MANFREDO CAGNI

EGITTO

Antico Egitto—Egitto ai giorni nostri—Cairo Alessandria—Ordinamento militare—Scuole italiane in Egitto Corso del Nilo—Canale di Suez Sistema d'irrigazione—Stabilimenti Scientifici ed industriali, ecc. Con 25 fototipie riunite in 12 tavole

1897

Torino —CARLO CLAUSEN— Torino

Asti—Tipografia Brignolo—Asti

S. A. ABBAS II—VICERÈ D'EGITTO

Altezza,

A Vostra Altezza dedico questo mio studio sull'Egitto, da Voi tanto amato. Sono lieto, che abbiate voluto gradirlo, quale espressione sincera della mia viva riconoscenza per le cortesie, di cui mi avete onorato durante il mio soggiorno di parecchi mesi nella Vostra simpatica Capitale, centro di studi e di rapido progresso.

Manfredo Cagni.

Asti Ottobre 1896.

INDICE

Dedica—Proemio

Capitolo Iº — Antico Egitto—Dinastie Pag. 1

» IIº — Egitto ai giorni nostri—Cairo—Alessandria—Recenti scavi nei dintorni di Alessandria » 9

» IIIº — Della Flora e della Fauna—Della Caccia e della Pesca » 35

» IVº — Ordinamento militare in Egitto—Istituzioni scientifiche—Musei e Biblioteca Khédiviale » 57

» Vº — Delle scuole italiane in Egitto e della Missione cattolica dell'Africa centrale » 67

» VIº — Descrizione del Nilo dalle sue sorgenti alle sue foci » 81

» VIIº — Viaggio sul Nilo dal Cairo alla prima Cateratta » 127

» VIIIº — Barraggio del Nilo (Barrage)—Pompe del Mex » 147

» IXº — Canale di Suez » 159

» Xº — Mezzi di comunicazione in Egitto » 195

» XIº — Considerazioni sull'aumentata irrigazione in Egitto e costumanze dei contadini » 207

» XIIº — Stamperia governativa di Boulac—Stabilimento Parvis—Raffineria zuccheri di El-Hawandieh » 215

Epilogo » 223

PROEMIO

L'aver dimorato per alcuni mesi in Egitto, e più specialmente al Cairo e nella valle del Nilo, non mi conferisce nè l'autorità nè l'attitudine di convenientemente discorrere di una regione così meravigliosa, tanto più che scrittori chiarissimi trattarono già lo stesso argomento sotto diversi aspetti.

Tuttavia il buon volere di presentare al pubblico un lavoro, che si allontani, nella sua forma, da quanto si scrisse finora su quella classica terra, nelle cui viscere stanno ancora sepolti preziosi avanzi della passata sua grandezza, non sembrami censurabile, e quindi mi affido alla benevolenza dei lettori.

[vii][viii]

CAPITOLO I.

Antico Egitto.—Dinastie.

L'indole di questo libro non consente di parlare, neppure per sommi capi, della Storia antica e moderna dell'Egitto; perciò mi limito a trascrivere il quadro cronologico delle Dinastie egiziane da Mene, primo Re (anno 5004 avanti Cristo), sino al Khédive attuale Abbas II—Hélmi.

ANTICO IMPERO. (dalla 1ª all'11ª dinastia)

1ª Dinastia ( Tinite ) dal 5004 al 4751 avanti Cristo—Durata 253 anni. 2ª Dinastia ( Tinite ) dal 4751 al 4449—Durata 302 anni. 3ª Dinastia ( Menfite ) dal 4449 al 4235—Durata 214 anni. 4ª Dinastia (Menfite) dal 4235 al 3951—Durata 284 anni. 5ª Dinastia ( Menfite ) dal 3951 al 3703—Durata 248 anni. 6ª Dinastia ( Elefantina ) dal 3703 al 3500—Durata 203 anni. 7ª Dinastia ( Menfite ) Durata 70 giorni. 8ª Dinastia ( Menfite ) dal 3500 al 3358—Durata 142 anni. 9ª Dinastia ( Eracleopolita ) dal 3358 al 3249—Durata 109 anni. 10ª Dinastia ( Eracleopolita ) dal 3249 al 3064—Durata 185 anni.

MEDIO IMPERO. (dall'11ª alla 18ª Dinastia)

11ª e 12ª Dinastia ( Diospolita ) dal 3064 al 2851—Durata 213 anni per le due dinastie.

Il secondo Re dell'11ª Dinastia fu Sesostri che regnò 46 anni.

13ª Dinastia ( Diospolita ) dal 2851 al 2398—Durata 453 anni. 14ª Dinastia ( Zaïta ) dal 2398 al 2214—Durata 184 anni. 15ª 16ª 17ª Dinastia ( Pastori ) dal 2214 al 1703—Durata 511 anni.

NUOVO IMPERO. (dalla 18ª alla 32ª Dinastia)

18ª Dinastia ( Diospolita ) dal 1703 al 1462—Durata 241 anni.

Il re Ammon o Amhès I fu il capo stipite. Regnò per 25 anni, dal 1703 al 1678 a.C.

19ª Dinastia ( Diospolita ) dal 1462 al 1288—Durata 174 anni.

Il primo Re di questa dinastia fu Ràmses I che regnò soltanto sei anni. Seti I, secondo Re, regnò 51 anni.

20ª Dinastia ( Diospolita ) dal 1288 al 1110—Durata 178 anni.

Questa dinastia ebbe tutti i suoi Re, in numero di 11, denominati Ràmses, da Ràmses III primo re a Ràmses XIII.

21ª Dinastia ( Tanite ) dal 1110 al 980—Durata 130 anni. 22ª Dinastia ( Bubastite ) dal 980 all'810—Durata 170 anni. 23ª Dinastia ( Tanite ) dall'810 al 721—Durata 89 anni. 24ª Dinastia ( Saïta ) (in parte collaterale) dal 721 al 715—Durata 6 anni. 25ª Dinastia ( Etiopica ) dal 715 al 665—Durata 50 anni. 26ª Dinastia ( Saïta ) dal 665 al 527—Durata 138 anni. 27ª Dinastia ( Persiana ) dal 527 al 406—Durata 121 anni.

Il Capo di questa dinastia fu Cambise cui successe Dario I; in seguito vennero al trono Serse I, Artaserse, Serse II. L'ultimo Re di questa dinastia fu Dario II.

28ª Dinastia ( Saïta ) (collaterale) dal 406 al 399—Durata 7 anni. 29ª Dinastia ( Mendesiana ) dal 399 al 378—Durata 21 anni. 30ª Dinastia ( Sebenitica ) dal 378 al 340—Durata 38 anni. 31ª Dinastia ( Persiana ) dal 340 al 332—Durata 8 anni.

EPOCA GRECA. (32ª e 33ª Dinastia).

32ª Dinastia ( Macedone ) dal 332 al 306—Durata 26 anni.

Capo della dinastia Alessandro il Grande.

33ª Dinastia ( Greca ) dal 306 al 30—Durata 276 anni.

Tolomeo I capo-stipite, regnò 21 anni. I suoi discendenti, in numero di 11, che gli successero nel regno, aggiunsero tutti quanti al proprio nome quello di Tolomeo. Ultima della stirpe fu la celebre Cleopatra, che in nome suo ed in quello del figlio Cesarione regnò 19 anni.

EPOCA ROMANA.

34ª Dinastia—Primo periodo.

L'Egitto, ridotto a provincia romana, fu amministrato da funzionari direttamente dipendenti dagli imperatori romani col nome di Prefetti dell'Egitto.

Secondo periodo ( Cristiano ).

Nel 381 dopo la venuta di Cristo Teodosio I ordinò, mediante un celebre editto, che il Culto cattolico sarebbe la religione ufficiale degli Stati romani.

Alla morte di Teodosio (anno 395 dell'êra volgare) essendosi attuata la divisione definitiva dell'impero, l'Egitto rimase annesso all'impero di Oriente o di Costantinopoli.

Nel 640 dopo Cristo l'Egitto fu conquistato da Amro, Luogotenente del Califfo Omar.

EPOCA MUSULMANA.

I primi Califfi.

Dal 640 (dopo la venuta di Cristo) sino al 661. Durata 21 anni.

Califfi ( Omiadi ) dal 661 al 750—Durata 89 anni. Califfi ( Abassidi ) dal 750 al 969—Durata 219 anni. Califfi ( Fatimiti ). dal 969 al 1171—Durata 202 anni. Dinastia degli Ajubiti dal 1171 al 1250—Durata 79 anni. Prima dinastia dei Mamelucchi dal 1250 al 1382—Durata 132 anni. Seconda dinastia dei Mamelucchi dal 1382 al 1517—Durata 135 anni. Sultani Ottomani dal 1517 al 1798—Durata 281 anni. Nel 1798—Spedizione francese.

Dinastia di Mohammed-Alì.

Era volgare

Mohammed-Alì 1801

Ibrahim ben-Mohammed-Alì 1848

Abbas ben-Toussoum 1849

Saïd ben-Mohammed-Alì 1859

Ismail ben-Ibraim 1863

Tewfik ben-Ismail 1879

Abbas II—Hélmi attuale Khédive 1892

Nell'esporre il quadro cronologico delle dinastie egizie, si è osservato che nella XVIII dinastia figura pel primo il re Ammon o Ahmès I con 25 anni di regno, dal 1703 al 1678 avanti l'êra cristiana, vale a dire 3574 anni or sono.

Tuttavia, con questa data abbastanza remota, gli archeologi continuano a classificare, sotto la denominazione di Nuovo Impero la 18ª dinastia e le altre che vengono dietro; eppure mettendo a confronto la storia egizia con quella ebrea e greca risulta, che il passaggio del Mar Rosso, per parte degli Ebrei, si effettuò durante le dinastie egizie 18ª e 19ª e che la guerra di Troia si svolse durante la 20ª dinastia egiziana.

Su questa base gli scienziati continuano a chiamare Nuovo Impero il tempo trascorso sotto le due dinastie egizie 21ª e 22ª, mentre durante la 21ª gli Egiziani strinsero alleanza col Re Salomone e durante la 22ª dinastia assediarono in Gerusalemme il Re Roboamo.

Qui non so resistere al desiderio di trascrivere un brano di orazione funebre in onore di un gran Sacerdote di Ammon o Ahmès I, che visse 3574 anni or sono. I sentimenti espressi in quella Orazione dimostrano chiaramente il grado di civiltà di quei tempi.

Questo frammento si trova riportato in un libro inglese ( The Land of Wonders ), che il mio amico commendatore Salvatori, durante il nostro viaggio nell'alto Egitto mi tradusse, parola per parola, in italiano ed io, nel dargli forma, mi sono studiato di non alterare menomamente i concetti espressi dall'antico oratore.

Il grande non è più ed ora riposa; L'opera sua è finita, l'ufficio suo è compiuto. Perchè gli uomini se ne vanno fin da quando splende il Sole, E la gioventù, che succede prende il posto di quelli. Nella stessa guisa che Rà[1] riapparisce nel mattino di ogni giorno, E giunta la sera se ne va in Occidente; Così gli uomini continuano a mantenere la razza Le donne a concepire ed i figliuoli a nascere. Le narici di ogni vivente aspirano una volta soltanto La brezza, che soffia dall'aurora al suo tramonto; Perocchè quanti nacquero ed ebbero vita dalla donna Devono tutti andare nel luogo a ciascuno di loro assegnato. Un istante solo di tempo non può essere aggiunto alla vita, Quando dall'alto ne sia fissato il termine e quando l'uomo Sia chiamato ad intraprendere quel tenebroso viaggio, Che prende le mosse da questa per la spiaggia dell'eternità. Rammentati, o uomo! Non dimenticare mai Che anche per te giungerà, forse inaspettato, il giorno, In cui dovrai sloggiare e partire per quella terra, Dalla quale, una volta raggiunta, non fu mai dato ad alcuno di ritornare. Se la tua vita fu quella del giusto, sarai ricompensato E sarà benedetta la tua memoria se ti serbasti onesto, caritatevole e buono; Perchè il giusto sarà sempre e dappertutto benedetto Da Iside[2] che gli concede vita lunga e felice. Il giovane ed il vecchio, il ricco ed il povero, Il prode ed il codardo, il fortunato e l'infelice, Tutti tutti devono subire la sorte della tomba!

ROVINE DI KARNAK (antica TEBE) presso LUXOR OBELISCO DEL TEMPIO D'AMENOFITE (LUXOR)

CAPITOLO II.

CAIRO—ALESSANDRIA—RECENTI SCAVI NEI DINTORNI DI ALESSANDRIA

L'Egitto ai giorni nostri.

L'Egitto è presentemente uno Stato tributario della Turchia con monarchia assoluta ed ereditaria per via di primogenitura nella dinastia fondata nel 1811 da Mohammed-Alì, i cui successori, dopo il 26 Giugno 1867, portano ufficialmente i titoli di Khédive (vice-re) e di Altezza.

La bandiera dell'Egitto è di colore rosso avente al centro la mezzaluna bianca ed una stella a sei raggi pure bianca.

L'attuale Khédive d'Egitto S. A. Abbas II Hélmi è pure Sovrano della Nubia, del Kordofan e del Darfour. Ma dopo la rivolta del Mahdi nel 1883 non ha più conservato che una parte della Nubia compresa fra la 1ª e la 2ª Cateratta, vale a dire tra Assouan e Wady-Halfa ed il porto di Souakin sul Mar Rosso.

S. A. Abbas II è nato il 14 Luglio 1874 ed è figlio del Khédive Mohammed-Tewfik (nato nel 1852, morto il 7 Gennaio 1892) e nel succedere al padre fu nominato Khédive col firmano del 26 Marzo 1892.

Notizie statistiche.

La superficie totale dell'Egitto (non compresi gli antichi possessi perduti nel 1883) è di 994,300 chilometri quadrati, dei quali soltanto la diciottesima parte è coltivata, cioè la parte che trovasi nella valle del Nilo.

Il terreno incolto e non coltivabile è rappresentato dai deserti, Arabico all'Est, Libico all'Ovest della valle del Nilo.

La popolazione, come risulta dall'ultimo censimento del 3 maggio 1882, era di:

Maschi Femmine 3,401,498 3,415,767 Totale 6,817,265.

Dei sette milioni circa di abitanti, che forse risultano nello scorso anno 1895, una settima parte, cioè, un milione circa, è di religione cristiana, compresi i Copti, i quali professano il cristianesimo, ma con credenze e liturgie speciali, ed ottantamila stranieri, la maggior parte dei quali sono stabiliti al Cairo e ad Alessandria. Tutto il resto della popolazione è musulmana.

I deserti poc'anzi ricordati non sono interamente disabitati; vi si trovano circa duecentomila beduini nomadi, che trasportano le loro tende là dove trovano nutrimento, anche per gli animali, che conducono seco.

Città dell'Egitto che contano oltre ventimila abitanti tra indigeni ed esteri.

CITTÀ Abitanti Di cui Stranieri

Cairo 374838 21650

Alessandria 227064 48672

Damietta 84044 108

Tantah 33750 1029

Assiout 31575 134

Méhallah-el Koubra 27823 252

Mansourah 26942 1094

Fayoum 25799 291

Damanhour 23353 309

La lista civile colle annesse spese, compresa quella del Gabinetto di S. A. il Khédive risulta di Lire egiziane 262,861, pari a Lire italiane 6,834,386.

Esercizio finanziario del 1893.

BILANCIO EFFETTIVO

Entrate Lire italiane 260,260,000 268,859,598

Spese      »     » 238,300,000 249,632,708

Eccedenza di Entrata 21,960,000 18,726,890

Risulterebbero quindi 18 milioni, 726 mila, 890 lire italiane in eccedenza effettiva nell'anno 1893.

Notevoli differenze di bilancio non vi possono essere nei successivi quattro anni.

Clima dell'Egitto.

Il clima in Egitto, quantunque assai caldo in estate, è in complesso temperato e salubre. Ciò che lo caratterizza è l'assenza completa di pioggie per la maggior parte dell'anno; in alcune località (al Cairo per esempio) si può dire che non piove quasi mai.

In ciascun anno, come è noto, si produce una piena del Nilo, e questo fenomeno, che ha sempre esistito dacchè è formato l'Egitto, è causato dalle pioggie torrenziali che regolarmente cadono in primavera nella regione equatoriale dei fiumi e dei grandi laghi, in tutto il Soudan e nell'Abissinia.

La piena comincia al Cairo quasi sempre al 10 Giugno e raggiunge il suo maximum al 7 ottobre.

L'altezza della piena è d'ordinario ad Assouan (1ª Cateratta) dai 16 ai 17 metri, ed al Cairo dai 7 agli 8 metri.

Durante la piena l'alto Egitto è quasi intieramente coperto dalle acque, mentre che nel basso Egitto è in molte sue parti preservato da dighe ed il terreno viene in quel periodo coltivato a cotone ed a grano turco.

Numerosi canali, che prendono origine dal Nilo, diramano le acque loro in ogni parte del suolo egiziano.

Parecchi di questi canali conservano l'acqua durante tutto l'anno e servono tanto alla navigazione, quanto all'irrigazione; ma molti altri non rimangono provveduti d'acqua che nella piena del fiume, e successivamente per un periodo di tempo più o meno lungo.

Governo ed Amministrazioni diverse dell'Egitto.

Per la configurazione del suo territorio l'Egitto si divide in due grandi regioni naturali: la prima comprende la valle del Nilo col Fayum da Wady-Halfa (2ª Cateratta) sino al Cairo, è l'alto Egitto; la seconda abbraccia il Delta, è il basso Egitto.

Le altre parti indipendenti dalla valle del Nilo formano tre regioni: il canale di Suez colle sue adiacenze, la quasi isola del Sinaï e le oasi del deserto.

Amministrativamente l'Egitto è diviso in Governatorati ed in Moudiriehs.

Il Governatorato è una circoscrizione territoriale, che abbraccia una delle città marittime coi suoi sobborghi ed è amministrata da un governatore dipendente dal Ministero degli interni. Il Cairo è la sola delle città interne retta da un governatore.

La Moudirieh è una provincia non retta da un Governatore, ma amministrata da un Prefetto.

Le Moudiriehs sono ripartite in Distretti, governate come presso noi da un Sotto-Prefetto dipendente dal Prefetto della rispettiva provincia, cioè dal Moudir.

In Egitto si contano nove Governatorati e quattordici Moudiriehs.

Governo dell'Egitto.

Come già si disse, l'Egitto è una monarchia vassalla della Sublime Porta. Il Sovrano porta il nome di Khédive, ed il suo governo, in virtù dei Firmani imperiali, gode di una autonomìa quasi assoluta, e si amministra con leggi proprie senza alcuna ingerenza dello Stato sovrano.

L'Egitto paga alla Turchia un leggero tributo.

Il potere è esercitato da S. A. il Khédive assistito da un determinato numero di Ministri risponsabili.

Una legge organica promulgata il 1º Maggio 1883 ha costituito in Egitto:

1º Un'Assemblea generale di Notabili;

2º Un Consiglio legislativo;

3º Un Consiglio provinciale in ciascuna provincia.

Per ciascuno di questi tre enti sono indicati gli incarichi e le attribuzioni.

Amministrazione dei Wakfs ( beni di mano morta )

I beni Wakfs o di mano morta sono destinati a provvedere alle spese del culto, alla conservazione degli Ospizi, degli Asili e delle Scuole di Moschea, che sono le Università Musulmane.

Questi beni derivano da private donazioni ed ammontano ad una cifra cospicua; sono inalienabili e l'Amministrazione loro è indipendente dalle altre Amministrazioni dello Stato e costituiva un tempo un Ministero speciale. Ora è affidata ad un Direttore generale detto dei Wakfs.

Organizzazione giudiziaria.

L'organizzazione giudiziaria in Egitto è piuttosto complicata.

Esistono tre specie di tribunali:

1º I tribunali della Riforma detti tribunali misti;

2º I tribunali indigeni;

3º I tribunali indigeni speciali (Mehkémehs) che giudicano secondo il diritto Musulmano.

Tribunali misti. —Si è fatta sentire la necessità di creare questi tribunali in vista dei numerosi stranieri che trovansi in Egitto, greci, italiani, francesi, inglesi, tedeschi, ecc., i quali in virtù delle Capitolazioni non sono sottomessi che alle leggi dei rispettivi loro paesi.

Questi tribunali giudicano gli affari civili e commerciali che riguardano indigeni e stranieri, o stranieri di nazionalità diverse.

Sono in numero di tre ed hanno sede al Cairo, ad Alessandria ed a Monsourah-Zagazig. Al disopra di questi tribunali di prima istanza havvi la Corte d'Appello mista in Alessandria.

I consiglieri ed i giudici sono parte indigeni e parte stranieri.

Tribunali indigeni. —La necessità di conciliare presso gli Egiziani le esigenze della vita moderna coi precetti della loro legge religiosa ha indotto a creare recentemente i Tribunali indigeni.

Questi Tribunali pronunciano in materia civile e commerciale sopra gli affari che riflettono soltanto gli indigeni e giudicano i loro reati e delitti.

Sono in numero di sette e di prima istanza, e la Corte di Appello che a loro sovrasta risiede al Cairo.

I consiglieri ed i giudici sono per la maggior parte indigeni. La provincia poi dalla frontiera verso la Nubia è posta provvisoriamente sotto la giurisdizione di un Tribunale speciale e di una Corte di Appello sedenti ad Assouan.

Mehkémehs o tribunali indigeni speciali. —Trattano tutto quanto concerne le relazioni private, matrimoni, divorzi, donazioni, legati, successioni, ecc.

Giudicano pure sulle contestazioni relative ai Wakfs (manimorte), nominano i tutori e curatori, registrano le vendite immobiliari e rilasciano i titoli di proprietà.

Altre giurisdizioni. —Gli indigeni che non sono di religione Musulmana vengono sottoposti per tutto quanto riflette gli affari dei Mehkémehs (tribunali indigeni speciali) alla giurisdizione dei tribunali creati dai capi dei diversi culti (Patriarchi).

Finalmente i Tribunali consolari istituiti in ciascun consolato pronunciano sopra gli affari civili e commerciali fra stranieri della stessa nazionalità, e ne puniscono i reati ed i delitti.

Istruzione pubblica.

L'istruzione pubblica comprende in Egitto l'insegnamento primario, l'insegnamento secondario o preparatorio e l'insegnamento superiore o speciale.

Il primario è impartito in 42 scuole di fanciulli ed una di ragazze. Diciotto di queste scuole si trovano al Cairo e lo venticinque altre nelle principali città dell'Egitto.

Tutte queste scuole sono poste sotto la direzione del Ministero dell'Istruzione Pubblica; ve ne sono pure altre speciali, ma sotto la diretta dipendenza dell'Amministrazione di manomorta (Wakfs).

Esistono inoltre in tutto l'Egitto 5400 case d'insegnamento (Kouttabs) annesse per la maggior parte alle Moschee od alle Sébilles (fontane pubbliche), e vi si insegna la lettura, la scrittura ed i principii di religione ad oltre 140 mila ragazzi.

L'insegnamento secondario e preparatorio non è dato che in tre scuole governative: le scuole Tewfik e Khèdivieh al Cairo e la scuola Ras-el-Tin ad Alessandria.

