'essi polli; nel secondo solaio poni ravioli bianchi col savore di sopra; nel terzio solaio poni presciutto e salsuccie, tagliate come detto è. Nel quarto solaio poni de la detta carne. Nel quinto poni dei cervellati, cioè budelli pieni di sopraddetti. Nel sesto de' ravioli d'amandole; e in ciascuno solaio vi si ponano dei dattari; e anche metti sopra la detta carne, il savore; e in ciascuno solaio poni spezie abbastanza: poi metti spezie di sopra che basti: e abbi la bragia, e poni il testo sopra; e di sopra e di sotto sia la bragia. Scopri spesso la detta torta, e ungila con lardo; e se la si rompesse, togli la pasta sottile, e sottilemente menata, e bagnala coll'acqua, e poni su la rottura, e metti il testo caldo di sopra.

De la torta di capponi, fagiani, uccelli, coratelle e pesci.

Puoi anche fare torta di capponi, fagiani, starne, uccelli salvatichi e domestichi, piccioli e grandi, di coratelle; e di pesci marini e di fiumi, e di pomi, e di simili cose nei dì del digiuno, e di pesci battuti con spezie, con latte d'amandole e ova; e assaporala e colorala, come tu vuoli.

De la casciata.

Togli cascio fresco lavato e bene premuto, e spezzato minuto colle mani nel catino: poi togli ova, e sbattile bene insieme col detto cascio e con lardo pesto e battuto, e un poco di pepe, se tu vuoli, e metti nella crosta, e assapora di sale, e fà cocere. Nelle predette cose, se vi si mette menta, o nepitella pesta, si chiama erbata; e puossi fare con scalogne e zucche: e puossi fare tale casciata senza la crosta di sopra.

Del coppo di polli o d'altri uccelli.

Smembra i polli o uccelli: distempera la farina co l'acqua calda, e fàlla molto dura: poi fà la forma del coppo de la detta pasta, e mettivi dentro i polli predetti coll'agresto non trito, zaffarano e spezie, e un poco d'acqua fredda, e chiudilo di sopra con la pasta, e cocasi nel forno, ovvero tra i testi; e al sommo del coppo poni uno pezzo di lardo largo.

Del coppo d'altre cose, e da ciascuno giorno.

Simile coppo puoi fare di carne di bue, di porco, come detto è di sopra. E, per mancamento d'agresto, puoi mettarvi succhio di cetrangole, d'aranci e acqua rosada. E puoi fare coppo di carne di capriolo e d'altre carni, e di coratelle di capretto con erbe odorifere, spezie e zaffarano, e diversificare e coloralle come tu vuoli; e di ceci, fagiuoli, e di zucche, e d'altre misture, che si ponono nei pastelli.

Del pastello di anguilla.

Anguille scorticate, bene lavate e nette, tagliale; e, fatta la crosta dura, mettivele dentro; gittavi su spezie in bona quantità, e ponvi un poco d'oglio e succhio d'aranci, citrangole, o lemoncelli; e cuoci intra i testi: e, cotto, mangialo caldo, che è migliore.

Del coppo di lampreda.

Togli la lampreda bene lavata, e striccala col sale[28]: non si tagli, nè non si scortichi: in ciascuno foro del capo metti uno garofano; e fatto il coppo di pasta dura, ponavisi dentro la detta lampreda sana, a modo di cerchio con spezie e zaffarano: mettavisi dentro acqua rosada, e colorala di sopra, come vuoli, e coprila. Simile modo si pò fare di lamprede picciole senza garofani, con acqua rosada, e succhi di citrangole, aranci, lomìe. Anche si possono le lamprede arrostire e mangiarle con la salsa.

Del pastello de le trote e d'altri pesci.

Fà la forma de la pasta dura a longhezza de la trota, o vuoli rotunda, e togli la trota, e facciasi bene scagliata, lavata, e insalata; e le cose dentro[29]: mettila ne la detta pasta: ponvi spezie su, ben trite, con zaffarano e oglio, e chiudi la detta pasta, secondo la forma de la trota, e facciansi corna in ciascuno capo di pasta a modo di barche: e facciasi due fori nella detta pasta; uno presso al capo, l'altro presso a l'altro capo; ovvero si faccia uno foro nel mezzo, e cocasi nel forno, ovvero nei testi. Poi che sirà bene cotto, mettasi per quelli fori acqua rosada, ovvero succhio d'aranci, di citrangole: e al tempo di carne, ponasi ine[30] del lardo distrutto, e non de l'oglio. Similmente si pò fare coppo, ovvero pastello d'altri pesci, di sardine, alici, triglie e altri, per quello medesimo modo.

Del polpo.

Polpo grosso si pò lessare e mangiare col sale e comino, o altri pesci simili al polpo, che si chiamano moscatelli.

De la seppia.

Togli la seppia, aprila, e cavane il nero, e servalo: poi taglia la seppia minuto, e friggila in oglio co le spezie. E quando sirà fritta, mettili un poco d'acqua, e bolla ine dentro: poi distempera quello nero riservato, che si chiama sale di seppia, col buono vino, e poni nel bruodo con erbe odorifere e spezie, e dà mangiare.

Del nero de la seppia.

Nota, che 'l nero de la seppia si dè ligare di capo, chè non si sparga; e porre al fumo, sì che quando volessi fare salsa, savore, bruodo o altro mangiare nero, tu ricorra a quello. Item nota, come detto è[31], in ciascuna salsa, savore o brodo, si possono ponere cose preziose, cioè oro, petre preziose, spezie elette, ovvero cardamone, erbe odorifere o comuni, cipolle, porri a tuo volere, per li sani e per li 'nfermi.

Del pesce calamaro.

A arrostire il pesce calamaro, cavali l'interiori per li orecchi, e per quelli medesmi mettivi sale, ovvero per la bocca, chè esca per quella; sia spazio in modo di spada, e fàllo cocere un poco presso al fuoco. Poi il larda sottilmente e studiosamente, quasi fosse uno fagiano, e di novo l'arrosti abbastanza, e mangia col succhio d'aranci, citrangole, acqua rosa, o limoncelli.

De l'interiori e budelli di pesci.

Le interiori di pesci, lavati e tagliati non minuto, friggili con oglio e cipolle, suttilmente tagliate; e poni con esse bone spezie, zaffarano e maggiorana trita: distempera con un poco d'acqua bogliente, e tolli una meròla di pane, bene trita e distemperata, anche con poca acqua, e bolla un poco; e in luogo di maggiorana, puoi ponere comino: si[32] vorrai il predetto brodo fare spesso con amandole non monde e pestate, distemperisi col vino: e colate queste cose, non vi si pona zaffarano: gittavi su seme di coriandoli e carni[33], trito cum zuccaro.

De la gratonata di polli.

Polli smembrati, friggili con lardo e con cipolle; e, mentre si friggono, mettivi uno poco d'acqua, sì che si cocano bene nella pentola, e volgili spesso eziandio con la mescola: mettivi su spezie, zaffarano e succhio d'uva agresta, e fà bullire; e per ciascuno pollo togli quattro tuorla d'ova, e distempera coll'agresto, e fà bullire crudo, e sbatti insieme nel catino, e insieme, coll'arte de' polli, fà oni[34] cosa bullire; e, bullito, levalo dal fuoco, e mangia.

De sardamone di carne.

Togli carne di castrone, del petto: taglia minuto, e fà bullire forte; e quando sirà bullita, acciò che non sappia di beccume, leva via l'acqua, e friggi la carne col lardo: poi mettivi su abbastanza di quella acqua, in tanto che poco rimagna di quello brodo; e quando siranno cotte, mettivi su coriandoli e carote bene trite, con spezie e zaffarano abbastanza. E se non avessi coriandoli, mettivi del comino, e mangia.

De la fromentiera col pollo.

Togli frumento buono calvellino, o altro buono, mondo e pesto nel mortaio, bene lavato. E la sera il metti a lessare; e, quando comincia a crepare, mettivi dentro in la pentola, gallina grassa, o bona pettorina di castrone calda: coprila bene, e servala così fine a la mattina. La mattina cava la gallina, o la carne, e pòlla sul taglieri, e serva. Il grano metti a cocere col latte di capra, o pecora, giontovi su lardo o grasso soffritto: poi togli la detta carne, e sfilala dall'ossa, e fà minestre; e su vi metti lardo fritto. Questo è buono cibo, e se non avessi latte, fàllo con ova e cascio.

