RESA A DISCREZIONE
Commedia in 4 atti LA ZAMPA DEL GATTO Commedia in un atto
TORINO F. CASANOVA, Libraio-Editore 1888
Per guarentire la proprietà artistica e la proprietà letteraria, l'Autore e l'Editore hanno depositato copie di questo libro alla R. Prefettura di Torino, e si sono uniformati a tutte le disposizioni della Legge vigente.
Torino — Tipografia Vincenzo Bona.
INDICE
RESA A DISCREZIONE
Atto primo pag. 1
Atto secondo » 49
Atto terzo » 93
Atto quarto » 141
LA ZAMPA DEL GATTO
Atto unico » 181
RESA A DISCREZIONE
PERSONAGGI
- La Marchesa Elena di Roveglia
- La Contessa Elvira di Francofonte
- La Contessa Gemma Del Pallio
- La Baronessa Masina Roveri
- Il Marchese Teodoro di Roveglia
- Andrea Sarni
- Filippo Landucci
- Paolo D'Aspri
- D'Almèna
- Del Sannio
- Rulfi
- Rubaconti
- Lorenzo Del Pallio
- Enrico Pardi
- Il Cavaliere Lerici
- Anselmo |
- Ambrogio | domestici della Contessa
- Giulia , cameriera
ATTO PRIMO
Salone elegantissimo. La porta comune a sinistra. A destra porta che mette in un salotto donde arrivano fino in scena le voci di più uomini che parlano allegramente con grossi scoppi di risa.
SCENA I.
Elena, Elvira, Gemma, Masina, Filippo.
ELENA
Filippo.
FILIPPO
Eccomi.
ELENA
Chiudete quell'uscio e servite il caffè.
FILIPPO
Subito. ( fa per chiudere ).
ELVIRA
No, che fate? Almeno si sente quello che dicono. Gli uomini sono così divertenti dopo pranzo.
MASINA
Perchè non vai di là addirittura?
ELVIRA
Se ci fossi io cambierebbero discorso.
ELENA
Che peccato!
GEMMA
O se non lo cambiassero saresti costretta ad arrossire, mentre qui fra donne....
FILIPPO
Brava, ed io?
GEMMA
Come, voi?
FILIPPO
Avete detto qui fra donne. E io cosa sono?
GEMMA
E oramai voi non contate più.
FILIPPO
Che ingratitudine! E poi si lagnano se gli uomini le lasciano in disparte.
ELENA
Non ci lasciano, ce ne stiamo.
FILIPPO
Coll'uscio aperto.
GEMMA
E chi ascolta?
FILIPPO
Le donne hanno sempre un orecchio teso ai discorsi lontani.
ELENA
Quando i vicini non interessano.
FILIPPO
Se è una malignità, non fa colpo; non m'avrò mai per male di cose dette da una donna.
ELENA
Neanche se vi dicessi che siete un impertinente?
FILIPPO
Di questo mi glorierei. ( la serve di caffè ).
ELENA
Sì, badate a versarmelo adosso.
FILIPPO
Marchesa, siete più nervosa del solito.
ELVIRA
È vero, lo tratti male.
GEMMA
Gli parli così asciutto.
ELENA
La... Filippo. ( gli porge la mano ).
FILIPPO ( baciandola )
Mi piacciono i vostri nervi. Sono gli incerti del mio mestiere.
ELENA
Lo sentite? Mestiere! Con noi esercita il suo mestiere.
FILIPPO
Come devo dire? Arte? L'arte vuole una vocazione e non ne ho nessuna; non sono nel numero degli eletti io. Non c'è mai stata una donna innamorata di me.
ELENA
Chi lo direbbe? ( ride ).
GEMMA
Ingrato Filippo! ( ride ).
ELVIRA
È tanto giovine! ( ride ).
FILIPPO
È inteso, padrone, ridano, non domando di meglio. ( serve Gemma ) Ce n'ho messo tre pezzi grossi, e una goccia di Cognac.
GEMMA
Bravo.
FILIPPO
Ma intanto eccole tutte occupate dei fatti miei, mentre se ci fosse qui uno degli uomini che sono presi sul serio, tutte loro signore si studierebbero di mostrargli una grande noncuranza..., salvo forse a ripagarlo....
ELENA
Oh..., oh..., oh!
FILIPPO
Parlo delle donne in genere. ( serve Elvira ) Contessa.
ELVIRA
Grazie.
FILIPPO
Ebbene io mi contento del mio piccolo successo palese... Non do ombra, mi lascio deridere, ad un altro direbbero: favorite di fare... a me si dice: fate. Ricevo ordini e li eseguisco, e servo di zimbello per attirare i tordi. Quando una signora vuole stimolare colla gelosia qualche Narciso ricalcitrante, mi fa l'occhietto dolce a me, quando vuole aver l'aria di fargli un sacrifizio mi manda a spasso; e a questo mestiere, mestiere, Marchesa, se non seggo a tavola, qualche briciola da raccattare, c'è sempre. Io sono il mendicante che raccatta le briciole.
ELENA
Voi siete un vanitoso che vuol far credere ai proprii successi.
FILIPPO
Infatti mi è più caro mi si attribuisca a torto l'amore di una donna, che possederlo davvero in segreto.
ELENA
Siete più sincero degli altri, dacchè lo dite. Ecco tutto.
FILIPPO
E aggiungerò che una certa società che giudica della vostra a distanza....
ELENA
Vi attribuisce su di noi tutti i trionfi immaginabili.
FILIPPO
Io nego sempre.
ELENA
S'intende, senza di ciò non lo crederebbero. Ma ce lo meritiamo. Noi ci pavoneggiamo degli uomini come di gioielli, è naturale ch'essi ci rendano la pariglia. Non c'è uno, dico, non uno degli uomini che abbiamo respinto, che creda alla nostra virtù. Diranno che non ebbero le circostanze a seconda, che siamo fatte di marmo, senza cuore e senza immaginativa.
FILIPPO
Quello che si dice di voi.
ELENA
Quello che si dice di me. Che volete che pensi dei fatti nostri, la gente che non ci conosce, se gli amici ne fanno questo giudizio! — Noi mettiamo ogni studio a dare il peggior concetto possibile dei nostri costumi. Tolleriamo in casa dei discorsi che ci farebbero arrossire a leggerli. Se in teatro si parlasse come parliamo noi, come parlo io molte volte, tutti griderebbero allo scandalo ed alla calunnia, io per la prima. La suprema eleganza è una suprema spavalderia di sicurezza. Riconduciamo a casa, la notte, nella nostra carrozza, seduto al nostro fianco, un uomo che passò la serata a dirci che siamo belle. È vero che ce lo dicono così male! L'uomo che ci era ignoto ieri, oggi lo chiamiamo amico, gli scriviamo un biglietto domani. Ostentiamo una dimestichezza universale, senza intimità, senza poesia, e quindi senza pericoli. La poesia poteva riuscire a turbarci il cuore, ora messe al sicuro, amiamo di scherzare col fuoco. In apparenza siamo cinicamente corrotte, lo siamo timidamente in realtà. In fondo siamo scoraggite. Parliamo d'amore ad ogni momento perchè non ci crediamo più. L'amore è morto e seppellito.
FILIPPO
Boum!!!
ELENA
Si vede che frequentate certi amici...
FILIPPO
E quali?
ELENA
Sapete dove va la sera uscendo di casa nostra? Va all'ufficio, alla direzione, so io come la chiamano, di un giornale...
FILIPPO
Ci sono stato ieri sera, la prima volta in vita mia. Mi ci ha portato un amico per vedere da vicino un uomo che sarà celebre un giorno, se campa.
MASINA
Chi?
FILIPPO
Un uomo che parte domani per il Polo-Nord. Pare che al Polo si debba trovare la soluzione di certi problemi di fisica. Uno scienziato.
GEMMA
Un vecchio?
FILIPPO
No, giovane, più giovane di me, e un bel giovane anche.
GEMMA
Dev'esser bello, se siete andato apposta per vederlo.
FILIPPO
Mi rincresce di non potervelo presentare.
ELENA
Oh guardate, sarà qui a momenti. Mio zio Teodoro gli ha dato appuntamento in casa mia, perchè gli deve consegnare una certa lettera di raccomandazione, e non osa farlo salire sino al Macao. Come vedete, a volerlo conoscere non ci occorre la vostra protezione.
FILIPPO
Sapete, Marchesa, perchè mi punzecchiate tanto? Perchè quei signori, fra cui c'è il mio amico Paolo, stanno di là a fumare invece di venir qui a farvi la corte.
ELENA
Giusto! tanto giusto che..., guardate, ( va alla porta a destra e chiama ) Paolo!
GEMMA ( a Filippo )
È lei che lo chiama.
FILIPPO
La Marchesa? lo può fare senza pericolo; è invulnerabile.
ELVIRA
Si capisce, la vedovanza le ha tolto la maggiore causa di debolezza che abbia una donna.
MASINA
Che è?
FILIPPO
Il marito.
ELENA ( dopo aver chiamato Paolo è andata a scaldarsi i piedi al caminetto a sinistra )
Badate che sento.
FILIPPO
Ci ho gusto. Ho detto che siete invulnerabile.
ELENA
È vero, e mi annoio.
SCENA II.
Paolo e detti.
PAOLO
Mi avete chiamato, Marchesa?
ELENA
Sì, mi pare mezz'ora fa.
PAOLO
D'Almèna raccontava una storia così lepida!
ELENA
È finita?
PAOLO
Sì.
ELENA
Allora rimanete qui.
PAOLO
Oh! ancora una sigaretta! Una sola. Ci avete dato un pranzo tanto delizioso!
ELENA
Grazie per il mio cuoco. Anzi guardate là, in quello stipetto, c'è una scatola di sigari che m'ha portato lo zio dall'Avana.
PAOLO
Questa?
ELENA
Sì, sono lunghi un palmo, durano tre quarti d'ora.
PAOLO
Ah troppo! ( depone la scatola ).
ELENA
D'Almèna avrà bene un'altra storia da raccontare.
PAOLO
Vi domando perdono, lasciatemi qui.
ELENA
Mi fate la grazia di prendere quella scatola e d'offrirne di là.
PAOLO
Obbedisco. ( via colla scatola a destra ).
SCENA III.
Detti meno Paolo.
ELENA
Filippo, riconosco che siete il fiore della cavalleria. Quello è un uomo che mi fa la corte.
GEMMA
Almeno si dice.
ELENA
È vero; a segno che mi hanno già fidanzata con lui più volte.
GEMMA
La voce è messa in giro da lui.
ELENA
Non lo credo.
ELVIRA
Il suo stesso contegno di or ora lo prova. Ha mostrato una scortesia affatto.....
FILIPPO
Maritale.
SCENA IV.
Detti, Paolo, Lorenzo, Enrico, D'Almèna, Del Sannio, Rulfi e Rubaconti.
D'ALMÈNA ( ad Elena )
Siete proprio in collera?
ELENA
Perchè in collera?
D'ALMÈNA
Perchè siamo stati di là tanto tempo.
ELENA
Oh!
PAOLO ( mostrandole la scatola )
Ma la scatola è intatta, non se n'è preso uno.
ELENA
Questo è un tratto da cavaliere antico. Che discorso devo fare io per ringraziarvi d'aver risparmiati i miei sigari, e d'aver avuto pietà di noi? Se sapeste come languiva la conversazione! Un' altra volta ve ne preghiamo colle mani giunte, non private più la nostra società del suo più bell'ornamento.
D'ALMÈNA
Il più bell'ornamento siete voi.
ELENA
Ah! che madrigale! Pubblichiamolo subito. Signori e signore: D'Almèna mi ha detto una cosa gentile.
D'ALMÈNA
È così facile, Marchesa!
ELENA
E due. Fatemi la corte, D'Almèna, vi do perfino licenza di spargere la voce che sono disposta a sposarvi, come sembra abbia fatto il vostro amico Paolo.
PAOLO
Io?
ELENA
Non è vero?
PAOLO
Affatto! e non so chi abbia potuto dire...
ELENA
Queste signore... or ora.
ELVIRA
Ah! è un tradimento!
PAOLO
Come?
ELENA
Vedete? Non occorre far nomi. Sbrigatevela con lei.
PAOLO ( va a sedere vicino ad Elvira )
Contessa, mi spiegherete! ( discorrono ).
ELENA ( a D'Almèna )
Dunque?
D'ALMÈNA
Dunque?
ELENA
Mi fate la corte?
D'ALMÈNA
È bella e fatta.
ELENA
Sareste disposto a commettere delle pazzie per me?
D'ALMÈNA
Qualunque cosa facessi sarebbe un atto ragionevole. Una sola forse meriterebbe il nome di pazzia.
ELENA
Ed è?
D'ALMÈNA
L'innamorarmi seriamente di voi.
ELENA
Non sarebbe una pazzia, sarebbe un'assurdità.
D'ALMÈNA
Se m'accompagnate in capo al mondo ci vado.
ELENA
La pazzia la commetterei io. Bel merito!
D'ALMÈNA
Che colpa ci ho, se per guadagnarmi le vostre grazie non conosco nulla che mi costi fatica!
ELENA
Che miseria! Ecco un uomo di spirito che non sa immaginare un solo atto di sacrifizio per conquistare l'amore d'una donna.
D'ALMÈNA
Le donne non sanno più inspirare eroismi.
ELENA
Oh! datemi un uomo meno infiacchito di tutti voi e vedrete.
FILIPPO
È giusto! le sole pazzie meritorie sono quelle dei savi.
D'ALMÈNA
E dato quell'uomo forte, vi proporreste di fargli andare la testa in giro?
ELENA
Come una trottola; non fosse che per vendicarmi.
D'ALMÈNA
Di che?
ELENA
Della vostra presunzione che vi rende perfino scortesi.
SCENA V.
Anselmo e detti.
ANSELMO
La carrozza della Contessa di Francofonte, la carrozza della Baronessa Roveri. ( via ).
ELVIRA
Addio, Elena. ( si alza ).
ELENA
Che fretta!
ELVIRA
Alle nove vengono da me gli amici di mio marito, se tardo se ne vanno. Gli uomini non sanno più aspettare. Mi accompagnate, Rulfi?
ELENA
Oh vedrai che non potrà. Gli uomini si fanno pregare ora.
RULFI
Infatti devo andare all'Apollo. Stassera fanno il ballo prima dell'Opera.
ELENA
Allora si capisce.
ELVIRA
Voi D'Aspri?
PAOLO
Ho appuntamento all'Apollo anch'io: anzi, Contessa, dovreste metterci voi sino alla porta del teatro. L'allungate di così poco.
ELVIRA
Ma sì, figuratevi! Buona sera. ( saluta. Elena accompagna Elvira fino all'uscio, chiacchere e risa, via Elvira, Paolo e Rulfi ).
RUBACONTI ( a Lorenzo )
Vieni?
LORENZO
Volevo proportelo, mi secco... io dopo pranzo...
RUBACONTI
Hai bisogno d'aria come me.
LORENZO
Aspetta, avverto mia moglie.
RUBACONTI
Fai...
LORENZO ( va presso Gemma e le dice )
Io vado, sai?
GEMMA
Benissimo.
LORENZO ( torna a Rubaconti )
Andiamo?
RUBACONTI
Guarda, s'alza la Baronessa. ( Masina s'alza e saluta i vicini ). Andiamocene nella confusione a modo della Corte. ( si ecclissano senza esser veduti ).
MASINA ( in piedi ad Elena )
Vado anch'io.
ELENA
Buona sera.
MASINA
Ho un posto in carrozza. Chi viene dalle mie parti?
ENRICO
Io.
MASINA
Bravo. Ah! mentre mi ricordo, Elena, quella famosa ricamatrice non ha finito ancora?
ELENA
La colpa è d'Enrico che doveva disegnare le cifre.
ENRICO
Oh, guarda!
MASINA
Ve ne siete scordato?
ENRICO
Del tutto. Ma le disegnerò stassera, mi faccio un nodo al fazzoletto.
ELENA
Senza di che.....
MASINA
E me le porterete domani?
ENRICO
Mi darete da pranzo?
MASINA
Sarà un doppio favore che mi fate. ( a tutti ) Addio. ( va ad Elena ) Rimani. ( via Masina, Enrico, Lorenzo e Rubaconti ).
SCENA VI.
Elena, Gemma, Filippo, D'Almèna, Del Sannio, poi Teodoro.
ELENA
Eh! che galanteria! tutti così.
D'ALMÈNA
E voi ve ne affliggete?
ELENA
Vorrei poter far del male a qualcheduno.
D'ALMÈNA
C'è Filippo per questo.
ELENA
Non basta. ( entra Teodoro ) Oh, zio!
TEODORO ( la bacia in fronte poi saluta Gemma )
Contessa. Non è venuto ancora il mio protetto?
ELENA
No.
GEMMA
Ah! il viaggiatore! Come si chiama?
TEODORO
Il dottor Sarni. Gli ho detto alle nove e mezzo.
ELENA
Sono le nove.
TEODORO
Tu mi cederai un tuo salotto per riceverlo.
GEMMA
E perchè non in questo?
TEODORO
Non sarebbe caritatevole lasciargli indovinare le delizie del soggiorno di Roma, nel momento che sta per intraprendere un viaggio da cui è miracolo se torna.
ELENA
Ma se lo credi un viaggio così pericoloso, perchè lo aiuti ad andarci?
TEODORO
Io non sono il custode del genere umano, e tanto meno dei signori professori, dottori, scrittori, compositori, seccatori e compagnia bella: ci pensino da sè, che la sanno lunga. La spedizione è allestita dal governo Svedese che avea promesso un posto al dottor Sarni. Ma i posti sono pochi ed all'ultimo momento due ufficiali Russi sollecitano l'imbarco: se l'ottengono, il Sarni è scartato. La cosa sarà decisa fra otto giorni e il dottore sapendo che io fui ministro a Stoccolma e che sono amicissimo di quel Presidente del Consiglio, venne da me per una commendatizia un po' calorosa presso quest'ultimo. Ho promesso di scriverla e m'è venuto un fiore d'eloquenza. Nel mio mestiere ho imparato che bisogna sempre aver l'aria di dar molta importanza agli uomini di studio. Quando sapremo se esiste un mare chiuso piuttosto che un mare libero e che ragione hanno i fenomeni elettrici, non avremo rubato il bacino al barbiere e non occorrerà allo Stato nè uno scrigno di più, nè un carabiniere di meno. Ma gli uomini che hanno il coraggio di affrontare un simile viaggio è meglio che lo facciano. Rimanendo in patria, sarebbero capaci di vagheggiare Dio sa che progressi di civiltà e di metterci sossopra ogni cosa.