Finalmente le scuole superiori e speciali sono:

La scuola politecnica, la scuola di diritto, la scuola di medicina e la Dar-el-Oloum, ossia scuola normale araba, con due corsi normali europei, cioè la scuola di arti e mestieri e la scuola di agricoltura.

Il Ministero della guerra mantiene al Cairo una grande scuola militare pel reclutamento degli ufficiali.

L'insegnamento superiore Musulmano è impartito in parecchie università collegate a moschee di primo ordine; la più importante è la grande università di El-Azhar, celebre in tutto il mondo, che conta oltre a 12 mila studenti.

L'insegnamento libero è largamente rappresentato in Egitto da numerose scuole primarie e secondarie mantenute da congregazioni religiose o da privati, e queste scuole danno l'istruzione a migliaia di Egiziani.

NB. Delle Istituzioni scientifiche e militari e della Sicurezza pubblica si terrà parola in capitoli speciali.

Debito pubblico.

L'Egitto, come la maggior parte degli Stati organizzati, è gravato da un debito pubblico. Questo debito fu contratto dai Governi dei precedenti Khédivi, per dotare il paese di grandi lavori di utilità pubblica, di cui era affatto sprovveduto quali sono ferrovie, canali, ponti ecc.

Una legge promulgata il 19 Luglio 1880, detta Legge di liquidazione, ha consolidato il debito egiziano ed ha rivolti alcuni cespiti di rendita dello Stato al pagamento degli interessi ed al progressivo ammortamento di questo debito.

Un imprestito posteriore a questa legge venne contratto nel 1885 per riparare ai disastri cagionati all'Egitto dagli avvenimenti del 1882 e dalla rivolta del Soudan.

Questo nuovo debito fu denominato Debito garantito.

Una speciale Amministrazione detta Cassa del debito pubblico, diretta da sei Commissari stranieri, rappresentanti le potenze più interessate, riceve i fondi destinati al servizio degli interessi e dell'ammortamento del debito garantito e di una parte del Debito pubblico e si assicura dell'equo ri parto conforme alle leggi del paese ed alle convenzioni internazionali.

Produzioni.—Commercio.

Produzioni minerali. —I prodotti minerali dell'Egitto sono poco importanti per ora.

Esistono nulladimeno nelle colline, che fiancheggiano la valle del Nilo, come nel deserto arabico e nella penisola del Sinaï, cave di granito, di sienite rossa, di porfido, di pietra bigia fina, di alabastro trasparente, di marmo veneto, di mica, di breccia verde di Egitto molto apprezzata; vi sono pure giacimenti di smeraldi, di onici e di granati, con miniere d'oro e di rame; ma queste ricchezze minerali non sono usufruite. L'estrazione del petrolio venne abbandonata. La sola produzione importante è quella del sale, di alcali naturali e del salnitro.

Le saline sono principalmente situate nei dintorni di Rosetta e di Damietta.

Il sale ricavato è soltanto sufficiente alla consumazione del paese.

Produzioni agricole. —L'agricoltura in Egitto è la precipua occupazione degli abitanti ed è la sorgente più stabile delle loro ricchezze e della loro prosperità. Le coltivazioni in Egitto si dividono in tre distinte categorie: Sèfi, Nili, Chètui.

La coltura Sèfi, ossia di estate, è applicata alle regioni non tocche dall'inondazione al tempo della piena del Nilo.

Queste regioni sono il basso Egitto, il Fajoum, non che le provincie dell'alto Egitto irrigate da canali.

I prodotti principali che si ricavano sono il cotone, la canna di zucchero, il riso sultano, il sesamo, i pistacchi, il sorgo, i cocomeri ed i meloni.

La coltura Nili si effettua immediatamente prima della piena del Nilo e si semina il grano turco precipua base del nutrimento della popolazione agricola, non che il riso detto Sabaïni (di 70 giorni), ma questo si semina nelle vicinanze dei laghi.

Durante la piena del Nilo, il cotone, il riso e la canna da zucchero continuano a rimanere sotto acqua non facendosi il raccolto che nei mesi di ottobre e novembre.

Le colture Chétui, ossia d'inverno, si praticano in tutto l'Egitto, e sono il grano, l'orzo, le fave, le lenti, i finocchi ed i legumi; questi ultimi si raccolgono in Egitto durante tutto l'anno, ma specialmente nella stagione invernale.

Frutteti. —In Egitto numerosi giardini circondano le abitazioni e producono in abbondanza arancie, mandarini, cedri, granati, uva, fichi, albicocche e pesche.

Gli alberi fruttiferi di Europa, pomi, peri, prugni ecc., non danno che esili prodotti.

Le palme danno in tutto l'Egitto un abbondante raccolto di datteri.

Riepilogando si può stabilire che i principali prodotti del suolo egiziano sono:

1º Il cotone;

2º I grani di cotone;

3º Il grano;

4º Il grano turco;

5º La canna da zucchero;

6º Il bersim che serve al nutrimento degli animali.

In Egitto non esistono foreste.

Animali domestici. —Gli animali domestici in Egitto sono il cavallo, il mulo, l'asino, il camello, il bue, il bufalo, gli agnelli e le capre.

Essendovi scarsità di praterie, l'allevamento del bestiame è limitato; di modo che in ciascun anno l'Egitto deve importare dalla Siria e dalla Persia una quantità notevole di cavalli, di buoi e di altri animali.

Il pollame è molto abbondante e dappertutto, si pratica l'incubazione artificiale delle uova.

NB. È riservato un capitolo speciale per la caccia e per la pesca.

Produzioni industriali dell'Egitto.

L'Egitto, mancante di cadute d'acqua, di combustibile e di metalli non si può chiamare un paese industriale.

Gli sforzi dei Vicerè e specialmente di Mohammed-Alì Pascià per sviluppare l'industria in Egitto sono rimasti infruttuosi.

Le sole industrie importanti sono quelle della lavorazione di alcuni prodotti agricoli, allo scopo di dar loro un maggior valore per la vendita.

L'industria dello zucchero occupa il primo posto.

Commercio dell'Egitto.

Commercio interno. —Il commercio interno consiste principalmente nella vendita dei prodotti del suolo, servendosi delle fiere e dei mercati che si tengono ad epoca fissa in tutte le provincie.

Le fiere più notevoli, dal punto di vista del movimento commerciale, sono le tre fiere di Tantah che durano parecchi giorni; quella che ricorre al principio del mese di agosto dura una settimana ed attira oltre un milione di persone.

Le tre fiere di Dessoîck sono anche assai importanti.

Oltre queste fiere, che hanno in pari tempo carattere commerciale e religioso, i principali mercati sono quelli che si tengono periodicamente a Benha, El-Alf, Zagazig, Touah, Damanhour, Giusch ed al Cairo.

Commercio esterno. —Prendendo per base il 1892, che fu un anno normale, il commercio esterno ascese in detto anno a 585 milioni di franchi, cioè:

per le importazioni L. 236500000

per le esportazioni » 348500000

Totale L. 585000000

Inoltre il valore delle mercanzie in transito ha toccata la cifra di 23400000 franchi.

Su questa cifra, i carboni in deposito a Port-Said per l'approvvigionamento dei battelli, che transitano pel Canale rappresentano un valore in L. 22100000 e pei diversi altri transiti di mercanzie L. 1300000.—Totale L. 23400000.

Come si è detto poc'anzi, i principali prodotti che formano oggetto d'importazione sono:

I tessuti e fili di cotone, i tessuti e fili di lana e di seta, biancheria ed abiti confezionati; il carbone, il legno per costruzioni, il ferro e l'acciaio, le macchine; le frutta, il riso, l'indaco, il petrolio, gli ammali viventi, il caffè, il tabacco, il sapone, gli olii e le farine.

La nazione che manda una maggiore quantità di mercanzie in Egitto è l'Inghilterra.

I principali prodotti che formano oggetto di esportazione dall'Egitto sono:

Il cotone, i grani di cotone, lo zucchero, le fave, il grano, il riso, il grano turco e le cipolle; ed è pure l'Inghilterra che accoglie la quantità maggiore di questi prodotti.

Del Cairo.

La città del Cairo, capitale dell'Egitto, è denominata dagli Arabi Misr-el-Kahira, la Vittoriosa, perchè nella notte di sua fondazione, verso il 970, dicesi splendesse fulgido in cielo il pianeta Marte.

Deve la sua origine al Generale arabo Gohar, ed appena sorta divenne la sede dei Califfi Fatimiti, verso la fine del decimo secolo dell'êra cristiana.

La sua popolazione si avvicina ai 400 mila abitanti.

La città, sulla riva destra del Nilo, giace ai piedi del monte Mokattam.

Ha bellissime piazze, delle quali quattro sono assai vaste. La cittadella che le sovrasta è piena di notevoli ricordi.

Quale centro del commercio dell'alto Egitto, il Cairo espande per tutto l'Egitto non solo i prodotti dell'industria locale, ma anche quelli dell'industria europea, che vi affluiscono in larga misura.

Cinquecento moschee si elevano in vari punti della città. Alcuni di questi monumenti sono veri capolavori dell'architettura araba.

Le moschee di primo ordine sono quelle di Touloun, di Sultan-Hassan, di El-Azhar, di Mohammed-Alì nell'interno della cittadella, di Kaboun e di Kait-Bey.

Il Cairo è la città che in tutto il continente africano primeggia per le sue istituzioni scientifiche, per i suoi Musei, per le scuole e per la sua biblioteca.

Il suo museo di antichità è visitato da migliaia di forestieri, che vi arrivano da ogni parte dell'Europa ed anche dell'America.

Alcuni sobborghi del Cairo hanno una notevole importanza: fra questi Boulac, che è il porto del Cairo sul Nilo; è importante per i suoi numerosi opifici, pei suoi depositi e per la sua stamperia governativa, della quale si parlerà in un altro capitolo; l'Abbassieh colle sue caserme, colle Scuole militari e col suo Osservatorio; Hélouan celebre per i suoi bagni solforosi, e finalmente il Vecchio Cairo conosciuto sotto il nome di Fostat.

Giace il Vecchio Cairo pure sulla riva destra del Nilo a due chilometri Nord-Est del Cairo. È fabbricato sulle ruine dell'antica Babilonia di Egitto. Il dolce ed invariato clima del Cairo durante il periodo invernale fa sì che una ragguardevole quantità di forestieri di ogni nazione viene a svernare in questa simpatica città ed ogni anno, ne va aumentando il numero.

Statistica dei viaggiatori che vennero in Egitto negli anni qui sotto indicati.

Nel 1890-91 forestieri 5300

» 1891-92 » 6200

» 1892-93 » 7600

» 1893-94 » 7500

» 1894-95 » 9400

Gli alberghi e le pensioni al Cairo sono numerose e si comprende come il forestiero sia allettato a recarsi nella Capitale di Egitto a passarvi l'inverno, perchè oltre al dolce e costante clima, all'aria salubre ed alle molteplici distrazioni sa pure di trovarvi una piacevole dimora.

Ma quante sono le regioni del mondo incivilito che posseggano un Palazzo-albergo quale è quello di Guezireh? Era prima la residenza estiva del fu Khèdive Ismail-Pascià, ed in mezzo al suo grandioso parco vi è il Casino, dove giornalmente una scelta orchestra suona vari pezzi di musica. Durante la stagione invernale vengono dati diversi balli con abbondante e distinto servizio, il tutto a spese della Società, che tiene l'albergo con tutte le relative dipendenze.

La villa Guezireh, solito convegno delle passeggiate invernali della società elegante, siede mollemente sulla sponda sinistra del Nilo e quindi è separata dalla città dal corso del fiume (400 metri). Ma oltre ai mezzi ordinari per portarsi dal Cairo a Guezirah vi sono pure eleganti vetture a quattro cavalli a disposizione del pubblico, le quali, con poca spesa ed a breve intervallo, vanno e vengono dalla città a Guezireh.

Oltre a questo servizio speciale creato dalla Società che amministra la villa Guezireh, essa è pure provveduta di un piccolo vapore sul Nilo unicamente destinato a trasportare i passeggeri dall'una all'altra riva del fiume.

Si è detto che numerosi sono gli alberghi nell'interno del Cairo; fra questi primeggiano il Schepheard, il Continental, il New-Hôtel ecc.

Non posso passare sotto silenzio l' Albergo Metropoli, dove, con mia piena soddisfazione, ho soggiornato per oltre sette mesi. Esso è in posizione centralissima della città ed è tenuto da due nostri italiani, Moroni e Manusardi.

È un albergo non vasto, ma però possiede tutti i requisiti che desidera generalmente un forestiere, il quale non abbia la tasca riboccante di lire sterline.

Il Cairo è una delle città orientali che hanno maggiormente conservato il carattere che le distingue dalle nostre europee; sebbene si debba confessare come essa vada trasformandosi rapidamente.

Il Cairo gode tuttora la riputazione di essere la migliore scuola della letteratura araba. L'arabo parlato dalle persone educate del Cairo, quantunque sia inferiore a quello dei Beduini dell'Arabia, quanto ad esattezza grammaticale ed a pronuncia, è però superiore di molto a quello che si parla dagli arabi di Barberia.

Alessandria ed il suo Ramleh.

Alessandria è una delle più grandi città commerciali ed il primo porto dell'Egitto sul Mediterraneo. La città è situata sopra una lingua di terra, che si protende fra il mare e l'antico lago Mareotide a 182 Chilometri a Nord-Ovest del Cairo.

Ha due porti, il vecchio ed il nuovo, e comunica col Cairo sia per mezzo della ferrovia, sia per una strada carrozzabile, sia per mezzo di un canale importante di acqua dolce, il Mah moudieh, derivante dal ramo più occidentale del Nilo (ramo di Rosetta).

Alessandria, fondata da Alessandro il Grande nel 332 avanti Gesù Cristo sulle rovine dell'antica Rhacotis, fu la Capitale dell'Egitto sotto ai Tolomei e sotto ai Romani, mentre all'epoca dei Faraoni non era che un piccolo villaggio. Nel tempo dei suoi splendori, durante il romano impero, raggiunse la cifra di 900 mila abitanti ed era, dopo Roma, la prima città del mondo.

Presentemente l'industria alessandrina contribuisce per una minima parte alla floridezza del suo commercio.

Si fabbricano tuttavia essenze di fiori, tessuti di cotone e di seta; vi sono alcune fonderie e fabbriche di non grande importanza. Sono ragguardevoli i depositi di legname, che viene da ogni parte del mondo e massime dall'impero di Austria-Ungheria, per far fronte alla quasi totale mancanza di legnami indigeni, specialmente per uso di costruzioni.

Alessandria co' suoi moderni fabbricati, massime dopo il bombardamento sostenuto nel 1882, è diventata una città cospicua, emula di quelle di Europa; ma essa possiede pochi monumenti, e del suo antico splendore, non vi rimane che la Colonna di Pompeo ed alcune ruine pagane, di cui discorreremo in seguito.

Ramleh.

« Heri solitudo.... mane civitas.» (Ieri solitudine... oggi città).

Il Ramleh non è altro che un quartiere suburbano di Alessandria, una specie di prolungamento esterno della città a Nord-Est e sull'area di Nicopolis.

L'etimologia del nome Ramleh deriva da Rame, e Ramleh significa la Sabbiosa.

Ma se questa denominazione era giustamente applicata nei tempi andati, ora non ha più ragione di esistere; poichè la Sabbiosa si è progressivamente convertita in una striscia di terreno incantevole seminata di ville e di giardini.

La borgata di Ramleh, situata in riva del Mediterraneo, è un complesso di otto o nove gruppi di abitazioni con otto mila abitanti di colonia fissa, senza contare nè i 2500 Beduini, nè i cinque o sei mila Alessandrini, famiglie del Cairo e forestieri, che durante l'estiva stagione vengono in questa deliziosa lingua di terra a godere le aure fresche, che di continuo spirano dalla parte del mare.

Vi sono lungo il Ramleh parecchie chiese e moschee; numerosi ed eleganti villini con ricca vegetazione scaglionati lungo il percorso di circa dieci chilometri.

Due ferrovie ed una linea di tramways serpeggiano quasi parallele attraverso a questo verdeggiante labirinto di case e giardini.

All'estremità di questa striscia di terreno ubertoso, cioè all'altezza del Ramleh, propriamente detto, siedono in loro maestosa mole il Casino, l'Albergo e lo Stabilimento balneario.

Le due stazioni estreme sono dunque Alessandria-Ramleh San Stefano, collegate fra loro da una delle due ferrovie poc'anzi menzionate, che ad ogni mezz'ora d'intervallo, dalle ore 6 del mattino alle 12 di sera, trasporta passeggieri avanti e indietro.

Il Casino di San Stefano fu costruito negli anni 1886 e 1887 sopra disegno di S. E. Boghos Pacha Nubar figlio dell'attuale Presidente dei Ministri al Cairo, laureato ingegnere alla Scuola centrale di Parigi.

Poco dopo vi si è aggiunto uno stabilimento di bagni di mare, che prese subito voga.

Nel 1893 si costrusse l'annesso Albergo a ponente del Casino, la cui direzione venne affidata al Cav. Luigi Steinschneider, il quale già godeva meritata fama di persona intelligente e capacissima.

La moda ha le sue esigenze inviolabili; tuttavia non so comprendere come molte agiate famiglie dimoranti in Egitto preferiscano recarsi, durante la stagione estiva, in Europa, con grave disagio e spesa, per installarsi in un qualche stabilimento di bagni marini, ove liquefanno dal caldo, piuttostochè godere della fresca brezza, che di continuo spira dal mare lungo il Ramleh!

Anche i forestieri che vanno a svernare al Cairo nei mesi propizi, cioè dal dicembre all'aprile dovrebbero, prima di abbandonare l'Egitto, portarsi al Ramleh, dove troverebbero una esilarante temperatura, salvo poi a recarsi in seguito nei siti alpestri del Continente europeo.

Sotto il Bonaparte si combattè la battaglia di Nicopolis, fra Chatby e l'attuale Sidi-Gabir, stazione della ferrovia.

A Sidi-Gabir, sino al 1871, si vedeva il Pretorio del Castello della 2ª Legione traiana, fortis germanica.

Risultato dei recenti scavi operati nei dintorni di Alessandria.

Per la nobile iniziativa di alcuni personaggi, che si interessano al glorioso passato della città di Alessandria, venne costituita nel 1893 la Società archeologica alessandrina.

Come lo stesso suo nome designa, essa ha per movente la ricerca delle antichità tuttora ivi sepolte. È d'uopo tuttavia considerare che queste ricerche non possono estendersi che per quanto lo consentono le nuove costruzioni, le quali si dilagano ogni giorno, adagiandosi sullo stesso terreno, su cui giaceva l'antica città.

Oltre la missione scientifica, la Società archeologica ha per obiettivo di venire in aiuto al recente Museo greco-romano sorto in Alessandria e di porlo in condizione di attuare quegli scavi che sono giudicati opportuni.

Per coloro, che conoscono la topografia dell'antica città, non può cadere in dubbio, che ove si potesse disporre di somme di qualche rilievo per intraprendere una serie di scavi già progettati, si otterrebbero risultati importanti e sicuri. Prova ne sia, che quantunque una gran parte dell'antica Alessandria sia coperta dalle moderne costruzioni, tuttavia il campo che rimane all'esplorazione è assai esteso, ed il terreno, sotto cui giaciono sepolti e il teatro e il ginnasio, l'Acropoli ed il Serapeum (tempio di Serapide) e il tribunale ecc., non è ancora al giorno d'oggi occupato.

Grandi e profondi lavori di scavo occorrerebbero, per esempio, a Ramleh, a levante di Alessandria e lungo il mare, per mettere allo scoperto il quartiere reale, altrimenti chiamato Bruchium, non che la Necropoli dell'Est.

Il punto dove giace il Bruchium è ben determinato, perchè compreso fra il terreno occupato un giorno dagli obelischi e la porta orientale dell'antica Alessandria (porta Rosetta). In quei dintorni sorgeva pure il Museo e non lontani la torre detta dei Romani ed il famoso Cæsareum. La torre sta crollando in mare; l'altra più al Nord è già crollata ed i guardacoste l'hanno rasa al suolo.

Si è detto poc'anzi, che fra i preziosi resti da disseppellirsi vi sarebbe l'Acropoli; ora credo opportuno il dire quale significato venisse dato a questa parola.

Acropoli, parola greca che significa città alta, si applicava alle parti delle città greche costruite sopra eminenze naturali. Forti per la loro posizione e circondate da mura solide, esse offrivano un asilo sicuro contro le invasioni.

Quivi, senza dubbio per la facilità della difesa, gli abitanti andarono a fissare le loro dimore. Le case, che si costruirono in seguito nella parte piana, formarono la città.

Nell'interno delle Acropoli si collocarono i principali edifizi, quali sono i templi, gli archivi, il pubblico tesoro ecc.

Eguale sistema tennero le colonie greche in Italia, e nell'epoca medioevale, per l'abituale stato di guerra, si imitò da noi l'esempio dato dai greci. L'Acropoli di Alessandria contava nei tempi andati fra le più importanti.

La borgata di Rachotis, già menzionata, fu la culla di Alessandria ed era un posto militare stabilito dai Faraoni per sorvegliare la costa contro le imprese libiche dal lato Ovest.

Al dire di Tacito, in questo posto militare esisteva un antico santuario d'Iside e di Osiride, che si tramutò in seguito nel celebre Serapeum.

L'antico posto militare dei Faraoni conservò ancora all'epoca Greco-Romana la sembianza della sua antica destinazione. Il Santuario fu ricostruito da Tolomeo II, detto per ironia Filadelfo (amico dei suoi fratelli), per le sanguinose persecuzioni, che esercitò contro tutti i principi della sua famiglia.

Il tempio venne riedificato con quella splendidezza principesca, alla quale Filadelfo aveva abituati gli Alessandrini.

Il posto militare crebbe per importanza e per estensione; dopo Costantino si conservava ancora come vera cittadella.

Dall'alto di questa fortezza l'imperatore Caracalla potè freddamente contemplare il massacro degli abitanti di Alessandria.

La cinta fortificata dell'Acropoli, o posto militare, ebbe a sostenere molti assedi; il più memorando fra tutti fu quello sotto Teodosio, quando gli Alessandrini, riuscendo a prendere di assalto la cinta, corsero a distruggere il Serapeum (il maschio della fortezza), collo stesso accanimento che più tardi i Parigini impiegarono alla presa della Bastiglia.

Il piano generale del Serapeum era il seguente. Aveva all'esterno l'aspetto di una fortezza; nessuna via di accesso, tranne una scala monumentale di cento gradini, che conduceva al propileo del tempio, chiuso da robuste inferriate. Questa lunga scala non aveva accessi laterali e continuava, non interrotta, per lo sviluppo dei cento gradini.

Il tempio, vera Acropoli, aveva forma quadrata; nel suo centro un piazzale circondato da colonne.

A questo largo tenevano dietro portici simmetrici di proporzioni ammirevoli. Mediante questi portici, il piazzale centrale rimaneva separato dalla famosa biblioteca e dai locali riservati al culto degli Dei. La ricchezza del portico era straordinaria: il soffitto dorato coi capitelli delle colonne in bronzo dorato; negli interstizi delle colonne numerosi capolavori di un valore inestimabile.

Al centro dell'Acropoli sorgeva ed esiste tuttora la meravigliosa colonna diocleziana, conosciuta generalmente sotto la denominazione di colonna di Pompeo, di mole straordinaria, di forma elegante e corretta nelle sue proporzioni.