Del farro di spelta.

Togli il farro de la spelta monda e rotta, e fàllo bullire un poco; e, gittata via quella acqua, lava il detto farro molto bene, e ritornalo a cocere con latte di capra, o di pecora, ovvero d'amandole, fine che sia ben cotto. Trita il cascio fresco, e mestalo con albume d'ova, e mettilo nel detto farro bogliente; e bolla un poco. E puoi mettarvi carne di galline o di polli, a modo di blanche mangieri; e di sopra metti del grasso del porco; e se 'l vuoli fare giallo, coloralo di zaffarano e tuorla d'ova, e ponvi del zuccaro.

De la zeunia di colombi, polli e altri uccelli.

Quando tu occidi polli, colombi o altri uccelli, riserva il sangue e li fegatelli: poi, smembrati, li friggi con le cipolle e col lardo, giuntovi dentro origano secco, bene pestato, distemperato con vino: poi togli il sangue de li predetti, e i fegatelli con uno poco di pane brusticato, e pesta forte, e distempera con aceto e vino, e colora sottilmente, e poni a bullire coi detti uccelli, aggiuntovi dentro del pepe competentemente; per li columbi spezialmente, vi si ponano capo d'agli; e mangia.

De le ova piene.

Togli ova, lessali e mondali, e parti ciascun per mezzo, e cava inde il tuorlo; e, presa maggioranzia[35], zaffarano e garofani, distempera coi detti tuorla d'ova, e pesta forte, aggiontovi dentro cascio grattato: e, per ciascuno otto ova, distempera uno ovo crudo; e, fatto questo, d'esso savore empi le pacche de l'ova, e friggile con buono lardo, e mangia, aggiontovi il savore che si dice verzuzo[36] francioso. De l'ova fritte, arrostite e sbattute è sì noto, che non bisogna dire d'esse.

Dei tomacelli, ovvero mortadelle.

Togli il fegato del porco, e lessalo: poi lo cava, e tritalo sulla taola col coltello fortemente e spesso; o vero tu il gratta colla grattusia al modo del cascio secco. Poi abbi maggiorana e altre erbe odorifere, bene peste col pepe, e detto fegato, e nel mortaio distempera con l'ova tanto, che sia spesso. Poi abbi rete di porco, e, a modo di monticelli tondi, li copri, e spartitamente li friggi nella padella col lardo; e cotti, cavali e poni in una pentola nova. E prese spezie con zaffarano e pepe, distemperato con bono vino, gettalo sopra essi nella pentola, e fàlli bullire competentemente, e mangia.

De li fegatelli.

Togli il fegato, taglialo a pezzi e arrostili nel spiedo; e quando non seranno bene cotti, involgi sopra essi la rete del porco, e fà cocere. E, cotti, mettili in una pentola nova, e fàlli su il savore, come detto è di sopra: e involgendolo ciascuno fegatello per sè in la rete del porco, è migliore.

Del coppo di latte caprino, o pecorino.

Togli farina bianca; distemperala e fà la pasta per lo coppo, a modo di berretta, e poni nei testi sì che sia forte. Poi togli latte con ova dibattute, insieme con zaffarano, e metti nella forma, e cocilo competentemente; e puoi rompere l'ova sane con esso, chè si cocano nel latte.

De la gelatina di pesci senza oglio.

Metti a bullire vino con aceto, e mettivi dentro a cocere i pesci bene lavati; e, cotti, cavali e poni in un altro vaso. E in lo detto vino e aceto metti cipolle tagliate per traverso, e fà tanto bullire, che torni alla terza parte: poi mettivi dentro zaffarano, comino e pepe, e getta tutto sopr'al pesce cotto, e lassa freddare. Questa è schibezia di tavernaio[37].

Del giardino.

Nelle gran feste e dì pascuali, fà di pasta uno arbore o vite, o giardino. E in su l'albore appicca pomi, pere, o uccelli, o uve, o, ciò che tu vuoli, diversifica[38], fatti di pasta distemperata con ova: e debbiansi empire di empiture sopra dette e coloralle di diversi colori; come giallo, verde, bianco e nero. A onore del detto arbore, poni nel mezzo d'esso uno pastello, ovvero gabbia piena d'uccelli; e in tale arbore puoi ponere tutti i frutti, li quali troverai, secondo e diversi tempi. Quando si portarà nella corte, facciasi sotto l'albore (o vite, o giardino) fuoco di legne altamente, e ponanvisi vergelle odorifere; e ponanvisi pomposamente.

Del dulcamine, cioè frittelle non quaresimali.

Togli farina distemperata con ova et acqua, e assuttigliata e stesa; tagliala a modo di foglie, o di fichi, o come vuoli, e friggile nel lardo, o oglio ad abbundanza; e cotte, mettivi su del mele bullito, e mangia.

De li erbati.

Di tutti i fiori e altre più erbe predette, quali che tu vuoli, puoi fare erbolato con cascio e ova e spezie, e dèsi cocere nel forno o tra i testi: la crosta si chiama erbata.

De le lasagne.

Togli farina bona, bianca; distempera con acqua tepida, e fà che sia spessa: poi la stendi sottilmente, e lassa sciugare: debbiansi cocere nel brodo del cappone, o d'altra carne grassa: poi metti nel piattello col cascio grasso grattato, a suolo a suolo, come ti piace.

Del mele bullito co le noci, detto nucato.

Togli mele bullito e schiumato, con le noci un poco peste, e spezie, cotte insieme: bagnati la palma de la mano coll'acqua, et estendilo: lassa freddare, e dà a mangiare. E puoi ponere amandole, e avellane in luogo di noci.

De li tortelli.

Di pasta tu puoi fare oni instrumento che tu vuoli, cioè ferro da cavallo, fibbie, anelli, lettere e ogni animale, che tu vuoli. E puoli empiere, se tu vuoli, e cocere nella padella col lardo e con oglio, e pesci[39], e colora come vuoli.

De la ioncada.

Togli latte puro, chiaro, colato, e mettivi presame di capretto o d'agnello; e quando sirà stretto, lavalo bene, e compollo tra i gionchi, e dà al signore: ovvero che tu il poni nell'acqua fredda fine a ora di mangiare.

De la paniccia col latte.

Togli legume bene sciolto da le pietre, e da rena; e, bene lavato e pesto, fallo bullire con un poco d'acqua: poi giungivi su del latte abbastanza col lardo, ovvero grassa di porco soffritta, e coloralo come vuoli. E questo cibo tu puoi mangiare col capretto arrosto.

De i savori: e prima del savore per l'arrosto.

Pesta il basilico nel mortaio, e ponvi del pepe, e distempera con l'agresta. Questo savore è buono con ogni arrosto, e ova lesse: e, mancando questo, abbi melerancie, citrangole, o limoni.

De i savori con li pippioni.

Fegato de i pippioni abbruscialo, e cocilo sotto la bragia; poi lo pesta nel mortaio col pepe e col pane abbrusticato, e insuppalo nel vino o nell'aceto, e stempera. Se 'l vuoli fare bullire, puoi; se non, dàllo crudo.

Del savore con la grua.

Togli il fegato de la grua e arrostilo sulla bragia: poi piglia bone spezie, maggiorana, zaffarano e il detto fegatello, e pesta bene ogni cosa insieme, e due tuorla d'ova metti con essi, e distempera con buono vino e un poco d'aceto; poi mettivi un poco di mosto cotto, acciò che sia acro dolce.

Savori per papari et per porchetta.

Fà come detto è di sopra, eccetto il vino cotto. E il grasso che cola del paparo, mettilo nel savore. Simile fà colla porcella arrostita; e se non vuoli fare tale savore, fà salsa verde.

Savore per malardi[40] et anatre.

Fà come detto è di sopra del savore de la grua; non ponere però zaffarano per tutti uccelli di rivera[41]. Per queste cose, che dette sono, il discreto cuoco potrà in tutte cose essere dotto, secondo la diversità dei regni; e potrà i mangiari variare e colorare, secondo che a lui parrà.

De la pastringa.