ELENA
Oh, oh, lo credi da tanto?
TEODORO
Avessi sentito con che fuoco perorava la sua causa! Neanche per andare a nozze. Con che serietà parlava del dovere che ha ogni uomo di giovare agli uomini e di mettere la vita per lo scoprimento di una verità. Non c'è che dire, è un uomo forte.
D'ALMÈNA
Oh! un uomo forte! sentite, Marchesa?
ELENA
E con ciò?
D'ALMÈNA
Un uomo forte. E il vostro proposito di poc'anzi di far andare la testa in giro al primo che aveste incontrato?
ELENA
Parte.
FILIPPO
Buon per voi che non siete esposta...
ELENA
Ad uno scacco? Oh sì che sarebbe così difficile!
GEMMA
Andiamo colle bravate! Ora ti vanteresti di non lasciarlo partire?
ELENA
Gran cosa! Che ne dite D'Almèna?
D'ALMÈNA
Non dico nulla.
ELENA
Non credete che se volessi?
GEMMA
Ma non vuoi.
ELENA ( a Teodoro )
Quando parte il tuo dottore?
TEODORO
Posdomani.
ELENA
Presto. È ben deciso di partire?
TEODORO
Irrevocabilmente.
ELENA
Se riuscissi a trattenerlo, che ne direste, D'Almèna?
D'ALMÈNA
Non sarebbe il modo d'ispirargli l'eroismo.
ELENA
Ma vi mostrerei che si possono ottenere dei sagrifizi. Va la scommessa?
D'ALMÈNA
Scherziamo, eh?
TEODORO
Io ci avrei un gusto matto.
FILIPPO
E le vostre paure come agitatore?
TEODORO
Oh! in quelle mani...!
ELENA
Intendiamoci. È un uomo di mondo?
TEODORO
Conosco dei duchi che lo sono meno di lui.
ELENA
Quel viaggio non gli deve fruttar denaro?
TEODORO
Glie ne costa.
ELENA
Va la scommessa? Chi tiene?
GEMMA
Io...
ELENA
Tu? Tu sostieni che parte?
GEMMA
Certo.
D'ALMÈNA
La contessa è la sola persona qui che possa senza scortesia dubitare della riuscita.
ELENA
Oh, state pure dalla sua; non me n'ho per male. Va la scommessa?
FILIPPO
In che termini?
ELENA
Io sostengo che quel signore che deve venir qui ora, il Dottor... non rammento nemmeno il nome, guardate.
FILIPPO
Sarni.
ELENA
Il dottor Sarni, non partirà per il suo viaggio polare.
FILIPPO
Io sto per la Marchesa.
ELENA
No, no. Voglio esser sola. ( a Gemma ) Vada fra noi due.
GEMMA
Che va?
ELENA
La statua in bronzo della Tuffolina che mi volevano regalare il giorno della mia festa.
D'ALMÈNA
Ah! per la vita d'un uomo!
ELENA
Glie la salvo la vita.
GEMMA
È detta.
ELENA
Siate testimoni. ( le due si stringono la mano ). Zio, dammi la lettera commendatizia. ( a Gemma ) Ti do la mia parola d'onore che quella lettera... ( a Teodoro ) Quando hai detto che intende partire?
TEODORO
Posdomani mattina.
ELENA
Ebbene che prima di domani sera il sig. Sarni avrà quella lettera.
GEMMA
Va bene.
ELENA ( a Teodoro )
Me la dài?
TEODORO
Eccola. ( le consegna la lettera ).
D'ALMÈNA
Oh, Marchese!
TEODORO
Detesto gli uomini superiori.
ELENA
E ora, zio, ti mando via.
TEODORO
Ah!
ELENA
Naturale, se ci sei tu non posso rimettere a domani la consegna della lettera.
TEODORO
Giusto.
ELENA
Le nove e tre quarti.
ANSELMO ( entrando )
La carrozza della Contessa del Pallio.
GEMMA
Posso rimanere?
ELENA
Anzi vedrai che poche arti ci vogliono.
(ad Anselmo)
Anselmo, quando verrà un signore a cercare di mio zio lo farete passare.
ANSELMO
Sissignora. ( via ).
TEODORO
Addio.
ELENA
Ah! Sveglia Del Sannio e portalo con te. Non voglio che il tuo eroe possa credere che la nostra compagnia concilia il sonno. Almeno questo.
TEODORO
Giusto. ( scuote Del Sannio ) Oh giovinotto!
DEL SANNIO
Eh!
TEODORO
Andiamo?
DEL SANNIO
Subito. Chiudono? ( mezzo insonnito va a prendere il cappello ed accenna ad avviarsi con Teodoro ).
FILIPPO
Crede di essere al Club.
ELENA
Ciò vendica i nostri saloni.
TEODORO ( a Del Sannio )
Non salutate?
DEL SANNIO
Oh diavolo! Cara Marchesa.
ELENA
Vi ringrazio della bella serata che ci avete fatto passare.
DEL SANNIO
Che dite?... Sono io che...
TEODORO
Presto.
DEL SANNIO
Vengo. Contessa! ( s'avvia, quando è vicino a Teodoro gli dice ) Oh! Marchese, scusate, non vi avevo conosciuto.
TEODORO
La cimmeria nebbia, come dicono i classici.
SCENA VII.
Elena, Gemma, Filippo e D'Almèna.
D'ALMÈNA ( traendo Elena in disparte ).
Marchesa, voi state per commettere una cattiva azione.
ELENA
Oh! oh!
D'ALMÈNA
Una cattiva azione. Pensateci. Ammetto che siate indispettita della poca galanteria degli uomini; ma quello di cui macchinate la rovina...
ELENA
La rovina?
D'ALMÈNA
Certo; quello non appartiene al nostro mondo, non vi ha offeso in nulla. È un uomo utile, probabilmente ingenuo e quindi disarmato contro di voi. Vi conosco, ora siete in puntiglio, ma tornata in voi sareste la prima a giudicare severamente la vostra condotta. La parte di Dalila è ingenerosa.
ELENA
Se è un Sansone non cadrà.
D'ALMÈNA
Sansone è caduto.
ELENA
Io non lo disarmo nel sonno. Se è veramente forte non si lascierà smuovere, e lo smacco sarà mio. Sapete bene che non mi getterò fra le sue braccia. Se cede, vorrà dire che non era stoffa d'eroe, e mi vendicherà della prosopopea di tutti gli altri. E poi m'annoio, e questo mi diverte. — E poi è deciso.
D'ALMÈNA
Quanto più sarà forte, tanto più facilmente cadrà nella pania.
ELENA
Come temete per il decoro del vostro sesso!
D'ALMÈNA
Oh! pigliatevela con me....
ELENA
Che non ve ne importa.
D'ALMÈNA
Non conosco il signor Sarni, ma...
ELENA
Minacciate di metterlo in avviso? La buona fede mascolina! Perchè vi ho invitato a casa mia!
D'ALMÈNA
Non lo metterò in avviso, non per timore di essere sleale, ma perchè sarebbe inutile. Solo se persistete nel proposito, avrò il dolore di non esser più de' vostri amici.
ELENA
Capite bene che se cedessi ora, avrei l'aria di farvi la corte.
D'ALMÈNA
Buona sera, Marchesa.
( Elena s'inchina col capo ).
D'ALMÈNA ( a Gemma )
Contessa! ( salutando ).
FILIPPO
Vai via? Non assisti al Torneo?
D'ALMÈNA
No.
GEMMA
Per dar la palma al vincitore.
D'ALMÈNA
Saranno vinti tutti e due. ( via ).
SCENA VIII.
Elena, Gemma, Filippo.
ELENA ( è rimasta ritta, immobile, pensosa. Uscito Almèna si scuote ).
Non potete credere che allegria mi mette indosso questa partita. ( Silenzio. Elena passeggia la scena, va da un mobile all'altro, apre un libro e poi lo chiude; siede al pianoforte. Filippo sbadiglia coprendosi la bocca colla mano. Gemma lo guarda ).
FILIPPO
Scusate, è l'allegria della Marchesa che è comunicativa. Le dieci. ( suono di campanello ) Eccolo qui, è puntuale.
GEMMA
Elena, lasciamo correre?
ELENA ( la guarda — pausa )
Vedremo.
SCENA IX.
Anselmo, Andrea e detti.
ANSELMO
Il sig. Sarni.
( Andrea entra e s'inchina )
ELENA
Mio zio mi ha annunziato la sua visita e stavo aspettandola. Mio zio le avrà detto che le dava appuntamento in casa mia.
ANDREA
Sì, signora Marchesa.
ELENA
La Contessa del Pallio si è trattenuta apposta per fare la sua conoscenza. ( inchini ). Il mio amico il Barone Landucci.
FILIPPO
Ebbi già l'onore di conoscere il signor Sarni ieri sera...
ANDREA
Alla Direzione del Faro.
FILIPPO
Appunto.
ELENA ( fa cenno ad Andrea di sedere )
Inutile dirle che si parlava di lei.
FILIPPO
Ammirando.
ANDREA
È un'ammirazione presto guadagnata, se basta partire per ottenerla.
GEMMA
Si ammira un volontario che parte per la guerra.
ANDREA
Ma non un botanico che parte per erborizzare, nè un artista per veder paesi. Al giorno d'oggi i piccoli fatti sono troppo facilmente divulgati, e finiscono per acquistare importanza dal numero delle persone che li conosce.
GEMMA
Quando tutti sono d'accordo in un sentimento...
ANDREA
È segno che c'è una specie di pigrizia universale, che fa senza esame accettare per buono il giudizio corrente.
GEMMA
Ammetterà che pochi tenterebbero l'impresa che lei sta per tentare.
ANDREA
Le assicuro che non faccio sfoggio di modestia, ma questa larva di celebrità improvvisata e ad ogni modo anticipata mi può dare delle gran noie. Ieri sera un amico mi portò all'ufficio di un giornale dove andai volentieri per vedere un po' di gente prima di lasciare il mio paese: ma invece di trovarmici spettatore, mi accorsi di esserci come una specie di bestia rara che molte persone convenute apposta volevano veder da vicino. Quei signori possono credere che io ci fossi andato per darmi in spettacolo, e se la spedizione fallirà o se non riescirò a trarne quel profitto che mi propongo, eccomi fatto ridicolo o almeno convinto di molta presunzione.
FILIPPO
Il solo fatto di affrontare i rischi di un viaggio...
ANDREA
Non esageriamo. Ne sono già tornati dai mari polari.
FILIPPO
Finirò per aver più merito io, che me ne sto qui a far la corte a queste signore.
ANDREA
Dicono infatti che sia una navigazione assai più difficile.
ELENA ( levando la testa e guardandolo fiso )
È pericolosa?
ANDREA
Sono tentato di crederlo, Marchesa.
ELENA
Per esperienza?
ANDREA
Un'esperienza di cinque minuti.
ELENA
Oh! Come farà a smaltire di simili galanterie laggiù nella solitudine?
ANDREA
Farò economia.
GEMMA
È già tanto ricco!
FILIPPO
L'avevo detto? A sentir discorrere di un uomo che va ai mari polari, lo si immagina selvatico come un orso bianco.
ANDREA
Al contrario, adoro la società!
GEMMA
E perchè l'abbandona?
ELENA
Oh, Gemma! Non indaghiamo i segreti d'un uomo di quell'età.
ANDREA
No, no, non ho segreti da nascondere e non sono più romantico che selvatico. Non ho nè dolori da vincere, nè disinganni da consolare. Faccio la mia strada e cerco che non sia la strada maestra dove passano tutti. Come vede, mi confesso ambizioso; ma per emergere dalla folla bisogna essere più alto degli altri, mentre anche un uomo di media statura, se cammina solo, lo si vede da lontano.
ELENA ( carezzevole a Filippo )
Filippo, passatemi quello sgabello.
FILIPPO
Subito. ( le porta lo sgabello e glielo mette sotto i piedi ).
ELENA ( c. s. )
E abbassate un po' il paralume, la lampada mi fa male agli occhi.
FILIPPO
Ecco. ( eseguisce ).
ELENA ( gli porge la mano e con tono di molto sentimento dice: )
Grazie, mio buon amico.
FILIPPO ( sorpreso )
Oh! ( bacia la mano ).
ELENA ( c. s. )
Voi, poveretto, solo non ci andreste, eh?
ANDREA
È così bene accompagnato!
ELENA ( piano a Filippo )
Fa una grande ostentazione di semplicità.
FILIPPO
Vi dispiace?
ELENA ( c. s. )
Siete meglio voi, cento mila volte.
FILIPPO ( sempre più stupito )
Oh!
ELENA ( c. s. )
Quasi quasi gli do la sua lettera. Eccola.
FILIPPO ( c. s. )
Che viltà!
ELENA ( c. s. )
Mi è antipatico. Basta, vedremo. Andate di là.
(Filippo torna dall'altra).
ANDREA ( seguitando un discorso con Gemma )
Sissignora, ci sono andato un'altra volta; ma dopo di essere stati sei giorni bloccati dai ghiacci dovemmo riparare in Norvegia.
( Elena mentre Andrea parla, tiene la lettera in mano col braccio penzoloni lungo il fianco esterno del seggiolone, più volte sorridendo a mezze labbra fa cenno di mostrare la lettera. Filippo la guarda e le fa dei segni col capo e colla bocca. Concerto. Tutti e due sorridono — Andrea ha notato il giuoco e ne è un po' sconcertato ).
GEMMA
Chi sa quei sei giorni che apprensione!
ANDREA
Passarono in un attimo, nei preparativi dell'invernata e fummo liberi prima d'avvertire che..... (a Filippo che fa cenni ad Elena) Dica.
FILIPPO
Io?
ELENA
Scusi un po', sig. Sarni, la colpa è mia. Interrogava a cenni il mio amico Filippo, per sapere se devo mandare al suo recapito una certa lettera ch'egli conosce. Giusto, lei farà l'oracolo.
ANDREA
Io?
ELENA
Sì. Lei ignora di che si tratta, quindi il suo verdetto avrà tutta la cecità che si richiede ad un verdetto della sorte. Vuole rispondere?
ANDREA
Ma si può conoscere almeno a chi è diretta la lettera?
ELENA
Ah no! ( guarda Filippo ridendo ) Il nome del destinatario le direbbe ogni cosa.
ANDREA ( fra sè )
È lui! Che parte mi fa fare? ( forte ) È una lettera importante?
ELENA ( ridendo )
Se andasse al suo recapito, sarebbe tenuta per tale.
ANDREA
Ebbene. ( fra sè ) Vediamo. ( forte ) Io non la manderei.
ELENA
Davvero?
ANDREA ( ridendo )
L'oracolo ha parlato.
ELENA
E sia. ( mette la lettera nel cassetto del tavolino ).
ANDREA
Però trovo strana questa irresolutezza in una Signora. Le donne pel solito deliberano prontamente.
ELENA
Ha in così buon concetto le donne?
ANDREA
Buono, non saprei. Gli uomini sono più irresoluti prima di deliberare, ma più fermi e perseveranti dopo.
ELENA
Sicchè lei quando ha deciso di fare una cosa...
ANDREA
La faccio.
ELENA
Per esempio, il suo viaggio non c'è nulla che potrebbe smoverla dal farlo?
ANDREA
Oh... certo.
ELENA
Proprio nulla?
ANDREA
Oh Dio, potrei ammalare.....
ELENA
No... No.
ANDREA
Ebbene, fuori di questo non vedo quale altro impedimento mi potrebbe trattenere...
ELENA
Non vede? Mi rallegro con lei.
ANDREA ( fra sè )
Che strana donna!
ELENA
A proposito del suo viaggio, guardi che quasi me ne scordavo. Mio zio le doveva portare stassera una commendatizia.
ANDREA
Ecco, senza di quella, per esempio, temo che il mio viaggio sarebbe in grande pericolo.
ELENA
Ah! ma quella c'è. Mio zio non venne stassera perchè è un poco indisposto. Mi manderà la lettera domattina. Se vuole passare a prenderla in casa mia, o se mi lascia detto dove gliela posso mandare.
ANDREA
Oh! verrò io.
ELENA
Così avrò il piacere di rivederla.
ANDREA
A che ora?
ELENA
Verso le undici, le va?
ANDREA
Benissimo. Anche più tardi, se crede.
ELENA
No, io mi alzo per tempo. È inteso?
ANDREA ( levandosi )
La ringrazio.
ELENA
Non ho detto per congedarla. Non è tardi. — Siamo in pochi. — La Contessa è la mia migliore amica, Filippo è di casa; segga là, e si lasci andar a discorrere. Qui non si creano celebrità. Ci parli delle sue speranze, dei suoi propositi, ci descriva quegli spettacoli terribili ed immaginosi. Vuole?
ANDREA
Ma.....
GEMMA
Sì, sì.
ELENA
Filippo, diteglielo anche voi.
FILIPPO
Che potrebbe mai la mia povera parola?
ANDREA
Oh, molto! La Marchesa mostra di fare un tale conto di lei!
ELENA
Una serata passata in questo modo fa fare dei gran passi all'amicizia. Sarà un pegno che ci lascia di non scordarci al ritorno. E noi lo rammenteremo molte volte. Quando lei sarà laggiù, nella gran notte polare, potrà pensare: in questo momento nel mio paese in un salotto intimo dove il caso m'ha fatto entrare, c'è della gente che dice: Dov'è? Che fa? Quando tornerà? Che commenta i miei discorsi e fa voti perchè si avverino le mie speranze. Perchè parleremo spesso di lei. ( a Filippo molto carezzevole ) Non è vero, Filippo?
FILIPPO ( fra sè )
Come mi carezza!
ANDREA ( seccato dalle tenerezze tra Elena e Filippo )
La proposta è seducente ed il quadro bellissimo, ma il tempo stringe e ho molto da fare. Pregherò il sig. Barone di voler prendere le mie difese, nel caso che la fretta mi facesse passare per scortese. Sono sicuro di affidarmi ad un buon avvocato.
ELENA ( fra sè )
Ci morde.
ANDREA
Marchesa!
ELENA
A domani alle undici.
ANDREA
Grazie. Contessa...
GEMMA
Buon viaggio.
ANDREA ( a Filippo )
Mi raccomando a lei. ( via ).
SCENA X.
Detti meno Andrea.
GEMMA
Filippo, andatemi a prendere il mantello.
FILIPPO
Subito! ( via ).
GEMMA ( ad Elena )
Persisti nella scommessa?
ELENA
Certo.
GEMMA
Uhm! Perderai.
ELENA
Credi?