Eccone le dimensioni:

metri

Diametro minimo 2,53

Altezza del fusto 20,50

Altezza totale della colonna 27,75

Chgr.

Peso del capitello 47.951,79

» del fusto 289.869,00

» della base 50.567,70

» del piedestallo 162.103,19

Peso totale della colonna 550.491,68

L'ingegnere capo dei ponti e strade, Saint-Genis, che sul finire del secolo scorso accompagnò Bonaparte nella sua spedizione in Egitto (1798), esclama pieno di ammirazione:

«Questa colonna è non solamente il principale monumento che colpisca la vista ed ecciti meraviglia nel percorrere il suolo di Alessandria, ma da lontano essa domina la città, i minareti, gli obelischi ed il castello del Faro; essa serve in mare per orientamento alle navi e guida gli Arabi nelle vaste distese del deserto.»

La colonna di Pompeo si trovava un tempo dentro il recinto della città; ora si trova un chilometro circa distante dalle mura della città moderna verso il lago Mareotide.

Se questo superbo monolite, unico nel suo genere, esiste tuttora, lo si deve all'enorme suo peso, che non ha concesso agli Arabi di scalzare le pietre, su cui posa la sua base.

La colonna è di ordine corinzio, con proporzioni bellissime, elegante di forme e svelta nella sua superba mole.

Il fusto è di un solo pezzo di granito rosso.

Coi recenti scavi operati sotto l'intelligente iniziativa del l'italiano cav.Botti, Direttore del Museo di antichità in Alessandria, che per la sua onesta operosità e per le sue estese conoscenze archeologiche onora sè stesso ed il nostro paese, si è potuto penetrare in una galleria già esistente e discendere sino al disotto della base della colonna di Pompeo; dal qual punto s'irradiano altri sotterranei, ingombri di macerie ed in gran parte da esplorarsi.

Dipenderà dai mezzi pecuniari, di cui potrà in seguito disporre la società archeologica di Alessandria il mettere allo scoperto altri preziosi avanzi, partendo dal concetto, che il terreno sottostante, che attornia la colonna pompeiana, racchiude nelle sue viscere importanti reliquie della grandezza dell'antica città.

Presentemente gli scavi si fanno nella Necropoli occidentale, nel tempio sotterraneo di Ecate a Souk-el-Wardiana sul mare. L'asse del tempio misura 60 metri. Le are pei sacrifizi furono trovate al centro della sala ipostila, che precede la rotonda.

TOMBE DEI MAMALUCCHI AL CAIRO BASE DELLA GRANDE PIRAMIDE DI CHEOPE

CAPITOLO III.

DELLA FLORA E DELLA FAUNA, DELLA CACCIA E DELLA PESCA

Della Flora.

La valle del Nilo, sorta in gran parte dal seno delle acque, e che in ogni anno viene inondata, non può nutrire che un numero limitato di vegetali.

Il sicomoro e varie qualità di acacie e di mimose hanno mezzo di prosperare. Il melagrano, il tamarindi, l'albicocco, il fico, ornavano i giardini degli antichi Egizi; e la presenza del pesco sui monumenti della XII Dinastia ci attesta, che Diodoro commise un errore nell'attribuire al Persiano Cambise il merito di avere pel primo introdotto in Egitto quest'albero. Due specie di palmizi sorgono quasi senza coltura; ma nessuna delle nostre grandi piante di Europa si è potuta acclimare in quella parte della vallata più specialmente conosciuta dagli antichi.

Al contrario le piante acquatiche si sviluppano con una ricchezza di vegetazione straordinaria e danno alla regione un aspetto caratteristico. Esse non si trovano, in generale, lungo gli argini, dove la profondità dell'acqua e la forza della corrente non concederebbe loro di crescere in pace; ma i canali, gli stagni e le paludi, che l'inondazione lascia dietro di sè, ne sono del tutto ingombri.

Due specie sopratutto, il papiro ed il loto, sono conosciute in Europa in causa del posto che occupano nella storia della religione e della letteratura sacra e profana dell'Egitto.

Il papiro si compiaceva di starsene nelle pigre acque del Delta e diventò il mistico emblema di quella regione; il loto per contro venne scelto quale simbolo della Tebaide.

Gli antichi comprendevano sotto il nome di loto tre specie diverse di ninfee. Due di esse, il loto bianco ed il loto azzurro, portano frutti simili, nella forma, al papavero; i loro calici racchiudono piccoli grani della dimensione di quelli del miglio. La terza specie, la ninfea rosa, è molto esattamente descritta da Erodoto. Essa produce un frutto sopra uno stelo che non è quello del fiore e viene fuori dalla radice stessa.

Questo frutto è somigliante nella forma al pane di cera delle api od alla bocchetta di un innaffiatoio. Nella sua parte superiore vi sono venti o trenta celle contenenti un grano della grossezza di un nocciolo di olivo ed è buono a mangiarsi, tanto fresco quanto disseccato. È appunto questo nocciolo che gli antichi chiamavano fava di Egitto. Egualmente, aggiunge Erodoto, si raccolgono ogni anno i prodotti del papiro.

Dopo averlo schiantato dalle paludi, si tronca la parte superiore del papiro, ed il rimanente riesce a un dipresso della lunghezza di un braccio.

Serve di nutrimento e si vende sulle pubbliche strade; tuttavia i buongustai non lo mangiano che dopo averlo fatto cuocere nel forno. Questo pane di fiordaliso era una ghiottoneria ricercata e ad un tempo appariva sempre sulle tavole reali.

Ma checchè ne dica lo storico Erodoto, il nutrimento abituale del popolo sono il grano e le diverse specie di cereali, il frumento, l'orzo, il sorgo, l'olivo e la zèa (una specie di meliga), che l'Egitto solo produce in abbondanza. La vesca, il lupino, la fava, il pisello, la lenticchia e molte specie del ricino venivano spontaneamente nei campi; i vigneti prosperavano in alcune località del Delta; l'olivo, assai raro, non si riscontrava che in determinati punti, ed ignota era ancora in quei tempi la canna di zucchero.

Della Fauna.

Molte specie di animali, che vivono presentemente sulle rive del Nilo, il cavallo, il cammello, la pecora, non apparivano sui monumenti delle più antiche dinastie, e sembra che molti di essi siano stati introdotti molto tempo dopo la fondazione del regno. In cambio gli antichi Egizi possedevano parecchie razze di buoi a lunghe corna, analoghi a quelli di Dòngola sull'alto Nilo; molte varietà di capre e di cani; il cane volpe dal pelo rossiccio, dal naso affilato, dalle orecchie a punta, dalla coda spessa; lo sloughi, ossia grande levriere di Africa dalle orecchie lunghe e dritte; il bassotto; il cane-jena. L'asino, africano di origine, conservò sotto codesto clima favorevole una bellezza di forme ed un vigore che difficilmente possiede il nostro di Europa. A fianco delle specie domestiche i primi emigranti trovarono il lepre a lunghe orecchie; una quantità innumerevole di gazelle, antilopi colle corna foggiate a lira; poi animali più temibili, il gatto selvatico, il lupo, lo sciacallo, la jena a striscie e macolata, il leopardo, il ghepardo, che combattuti ad oltranza furono finalmente cacciati verso il deserto.

Due mostri anfibî, il coccodrillo e l'ippopotamo vivevano sulle sponde del Nilo e rendevano l'accesso al fiume pericoloso per gli uomini e per gli animali.

Gli ippopotami, numerosi assai sotto i primi re, diminuirono notevolmente, mercè l'insistente caccia data loro, talchè furono costretti a ritirarsi nelle paludi delle regioni equatoriali. Alcuni individui della loro specie esistevano ancora in Egitto verso la metà del tredicesimo secolo dell'era volgare.

Il coccodrillo, adorato e protetto in alcune regioni, esecrato ed inseguito in certe altre, si è conservato sino ai giorni nostri. Ma a chi rimonta il Nilo non è dato di vedere coccodrilli prima di avere oltrepassato Assouan (1ª Cateratta) poichè essi continuamente disturbati dalle armi da fuoco e dall'agitazione prodotta dai numerosi battelli a vapore vanno sempre indietreggiando verso il Sud.

L'Egitto possiede una grande quantità di uccelli; l'aquila, lo sparviero, il falco, l'avoltoio dal capo calvo, la gazza, il piccione, la tortora, la rondine, la pernice ed il passero.

Gli ibis bianchi e neri, i pellicani, il cormorano, l'oca, l'anitra riempiono le paludi e coprono le acque del fiume delle loro infinite varietà. L'oca e l'anitra addomesticate, sin dai tempi i più remoti, riempivano i cortili dei sudditi del re Mene e sostituivano il pollo ancora sconosciuto.

I vari rami del fiume formicolavano, nel vero senso della parola, di pesci la più parte buoni a mangiarsi: la triglia delle paludi di Pelosa, ingrassata nel loto, il mulo screziato degli stagni artificiali, il muletto ordinario, la tremola, e la gran tartaruga d'acqua dolce. La natura sembra abbia creato il fatraka in un momento di buon umore. È un lungo pesce coperto di spini, che ha la facoltà di gonfiarsi a suo piacimento; quando è gonfio oltre misura, per il peso del suo dorso, si rovescia contro sua volontà; viene trasportato in qua ed in là dall'acqua, avendo tutta l'apparenza di un riccio di terra.

Allorquando succede l'inondazione, le acque nel ritirarsi lo abbandonano nei campi limacciosi, ove diventa preda degli uccelli e degli uomini, servendo di giocattolo ai ragazzi.

Le foci del Nilo sono animate da un grande numero di pesci di mare, che vanno in fregola nell'acqua dolce e di pesci d'acqua dolce, che vanno a depositare i loro avannotti in alto mare.

Della caccia.

Le migrazioni in genere degli uccelli hanno due caratteristiche comuni a tutti i volatili:

1º Di seguire sempre la linea più diretta.

2º Di percorrere lo spazio con una rapidità meravigliosa.

Tanto all'isola di Helgoland nel mare del Nord, che è la principale fermata degli uccelli di passaggio dei paesi settentrionali, quanto in Egitto, dove la maggior parte di essi si recano a svernare, vennero fatte numerose osservazioni, le quali hanno concesso di stabilire confronti curiosi.

Gli uccelli migratori a volo rapido, come sarebbero i pettirossi, le rondini, le tortorelle, i beccafichi, ed anche le quaglie, percorrono lo spazio con una velocità media dai 50 ai 60 chilometri all'ora, velocità questa che corrisponde ad un dipresso a quella dei piccioni corrieri.

In generale gli uccelli quando migrano viaggiano di notte, partendo poco dopo il tramonto del sole e fermandosi all'alba, od anche qualche ora dopo, nella località che loro meglio talenta.

L'arrivare di buon mattino od a giorno già fatto dipende dall'ora della partenza, dalla maggiore o minore rapidità di volo dell'uccello e dalle condizioni più o meno favorevoli dell'atmosfera.

È da notarsi che anche i giovani volatili, di sei od otto settimane di età, partecipano a questi lunghi percorsi.

Della caccia in Egitto.

L'Egitto è per i seguaci di Nembrod il paese per eccellenza, un paese di dolci sorprese e di amare delusioni. Rara è la selvaggina propria del paese: pernici del deserto con piume gialle macchiate di nero, difficili e faticose a cacciare, quasi immangiabili; qualche rara gazzella nel deserto, che separa il Cairo da Port-Said e specialmente verso Tel-el Kebir, poche lepri in questi stessi paraggi, o nella oasi del Fayoum, piccole piccole, di gusto mediocre, in rapporto ai loro pascoli scarsi e punto profumati; e una quantità di uccelletti minori, tali da non destare la cupidigia del cacciatore.

Nel deserto si trova assai sovente lo sciacallo, più di rado la iena. Si parla di tanto in tanto di qualche cignale, ma in realtà si può dire di esso come dell'araba fenice, perchè non se ne vide più da tempo un esemplare. Sembra che una volta ve ne fossero in quantità fenomenale, ma in causa dei guasti che producevano ai raccolti, fu organizzata contro di loro una vera crociata. Il vicerè Mohammed-Alì mise sotto le armi le sue truppe per questa guerra di nuovo genere, e la razza venne interamente distrutta. Ecco ciò che offre di per sè stesso il paese.

In questo stato di cose il cacciatore, in Egitto, è costretto a concentrare tutte le sue speranze sulla selvaggina di passaggio e si comprende facilmente come questa risorsa sia aleatoria. Venti contrari, persistenza dei calori estivi, che qualche volta si protraggono sino alla fine di novembre, più o meno abbondanti piene del Nilo e conseguenti inondazioni possono del tutto turbare l'ordine abituale nel passaggio della selvaggina.

Nelle condizioni normali in Egitto la caccia può dividersi in tre periodi assai distinti: l'epoca delle quaglie e tortorelle, quella dei beccacini e quella delle anitre. Le quaglie e le tortorelle si cacciano in settembre lungo tutta la spiaggia, mentre di rado se ne trovano nell'interno, che essendo tutto allagato non può offrir loro di che nutrirsi. Provenienti dal Nord, appena arrivate, filano, dopo un breve riposo, direttamente verso l'alto Egitto, ove covano, per discenderne verso il marzo, ai primi forti calori, ritornando al Nord. In questa stagione appunto si trovano di preferenza nel medio Egitto e talvolta in numero eccezionale.

Per la caccia alle quaglie il cane non è molto impiegato, perchè la caccia avendo luogo in settembre e sulla spiaggia all'arrivo delle quaglie, esso non riesce di necessità assoluta, e non resisterebbe a lungo sulla sabbia e coi calori di quella stagione.

In marzo poi ed aprile poco servirebbe nei campi di grano o di trifoglio già alti. Di preferenza si adoprano i Beduini, che fanno una vera battuta e sono abilissimi a rintracciare gli animali uccisi.

In generale ogni cacciatore ne conduce seco due o tre, e si può immaginare con quanta soddisfazione del povero agricoltore, che vede precipitarsi sulle sue messi, già prossime a maturità, una vera valanga umana.

Fortunatamente il Fellah (contadino) è assai paziente, e se tollera a malincuore di vedere spesso rovinato il frutto delle sue fatiche, stenta a ribellarsi apertamente.

Ciò non ostante qualche rissa ha luogo di quando in quando, anche con esito funesto. Così, or non sono molti anni, un medico del Cairo venuto a questione che degenerò poi in lotta, con due contadini, rimase ferito, nella colluttazione, dal proprio fucile, ed in seguito a tale ferita l'indomani moriva.

Poco tempo dopo due ufficiali inglesi dell'armata di occupazione, cacciando essi pure le quaglie, uccisero inavvertentemente un fellah e ne ferirono un altro. Non lo avessero mai fatto! Tutta la popolazione del prossimo villaggio, uomini e donne, si precipitarono in un istante sopra di essi, che non trovarono altro di meglio, che ritirarsi combattendo. Raggiunti, furono legati, insultati, percossi ed ebbero a subire un lungo martirio, fino a che la polizia non giunse a sottrarli alla furia del popolo oltremodo eccitato, specialmente le donne.

È però indiscutibile che la caccia alle quaglie richiede la più grande attenzione da parte del cacciatore.

Il fellah ha l'abitudine di passare nei campi tutta la giornata insieme alle donne, ai bambini ed alle sue bestie, sia per far pascolare queste ultime, sia per sorvegliare le sue messi; di modo che accade assai sovente di non trovare una direzione di tiro libero in qualunque senso ci si rivolga. Ma il pericolo più grave sta nel fatto che i contadini, specialmente le donne ed i ragazzi, un po' per la torpidezza orientale, un po' per ripararsi dal caldo, stanno sdraiati per terra tra il grano ed il trifoglio, sicchè il cacciatore novizio, o poco prudente può credere, nulla vedendo, di avere piena libertà di azione.

Una quaglia si leva ed al rumore che fa è cosa facile che una donna od un ragazzo alzi la testa: il colpo parte..... ed ecco come può accadere una sventura. In questo caso non vi è che un mezzo solo per salvare la situazione. Il supremo e sempiterno riparatore di tutti i mali... il danaro! Non sempre però esso produce l'effetto desiderato, sia per la natura delle persone colle quali si ha da trattare, sia per la difficoltà che offre alle trattative la poca pratica della lingua del paese. Da qualche anno lo spirito commerciale ha dato ampio sviluppo alla caccia alle quaglie per mezzo delle reti. E questo sistema è quasi esclusivamente esercitato dagli indigeni, che finirà col determinare, ove non si metta riparo, una diminuzione notevole di questa specie di animali.

Infatti, ogni anno se ne esportano da Alessandria, la più parte per Marsiglia, per irradiarsi sui vari mercati di Francia ed Inghilterra, circa un milione di capi in media, non essendo costante la quantità dei volatili di passo.

La tortorella si caccia al passo, appostandosi il cacciatore a qualche albero isolato, od a qualche viale, o nascondendosi dietro ad un cespuglio. Questa caccia è però assai incerta e spesso si succedono anni di massima scarsità.

Il beccaccino comincia a fare la sua apparizione verso i primi giorni di settembre e se ne trovano in quantità durante tutto l'inverno, perchè non è l'acqua che manchi in Egitto, non proveniente dalle pioggie, ma bensì dalle infiltrazioni del Nilo. Quest'acqua, ritirandosi poco a poco, lascia dei terreni, ove il beccaccino trova facilmente un pascolo abbondante. Le località in cui si trovano in numero più rilevante sono presso i laghi di Menzaleh e di Mariout; dopo queste, i campi coltivati a cotone.

Un buon tiratore può colpirne 150 e più per giorno. È però una caccia superlativamente faticosa per la natura del terreno smosso ed appicicaticcio, sul quale si rischia ad ogni istante di scivolare, o di affondare sino al disopra delle anche. Il beccaccino dorato è comunissimo.

Ai primi di settembre, cioè al tempo delle prime inondazioni del medio e basso Egitto, si ha un passaggio, qualche volta abbondante, di pivieri e di curli grossi e piccoli: dura però pochi giorni; questi animali non si fermano nel paese.

Le anitre (e sotto questo nome si designano tutti gli animali di becco schiacciato) si trovano innumerevoli nei laghi di Menzaleh e di Mariout, nelle Bircket, specie di avallamenti inondati dalle infiltrazioni del Nilo e nel Nilo stesso.

Le oche, le rosse comprese, nei mesi di dicembre e gennaio si trovano a stormi di migliaia nella notte ed alla mattina nelle grandi pianure inabitate; nelle ore calde del giorno preferiscono restare alle sponde delle isole arenarie del Nilo.

È curioso un genere di caccia che si fa a tutta questa selvaggina lungo i canali rimasti a secco o quasi, e che sono ripieni di una discreta vegetazione di piante palustri. Due arabi strascicano nel fondo del canale attaccata ad una corda, i cui estremi vanno a finire ai due argini, una scatola di latta (abitualmente scatole da petrolio ripiene di sassi o di pezzi di ferro), mentre sopra i due argini i cacciatori camminano, precedendo i due arabi, tirano sugli animali, che fuggono spaventati dal rumore prodotto dalla scatola.

Oltre questi generi di selvaggina, che possiamo considerare come i più importanti, il cacciatore, che non disdegna la piccola preda, troverà ancora altre risorse di soddisfacimento alla sua passione.

Una caccia divertente assai è quella della sirena, per quanto essa sia poco apprezzata dai buongustai. Vi sono due specie di sirene, quella del medio e quella dell'alto Egitto; quest'ultima si comincia a trovare all'altezza di Minieh. La sirena è un animale grosso circa come un tordiello, rivestito di bellissime piume gialle, azzurre e verdi.

Si trova in marzo, ma più ancora in agosto. Durante i calori del giorno sta nascosta nei campi del grano e del cotone, secondo la stagione, ma di buon mattino e verso sera si libra per l'aria in larghi giri con un canto tutto speciale, che la fa sentire anche prima che si veda. Questo canto è difficile a definire, ma se a qualche suono può compararsi, sembrami possa ricordare quello di una piccola ocarina udita a distanza.

La sirena dell'alto Egitto è più piccola, ma più smagliante di colori, ed ha questo di speciale che porta ad uno dei lati della coda una lunga penna nera ripiegata ad arco con cavità in fuori.

In agosto comincia l'epoca dei beccafichi, più o meno grossi, che a milioni si riversano sull'Egitto. Questa caccia è puramente di competenza dei cacciatori di mestiere, che la esercitano mediante il vischio: in genere sono cacciatori indigeni.

È originale il metodo che adoperano per spennarli e che è realmente l'unico pratico, data l'enorme quantità che ne prendono giornalmente. Dopo averli inumiditi, li sotterrano nella sabbia del deserto che, a quell'epoca, è quasi infuocata; dopo un'ora li ritirano affatto spennati.

Il beccafico è buono e delicato, ma bisogna avere la precauzione di togliergli lo stomaco, altrimenti prende un gusto amaro sgradevole.

Il mese di settembre può dirsi il migliore per il cacciatore buongustaio. Oltre che dell'ortolano, del codibianco ed altri uccelletti di becco fino comincia, ai primi di questo mese, il passa dei ciarlotti o piccole lodolette, che vanno a stormi talvolta di parecchie migliaia.

La caccia di questi uccelletti si esercita colle reti e col fucile. In una buona giornata di passo si può, colle prime, prenderne al di là del migliaio, col fucile se ne possono colpire 500 o 600 specialmente in un terreno piano ed unito. Si tira abitualmente il primo colpo per terra, il secondo appena si alzano aggruppati, e non è raro il vederne cadere fino a 30 o 40 in un colpo. La lodoletta in questa stagione è grassa e profumata, e vale tanto da non temere il paragone dell'ortolano.

In novembre arrivano le batticode (ballerine) riservate unicamente alle reti. Verso la fine di questo mese si comincia a vedere qualche lodola grassa; poco a poco vanno aumentando, e verso il 15 il passo è nel suo pieno. Essa pure si caccia colle reti e col fucile; non occorre nè lo specchietto, nè la civetta, il solo fischio, se bene modulato, ha la proprietà di attirarla. Per il cacciatore che ama dimostrare la propria abilità, è una delle caccie più divertenti, poichè bisogna cacciarle una ad una ed alla levata, il che non è nè facile nè comodo.

I così detti uccelli di canto sono assai rari in Egitto: più facilmente si trovano il cardellino ed il montanello.

La beccaccia è una vera rarità e si può dire che le pochissime che vengono uccise di tanto in tanto sieno state sbalestrate sulla terra dei Faraoni da qualche burrasca, che le fece deviare dal cammino che avrebbero voluto seguire. Il merlo è altrettanto raro che la beccaccia. In certi anni di freddo esagerato in Europa si trovano dei tordi in qualche giardino, ma in numero quasi insignificante e ciò si spiega facilmente in ragione della assoluta deficienza di pascolo adatto per loro.

Oltre tutte queste specie summentovate si trovano abbondantemente in Egitto falchi grossi e piccoli, ibis (bianchi specialmente) tife, martin pescatori brillanti e di variati colori, storni, tortorelle fermiccie, castellaccie, nei padulini, sterzagnole, alcuni inseparabili e passeri in grande quantità. Però di tutte queste varietà, sia per il loro nessun valore, sia per la loro esiguità, il buon cacciatore, non si cura affatto, ma guarda e passa, con loro grande soddisfazione.