Togli cascio grasso e taglialo minuto, e togli rete di porco: queste cose mesta con farina e ova, e distempera; et, messovi zaffarano, poni nelle croste a cocere, e fàlla bianca: o tu la colora, come tu vuoli.

Del solcio dei piedi d'uccelli, et di capo di porco.

Fà lessare i piedi e' capi fortemente: giungivi aceto in bona quantità e foglie di salvia, e mangia. E puoilo servare per xv giorni, a tempo di verno.

Anche di questi medesmi fà come detto è di sopra, e quando la carne sirà quasi cotta, giungivi aceto nell'acqua, abbastanza, sì che non sia troppo forte, nè debile. Fàllo poi bullire sì che torni al terzo, a tempo di state; e poni la carne in altro vaso: mettivi su foglie d'alloro, e togli spezie e zaffarano, e distempera col brodo predetto; poi cola il brodo sopra la carne predetta, e giungivi su di spico bene trito, e assapora di sale, e mangia. E se spico non avessi, mettivi del comino. Similmente si pò fare gelatina di porcello, di polli, o altri uccelli, che tu vuoli.

Del cascio arrostito.

Togli cascio di bria[42], che è grasso, o bufalino, o altro, ch'è tenero et grasso: sia mondato; et, essendo molto fresco, lavalo; poi lo metti in uno bastone fesso in due parti, ovvero ne la rocca, e volgilo al fuoco fine a tanto che comincia a fondere, ovvero scorrere e sfilare per lo caldo: poi, il metti sul pane tagliato sottilmente, ovvero in nebula per taglieri, e porta al signore.

Dei cauli per li 'nfermi.

Fà bullire un poco i cauli nell'acqua semplice; e da per sè coci la carne di castrone un poco in un'altra acqua: poi cava i cauli et la detta carne, e metti ogni cosa in una pentola, et cocili bene, e mettivi del petrosello, e cocili come tu vuoli per infermi.

De l'erbe minute.

Spinacci, borraggini, petrosello, biete, aneto e simili cose fa bullire, e gittane via l'acqua: poi le batti minutissimamente su la taola: e metti a cocere con latte d'amandole, e guardale dal fumo.

Per li costipati, stitici, e che non orinano.

Togli spinacci; incocili[43] con pochi finocchi, petrosello e borraggine et malve, bene lavate: fà bullire, poi le trita, e metti a cocere con carne di castrone. Anch'è caulo, lassativo per infermi. Togli cauli di pastino[44], e mettili nel brodo, dove sia stato cotto il cappone, e cocili bene, e mettivi poco sale. Anche nei dì di digiuno[45] togli cauli di pastino con finocchi, e cocili con oglio, latte e zaffarano.

De le zucche.

Togli zucche novelline, lavale bene con acqua calda, e spremile fortemente, e metti a cocere con latte d'amandole. Nota che i mangiari d'erbe e foglie minute per l'infermi, si possono cocere nel brodo de la carne che si dà a loro.

De i ceci per li 'nfermi.

Togli ceci rossi o bianchi; metti a cocere con oglio e sale et pepe et zaffarano e un poco di ruta; pesta nel mortaio, e mangia. Anche togli ceci infranti, e lessali, e gittata via l'acqua, mettili in un'altra acqua a cocere con oglio o lardo battuto, sale, zaffarano, spezie, tuorla d'ova battute, e un poco di cascio; e mesta tutte cose insieme, e dà mangiare.

De le lattuche.

Togli lattuche fesse in due parti, e cocile senza sale; e poste sul taglieri, dàlle a mangiare con verde salsa, o savore.

Dei peselli freschi per li 'nfermi.

Togli i pesi novelli e latte spesso, e amandole, e ponvi un poco di sale: poi fà uno coppo di pasta bene composto: giungivi su, se tu vuoli, zuccaro, e metti a cocere, e mangia.

De l'amandolato et del farro per li 'nfermi.

Togli l'amandole, e mondale; pestale e distempera con acqua bullita, e poni latte a cocere con la meròla del pane, o vero farro; e ponvi tuorla d'ova sane; e pesti, ovvero distemperati, mettivi zaffarano, et zuccaro, e uno poco di sale.

De la tria genoese per li 'nfermi.

Metti la tria nel latte de l'amandole bullito, e un poco di sale, e dà a mangiare.

Riso per li 'nfermi.

Metti el riso a cocere nell'acqua dove sieno stati cotti i piei del capretto, e mettivi latte d'amandole, e zuccaro.

De la farina per infreddati.

Fà bullire l'acqua con quattro oncie di adragante e cum due oncie di zuccaro; et, mentre bolle, mettivi la farina bianca a poco a poco, mestando forte col cocchiaro, e lassa bene cocere, e dà a lo 'nfreddato. Puoi anche cocere a li 'nfermi starne, polli, pesci, secondo la valitudine de lo 'nfermo, simplicimente lessi, ovvero nei bruodi, secondo che di sopra è detto, e ova sperdute e molte altre cose ministrare.

De le triglie per li 'nfermi.

Lessa le triglie con petrosello e con zaffarano, e dà mangiare.

De' pomi lessi per l'infermi.

Lessa i pomi, poi li taglia: lassa freddare, e dà a lo infermo.

De' pomi arrostiti.

Involgi i pomi nelle scope, e metti sotto la bragia: lassa cocere, poi li taglia; metti nel vino, e dà a lo 'nfermo.

De i predetti, altramente.

Taglia per mezzo i pomi, e cavane li grani dentro, e quelli luoghi voiti[46] empili di zuccaro pesto: poi raggiugni el pomo, e metti nello spiedo a rostire, sì che i pomi paiano interi; e quando siranno bene arrostiti, dàlli a lo infermo.

Carne arrostita è più savorita che la lessa, perchè è cotta nel suo umido, e quella nell'altrui.

A cocere prestamente e bene uno arrosto.

Togli carboni, e con essi coci; e quando sono bene accesi, gittavi su vino, e dureranno più e più focosi. E anche togli olio, e lardo bene pesto et battuto, mesta insieme, e ungi con esso la carne.

De la insaleggiata di cipolle.

Togli cipolle; cuocile sotto la bragia, e poi le monda, e tagliale per traverso longhette e sottili: mettili alquanto d'aceto, sale, oglio e spezie, e dà a mangiare.

A trarre il sale de la pentola.

Metti nella pentola una midolla di pane inviluppata in panno lino bianco; altri dice farina. Or se tu la tieni sospesa presso al brodo, e' trarrà il sale.

A cavare il fumo del mangiare.

Metti nella pentola una noce forata, e trarrà a sè il fumo.

Frittelle nuove.

Prendi midolla di pane grattugiata bene, e sugo d'erbe fine, menta, petrosello; e togli ova, e stempera insieme, e metti a friggere nel lardo fresco, strutto in padella. E poi le metti per taglieri, e gittavi su polvere di zuccaro.

A chi non avesse levame.

Tolli uno pane, e grattugialo et tridilo[47] con la farina: questo non farà buono pane, ma di questo poi esce buono levaduro[48].

A fare agresto.

Togli del taso, cioè groma di vino bianco: pestalo bene, fàllo cocere con vino o acqua, e sirà agresto.