GEMMA
Se n'è andato.
ELENA
Appunto. È quello che volevo.
FILIPPO
Eccomi qua. ( aiuta Gemma a vestire il mantello ). Vi accompagno.
GEMMA
Miracolo!
FILIPPO
La Marchesa è stata troppo buona con me in presenza dei terzi. Se rimango solo, se ne vendica, mi batte.
GEMMA ( ad Elena )
Buona fortuna.
ELENA
Addio. Ah! Filippo, domattina vi aspetto alle undici e un quarto preciso.
FILIPPO
Ci siamo. Orologio alla mano.
GEMMA ( nell'uscio a Filippo )
Venite?
ELENA
Pranzerete poi con me.
FILIPPO
Le briciole, cara Marchesa. ( via con Gemma ).
Cala la tela.
FINE DELL'ATTO PRIMO.
ATTO SECONDO
In casa della Marchesa. Salotto piccolo, elegantissimo. In fondo una specie di gabinetto colle pareti a cristalli interi che si capisce sporgere nel giardino. In quello nel mezzo una tavola rotonda coperta di tela cerata e sedie in bambou. Il gabinetto ha un ingresso a sè a sinistra, sull'imboccatura, cosicchè le persone di servizio vi accedono senza entrare nel salotto. Il salotto molto ingombro di mobili. La porta comune è a sinistra, a destra non c'è porta nè finestra, la luce viene dal gabinetto. Vicino al sofà un tavolino a due piani foderato in peluche con fiocchi e peneri. Nel piano disotto libri, sul piano superiore un atlante aperto. Dal lato opposto della scena, cioè a destra, uno scrittoio discosto dal camino. Sullo scrittoio un piccolo cavalletto regge una fotografia. Sul camino un'altra fotografia. Fiori dappertutto.
SCENA I.
Anselmo introducendo Andrea.
La signora Marchesa ha lasciato detto che se veniva il signore lo si pregasse di aspettare, che alle undici sarebbe tornata. Non può tardare più di due tre minuti.
ANDREA
Va benissimo. ( Anselmo parte ).
È mattiniera. La facevo appena levata. Questa è la sala dove eravamo ieri? No — Bello! com'è pieno di fiori! Che profumo! Per un anno, addio primavera. Quanto la pagherei fra tre mesi una fogliolina fresca di rosa! Sicuro che è facile la vita qui dentro ( siede ). Per stare in ozio. Che vita strana, artificiale. E che donna strana. Nemmeno il pudore di nascondere in faccia ad un estraneo la sua intimità col Barone; perchè è chiaro; quei due..... fanno il paio. Ma se lo tenga il suo Barone. E io avrei dovuto dare accademia di quadri polari per fornire poi argomento ai loro discorsi quando sono a corto di galanterie. Fossi grullo! ( s'alza ). Questi seggioloni sono il vero emblema della società che li adopera. Hanno una mollezza che agguanta. Quando ci si è seduti bisogna fare uno sforzo per levarsene. Ah! le buone sedie dure che fanno lavorare. Non vedo l'ora di esser partito. Tutti questi giorni che mi vanno in visite e provviste mi stancano. È una settimana che non ho aperto un libro ( prende la fotografia che è sullo scrittoio ). Il ritratto del Barone. L'avrei giurato; e proprio lì sullo scrittoio per vederselo davanti ad ogni momento. Miracolo che non l'avesse di là nel salone. Là ci terrà gli Album con tutti gli altri: questo è il santuario degli eletti. Non è antipatico! Ha un'aria volgare, e mi fa maraviglia che lei così fina... Rimettiamolo bene a suo posto, che non se lo trovi mancare. Così — ( vede l'altra fotografia sul camino ). Un altro! Dello stesso alla stessa. È un'esposizione! Scommettere che ci trovo il terzo là su quel tavolino? ( va al tavolino ) No, un atlante. Il viaggio della Vega. Oh, oh! E i fogli sono tagliati, e il libro ha l'aria d'esser stato letto... Ci sono dei segni in margine e delle note... Vediamo; ah! dove descrive l'invernata nel paese dei Ciuschi... la nota dice: Ecco degli uomini! Lo credo bene, meglio che i suoi fantocci da cotillon! ( sente la voce d'Elena nella sala vicina ) Eccola!
SCENA II.
Elena e detto.
ELENA ( con cappello e mantello )
Perdoni, sig. Sarni. È un pezzo che aspetta? Ho l'abitudine di fare ogni mattina una passeggiata a piedi. Son venuta di corsa. Si vede, eh? ( suona il campanello ).
ANDREA
Quello che si vede le sta così bene...
ELENA
Pensavo che il suo tempo è prezioso; chissà quante cose le restano a fare.
ANDREA
No... proprio nulla, non ho che da aspettare l'ora della partenza.
ELENA
Che è domani?
ANDREA
Sì, domattina.
ELENA ( Si è già levato il cappello, levandosi il mantello questo s'impiglia in un uncinetto dell'abito )
Scusi, guardi un po' lei.
ANDREA
Ecco fatto.
ELENA
Era così fosca l'aria stamattina.
(Anselmo entra).
Dite a Giulia che venga a prendere il mio cappello e il mio mantello.
ANSELMO
Sissignora.
ELENA
Aspettate. Lo zio deve aver mandato una lettera.
ANSELMO
Non credo.
ELENA
Non è possibile! Siete certo che non è venuto nessuno da parte dello zio?
ANSELMO
Almeno io non ho visto nessuno.
ELENA
Informatevene, e fatemelo dire da Giulia. Se veramente non hanno portato nulla, avvertite Ambrogio che sia pronto a salir subito al Macao. ( verso Andrea ) Scrivo un biglietto allo zio per sollecitarlo.
ANDREA
Mi rincresce...
ELENA
Che! Mi fa maraviglia, perchè lo zio è puntualissimo. La lettera non può tardare.
ANDREA
Vorrei che tardasse un'ora almeno.
ELENA
Non mi piace sentirle dire delle frasi così compite. Mi ha già fatto senso ieri sera. La galanteria è la qualità degli uomini che non ne posseggono altre. Ora hanno perduto anche quella. Gli uomini come lei non hanno bisogno di esser galanti.
ANDREA
Vuol dire che non so pigliarmela con garbo.
ELENA
No, ho anzi notato che gli uomini gravi, gli uomini di studio e di valore le poche volte che sono condannati a discorrere con una signora, usano i più torniti fioretti. Ebbene lo trovo umiliante. Mi pare di vederci trapelare la profonda convinzione della nostra frivolità.
ANDREA
No.
ELENA
Altro. ( Giulia entra e raccoglie il cappello ed il mantello poi s'avvicina ad Elena ).
Ebbene?
GIULIA
Dice Anselmo che veramente non è venuto nessuno, nè hanno mandato nulla.
ELENA
Anselmo avrà avvertito Ambrogio?
GIULIA
È già pronto.
ELENA
Che aspetti. ( via Giulia ) Non so capire... scrivo subito allo zio. ( allo scrittoio ).
ANDREA
Senza che lei s'incomodi, posso passar io dal Marchese.
ELENA
È così lontano!
ANDREA
Mi servirà di passeggio; dovrò stare tanto tempo fermo a bordo.
ELENA ( piccata )
Padrone!
ANDREA
Dicevo per risparmiarle la seccatura di scrivere.
ELENA
Ecco, se ci va subito subito lo trova in casa, altrimenti no. Buon viaggio.
ANDREA
È meglio che scriva lei il biglietto.
ELENA
Meno male. ( prendendo la scatola della carta da lettere, fa cadere in terra il piccolo cavalletto col ritratto di Filippo ).
ANDREA ( che è seduto dall'altra parte della scena, si alza e raccoglie la fotografia )
Oh! povero Barone.
ELENA
Come ha fatto di laggiù a riconoscere quel ritratto?
ANDREA
L'avevo già visto prima che lei arrivasse.
ELENA
Ah!
ANDREA
Se è un'indiscrezione, gliene chieggo scusa.
ELENA
Perchè un'indiscrezione? Se lo lascio in quel posto... è perchè...
ANDREA
Tutti lo vedano.
ELENA
Perchè non c'è male ch'altri lo veda. D'altronde questo salotto non è mai aperto alla folla. Qui non ci vengono che gli amici.
ANDREA
E ci stanno.
ELENA
Non pare, dacchè lei parte.
ANDREA
Sa, non si regge più!
ELENA
Chi?
ANDREA
Il Barone. Non posso farlo stare in piedi. Ha una gamba rotta...
ELENA
Bene, lo metta dove vuole.
ANDREA
Là sul camino?... daccanto all'altro?...
ELENA
Dove vuole. E poichè è lì, mi faccia la grazia di suonare il campanello. ( Andrea preme il bottone elettrico vicino al camino. — Elena chiude la lettera ).
Così! Confessi la verità... lei mi trova molto... come devo dire?...
ANDREA
Gentile.
ELENA
No. Quantunque la parola esprima forse in modo cortese la stessa censura che intendo io. ( entra Anselmo ) Questo biglietto allo zio, subito.
ANSELMO
Sissignora. ( via ).
ELENA
Voglio dire che famigliarizzo troppo presto. Non trova? L'ho veduto ieri sera per la prima volta, e l'ho già chiamato amico, e scherzo con lei e lo incoraggio a scherzare meco in tono di molta dimestichezza. Che vuole? Sono per indole piuttosto gaia, e lei malgrado il suo sapere e la sua fermezza mi pare non sdegni un po' di buon umore giovanile; desidero lasciarle di me un'impressione non del tutto sgradevole; chissà che al suo ritorno non si finisca per diventar amici davvero.
ANDREA
Adesso non siamo?...
ELENA
Adesso non siamo nemmeno conoscenti. Che so io di lei? Che è un uomo di merito che va al Polo. Non basta. Che sa lei di me? Che sono nipote di mio zio.
ANDREA
So di più...
ELENA
S'intende, che non faccio paura, che ho una buona sarta e che ricevo molta gente.
ANDREA
Di più. Che quelli che hanno la fortuna di esser suoi amici... davvero, lei li tratta molto bene.
ELENA
Chi glie lo dice?
ANDREA
Almeno in effigie.
ELENA
Ah! perchè tenevo il ritratto di Filippo sul mio tavolino — se sapesse!...
ANDREA
Che?
ELENA
No. No, non ho tempo. E non c'è ragione di fare questi discorsi ora. ( passa dall'altra parte della scena e va a sedere sul canapè vicino al tavolino di peluche. Vede i libri e l'atlante aperti, li chiude come per nasconderli e li mette sul piano inferiore ).
ANDREA ( che non si è mosso )
Perchè chiude e nasconde quei libri?
ELENA
Oh! libri indifferenti.
ANDREA
Per me, no. Il viaggio della Vega.
ELENA
Ha veduto anche questo?
ANDREA
Le rincresce?
ELENA
Sì.
ANDREA
Perchè?
ELENA
Perchè mi spiace passare per una donna sapiente.
ANDREA
Non le fa torto.
ELENA
E perchè mi spiace che lei possa credere che li avevo messi in vista apposta per lei.
ANDREA
Non mi sono lusingato di tanto.
ELENA
D'altronde non l'ho letto.
ANDREA
Le note non sono sue?
ELENA
L'ha anche sfogliato? Sissignore, l'ho letto, mi è piaciuto; l'ho annotato, ed alla prima occasione partirò anch'io per un viaggio d'esplorazione. È contento?
ANDREA
Perchè mi parla così? Sono indiscreto. Ma se si propone di scandagliare il fondo delle mie abitudini mondane, non ci vorrà uno scandaglio lungo, sa. Non ne ho che una vernice, e dacchè sono entrato in casa sua ho esaurito la mia provvista di galanterie. Sono stanco di sorvegliarmi. Non so durare alla giostra delle piccole frasi, e dei continui sottintesi. Mi lasci essere quello che sono veramente, un uomo molto semplice e molto curioso. Ieri suo zio mi aveva avvertito che mi dava appuntamento in casa della Marchesa di Roveglia, lasciandomi capire che ci avrei trovato lui solo; non mi aspettavo di vederla. Quando mi fecero passare nel suo salone, lo devo dire? ne fui contrariato. La sua riputazione di suprema eleganza mi dava soggezione, mi studiai subito di mostrarmi disinvolto, e un tale studio cresce imbarazzo. Mi aspettavo del sussiego, e trovai invece una giovialità amichevole, che contribuì a sconcertarmi. Rincresce passar per novizio. La sua sicurezza trionfante mi conturba, la sua semplicità così elegante mi umilia. Ho paura di apparire impacciato contenendomi, e arrogante lasciandomi andare. Il meglio è confessare la mia pochezza. Un uomo che sta a suo posto, non è mai ridicolo.
ELENA
Pensare che ho provato anch'io gl'identici sentimenti!
ANDREA
Quando?
ELENA
In sua presenza. Mi pare che gli uomini forti ed utili come lei devono averci in così misero concetto. Ieri sera già prima che lei giungesse mi preoccupavo del giudizio che avrebbe fatto di me. Ho molto orgoglio; mi rincresce essere messa a fascio colle altre. Non le avrei detto queste cose, se lei non me ne avesse dato l'esempio. Ora siamo sulla buona strada tutti e due. Ebbene è vero. Quel libro era lì aperto, perchè ne rilessi dei brani ieri sera quando fui sola.
ANDREA
Ah!
ELENA
L'avevo già letto. Non c'è romanzo che m'interessi quanto il racconto di queste superbe battaglie dell'uomo contro gli elementi. Quei lottatori sono così semplici e grandi! Gli eroi belligeri hanno tutti del rodomonte. Quanto l'invidio. Com'è bello avere una ragione così alta di vivere e di agire.
ANDREA
Possono essere tante le ragioni.
ELENA
Per ciò è una gran miseria non averne nessuna.
ANDREA
Nessuna?
ELENA
Parliamo d'altro! Vuole? quanto durerà il suo viaggio?
ANDREA
Un anno forse...
SCENA III.
Anselmo, Filippo e detti.
ANSELMO
Il Barone Landucci! ( movimento d'Andrea — Filippo entra — Elena, senza interrompere il discorso, gli porge la mano ).
ELENA
Partiranno in giugno, avremo notizia dei primi giorni di viaggio, e poi il gran silenzio. Si ricorderà ancora che sono al mondo al suo ritorno?
ANDREA
Certamente!
ELENA ( a Filippo )
Come va a quest'ora?
FILIPPO ( stupito )
Ma...
ELENA
Per voi non fa giorno al solito che verso le due.
FILIPPO
Vi dirò: ho dovuto levarmi per affari, passando davanti la vostra porta, ho pensato di venire a darvi il buon giorno.
ELENA
Grazie, mio buon amico, ( gli dà la mano a baciare ).
ANDREA ( levandosi in piedi )
A che ora posso ripassare; o se vuole lasciar la lettera dal portinaio...
ELENA
Ambrogio non può tardare. Aspetti ancora un momentino. ( a Filippo ) Che affari potete mai aver voi, mio povero amico?
FILIPPO
Naturale, io sono un uomo nullo! Che affari posso mai aver io?
ELENA
Come la pigliate! ( ad Andrea ) Landucci si lagna sempre di esser maltrattato dalle signore.
ANDREA
Quando si dice l'errore!
FILIPPO
Mal trattato...
ELENA
Ma lo fa ad arte. Per scusare all'occasione le sue perfidie.
FILIPPO
Le mie perfidie!
ELENA
Negatelo. Chissà quegli affari cosa nascondono. Non sarebbe certo per me che avreste fatto sacrifizio di tre o quattro ore di sonno!
FILIPPO
Vengo però a dedicarvene la maggior parte.
ANDREA ( fra sè )
Che ci faccio io qui? ( salutando ) Marchesa, voglio lasciar l'agio di scolparsi al Barone.
ELENA
Sono proprio mortificata di questo ritardo dello zio. Io non esco di casa; ripassi al tocco; la lettera ci sarà di certo, dovessi andare a ritirarla io stessa. Ma non la lascio dal portinaio, voglio che salga a pigliarla. È inteso?
ANDREA
Sissignora... Barone...
FILIPPO
Dottore... ( via Andrea ).
SCENA IV.
Elena e Filippo poi Anselmo.
FILIPPO
Dunque?
ELENA
Aspettate che sia fuori del tutto.
FILIPPO
Ha un'aria andantino pizzicato! Hanno chiuso l'uscio d'entrata.
ELENA ( canticchiando e battendo allegramente colle due mani sul tavolino )
Là là là là.
FILIPPO
Non parte più?
ELENA
Oh! anzi. In questo momento non vede l'ora d'esser partito. Ma non partirà.
FILIPPO
Credete?
ELENA
Oh! però è sconfortante. Ah, che miseria! come ci vuol poco! E sono gli uomini di valore, e mutano la faccia del mondo! Sono i martiri della scienza e gli eroi della civiltà. Che fermezza! Eccolo turbato come un'educanda che riceve un biglietto d'amore. Poveretto, mi fa pena!
FILIPPO
Che cuore!
ELENA
Gli uomini, eh?
FILIPPO
I grandi uomini.
ELENA
Tutti. Nemmeno solidali fra di loro. Voi mi secondate come se fosse cosa da nulla. V'assicuro che se sapessi di una macchinazione simile contro una donna, anche non essendole amica, a quest'ora l'avrei già messa sull'avviso. Ma voi altri! Che uno dei vostri cada in trappola, che ve ne importa? Ve lo spingete, se occorre.
FILIPPO
Siete impagabile!
ELENA
Ma sì, ieri sera D'Almèna faceva l'austero, mi ha sermoneggiata, mentre era così facile correre dietro a quel disgraziato e metterlo al corrente della scommessa. La cosa era tanto ovvia che ho temuto la facesse. Ma è bastato opporgli lo spauracchio della lealtà offesa per disarmarlo. Naturale! La vostra cavalleria ha un'aria di protezione che mi rivolta. Se il tranello contro il Dottore fosse stato ordito da un uomo, D'Almèna glie lo avrebbe svelato sul momento. Ma una donna! La dignità maschile sdegna di lottare contro una donna. Poverette, siamo tanto deboli! — Si vede. — Ma ostentate di tenerci per tali, e sarebbe peccato non approfittarne.
FILIPPO
Siete impagabile!
ELENA
E quell'altro. L'uomo forte! Vi giuro che stamane ero quasi pentita del gioco, e se appena avesse mostrato un po' di elevatezza, avrei smesso. Ma sapete cos'è che lo conturba in questo momento? Volete vederlo il talismano che ha atterrato quel paladino della scienza? Guardate là sul camino.