Riassumendo, si può dire che l'Egitto, come paese di caccia propria, è assai limitato. Non potendosi cacciare che selvaggina di passo, troppe sono le ragioni e assai frequenti perchè la caccia sia scarsa e meschina.

Che diremo poi del quadro che tanto concorre a rendere piacevole questo genere di sport? Non una montagna verdeggiante che riposi lo sguardo all'orizzonte, non un villaggio pittoresco, che dia al paesaggio il più piccolo rilievo, non una foresta per riposarsi dai raggi infuocati del sole, non un ruscelletto fresco presso cui assidersi a rinfrescare la fronte, a dissetare le labbra. Una pianura immensa interrotta di tanto in tanto da gruppi di tane fabbricate con materie organiche e fango e che chiamansi villaggi; dei canali di acqua torbida e malsana quando se ne trova; qualche gruppo di palme; branchi di noiosi ragazzi, che si affollano con insistenza intorno al cacciatore per chiedere il baschich (regalo) e dei quali torna difficile lo sbarazzarsi; ecco ciò che offre all'occhio del cacciatore la campagna egiziana, se pur non si trovi nei pressi del Cairo, ove può avere almeno la soddisfazione di sapersi contemplato, nelle sue gesta venatorie, dagli ormai diventati sessantun secoli delle famose piramidi. Allo scopo di porre sotto gli occhi del lettore le varie specie di selvaggina in Egitto, le diverse stagioni in cui si effettua la caccia, nonchè le località prescelte da ciascuna specie di animali ho riepilogate in un quadro le seguenti note:

Anitre. —Di variatissime specie, si trovano dal dicembre al marzo. Si cacciano dal dicembre al febbraio nei terreni bassi inondati, che formano dei laghi chiamati Birchet, e lungo il Nilo, particolarmente in marzo.

Beccaccini. —Abbondano in ogni loro specie e si distinguono in reali, sordi, dorati, pantane ecc. Si cacciano dal novembre al febbraio.

Oche. —Ve ne sono di due specie: l'oca grigia che è di passo e l'oca rossa. La prima si caccia lungo il Nilo e nei campi coltivati a fave, di cui è ghiottissima e che devasta; l'oca rossa, detta anche egiziana, si trova pure lungo il Nilo, ma sopratutto nelle birchet, lungo il deserto. Esse nidificano in Egitto.

Pellicani. —Sotto la denominazione di animali acquatici sono compresi i pellicani, le cicogne, gli aironi, i gabbianelli (detti piccioni di mare), i pivieri, i chiurli, le spatole. Sono di passaggio in Egitto dal dicembre al febbraio. I soli pellicani si riscontrano a grandi frotte, mentre gli altri acquatici si trovano qua e là sparsi, forse perchè si fermano per minor tempo in Egitto. Si cacciano lungo il Nilo e specialmente nei terreni inondati da forti alluvioni.

Fenicotteri (Fiamminghi).—Sono di famiglia diversa dai trampolieri. Si trovano in grandi masse verso Damietta e Rosetta, nei laghi Brullos e Menzalleh. Si cacciano dal dicembre al febbraio.

Totani. —Chiamati in Egitto bisciò; di varia specie, il reale, il chiù-chiù ed il piccolo. Essi si trovano in gran quantità dai novembre al febbraio nei laghi e nei terreni inondati.

Pantana. —Questo totano, il più stimato di tutti, è più raro; ma nei medesimi mesi è facile trovarlo nei cotoni ed in altri terreni inondati, ove vi siano alti arbusti, come il cespo del cotone ed il spano turco.

Martin-pescatore. —Negli stessi mesi se ne trovano di due specie; una, il martin-pescatore screziato di bianco e nero; l'altra specie più piccola, detta uccello di S. Maria, di colori bellissimi e smaglianti.

La pavoncella (il vanneau dei Francesi).—Si caccia dal dicembre al febbraio nei campi non inondati. Non è facile avvicinarlo, tranne che con astuzia.

Rigogolo (volgarmente detto gialletto).—Si caccia nei giardini in marzo ed aprile e quindi in agosto e settembre.

Verdona (jais dei francesi).—Si caccia nei mesi di agosto e di settembre.

Bubbola (galletto bosco).—Si trova quasi in tutto l'anno, ma il passo è nel marzo.

Beccaccia. —Rara in Egitto. Si trova durante gli inverni più rigidi dell'Europa nei giardini e negli orti dei dintorni del Cairo e di Alessandria. Alcune beccaccie si trovano, loro malgrado, in Egitto, perchè, come già si disse precedente mente, vennero sbalestrate da qualche burrasca, che le fece deviare dalla strada che avrebbero voluto seguire.

Tordi e merli. —Si riscontrano in piccola quantità per inadatta pastura. In alcuni inverni il tordo è più numeroso, emigrando da regioni favorite pel troppo rigore di temperatura.

Grattajone (famiglia delle gabbule).—Chiamasi comunemente in Egitto sirena. Si trova in grande quantità ed il passo si effettua in marzo ed agosto.

Quaglie. —È questa una delle caccie più ricche dell'Egitto. La quaglia scende la valle del Nilo in febbraio per emigrare verso il maggio dalla costa in Europa, dove ritorna in settembre. La gran caccia si effettua qui in marzo ed aprile. Nel mese di settembre, al suo ritorno dall'Europa, si caccia solo sulla spiaggia del mare tra Alessandria e Port-Said.

Pernice. —Rara la pernice di passo; mentre, come abbiamo già detto, si riscontra una pernice indigena più piccola e grigia, la pernice del deserto, che si caccia quando si avvicina al Nilo per abbeverarsi. È molto selvatica, si posa in compagnie negl'isolotti di sabbia che si formano nel Nilo ad acque basse ed è oltremodo difficile l'avvicinarle se non si impiega l'astuzia.

Piccione torrajolo. —Quest'uccello è qui in quantità. Nidifica in colombaie, che gli indigeni gli preparano nei villaggi, per raccoglierne il guano ed incrociarli coi piccioni casalinghi. Si pascola liberamente nei campi e se ne fanno delle cacciate bellissime in tutte le stagioni.

Colombaccio. —Di quest'animale raramente vi è il passaggio. Posa sui grandi alberi e s'incontra qualche volta in marzo od in settembre e ottobre.

Tortora. —Havvi la tortora rossastra, indigena, poco ricercata dai cacciatori, e si trova in tutto l'anno intorno agli abitati ed in gran numero anche in Cairo stesso. Nidifica sui grandi alberi dei giardini. La tortora di passaggio grigio-perla, con screziature biancastre sotto le ali e sotto la coda, è molto ricercata dai cacciatori. È di passaggio in aprile e maggio ed al suo ritorno dall'Europa in settembre e ottobre.

Allodola dal ciuffo e allodola dei campi. —La prima è stazionaria, la seconda è di passo a grandi stormi dal marzo all'aprile e dal novembre al gennaio.

Passeri, ballerine, cutrettole, pispole, beccafichi.—I primi vi sono in tutto l'anno; gli altri alla loro stagione ed in abbondanza. Il beccafico si trova più facilmente nei dintorni di Alessandria.

Ibis. —In questi ultimi tempi diventò rarissimo.

Guarda-bovi. —In grande quantità dal novembre al febbraio. Non è uccello stimato dal cacciatore.

Stornello. —Vi sono passi più o meno importanti negli stessi mesi dei guarda-bovi. Come selvaggina è tenuto in poco conto.

Aquila, avoltoio, falchi di diversa specie, corvi neri, cornacchie, sparvieri, civette di tutte le specie.—Sono animali questi che secondo le varie località s'incontrano più o meno frequentemente. Fra le civette va pure compreso il succhia-capre, così detto, perchè di nottetempo, avendone l'opportunità, succhia il latte alle capre ed anche alle vacche.

Lepri, cignali, gazzelle.—I due primi si cacciano nel Fayoum (a tre ore di ferrovia dal Cairo) le gazzelle nel deserto tra Ismaïlia e Suez.

Iene, lupi, volpi, sciacalli, topi di Faraone (Farioni).—Si riscontrano in copia lungo la catena del Mokatan e nei deserti, eccezione fatta del Farione, che sta nei campi. Così pure nei campi si trova qualche rarissima volta il mangia-formiche.

Sono anche rari il Gatto-pardo, una specie di linee ed il gatto selvatico, che è qui conosciuto sotto il nome di Leonino.

Statistica ricavata dai registri della Dogana in Alessandria del quantitativo di quaglie vive che annualmente vengono esportate dall'Egitto e dirette per la massima parte a Marsiglia, con destinazione ai vari mercati di Francia ed Inghilterra.

Dal 1884 al 1894.

Anno Numero di quaglie vive esportate Anno Numero di quaglie vive esportate

1884 476900 1890 765800

1885 296700 1891 1120600

1886 272800 1892 1160200

1887 550900 1893 1181500

1888 1235800 1894 924100

1889 903210

N.B.—Da qualche tempo in qua una parte delle quaglie vive esportate sono dirette in Italia.

Caccia al Coccodrillo sull'alto Nilo.

Nel discorrere della Fauna in Egitto si è accennato come i coccodrilli, che un tempo si trovavano alle porte del Cairo, ora, per l'aumentata navigazione a vapore sul Nilo che scuote le acque in ogni senso, e per il frequente uso delle armi da fuoco, si vanno ritirando sempre più nella parte superiore del fiume. Presentemente non è possibile vedere un coccodrillo nel fiume se non dopo la prima Cateratta (Assouan).

Credo non sarà discaro al lettore il conoscere uno dei sistemi di caccia al coccodrillo, caccia che presenta caratteri veramente originali e curiosi.

Frequentemente la caccia al coccodrillo viene fatta da due arditi indigeni (Soudanesi).

Essi, conoscendo le abitudini dell'animale, che d'ordinario vive isolato, sanno in quale punto della riva del fiume ed in quali ore è solito uscire dalle acque per procacciarsi alimenti omogenei e adatti al suo gusto.

A poca distanza dal punto accennato (per lo più a 100 metri) i due indigeni fanno prima due buche nel terreno a 10 metri l'una dall'altra scaglionate, e di una tale profondità da contenere l'uomo in piedi sino all'altezza del collo. Si provvedono di arbuscelli e di foglie, perchè ciascuno, appena entrato nella buca, possa occultare il proprio capo allo sguardo del coccodrillo, in modo da vederlo e non essere da lui veduto.

Uno di essi è armato di solido bastone alto in modo da poterlo introdurre verticale nelle fauci dell'animale quando le tiene spalancate.

Questo bastone (legno ferro) termina alle sue estremità a forma di bidente ed ha al suo centro fortemente assicurato un capo di corda metallica attortigliata, di cui l'altro capo sta nelle mani dell'altro indigeno.

Il coccodrillo, senza alcun sospetto, abbandona l'acqua e viene a terra, ove immediatamente sente l'odore della carne, che gli viene nella direzione dei due cespugli.

Quando il coccodrillo nell'avvicinarsi lentamente e fiutando la traccia della preda si trova a poca distanza dal nascondiglio umano, l'indigeno armato del bidente esce fuori risolutamente dalla tana e si presenta davanti all'animale, il quale dà manifesti segni di contentezza per il buon pasto che sta davanti ai suoi occhi. A questo punto l'indigeno eseguisce la stessa manovra dei Toreadores, spiccando salti ora a destra ora a sinistra dell'animale, il quale, per la sua struttura, non può girarsi con pari rapidità e così l'uomo non corre pericolo di essere dal mostro divorato.

Ma questa manovra irrita l'animale al più alto grado, lo impazienta, e dà indizio della sua alta collera per gli occhi iniettati di sangue e per l'abbondante schiuma, che esce dalle sue fauci.

Al momento opportuno, quando stanco e sdegnato apre a dismisura la sua bocca, l'indigeno risolutamente infigge in quella enorme cavità il bidente in senso verticale e si ritira.

Da quell'istante comincia l'azione del compagno, che non si è ancora mosso dalla sua buca e che dando strapponi colla corda di ferro, che tiene fra le mani fa penetrare il bidente profondamente sopra e sotto nella bocca dell'animale, producendogli larghe ferite interne, dalle quali esce copiosissimo il sangue.

Da questo istante comincia la lenta agonia dell'animale, che muore dissanguato, agonia che dura talvolta sino a 24 ore.

Questo genere di caccia spiega il motivo pel quale quasi tutti i coccodrilli, che si vendono imbalsamati o per dir meglio impagliati, hanno un buco alla parte superiore della testa. Questo foro è prodotto dalle punte del bidente, quando scosso dalla corda di ferro, penetra nella cavità dell'animale.

Della Pesca.

La pesca in Egitto è molto produttiva.

Le più importanti località per la pesca sono quelle del lago Menzaleh nelle vicinanze di Alessandria.

Questo lago è eccessivamente ricco di pesci, ed un'amministrazione speciale regola e sorveglia le esportazioni dai vari siti di pesca, dandole in affitto a privati.

I pesci vengono salati e disseccati, abbandonandoli al commercio sotto il nome di Fessikh; ma le uova di questi pesci si vendono a parte, sotto il nome di bottarica.

I diritti prelevati dal governo sui prodotti della pesca ascendono a 85 mila lire egiziane pari a lire italiane 2210000 delle quali oltre due terzi vengono ricavati dal solo lago di Menzaleh.

VEDUTA DI ASSOUAN SUL NILO vicino alla prima Cateratta dello stesso nome

CAPITOLO IV.

ORDINAMENTO MILITARE IN EGITTO—ISTITUZIONI SCIENTIFICHE MUSEI E BIBLIOTECA KHÉDIVIANA

Dell'ordinamento militare in Egitto.

L'Esercito egiziano, costituito colle regole e colle norme europee da Ismail Pacha avo dell'attuale Khédive, venne, in seguito della rivolta militare che prese nome da Arabi-Bascià, sciolto con Decreto del 19 settembre 1882 dal Khédive Thewfic figlio d'Ismail e padre dell'odierno Principe S. A. Abbas II, che gli successe nel vice-reame.

Il nuovo ordinamento si costituì poco a poco, dietro i consigli e col concorso di delegati inglesi, mandati espressamente ad assistere il giovane Principe, elevato repentinamente alla suprema potestà in tempi difficilissimi e di lotte intestine sul crollato trono del padre.

La base fondamentale del nuovo esercito riposa sul Firmano imperiale del 7 agosto 1874, il quale limita a 18 mila uomini il numero dei soldati sotto le bandiere in tempo di pace.

E qui giova rammentare che, al tempo del Khédive Ismail, i Firmani imperiali di Costantinopoli, riassunti poscia in quello dell'8 gennaio 1873, accordavano al Principe egiziano la facoltà piena ed intera, senza limitazione, di sorta, di pro porzionare alle necessità dei tempi e dei luoghi il numero delle truppe, quindi di aumentarlo o diminuirlo a piacimento.

Ispirandosi al Firmano ricordato, ai bisogni della pace interna, alla difesa di quella sola frontiera esterna, che l'esercito egiziano potrebbe essere chiamato a proteggere utilmente (quella del Soudan). Lord Conte di Dufferin nel suo rapporto del 6 febbraio 1883 al Conte Granville posava i limiti, dentro ai quali l'esercito e la polizia di Egitto avrebbero dovuto essere sviluppati.

In questo documento degno, in ogni sua parte, della più grande attenzione e che rivela la grande capacità amministrativa e politica del suo autore, Lord Dufferin mostrò di credere che un esercito di sei mila egiziani (escluso ogni elemento mercenario) comandato in parte da ufficiali indigeni ed in parte da ufficiali inglesi, ripartito in due Brigate di 4 Battaglioni ciascuna ed aventi al loro servizio le corrispondenti forze di cavalleria, di artiglieria ed accessori sarebbe sufficiente per difendere l'Egitto contro le orde del Soudan e contro qualunque audace alzata di scudi delle tribù beduine.

Parimenti la tranquillità interna e la vasta frontiera del deserto verrebbero protette efficacemente, secondo lui, da una forza di gendarmeria e di guardie di polizia, il cui numero complessivo resterebbe nei limiti di 7500 uomini comandati da ufficiali in parte europei ed in parte egiziani.

Per desiderio del Khédive, tanto l'Esercito quanto la Polizia sarebbero (aggiunge Lord Dufferin) messi alla dipendenza di capi europei e dipenderebbero, l'esercito con tutto il suo personale indigeno ed europeo dal Ministero della Guerra, la Polizia da quello dell'Interno. Il Comando supremo delle forze armate apparterrebbe al Khédive.

Le spese di tutta la compagine armata ascenderebbero a lire egiziane 519,741, pari a lire italiane 13,513,466.

I quadri segnati qui appresso indicano la ripartizione della forza secondo l'organico ideato da Lord Dufferin.

Quadro 1º—Esercito.

Un Reggimento di cavalleria Uomini Nº 560

Quattro Batterie di artiglieria con 20 pezzi (due Batterie da sei pezzi e due da quattro) » » 464

Otto Battaglioni di fanteria » » 4712

Un Corpo a cammelli » » 205

Una Compagnia genio » » 104

Artiglieria da piazza » » 102

Totale uomini Nº 6147

NB. Il sumero totale degli ufficiali inglesi incorporati sarebbe di 27.

Quadro 2º—Gendarmeria.

Gendarmeria provinciale Uomini Nº 1800

» urbana per il servizio delle città di Alessandria e del Cairo » » 1850

» urbana per il servizio delle città dell'alto e basso Egitto » » 1000

Alla Scuola speciale di gendarmeria » » 500

Due Battaglioni di riserva » » 1000

Totale uomini Nº 5650

NB. Il numero degli ufficiali europei incorporati sarebbe di 33.

Quadro 3º—Polizia.

Guardie europee della Polizia Uomini Nº 596

» indigene » » 1144

Totale uomini Nº 1740

Totale generale uomini Nº 13587

Nel 1833 il piano di riorganizzazione di Baker Bascià, incaricato di dare corpo al nuovo esercito, comportava:

12 Battaglioni di fanteria ciascuno di 500 uomini Nº 6000

2 » a cavallo » 1000

1 Reggimento di cavalleria » 500

6 Batterie di artiglieria a 4 pezzi ciascuna » 600

2 » da piazza » 500

1 Compagnia genio » 500

2 Reggimenti di gendarmeria » 1400

1 Sezione di truppa del Commissariato » 300

Stato maggiore, Intendenza, Servizio medico » 100

Totale complessivo Nº 10900

Il signor Milner, che fu Sotto-segretario di Stato al Ministero delle Finanze nella sua pregiata opera L'Inghilterra, l'Egitto ed il Soudan, ci fa sapere che l'Esercito egiziano al 1º maggio 1892 si ripartiva nel modo seguente:

14 Battaglioni 8 Egiziani 5 Soudanesi 1 Deposito della forza complessiva all'incirca di 10000

10 squadroni di cavalleria all'incirca 800

3 Batterie di artiglieria da campagna con 18 pezzi in tutto 300

1 Reggimento di artiglieria da piazza con 160 pezzi da fortezza 600

1 Corpo a cammelli 300

Stati maggiori, Polizia dell'Esercito, il Corpo sanitario, il Genio, l'Intendenza, in tutto circa uomini 900

Totale complessivo uomini Nº 12900

Al giorno d'oggi, ed al momento in cui scrivo, secondo le più accreditate versioni, visto che nessuna notizia ufficiale esiste in Egitto, nè sul suo Esercito, nè sulla Polizia, possono essere valutati per esatti i dati seguenti:

Ordinamento dell'Esercito egiziano e della Polizia.

Uffic. Imp. milit. Truppa

1º Stati maggiori—2º Bande militari—3º Intendenza militare——4º Truppe locali (officine, prigioni ecc.) 207 533 533

Combattenti

8 Battaglioni egiziani 4        »      soudanesi 1 Battaglione deposito 224 81 9502

1 Reggimento cavalleria a 6 squadroni 25 17 731

2 corpi a cammelli (4 comp., 2 ciascun corpo) 14 8 280

1 Batteria a cavallo »      a cammelli »      a muli 3 Batterie di piazza 1 Batteria deposito 34 24 798

Totale 509 663 11844

Con un totale di 750 cavalli, 738 cammelli, 240 muli. I cannoni da campagna sono in Nº di 18 NB. Nel novero degli ufficiali e degli impiegati e sott'ufficiali impiegati sono da comprendersi quelli chiamati dall'esercito inglese, cioè 75 674 —

Totale 584 1337 11844

Sono invece da dedursi le donne dei Battaglioni Soudanesi incaricate del rifornimento delle cartuccie ai combattenti — — 1400

Totale 584 1337 10444

La Polizia dipendente, come già si disse, dal Ministero dell'Interno, è ripartita in 4 Divisioni e comprende 130 240 5000

Totale generale 714 1577 15444

L'Esercito, compresi i servizi del Ministero della Guerra ed accessori tutti, costerà, secondo l'ultimo bilancio di previsione pel 1895, lire egiziane 462136, pari a lire ita liane 12,015,536 e per gli irregolari non contemplati nel presente quadro lire it. 312,000.

Totale spesa in bilancio lire italiane 12,327,536 pel 1895.

NB. La Marina militare in Egitto non esiste.

Delle istituzioni scientifiche in Egitto.

Le istituzioni scientifiche governative sono due: L'Istituto egiziano e la Società Khédiviale di geografia.

Dell'Istituto egiziano.

Venne fondato dagli scienziati, che accompagnarono Bonaparte all'epoca della spedizione francese ed esiste tuttora.

Nel 1859 ebbe vita prospera specialmente per opera di un italiano Colucci Bascià Direttore della Sanità in Egitto, il quale, senza essere uno scienziato nello stretto senso della parola, possedeva una facoltà eccezionale di assimilazione e sapeva con rara abilità attirare attorno all'Istituto le migliori intelligenze del paese e straniere.

Furono dopo di lui Presidenti i celebri e dotti egittologi Mariette Bascià, Maspero, Grebaut; in seguito il Dottore Schweinsueth ed attualmente S. E. Artin Bascià Jacub, sotto-segretario di Stato all'Istruzione Pubblica, uomo dotto ed attivo, che seppe in parecchi anni ricondurre l'Istituto agli antichi splendori.

L'Istituto si compone di 50 membri residenti, che rappresentano i cinquanta Immortels del Cairo.

Nei tempi addietro gli italiani vi erano in maggioranza, ora questa è passata ai francesi.

D'italiani vi figurano tuttodì il dottore Abbate Bascià Vice Presidente, l'Avvocato Tito Figari, il Dottore Bonola, l'Avvocato Luserna ed il signor Washington Abbate.

I membri onorari sono in numero illimitato. Fra questi, come italiani, figurano Ernesto Schiapparelli ed il Dottore Sonsino.

L'Istituto pubblica un bollettino mensile e tratto tratto un volume di memorie. Queste pubblicazioni scientifiche si riferiscono generalmente all'Egitto ed offrono un grande interesse.

Il Governo accorda all'Istituto i locali occorrenti ed un'annua sovvenzione di Lire egiziane 390 corrispondenti a lire italiane 10,140.

Della Società geografica Khédiviale.

La Società geografica Khédiviale venne fondata da S. A. il defunto Khédive Ismail Bascià nel 1895.

Fu dal medesimo largamente provveduta di locali, mobili e biblioteca, e la sua suppellettile è certo una delle più ricche fra le Società scientifiche. Ha inoltre un'annua dotazione di lire italiane 13,000, non che la stampa gratuita dei suoi bollettini.