ANNOTAZIONI:

[1] Il codice qui legge con pesce in sabato: parendomi lezione palesemente errata, mutai in sabato in insalato.[2] Il cod.: togli spinacie biette trepuce. È chiaro che qui si dee leggere: spinacci e biete trepice, o tripice, sincope di triplice.[3] Parole di difficile e dubbia intelligenza: per lo che tu vuoli.[4] Così il cod.: forse ventrello, dim. di ventre, che per similitud. indicherebbe la parte interna dell'uovo, cioè il tuorlo.[5] Nel cod. parola inintelligibile, perchè consunta.[6] Qui il cod. senza dubbio ha lezione errata, perocchè in iscambio di mangiare di zucche, dee leggere, secondo il buon senso, mangiare di lattuche, come ho posto.[7] Così il ms.: forse per similitud. volgarmente poppardelli o popperdelli.[8] Siranno per saranno, da sire: così molt'altre volte. V. il Nannucci, a pag. 462 dell' Analisi critica dei verbi italiani; Firenze, Le Monnier, 1843.[9] Cascio di briga! sembrami strano: tuttavia, se dovessi sporre la mia opinione, direi esserne uscita questa voce dal cambiamento del c nel g, come usavano di frequente gli antichi, e come in alcune parole tuttavia veggiamo: così dicesi mica e miga, spica e spiga, ed altre simili. Briga dunque io mi avviso essere tutt'uno con brica o bricca, femmine del bricco o montone; e del becco o caprone. Cascio di briga dunque potrebbe equivalere a cascio di pecora o di capra. V. anche lanota 42.[10] Vocabolo pretto romagnuolo.[11] Così il ms.: forse disbaccati, tolti dalle bacche, o da' baccelli, il che non sarebbe detto molto propriamente, per mio avviso: forse potrebbesi anche leggere distaccati, sottintendendosi da' baccelli.[12] Fognata l' h, come usavano gli antichi: funghi. Così più sotto troveremo sciumati per schiumati, ed altri simili.[13] Il cod. a questo luogo ha parole di niuna significazione; eccole: danati in libro e acciorj.[14] Così il ms.: forse carobbi, o garoffi, garofi.[15] Fognata l' h, come sopra in fungi: schiumato.[16] Il cod. legge qui e nell' Indice de' Capitoli: sarta cenito, parole di niun significato: le mutai in una sola, scrivendo saracenico, intimamente convinto, che per tal modo fosse a leggersi anche per le diverse sostanze aromatiche di che il brodo è confettato. Forse l'autore con mala ortografia scrisse sarra, che dal copista si cambiò in sarta, e l'ultimo t in cenito, fu male inteso, essendovi molta simiglianza ne' codici tra il t e il c. Se male corressi, sia come non fatto: altri indovini meglio.[17] Il cod. legge coualo con lineetta sopra l' o e l' u. V. laTavola appresso.[18] Il ms. ha sumacho: il sommacco è pianta assai nota.[19] Così legge il cod. Sembrami però strano, ripugnando al buon senso che si mescolasse nelle vivande amido non mondo, cioè amido immondo e sudicio: così pur si ripete alla pag. seguente,lin. 20. Forse in origine ben mondo, che fu letto bon mondo, e da bon si trasse il non. Potrebbe anche essere proceduto tale errore dall'avere il copista male inteso amidon (alla spagnuola amydon ), e quindi per astrazione sostituito amido non. Ma sia come si vuole, l'amido non mondo, non mi ci entra.[20] Il cod.: poi così bolliti e non bolliti.[21] Il cod. ha per soprappiù: de la salsa cercha tra l'altre; ma quale salsa? io omisi questo brandello, perchè troppo interrotto rimaneva il concetto: forse manca qualche altra parola.[22] Mesedati, pretto bolognesismo: mescolati.[23] Uselli; proprio del favellare romagnolo: uccelli.[24] Vocabolo d'antichissima origine, che vale guastada, caraffa. V. laTavola appresso.[25] Così il ms.; non saprei come qui indovinare; forse saepius tagliato; almeno così se ne trae una significazione.[26] Si riferisce l'autore all'articolo del Giardino, posto più innanzi, allapag. 75.[27] Nel cod. parole di dubbia intelligenza: e ex coriatam: interpreti e indovini chi vuole.[28] Così il ms. Striccare in buon toscano vuol dire strigare, distrigare. E striccare in alcune provincie italiane vale stringere, unire premendo, e simili.[29] Così legge il ms., ma senza dubbio qui è difetto di lezione.[30] Ine, ivi: è voce comune al dialetto sanese. Intorno a questo vocabolo ed a' suoi vari significati V. lo Spoglio del ch.mo signor cav. Polidori: sta dopo gli Statuti Senesi.[31] Così il ms.: certo non ricordò l'autore prima d'ora che in cotali vivande si potessero ponere cose preziose, cioè oro, e petre preziose.[32] Si per se, proprio a tutti gli scrittori antichi: sarebbe anche più comune, se gli editori lasciassero i testi nella loro integrità perfetta.[33] Così il cod.: sembrami che quelle carni qui ci stieno a pigione.[34] Coll'arte dei polli: idiotismo: coll'arti dei polli, cogli arti: ma vedi laTavola appresso: oni antiqu. ogni.[35] Così il ms.: maggiorana.[36] Forse versugo, o verzume.[37] Schibezia: mutato il v consonante nel b, come in bomere, in boto, in boce e simili, per vomere, voto e voce; aggiuntovi l' i alla finale per istrascico, secondo l'antico costume, come in penitenzia, astinenzia ecc. Onde ridotta questa parola alla grafia in uso, ne esce: schivèza, schivezza, ( schifezza ).[38] Il cod. diversi.[39] Così il cod.: forse e pepe.[40] Per quanti uccellatori m'abbia domandati, a sapere che cosa sieno i malardi, niuno mel seppe dire: è probabilmente alcuno uccello che per la specie s'avvicina all'anitra. Se in iscambio di savore per malardi et anatre dicesse: savore per anatre et malardi, avrei sospettato che, a preferenza di malardi, si fosse dovuto leggere valardi, vallardi, cioè uccelli di valle.[41] Il cod.: di civera: è assai facile scambiare una r in un c o nello scrivere, o nell'interpretare lo scritto.[42] Il cod. dibria: io ho disseparata la parola, scrivendo di bria, per convenienza a quanto dissi alla nota 9. Bria sarebbe dunque sincope di briga: se errai, sia come non detto. Confesso il vero, potrebbesi qui scrivere d'Ibria, cioè d'Iberia; perchè, come oggi sono in voce di ottimi i caci di Montecavallo e di Olanda, così una volta potevano quelli della Spagna. Infine dirò, che, non meno a questo luogo, che alla pag. 18, potrebbe esser corso uno strafalcione, e che s'avesse in sostanza a leggere, non già di briga, o di bria, o d'Ibria, ma sì bene d'ibrice, o di bibrice, dal lat. berbix; capra: ma come che sia, lascio che altri indovini con miglior senno e a suo talento, e del mio fantasticare si passi il cortese leggitore.[43] Il cod. in cutial o in cucial, parola di niuna significazione: se incocili non istà bene, il savio lettore corregga meglio.[44] Pastino è voce latina, e vale, secondo i vocabolaristi, divelto; non se n'allega che un solo es. del Crescenzio: procede da pastinare, che vuol dire rivoltar la terra, diveglierla molto sottilmente e profondamente. Caulo di pastino dunque vorrà interpretarsi per cavolo coltivato in terreno di forte lavoragione: in alcuni paesi della Toscana è voce tuttavia in uso.[45] Il cod.: nei dì di giugno: qui non ci ha bisogno di scusa se mutai nei dì di digiuno.[46] Antiqu. vôti. Comunissimo è negli antichi testi l' i intromesso nelle parole. Ne troviamo ess. in Pucciandone Martelli da Pisa, in Tommaso Buzzuola da Faenza, in Antonio del Beccaio da Ferrara, in Ciullo d'Alcamo, in Fra Guittone d'Arezzo, in Bonaggiunta da Lucca, e in cent'altri: onde noti sono il faite per fate, erraita per errata, guairi per guari, bailìa per balìa, mainera per maniera, guaitare per guatare, ec. ec.[47] Così il ms.: manca la prep. in, intridilo.[48] Levaduro corre tuttavia per le bocche del popolo dell'Emilia, e vale levame, lievito, fermento.

TAVOLA

di alcune Voci e modi di dire che si trovano in questo libro, non registrati nella quarta impressione del Vocabolario della Crusca, o mancanti degli opportuni esempi.

Abbrusticare. Abbrustolare leggermente ( Pag. 31, lin. 14 ). Fà poi abbrusticare del pane bianco infuso in tuorla d'ova dibattute, e metti nel savore predetto.

Manca questo verbo al Vocabolario.

Abbrusticato. Add. da Abbrusticare. Abbrustolato leggermente ( Pag. 42, lin. 16 ). Togli pane abbrusticato, un poco di zaffarano che non colori, spezie, e fegati triti.

Manca ai Vocabolarii. Trovasi altre volte in questo libricciuolo. A Pag. 72, lin. 10 abbiamo pur brusticato.

Agrodolce, o, come il nostro testo, Acrodolce. Aggiunto che si dà a que' commestibili, in cui l'agro e il dolce rimangono insieme contemperati ( Pag. 80, lin. 13 ). Distempera con buono vino e un poco d'aceto; poi mettivi un poco di mosto cotto, acciò che sia acrodolce.