FILIPPO
Il mio ritratto. Due miei ritratti.
ELENA
Già.
FILIPPO
Dove diavolo li avete presi?
ELENA
Nel mezzo fra i vecchi. Ce li avevo da sei o sette anni.
FILIPPO
Ero un bel giovane.
ELENA
Eh! altro!
FILIPPO
Trovo che mi somigliano ancora.
ELENA
Il Dottore li ha riconosciuti.
FILIPPO
E gli avete lasciato credere?...
ELENA
Che li tenessi lì per specchiarmi nei vostri occhi.
FILIPPO
E l'ha creduto?
ELENA
Ma sì... l'imbecille. Ed ecco perchè finirà per rimanere. Non saranno già le mie arti a trattenerlo, nè un capriccio da gran signore, nè la follia d'un amore improvviso, nulla di ciò che potrebbe far scusabile la sua debolezza. Sarà il dispetto del vostro trionfo a cui crede, e la lusinga di attraversare la vostra felicità; un misto di invidiuzza meschina e di vanità petulante. Davvero che ciò merita dei riguardi! Se i vostri grandi uomini sono così piccini, non pigliatevela con noi se li facciamo cadere. Facendolo, vendichiamo la grandezza vera.
FILIPPO
Così va detto. Il vostro è un atto.......
ELENA
Di giustizia.
FILIPPO
Femminile. Come le moine che mi avete fatto ieri sera; ma vi avverto che non sono di ghiaccio. Non vorrei che per trattenere quell'altro dal Polo mandaste me ai Tropici.
ANSELMO ( entra e consegna una lettera )
È tornato Ambrogio.
ELENA
Ah! dello zio.
FILIPPO
Siete in corrispondenza così mattiniera?
ELENA
Gli ho scritto che mi mandasse la commendatizia.
FILIPPO
Se ve l'ha data ieri sera!
ELENA
Volevo ritardarne la consegna al Dottore senza dar sospetti.
FILIPPO
E che vi ha risposto lo zio?
ELENA
Leggete...
FILIPPO
Un enigma. C'è una sola parola: Altrettanto.
ELENA
Gli avevo scritto: Buon giorno.
FILIPPO
E il Dottore ha creduto?...
ELENA
Che sollecitassi la commendatizia. Ma sua colpa! Era là ritto contro la scrivania. Avevo fatto cadere a terra il vostro ritratto, l'ha raccolto felice della caduta, e per rimetterlo a posto si chinava fino sulla cartella dove stavo scrivendo. Mi divertivo come una pazza. Mi dicevo: se legge, se avverte l'inganno, gli confesso ogni cosa e ci si fa una risata. Ho piegato il biglietto piano piano, mettendoglielo sotto il naso; a non leggerlo bisognava farlo apposta, perchè saltano agli occhi due parole: Buon giorno. Era una corda di salvamento che gli gettavo.
FILIPPO
Ci pigliava gusto ad affondare. Chissà stanotte quanto avete meditato il piano di battaglia!
ELENA
Che! Ho dormito d'un fiato — credete ch'io sappia quello che dirò a quel disgraziato quando tornerà fra mezz'ora in casa mia? Non una parola. So che finirà per restare — ecco tutto. — L'arte della seduzione consiste nella facoltà di mettersi improvvisamente in uno stato d'animo che desta interesse. Un sentimento non è vero, perchè dura, ma perchè lo si prova. — Hanno torto quelli che declamano contro le grandi ammaliatrici. Nel momento della seduzione esse prodigano il fiore dell'anima loro, e i fiori più delicati sono quelli che durano meno. Il vostro Dottore non può lagnarsi se in cambio della sua rinunzia gli lascio intravedere per un istante le superbe ricchezze del mio cuore ignote a me stessa.
FILIPPO
Ma se una volta odorato il fiore e adocchiato il tesoro l'amico da uomo saggio vi levasse l'incomodo?
ELENA
Cioè...
FILIPPO
Se partisse davvero?
ELENA
Se partisse?... ne sarei contenta.
FILIPPO
C'è un mezzo semplicissimo.
ELENA
No, senza questa prova non posso farmi un'idea del suo valore.
FILIPPO
Vuol dire che desiderate di trovargliene del valore.
ELENA
Desidero persuadermi che si può trovare chi ne abbia.
FILIPPO
Ahi! Brutto segno. Quando una donna come voi cerca un uomo di merito, è vicina a scegliere chi non ne ha punto. Gli dèi se ne vanno. La vostra divinità invulnerabile vi pesa.
ELENA
Forse. ( scampanellata di fuori ).
FILIPPO
Peccato! Era un bel esempio. Mi piaceva quella solitudine ingrata. Datemi retta, mandate la lettera al Dottore e buon viaggio. Non mettetelo ad altre prove. L'unico mezzo di potervi illudere intorno alla sua virtù di resistenza è quello di non tentarla. Quando sarà lontano lo circonderete d'un'aureola di poesia, locchè vi salverà dalla prosa che vi circonda. È un buon consiglio... e disinteressato, perchè di quella prosa faccio parte anch'io.
ELENA
Siete patetico e solenne.
SCENA V.
Anselmo, D'Almèna e detti.
ANSELMO ( dalla comune )
Il cavaliere D'Almèna.
ELENA
Oh! buon giorno.
D'ALMÈNA
Vengo a riscattare il mio onore.
ELENA
L'avete perduto in casa mia?
D'ALMÈNA
Ieri sera devo esservi sembrato supremamente ridicolo. Ho fatto l'hidalgo Don Chisciotte della Mancia, e vengo a pregarvi di scordare la mia spagnuolata.
ELENA
È bell'e scordata e non se ne parli più. Stamattina vi ho veduto a cavallo.
D'ALMÈNA
Ci tenevo più tanto a farvi questa dichiarazione.
ELENA
Non avete più quel bel sauro?
D'ALMÈNA
L'ho venduto; dicevo che...
ELENA
Non parliamone altro.
D'ALMÈNA
Scusate, ma non mi basta riconoscere il mio torto, devo anche proclamare che avevate ragione.
ELENA ( tra sè )
Dove mira costui?
D'ALMÈNA
Figuratevi che stamane ebbi delle informazioni sul conto di quel dottor Sarni.
ELENA
Ah!
D'ALMÈNA
È proprio vero che bisogna andare adagio a pensar bene del prossimo.
FILIPPO
Un intrigante, eh? L'avrei giurato.
D'ALMÈNA
No, un intrigante non si può dire, ma via, se lo tratterrete a Roma, l'umanità non ci perderà molto.
ELENA
Che vi hanno detto sul conto del Dottore?
D'ALMÈNA
Che è un vanitoso, che vuol far parlare di sè. Già un'altra volta ha menato gran scalpore di un viaggio che i balenieri fanno ogni anno.
ELENA
Non pare un gradasso, e ad ogni modo dacchè si dispone ad affrontare i rischi è giusto che goda i benefizi.
D'ALMÈNA
Qui sta il punto. Pare che sappia già fin d'ora di non potersi imbarcare. Ma ha tanto strombazzato il suo proposito, che ora va fino a Stoccolma, per aver l'aria di non cedere che alla forza delle cose.
ELENA
Chi vi ha dato queste informazioni?
D'ALMÈNA
Oh, Dio!... mezza Roma.
ELENA
Val quanto dire nessuno. Dite la verità, persistete a volermi salvare?
FILIPPO
Devo andarmene?
ELENA
No — D'Almèna è uomo da farmi la predica in vostra presenza.
D'ALMÈNA
Infatti, Filippo è vostro amico; e mi stupisce che non capisca.
FILIPPO
Io non ho intelligenza.
ELENA
Filippo capisce che non amo sentirmi protetta.
D'ALMÈNA
Sempre l'orgoglio!
ELENA
Non è orgoglio, è stanchezza della continua frivolità che mi circonda.
D'ALMÈNA
Perciò fate frivole le cose serie?
ELENA
Chi ci crede?
D'ALMÈNA
Che sarà di voi se rimane?
ELENA
Avrò una ragione di più per disprezzare il mio mondo.
D'ALMÈNA
Badate a scherzare col fuoco!
ELENA
Sentite, D'Almèna: dicevo or ora a Filippo che invece di farmi la predica dovreste mettere sull'avviso il vostro protetto. Io in voi l'avrei fatto...
D'ALMÈNA
È troppo tardi. Vi farei troppo torto,
ELENA
Ah! seguitate a proteggermi? ( scampanellata di fuori ).
Ecco il signor Sarni. La vostra protezione cavalleresca mi umilia e la respingo. Parlategli o accettate la complicità.
SCENA VI.
Anselmo, Andrea e detti.
ANSELMO
Il sig. Sarni.
ELENA
Dottore, sono felicissima che lei giunga in tempo perchè le possa presentare il Cav. D'Almèna, un mio zelante amico e suo, il quale sospira un'occasione di mostrarle l'interesse che prende al suo viaggio e il desiderio che ha di esserle utile.
D'ALMÈNA
Il sig. Sarni non ha bisogno dei miei servizi. Per mostrarle, non oso dire, la mia amicizia, ma la mia viva simpatia, non ho altri mezzi che di far voti perchè lei compisca felicemente il suo viaggio, e non si lasci smuovere da nessuna delle difficoltà che potrebbe incontrare. Ma questo è un desiderio troppo naturale in chi, non avendo valore, rispetta almeno quelli che ne hanno, perchè me ne possa fare un merito. Signor Sarni, mi auguro di poterla festeggiare al suo ritorno.
ANDREA
La ringrazio.
D'ALMÈNA
Marchesa! ( via ). ( Andrea lo guarda allontanarsi indovinando qualche armeggio ).
SCENA VII.
Filippo, Elena, Andrea.
FILIPPO ( piano ad Elena )
È pomposo come un capo tamburo.
ELENA
Vale cento volte meglio di voi. Se credete di lusingarmi deridendolo, vi sbagliate. È una viltà.
FILIPPO ( guarda Andrea, poi Elena )
Ho capito. Sono di troppo, eh?
ELENA
Pigliatela come vi piace.
FILIPPO
Non mi piace, ma la piglio come posso. Sig. Sarni, io non so fare dei discorsi, ma le regalo il motto della mia divisa: Tutto per il meglio. Arrivederci. ( via )
SCENA VIII.
Elena e Andrea.
ANDREA ( fra sè )
Che diavolo hanno?
ELENA ( va allo scrittoio, prende la lettera del primo atto e la consegna ad Andrea )
Questa è la lettera dello zio. Mi lasci.
ANDREA
Così subito?
ELENA
Si, ho molte cose da fare. Buon viaggio! si rammenti di noi e buona fortuna. Vada. ( Andrea s'inchina interdetto e s'avvia per uscire. — Elena si getta sul canapè ).
ANDREA ( tornando )
Che cos'ha?... Cos'è seguìto?
ELENA
Sono una donna cattiva.
ANDREA
Perchè?
ELENA
Non lo può capire, non mi conosce lei. Non s'occupi di me. Vada, la sua vita è bella e larga, non l'impicciolisca con queste miserie. Sono cose da nulla, procelle di gente oziosa. Mi lasci! Mi lasci!
ANDREA
Non posso lasciarla così. Da ieri sera che il caso me l'ha fatta conoscere, questa è la terza volta che la vedo. Le circostanze m'hanno condotto oggi in casa sua con una frequenza che m'incoraggia. Che può temere da me? Se non ho tempo di mostrarmi degno della sua fiducia, non ho tempo nemmeno di abusarne. Perchè piange? Mi conceda di portar via come una reliquia la confidenza di un suo dolore, ed un momento della sua vita.
ELENA
Non è nulla. Se anche glielo volessi dire non saprei. Non ho più ragione di piangere in questo momento che un'ora fa, nè oggi che ieri. È il complesso delle cose, sono scontenta di me e sfiduciata degli altri.
ANDREA
Quanto invidio i suoi amici!
ELENA
Non li invidii, non ne ho. Ciò vuol dire che non ne merito — o che li sdegno. Noi profaniamo tanto la parola Amicizia! Tutti sanno amare forse, ma pochi pochi essere amici o avere un amico. Io ho un carattere scontroso, sarebbe così facile rinunziare a un po' d'orgoglio per trovare la via di dominarmi. Ma bisognerebbe darsi la pena di osservare e di riflettere, e quelli ne sono incapaci. Il perder tempo occupa tutta la loro giornata. Se sapesse che vita vuota! Lei non può immaginarla. Ma le altre se ne contentano, e il torto è mio. Come fanno? Non lo so e non lo voglio sapere. È la solita canzone della noia oziosa che fa cadere le donne nei romanzi e nelle commedie, e che è venuta a fastidio, tanto l'hanno ricantata. È una canzone triste, ma vera. Sono ricca, non posso fare il maggiordomo della mia casa e risparmiare il salario di quello che mi serve. Non posso procacciarmi io col mio lavoro nemmeno quelle cose futili che, comprandole da altri, dànno da vivere a tanta gente. Non ho ingegno che basti a farmi scrittrice od artista e abborrisco dalle singolarità. — La politica non m'interessa. Mi guardo attorno e non vedo nulla, nulla che mi faccia desiderare più un giorno che l'altro. La società è mal fatta, ma non la cambio io. E intanto la vita scende, scende inutile, uggiosa, senza una gioia vera, senza un dolore fortificante, smarrita in una nebbiuzza grigia che ne anticipa il tramonto. È naturale, chi ha ingegno e fermezza non cura di noi, noi siamo i parassiti del mondo operoso. Gli uomini capaci di farci tollerare la vita o si chiudono nello studio o vanno lontano per i mari o le terre deserte, in Africa o al Polo.
ANDREA
Come parla bene! Come sono contento di averla conosciuta!
ELENA
Anch'io; questo sfogo mi ha rasserenata..... Dov'è andato or ora?
ANDREA
A comperare un libro.
ELENA
Chissà che astruserie!
ANDREA
I versi di Leopardi. È un libro che m'ha sempre seguìto dappertutto.
ELENA
E l'ha comprato or ora?
ANDREA
Non me ne parli. — Ne avevo un esemplare vecchio a forza di rileggerlo, cui volevo un bene dell'anima, l'ho perduto. Questo nuovo mi piacerà meno.
ELENA
L'ha con sè?
ANDREA
Eccolo. ( trae di tasca un'edizione diamante ).
ELENA
Ne preferisce una copia sciupata? Vuol fare un cambio? Eccole il mio. — In memoria della mia fanciullaggine.
ANDREA
Perchè non l'ho conosciuta prima d'ora?
ELENA
A che servirebbe dacchè deve partire?
ANDREA
Non sarei partito forse.
ELENA
Male...
ANDREA
Nei giorni passati la gioia che provavo del viaggio imminente, era turbata da un senso di amarezza, che sembrava rimorso. Mi rimordeva che non mi dolesse di partire. È triste lasciare il nostro paese senza portare seco nell'anima la emozione del rimpianto, il miraggio del ritorno. Bisogna dire che la giovinezza mi ha dato ben poco, se la vita austera che m'aspetta non mi spaventa e se l'affrontarla non mi costa sacrifizio. Quando sentivo intorno lodare la mia fortezza d'animo mi dicevo: a costoro il soggiorno in patria dev'essere ben dolce, se credono sia così arduo abbandonarla. Passavo per un eroe quando l'eroismo mi era tanto facile! Se avessi avuto un vincolo qualunque che mi legasse alla vita normale che vivono tutti, chissà se mi sarebbe bastato il cuore di romperlo. Sono forte per forza.
ELENA
Ne ringrazi la sorte.
ANDREA
Che riporterò di laggiù? Se i miei studi mi condurranno ad accertare una verità intraveduta ed a scoprire una legge fisica, il mio nome andrà per le accademie scientifiche, e sarà commemorato nei consessi di gente vecchia e sazia della vita. Avrò la coscienza di aver giovato alla causa del sapere umano, ma mi basterà poi questo premio ideale? Ieri la speranza di meritarlo mi infervorava tanto, stamane ancora avrei dato tutto il mio poco avere per appianare gli ostacoli che potrebbero trattenermi; come va che ora provo una stanchezza sfiduciata che mi fa parere troppo vicino il momento della partenza? Sono dunque così instabili questi ardori, o non ho nell'animo la fede pertinace e vittoriosa? Legga il viaggio attraverso il continente africano, un viaggio di tre anni. In capo al primo volume c'è il ritratto dello Stanley innanzi la partenza, in capo al secondo quello dopo il ritorno. È partito giovane, forte, bello, i capelli neri, la fronte piana, su cui poteva posarsi con amore il bacio d'una giovinetta; è tornato vecchio, logoro, rugoso, coi capelli bianchi, capace di condurre un esercito e degno d'imperare su d'un popolo, ma inetto a far palpitare il cuore d'una donna. Che viltà in questi pensieri! Ma ieri non ero vile. Oggi mi pare così dolce ed umano esser debole.
ELENA
Non mi faccia pensare d'averlo scoraggiato io.
ANDREA
E se fosse la mia vera coscienza che parla? Se l'orgoglio che m'ha accecato cadesse ora vinto dal suo modo di essere così semplice e sincero? Ho sognato di far camminare il mondo! Povero illuso! La canzone che gl'innamorati ripetono a memoria per dare un ritmo ai loro pensieri d'amore contribuisce alla felicità umana più che la scoperta d'una legge astratta della natura. Vivere, ecco la ragione della vita.
ELENA
No, no, no, non parli così, glielo proibisco, la mia parte sarebbe troppo odiosa. Vada, mi lasci subito. Domani avrà scordato questo momento di debolezza. L'avrebbe provato da solo prima di partire. Addio.
ANDREA
Che farò di qui fino a domani?
ELENA ( stacca un fiore )
Mi dia quel libro. ( mette il fiore fra le pagine ) Guardi dove lo metto: Le rimembranze. Si ricorderà di me? Non deve poi esser tanto difficile nella solitudine.
( Andrea le bacia la mano ).
Chissà che vento gelido porterà via questo povero fiore! Almeno lo porterà in luoghi dove non ne crescono altri. Come stupiranno quelle nevi d'una fogliolina di rosa!
ANDREA
Gliela ridarò al mio ritorno.
ELENA
Al suo ritorno! Chissà cosa sarò diventata!
ANDREA
Perchè?
ELENA
Sono tanto stanca di questa vita! Oh! non parlo di morire, sa, non sono sentimentale, e non avrei coraggio.
ANDREA
Che vuol dire?
ELENA
Mah! bisogna pigliare il mondo com'è. A forza di vivere con gente che non stimo — un bel giorno — per intonarmi cogli altri....
ANDREA
Oh! — Prenda. ( le dà la lettera ).