La Società ebbe dei momenti di vero splendore, quando le missioni dello stato maggiore egiziano spedivano rapporti e risposte ai proposti questionari, quando l'Egitto era la porta dell'Africa ed i più illustri viaggiatori entravano ed uscivano dai continente nero per la valle egiziana.

Potrei riempiere pagine intere coll'elenco dei viaggiatori che la Società Khédiviale di geografia accolse nel suo seno e colla enumerazione dei suoi lavori. Chi desiderasse mag giori ragguagli, non ha che a consultare la notice pubblicata dal suo intelligente e dotto Segretario generale Bonola Bey, dal quale ebbi queste note.

Fra i celebri visitatori posso citare Stanley, Rohlss, Burton, Mason, Gessi, Piaggia, Matteucci, Junker, Purdy, Güssfeld, Heuglin, Schweinseml, Compiègne, Wissmann, Teleki, Robecchi, Mok-Moktar, Mok-Sadik, Nordensckiöld, D'Abodie, Mahmud-el-Felakii Casati, Brugsh Bascià, Sayce ecc. ecc.

Caduto Ismail, la Società attraversò qualche periodo tormentoso e critico, ma il suo successore, il figlio Khédive Thewfic la fece risorgere a vita novella colla nomina del Generale Stone, Capo dello stato maggiore egiziano, a Presidente della Società e Segretario generale, come lo è tuttora, il nostro già mentovato egregio italiano Dottor Bonola Bey.

Tutti ricordano il successo riportato dall'Egitto al Congresso geografico di Venezia nel 1881.

Questa Società geografica è stata la prima a mettere in evidenza i meriti dei nostri Piaggia e Gessi; anzi fu il Piaggia il primo suo membro onorario.

Dopo gli avvenimenti, che fecero abbandonare il Soudan, la Società si trovò ad un tratto levato il campo delle sue opere.

Tuttavia mercè l'attività del suo attuale Presidente il simpatico Abbate Bascià italiano, coadiuvato dal Segretario generale Bonola Bey, continua quest'Istituto a mantenersi vivo e fiorente.

Le sue sedute, che si tengono nei mesi d'inverno in una grande sala del Palazzo dei Tribunali, sono molto frequentate, coll'intervento del gentil sesso.

La Società occupa un padiglione isolato nel parco del Ministero dei lavori pubblici e possiede una ricca biblioteca.

Possiede anche una bella collezione di geologia, un'altra di botanica del Soudan ed una etnografica.

Il Consiglio dei Ministri ha votata, cinque anni or sono, una somma per la costruzione di un locale, per installarvi a museo tutte le mentovate collezioni; ma quel voto rimase finora allo stato di un pio desiderio.

Trattandosi che italiani ne sono alla testa, la lotta è sempre difficile e difficile anche la sua esistenza malgrado le simpatie del Khédive, il quale, nelle speciali circostanze, non manca mai d'inviare alle sedute un qualche suo rappresentante. Ma torna inutile il volerlo celare, la perdita del Soudan fu per la Società geografica Khédiviale una grave ferita che non si potrà facilmente sanare.

Museo delle antichità egiziane.

Questo museo è presentemente installato nel Palazzo di Guizeh, ma quanto prima avrà un edifizio a sè, il cui disegno architettonico venne in quest'anno posto a concorso entro i limiti di una somma prestabilita per la costruzione del nuovo museo.

Il Palazzo di Guizeh corre troppo pericolo per un incendio, essendo in gran parte costruito in legno e le sue condizioni di stabilità sono molto compromesse.

Prima della creazione di quest'importante museo, veramente meraviglioso, gli stranieri soltanto si occupavano a raccogliere le antichità egizie e si possono vedere in tutte le principali città di Europa ed anche di America ragguardevoli collezioni egiziane.

Ismail Bascià volle conservare al paese le sue ricchezze scientifiche ed interdisse severamente le esportazioni di antichità fondando in pari tempo il Museo nazionale, che forma l'ammirazione degli intelligenti.

Museo dell'arte araba.

Questo museo non ancora molto importante offre tuttavia un grande interesse scientifico.

Esso venne fondato dall'Amministrazione dei Wakfs. Occorrono due parole su questo Ente importante.

I beni di manomorta sono chiamati beni Wakfs e sono destinati a fronteggiare le spese del culto, alla manutenzione delle moschee, degli ospizî e delle scuole, sieno esse di moschea o di università musulmane.

Questi beni inalienabili derivano da legati pii.

L'amministrazione dei beni Wakfs è indipendente da tutte le altre amministrazioni dello Stato e costituiva un tempo un Ministero speciale.

Ora è affidata ad un Direttore, che ha titolo di Direttore generale dei Wakfs.

Biblioteca Khédiviale.

Venne fondata da Ismail Bascià nel 1870.

Il reddito di una proprietà considerevole è devoluto al suo mantenimento ricevendo anche una sovvenzione dall'Amministrazione dei Wakfs.

La biblioteca possiede oltre a trenta mila opere, la maggior parte arabe o turche, ed una preziosissima collezione di manoscritti arabi.

CAPITOLO V.

DELLE SCUOLE ITALIANE IN EGITTO E DELLA MISSIONE CATTOLICA DELL'AFRICA CENTRALE

Le scuole italiane in Egitto

L'Egitto, fin dal medio-evo, erasi popolato di colonie italiane, come nel resto dell'Oriente, quando l'attività commerciale delle repubbliche marittime italiane, specialmente di Venezia, Genova, Pisa ed Amalfi aveva sentito il bisogno di stabilire empori pel traffico nell'Oriente.

L'influenza italiana nella contrada dei Faraoni andava prendendo piede, e la lingua pure si diffondeva a tener vivo nelle famiglie italiane l'amore alla patria lontana.

Ciò avveniva facilmente, perchè le altre nazioni di Europa non pensavano ancora a muovere quella persistente concorrenza, che vediamo al giorno d'oggi.

Ma coll'andar del tempo anche gli altri Stati europei volsero i cupidi sguardi su questa terra ed incoraggiarono i loro connazionali a venire a stabilirsi sulle rive dello storico Nilo, per fruire delle ricchezze di una regione fertilissima e metter mano al commercio, che andava sempre più sviluppandosi ed estendendosi tra l'Europa e l'Oriente.

Naturale conseguenza fu la diminuzione dell'influenza ita liana; poichè cessata la potenza delle repubbliche marittime italiane, i principati che le surrogarono non pensarono più a continuare la grande espansione coloniale, nè ebbero potenza per proteggere efficacemente i coloni, i quali si lasciavano, man mano, soperchiare dalle altre invadenti colonie, meglio appoggiate dai governi della loro madre patria.

Pur tuttavia la lingua italiana, sorretta dalla tradizione, lottò pel predominio colle altre lingue, specialmente colla francese; ma la sua influenza, pur troppo, andava scemando per molte altre ragioni che non spetta a questi cenni di mettere in luce.

Allora persone stimabili, alle quali stava a cuore il mantenimento e la diffusione della lingua italiana e con essa del sentimento patrio, pensarono di aprire scuole, alle quali provvide la colonia aiutata da un sussidio del governo italiano.

Per più di quindici anni la scuola coloniale italiana prosperò discretamente sotto l'egida e la sorveglianza dell'egregio avvocato Tito Figari e di altri benemeriti personaggi. Prima si istituirono le scuole elementari, le quali, in seguito, alimentarono una modesta scuola tecnico-commerciale, la quale somministrava ai giovani italiani le cognizioni necessarie a carriere commerciali e industriali ed ai bisogni del paese.

Nel 1888 il Governo italiano avocò a sè la scuola coloniale. Ma la direzione centrale, preposta alla sorveglianza delle scuole di Egitto, tanto per la parte didattica, quanto per la disciplinare, per disavventura, non fu nè seria, nè prudente, nè morale; gli scandali si succedevano senza interruzione, scandali che gettavano sulle nostre scuole una luce sinistra e le rendevano oggetto di derisione in faccia agli indigeni ed agli stranieri, e facevano desiderare il ritorno delle scuole alla colonia.

Da qualche anno in qua le cose hanno assunto un migliore indirizzo e ripromettono risultati soddisfacenti.

Le scuole nostre del Cairo vanno, benchè lentamente, acquistando novella riputazione e producono benefici effetti; avvegnachè quasi tutti i giovani che escono dalla nostra scuola commerciale trovano occupazione o nelle banche, o presso Case commerciali, o presso distinti professionisti. Questi benefici risultati andranno sempre aumentando, quando il Governo nostro si persuaderà che in queste scuole della colonia italiana si deve dare gran peso allo studio delle lingue straniere. Non havvi chi non veda la grande importanza della lingua araba, perchè lingua del paese ed una, direi, delle porte principali per adire agli impieghi del Governo egiziano. Viene in seguito la lingua francese, la quale ormai è entrata nel dominio di tutti gli stati civili, come mezzo generale e preferito per le comunicazioni politiche, amministrative, commerciali ecc.

L'occupazione inglese portò la necessità anche dello studio della lingua inglese. Il provvedimento preso dal Ministero italiano degli esteri, al cominciare dal corrente anno, di rendere facoltativo lo studio nelle nostre scuole delle lingue francese ed inglese fu giudicato da tutti inopportuno, perchè si viene a menomare l'importanza e l'efficacia delle nostre scuole. Bisogna una buona volta persuadersi che i nostri coloni, colla sola lingua italiana, non potranno mai conseguire facilmente posizioni rispettabili ed anche discretamente lucrose. Noi vediamo con quanta instancabile solerzia le colonie delle altre lontane nazioni tentano rendersi famigliari le due lingue mentovate, per soverchiare colla più attiva concorrenza gli italiani.

Ora giunge opportuno il momento di fare a noi stessi la seguente domanda: la colonia nostra d'Egitto in tutte queste vicende, in cui trattasi di uno dei suoi più vitali interessi, come pensa, come agisce, come concorre? È debito di coscienza il dichiarare che dall'epoca in cui le scuole passarono al Governo si manifestò nella colonia una specie d'indifferentismo, anche per parte di quegli egregi signori, che prima propugnavano con somma attività ed intelligenza l'incremento delle scuole italiane in Egitto.

Si tentò un giorno di costituire una società per la diffusione della lingua italiana, ma questa santa idea abortì quasi in sul suo nascere.

La manna che deve cibare i giovani i quali hanno volontà di imparare si attende tutta dal cielo governativo; se non si progredisce ne è esso la causa, se l'indirizzo delle scuole non corrisponde ai bisogni odierni ne è lui il colpevole. Con siffatti convincimenti non è possibile ottenere buoni risultati. È necessario che l'azione governativa proceda regolarmente e non a sbalzi, mediante l'attivo concorso dell'elemento intelligente della colonia, che a tempo debito può e deve essere dal Governo interpellato circa i mezzi più acconci per esercitare una benefica influenza, per ottenere dalle nostre scuole i migliori risultati possibili.

Nel Cairo la scuola femminile ha uno splendido locale, che potrebbe capire anche il doppio delle alunne le quali frequentano oggi quella scuola, ma avrebbe bisogno di una migliore organizzazione. Al piano terreno siede l'asilo infantile, ma è troppo ristretto per i bisogni della colonia e gli mancano troppi requisiti per poter essere chiamato Giardino d'infanzia.

Nello stesso locale delle scuole si trovano pure la scuola elementare maschile e la scuola commerciale; ma i locali a loro assegnati sono insufficienti ed in parte non troppo sani.

Comprendo che nella città di Cairo, massime nella parte centrale, torni assai difficile il trovare locali adatti a scuole e se si trovano vengono chieste pigioni esagerate. È cosa dolorosa il veder come la scuola elementare maschile sia costretta, ogni anno, a rifiutare le domande di ammissione di un centinaio circa di giovani per la sola ragione di deficienza di spazio. A tali condizioni di cose è mestieri il provvedere e prontamente, perchè oltre al danno che si procaccia a molte famiglie italiane si ha anche l'inconveniente di soffocare in molti giovani il buon volere di imparare, mentre la scuola elementare maschile dovrebbe essere tale da potere nel suo seno accogliere non solo i nazionali, ma anche, in determinate condizioni, indigeni ed esteri.

Naturalmente i locali destinati alla scuola elementare maschile dovrebbero rispondere a tutte le esigenze della didattica e dell'igiene.

Così si pratica presso le altre scuole straniere. La scuola commerciale poi si può considerare come una derivazione della scuola elementare; se questa vive rigogliosa, anche quella produce risultati soddisfacenti.

In quanto a scuole italiane, oltre quelle dei due grandi centri, Cairo ed Alessandria, ve ne sono pure a Port-Said e lungo l'alto Egitto affidate ai missionari francescani, con sussidio del Governo italiano.

Sempre si deplora che la nostra influenza in Egitto vada di giorno in giorno scemando; ma parliamoci a cuore aperto: non solo al Governo italiano, ma anche alla parte più facoltosa ed influente della colonia spetta l'impedire questa decadenza col proteggere ed incoraggiare le nostre istituzioni.

Solo in questo modo e non altrimenti si potrà tenere alto il nome italiano, mantenendo vivi nella colonia i sentimenti patriottici, i quali si esplicano non con vane parole, ma coi fatti.

Solo in questo modo e non altrimenti si ritornerà a raccogliere i frutti delle gloriose tradizioni della patria nostra, tradizioni che diffusero il nome e la civiltà italiana in quelle memorande contrade in tempi in cui le altre nazioni d'Europa non pensavano che a costituirsi internamente e non ad espandersi colonialmente in altri paesi, come praticano oggigiorno.

Alcune note sulla Missione cattolica dell'Africa centrale.

Il Vicariato apostolico dell'Africa centrale venne costituito da Gregorio XVI con Breve 3 aprile 1846 ed ebbe limiti estesissimi. Infatti al Nord confinava coll'Egitto e con Tripoli, all'Est con il Mar Rosso, l'Abissinia e la regione dei Gallas, al Sud si estendeva sino al 12º di latitudine australe, all'Ovest fino ad una retta tirata dal lembo occidentale del Fezzan al fiume Niger, confinando col Vicariato apostolico della costa di Benin.

I primi missionari per l'Africa centrale giunsero a Khartoum l'11 febbraio 1848 e vi fondarono la prima stazione.

Era allora Provicario apostolico e capo della Missione il Padre Ryllo che, assalito dalle febbri micidiali di quelle contrade, soccombette e venne sostituito nella direzione della Missione dal sacerdote e dottore Knoblecher. Khartoum doveva essere la base per nuove fondazioni nei paesi più centrali dei negri.

Nel 1849-50 Knoblecher ed il missionario Vinco raggiunsero il punto estremo toccato dalla spedizione egiziana del 1841, cioè il 4º e 12' di latitudine settentrionale e vi fondarono la stazione di Gondocore nel paese dei Bari. Mentre il Vinco visitava i Bari, ne studiava lingua e costumi ed esplorava il corso del Nilo e dei suoi affluenti, il dottor Knoblecher tornava in Europa per provvedersi di nuovo personale e mezzi per le imprese fra i Bari.

Dappertutto incontrò simpatie ed aiuti. A Vienna ottenne alla sua Missione il protettorato di S. M. l'imperatore Francesco Giuseppe e vi fondò l'Associazione mariana destinata a raccogliere i mezzi necessari. Il numero dei missionari aumenta; dall'Italia, dall'Austria e dalla Germania sacerdoti zelanti volano a Khartoum e sul fiume bianco.

Le tre stazioni di Khartoum, di Gondocore pei Bari, di Santa Croce pei Dinka fioriscono, e gran numero di neri vengono educati nelle diverse scuole.

Grandi furono invero i meriti dei missionari per concorrere all'abolizione della tratta dei negri. Anche per la scienza geografica e linguistica si adoperano con lodevole zelo, ed i risultati delle loro esplorazioni sul Nilo bianco, sul Nilo azzurro, al Fazogl, a Benisciangol, sul Sobat e nel paese dei Ghogh, non che dei loro studî sulle lingue del Nilo bianco, massime dei Dinka e dei Bari, sono registrati negli annali della propagazione della fede di Lione, di Parigi, di Vienna, nei Bollettini delle varie Società geografiche e nelle opere di egregi scrittori.

Ma il clima micidiale impedì lo sviluppo di un'opera così benemerita e minacciò l'esistenza stessa della Missione. Basti il dire che dal 1848 al 1860 ventitrè missionari lasciarono la vita e fra questi gli italiani Vinco, Castagnaro, Oliboni, Melotto (tutti della provincia di Verona), mentre nove ritornarono in Europa colla salute affranta. Fra questi gli italiani Pedemonte, Zara, Beltrame, Comboni, Dal Bosco.

Il 13 aprile 1858 morì il sacerdote dottore Knoblecher Provicario apostolico, il quale aveva diretta la Missione con somma operosità e l'aveva portata ad un notevole stato di floridezza.

A lui successe, come Provicario apostolico, il bavarese Monsignor Matteo Kirchner che fondò la stazione di Scellal presso Assouan (1ª Cateratta); ma continuando la morte a diradare le file dei missionari, monsignor Kirchner fu costretto a consegnare la Missione all'ordine serafico nel 1861. Il nuovo Provicario, Padre Giovanni Reinthaler condusse seco nello stesso anno dall'Europa 34 Francescani, una parte dei quali morirono durante il disastroso viaggio, ed egli pure soccombette a Berber.

In tale frangente la necessità impose di abbandonare le stazioni di Gondocoro e Santacroce sul Nilo bianco, limitandosi a tener quelle di Khartoum e di Scellal.

La Missione si trascinava in una lenta agonia. Durante queste tristi vicende il sacerdote Don Daniele Comboni, oriundo di Limone sul lago di Garda, rafforzatosi in salute, con infaticabile e rara energia guadagnossi l'appoggio di varie Società benefattrici e fondò in Verona un istituto di missionari.

In seguito del che Pio IX affidò a questo istituto veronese il Vicariato dell'Africa centrale e nominò il Comboni Provicario apostolico il 26 maggio 1872; da questo punto comincia una nuova fase per la Missione.

A voler enumerare e descrivere tutti i pericoli, le fatiche, le privazioni e gli stenti sostenuti da Monsignor Comboni durante i suoi viaggi e durante le sue escursioni nel centro dell'Africa dovrei allontanarmi dallo scopo che mi sono prefisso, che è quello di dare semplici cenni sulle Missioni dell'Africa centrale.

Il Comboni ampliò la stazione di Khartoum, fondò quella di El-Obeid nel Cordofan, nel Dar-Nuba quella di Delen, un'altra a Berber, non che due case di acclimatazione nella città di Cairo.

Provvide pure all'educazione delle ragazze indigene del suo Vicariato mediante suore di carità. Con frequenti esplorazioni arricchì la scienza geografica di importanti e preziose scoperte ed era potente apostolo dell'abolizione della tratta dei neri.

In seguito a questi splendidi risultati con Breve pontificio del 31 luglio 1877 Monsignor Comboni venne nominato Vicario apostolico e Vescovo titolare di Clandiopoli.

Le fatiche immense sostenute dall'egregio Vescovo per la propagazione della fede e della civiltà nel Soudan logorarono prima del tempo le sue forze erculee. Soccombette a Khartoum il 10 ottobre 1881.

La morte del primo Vescovo del Soudan preparava per la Missione e per l'intero Soudan un'epoca di tristi eventi che perdurano tuttora. La ribellione del Mhadi e de' suoi seguaci esterminò tutta la fiorente Missione.

Nel giorno 15 settembre 1882 fu devastata la stazione di Delen, i neri cristiani massacrati in gran parte e le suore ed i missionarii condotti in dura prigionia.

La stessa cosa accadde alla stazione di El-Obeid, dopo l'avvenuta capitolazione della città (19 gennaio 1883), mentre la colonia di Malbes era già stata incendiata nel maggio del 1882. Il nuovo Vicario apostolico, eletto il 22 settembre 1882 nella persona di Monsignor Francesco Sogaro, non poteva più fare altro che salvare il personale e la cristianità negra di Khartoum ritirandoli prima a Scellal e poi al Cairo.

L'opera del Sogaro si diresse specialmente verso due obbiettivi: liberare i prigionieri e riorganizzare la Missione.

Con indicibili sforzi ed enormi sacrifizi di danaro, coadiuvato dal Governo egiziano, dagli inglesi e dalle altre potenze che hanno colonie in Africa, Monsignor Sogaro, mediante disegni combinati con un intelligente ufficiale superiore inglese, colonnello Wingate, riuscì a liberare successivamente i seguenti prigioneri: Padre Luigi Bonomi nel luglio del 1885; le suore Fortunata Quascè e Maria Caprini sul finire dello stesso anno; un fratello laico nel 1887; il padre Giuseppe Ohrwalder e le suore Caterina Chincarini ed Elisabetta Venturini nel 1892; e finalmente nell'anno scorso l'ultimo sacerdote prigioniero, padre Paolo Rosignoli di Frascati. Un sacerdote (Teologo Giovanni Losi), tre suore e due fratelli laici morirono in prigionia.

Intanto monsignor Sogaro, fatto vescovo di Trapezopoli nel 1885, usò del suo tempo per fondare una stazione dotata di scuole a Suakin, una colonia agricola per la protezione degli schiavi a Ghesir presso il Cairo, ed una parrocchia con annessa scuola a Héluan.

Il padre Bonomi da parecchi anni funziona da cappellano militare presso la Colonia Eritrea all'Asmara. Nello stesso anno 1885 il Sogaro, con superiore approvazione, tramutò l'istituto veronese in congregazione religiosa, affidandone la direzione alla Compagnia di Gesù, e nel 1894 per rinuncia spontanea a Vicario apostolico dell'Africa centrale fu nominato Arcivescovo titolare di Amida ed in sua vece venne nominato a quell'ufficio monsignor Antonio Roveggio appartenente alla sopranominata Congregazione religiosa, e così il Vicariato apostolico del centro africano passò nelle mani dei Gesuiti.

Nella casa di acclimatazione del Cairo ho conosciuti i padri Geyer, Rosignoli, del quale sono note le vicende della sua lunga cattività e della sua meravigliosa liberazione, ed il reverendo Colombaroli, intelligente ed ardito missionario che recentissimamente diede alle stampe alcune nozioni sulla lingua della tribù dei Sandeh (Niam-Niam), gente antropofaga, colla quale il Colombaroli era riuscito ad avere qualche rapporto durante la sua dimora nelle regioni centrali del continente nero, e specialmente a Delen, fra i Nuba, situata sulla sponda occidentale del Nilo bianco e che era la stazione più meridionale, che esistesse in tutta la Missione.

Prima del Colombaroli lo Schweinfurth, uomo colto e di mente versatile, nell'esplorare le fantastiche, smaglianti e caratteristiche foreste dei Niam-Niam o Sandeh, come essi stessi si vogliono chiamare, aveva raccolta una ricca messe di vocaboli della loro lingua; ma le sue note andarono perdute nel terribile incendio che distrusse le sue capanne nella Zeriba (recinto) di Sabbi.