Non registra la Crusca questo vocabolo.

Accolorare. Colorare ( Pag. 45, lin. 15 ). Simile fa de' capponi, starne, e accolora, e assapora, come è detto.

Manca al Vocabolario questo verbo.

Alice. Acciuga ( Pag. 66, lin. 10 ). Similmente si può fare coppo, ovvero pastello d'altri pesci, di sardine, alici, triglie e altri.

Il Vocabolario registra questo vocabolo con un solo esempio tratto dalle Satire del Menzini.

Allessare. Lessare ( Pag. 6, lin. 2 ). Togli finocchio ben lavato, poi fà allessare.

Manca al Vocabolario, dove però registrasi l'addiet. Allesso.

A mollo. Mettere o tenere a mollo o a molle. Mettere o tenere in bagno ( Pag. 9, lin. 11 ). Togli zucche secche, et pòlle a mollo con acqua calda al vespero. E altrove. Togli ceci rossi o bianchi; e, tenuti a mollo, cuocili col pepe e col zaffarano, e erbe odorifere.

Il Vocabolario non cita che un solo esempio del Cellini, ma del mettere a molle, non a mollo. È guisa di favellare che tuttavia corre per le bocche del popolo romagnuolo, e vale propriamente immergere in quale si voglia liquido una cosa, di cui imbevendosi, divenga per lo più molle e tenera.

Appezzato. Addiet. da Appezzare, mettere in pezzi ( Pag. 13, lin. 8 ). E puoi ponervi ovi, carne appezzata o tritata, e latte di capra, quando tu vuoli.

L'addiet. appezzato non registrasi ne' Vocabolarii; bensì il suo verbo, ma senza esempio alcuno.

Arti, o, come il nostro testo, Arte. Membra ( Pag. 69, lin. 15 ). Distempera coll'agresto, e fà bullire crudo, e sbatti insieme nel catino, e insieme coll'arte de' polli, fà oni cosa bullire.

Nel Vocabolario non se ne registra che un solo esempio dell'Algarotti. Questa voce viene dal latino; Artus, Artuum, che equivale a nodi, giunture, membra. Si suol dire comunemente nel solo numero del più, ed in genere maschile: è voce comune agli Anatomici d'oggidì. Nel numero del meno, tra i latini trovasi usato da Lucano.

A Solaio. Posto avverbialm. Distesamente. L'un sopra l'altro, a suolo a suolo ( Pag. 29, lin. 17 ). Poi levalo dal fuoco, e poni in altro vaso, e mettilo ordinatamente a solaio col pesce predetto.

Manca al Vocabolario.

Assaporare. Condire. Confettare ( Pag. 45, lin. 16 ). Simile fà de' capponi, starne, e accolora, e assapora, come è detto.

In questo significato manca al Vocabolario. V. anche alla pag. 82,lin. 19.

Battuto. Sostantivo. Vale qualunque commestibile ben minuzzato e pesto ( Pag. 4, lin. 20 ). Messovi dentro battuto di tinca, potrai dare la quaresma al Signore.

Manca al Vocabolario: è però vocabolo oggi in uso, e battuto dicesi ogni ripieno che serve nelle vivande, ed anche per minestre; come battuto da tortelli, da agnellotti, da ravioli ec.

Beccume. Propriamente quel puzzo che mena la carne macellata del montone o becco ( Pag. 70, lin. 1 ). Togli carne di castrone, del petto: taglia minuto, e fà bullire forte; e quando sirà bullita, acciò che non sappia di beccume, leva via l'acqua ec.

Manca al Vocabolario. Io porto opinione, che questo vocabolo potrebbesi usare eziandio in genere, favellando di quel puzzo di carnume che ha la beccheria stessa, e che porta con seco pur anche il beccaio.

Brocca. Canna, o verga divisa in cima in più parti e allargata ( Pag. 50, lin. 5 ). Involgi il detto pavone in una rete di porco, e fermalo con brocche di legno.

In simile signif. non si registra che con un solo esempio del Lippi.

Bruciare, o, come il nostro testo, Brusciare. Abbrustiare ( Pag. 30, lin. 9 ). Taglia la gola al paparo o oca; pelalo bene e bruscia.

In questo significato, che propriamente vale quel mettere alquanto alla fiamma che si fa gli uccelli pelati, per tor via quella peluria che rimane loro dopo levate le penne, manca al Vocabolario.

Bufalino. Di Bufalo o Bufala ( Pag. 83, lin. 3 ). Togli cascio di bria, che è grasso, o bufalino, o altro, ch'è tenero et grasso.

Manca questa voce al Vocabolario.

Calvellino. Aggiunta d'una specie di grano gentile, senza ariste, detto anche Calvello ( Pag. 70, lin. 11 ). Togli frumento buono calvellino o altro buono, mondo, e pesta nel mortaio.

Il Vocabolario registra Calvello, con esempi del secolo XV, ma non Calvellino.

Cardafisia. Vaso di terra, quasi della forma di fiasco. Caraffa ( Pag. 52, lin. 21 ). Prendi uno vaso di terra fatto in modo di cardafisia, cioè d'inguastara o di fiasco.

Non registrasi in verun lessico questo vocabolo.

Carota. Radice di color rosso o giallo, che mangiasi cotta e in insalata ( Pag. 26, lin. 15 ). Togli rape picciole e naponi ec., e carote integre, e radici di petroselli.

Il Vocab. non registra veruno es. del buon secolo.

Cervellato. Cervellata ( Pag. 61, lin. 10 ). Nel quinto ( solaio ) poni dei cervellati, cioè budelli pieni di sopraddetti.

Nel Vocabolario registrasi Cervellata, senza esempi del buon secolo, ma non Cervellato.

Cimola. Dim. di Cima ( Pag. 7, lin. 9 ). Togli cimoli di cauli, che si dice rapazoli, ovvero cimole di rape tenere, e poni a cocere.

Manca questo vocabolo, e anche oggidì potrebbe usarsi molto acconciamente.

Civero. Sorta di salsa o di savore ( Pag. 9, lin. 16 ). Soffriggi e poni in civero, fatto di aceto e molena di pane, a cocere.

Il Vocabolario non registra questa voce. Che cosa sia propriamente il civero vedilo allapag. 43.

Cocitura. Cocimento ( Pag. 32, lin. 13 ). Ordina gradatamente a solaio, come si conviene, e a la fine de la cocitura, ponvi del grasso del detto savore.

Il Vocabolario a questa voce, in simile significato, non registra che un solo esempio del Salvini.

Comandello. Specie di salsicciotto ( Pag. 4, lin. 10 ). Porestine fare mortadelli, comandelli, e molte altre cose.

Non trovasi in verun lessico questo vocabolo.

Corvalo. Specie di pesce marino, abbastanza noto ( Pag. 36, lin. 13 ). Poi prese ova di luccio, o di trota, o di corvalo, o d'altro pesce, mesta forte.

Manca ai Vocabolarii. Il Corvalo è pesce comune all'Adriatico, di sapore squisito, di forma quasi ovale, schiacciato, e simigliante al rombo, ma assai più squammoso. I piccoli chiamansi Corbelli: un esempio pure ne troviamo nel Morgante del Pulci: canto 14, stanza 66. La triglia, il ragno, il corvallo e 'l salmone.

Crispello. Frittella fatta con farina, ova e fermento ( Pag. 36. lin. 1 ). De' crispelli ovvero frittelle Ubaldine.

Il Vocabolario non ne registra verun esempio che appartenga al buon secolo. Diconsi queste frittelle, crispelli, dal raccresparsi che fanno in cocendosi.

Empitura. Ripieno ( Pag. 52, lin. 5 ). Empi il detto cuoio de la detta empitura: poi ligato il detto collo, e messovi un poco d'acqua, metti a cocere.

Manca questo vocabolo ai lessici della lingua.

Fegatello. Dim. di Fegato. Piccolo fegato. Fegatelletto ( Pag. 72, lin. 4 ). Quando tu occidi polli, colombi o altri uccelli, riserva il sangue e li fegatelli.

In simile signif. manca al Vocabolario, che ha fegatello per un pezzuolo di fegato involto nella sua rete, di cui vedi a pag. 74.