ELENA
Che cos'è?
ANDREA
La lettera di suo zio. Rimango.
ELENA
No, no. Andiamo! — Che follia! Tenga quella lettera. Vede bene che sono cattiva! La tenga, non la voglio, le dico.
ANDREA ( la riprende — imperioso )
Perchè ha detto quelle orribili parole?
ELENA
Oh, Dio! Perchè questa mia scontentezza è superbia bella e buona; disprezzo gli altri perchè mi credo di più di loro. Con che diritto mi metto sul piedestallo? Non verrà, ma può venire il giorno che la voluttà di profanare...
ANDREA
E non crede che se avesse un amico?
ELENA ( incredula ridendo )
Ah!
ANDREA
Non come gli altri. Un amico, nulla più che un amico non cupido, non intraprendente. Un uomo che tremasse all'idea di vederla cadere da quell'altezza dove s'è rifugiata, che volesse costringerla a rimanere pura e nobile, per trovare in lei la forza d'esser nobile e generoso, un uomo...
ELENA
Dov'è quest'uomo?
ANDREA
Eccolo. ( straccia la lettera ).
ELENA
Che ha fatto?
ANDREA
Ho dato una ragione divina alla mia vita.
ELENA
Torno da mio zio.
ANDREA
Le do la mia parola d'onore che non parto più.
ELENA
Non posso... non posso... come vuole che accetti? Oh!
ANDREA
Voglio vivere, voglio vivere, non è lei che mi trattiene, è la mia giovinezza, la mia ignoranza della vita, è l'ardore di conoscere, di sentire, di soffrire... forse è un'occulta viltà dell'animo mio.
ELENA
Che rimorsi m'ha dato! che male le ho fatto! No... No...!!
ANDREA
Non insista, è inutile, non partirei per un impero! — A domani, Marchesa — a domani!
ELENA
Ah! ( si copre il viso colle mani ).
Cala la tela.
FINE DELL'ATTO SECONDO.
ATTO TERZO
La stessa decorazione.
SCENA I.
Elena, Teodoro, Filippo.
FILIPPO
Programma. — Le corse saranno Domenica; arriveremo a Napoli sabato notte. Gli appartamenti all'Hôtel Royal sono lesti; avremo per andare alle corse due stages a quattro cavalli, alla postigliona; ho fatto richiesta qui al capo stazione di un vagone-salon; lo champagne lo porteremo con noi per essere sicuri della marca. Ho provvisto, ordinato, fatto i conti e vergato colla mia bianca mano altrettante circolari, quanti siamo della partita. Ora voi mi fate la grazia di firmarle in modo intelligibile, non senza prima avermi proclamato benemerito del genere umano.
ELENA
Siete un gran Filippo!
FILIPPO
A voi.
( Elena siede allo scrittoio e si mette a firmare le lettere ).
TEODORO ( a Filippo, traendolo in disparte, sottovoce )
Se non l'avvertite non si fa in tempo. A che ora viene la contessa?
FILIPPO
Alle tre.
TEODORO
Fra un'ora. Con tutti gli altri?
FILIPPO
Tutta la banda. E due domestici che porteranno la statuetta della Tuffolina.
ELENA
Parlate pur forte, non mi disturbate.
TEODORO
Oh! si parlava d'inezie. ( piano a Filippo ) Bisogna avvertirla.
FILIPPO
Non è facile, non ne vuol sapere. Ha già dichiarato alla contessa Gemma che la scommessa era assurda. Io contavo di lasciarli arrivare senza dir parola. A cose fatte.....
TEODORO
Bravo! e se piglia fuoco e ci fa una sfuriata? È donna da rimandarli via tutti.
FILIPPO
D'altronde.....!
ELENA
Ma che state congiurando?
TEODORO
Nulla. ( c. s. a Filippo ) Se Elena incaparbisce in presenza di quegli altri a ricusare il pagamento della scommessa, se ne fa una coda che non finisce più. Si discorre già troppo del Dottore. Andiamo..... coraggio!
FILIPPO
È un'ambasciata difficile..... vedrete.
ELENA
Ecco fatto.
TEODORO ( c. s. a Filippo )
Proponete di aggregare il Sarni alla nostra partita e poi secondatemi. ( Elena si alza ).
FILIPPO
Vediamo. ( va allo scrittoio ) Benissimo. ( conta le lettere ) Una... due... tre...
ELENA
Giusto, quanti siamo?
FILIPPO
Tredici.
ELENA
Oh!
TEODORO
Bisogna trovarne un altro subito.
ELENA
Certo.
FILIPPO
Vediamo un po': Elvira Francofonte.
ELENA
No, siamo già tre donne..... bastano.
TEODORO
Della Carraia.
ELENA
Oh Dio! Sa di muschio come un parrucchiere.
FILIPPO
Pippo Termini.
ELENA
Quello non sa di nulla.
FILIPPO
Ma dite un po'..... E il dottor Sarni, non per far quattordici..... ma.....
TEODORO
Giusto. Diavolo! Come mai non ci si è pensato?
FILIPPO
Mettiamo quello, eh?
ELENA
Se volete.
FILIPPO
Se n'avrebbe per male e con ragione.
TEODORO
E poi è un uomo!...
FILIPPO
Oh! un uomo...!
TEODORO
Ma..... ci vorrà venire?
FILIPPO
Che ne dite, Marchesa?
ELENA ( sorridendo )
Credo di sì.
FILIPPO ( con malizia )
Lo credo anch'io.
TEODORO
Dicevo per via della spesa.
ELENA
Della spesa?!
TEODORO
Non se n'esce a meno di tre o quattrocento lire caduno.
ELENA
Ebbene?
TEODORO
Io non so gl'interessi del Sarni, ma abita una cameretta ad un quarto piano.
FILIPPO
Quinto, quinto; proprio sotto i tetti.
ELENA
Ci siete stato?
FILIPPO
Una volta con D'Almèna.
ELENA
D'Almèna?!
TEODORO
Sono inseparabili. D'Almèna ci va ogni giorno.
FILIPPO
È del Club alpino. Sono cento quarantotto scalini.
TEODORO
Cento.....
FILIPPO
E quarantotto. Un campanile. Non ho mai tanto soffiato in vita mia.
TEODORO
C'è della gente che ama la vista.
FILIPPO
Sì bella. Dirimpetto la finestra c'è due soffitte, dove abita, credo un cenciaiuolo ambulante che sciorina all'aria dei panni fantastici.
TEODORO
Povertà non è vizio. Il Sarni ama figurare, va in società.....
FILIPPO
Però. ( ad Elena ) Posso dire?
ELENA
Chi ve l'impedisce?
FILIPPO
Ecco, trovo che se spendesse in pigione la metà di quello che getta in guanti.....
TEODORO
Ah sì, inguantato lo è.
FILIPPO
E di che pelle se reggono a serrarlo come fanno! Scommetto che a levarseli ci dura mezz'ora, e quando li ha levati, la mano gli fa paff per distendersi; non gli deve parer vero.
TEODORO
Per questo non li leva mai.
FILIPPO
Che ci dorma dentro? Diciamo che se anche spreca in guanti.....
TEODORO
Fa economia di cravatte.
FILIPPO
Io glie ne conosco una sola.
TEODORO
Sarà un ricordo di qualche parente morto.
FILIPPO
Diffatti è nera. E come se l'annoda!
TEODORO
Ma ha dei buoni sentimenti.
FILIPPO
Ah questo sì..... per Dio.
ELENA
Sì..... Non ha pratica di mondo.
FILIPPO
Ma l'acquisterà.
TEODORO
Ammogliandosi.
ELENA
Vale a dire.....
TEODORO
Nulla. Dico che acquisterà la pratica del mondo prendendo moglie. Gli istinti signorili ce li ha. Sta pur certa che non sposerà una borghesuccia senza dote. E io l'approvo. È un uomo che ama di salire.
FILIPPO
Difatti si tiene in esercizio. Cento quarantotto scalini.....
TEODORO
Tu dovresti aiutarlo.
ELENA
A far che?
TEODORO
A trovare la sposa.
FILIPPO
E senza cercar lontano.....
TEODORO
Anzi. Senza uscire di casa.....
ELENA
Che significa questa scena? L'avete combinata or ora. Capivo bene che stavate macchinando. Non mi piace. Finiamola.
TEODORO
È vero, l'abbiamo concertata or ora. Perchè devi sapere..... ( scampanellata di fuori ) Oh Dio! delle visite. ( a Filippo ) Che siano loro già?
FILIPPO
No, no, è troppo presto.
TEODORO
Non puoi far dire che non ricevi?
ELENA
A quest'ora il portinaio ha già fatto passare. Quello era il campanello del portinaio che avverte quassù. Filippo, guardate dalla veranda chi è.
FILIPPO ( corre al fondo, s'affaccia alla finestra )
Il dottor Sarni.
ELENA
A quest'ora?
TEODORO
Mandalo via, fammi il piacere, ho assolutamente bisogno di parlarti.
ELENA
Come si fa?
TEODORO
Gran cosa! Lo congedi.
ELENA
Sì, e voi altri che siete qui e rimanete?
FILIPPO
Noi andiamo di là..... non ci si fa vedere. Sul serio, abbiamo urgente bisogno di parlarvi.
ELENA
Che seccatura.
FILIPPO
Venite, Marchese?
TEODORO
Non ti concedo più di dieci minuti.
ANSELMO
Il dottor Sarni. ( Teodoro e Filippo scappano per la veranda mentre entra Andrea ).
SCENA II.
Elena e Andrea.
ANDREA
Buon giorno, Marchesa. ( le porge un mazzo di fiori di campagna ).
ELENA
Che vuol dire? ( senza prenderli ).
ANDREA
Sono fiori dei campi che ho raccolto stamane in una lunga passeggiata che ho fatto. Ne torno adesso. Per questo sono venuto ad un'ora insolita. Stassera sarebbero stati appassiti. Non li prendete? ( Elena li prende e li posa sul tavolino ). Che avete? Mi sembrate sopra pensieri.
ELENA
No.
ANDREA
Che buona camminata che ho fatto. Ci sono andato per riflettere a certi miei interessi, ma poi, l'aria, la campagna e mille pensieri giovanili che sorgevano dentro di me me ne hanno distratto. Ho passato una mezza giornata deliziosa, girellando nei prati come un ragazzo.
ELENA
Con quell'abito?
ANDREA
Perchè? non va?
ELENA
Anzi è magnifico.
ANDREA
Non va, lo capisco. Ma ho infilato il primo che mi è capitato, avevo altro per la mente.
ELENA
Si sa, gli uomini superiori.....
ANDREA ( colpito )
La mia toeletta ha il bene di occuparvi molto quest'oggi ( getta con violenza i fiori sul tavolino ).
ELENA
Oh! mi dispiace. ( prende i fiori e va a metterli in un vaso sul camino. Silenzio, Elena torna presso Andrea ). Ho detto perchè avete l'aria di essere in visita diplomatica.
ANDREA
Perdonatemi! Sono uno sciocco. Ho preso in mala parte delle osservazioni giustissime. Vi ringrazio d'esservi spiegata; quelle parole mi avevano fatto tanto male. Dovevo saperlo che siete buona. E poi non vi ho forse pregato io stesso di intraprendere la mia educazione mondana?
ELENA
Badate che vi mando via ora.
ANDREA
Mi mandate via!
ELENA
Sì, ho da fare.
ANDREA
Un momento.
ELENA
Non posso..... devo uscire.
ANDREA
Non mi lasciate accompagnarvi?
ELENA
No..... no..... andate.
ANDREA
Se sapeste.....
ELENA
Non insistete..... addio.
ANDREA
Non arrivederci?
ELENA
Ma sì, come volete, a rivederci.
ANDREA
Che vi ho fatto?
( Elena si mostra impaziente ).
ANDREA
Vado. Dovete uscire? sola?
ELENA
Sì.
ANDREA
Credevo con vostro zio e con Landucci. Li ho veduti che scappavano di là quando io entravo: ciò vuol dire che vi aspettano. ( pausa — con impeto ) Come mi trattate male! ( via precipitato ).
SCENA III.
Elena, Teodoro, poi Filippo.
TEODORO ( appena via Andrea sbuca dalla veranda e chiama: )
Filippo!
ELENA
Eravate là?
TEODORO
C'ero io solo. Ero venuto a sentire se se ne andava.
ELENA
Non te ne faccio i miei complimenti. L'età e la parentela non bastano a giustificare un'indelicatezza.
TEODORO
Come la pigli!
FILIPPO ( arrivando )
È andato?
ELENA
Sì, parlate..... che volete?
TEODORO ( a Filippo )
A voi l'ambasciata.
FILIPPO ( a Teodoro )
Mi caverà gli occhi.
ELENA
Dunque? Non mi avrete obbligata ad essere scortese per niente, spero. Che cos'è?
FILIPPO
A momenti arriva la contessa Gemma coi soliti.
ELENA
Qui? A far che?
FILIPPO
Vi portano, ma io non c'entro, vi portano in trionfo la statua della Tuffolina, un vero oggetto d'arte.
( Elena va al campanello per suonare ).
TEODORO
Che fai?
ELENA
Ordino la carrozza, esco, e non voglio essere in casa, e non voglio che in mia assenza si riceva nulla. Ho già detto a Gemma che la scommessa non reggeva, che ne rifiutavo assolutamente il pagamento. Ho accondisceso per farvi piacere a congedare il dottor Sarni, ma non posso permettere che gli si manchi di rispetto in casa mia. Filippo lo sapeva, e mi fa meraviglia che abbia accettato di portarmi una simile ambasciata.
FILIPPO ( a Teodoro )
Che vi dicevo io?
TEODORO
Mia cara, una scommessa obbliga tanto chi perde come chi vince.
ELENA
Ti ripeto che la scommessa non regge. È una assurdità. Il dottore non ha rinunziato al viaggio per cagion mia. L'ho dichiarato a Gemma, il giorno stesso ch'egli aveva fissato di partire. È rimasto.....
TEODORO
Per sposarti, lo so.
ELENA
Come?
TEODORO
Sei tu disposta a sposarlo?
ELENA
Che pazzia!
TEODORO
Non si discorre d'altro per tutta Roma.
ELENA
Questo segue una volta al mese. Mi hanno già fidanzata con dieci altri.
FILIPPO
Del vostro mondo. Se io vi fossi sempre tra i piedi non ne avreste altro danno che la seccatura. Tutti sanno ch'io sono l'ozio personificato, e il tempo che vi dedico ha così poco valore, che nessuno sospetta mi diate nulla in ricambio.
ELENA
Sicchè son condannata a non circondarmi che di.....
FILIPPO
D'imbecilli volete dire..... dite.
TEODORO
Il mondo vuole che ognuno viva con gente del proprio stato. E ciò non per alterigia, ma perchè sieno allontanati quant'è possibile i sospetti di cupidigia intorno le combinazioni che possono nascere dalla convivenza. Il dottore ha troppo da guadagnare sposandoti, perchè non si veda in ogni suo atto una macchinazione per arrivarci. Se fosse già andato e tornato dal suo viaggio, la celebrità meritata e la fortezza mostrata, pareggierebbero forse le vostre condizioni. Ma si è mostrato debole, è naturale che lo si creda interessato. Tu non puoi avere di lui una stima troppo alta. Se lo accogli e lo fai tuo intimo e lo difendi e ti comprometti per lui, è segno che ne sei innamorata. Ora un matrimonio d'amore tollerabile, è qualche volta lodevole in un uomo, è quanto c'è di meno elegante per una signora.
ELENA
Ma chi ha mai pensato...?
TEODORO
Tu no, ma il dottore certo.
ELENA
Non è vero.
TEODORO
Lo si vede in ogni luogo dove tu sei.
ELENA
Non ce lo porto io.
TEODORO
Oh no! per questo c'è D'Almèna che lo serve.
ELENA
D'Almèna!
TEODORO
Sono inseparabili, ti ho detto. Sai che mi rispose D'Almèna quando gli domandai perchè non si faceva più vedere in casa tua?
ELENA
Qualche impertinenza.
TEODORO
Mi ha detto: pregherò vostra nipote di volermi ricevere quando sarà diventata la signora Sarni.
ELENA
No!
TEODORO
Testuale!
FILIPPO
L'ha detto anche a me.
ELENA
D'Almèna può dire quello che gli piace.
TEODORO
Credi a me, accetta il pagamento della scommessa. Ciò tronca le dicerie, e risponde vittoriosamente a D'Almèna.
FILIPPO
Ad ogni modo decidete subito. Se persistete nel rifiuto corro ad avvertirne la contessa. A non volerla ricevere quando fosse venuta, lo scandalo sarebbe grave. Vado?
ELENA ( a Teodoro )
Mi dài la tua parola d'onore che D'Almèna ti ha risposto a quel modo?
TEODORO
Parola d'onore.
ELENA ( a Filippo )
Anche a voi?
FILIPPO
Anche a me, e in presenza d'altri. Vado?
ELENA
No, rimanete. D'Almèna rovina tutte le cause che prende a difendere.
FILIPPO
Badate, saranno qui a momenti. Sono in sette od otto. Non volete servire un Lunch?
ELENA
Sì, come vi piace, combinate voi.
FILIPPO
Mi nominate vostro Maggiordomo? Do gli ordini?
ELENA
Sì.
( Filippo va a suonare il campanello vicino al camino, vede i fiori d'Andrea, li guarda, li fiuta e li mette a posto. S'avvia verso la veranda. Quando entra Anselmo gli parla sottovoce ).
ELENA ( a Teodoro )
Tu dovevi prevederle queste cose. Tu dovevi impedire la scommessa, rifiutarmi quella lettera, darmi allora quei consigli che mi dài adesso.
TEODORO
Chi poteva immaginare che sarebbe rimasto? Ti prende il rimorso? Va là che non gli è parso vero di salvarsi da un eroismo precipitato. Non è piacevole morir di freddo e di scorbuto.
ELENA
E se fosse stato uomo da partire?
TEODORO
Sarebbe partito. Tu l'hai pregato di rimanere?
ELENA
No, anzi!
TEODORO
E allora? Scendi dalle nuvole. Quello adocchia le tue rendite.
ELENA
Vorrei esserne sicura. ( Anselmo via ).
FILIPPO
Ecco fatto. Avrete un buffet di prim'ordine. Dove avete preso quei bei fiori dei campi?
ELENA
Avete combinato?
FILIPPO
Tutto, ve li ha portati il Dottore, eh?
ELENA
Gettateli via.
FILIPPO
Oh! Perchè? Ne prendo uno, permettete?
ELENA
Ormai tanto vale eh? Fate. ( scampanellata ).