In seguito il Casati, ardito viaggiatore, riuscì a raccogliere centoventi vocaboli della lingua dei Sandeh, i quali fanno parte del gruppo delle popolazioni che abitano la regione equatoriale. I Sandeh, divisi in numerose e potenti tribù, occupano la parte più meridionale della regione equatoriale, distinta pure col nome di paese delle riviere per gli innu merevoli corsi d'acqua che, attraversandolo, versano le loro acque nel Nilo bianco ed anche nel fiume Congo. Questa mescolanza di acque dei due grandi bacini del Nilo bianco e del Congo si verifica, perchè lo spartiacque fra questi due fiumi è, in alcuni punti, leggermente accentuato.

Lo Schweinfurth dice: Il viaggiatore che arriva fra i Sandeh o Niam-Niam non può a meno di essere colpito dalla differenza che riscontra fra questa e le altre popolazioni della regione equatoriale.

I caratteri che presentano i Sandeh sono talmente spiccati da riconoscerli immediatamente, se frammisti con altri equatoriani; e questi caratteri sono di tale natura da renderli i più notevoli fra tutte le circonvicine popolazioni.

Essi hanno la pelle nera con riflessi rossi; occhio grande e tagliato a mandorla; guancie poco prominenti; capelli lanosi sì, ma finissimi e spesso lunghi, scendenti in treccie, che ondeggiano sulle spalle; lo sguardo pieno di fuoco. Amantissimi della caccia, si cibano specialmente di carne.

Carne! carne! è la loro parola d'ordine; carne! carne! è il grido delle loro danze; carne! carne! è il loro grido di guerra, che getta il terrore fra i neri, perchè i Sandeh, come le popolazioni a loro vicine e quelle del bacino del Congo, sono cannibali.

Fa senso il vedere uno di codesti guerrieri in pieno assetto, colla lancia in una mano, nell'altra lo scudo ed il trum-bash (arma da getto in ferro con diverse lame acuminate e ad orli taglienti), la daga alla cintura, le reni avvolte in una pelle di fiera, da cui pendono code di animali diversi, il petto e la fronte ornati di denti luccicanti, trofei di caccia o di guerra, lo sguardo scintillante sotto folte sopracciglia, e si comprende nel vedere questo cannibale avanzarsi con aria imperterrita, colla bocca semiaperta guarnita da due fila di denti a punta, l'effetto che essi hanno dovuto produrre sullo spirito impressionabile dei Nubiani.

Alcuni scienziati pretendono che i Sandeh si avvicinino di più alle genti di tipo caucasico, come gli Egiziani e molte altre popolazioni dell'Africa orientale, che non al tipo negroide; altri scienziati impugnano questo giudizio. Non è mio compito l'entrare in tali controversie etnografiche.

CAPITOLO VI.

DESCRIZIONE DEL NILO DALLE SUE SORGENTI ALLE SUE FOCI

Il Nilo

L'Egitto deve la sua vita al Nilo.

Si è detto e si ripete con ragione, che l'Egitto è il Nilo; senza il Nilo non esisterebbe l'Egitto. L'estensione della coltivazione è in modo assoluto dipendente dalla estensione della piena. Dove l'acqua si arresta, là comincia il deserto. Il limite è così nettamente determinato, che, in certi luoghi riesce facile avere un piede sul terreno coltivato e l'altro sulla sabbia improduttiva. Da un anno all'altro questo limite può spostarsi in modo notevole, coll'addivenire fertili, o col rimanere aride regioni intere, a seconda che il Nilo avrà concesso o rifiutato il beneficio delle sue acque. Le gioie o le disillusioni che le inondazioni da mille e mille anni serbavano all'Egitto dei Faraoni anche il vecchio Nilo le serba tuttora all'Egitto dei Khédive. Il Nilo è l'arbitro assoluto della ricchezza o della miseria. Per dimostrare quante svariate attrattive offra al viaggiatore questo fiume sovrano è noto il detto: Colui che beve una volta l'acqua del Nilo ritorna a berla.

E poichè la prosperità dell'Egitto è tutta dipendente dal suo gran fiume, credo conveniente il dedicarmi con qualche larghezza allo studio di questo importante corso d'acqua.

Il Nilo ha una lunghezza di 6500 chilometri[3].

Dalle alte catene di montagne nevose, che a levante ed a mezzogiorno limitano l'altipiano dell'Africa centrale, si precipitano molti torrenti e fiumane che, riunendosi tosto, formano al fondo della valle una serie di bacini sovrapposti gli uni agli altri, da cui le acque, ormai confuse in uno stesso letto, scendono al Nord.

Abbandonando la regione dei grandi laghi, donde trae le sue sorgenti, il Nilo corre attraverso ad immense praterie interrotte da boschi e da paludi. Piega in seguito leggermente a levante come se si volesse gettare nel Mar Rosso; ma arrestato a mezzo cammino da un massiccio montagnoso, che gli impedisce di procedere oltre, si raddrizza verso Nord, e poco dopo di avere ricevute le acque dell'Abissinia urta contro l'altipiano del Sahara, che lo costringe a scavarsi un letto tortuoso. Da questo punto il corso del fiume è sovente ostruito, ed ora stretto fra catene di monti, ora spaziando per vasta pianura scende poi lentamente verso il Mediterraneo, senza più ricevere nessun altro affluente. Il territorio compreso fra l'ultima Cateratta del Nilo nella sua discesa al mare ed il mare stesso costituisce l'Egitto.

Il primo viaggiatore che abbia visitato l'Egitto, od almeno il primo che ci abbia lasciato il racconto del suo viaggio, è Erodoto di Alicarnasso, il quale ha riassunta la sua im pressione su questa terra delle meraviglie in una sola frase più volte ripetuta: «L'Egitto è un dono del Nilo.»

Per formarsi un'idea di quel che diverrebbe questa regione, se privata dell'opera fecondatrice del suo fiume, basta il vederla un mese prima del solstizio d'estate, cioè nel periodo delle acque più basse.

Il Nilo in questo periodo scorre lentamente in uno stretto confine riducendosi alla metà della sua larghezza ordinaria; le sue acque sono torbide, quasi stagnanti e limacciose; estesi banchi di sabbia o massi scoscesi di nero fango cotto e ricotto dal sole ne formano le sponde. Al di là tutto è sabbia e sterilità tormentate dal vento caldo e polveroso detto il Khamsin, che aumenta la desolazione generale.

Il primo indizio del finire di questa terribile stagione è manifestato da un forte vento del Nord, che anima la natura tutta, calmando in parte gli ardori di un sole cocente.

Si produce allora un cambiamento nel fiume. Il nilometro del Cairo segna un leggero aumento delle acque, che prendono una tinta verdognola per l'agitazione che esse creano in quelle vaste distese di acque stagnanti, che prima attraversano.

È una vera fortuna che questo periodo del Nilo verde abbia la sola durata di tre o quattro giorni; poichè in quello stato l'acqua riesce imbevibile, e quei disgraziati che sono costretti, loro malgrado, ad abbeverarsi al Nilo, sono colpiti da tremendi dolori intestinali. I previdenti fanno provviste di acqua da consumarsi durante i pochi giorni in cui il Nilo si fa verde.

Dopo questo periodo il fiume aumenta rapidamente di volume e diventa gradatamente torbido. Dopo dieci o dodici giorni di questo rapido aumento delle sue acque il Nilo as sume una tinta rossa, color sangue, che conserva durante tutto il periodo dell'inondazione.

Le materie che il Nilo trascina e che lo rendono rosseggiante non sono nocive come quelle del breve periodo del Nilo verde; anzi l'acqua del fiume non è mai tanto sana, deliziosa e rinfrescante quanto nel periodo dell'inondazione.

Non havvi forse nel dominio della natura uno spettacolo più esilarante di quello che offra la piena del Nilo. Tutto si commuove e la natura esulta di gioia. Uomini, ragazzi, mandre di buoi selvaggi si tuffano nelle acque benefiche e rinfrescanti, ricche di pesci, mentre nubi di uccelli di diversa piuma svolazzano al disopra del fiume. E questa festa dalla natura non è solo ristretta agli ordini più elevati della creazione, poichè la sabbia, fattasi umida per l'avvicinarsi delle acque fecondataci, si anima ad un tratto quasi per incantesimo e brulica di milioni d'insetti.

Nell'Egitto l'anno può ripartirsi in tre distinte stagioni: quattro mesi di seminagione e di sviluppo che corrisponderebbero ai nostri mesi di novembre, dicembre, gennaio e febbraio; quattro mesi di raccolto da marzo a giugno; ed i rimanenti quattro mesi (luglio, agosto, settembre ed ottobre), in cui succede l'inondazione, completano il ciclo dell'anno egiziano.

Il Nilo non ha soltanto creato il suolo dell'Egitto, conquistando la maggior parte del Delta sul mare, ma ha imposta la configurazione generale del paese ed il genere delle sue produzioni. Tutto dunque in Egitto si regola sul Nilo: il suolo, i suoi prodotti, la specie degli animali e dei volatili che esso nutrica.

Gli antichi Egizi lo sentivano meglio di chicchessia e se ne mostravano riconoscenti. Del loro fiume avevano fatto un Dio che chiamavano Api, e non cessavano mai di celebrarne i benefizi.

Ecco l'inno antico, bellissima invocazione al Nilo tramandata ai posteri:

Salve, o Nilo! Salve a te, che ti sei manifestato su questa terra e che pacifico vieni a dar la vita all'Egitto! Dio nascosto, che conduci le tenebre alla luce in quel giorno che a te piace—Irrigatore dei frutteti creati dal sole per dar vita a tutti gli animali—Tu abbeveri la terra in ogni punto—Via del cielo che discende—Dio Seb, amico dei pani—Dio Nepra, porgitore dei grani—Dio Phtah, che illumini ogni dimora—Signore dei pesci. Quando tu rimonti sulle terre inondandole nessun uccello invade le seminagioni—Creatore del grano; produttore dell'orzo—Tu perpetui la durata dei Templi; il tuo lavoro è riposo alle dita dei numerosi infelici—Quando tu decresci cadono gli Dei, deperiscono i mortali—Tu fai squarciare dagli animali la terra intera; grandi e piccoli si riposano—Invocano te gli uomini e quando ti arresti diventi simile a Knoum (il Dio creatore). Se invece ti muovi, la terra si riempie di allegrezza; ogni ventre esulta; ogni essere organato riceve il suo nutrimento; mastica ogni dente—Tu offri le provvigioni più squisite, crei ogni buona cosa—Tu sei il Signore dei cibi più scelti e più graditi; se vi sono offerte è mercè tua—Fai spuntare l'erba per gli animali, prepari i sacrifizi per ciascuna divinità; l'incenso che viene da te sopra ogni altro sovrasta—Tu ti rendi padrone delle due contrade (alto e basso Egitto) per riempiere i depositi, per colmare i granai, e provvedere il necessario agli indigenti—Germogli per appagare tutti i voti, senza esaurirti mai e fai del tuo valore scudo agli infelici—Non sei inciso sulla pietra, nè sei scolpito sulle statue, che portano la doppia corona (emblema di sovranità sull'alto e basso Egitto)—Non ti si vede—Nessuna offerta giunge sino a Te—Non penetri nei misteri, nè si sa il luogo dove sei, nè lo si può rintracciare mediante lo studio delle sacre scritture—Nessuna dimora ti cape; nessuna guida può penetrare nel tuo cuore—Tu hai rallegrate le generazioni dei figli tuoi—Ti si rende omaggio al Sud—Immutabili sono i tuoi decreti, quando si manifestano ai servi del Nord—Tu bevi le lacrime di tutti gli occhi e prodighi l'abbondanza de' tuoi beni.

Il Nilo, guardandolo dalle sue foci, offre l'immagine di un albero gigantesco, le cui radici immergentisi nel Mediterraneo sono rappresentate dal Delta, ossia dall'Egitto propriamente detto, mentre i poderosi suoi rami si spingono sin nel cuore dell'Africa[4].

Il Nilo, come già si è detto, ha una lunghezza di 6500 chilometri, e non riceve più affluenti attraverso la Nubia inferiore e l'Egitto. Dal lato orientale fra El-Damer e Bèrbera nell'alta Nubia riceve per primo affluente l'Atbara, notevole corso d'acqua, che si potrebbe considerare come una delle principali sorgenti del Nilo, se avesse acqua perenne.

Continuando a rimontare il Nilo, al 15º 30' di latitudine Nord si divide in due rami: quello che viene dall'Est è conosciuto sotto il nome di Nilo azzurro e di Nilo bianco quello che Viene dall'equatore, il quale è considerato quale ramo principale.

Le sorgenti del Nilo al tempo del Filicaia non erano conosciute; il che fa dire al poeta in un suo sonetto:

Sbocca il gran Nilo da sorgente occulta.. . . . . . . . . . . . . . . .

Nilo bianco.

Fra il 9º e 10º di latitudine Nord il Nilo bianco riceve numerosi affluenti, e da questo punto sino al 5º il suo bacino abbraccia una zona paludosa annualmente inondata e grandi laghi formanti in complesso una superficie di oltre 250 mila chilometri quadrati.

Nel corso della stagione delle pioggie il flusso delle acque equatoriali si sfoga parte nella direzione dell'Ovest verso l'Atlantico per mezzo del fiume Congo e parte verso il Nord attraverso le contrade non beneficate dalle pioggie (Nubia ed Egitto) raggiungendo il Mediterraneo per mezzo del Nilo.

Ed è appunto fra i laghi Tanganika e Victoria-Nyianza che si trova lo spartiacque dei due più gran corsi fluviali dell'Africa, il Congo ed il Nilo; ma questo spartiacque è in alcune sue parti così debolmente segnato, che il bacino del Congo e quello del Nilo, per mezzo di alcuni loro affluenti, frammischiano le loro acque. Questa considerazione non avvertita dallo Stanley lo ha indotto a credere, che il lago Tanganika fosse l'unica sorgente dei due grandi fiumi.

Oggi invece è indubbiamente provato, che il Congo ed il Nilo non sono gli emissari dello stesso lago, poichè il Nilo riceve le sue acque non dal lago Tanganika, ma da quello di Victoria-Nyanza.

La sola incertezza, che rimane tuttodì, sta nello stabilire quale sia la riviera madre che, gettandosi nel lago Victoria-Nyanza, determini il corso superiore del Nilo, vale a dire rappresenti la sua sorgente principale.

Su questo riguardo i pareri sono disparati; ma a mio giudizio sono due le interpretazioni più logiche e più accreditate.

Secondo le osservazioni e gli studi dello Stanley, del Pearson e di missionari francesi parrebbe che il Mwaron, detto anche Louwambè, sia il vero Nilo originario, ove si consideri la lunghezza del suo percorso: Questo fiume tiene la sua sorgente al 3° dell'emisfero australe; esso scende al Nord, poi si piega al Nord-Ovest prima di gettarsi nella parte meridionale del lago Victoria-Nyanza.

Stando invece alle asserzioni dello Speke e di Grant, il Kitangouleh, detto anche Tangoureh, se si considera la sua massa liquida, sarebbe l'affluente del gran lago, che avrebbe maggiore diritto di essere considerato quale corso sorgivo del bacino superiore del Nilo. Il Tangoureh è un imponente corso d'acqua, che nasce nei monti che stanno al Sud dell'equatore; il suo bacino accoglie una enorme quantità di acqua durante la stagione delle pioggie ed in questo periodo si estende per una larghezza di parecchi chilometri. Nella stagione secca, che ha la durata di soli tre mesi, da agosto ad ottobre, il Tangoureh si riduce bensì a soli 75 metri di larghezza, ma la sua media profondità non è mai inferiore ai 15 metri. Al suo sbocco nel lago di Victoria-Nyanza si allarga sino a 130 metri con una profondità da 30 a 40 metri.

L'autore del presente studio darebbe la preferenza al Tangoureh considerandolo come il vero corso d'acqua, dal quale prende origine il Nilo. Si può quindi con fondamento asserire, che il Nilo bianco, propriamente detto, non è altro che la grande fiumana che accoglie una gran parte delle acque equatoriali, le quali convergendo tutte si riuniscono nelle grandi paludi del 9º grado. Il Nilo bianco comincia a formare il grande fiume Nilo, in seguito al suo congiungimento col Nilo azzurro vicino ed a levante di Khartoum, dopo un percorso di 1050 chilometri, durante i quali allaccia numerosi isolotti. Il terreno adiacente alle sue sponde conserva quasi sempre in quel suo lungo percorso lo stesso aspetto; ben di rado l'opprimente monotonia di quei terreni è rotta dalla veduta, anche lontana, di una catena di monti o di una qualche altura isolata.

La riva destra del Nilo bianco ha per limite una succes sione di banchi di sabbia dell'altezza generalmente di 10 metri circa; sulla sponda sinistra invece i terreni percorsi sono bassi; per un'estensione variante da uno a sei chilometri sono di natura alluvionale, soggetti alle inondazioni periodiche e per conseguenza fertili.

La superficie approssimativa del terreno lungo la sponda sinistra bagnato dall'acqua delle piene è di circa quattromila chilometri quadrati, i quali per la maggior parte restano infruttiferi, perchè i selvaggi, abitanti lungo la sponda, si limitano a coltivarne piccole particelle, per quel tanto, cioè, che è di necessità assoluta per la loro esistenza, mentre da quel terreno fecondato dalle acque si potrebbe ampiamente trarre il nutrimento per una popolazione cento volte più densa. Vi sono qua e là sparsi ciuffi di mimose, di acacie e di giuggioli, ed il terreno essendo affatto piano sarebbe facilmente irrigabile, come lo è quello della valle del Nilo e le pianure del Delta.

Questa notevole differenza nella natura delle due sponde risulta, al dire dell'egregio geografo Schweinfurt, dalla direzione costante del Nilo verso il Nord sopra uno spazio di 30 gradi.

In questa condizione le molecole liquide, invece di spostarsi nel senso dell'asse del fiume, con moto permanente ed uniforme, essendo spinte alla corrosione per la rotazione più rapida delle latitudini meridionali naturalmente intaccano la sponda destra (elevata), lasciando il benefico loro limo sulla sponda sinistra tutta pianeggiante, come alcune spiaggie a mare.

Questo fenomeno si manifesta e si è constatato anche nel percorso di parecchi fiumi di Europa che si trovano in identiche condizioni del Nilo.

Da un centinaio circa di osservazioni e scandagli eseguiti in 12 anni dal 1876 al 1878 risulta, che la larghezza media del Nilo bianco è di 1700 metri. In alcuni punti e specialmente un po' al di sopra di Khartoum, ove la larghezza raggiunge i tre mila metri, stendendosi le acque, sovra le terre basse e piane della riva sinistra molto al di là del vero letto, ne risulta una larghezza assai più considerevole.

La profondità media è di circa m. 5,40 e aumenta di due metri, quando la piena raggiunge il suo maximum.

Nel mese di marzo succede nei due rami del Nilo la massima magra ed in settembre la maggior quota di elevazione.

La piena comincia negli ultimi giorni di aprile e continua ad aumentare sino a settembre; poi il fiume comincia a decrescere gradatamente sino alla quota infima, che si avvera, come si disse, nel mese di marzo.

Se il Nilo bianco ricevesse tutta la eccedenza di acqua che entra nel lago Victoria-Nyanza, sarebbe un vero disastro per tutti i sottostanti terreni, perchè il volume d'acqua che vertiginoso scenderebbe dal lago porterebbe la distruzione dappertutto; ma è da notarsi che una gran parte della massa d'acqua che il lago Victoria raccoglie si evapora per la potenza di quel sole tropicale ed una parte si disperde per infiltrazione.

Si legge in alcuni autori, che le acque del Nilo azzurro discendendo da una regione di roccie, sono più limpide di quelle del Nilo bianco, limacciose e senza trasparenza.

Ma su questo argomento è necessario intendersi. È cosa indiscutibile che il limo trasportato dal Nilo bianco non può avere le proprietà di quello portato dal Nilo azzurro, il quale attraversa le terre vulcaniche dei monti abissini; ma non per questo si può negare, che le acque del Nilo bianco sieno pur esse fecondatrici, colla sola differenza, che le materie organiche contenute nel Nilo bianco sono per la più parte in istato di dissoluzione e non di limo e la loro missione, quando le acque dei due Nili si confondono per formare il gran Nilo, consiste appunto nel servire di spinta alle materie fecondatrici che, trasportate dalle riviere dell'Etiopia, si versano nel Nilo azzurro.

Le acque del Nilo bianco mutano tre volte di colore. Durante 20 o 25 giorni tra marzo ed aprile il primo flusso, che sbocca dalle paludi del 9º grado è alquanto saturo di materie vegetali; è questo il periodo delle acque verdi che si propagano per 5 o 6 giorni sino in Egitto. Esse sono nocive e gli abitanti evitano di berle in quello stato. In seguito sparisce il color verde e viene sostituito da una tinta rossiccia, cui tiene dietro, molto tempo prima della magra, una tinta glauca, ma quasi limpida, il che, senza dubbio, ha motivata la denominazione di Nilo bianco. Le terre che si possono coltivare nel bacino del Nilo bianco sono in generale fertili e di una notevole leggerezza. La loro tinta è chiara, calda e brillante più di quella delle terre egiziane; il che è probabilmente dovuto all'assenza di calcarea.

Nilo azzurro.

L'altipiano, che abbraccia tutte le Alpi abissine, ha nella parte Sud la sua linea di depressione traversale segnata sul versante del mar rosso dalla baja di Tadjoura e nell'interno da una grande cavità, che probabilmente un giorno fu centro di attività vulcanica, che si trasformò in un bacino lacustre denominato il lago Tsana.

Al pari di tutti i grandi laghi dell'Equatore lo Tsana è alimentato dai vapori dell'oceano indiano, i quali formandosi sui culmini dei monti di Etiopia si condensano in pioggia o si trasformano in neve. Questo lago è situato verso il 37º grado di longitudine Est ed al 12º grado di latitudine Nord; la sua superficie è di 3 mila chilometri quadrati e la sua profondità varia dai 70 ai 200 metri. Il Nilo azzurro detto anche Bahr-Arrec o Bahr-Abai esce dalla parte meridionale dello Tsana da un'altitudine di 1776 metri. Quest'imponente corso d'acqua fu per molto tempo considerato come la principale sorgente del Nilo, mentre non è che il ramo più conosciuto. Sin dai tempi di Tolomeo il corso del Nilo azzurro fu descritto con molta esattezza, confermata dalle più recenti esplorazioni. Il Nilo azzurro si dirige prima verso il Sud e corre in seguito nella direzione del Nord-Ovest, formando un arco di 400 chilometri intorno alla base dei monti Talba-Waka; e quindi continua il suo percorso di circa 10º, e senza mutare la sua direzione Nord-Ovest, finchè raggiunge il Nilo bianco a Khartoum (parallelo 15º e 29º). Il totale sviluppo del suo corso è di 1350 chilometri, vale a dire un quinto circa di quello del Nilo bianco, che è di chilometri 6500 dalle sue sorgenti alle sue foci di Rosetta e Damietta nel Mediterraneo.

La parte più aspra ed ostacolata del Nilo azzurro è rappresentata dai primi suoi 400 chilometri di corso.

Ad 8 chilometri dal lago Tsana supera una prima Cateratta, quella di Wareb, e riceve poco dopo il Bechto, che è il principale affluente del suo corso superiore. In seguito il suo letto si allarga sino a 200 metri scorrendo attraverso a pianure boschive; poscia ritorna a serrarsi un po' prima della Cateratta di Alata, che è una vera Cateratta rappresentata da una caduta perpendicolare di 25 metri. Il corso del Nilo azzurro non è più in seguito che una successione di rapidi in fondo a gole profonde e talmente strette, che i Portoghesi unirono in più siti le due rive con ponti in mattoni, dei quali uno ha resistito all'intemperie e sussiste tuttora.