Fondere. Struggere. Liquefare ( Pag. 83, lin. 9 ). Volgilo al fuoco fine a tanto che comincia a fondere, ovvero scorrere e sfilare per lo caldo.

Qui è adoperato a maniera di neutro, nel qual significato manca alla Crusca.

Giuncata, o, come il nostro testo, Ioncada. Latte rappreso, di cui vedi l'articolo per intero, qui in parte allegato (Pag. 78, lin. 14.). Togli latte puro, chiaro, colato, e mettivi pressame di capretto o d'agnello, ec.

Manca il Vocabolario d'esempi del buon secolo.

Grassa. Sugna ( Pag. 79, lin. 6 ). Giongivi su del latte abbastanza col lardo, ovvero grassa di porco soffritta.

Manca al Vocabolario: è voce viva e comune in diverse Provincie dell'Italia centrale.

Grosso. Avverb. Grossamente ( Pag. 28, lin. 4 ). Togli polli tagliati grosso, smembrati o interi.

La Crusca non ne registra che un solo esempio in rima tratto dal Pataffio, che ora è noto appartenere al sec. XV.

Ienula. Enula. Pianta aromatica abbastanza nota ( Pag. 29, lin. 8 ). Prendi amandole monde, uva secca, ienula secca e prugne.

Non registrasi nel Vocabolario questa voce, che però ha enula con ess. antichi.

Inguastara. Inguistara. Guastada ( Pag. 51, lin. 21 ). Prendi uno vaso di terra fatto in modo di cardafisia, cioè d'inguastara o di fiasco.

Il Vocabolario registra bene Inguistara, ma non inguastara, che più si accosta a guastada.

Insaleggiata. Insalata ( Pag. 90, lin. 1 ). Insaleggiata di cipolle. Togli cipolle; cuocile sotto la bragia e poi le monda.

Manca questa voce a' Vocabolarii, che sembrami non essere tuttavia indegna d'avervi luogo.

Insuppare. Inzuppare. Infondere nelle cose liquide materie che possano incorporarle ( Pag. 15, lin. 3 ). Togli rape senza foglie, bullite; e gittata via l'acqua, togli pane insuppato nel brodo de la carne. E altrove. Lo pesta nel mortaio col pepe e col pane abbrusticato, e insuppalo nel vino o nell'aceto.

Come ne' Vocabolarii registrasi con buoni esempii Suppa per Zuppa, così potrà registrarsi nell'avvenire Insuppare per Inzuppare.

Integro. Non diviso. Intero ( Pag. 26, lin. 15 ). Poi togli rape picciole ec. e pomi, divisi in quattro parti, ec. e carote integre.

Il Vocabolario non registra in questo senso, che è il proprio, che un solo esempio dell'Ariosto.

Lardato. Addiet. da Lardare, cioè Metter lardelli nelle carni che si debbono arrostire ( Pag. 46, lin. 15 ). Puossi fare dei capponi arrostiti e lardati.

Non se ne registra ne' Vocabolarii che un solo esempio moderno, in senso metaforico.

Lepore. Lepre ( Pag. 42, lin. 8 ). Conviensi a tutte carni di capriolo e lepore a rosto.

In simile significato manca a' Vocabolarii. Per entro a questo libricciuolo molte altre volte trovasi. Ne abbiamo anche esempi nella antica Storia d'una crudele matrigna, testo ritoccato da mano moderna, ma che per ciò non cessa dall'essere in origine dettato nell'aureo trecento.

Levame. Lievito. Fermento ( Pag. 36, lin. 10 ). Piglia farina bianca con un poco di levame: distempera con acqua calda, e fà levare.

Non registrasi questo vocabolo, che non sembrami dispregevole, in verun lessico.

Limoncello. Specie di piccolo limone ( Pag. 30, lin. 20 ). Dà mangiare col succo d'aranci, o di limoncelli, o lumìe.

Questa voce, più volte usata dal nostro autore, registrasi nel Vocabolario con un solo esempio del Redi. Lumìa, o Lomìa, voce antichissima, registrata con un esempio di M. Aldobrandino, è una sorta di limone, con poco sugo dolce, e di soave sapore.

Melangola. Frutto del melangolo. Agrume noto ( Pag. 31, lin. 12 ). Giungivi succhio di melangole e zuccaro, che sarà acrodolze.

A questa voce manca il Vocabolario d'esempi antichi.

Merolla, o come il nostro testo, Meròla. Midollo ( Pag. 68, lin. 18 ). Distempera con un poco d'acqua bogliente, e tolli una meròla di pane.

Il Vocabolario a questa voce non registra se non se esempi in rima.

Minuto. Avverbio, Minutamente ( Pag. 24, lin. 13 ). Togli fungi di monte ec. mettili poi a friggere con cipolla tritata minuto.

Non registrasi nel Vocabolario veruno esempio d'autore antico.

Misticato. Addiet. da Misticare. Confondere insieme. Unire; Abborracciare ( Pag. 40, lin. 9 ). Togli budelli di vitella giovene, lavali bene e impili de le dette gualdaffe cotte, tagliate minute, misticate con ova dibattute e cascio grattato ec.

Nel Vocabolario manca questo Addiettivo. Vi si registra però Misticare con un solo esempio tratto dalle Rime burlesche di Mattio Franzesi.

Mollare. Mollificare ( Pag. 9, lin. 22 ). Togli pere fresche e mettile in acqua a mollare.

In significato di mollificare manca ai Vocabolarii.

Mollena. Mollica. Polpa del pane ( Pag. 9, lin. 16 ). Soffriggi e poni in civero, fatto di aceto e mollena di pane, a cocere.

Non registrasi questo vocabolo, ch'io mi sappia, in verun lessico della lingua italiana. Presso alcuni popoli dell'Emilia è tuttavia in uso.

Moscatello. Specie di pesce simile al Polpo ( Pag. 66, lin. 16 ). Polpo grosso si pò lessare e mangiare col sale e comino, o altri pesci simili al polpo, che si chiamano moscatelli.

Manca al Vocabolario questa voce in simile significato.

Napone. Navone ( Pag. 13, lin. 1 ). De' naponi ovvero navoni.

Mancano di questa parola i Vocabolarii, che però registrano Napo, con esempii dell'antico Volgarizzamento di Palladio, del Crescenzio e di altri.

Ovo Perduto o Sperduto, vale ovo Dibattuto, Distemperato ( Pag. 3, lin. 9 ). Possonsi eziandio fare con lo lardo, col cascio, e con l'ova perdute. E pag. 16, lin. 12. E puoi ponervi ceci rotti e ova perdute, ovvero dibattute. E pag. 18, lin. 11. Mettili a cocere con cascio di briga, oglio e ova sperdute.

Oggi per uova perdute, o sperdute, intendiamo di quelle uova gittate intere, fuori del guscio, nell'acqua bollente, donde, appresso pochi istanti, si ritraggono belle e cotte, col ramaiuolo, e divisate a solaio in una tegghia, si maritano col formaggio parmigiano o col burro. Cotesta è per lo meno usanza romagnuola.

Pacca dell'uovo. Albume dell'uovo stesso ristretto e diviso per metà, toltone via il tuorlo ( Pag. 73, lin. 5 ). Togli ova, lessali e mondali e parti ciascun per mezzo, e cava indi il tuorlo ec., e, fatto questo, d'esso savore empi le pacche de l'ova, e friggile con buono lardo.

Manca a' Vocabolarii questa voce.

Pastello. Pezzuolo di varie materie ridotte in pasta ( Pag. 9, lin. 9 ). Di tali si possono fare ravioli con carne battuta mista, e anche pastelli.

Non registransi nel Vocabolario che soli esempi moderni.

Pesello. Pisello ( Pag. 18, lin. 18 ). Metti i peselli a cocere con carne, bene spurata dal sale.

Questo nostro scrittore usa indistintamente peselli e pesi, la qual ultima voce appartiene propriamente al pisano. Peselli, per piselli, dice la Crusca essere voce della poesia! non ne arreca che soli due esempi tratti dalla Coltivazione dell'Alamanni.

Pettorina. Carne del petto ( Pag. 70, lin. 16 ). Mettivi dentro in la pentola gallina grassa, o bona pettorina di castrone calda.

Indarno si cercherebbe ne' Vocabolarii questa voce.