FILIPPO
Eccoli qui.
ELENA
Zio, fammi il piacere, valli a ricevere, io verrò subito, ma non ero preparata a fare del chiasso. Andate anche voi, Filippo.
FILIPPO
Scusate, mi avete nominato Maggiordomo.
ELENA
Bene, gli ordini li avete dati, ora.
FILIPPO ( avvicinandosi a lei sottovoce )
Volete rimaner sola, per raccogliervi, eh?
ELENA
Restate, se vi piace.
AMBROGIO
La Contessa del Pallio.
TEODORO
Eccomi. ( via. Ambrogio va alla veranda e prepara la tavola con Anselmo ).
SCENA IV.
Elena e Filippo.
FILIPPO ( ad Elena che è rimasta seduta, in tono serio )
Lo amate?
ELENA ( alza gli occhi, lo guarda, li vede i fiori all'occhiello )
Datemi quei fiori.
FILIPPO
Quegli altri?
ELENA
No, quelli che avete voi.
FILIPPO
Mi avete permesso....
ELENA
Ed ora ve li chiedo. ( Filippo glieli dà, essa prende anche gli altri e va a gettarli tutti dalla finestra ) Così. ( dalla stanza vicina si sentono chiacchere e risa ) Chiudete quell'uscio.
FILIPPO
È chiuso.
ELENA
Come parlano forte! — Sarni e D'Almèna sono proprio tanto amici?
FILIPPO
Ma sì, mi fa meraviglia che me lo chiediate. Appena seppe che il Dottore non era partito, D'Almèna gli portò il suo biglietto di visita, e cominciò a rimorchiarlo dappertutto.
ELENA
Gliele avete proprio intese a dir voi, quelle parole?
FILIPPO
Quali?
ELENA
Che non avrebbe più posto il piede in casa mia finchè non fossi diventata la Signora Sarni?
FILIPPO
Certo, e non c'ero io solo.
ELENA ( avanzandosi )
Andiamo di là?
FILIPPO
Con quel viso scuro?
ELENA
No, no. ( ridendo ) Sono di buonissimo umore; vedrete. Andiamo.
FILIPPO
Aspettate un momentino.
ELENA
Per far che?
FILIPPO
Voglio dirvi una cosa. Se proprio non amate il Sarni...
ELENA
Ma no, che sciocchezza!
FILIPPO
E se siete disposta a diventar quella d'una volta...
ELENA
Cioè?
FILIPPO
Cioè gaia e senza pensieri.... avvertitemene, io mi ecclisso.... perchè avrei paura d'innamorarmi di voi. ( Elena ride ) Ho capito che stavo innamorandomi dal disgusto che ho provato vedendovi mutata. Ora seria e pensierosa, mi piacevate meno... ma se tornate quella di prima... ve l'ho poi detto.
ELENA
Sì, sì, andiamo, andiamo. ( Lo prende a braccetto e s'avviano a sinistra. Appena i due hanno spalancato l'uscio che va nell'altra camera, si sente da quella un oh! generale. S'intravedono due o tre uomini venire incontro ad Elena. Grido: — La Corte — applausi dall'altra camera ).
SCENA V.
Rimangono in scena soli Ambrogio e Anselmo che stanno dietro la tavola del buffet apparecchiata. Sulla tavola un samovar acceso, bottiglie di Champagne ed altri vini. Bicchieri e tazze. Torte, confetti. Dall'altra parte giungono forti risate, poi ad un tratto un Oh! di sorpresa seguìto da un mormorio. Entra precipitoso Filippo, va alla tavola e dice:
FILIPPO
Un bicchier d'acqua, presto. ( Lo prende e correndo lo porta di là. Sull'uscio Paolo e Rulfi vengono precipitosi ).
PAOLO
Cognac, Cognac!
RULFI
No, Marsala, meglio Marsala. Ambrogio, presto un bicchierino di Marsala. ( Ambrogio serve ).
ANSELMO
Qualcuno si sente male?
RULFI
Sì, la Marchesa.
SCENA VI.
Teodoro, poi secondo le indicazioni tutti gli altri, cioè: Gemma, Del Sannio, Rubaconti, Sarni, Lerici, poi Elena e Filippo, poi di nuovo Teodoro.
TEODORO ( a Paolo e Rulfi )
Lasciate, non è nulla, s'è già riavuta. Ha presa una storta al piede e il dolore l'ha fatta impallidire a quel modo. Non è nulla, discorre, vedete.
PAOLO
Meno male.
GEMMA ( entrando, a Teodoro che torna di là )
È bello e passato. Ora viene. ( Rubaconti e Del Sannio entrano con Gemma ).
PAOLO ( a Gemma )
Voi non state di là?
GEMMA
Non mi vuole vicino, mi ha lanciato uno sguardo tragico. La storta la vuol dare a noi. Quello era uno svenimento bello e buono.
RULFI
Amore! Amore!
GEMMA
Non la credevo così presa.
RULFI
Eh quel dottore? Invece d'andare al polo è arrivato a Cipro.
TUTTI
Ah! Ah! ( ridono ).
DEL SANNIO
Come ha detto? Non ho capito.
RUBACONTI
Che il dottore invece d'andare al polo è arrivato a Cipro.
DEL SANNIO
Ah! ( non capisce ma ride ) Eh! Eh!
RUBACONTI
Ne capisci meno di prima.
DEL SANNIO
Oh! bella cosa. È arrivato... ma no, se non è partito.
RULFI
Cipro è un'isola dove è nata Venere, la dea degli Amori.
DEL SANNIO
Vedo.
GEMMA
Non ci siete. Sarni voleva andare al Polo, n'è vero?
DEL SANNIO
Sì.
GEMMA
E invece s'è innamorato della Marchesa e l'ha innamorata di sè. È arrivato a Cipro.
DEL SANNIO
Ah! Ah! bellissimo! Cipro è la patria... bellissimo, bellissimo. ( s'allontana ).
RUBACONTI
Ora lo va a ridire. E lo dà per suo. Ripete per suoi tutti i detti che gli riesce di capire.
RULFI
Glielo regalo.
RUBACONTI
L'avete visto, contessa, in istrada?
GEMMA
Chi?
RUBACONTI
Il dottor Sarni; era fermo sull'angolo della casa qui sotto.
GEMMA
Possibile? Ci ha veduti entrare?
RUBACONTI
Oh certo. L'ho mostrato a Rulfi che ci ha fatto una risata.
RULFI
Sfido, era troppo comico. Aveva un'aria di cane bastonato.
ELENA ( tornando con D'Aspri, Filippo e gli altri )
Ah bella, bella, bella, Gemma ti ringrazio. Quella statuetta è un capolavoro.
GEMMA
La terrai nel tuo salone?
ELENA
Certo. Ci sta così bene! Voglio che tutti la vedano.
D'ASPRI
È un trofeo di vittoria.
FILIPPO
I capitani veneziani tenevano nel loro salone il fanale delle galee vinte al nemico.
GEMMA
Qui manca il nemico.
D'ASPRI
Ecco il prodigio della vittoria.
TEODORO ( tornando dal salone ).
Elena!
ELENA
O zio, un bicchiere di Champagne, e t'incarico di fare il brindisi in mio nome.
TEODORO
Ai vostri begl'occhi, contessa!
GEMMA
No, no, lo voglio di circostanza. Non sono io l'eroina qui. Un brindisi a me non è possibile.
TEODORO
È passabile.
D'ASPRI
Ma passibile d'uno migliore.
RULFI
A buon conto è passato. ( tutti ridono ).
GEMMA
Lo farò io. Ai viaggiatori che rimangono.
ELENA
No! ai viaggiatori che partono.
RULFI
Ah che ingratitudine! ( tutti bevono ridendo ).
DEL SANNIO ( a Pardi e Lerici che stanno presso la porta che mette al salone )
Ho avuto occasione di dire un motto che fu trovato spiritoso.
PARDI
Fuori.
DEL SANNIO
Sapete che il dottor Sarni è innamorato della Marchesa Elena?
LERICI
E viceversa.....
DEL SANNIO
Ebbene, ho detto che il dottore volendo andare al Polo, è arrivato a Capri. ( i due restano seri ) Non capite?
PARDI E LERICI
No.
DEL SANNIO
A Capri, è arrivato a Capri!
PARDI
Ho inteso, e poi?
DEL SANNIO
Pare impossibile!.... Capri è un'isola.
LERICI
Vicino a Napoli.
DEL SANNIO
Dov'è nata Venere.
LERICI
Cipro vuoi dire.
SCENA VII.
Andrea e detti.
SERVO
Il signor Sarni.
DEL SANNIO
Ci..... ( vede Andrea ) Diavolo! ( s'allontana. Lerici e Pardi s'allontanano ridendo ).
ANDREA ( fra sè )
Li faccio scappare. ( si guarda indosso per vedere se ha nulla di singolare ) Sembrano ridere di me. ( va verso il gruppo dov'è Elena ) Marchesa, ho visto entrare questi signori coll'aria così allegra che non ho saputo resistere al desiderio di seguirli. ( a Gemma ) Contessa. ( nota l'imbarazzo di tutti ) Si direbbe che faccio l'effetto dell'ombra di Banco. ( verso Elena cercando intavolar discorso per uscire d'imbarazzo ) Ho visto di là un oggetto d'arte che non avevate ieri.... una statuetta bellissima.
( Rulfi scoppia in una risata, cercando invano di contenersi ).
ANDREA
Pare che senza accorgermene dico delle cose molto lepide.
FILIPPO ( volendo accomodare )
No, sono io che gli rammentavo uno scherzo.
RULFI
Ma sì, è Filippo che... ( s'allontana ridendo con Filippo ) È troppo comico.
ANDREA ( fra sè )
Ridono di me!
ELENA ( s'alza e segue Rulfi e Filippo )
Mi fate il piacere di contenervi.... non voglio guai!
ANDREA ( cogliendo il momento che Elena sta per tornare vicino a Gemma )
Ho fatto male a tornare?
ELENA
Perchè?
ANDREA
Lo domando a voi. Devo aver detto un'ingenuità.
ELENA
Oh! siete così ingenuo?!
ANDREA
Lo sapete?
ELENA
Io non so nulla; lo saprà il vostro amico D'Almèna.
ANDREA
D'Almèna!
ELENA
Non è vostro amico?
ANDREA
Amicissimo.... ma....
ELENA
Non vi domando spiegazioni... e non mi parlate piano, ve ne prego.
ANDREA
Con che tono me lo dite!.... per carità.....
ELENA
Zio! ( chiama Teodoro ).
ANDREA
Ah! ( colpito, addoloratissimo ).
TEODORO ( accorrendo )
Mi hai chiamato?
ELENA
Sì, volevo pregarti di far servire il thè, ma lo faccio io, tu mi aiuti.
TEODORO
Volentieri.
FILIPPO ( è tornato nel cerchio dove c'è Gemma. A Gemma che si vuol levare )
No, no, ancora un momento.
GEMMA
Dite delle cose impossibili.
PARDI
Le dice perchè non le può fare.
GEMMA
Con voi non si può discorrere. ( si alza ).
FILIPPO
Badate, contessa, che se vi allontanate, dico una parola sottovoce a questi signori.
GEMMA
Che parola?
FILIPPO
Volete sentirla voi prima? Ma nell'orecchio.
GEMMA
No, no. ( s'allontana ).
TUTTI ( a Filippo )
A noi... a noi...
( Filippo li raccoglie e parla piano. Tutti scoppiano dalle risa )
ELENA
Voglio sentire anch'io.
FILIPPO
Sì, venite, venite, Marchesa.
GEMMA ( s'avvicina ad Andrea che è ritto vicino al camino ).
Che ha? Perchè sta in disparte? Ha l'aria di cattivo umore.
ANDREA
Dacchè ha la bontà d'accorgersene, mi risponda lei. Sono capitato qui a sproposito, eh? Mi spieghi. Qualunque cosa mi dica, se anche mi dovesse offendere mortalmente, gliela perdono e la ringrazio fin d'ora. Che fa qui tutta questa gente?
GEMMA
Siamo venuti a portare alla Marchesa il pegno d'una scommessa.
ANDREA
Quella statua?
GEMMA
Sì.
ANDREA
E la scommessa?
GEMMA
Oh! una cosa da nulla.
ANDREA
Ma perchè la mia venuta ha messo tanto imbarazzo? Si parlava di me? Lo so bene che quelli non mi sono amici. Che dicevano?
GEMMA
Perchè non è partito pel suo viaggio lei?
ANDREA
Non me lo domandi. Perchè non ero degno di farlo.
GEMMA
C'è chi pretende che l'abbia trattenuto la Marchesa.
ANDREA
Questo si diceva al mio arrivo?
GEMMA
E dicono che la Marchesa si fosse vantata di volerlo trattenere per esperimentare il potere de' suoi vezzi.
ANDREA
È un' infamia!....
GEMMA
Certo, se fosse...
ANDREA
Dico la voce che è un' infamia. La Marchesa è incapace... oh!
GEMMA
Eppure io stessa.....
ANDREA
Non è vero, non è vero! ( vuol passare nel mezzo ).
GEMMA
Per carità, non facciamo scandali.
ANDREA
Ha ragione. Questa gente non ne vale la pena.
GEMMA ( agli altri )
Andiamo.
( Tutti s'alzano )
Per la gita a Napoli è inteso?
ELENA
Sì, riceverete la circolare.
GEMMA
Va bene. Addio, cara.
ELENA
E grazie. ( piano a Filippo ) Filippo, fate di portar via il dottor Sarni, non voglio spiegazioni.
FILIPPO
Subito. ( mentre gli altri fanno i saluti s'avvicina al dottor Sarni ) Viene con noi, dottore?
ANDREA
No.
( Filippo s'inchina e torna ad Elena cui parla sottovoce ).
ELENA ( ad Andrea )
Devo uscire, ve ne avverto.
ANDREA
Me l'avete detto un'altra volta, non era vero, v'aspetterò. Voglio parlarvi, doveste farmi cacciare dai vostri domestici.
ELENA
Va bene. ( s'allontana ).
TEODORO ( ad Elena )
Se credi, io rimango.
ELENA
No, tanto vale, la faremo finita, addio. ( Tutti partono. Elena li accompagna ).
SCENA VIII.
Andrea, i due domestici, poi Elena.
(I due domestici vanno e vengono sparecchiando).
ELENA ( tornando ai domestici )
Lasciate pure. ( i domestici escono ).
SCENA IX.
Elena e Andrea
ANDREA
Ieri sono uscito di qui a mezzanotte, dopo di aver passato tre ore con voi in discorsi intimi e confidenti, oggi vi trovo avversa e sprezzante. Questo mutamento dev'essere il frutto di qualche enorme inganno. Siamo circondati di gente invidiosa e cattiva. Qualunque cosa vi abbiano detto di me, ripetetela, perchè mi scolpi e li confonda. Avreste dovuto accertarvene prima di offendermi. Io quando v'intesi calunniata sentii tutto l'esser mio sollevarsi e gridarmi la vostra innocenza.
ELENA
Calunniata? D'Almèna forse?
ANDREA
È la seconda volta che lo nominate..... Ciò mi prova che l'insidia colpisce anche lui. D'Almèna non mi ha mai parlato di voi.
ELENA ( ironica )
Poveretto!
ANDREA
Perchè quell'ironia? Voi mi parlate come ad un nemico..... Che pensate di me? Ho diritto di saperlo!
ELENA
Diritto?.....
ANDREA
Diritto. Dacchè mi avete accolto in casa vostra e datami la vostra confidenza e carpitami la mia, pretendo sapere se tutto ciò non fu che un inganno atroce, e se voi ne siete vittima con me, o colpevole.
ELENA
Dio! le grandi frasi! Che vi ho fatto? Andiamo.
ANDREA
Avete tollerato che in casa vostra i vostri amici ridessero di me, e li avete secondati. Quando vi supplicai tremando di una parola onesta, avete troncato netto il discorso, chiamando ostensibilmente vostro zio, perchè apparisse chiaro che sdegnavate di parlarmi. Non si farebbe altrimenti con un uomo disonorato. Ho sofferto una tortura senza nome, e non potevo che o scoppiare brutalmente, e mi contenni per rispetto di voi, o raddoppiare il mio avvilimento tacendo. Non conosco l'arte di mordere sorridendo. Non sono elegante io come quelli che vi circondano. Me l'avete appreso voi stessa; ma in dieci giorni volendo, potrei essere quello ch'essi sono, essi in dieci anni non potrebbero diventare quello che sono io. Dovete vedere al mio viso ed alla violenza delle mie parole che soffro un dolore mortale. Di che mi accusano? È così velenoso quello che mi dovreste dire, che non osate profferire parola?
ELENA
Chiedete al vostro amico D'Almèna che vi ripeta ciò che va dicendo di voi e di me.
ANDREA
Lo chiedo a voi dacchè lo sapete. Egli è incapace di offendermi e di offendervi. La sua onestà è così intatta come la vostra, ma la sua amicizia è ben più salda.
ELENA
E disinteressata....
ANDREA
La sua, sì. Non la mia per lui. Gli debbo una gran riconoscenza.
ELENA
Lo confessate!
ANDREA
E voi lo sapete dunque! Quando ebbi rinunziato al mio viaggio, mi sentii caduto dal buon concetto dei miei amici, ho patito i motteggi dei vostri, ho veduto della gente guardarmi sogghignando; in voi stessa nei primi giorni appariva una sfiducia che credetti di aver poi dissipato. D'Almèna solo venne da me non cercato, mi sostenne contro me stesso, rimproverandomi sempre il mutato proposito, ma mostrandomi di non attribuirlo a viltà. Non basta. Due mesi fa occupavo una cattedra di scienze fisiche in un grande istituto privato; quando mi decisi per la spedizione rinunziai a quel posto che si dovette dar subito ad altri. I miei pochi risparmi erano quasi tutti andati negli apparecchi del viaggio. Rimanendo dovevo pensare a vivere. Il futuro non m'inquietava, il mio nome è noto nel mondo della scienza ed ho già offerte per l'anno venturo; ma il bisogno era urgente...
ELENA ( attentissima )
E D'Almèna?
ANDREA
D'Almèna indovinò le mie strettezze e senza parlarmene mi offrì di collaborare a giornali quotidiani e settimanali, e mi pregò come di un favore, perchè accettassi di dare lezioni private.
ELENA
Oh!