In quelle gole profonde sopra una pendenza di 780 metri l'inclinazione raggiunge m. 1,95 per chilometro.

Oltrepassate quelle profondità, benchè la pendenza diminuisca sensibilmente, tuttavia il corso del fiume non cessa dall'essere torrenziale. Correttamente parlando, questo ramo del gran Nilo non abbandona il nome di Abaï per assumere quello di azzurro che dopo di avere attraversato il Nord del paese dei Gallas e dopo di avere lasciato dietro di sè le aspre alture del Faroglou.

Nell'epoca della stagione secca, il Nilo azzurro è talmente basso da non contenere acque sufficienti per mantenere a galla le barche, che fanno il traffico tra Senaar e Khartoum. Ma quando le pioggie periodiche incominciano e il sole ardente di aprile fonde le nevi accumulate sugli altipiani abissini, le acque gonfie del lago Tsana si precipitano nell'Abaï, che noi abbiamo sempre continuato a chiamare Nilo azzurro. Queste acque animate da enorme celerità si vanno man mano aumentando pel concorso dei torrenti affluenti e travolgono nei loro limaciosi flutti le ricche alluvioni tolte ai terreni fertili delle montagne. Tutta la poderosa massa di acqua formata dalla riunione dei due Nili ed aumentata dalle acque dell'Albara costituisce il complesso delle allu vioni, cui l'Egitto deve la propria esistenza, Il Nilo azzurro è, durante le sue piene, navigabile sino alla Cascata di Rossérès 504 chilometri distante da Khartoum. In quel punto le rocche fanno barriera al fiume e formano per le barche di ogni specie un ostacolo insormontabile. La piena periodica del fiume azzurro è avvertita a Khartoum venti giorni prima di quella del Nilo bianco. Si effettua in giugno e luglio, e raggiunge il suo maximum in agosto e qualche volta in settembre. Il fiume si mantiene in piena sino al 15 od al 20 settembre, e quindi progressivamente decresce per giungere al limite minimo di sue acque, o magra nel mese di marzo. Quando la piena raggiunge il suo maximum, le acque percorrono i 1800 chilometri che separano Khartoum da Assouan in 13 giorni con una celerità di circa 150 chilometri ogni 24 ore.

Prima dell'insurrezione del Mahdy e quando Khartoum era nelle mani dell'Egitto, i movimenti del Nilo azzurro erano registrati al nilometro stabilito in prossimità del palazzo del Governatore a 4 chilometri a monte della confluenza dei due Nili. La segnalazione perveniva giornalmente al Cairo per mezzo del telegrafo.

L'elevazione dell'acqua non si faceva sentire in Egitto che quindici e perfino quaranta giorni dopo, secondo l'epoca; il che permetteva di andare al riparo, in una certa misura, alle conseguenze di una piena od eccessiva o troppo debole.

A Khartoum l'altezza media del Nilo in piena è di m. 6,50.

Le acque del Nilo azzurro cominciano ad arrossare all'inizio della piena e quindi prendono una tinta più scura di mano in mano che il livello si eleva. Ma esse, nel decrescere, assumono una trasparenza quasi compiuta, onde il ri flesso d'un cielo senza nubi le fa parere azzurrate; il che ha dato origine al nome di fiume azzurro a questo gran ramo del Nilo.

Come si disse precedentemente, la piena del Nilo azzurro si annuncia normalmente 20 giorni prima di quella del Nilo bianco. Tuttavia l'elevazione delle acque in questo primo periodo non essendo considerevole, non succede alcuna alterazione al punto di confluenza dei due Nili e per conseguenza ben si può dire che il vero flusso delle due acque avviene contemporaneamente. Ed appunto il congiungimento quasi simultaneo delle piene dei due Nili produce le inondazioni più favorevoli per l'irrigazione dell'Egitto. Nei primi giorni di giugno, se avviene che la piena del Nilo bianco sia, oltre al normale, in ritardo, la violenza della corrente nel ramo abissino, ossia nel Nilo azzurro, è tale, che le acque del Nilo bianco sono rigettate molto al disopra del punto di confluenza. Quando invece vi è concordanza, i due Nili non frammischiano intimamente le acque loro che notevolmente a valle del punto di loro confluenza.

L'acqua del fiume azzurro è eccellente in tutte le stagioni. Si sa che essa contiene elementi auriferi specialmente al disopra del Senaar.

Gli indigeni non hanno conoscenza di sorta per lavorare con metodo i terreni auriferi del Ghesiret-Senaar, del Dar-Bertat e della valle di Thomat. Durante il periodo delle pioggie (Kharif) essi impiegano un gran numero di schiavi alla lavatura delle alluvioni trasportate dal fiume.

La mano d'opera essendo poco costosa gl'indigeni riescono a trarre da quella lavatura un non dispregevole utile.

Dai confini dell'Abissinia sino a Khartoum le regioni at traversate dal Nilo azzurro e dai suoi affluenti sono più fertili e meglio coltivate delle terre del bacino del Nilo bianco: quelle regioni formate da alluvioni di origine vulcanica depositate durante gli straripamenti periodici sono assai ricche.

Esse costituiscono un granaio, dove vengono ad approvigionarsi le altre provincie del Soudan.

Non vi sono che due qualità di terreno, entrambe eccellenti benchè di composizione diversa.

L'uno è rossiccio, poroso, friabile ed incontrasi nel Fazoglou. Nel Senaar si manifesta meno rosso e tendente al colore grigio. È il vero terreno per grano e per tutti gli altri cereali in genere.

L'altro terreno è nericcio e ricco di materie organiche. Nonostante la sua forza produttrice, che è enorme, gl'indigeni poco lo coltivano, e lo utilizzano invece per la pastorizia.

La vera riunione dei due Nili (bianco ed azzurro), in cui effettivamente la mescolanza delle loro acque è compiuta, trovasi a 15 chilometri al disotto di Khartoum.

Da questo punto e per un percorso di 70 chilometri la larghezza del Nilo è costantemente variabile: corre in seguito con una velocità media di m. 2,75 per secondo incassato fra i monti Agaba, catene rocciose che lo stringono, elevandosi maestose e quasi verticalmente al di sopra del suo corso.

Quivi il letto del Nilo si riduce ad una larghezza di 200 metri; è cosparso di alti fondi formati da roccie di granito, e la sua valle si limita ad una semplice striscia di terreno invasa dalle piene.

Il corso del fiume a 18 chilometri dopo di avere varcati i monti Agaba incontra una rocca gigantesca, che si eleva a più di 200 metri al disopra delle più alte piene.

Quest'isola rocciosa è chiamata collo stesso nome del monte che si eleva sulla sponda destra, Raoyan.

Il monte Raoyan a destra ed il monte Adjour sulla sponda sinistra segnano il principio del Sabaloka, ossia della sesta Cateratta.

L'isola, il monte Raoyan ed il monte Adjour sembrano aver formato un tempo un solo massiccio, in mezzo al quale il Nilo fu costretto a crearsi di viva forza un passaggio per scendere al Nord.

Il Nilo fra Khartoum ed Assouan.

Come abbiamo già accennato, la riunione del Nilo bianco col Nilo azzurro si forma al disotto di Khartoum e da questo punto si costituisce il vero Nilo. I Soudanesi danno al gran fiume il nome di El-Bahr, che significa mare, ed in Egitto per designare questo gran corso di acqua lo chiamano El-Bahr el-Nil, il mare-Nilo.

A Khartoum il livello medio del fiume è a 370 metri circa sopra ai livello del mare; a Berber m. 350½; a Dóngola m. 236; ad Assouan m. 94¼.

La distanza che separa Khartoum da Assouan, seguendo il corso del Nilo, è di circa 1800 chilometri.

Fra questi due punti esistono sei Cascate principali comunemente, ma impropriamente chiamate Cateratte[5].

Se per Cateratta deve intendersi la caduta repentina, per tutta la sua lunghezza, di un fiume che si precipita dall'alto per un immediato cambiamento di livello, nè la Cascata di Sabaloka, nè tutte quelle che si descriveranno in seguito, da Khartoum ad Assouan, possono chiamarsi Cateratte.

Le vere Cateratte si riscontrano a monte di Khartoum tanto sul fiume azzurro, quanto sul Nilo bianco, vale a dire, prima che i due fiumi, convolvendo le loro acque, formino il gran fiume.

Tuttavia io conserverò alle sei principali Cascate da Khartoum ad Assouan il nome di Cateratte consacrato dall'uso, e chiamerò le altre minori col nome di Cascate, intendendosi per queste, come dice il Fanfani, quei rami d'acqua, che scorrono rovinosamente per causa o di un grande pendìo o di ostacoli frapposti al loro corso.

Eccone la denominazione:

1ª Cateratta detta di Assouan

2ª » » di Wady-Halfa

3ª » » di Hannek

4ª » non altrimenti designata

5ª » detta di Moghrat o Solimanieh

6ª » » di Sabaloka.

Oltre queste sei Cateratte o Cascate esistono numerose altre Cascate di minore importanza, che i piloti delle Cateratte conoscono sotto differenti nomi, ma noi non ci occuperemo che delle Cascate principali, il cui nome sopra indicato è invariabilmente noto tanto agli indigeni quanto ai viaggiatori.

6ª Cateratta di Sabaloka.

Come si è già detto, fra Khartoum ed Assouan vi sono sei Cateratte o per meglio esprimermi sei Cascate costituite dal vero Nilo alimentato dalle acque del Nilo bianco e del Nilo azzurro, dopo la loro fusione a valle di Khartoum.

La prima che s'incontra, scendendo il fiume, è quella di Sabaloka (6ª Cateratta) la quale, come si è accennato, comincia a svilupparsi all'altezza del Monte Adjour situato sulla sinistra sponda del fiume. Per colui che ne salga la vetta si offre allo sguardo uno spettacolo indimenticabile. All'imboccatura della gola formata dal ravvicinamento dei monti Agaba, il fiume si precipita in una stretta di soli 75 metri di larghezza coprendo di alta schiuma le roccie, di cui è cosparsa la stretta. Ma l'adito che si è scavato il fiume fra quelle roccie non essendo sufficiente alla imponente massa delle sue acque esso è costretto a piegarsi all'Ovest e descrivendo una grande curva torna più in là a dirizzarsi al Nord, avvolgendo fra le sue acque una tal quantità di isole e di isolotti, che i piloti stessi non sanno distinguere e le chiamano in termine generico le 99 isole. In ciascuna di esse si scorgono rigogliosi massi d'acacie di tre qualità differenti fra loro, frammiste a giuggioli inghirlandati da varie specie di arrampicanti, e tutto questo complesso di fiori e di verdura dà a quelle isole un aspetto tanto più seducente in quanto che spiccatissimo è il contrasto loro colle roccie cupe della Cateratta e delle circonvicine colline, cui tengono dietro gli sconfinati deserti dell'Est e dell'Ovest.

Indipendentemente dagli isolotti appariscenti anche nelle più alte piene e di quelli che soltanto stanno scoperti in tempo di magra vi esistono nella Cateratta e fra i suoi profondi abissi numerosi banchi di sabbia che è necessario evitare per sei mesi dell'anno.

I punti di veduta in mezzo ai flutti frementi, le variate tinte delle roccie e dei banchi di sabbia formano un tutto che rallegra la vista, ed il pensiero corre spontaneo alla domanda di quel che sarebbe questo paese così incantevole, se abitato da una razza più industre, e sopratutto se il suo fiume non lasciasse deserte enormi superficie di terreni, che un tempo erano fecondate dall'acqua delle sue piene.

In parecchie Cascate di minor conto, che si succedono dopo quella di Sabaloka, si riscontrano egualmente delle mimose ed arbusti, che fanno parere meno opprimente la silenziosa via del deserto. Al viaggiatore stanco della solitudine desolata del deserto riesce delizioso il lontano fracasso delle onde fuggenti nelle Cascate che gli parlano di acqua e di freschezza.

Il Nilo non ha in tutto il suo corso nessun altro punto così imponente e così pittoresco, come quello del Sabaloka.

Continuando il suo corso verso il Nord, il fiume si volge sino al più lontano limite dell'orizzonte come un interminabile e largo nastro fulgente agli ardenti raggi del sole del Soudan.

La distesa del Nilo al disotto della Cateratta, è sorprendente e mentre nei gorghi non ha altro aspetto che d'impetuoso torrente, appena riesce a sprigionarsi dalle roccie, assume la maestà di Re dei fiumi, maestà che non conserva nel suo corso inferiore.

La Cateratta o meglio la Cascata di Sabaloka ha una lunghezza di chilometri 17. Comincia al Sud, come già si è detto, al picco di Raoyan, e termina al Nord all'isola di Marnad.

La differenza di livello fra i due punti estremi superiore ed inferiore è di circa 13 metri. I due passi più pericolosi sono quelli al Sud ed al Nord dell'isola di Raoyan. La velocità delle acque è tale che il loro profilo trasversale è rappresentato da un arco di circolo, di cui la corda nella parte centrale della corrente si eleva oltre ad un metro al disopra del livello dell'acqua, che scorre lungo le sponde.

Il pilota che s'impegna alla discesa del Sabaloka deve, in quel passo difficile, mantenere la sua barca sulla linea che segna il culmine delle acque, altrimenti se appoggia a destra od a sinistra non gli riesce più di governarla, e va indubbiamente a sfracellarsi contro una delle numerose roccie.

Questo fenomeno non si avvera soltanto nel passo del Sabaloka, ma è pure accertato da diversi esploratori in altri punti del Nilo e specialmente alla 3ª od alla 4ª Cateratta, come vedremo in seguito.

Spinte da un forte vento del Nord, le barche impiegano due giorni a rimontare il Sabaloka (17 chilometri) durante le alte acque, nel qual tempo la velocità della corrente è di cinque metri per secondo. Alla discesa un buon pilota non mette più di due ore per uscire dalla Cateratta. Durante la magra la navigazione diventa più difficile frammezzo a quella lunga sequela di scogli, i quali non formano tuttavia il più serio degli ostacoli che devono vincere le navi percorrenti il Nilo da Khartoum ad Assouan.

A valle dell'isola di Marnad, la quale, come si è poc'anzi accennato, segna l'estremo limite a Nord della Cascata di Sabaloka, il fiume si estende per una larghezza considerevole e corre libero da ogni ostacolo sino a Chendy e Matammeh, villaggi situati quasi dirimpetto l'uno all'altro. Il primo, che fu un tempo centro popolato, è al giorno d'oggi quasi deserto; essa sentì acerbamente le crudeli misure di vendetta prese da Mehemet-Ali-Pacha verso i suoi abitanti per punirli dell'omicidio di un suo figliuolo. Il secondo villaggio (Matammeh), obbiettivo della spedizione inglese del 1884, inviata a soccorso del generale Gordon, era stata scelta in precedenza, quale punto estremo di una ferrovia, che partendo da Wady-Halfa, costeggiando il Nilo sino ad Amboukol, al chilometro 600, avrebbe attraversato dal Nord-Ovest al Sud-Est il deserto di Bayouda e sarebbe venuta a sboccare a Matammeh al chilometro 889. Questa linea, che doveva raccogliere tutto il commercio dell'alto bacino del Nilo e portarlo in Egitto, ebbe soltanto un principio di esecuzione.

Sotto a Chendy si riscontra una serie di alti fondi conosciuti col nome di Abou-el-Ramleh assai difficili ad oltrepassarsi dalle barche, che vengono dal Nord. Sulle rive del Nilo, non potendosi in quel percorso praticare vie di alaggio, le navi sono costrette a mantenersi in mezzo alla corrente e ad attendere che il vento permetta loro di rimontarla.

I vapori, ai quali occorra una profondità di acqua minore di 0,90, possono, senza difficoltà, percorrere questa parte del Nilo durante tutto l'anno e nei due sensi.

Nelle piene e quando non vi è calma perfetta, il vento viene quasi costantemente dal Sud; le barche, che oltre ad avere il vento sfavorevole devono lottare contro la corrente, impiegano più di un mese a percorrere la distanza che separa Kendy da Khartoum.

Nel periodo della magra si produce l'effetto opposto; i venti soffiando allora dal Nord contrastano la discesa delle navi, che la corrente non ha più la forza di trascinare.

Distanza della 6ª Cateratta ( Sabaloka )

Da Khartoum a monte Chilometri 86

da Kendy a valle » 90

da Bèrbera » 259

dalla 5ª Cateratta » 305

da Assouan » 1710

Lunghezza della Cater. m. 17000

Altitudine a monte » 363 sopra il livello del mare

» a valle » 350 »      »      »

Media pendenza » 0 ,610

Celerità di corrente » 5

5ª Cateratta di Solimanieh.

Dall'estrema punta a Nord dell'isola di Marnad, in cui ha termine la 6ª Cateratta, e tranne gli alti fondi di Abou-el-Ramleh a valle di Kendy, di cui si è fatta parola nel descrivere la 6ª Cateratta e che non sono di serio ostacolo, ben si può dire che la navigazione è libera sino a Solimanieh (5ª Cateratta) cioè sino a 33 chilometri a valle di Bèrbera ed a 288 chilometri dal Sabaloka (6ª Cateratta).

L'avvicinarsi della 5ª Cateratta, che prende nome da una borgata della sponda sinistra del Nilo, è segnalato da due grandi isole, l'una rocciosa, alluvionale l'altra, al disotto delle quali il Nilo allargandosi raggiunge un'estensione di circa 4 chilometri. Là appunto il suo letto è sbarrato da sette altre isole, da un numero considerevole di isolotti e da una quantità di roccie.

Queste roccie che, nel periodo di magra, emergono sul pelo dell'acqua dai metri 7 ai 7,50, rendono impossibile qualsiasi genere di navigazione e benchè sommerse durante le alte acque, ostruiscono tuttavia la più gran parte del fiume nel suo corso.

Drekeh è la più importante delle sette grandi isole; essa è attorniata da una linea non interrotta di scogli assai pericolosi, ed è separata dalla riva destra del Nilo e dalle tre isole ad Ovest da due profondi canali che entrambi si convertono in una Cascata. Questi due canali soltanto servono di passo alle barche, le quali nella discesa li oltrepassano con una velocità vertiginosa, a meno che non siano trattenute da un forte vento del Nord. La sponda dell'isola Dekeh è tutta quanta a picco, rocciosa e non permette l'alaggio; ond'è che qualsiasi imbarcazione che rimonti il Nilo, sorpresa dalla calma nel passo della Cascata, è costretta a retrocedere per riprendere il suo cammino verso Sud, appena la brezza favorevole ritorni a manifestarsi.

La riva destra del fiume è coperta da colture, che si estendono a monte della Cateratta sopra una lunghezza di 8 chilometri; sulla sponda sinistra le coltivazioni si sviluppano per una lunghezza di 20 chilometri e per una larghezza dai 300 ai 500 metri, prolungandosi sino all'estremità inferiore del Solimanieh.

Fra la 5ª Cateratta, che abbiamo or ora descritta, e la 4ª esistono molte Cascate alcune delle quali non sempre navigabili in tutte le stagioni dell'anno.

Faremo cenno delle principali e di quelle che per la posizione loro hanno un'importanza notevole.

Cascata di Bagareh.

Fra la quinta Cateratta di Solimanieh e l'isola di Yankoueh il Nilo ha uno sviluppo di 35 chilometri.

In questo percorso circonda parecchie isole ed isolotti e segnatamente la grande isola di Kandessi, dove la navigazione, benchè difficile dopo le piene, non viene tuttavia sospesa durante le magre.

L'isola di Yankoueh ha quasi un chilometro di larghezza sopra sei chilometri e mezzo di lunghezza; è fertile e quasi del tutto coltivata. Essa è contornata da roccie di granito nero, che all'Est formano la Cascata di Bagareh e ad Ovest quella di Abou-Hachem. Queste due Cascate non hanno che un'importanza relativa durante l'alto Nilo, ma durante le acque basse sono impraticabili.

La riva destra del Nilo concede una striscia di terra coltivata di 12 chilometri che si stendono lungo la Cascata. Sulla riva sinistra le coltivazioni sono ad intervalli, quantunque la vegetazione ne sia più intensa e vi appariscano alcuni ciuffi di palma-docem e di acacie simili a quelli che s'incontreranno a Nord di Dòngola.

Alla sua uscita dalle Cascate il Nilo che scorreva in direzione Nord-Ovest fa un gomito attorniando l'isola Artol, più grande dell'isola Yankoueh, e quindi riprende il suo corso verso il Nord.

Cascata di Moghrat.

L'isola di Moghrat situata a 513 Chilometri da Khartoum all'estremità della gran curva che fa il Nilo nella direzione di Ovest Sud-Ovest per circoscrivere dai tre punti cardinali Est, Sud ed Ovest il deserto di Nubia, ed Argo presso Dòngola sono le più considerevoli delle isole nilotiche; tutte e due hanno oltre 30 chilometri di lunghezza e circa 5 chilometri di larghezza.

Moghrat è una rocca immensa, di cui la parte montana è refrattaria a qualsivoglia vegetazione; sovra alcuni punti dalla sua base (specialmente al Sud) il fiume ha ricoperto le roccie di qualche strato di alluvione, di cui gli isolani traggono partito.

Non ostante le numerose isole e le roccie esistenti all'estremità Sud di Moghrat la navigazione non diventa realmente difficile, che al disotto di quella parte del fiume che costeggia la grande isola e per un percorso di 12 chilometri. Tuttavia lo sbarramento non è compiuto che nel periodo della magra. Durante le acque alte alcuni battelli a vapore hanno rimontati le Cascate di Moghrat aiutandosi colla macchina e col soccorso di rimorchiatori. In quanto alle barche a vela spinte da un buon vento possono in 10 giorni percorrere l'uno o l'altro dei due rami del Nilo dalla punta Nord all'estremità Sud dell'isola. In complesso sono necessari 15 giorni per superare la distanza che separa Bèrbera dalla punta Nord dell'isola Moghrat.

A valle di Moghrat le sponde rocciose del Nilo si ravvicinano e lo stringono in siffatto modo da ridurlo ad una larghezza di 150 a 200 metri, ed anche nei punti ove il suo letto riprende le sua estensione normale, esso è sempre ingombro da roccie sino in prossimità dell'isola di Morkos a 20 chilometri da Moghrat.

Sulla riva destra a Nord-Est di Moghrat si trova Abou-Hamed, villaggio dove le carovane provenienti da Korosko si fermano prima di continuare la loro via verso Bèrbera. Egualmente vi si arrestano le carovane dirette a Korosko per le provviste di acqua prima di intraprendere la traversata del gran deserto di Atmour.

Ma l'insieme di questa regione presenta un aspetto miserando; alcuni strati di terra alluvionale qua e là intercalati fra le cavità tortuose danno nutrimento a qualche acacia, il cui verde contrasta coll'aspetto cupo delle roccie e col niveo dei flutti che senza posa le flagellano.

Le masse di sabbia sempre minaccianti d'invadere il magro dominio della vegetazione, le acque che incessantemente si sforzano di allargare il loro passo fra le roccie, tutto concorre a meravigliare lo sguardo e ad impressionare l'immaginazione. Si può asserire senza esitanza che la vita trascinata dagli infelici abitatori di questa contrada è peggiore che in tutte le altre plaghe attraversate dal gran Nilo.