Peverata. Peverada ( Pag. 42, lin. 21 ). de la peverada.... E tale peverata si può dare con carne domestica, salvatica e con pesce.

Peverata manca al Vocabolario, che ha però Peverada. Gli Accademici della Crusca definirono la Peverada per quell'acqua, nella quale è cotta la carne, cioè il brodo: così pure il Varchi ed il Redi. Altri disse, che Peverada si è quell'acqua nella quale è cotta la carne, ma aggiuntovi del pepe. Della Peverada discussero a lungo il Menagio, il Baruffaldi, il Monti e il Pezzana. A rettamente definire che cosa sia propriamente la Peverada usata da' nostri antichi, basta allegare il capitolo di questo Libro di cucina, dal quale si ritrae apertamente altro non essere se non che una salsa o savore, composto delle sostanze indicatevi, e dove non entra punto il pepe. Da ciò ne verrebbe, che la lezione del cod. parmense del Pungilingua non è errata, come fu creduto dal Pezzana, laddove in iscambio di Peverada, ovvero brodo impepato, secondo i testi stampati e allegati, legge: gittovvi suso certa peverata e brodo. Con tutto ciò non si nega che per Peverada possa intendersi generalmente eziandio ogni confezione, in che abbia luogo il pepe. Onde anche oggidì chiamasi Peverata quel condimento di olio, sale e pepe, che usiamo nel mangiar sedani, e cose simili.

Rapazuolo, o, come il nostro testo, Rapazolo. Specie di cavolo ( Pag. 7, lin. 9 ). Togli cimole di cauli, che si dice rapazoli, ovvero cimole di rape tenere, e poni a cocere.

Manca al Vocabolario questa parola. Non registrasi neppure ne' Discorsi del Mattioli.

Raponcello. Piccola rapa ( Pag. 13, lin. 11 ). Togli raponcelli bene bulliti con acqua, e poni a soffriggere con oglio, ec.

Manca al Vocabolario questa parola.

Rotondo. Avverb. Rotondamente ( Pag. 55, lin. 12 ). Togli pane tagliato rotondo, come a modo di taglieri; friggilo in la padella con lardo fresco.

Manca questo Avverbio al Vocabolario.

Salsuccia. Vezz. di Salsiccia ( Pag. 60, lin. 18 ). Togli anche prosciutto crudo e tagliato sottile, e fà similmente salsuccie. E a Pag. 61, lin. 7. Nel terzio solaio poni presciutto e salsuccie, tagliate come detto è.

Manca al Vocabolario. Come nel numero del meno può essere vezzeggiativo di salsiccia, così in quello del più equivale alla salsiccia stessa compartita in piccoli rocchi.

Sardina. Sardella ( Pag. 66, lin. 10 ). Similmente si pò fare coppo, ovvero pastello d'altri pesci, di sardine, alici, triglie e altri.

Il Vocabolario non registra che un solo esempio del Redi.

Senacione. Pianta nota ( Pag. 6, lin. 14 ). Togli senacioni et adunali tagliati minutissimamente.

Questo vocabolo manca alla Crusca. Intorno al senacione o senecione, V. nel Mattioli.

Sfilare. Metaforicamente parlando di carne, vale Disunire, sottilmente Spiccare e per lo lungo l'un pezzuolo di carne dall'altro ( Pag. 46, lin. 18 ). Togli petti di galline, cotti; e, posti sopra una taola, fàgli sfilare più sottili che puoi...; e, quando comincia a bollire mettivi dentro i detti petti sfilati.

In senso metaforico non trovo registrato nei Vocabolarii questo verbo.

Soffriggere. Secondo i Vocabolaristi vale Leggermente friggere ( Pag. 3, lin. 18 ). Togli petroselli, finocchi, ec. e soffriggi con olio bene; e prendi altre erbe minute e soffriggile insieme.

Il Vocabolario non ne registra verun esempio. Molte altre volte ritrovasi questo verbo nel presente libretto.

Spico. Spigo. Spicanardi ( Pag. 28, lin. 20 ). Poi colato il vino, mettivi spico, e lassa che sia freddo.

Questa voce, altre volte usata dal nostro autore, manca al Vocabolario.

Spurato. Add. da Spurare. Spurgato. Nettato. Purificato ec. ( Pag. 16, lin. 16 ). Poni a cuocere, con ogni carne salata, lavata e spurata bene del sale.

Il Vocabolario non cita che un solo esempio del Redi al verbo Spurare.

Trasmarino. Ramerino ( Pag 4. lin. 5 ). (Togli) maggiorana, trasmarino, petrosello con bone spezie ec.

Non registrasi in simile significato questa voce nel Vocabolario.

Triglia. Pesce noto ( Pag. 66, lin. 10 ). Similmente si pò fare coppo, ovvero pastello d'altri pesci, di sardine, alici, triglie e altri.

Registrasi questa voce nel Vocabolario con un solo esempio tratto dal Morgante del Pulci.

Ventricchio. Ventriglio ( Pag. 31, lin. 4 ). Del capo, piedi, ventricchi, fegato, puoi farne agresta.

Il Vocabolario non ne registra che un solo esempio del Redi.

Zaffarano. Zafferano ( Pag. 1, lin. 16 ). E se vuoli, puoi ponervi dentro oglio ec. ec. e zaffarano a colorare.

Non registrasi nel Vocabolario se non zafferano: comunque la differenza consista nel solo scambio dell' e nell' a, comunissimo a tutti gli antichi scrittori, tuttavia ho avvisato bene qui farne ricordo. Molte altre volte trovasi in questo libro zaffarano per zafferano, che per brevità ci asterremo di notare.

INDICE d'altre Voci non registrate nel Vocabolario, le quali traggono il loro significato dalla specialità di ciascuna vivanda donde prendono il nome.