ANDREA
Volevo vivere nel vostro mondo, seguirvi ai teatri, ai balli, non apparirvi da meno degli altri. Quando la sera esco di casa vostra e mi riduco nella mia, la notte mi va intera a scribacchiare articoli di scienza volgare. E la mattina corro da un capo all'altro di Roma a dar lezioni di chimica elementare a pochi ragazzi o stupidi o svogliati che tremano dell'esame. Le ore del sonno le rubo qua e là nei ritagli di tempo, perchè voglio e devo anche lavorare per me, per la mia scienza, che è il mio avvenire, la mia coscienza, il mio diritto alla vita. Tutto ciò non mi affligge nè mi affatica, verrà il mio giorno, ne sono sicuro, vi amo troppo per non sapermelo conquistare; ma voi mi avete tolto la gaiezza della mia povertà, e scemata la fede nel premio.
ELENA
Perdonatemi.
ANDREA
Mi avete costretto a svelarvi un triste segreto. Ero così orgoglioso di nascondervelo. Mi insuperbiva tanto la vostra felice ignoranza delle mie miserie. Ora, pensando a me, quelle piccole cure mi avviliranno agli occhi vostri: questo timore che mi è così amaro che vinca il risentimento dell'offesa patita. Elena, la collera è fiaccata, ve ne supplico, ditemi di che mi hanno accusato.
ELENA
Non parliamone più. Scordate quel cattivo momento, non fatemi vergognare di me stessa.
ANDREA
No, le male erbe vanno sradicate. Pensate che la calunnia ha potuto farvi scordare il mio amore che conoscevate benchè non ve ne avessi mai parlato. È vero?
( Elena acconsente volontariamente ).
ANDREA
E ha potuto farvi scordare il vostro, Elena, perchè voi mi avete amato, perchè nel fondo del cuore mi amate ancora, non vi chiedo che lo diciate, lo sento. Ieri sera quando mi levai per salutarvi mi avete guardato con degli occhi così dolci e penetranti, il vostro sguardo ha cercato il mio, caldo come una vampa, mite come una carezza materna. Lunedì al teatro nel vostro palco quando sedetti accanto a voi, e stretto dalla folla dei visitatori, il mio braccio premette tutto il vostro, ho sentito il brivido che vi prese al mio contatto, e al ballo della Neddinngton avete portato nel corsetto quella rosa pallida che vi avevo dato io, e quando vi cadde a terra, la coglieste voi stessa, premurosa che non vi fosse ridata da altri. Elena, voi mi amate e la gente volgare è nemica dell'amore, non sa che trastullarsene od ucciderlo.
ELENA
Perdonatemi.
ANDREA
No, no, non basta od è troppo. Troppo, perchè non ho più rancori, ma non basta per la nostra pace. Ditemi, ditemi, Elena..... dimmi, di che mi hanno accusato?
ELENA
Non posso, lo vedete, ho ceduto alle vostre parole, avevo l'animo esacerbato, voi me lo avete rasserenato. Sono tanto contenta di voi! È così buono credere e confidare! Non attristiamoci con cattivi ricordi. Dimentichiamo.
ANDREA
Ebbene sì, dimentichiamo. Ma la grande parola è profferita, Elena, dimmi che mi ami, dimmelo, ripagami dalle torture che mi hai fatto soffrire, dimmi che sei mia!
ELENA
No, Andrea, Andrea!
ANDREA
Una parola. — Te ne chiedevo una amara. — Dammi la più dolce di tutte!
ELENA
Per carità, per carità, restiamo così! Era pur bello il nostro dolce silenzio cosciente; quando si è sicuri di una cosa buona, perchè guastarla con impazienze? Sdegno simulare ed abborrisco dalla sfrontatezza. Rispettatemi, Andrea. Che volete da me? Che diventi la vostra amante? No, no!
ANDREA
Sei libera... sii mia... sii mia moglie.
ELENA ( ritraendosi rapidissima )
Ah!
ANDREA
Elena! Elena! Che avete, Elena? M'inganno, è vero? M'inganno! — Tacete?! ( lunga pausa ) Questo vi avevano detto? E l'avete creduto...! Disgraziata! Voi stimate dunque il vostro amore meno che i vostri averi dacchè concedendomi l'amore mi sospettate cupido delle ricchezze. Ah! mi dài il tuo cuore, e per poco non il tuo corpo... e difendi lo scrigno...! Ma allora è vero? quello che mi diceva or ora la contessa? Ed io l'ho trattata di calunniatrice! È vero! Sono stato il vostro gingillo, l'istrumento per esperimentare i vostri vezzi. Ditelo, ditelo che è vero! Quella era la scommessa...! Quella statuetta ignuda e lasciva, era il pegno della vostra vittoria. E hanno riso di me. Lo credo. Non avrei riso io pure dello scimunito che si fosse impigliato in quei lacci?
ELENA
Ah! ho paura!
ANDREA
Addio, Marchesa! La più sfrontata cocotte non avrebbe fatto meglio di voi. ( fugge ).
( Elena impietrita non ha nè voce nè moto ).
Cala la tela.
FINE DELL'ATTO TERZO.
ATTO QUARTO
In casa della Contessa Del Pallio. Serra piccola e poco rischiarata. Invetriata a destra che mette in giardino. Al fondo, due porte che dànno nell'appartamento, dove c'è un ballo.
SCENA I.
Filippo e D'Almèna.
FILIPPO
Qui non verrà nessuno. Di là ballano.
D'ALMÈNA
Che mistero!
FILIPPO
Ti prego di parlarmi come ad un fratello.
D'ALMÈNA
Ah no! Che servirebbe aver dei fratelli se la fraternità s'improvvisasse alla prima richiesta?
FILIPPO
Come ad un amico.
D'ALMÈNA
Sì.
FILIPPO
Credi che la Marchesa ami il dottore?
D'ALMÈNA
Che Marchesa e che Dottore?
FILIPPO
Lo sai.
D'ALMÈNA
Ci sono di là almeno quindici marchese e mezza dozzina di dottori.
FILIPPO
Va bene. La Marchesa Elena e il dottor Sarni.
D'ALMÈNA
Non vado più dalla Marchesa, credo che nemmeno il Sarni ci vada; tu che sei di casa lo devi sapere meglio di me.
FILIPPO
Non mi vuoi rispondere?
D'ALMÈNA
No; rispondo che ti sei indirizzato male. Conosco una sola persona che sia in grado di darti le informazioni che desideri, e questa è la Marchesa. Domandane alla Marchesa.
FILIPPO
Gliel'ho domandato.
D'ALMÈNA
Benissimo.
FILIPPO
E mi ha detto che non era vero.
D'ALMÈNA
Ed eccoti contento.
FILIPPO
D'Almèna, D'Almèna, ti parlo sul serio. Tu vedi un uomo martoriato. Sei così avvezzo a sapermi di buon umore, che non ti deve parer vero. Ma è così. Mi sono rivolto a te perchè sei un uomo di cuore e discreto. Un altro terrebbe la mia domanda come ad uno sfogo di vanità. Tutti credono che la Marchesa abbia saltato il fosso con me e non è vero!
D'ALMÈNA
Ah!... non è vero?
FILIPPO
Ecco... ti dirò...
D'ALMÈNA
Ah! Non voglio confidenze.
FILIPPO
Lasciami sfogare. T'ho chiamato per questo. Non ne posso più. Sai che un mese fa ci dev'essere stata una scena violenta fra la Marchesa e il Sarni. Lui deve aver indovinato la storia della scomessa; lo sai?
D'ALMÈNA
L'ho argomentato. Sarni non me ne ha mai fatto parola.
FILIPPO
Nemmeno essa. Ma l'indomani la trovai così abbattuta che venni in sospetto della cosa. Poi a vedere che il Dottore non si faceva più vivo, ne fui sicuro. I primi giorni si mostrava agitata, cogli occhi rossi, cattiva con me, avversa a suo zio, tanto che il marchese Teodoro finì per aversene a male sul serio. Una mattina la incontrai nei quartieri dove abita il Sarni. Vedendomi, arrossì e cercò delle scuse, l'indomani mi appostai e la rividi passare; ma se essa avesse indovinato il mio spionaggio non me l'avrebbe mai perdonato, per cui non m'avventurai a tenerle dietro. Aspettai che tornasse. Se veramente fu in casa del Dottore, non ce lo trovò, perchè ne tornò quasi subito. So che gli scrisse. Un giorno che ero solo nel suo salotto, la posta portò una lettera dove c'era l'indirizzo del Sarni scritto di pugno dalla Marchesa, e sotto questo, che era stato cancellato con un tratto di penna, l'indirizzo della Marchesa scritto da una mano virile. Ignoro se fu la sola. Quel Sarni è un villano. Questo fu il primo capitolo della mia storia, e durò una diecina di giorni. Veniamo al secondo. — Una sera ricevo un biglietto: Caro Filippo, Accompagnatemi al teatro. Elena. Corro. Le moine che mi fece non te le posso dire. E più veniva gente e più mi vezzeggiava, tanto che il palco finì per vuotarsi e si rimase soli. Io capii il latino. Questa, al solito, mi sventola come una bandiera per farsi scorgere. E vada. L'impiego non è cattivo.
D'ALMÈNA
E combina colle tue teorie.
FILIPPO
Quali?
D'ALMÈNA
In materia d'amore, colle donne eleganti, non preferisci il parere all'essere?
FILIPPO
Sì, quando dura poco, e il parere non ha fondamento. Ma qui! Qualche volta sembrava volerci credere anch'essa.
D'ALMÈNA
Bravo, le tue famose bricciole.
FILIPPO
Ma no. Che non c'erano più. Quando non parevo, le baciavo la mano, qualche volta mi arrischiavo fin sopra il braccialetto, è sempre tanto di preso, ma ora..... dieta assoluta. Già meglio così, perchè colla fame che mi strugge... Se non si trattasse che di far le visite come gli altri, passi, ma chi è buono a reggere per delle settimane con una donna come quella, a vederla ogni giorno e ogni sera, spesso sola, a sentirla stuzzicarvi di proposito, ora con slanci di gaiezza disordinata, ora con frasi temerarie, ora con amarezze, ora con certe faccie peccaminose che farebbero squagliare un patriarca; chi è buono a durare tanto tempo al gioco pericoloso dell'amore, a parlar d'amore, a ridere d'amore, a far progetti d'amore, a metter l'amore in tutte le salse....., fuorchè nella buona, senza sentirsi scosso, aggirato, trascinato, flagellato, morso e strozzato da quest'amore maledetto e perderci la pace, la salute, l'appetito, il cuore e quella poca testa che vi regge sul collo? Sono innamorato come uno studente.
D'ALMÈNA
Di che ti lagni se essa lo vuole?
FILIPPO
Sicuro che mi lagno! Chi lo sa quello che vuole? È impazzita. Un giorno mi dice: Filippo, andiamo in Isvizzera? Quando? Domani. E via progetti sui laghi, le locande, le zampogne..... poi passa una nuvoletta, e servitore! sarà per un'altra volta. Si fa per chiasso, s'intende, ma bisogna esserci al giuoco ed inghiottire tutta l'acquolina che inghiottisco io! E poi, chi lo dice che si fa per chiasso? O non è donna da partire davvero sul momento? E quel satanasso d'un Dottore che trova modo d'andar per le gazzette ogni giorno! Lo capisci? Un uomo che mi contrasta, e non lo vedo che stampato. L'altra settimana, già lo sai, quando il Tevere arrivò fino al Corso, il Sarni vede un vecchio in pericolo di vita, si butta in acqua nella corrente e lo salva. Ciò prova che sa nuotare, ecco tutto; ma anche le inondazioni gli fanno per gonfiarmelo. Era il giorno appunto che si parlava della Svizzera: ogni due sere ci si ricasca; ho già traversato il Gottardo una diecina di volte....... idealmente. Capita il giornale: l'eroismo del dottor Sarni. Crac; il treno si ferma, il Gottardo non è più forato, la Svizzera è sfumata. E le assenze? Sul più bello d'una mia volata lirica, mentre mi sto maravigliando meco stesso della mia eloquenza, la guardo, è trasfigurata. Gli occhi le vanno lontano..... nel paese dei dottori; capisco che sorride ad immagini che io non so destare, che piange per dolori che non mi riguardano, il suo sguardo ha delle dediche intenzionali che mi fanno le corna. Un asino del tutto non sono. Le cose chiare le intendo. Se quella donna un giorno o l'altro farà la corbelleria, sarà per amore d'un terzo. Mi capisci?
D'ALMÈNA
Ti spieghi così bene!
FILIPPO
Senti: è onestissima, piena d'ingegno, di grazia, di coltura, buona se occorre.....
D'ALMÈNA
Ma...
FILIPPO
Ho detto: ma?
D'ALMÈNA
No, l'ho detto io.
FILIPPO
Ah! perchè io..... Dicevo dunque che è un'onestissima donna, piena d'ingegno, di cuore.....
D'ALMÈNA
Avanti... di cuore...
FILIPPO
Ma...
D'ALMÈNA
L'hai detto tu.
FILIPPO
Ma considera la pace d'un galantuomo come una cosa secondaria.
D'ALMÈNA
Eh già! Non sono io che l'ho fatta così.
FILIPPO
Nemmeno io.
D'ALMÈNA
Tu sì, mio caro. Ricordati la scommessa del dottor Sarni. Tu ce l'hai incoraggiata.
FILIPPO
Che m'importa di quel sapiente?
D'ALMÈNA
Bravo, e a lei che importa di te?
FILIPPO
Giusto.
D'ALMÈNA
E nota che il Sarni ci rimetteva molto di più.
FILIPPO
Ebbene, che si decida una buona volta.
D'ALMÈNA
Sì. E tu pure, perchè se mi hai fatto questo discorso ci sarà una ragione.
FILIPPO
Non ne potevo più. Quando seppi qui del ballo della Contessa Gemma e seppi che ci doveva venire il Sarni, pensai: facciamola finita: mettiamoli di fronte, che si spieghino. Lo dissi con lei. Dovreste andare, ci sarà il Dottore... gli parlerete.....
D'ALMÈNA
Ed essa?...
FILIPPO
Essa mi rispose: andiamoci, gli parlerò.
D'ALMÈNA
Ah! è sincera!
FILIPPO
Oh sincerissima! Or ora venendo in carrozza aveva gli occhi così lucenti che rischiaravano intorno; salendo le scale mi prese la mano e mi disse: Filippo, fra poco sarà deciso. Le parole le saltavano in gola da soffocarla.
D'ALMÈNA
Ti ha detto questo?
FILIPPO
E già! E me lo sono lasciato dire tranquillamente. A che ne siamo eh? Ora tu devi aiutare quest'incontro. Che si vedano: io farò la guardia perchè non siano interrotti... da lontano, perchè non voglio sentirli... almeno questo!
D'ALMÈNA
Farò io.
FILIPPO
Bravo, e allora io starò fumando in giardino.
D'ALMÈNA
E se fanno la pace?
FILIPPO
Che il Signore li benedica!
D'ALMÈNA
Sei un bravo ragazzo.
FILIPPO
No. Non ci ho merito. Se fosse stato un capriccio, ti giuro che avrei saputo approfittarne. Ma le voglio bene a buono e l'avvenire mi spaventa. Se non si accordano vorrà dire che non sono destinati, e finirà bene per riconoscere che qualche cosa valgo anch'io.
D'ALMÈNA
Che ci voglia sempre una vittima?
FILIPPO
Felice te che parli in genere. Io dico: che debba proprio toccare a me?
D'ALMÈNA
Hanno smesso di ballare.
FILIPPO
Ora comincia un altro divertimento. Stai a sentire: Gli amici che mi credono arrivato si rallegrano, e vorrebbero farmi dire. E io imbecillisco del tutto. Se ho l'aria di offendermi:... naturale, tu devi fare il paladino. Se la volto in ridere: Ah tu ridi, un uomo invidiabile! Se cambio il discorso: già non sai che rispondere. Se faccio il modesto è segno che annuisco, se dico di no, credono di sì, se dico di sì, credono anche di sì. È una morte... Eccoli!
D'ALMÈNA
Andiamo via.
FILIPPO
No, aspetto la Marchesa. Quando sia venuta tu andrai a cercare il Sarni e lo porterai qui. È il luogo migliore. È inteso?
D'ALMÈNA
Va bene.
SCENA II.
D'Aspri, Rulfi, Rubaconti, Gemma, Masina e detti. Altri signori e signore che vanno e vengono.
GEMMA ( a braccio con D'Aspri )
Ah qui si respira!
D'ASPRI
Finchè ci siete voi io seguito a sospirare..... ( mette Gemma a sedere e le siede accanto ).
GEMMA
..... Invano.
RULFI
Come! Filippo è qui!
FILIPPO ( a D'Almèna )
Ci siamo!
RUBACONTI ( che ha accompagnato Masina )
Cerca l'ombra....
MASINA
E la solitudine.
D'ALMÈNA
Scusate, Baronessa, eravamo in due. La padrona di casa e D'Aspri che ci hanno sorpresi lo possono dire.
GEMMA
Voi D'Almèna vi farete una nemica.
D'ALMÈNA
Chi?
GEMMA
Quella cui rubate Filippo.
D'ALMÈNA
Oh Contessa, sapete bene che non commetto di questi furti!
GEMMA
Io?
D'ALMÈNA
Sì, non ho detto una parola con D'Aspri in tutta la sera.
GEMMA
D'Aspri, difendetevi, D'Almèna vi accusa di farmi la corte.
D'ASPRI
Io pure me ne accuso.
GEMMA
Ah! gentile! Ve ne accusate?
D'ASPRI
Perchè è tempo perso.
GEMMA
Imparate da Filippo.
D'ASPRI
A far che?
GEMMA
A non perdere il tempo.
FILIPPO ( a D'Almèna )
E picchia!
D'ALMÈNA
Ciò non dipende dagli uomini.
MASINA
E da chi?
D'ALMÈNA
Dalle signore.
VOCI
Ah vero! vero! ( risa )
D'ALMÈNA
Mi spiego. Ci sono delle donne colle quali non si perde mai il tempo, anche essendone respinti, e ce n'è di quelle colle quali si perde sempre, anche essendone attirati.
FILIPPO
Bravo. Pensare che una volta avevo dello spirito anch'io.
SCENA III.
Elena, Del Sannio e detti.
FILIPPO ( va incontro ad Elena )
L'avete veduto?
ELENA
Sì, ha mostrato di non riconoscermi. Discorreva ridendo con un signore. Io gli passai proprio daccanto: mi guardò coll'aria curiosa con cui si guarda un'ignota e seguitò a ridere.
FILIPPO
Dov'è?
ELENA
Nella seconda sala dopo questa. ( si mette a sedere. Del Sannio le sta vicino ).