Agresta che cosa sia Pag. 31

Amandolato 86

Blanmangieri 46

Brodo appollocato 33

Caldume 41

Casciata 62

Cenamata 42

Dulcamine 76

Erbata 62

Festiggia 49

Fromentiera 70

Gratomèa 45

Gratonata 69

Gratonia 35

Guanti 37

Gualdaffe 40

Limonia 44

Nucato 77

Paniccia 79

Pastringa 81

Romania 45

Sardamone 69

Sommacchia 44

Tria genoese 87

Tomacelli 73

Zeunia 72

INDICE DEI CAPITOLI DEL LIBRO

Della Cucina

A fare i Cauli bianchi bene cotti Pag. 1

A fare i cauli verdi con carne 2

Dei predetti IVI

Dei predetti 3

De le foglie minute, et dei finocchi IVI

Del medesmo mangiare con borraggine 4

Del predetto 5

Del predetto IVI

Del predetto IVI

Del predetto 6

Salsa di finocchio IVI

De' senacioni; cioè in più modi IVI

Dei predetti 7

Item, a usanza di marchesi IVI

De la senape IVI

De li sparaci 8

De le lattughe IVI

De le zucche IVI

Altrimenti 9

Altrimenti IVI

De le pere IVI

Di cipolle 10

De' porri IVI

Altramente a tempo di digiuno 11

Altramente IVI

Altramente con carne IVI

Altramente 12

Altramente IVI

De' naponi, ovvero navoni 13

De' raponcelli IVI

Altramente IVI

De le rape 14

Altramente IVI

Altramente IVI

Altramente 15

De' ceci IVI

Altramente per dì di sabbato IVI

Altramente 16

Altramente IVI

Altramente IVI

Altramente 17

Altramente di Quaresima IVI

De' peselli IVI

Altramente 18

Altramente IVI

Peselli con carne IVI

Altramente 19

De le fave sane IVI

Altramente IVI

Altramente 20

Altramente IVI

Altramente IVI

De le fave infrante 21

Altramente IVI

De le lenti 22

Altramente 23

De' fasoli IVI

Altramente al modo trivisano IVI

Altramente IVI

De' fungi 24

Altramente IVI

Altramente IVI

De la composta 25

Altramente 26

De brodi: e primo, de brodo granato 27

Altramente IVI

Altramente 28

De la gelatina di pesce IVI

Del brodo del pesce 29

Altramente IVI

Del paparo 30

Altramente IVI

De la grua IVI

Del brodo saracenico 32

Del brodo dei capponi 33

Altramente a la provenzale IVI

Altramente a la spagnuola si fa brodo verde 34

De le starne IVI

De la gratonia 35

De crispelli, ovvero frittelle Ubaldine 36

Altramente IVI

Altramente IVI

De' guanti, cioè ravioli 37

Altramente IVI

Di salsiccie, o vuo' tortelli di pesce 38

De' crispelli di carne, o vero tortelli e ravioli IVI

Altramente 39

De le gualdaffe di ventri et caldumi IVI

Altramente, de' budelli 40

Altramente IVI

Dei detti gualdaffi e caldumi 41

De la corata e ventre di porco in caldume IVI

De li savori 42

De la peverada IVI

De' civeri di lepore e altre carni 43

Altramente IVI

Di sommacchia di polli, o di uccelli 44

Di limonìa di polli IVI

Di gratomèa di polli, uccelli et pesci 45

Di romanìa di polli IVI

Di agliata bianca con li capponi 46

De' Blanmangieri IVI

Altramente di Quaresima 47

Altramente con riso 48

De la festiggia 49

A empiere uno pavone IVI

A empiere una gallina 51

Altramente IVI

A empiere uno vitello 52

A empiere una castrone 53

A empiere una spalla, o altro membro IVI

A empiere uno ventre 54

A empiere budelle 55

De la suppa IVI

Altramente 56

Del pastello romano IVI

Del pastello dei capretti 57

Altramente IVI

Del pastello di uccelli vivi 58

Altramente pastello buono IVI

Altramente 59

De la torta parmesana IVI

De la torta di capponi, fagiani, uccelli, coratelle e pesci 62

De la casciata IVI

Del coppo di polli, o d'altri uccelli 63

Del coppo d'altre cose, e da ciascuno giorno IVI

Del pastello di anguilla 64

Del coppo di lampreda IVI

Del pastello de le trote e d'altri pesci 65

Del polpo 66

De la seppia IVI

Del nero de la seppia 67

Del pesce calamaro IVI

De l'interiori e budelli di pesci 68

De la gratonata di polli 69

De sardamone di carne IVI

De la fromentiera col pollo 70

Del farro di spelta 71

De la zeunia di colombi polli e altri uccelli 72

De le ova piene IVI

Dei tomacelli, ovvero mortadelle 73

De li fegatelli 74

Del coppo di latte caprino o pecorino IVI

De la gelatina di pesci senza oglio 75

Del giardino IVI

Del dulcamine, cioè frittelle non quaresimali 76

De li erbati 77

De le lasagne IVI

Del mele bullito co le noci detto nucato IVI

De li tortelli 78

De la ioncada IVI

De la paniccia col latte 79

De i savori, e prima del savore per l'arrosto IVI

Dei savori con li pippioni IVI

Del savore con la grua 80

Savori per papari et per porchetta IVI

Savore per malardi et anatre 81

De la pastringa IVI

Del solcio dei piedi d'uccelli et di capo di porco 82

Del cascio arrostito 83

Dei cauli per li 'nfermi IVI

De l'erbe minute 84

Per li costipati, stitici, e che non orinano IVI

De le zucche 85

De i ceci per li 'nfermi IVI

De le lattuche 86

Dei peselli freschi per li 'nfermi 86

De l'amandolato et del farro per li 'nfermi IVI

De la tria genoese per li 'nfermi 87

Riso per li 'nfermi IVI

De la farina per infreddati IVI

De le triglie per li 'nfermi 88

De' pomi lessi per l'infermi IVI

De' pomi arrostiti IVI

De i predetti, altramente 89

A cocere prestamente e bene uno arrosto IVI

De la insaleggiata di cipolle 90

A trarre il sale de la pentola IVI

A cavare il fumo del mangiare IVI

Frittelle nuove 91

A chi non avesse levame IVI

A fare agresto IVI

RETTIFICAZIONE

Alla pag. 75, linea ultima, mutai diversi, conforme legge il codice, in diversifica, e richiamai, colla cifra (38), il leggitore alla apposita nota, dove poi avvertiva che il cod. ha diversi. Ora, meglio considerato il periodo, mi sono assicurato che la guasta lezione che ivi apparisce, non da altro procede che dall'avere il copista posposto il diversi. Si tolgan dunque via diversifica e la cifra e la nota corrispondente, e si legga: E in su l'albore appicca pomi, pere, o uccelli diversi, o uve, ciò che tu vuoli, fatti di pasta distemperata con ova.

Alcuni erroruzzi tipografici di picciol conto, che, non ostante la diligenza usata, potessero essere sfuggiti, si lasciano emendare dalla discrezione del savio lettore, come, a cag. d'es., alla pag. 26, lin. 21, poi in luogo di puoi; 31, 15. înfuso per infuso; 69, 15. arte de per arte de', e simili.

SCELTA DI CURIOSITÀ LETTERARIE INEDITE O RARE DAL SECOLO XIII AL XVII

In Appendice alla Collezione di Opere inedite o rare

Dispensa 40

Di questa SCELTA usciranno otto o dieci volumetti all'anno: la tiratura di essi verrà eseguita in numero non maggiore di esemplari 202: il prezzo sarà uniformato al num. dei fogli di ciascheduna dispensa, e alla quantità degli esemplari tirati: sesto, carta e caratteri, uguali al presente fascicolo.

Gaetano Romagnoli.

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  • Il Marchese di Saluzzo e la Griselda , Novella in ottave del secolo XV.
  • Un'Avventura amorosa narrata da Bernardo Dovizi da Bibbiena. — Novella di Pier Geronimo Gentile.Le Compagnie dei Battuti in Roma nell'anno 1389.
  • Due Epistole d'Ovidio , tratte dal volgarizzamento delle Eroidi fatto da messere Carlo Figiovanni nel secolo XIV.
  • Novelle di Marco Mantova.
  • Historia di Lancillotto dal Lago.
  • Saggio del Volgarizzamento Antico , di Valerio Massimo.
  • Novella del Cerbino , in ottava rima.
  • Trattatello delle Virtù.
  • Negoziazione di Giulio Ottonelli alla Corte di Spagna.
  • Tancredi Principe di Salerno , novella in rima di Hieronimo Benivieni fiorentino.
  • Le Vite di Numa e T. Ostilio di F. Petrarca in seguito alla Disp. XVIII.
  • La Epistola di san Iacopo e Capitoli del Vangelo di san Giovanni .
  • Storia di S. Clemente Papa , fatta volgare nel secolo XIV.
  • Il Libro delle Lamentazioni di Jeremia e il Cantico de' Cantici di Salamone .
  • Epistola di Alberto degli Albizzi a Martino V, e alcune Leggende.
  • I Salterelli del Bronzino Pittore.
  • Gibello , novella inedita in 8.ª rima.
  • Comento a una Canzone di F. Petrarca per Luigi Marsili.
  • Vita di Saffo e Frammenti pel professor Bustelli.
  • Rime di mons. Stefano Vai.
  • Capitoli delle Monache di Pontetetto .
  • Libro della Cocina , del Secolo XIV.
  • Historia della Reina d'Oriente.
  • La Fisiognomia.
  • Storia della Reina Ester.
  • Sei Odi inedite di F. Redi.
  • Istoria di Maria per Ravenna.
  • Trattatello della Virginità.
  • Lamento di Fiorenza.
  • Un viaggio a Perugia.
  • Il Tesoro canto carnacialesco mandato a Cosimo I. Granduca, da Lorenzo Braccesi.
  • Storia di Fra Michele Minorita.
  • Dell'arte del Vetro per musaico.
  • Leggende d'alcuni Santi e Beati Parte I.
  • id. id. Parte II.
  • Capitoli di S. Iacopo d'Altopascio.
  • Lettera de' Fraticelli a tutti i Cristiani.
  • Iacoppo Novella inedita.
  • Leggenda di Sant'Albano.
  • Sonetti giocosi di Antonio da Pistoia.
  • Fiori di Medicina di Maestro Gregorio Medicofisico.
  • Cronachetta di S. Gemignano.
  • Trattato di Virtù morali.
  • Proverbi del Cornazano.
  • Fiore di Filosofi.
  • Il Libro de' sette Savi.
  • Del libero arbitrio, Trattato di San Bernardo.
  • Azioni di A. Medici.
  • Pronostichi d'Ippocrate.
  • S. Bernardo, Stimolo d'Amore — Pistola a Ramondo.