FILIPPO ( piano a D'Almèna )
È nella seconda sala dopo questa.
D'ALMÈNA
Va bene. ( via ).
ELENA
Filippo.
FILIPPO
Eccomi.
ELENA ( s'alza, prende il braccio di Filippo e lascia Del Sannio ritto dov'è )
Dov'è andato D'Almèna?
FILIPPO
A cercarvi il dottor Sarni.
ELENA
Che gli avete detto.....?
FILIPPO
Dove l'avrebbe trovato.
ELENA
D'Almèna sa?....
FILIPPO
Tutto. Gli ho confidato ogni cosa. Ho fatto male?
ELENA
No.
FILIPPO
Badate che a vedervi discorrere con me a bassa voce quelle anime pietose penseranno male.
ELENA
Vi comprometto?
FILIPPO
Viceversa.
ELENA
Ebbene dovreste esserne lusingato. A me non importa. Tanto più.....
FILIPPO
Tanto più?.....
ELENA
Che sarà ben altro domani. Preparate pure le valigie, le mie sono leste.
FILIPPO
Sì, la solita Svizzera! Chi ci crede più?
ELENA
Oh! vedrete. Il colloquio col Sarni non approderà a nulla e partiremo.
FILIPPO
Siete d'una sincerità spaventosa!
ELENA ( seria, porgendogli la mano )
Perdonatemi.
FILIPPO
Non sperate proprio nulla da quel colloquio? Rinunciatevi addirittura.
ELENA
No. Voglio essere in pace colla mia coscienza.
FILIPPO
Ecco il Sarni. Devo andarmene?
ELENA
Fra poco. Sediamo.
SCENA IV.
Andrea, D'Almèna e detti.
D'ALMÈNA ( mostrando ad Andrea la serra )
È vero che è bella?
ANDREA ( vede Elena, fra sè )
Lei! ( forte ) Stupenda.
GEMMA
Che state guardando, Sarni?
ANDREA
Ah siete voi, contessa? Qui c'è una penombra deliziosa, ma ingrata, dacchè quasi nasconde la Dea del luogo. Non conoscevo la vostra serra. D'Almèna ha voluto farmela ammirare.
GEMMA
La inauguro stassera. Vi piace?
ANDREA
Bellissima. Tanto bella che mi pare pericolosa.
GEMMA
Pericolosa?!
RULFI
Infatti...
ANDREA
Ah! c'è un infatti?
GEMMA
Or ora abbiamo assistito alle confidenze di due tortorelle.
( Filippo s'alza e s'avvia per uscire. D'Almèna lo raggiunge ed esce con lui ).
MASINA
Una delle quali prende il volo in questo momento.
ANDREA
Ah il Barone Landucci?
RULFI
Quello non è un tortore, è un rondone.
ANDREA ( ridendo )
Dite... Dite... e l'altra chi è?
GEMMA
Non siamo nè io, nè la Baronessa.
ANDREA ( guardandosi intorno e vedendo che le signore in scena sono tre sole )
L'incognita è presto trovata.
RULFI
È un'equazione di primo grado.
D'ASPRI
Anzi basta la regola del tre.
GEMMA
L'avete riconosciuta?
ANDREA
Ci si vede così poco!
MASINA
Le vada più vicino.
GEMMA
A meno che...
ANDREA
A meno che?
GEMMA
Le rincresca di accertare la persona.
ANDREA
Oh! ( ridendo ) Vado... ( s'avvicina sbadatamente ad Elena ).
DEL SANNIO
Suonano, se vuol fare un giro?.... ( levandosi, ad Elena ).
ELENA ( Alzando alquanto la voce perchè Andrea la possa sentire ).
Grazie. Ho impegnato col dottor Sarni.
ANDREA
Con me, Marchesa? Ci dev'essere errore. Io aspetto che la contessa Gemma mi dia il braccio per un giro nelle sale.
DEL SANNIO ( ad Elena )
Dunque?
ELENA
Grazie. Sono stanca. ( Del Sannio s'allontana ). Dottore...
DEL SANNIO ( voltandosi — ad Andrea )
La contessa Gemma se n'è andata. ( via ).
ANDREA
Eccomi. Perdoni, Marchesa..... ( per avviarsi ).
ELENA
Andrea! Andrea!
( tutti gli altri sono usciti ridendo e discorrendo ).
SCENA V.
Elena e Andrea.
ANDREA
Com'è inutile quanto stiamo per dire!
ELENA
Oh Andrea! Vorrei essere in punto di morte perchè non mi poteste negare misericordia. Se sapeste quanto ho sospirato e temuto questo momento! Sono venuta al ballo apposta. Or ora quando siete entrato qui, temetti di non potermi reggere. Di là vi ero passata vicino vicino e mi avete guardata ridendo. Sono ammalata, lo vedete. Vi supplico di ascoltarmi; non so quello che vi dirò; ho provato a raccogliermi e a meditare per trovare parole efficaci, ma non ho saputo. Che importa? Qualunque cosa vi dica non ho che da cercare ciecamente nell'animo mio per trovarci l'umiliazione ed il pentimento. Andrea, sedete qui ed ascoltatemi; così ritto ho sempre paura che fuggiate.
ANDREA
Che nuova scommessa avete fatto?
ELENA
È giusto. Dovete rispondermi così, anche se non lo credete; dovete provare una tale smania d'insultarmi e di farmi del male. Ve ne ho fatto tanto! Questi giorni cercavo di mettermi al vostro posto, di immaginare ch'altri m'avesse offesa come vi ho offeso io e ne provasse poi il pentimento che ne provo. Ebbene, pensate se avrei voluto dispormi a perdonare! Non ci riusciva. Sentivo che sarei stata inesorabile.
ANDREA
E allora perchè seguitare questo discorso così penoso? Di me non avete a temer nulla, del male non ve ne posso fare.
ELENA
Ah! se vi credessi capace di vendicarvi, ne sarei tanto contenta! Espio per espiare. Se ne sperassi alcun bene, la mia umiliazione non sarebbe completa.
ANDREA
O piuttosto il vostro orgoglio si compiace di tentare l'impossibile.
ELENA
Non ho più orgoglio, Andrea. Lo sapete. Sono andata a cercarvi in casa vostra. C'eravate e non mi avete aperto. Sono tornata l'indomani, e il giorno di poi; sentivo il vostro passo sino all'uscio, ma certo avevate modo di riconoscermi e bussavo invano. Vi ho scritto, avete respinte le mie lettere senza aprirle. È giusto, Andrea. Ma vedete che non ho più orgoglio. Al primo momento, dopo quelle ripulse ho cercato di stimolarlo l'orgoglio, di persuadermi che avevo fatto assai, ch'eravamo pari, ed eccomi qui un'altra volta. Si dice: passerà, si riprende la vita normale, si ride, si rivedono le solite persone, ma poi ogni sera le vostre parole furibonde mi risuonavano nel petto, ma il sonno faticoso e agitato mi recava la vostra immagine pallida e stravolta dal dolore e dallo sdegno.
ANDREA ( con impeto )
Ed io...?
ELENA
Parlate, parlate! Ho tanto rimorso dei vostri dolori e ho tanta sete di vedervi soffrire. Andrea! Andrea!
ANDREA.
Badate, Marchesa, che può venir gente, vi possono sentire...
ELENA
Oh! Volete che vi accompagni di là in mezzo alla folla e che mi accusi e vi domandi perdono? Sono disposta a farlo. Che m'importa di quelli? Non lo devo a loro il male che vi ho fatto? Se sapeste... Andrea, se sapeste! Mai un pensiero elevato, mai un affetto gentile, nessuna fede nella grandezza umana; nessuno di quelli che creda al disinteresse e al sacrifizio. E sono cresciuta là in mezzo! Le anime tranquille si adagiano nella noncuranza; le irrequiete provocano il male e fra una tazza di thè ed una frase galante concepiscono gli orribili agguati che vi ho teso io, e giuocano la vita d'un uomo per un gingillo. Domandatene a D'Almèna se non fu così. Quando mi proposi di trattenervi non vi conosceva, Andrea, e il mio orgoglio ricusava d'accettarvi per forte sulla fede altrui. Ho recitato un'indegna commedia fino a quella mattina quando venne Filippo a interromperci. Ma dal momento che vi consegnai la lettera, ve lo giuro, fui la più sincera fra le donne, e quando vi dissi quelle parole amare che vi trattennero, era il cuore che parlava, e se tremavo della vostra partenza, non era più per ardore di trionfo, ma perchè sentivo che voi partito, il mondo mi sarebbe sembrato vuoto come un deserto.
ANDREA
Ma poi, ma poi?
ELENA
Ma poi fui aggirata, mi hanno avvelenata con sospetti, e tutta la mia vita mi aveva così tristamente preparata ad accoglierli! Ho sofferto quanto si può soffrire, Andrea. Quando vi lasciai insultare, quando v'insultai, v'amavo pazzamente come vi amo ora, e quest'amore che vi vendica e mi punisce non vorrei strapparmelo dal cuore neanche se potessi metterci in suo luogo la dignità e la pace che ho perdute.
ANDREA
Se non mentite vi compiango.
ELENA
Come siete calmo, Andrea! Che fortezza spaventevole è la vostra!
ANDREA
No, sono guarito e diffidente.
ELENA
Guarito! Non lo sperate. Il male che vi ho fatto è troppo grave per guarire. Avreste potuto scordare l'amore se non vi avessi così mortalmente offeso, o l'offesa, se non mi aveste amato; ma compenetrati insieme essi formano un viluppo velenoso che vi morderà il cuore per tutta la vita. Non lo dite, non lo dite. L'onore, la dignità, la collera, il disprezzo si irrigidiscono in voi e vi comandano di negare l'amore, ma voi mi amate ancora, mi amate come il primo giorno.
ANDREA
No... no... no... no...
ELENA
E avete bisogno di abbrancarvi a questo diniego violento, di assordarvene e di rinnegare tutta la verità, perchè concedendone una parte sentite che sareste trascinato alla divina vigliaccheria del consenso!
ANDREA
Non è vero, non vi amo. Addio.
ELENA
E fuggite!
ANDREA ( tornando )
Eccomi.
ELENA
E le nostre sorti saranno inesorabilmente divise? E giovani tutt'e due e coll'anima vibrante e sanguinante, andremo per il mondo solitarii, incapaci di risognare con altri il dolce sogno della felicità! Oh le sere che vi aspettavo sola nel mio salotto! Come contavo i minuti! Sentivo il vostro passo in istrada da lontano, il vostro passo frettoloso, e pensavo: È qui. Com'è vicino tutto quello, e com'è lontano!
ANDREA
E che inganno ce ne separa!
ELENA
Oh siete ingeneroso! Lo vedete, mi do tutta a voi, vi getto ai piedi il mio amore supplichevole, la mia dignità di donna, la fierezza del mio sangue, la mia gioventù e il mio pudore; vi parlo come non concepirei si possa parlare, mi disonoro coscientemente e volontariamente e mi rispondete così! Non è facile nè mediocre quello che sto facendo. Andrea, imponetemi una prova, sia pur lunga e difficile, vedrete che saprò superarla, ma non respingetemi, ma non negate l'amore, non negate l'amore!
ANDREA
E se m'ingannaste ancora?
ELENA
Oh siete inesorabile come la morte! Vi ho troppo supplicato. Non aspettavo miglior sorte alle mie preghiere, ma non credevo mi sarei abbassata come ho fatto. Mi avrete perduta! Ma vi starò nel cuore come una lama e saprò darvi un rimorso uguale al mio.
ANDREA ( esita, s'avvia, vorrebbe tornare )
No. ( esce pricipitoso. Elena rimane sola ).
SCENA VI.
Elena e D'Almèna
ELENA ( vedendo entrare D'Almèna )
Voi? Vi avrei cercato. Filippo vi ha detto ogni cosa. Ho scongiurato Andrea di perdonarmi, mi sono fatta cencio al suo cospetto, invano. L'avevo preveduto e avevo disposto dapprima all'uopo. Fui ingiusta con voi e volli dirvelo per mostrarvi in qual conto vi tengo. Domani partirò. Ignoro se tornerò più mai a Roma.
D'ALMÈNA
Partite con Filippo?
ELENA
Perchè no?
D'ALMÈNA
Con Filippo!
ELENA
Ah! mi disprezza? Voglio farmi spregevole. Non mi potrà credere innamorata di Filippo. Andrea spergiura che non mi ama più. Sono certa di dargli un dolore mortale. Se m'inganno il mio orgoglio avrà trovato il suo castigo; ma se è vero egli porterà la pena del suo. La mia vita non è troppa cosa per la vendetta infernale che mi propongo. Addio.
D'ALMÈNA
No per carità — per carità!
ELENA
Guardatemi, D'Almèna, vi sembro donna da mutar consiglio? Dov'è Filippo?
D'ALMÈNA
È... non lo so.
ELENA
Non volete dirlo? Lo troverò da me. Addio, mio nobile hidalgo! Ve ne ricordate? Come vanno a finire le cose eh? Ma voi non siete cattivo. ( gli dà la mano ) Via, non ci commoviamo. Non ne vale la pena. Non mi accompagnate. Non voglio altri consigli e riconosco che il vostro dovere è di darmeli. ( via ).
SCENA VII.
D'Almèna, poi Filippo, poi Andrea.
( D'Almèna rimasto solo, apre l'invetriata che mette in giardino ).
D'ALMÈNA ( chiamando )
Filippo!
FILIPPO ( entra dal giardino )
Sono qui.
ANDREA ( dal fondo )
D'Almèna.
D'ALMÈNA
Che vuoi?
ANDREA
Senti.
D'ALMÈNA
Lasciami dire due parole..... e sono da te.
ANDREA
Vorrei.....
D'ALMÈNA
Abbi pazienza; due minuti; aspetta due minuti.
ANDREA
Non di più!
D'ALMÈNA
No, va...
ANDREA ( accennando il fondo )
Sto là fuori.
D'ALMÈNA
Sì.
ANDREA ( esce dal fondo ).
SCENA VIII.
D'Almèna e Filippo.
D'ALMÈNA
La Marchesa ha deciso di partire con te.
FILIPPO
Sì, se mi coglie. Ho inteso tutto. È innamorata pazza del Dottore.
D'ALMÈNA
Ah!
FILIPPO
E glielo ha detto anche.
D'ALMÈNA
E lui?
FILIPPO
Lui? Le ha ricusato i suoi favori. Ci ho gusto. Bel tiro mi farebbe a partire con me. Le donne sono magnifiche, in parola d'onore.
D'ALMÈNA
Mio caro, ho veduto tanti disperati ubbriacarsi con una bottiglia di Cognac!
FILIPPO
Non vedo il rapporto.
D'ALMÈNA
La Marchesa ti piglia per un liquore spiritoso e inebriante.
FILIPPO
Ho inteso anche quello che ha detto con te. Mi piglia per una boccetta di vetriolo da buttare in faccia al suo innamorato. Fossi grullo!
D'ALMÈNA
Che vuoi fare?
FILIPPO ( fa scoccare il gibus e se lo mette in testa )
Buona sera. Me ne vado pel giardino senza nemmeno rientrare nelle sale. E prima che la Marchesa mi riveda, voglio che ne passi dell'acqua in Tevere. Addio.
D'ALMÈNA
Non vai nemmeno a prenderti il soprabito?
FILIPPO
Se l'incontrassi glie le direi troppo grosse. E poi... voglio potermi vantare di averle lasciato il mantello a quella Putifarre. Addio. ( quando è sulla porta a vetri si volta ) Sai, se mi serbi il segreto mi fai piacere. ( via per l'invetriata ).
D'ALMÈNA
Povero diavolo! a quest'altro. ( apre la porta di fondo ).
SCENA IX.
D'Almèna e Andrea.
D'ALMÈNA
Che vuoi?
ANDREA
Tu hai parlato colla Marchesa.
D'ALMÈNA
Sì.
ANDREA
Che ti ha detto?
D'ALMÈNA
Che ti ha scongiurato di perdonarle.
ANDREA
È vero.
D'ALMÈNA
E che sei stato inesorabile.
ANDREA
È vero. Non dovevo esserlo forse?
D'ALMÈNA
Altro. Oh io ti approvo.
ANDREA
Perchè l'offesa che mi ha fatto...
D'ALMÈNA
È gravissima.
ANDREA
Concepisco la scommessa.
D'ALMÈNA
Sì... un momento... di leggerezza... e ancora...
ANDREA
Ma poi...
D'ALMÈNA
Imperdonabile... d'altronde... tu ci credi al pentimento?
ANDREA
Oh questo sì. Povera donna!
D'ALMÈNA
Ci credi?
ANDREA
Tu non l'hai sentita!
D'ALMÈNA
Non l'ami più? Eh?
ANDREA
Se l'amassi ancora mi disprezzerei.
D'ALMÈNA
Bravo! Allora ti posso dire che...
ANDREA
Che?
D'ALMÈNA
Ma è una confidenza. Prometti di non tradirmi?
ANDREA
Parla.
D'ALMÈNA
Me lo prometti? Se anche la vedi e le parli non mostrerai di sapere...
ANDREA
No...
D'ALMÈNA
Parola d'onore?
ANDREA
Parola d'onore.
D'ALMÈNA
Domani parte con Filippo.
ANDREA
Oh!
D'ALMÈNA
Vanno insieme in Isvizzera a fare un viaggetto.
ANDREA
Non è vero!
D'ALMÈNA
Me lo ha confidato lei stessa. Dove vai?
ANDREA
Lasciami.
D'ALMÈNA
Dove vai? Andiamo, non far scene. Per la tua dignità! Quella donna non ne vale la pena.
ANDREA
Oh! mi ha ingannato un'altra volta come un fanciullo! Qui, qui, or ora, mi giurava d'amarmi.
D'ALMÈNA
E già, fanno così!
ANDREA
Ed io quasi ci ricascavo!... E mi rimordevo del mio orgoglio!... e or ora, quando la vidi passare, per poco non mi sono gettato ai suoi piedi come un pazzo!
D'ALMÈNA
Bada!... eccola... vieni via!
ANDREA
No... lasciami... ti giuro che son padrone di me.
D'ALMÈNA
Marinaio, va! ( via ).
SCENA ULTIMA.
Elena e Andrea.
ANDREA ( Chiude l'uscio del fondo, si volta verso Elena e le dice con ira minacciosa )
Voi cercate di Filippo?... Voi partite con Filippo?
ELENA
Andrea! — Dimmi che non vuoi... dimmi che non vuoi!!
ANDREA
No, non voglio! T'amo!
Cala la tela.
FINE DELLA COMMEDIA.