Tanto il passaggio della Cascata di Om-Deras quanto di quelle che le tengono dietro a Touari ed a Kabenat non presenta difficoltà che nella stagione della magra.

Cascate di Touari e di Kabenat.

Il letto del fiume già strozzato a monte dell'isola Kansah trova pure ostacolo dalla punta Est dell'isola, che si spinge, quale cuneo, per dividere la corrente; ma, come già si disse, durante le acque in aumento per sei mesi dell'anno, la Cascata è navigabile.

Cascata di Om-Deras.

A valle dell'isola di Moghrat e sopra un percorso di 185 chilometri il Nilo deve successivamente superare a distanze assai ravvicinate i seguenti sette ostacoli: le Cascate di Om-Deras, Touari, Kabenat, Edermieh, Bahak, la quarta Cateratta e Guerendid.

La Cascata di Om-Deras si trova a 91 chilometri e mezzo al disotto della Cateratta di Moghrat, all'altitudine di 298 metri al disopra del livello del mare.

È formato alla punta dell'isola Cherri da un nucleo di isolotti e di roccie, enormi blocchi di granito di felspato bianco misto a micasto e di felspato verde. Gli stessi componenti si riscontrano nelle montagne che fiancheggiano il fiume da ambe le parti della Cascata.

L'isola di Cherri non è altro per sè stessa che una grande roccia di 10 chilometri di lunghezza, che permette qualche coltivazione della parte rivolta verso la riva destra del fiume, ove di tratto in tratto si osservano alcune particelle di terreno coltivo.

Più sotto a Kabenot il fiume è sbarrato per tutta la sua larghezza da un banco di roccie, i cui neri culmini stanno scoperti e che, impedendo la navigazione durante la decrescenza delle acque, costituiscono la Cascata di Kabenat.

Nelle acque alte questa Cascata può essere superata, tanto nel rimontare quanto nel discendere il fiume.

Cascata di Edermieh.

Un gruppo di sette grandi isole precede la Cascata di Edermieh, che comincia all'estremità dell'isola di Doulka e si prolunga per 5 chilometri al di là dell'isola Archichi; ivi il fiume si rinserra notevolmente e presenta gravi difficoltà alla navigazione. Tuttavia la Cascata di Edermieh viene sempre superato nelle alte acque. Succede talvolta che le barche provenienti dall'Egitto impiegano troppo tempo nel superare i difficili passi che mano mano incontrarono nel rimontare il fiume e sono sorprese dalle acque basse nell'affrontare la Cascata di Edermieh, il che le obbliga ad aspettare la piena successiva per continuare la loro rotta pel Nilo; in questo caso i passeggeri preferiscono di abbandonarla al loro destino e dirigersi verso Chenay e Berbera per la via del deserto.

Cascata di Bahak.

A 12 chilometri circa dall'isola d'Archichi il Nilo è di nuovo ostruito dalla grande isola di Kandy, la quale altro non è che un'immensa e nuda rocca attorniata da una quantità di isolotti e di scogli che ingombrano i due rami del Nilo in tutte le direzioni sopra una lunghezza di 4 chilometri.

Banchi di sabbia di una grande distesa ed appena coperti durante le alte acque aumentano ancora le difficoltà della navigazione.

I piloti delle Cateratte pretendono, e forse con ragione, che quantunque la Cascata di Bahak sia breve in confronto alle altre, tuttavia riesca una delle più pericolose fra quante la natura ha seminate fra Khartoum ed Assouan.

In capo alle Cascate, il fiume si ristringe ad una larghezza di soli 280 metri per causa del ravvicinamento di due speroni che si partono dalla catena di monti costeggianti le due sponde.

Su questi speroni esistono rovine di antichi fortilizi.

Il canale che si appoggia alla destra sponda, più largo di quello che corre lungo la riva sinistra, manca di fondo; esso è impraticabile anche nel momento più favorevole delle piene ordinarie.

La navigazione è per conseguenza costretta a servirsi del canale della sponda sinistra; ma nel periodo soltanto delle alte acque.

Dopo questo periodo i battelli andrebbero irreparabilmente in secca sui banchi di sabbia e sarebbero costretti a rimanervi sino alla piena successiva per disincagliarsi e proseguire il loro cammino.

Riepilogando il sin qui detto risulta che fra la quinta e la quarta Cateratta esistono Cascate di minore importanza in numero di sette, alcune delle quali presentano tuttavia difficoltà abbastanza notevoli per superarli.

Sulla quinta Cateratta (El-Solcinanieh) si possono dare i seguenti dati:

Distanza da Khartoum a monte 391 Chilometri

Id. dalla 4ª Cateratta a valle 415 id.

Id. da Assouan 1405 id.

Lunghezza della 5ª Cateratta m. 10000

Altitudine a monte m. 327 ,500

Id. a valle » 320 , —

Media pendenza » 0 ,700

Celerità di corrente per minuto secondo » 6 ,500

4ª Cateratta.

Fra l'ultimo Rapido di Bahak, che abbiamo descritto or ora e la 4ª Cateratta il corso del Nilo non è più libero che per una distesa da 4 a 5 chilometri, dopo i quali il suo letto offre l'immagine di un cataclisma ciclopico, ove disordinatamente si frammischiano isolotti e roccie. Masse di granito, di porfido e di basalto di ogni dimensione e forma risvegliano l'idea del caos. L'acqua fremendo corre in mezzo a questo pandemonio di chiuse e di roccie con una rapidità vertiginosa: un passo pericoloso è seguito da un altro anche più pericoloso, e non si può quasi concepire come fragili legni possano in un dato periodo avventurarsi tra quelle infinite minaccie di morte. Questa successione di roccie nere e deterse, che costituiscono la 4ª Cateratta, impraticabile durante le acque basse ed assai pericolosa nelle piene, presenta uno spettacolo imponente.

Il tetro silenzio che regna in quei luoghi rotto soltanto dal frastuono dei flutti, l'aridità del suolo circostante e la solitudine vasta e selvaggia di quella plaga concorrono potentemente a colpire lo spirito di ammirazione mista a tristezza.

Benchè la Cateratta non abbia che la distesa di 6 chilometri, tuttavia s'impiegano sei giorni per rimontarla; un chilometro al giorno.

La velocità delle acque in alcuni punti è straordinaria, in altri manca il fondo, o l'alaggio non è possibile per la continuità di roccie a picco, che si distendono lungo canali stretti e profondi; in alcuni punti è necessità il far scivolare le barche o sulla sabbia o sulle roccie.

S'impiegano talvolta fino a 1500 uomini per trascinare barconi per mezzo di alaggio.

A tre chilometri a valle della Cateratta si riscontra una Cascata conosciuta sotto il nome di Cascata di Terai; ma essa può benissimo considerarsi come facente parte della 4ª Cateratta.

La Cascata di Guerendid, che viene in seguito, pone termine alla lunga serie di Cascate comprese fra Amboukol a valle e Abou-Hamed a monte. Fra questi due punti la navigazione si può dire libera durante tutto l'anno.

Distanze a cui si trova la 4ª Cateratta.

Da Khartoum a monte 706 chilometri

Dalla 3ª Cateratta (Hannek) a valle 350 »

Da Assouan 1090 »

Lunghezza della 4ª Cateratta m. 6000

Altezza a monte » 264 ,270

Id. a valle » 359 , —

Media pendenza » 0 ,885

3ª Cateratta di Hannek.

All'isola di Argo ne succedono altre meno importanti: la più ragguardevole è quella di Wabia che forma la testata della gran Cascata conosciuta sotto il nome di Cateratta di Hannek. Gli approcci di questa gran Cascata sono segnalati da una collina dirupata ed isolata. Dopo Wabia si riscontrano parecchie altre isole.

La catena arabica, che si era notevolmente allontanata dal fiume nelle vicinanze di Dongola, si ravvicina ad Hannek, dove le sue roccie lo attraversano per collegarsi ad Ovest alle colline più avanzate delle montagne libiche.

Durante le acque alte la Cascata di Hannek sparisce, e non si distingue dalle altre parti del Nilo che per una più rapida corrente, che si accentua a Lokoli, il solo passaggio, che conserva il carattere di Cascata abbastanza pericolosa. Tuttavia la metà del letto dal lato Ovest presenta sempre un'alternativa di correnti, di controcorrenti, di vortici e di scogli cosparsi di graziosi e verdeggianti isolotti, che durante la massima magra si possono visitare a piede asciutto.

Quando le acque si abbassano, il Nilo arriva ad Hannek diviso in due grandi rami; quello dell'Est forma quattro canali secondari, mentre quello dell'Ovest non ne forma che tre. Il canale di Lokoli, è il principale, perchè da esso scorre la maggior parte delle acque del Nilo, essendo meno ingombro di roccie e di scogli.

L'aspetto di Lokoli è imponente ed è il solo passaggio di cui si serve la navigazione tanto nel discendere quanto nel rimontare il fiume.

La discesa è vertiginosa, e l'ascesa non può effettuarsi dalle barche a vela, se non aiutate da vento molto favorevole.

La Cateratta di Hannek ha una lunghezza di 6 chilometri e mezzo; la differenza di livello fra il suo principio ed il termine è di metri 3,20 durante le acque alte e di 5 metri e mezzo durante la magra.

Questa Cateratta, che relativamente alle altre ha una debole pendenza, è meno pericolosa della 4ª e se le barche ordinarie provano difficoltà reali a superarla nelle piene, egual cosa non può dirsi dei vapori, i quali, se guidati da un buon pilota, percorrono in poche ore questa Cascata in tutta la sua lunghezza.

Hannek è fra le Cascate del Nilo la più pittoresca per le sue numerose isole verdeggianti e fertili, come sono tutti i terreni porfirici e granitici situati in prossimità dell'acqua; ma, nel vero senso della parola, la Cascata di Hannek può neppure chiamarsi Cateratta.

Prima di giungere a Vady-Halfe il corso del fiume deve superare molte Cascate di minore lunghezza e considerazione, delle quali le principali sarebbero quelle di Chaban, di Kaibar, di Amara, di Dal, di Akacheh, di Okmeh, di Tangour, di Ambigol, Wady-Attir, e di Semneh.

In tutte queste Cascate il fiume forma a monte una specie di bacino strozzato nella parte inferiore del ravvicinamento delle catene arabica e libica e limitato dalle roccie stesse, che insinuandosi nel letto del fiume collegano le due catene di monti.

Le acque un tempo si ammassarono in questi bacini, sintantochè per la loro pressione riuscirono ad aprirsi in vari punti degli aditi che, man mano, mediante la corrosione, seppero allargare.

A valle delle Cascate ora mentovate il letto del fiume si distende; canali più o meno accessibili e varianti per numero corrono in mezzo alle roccie con una velocità, che muta in ragione diretta della differenza di livello tra l'amonte e l'avalle ed in ragione inversa del numero delle breccie, che l'acqua ha potuto effettuare; il tutto poi è incassato fra le sponde del fiume elevantisi dai 40 ai 150 metri sopra il livello delle acque.

Distanza a cui si trova la 3ª Cateratta.

Da Khartoum a monte Chilometri 1130

Dalla 2ª Cateratta di Wady-Halfa a valle id. 318

Dalla 1ª Cateratta di Assouan id. 666

Lunghezza della Cateratta circa metri 7000 —

Altezza a monte id. 222 —

Id. a valle id. 216 ,50

Media pendenza id. 0 ,853

2ª Cateratta di Wady-Halfa.

In tutte le Cascate prese finora in esame il Nilo forma a monte una conca, ossia una specie di bacino strozzato nella sua parte inferiore pel riavvicinamento delle due catene arabica e libica con un sottosuolo che, attraversando il fiume, collega le due catene. Ove il bacino si rinserra, ivi comincia la Cascata.

Le acque accumulandosi un tempo in questi bacini si apersero a poco a poco per la loro stessa pressione degli aditi nella barriera naturale formata dal collegamento delle due catene di montagne, aditi che la corrosione delle acque andò sempre allargando, essendo esse costrette a defluire in un letto serrato da argini elevantisi sul pelo dell'acqua da 40 a 150 metri di altezza.

La Cateratta di Wady-Halfa fa eccezione a questa regola generale per quanto riflette la sua parte superiore.

In essa non si nota alcun ravvicinamento delle due catene fiancheggianti il fiume, le quali gli si mantengono sempre parallele; nessun indizio accenna l'avvicinarsi della Cascata salvo il frastuono delle acque che impetuose s'infrangono fra le roccie. La Cateratta, invece di essere serrata, si espande per una lunghezza e per una larghezza considerevoli, e le roccie che la costituiscono sembrano casualmente emergere sul pelo delle acque, mentre invece esse sono parte integrante di una delle due catene che fiancheggiano il fiume.

Durante le alte acque la maggior parte delle roccie restano sommerse, il che non toglie che la Cateratta di Wady-Halfa costituisca il punto più pericoloso del Nilo, per il che i piloti non ne tentano mai il passaggio con barche cariche anche nelle più grosse piene. Per questi motivi appunto Wady-Halfa veniva scelto come testa di linea di ferrovia pel Soudan.

Dopo il 1885, in seguito alla rivolta di quella regione non potendosi più utilizzare i nilometri di Khartoum e di Bérbera, si pensò ad impiantarne uno a Wady-Halfa sulla sponda destra del fiume. Ma esso è insufficiente, perchè elevandosi soltanto di metri 6,72 al disopra della quota della magra, non può neppure segnare le piene ordinarie le quali in quel punto arrivano a metri 8,30 e raggiungono sino i 9 metri negli anni eccezionali.

Wady-Halfa, villaggio insignificante, ha acquistato dopo il 1885 un'importanza notevole coll'insediamento di un governatorato generale, che abbraccerà l'amministrazione civile e militare della provincia frontiera del Sud dell'Egitto.

Inoltre per misure di sicurezza per la difesa della linea di confine venne a Wady-Halfa creato un campo trincerato con forte presidio anglo-egiziano allo scopo di arrestare i ribelli, ove tentassero di avanzarsi verso il Nord.

Nel discendere il Nilo si riscontra a poca distanza da Wady-Halfa Ibsamboul, celebre per le imponenti ruine de' suoi antichi templi e delle sue statue colossali.

Questi splendidi monumenti scavati nella viva roccia dei monti libici colpiscono il viaggiatore di meraviglia, anche se prima ha visitato Luxor, Karnak, Denderah, Abido e le grandi Piramidi.

Le rovine di Ibsamboul colle enormi loro dimensioni, colle loro ammirevoli e giuste proporzioni, colla finitezza della loro esecuzione attestano in modo evidente quanto fosse il grado di civiltà e di grandezza del popolo che le legò alle presenti generazioni.

Vi sono in seguito, continuando a discendere il fiume, altre rovine ed altri templi dell'epoche dei Tolomei e di Roma, le quali elevandosi sopra le sabbie rompono la scoraggiante monotonia di una regione, che per un percorso di circa 350 chilometri è rattristata dalla inflessibile aridità del deserto, il cui dominio invade peranco le sponde del Nilo.

Ad un terzo della distanza che separa Wady-Halfa da Assouan s'incontra il villaggio di Korosko, che non ha altra importanza tranne quella che, essendo collocato sulla sponda destra del fiume, ha dominio sulla strada delle carovane pel Soudan e su quella che, attraverso al deserto, conduce ad Abau-Hamed ed a Bérbera.

Una vasta pianura precede Kalabhek, luogo destinato, in un giorno forse non lontano, a diventare un punto d'una importanza indiscutibile nell'idrografia del Nilo.

Si tratterebbe di costrurre in quelle vicinanze una gran diga attraverso al Nilo capace di arrestarne il passo a parecchie migliaia di metri cubi d'acqua allo scopo di fecondare tutto il piano di Kalabcheh.

Questa notevole massa liquida verrebbe gradatamente restituita al fiume durante le acque basse, quando cioè il Nilo non è più in grado di dare acqua sufficiente per l'alimentazione dei canali del Delta.

Distanza a cui si trova la 2ª Cateratta.

Da Khartoum a monte Chilometri 1448

Dalla 1ª Cateratta di Assouan a valle id. 348

Lunghezza della Cateratta metri 1700 —

Altitudine a monte id. 138 —

Id. a valle id. 120 —

Media pendenza id. 1 ,058

1ª Cateratta di Assouan.

Il Nilo, per cinque o sei chilometri prima di costituire la Cateratta di Assouan, è cosparso di isole, isolotti e roccie, che succedendosi a brevi intervalli producono numerose cascate, risalti e ribollimenti assai gradevoli alla vista.

Durante le alte acque questi ostacoli scompaiono in parte e formano altrettante Cascate, che le barche ed i vapori non di grande portata possono agevolmente superare.

Il Nilo prima di superare la sua ultima Cateratta (che è la prima per chi rimonta il corso del fiume) circonda le grandi isole Héasi, di Avvad e di Bega. Ad Est di quest'ultima incontrasi la bellissima isola di Phile, la quale segna il limite estremo della maggior parte dei viaggiatori del Cairo che rimontano il Nilo.

L'isola di Phile è da ogni parte attorniata da brune roccie, e giace in mezzo ad una specie di golfo che all'occhio sembra indicare il limite del Nilo.

Un tentativo infelice venne fatto, quarantacinque anni or sono, per migliorare la navigazione alla Cateratta di Assouan.

A tale scopo si fecero saltare alcune roccie, che ostruivano il passo principale. Questo lavoro ebbe per risultato di approfondire il canale e per conseguenza, aumentando la corrente, si rese più difficile l'accesso. Per fortuna non si andò più oltre; altrimenti se l'esperimento avesse avuto un maggiore sviluppo, sarebbe riuscito esiziale per l'Egitto. I numerosi ostacoli accumulati sopra alcuni punti dei grandi rami del Nilo, e specialmente fra la sesta e la prima Cateratta, per un percorso di 1800 chilometri, sono una delle più belle provvidenze della natura. Gli antichi Egizi consideravano gli ostacoli naturali entro il letto del Nilo come nocivi all'aumento del benessere generale, e quindi causa diretta delle frequenti emigrazioni delle tribù verso il Sud; la scienza moderna invece li ammira, perchè essi servono di complemento indispensabile pel regime delle acque, che ha creato l'Egitto e ne alimenta la fertilità.

I laghi dai quali scende il Nilo, nonchè le paludi del nono grado che attraversa, sono i potenti regolatori che costituiscono le piene regolari; ma l'azione loro sarebbe paralizzata, se essa non avesse per potente ausiliario i numerosi ostacoli naturali che rallentano la rapidità delle acque.

Questi ostacoli, che possono chiamarsi i regolatori comple mentari del Nilo, trattengono tanto nelle piene, quanto nel periodo di magra, una parte della massa d'acqua che incessantemente si sprigiona dall'equatore e dai monti dell'Etiopia. Senza le Cateratte e senza quel complesso di Cascate, che compensano le differenze di altitudine in alcuni tratti considerevoli nell'alto bacino del fiume sino ad Assouan, il Nilo sarebbe per alcuni mesi un torrente impetuoso e devastatore invece di essere il fiume benedetto e largo di benefizi per quelle regioni cui regolarmente concede il favore delle sue acque.

A differenza delle violente rivoluzioni e distruzioni cui sono soggetti e popoli e città e monumenti anche i più solidi, i fiumi subiscono alterazioni lente, ma continue che modificando il loro regime variano l'aspetto ed i caratteri speciali delle contrade che attraversano.

Il Nilo non va esente da questa legge naturale ed i fenomeni che si osservano nelle roccie delle sue Cateratte, composte di elementi eterogenei, si appalesano per mezzo di violenti corrosioni causate dall'acido carbonico, che il Nilo bianco trascina seco. L'azione di quest'acido carbonico eccitata dal fregamento dinamico dei tanti miliardi di metri cubi d'acqua che da centinaia di secoli si versano dall'Africa centrale nel mare, ha lentamente, ma incessantemente alterato il profilo delle Cateratte, alcune delle quali, consumate ed affrante, da molto tempo scomparvero.

La distruzione incessante e le varianti che ne emersero nel letto del fiume hanno causata la rovina di quelle terre non più visitate dalle acque delle inondazioni. Dei 270 mila chilometri quadrati di terreno nilotico, che esistevano fra Khartoum ed Assouan, 2 mila soltanto possono ancora essere coltivati.

Il rimanente da gran tempo incolto e progressivamente invaso dalle sabbie del deserto è sotto la minaccia continua di essere per sempre perduto per l'industria umana. Questa parte della valle del Nilo è ridotta ad un minimum di popolazione ed i suoi abitanti sono costretti ad un eccesso di lavoro soltanto per irrigare con mezzi artificiali il terreno.

Se le Cateratte non esistessero, farebbe d'uopo il crearle. Esse esistono; ma siccome il tempo ed il Nilo le hanno quasi tutte solcate con numerose, larghe e profonde breccie ed alcune di esse vennero del tutto distrutte, il problema a risolversi si può formolare nel modo seguente:

Ricostituire quelle parti del letto del fiume che vennero distrutte e limitare il numero dei canali che l'acqua si è aperto, coll'ostruirne parecchi allo scopo di elevare il piano d'acqua del Nilo affine di aumentare la vegetazione e la distesa delle terre coltivate minacciate sempre dall'invasione delle sabbie del deserto, e rendere il Nilo navigabile dal Mediterraneo all'Equatore; in una parola, migliorare in quelle regioni, non più visitate dalle acque del Nilo, le condizioni della vita umana.

Distanza della 1ª Cateratta di Assouan.

Da Khartoum a monte 1796 chilometri

dal Cairo a valle 1945 »

Lunghezza della Cateratta d'Assouan metri 5000 —

Altitudine a monte » 94 ,160

» a valle » 89 ,160

Media pendenza » 1 —

Il Nilo tra Assouan ed il mare.

Da Assouan al Cairo sopra una lunghezza di 941 chilometri il Nilo scorre attraverso ad una stretta vallata lungo versanti di montagne, o lungo margini di altipiani, la cui altitudine varia tra i 50 ed i 350 metri.

È rigorosamente provato che il regime del Nilo in questo tratto del suo corso era mantenuto, molti secoli addietro, da Cateratte o da Cascate e da un bacino lacustre che hanno cessato di esistere. Quanto al bacino lacustre, la cui esistenza non potrebbe essere posta in dubbio, si trovava ad 840 chilometri al Nord di Assouan, là dove la catena libica forma un'enorme cintura attorniando una depressione del suolo.

I punti più bassi di questa depressione sono oltre 50 metri al disotto del Mediterraneo. Si perviene a questa vasta cinta per mezzo di un burrone formato dallo scartamento di due dei contrafforti, che si trovano più a levante della montagna.

Il burrone fu occupato dal Nilo, allorquando scorrendo ad Ovest del suo letto attuale venne, in remota epoca non precisabile, ad aprirsi un passaggio riempiendo per conseguenza l'intiera depressione di terreno di cui si è fatta parola.

Durante secoli e secoli la notevole massa d'acqua raccolta in lago servì di regolatore, ricevendo dal Nilo le acque delle sue piene, e restituendole al fiume stesso all'epoca della sua magra.

In seguito, sia che il Nilo abbia abbandonato il suo letto primitivo, onde le acque non giunsero più pel canale di derivazione che in una quantità insufficiente, sia che un cataclisma geologico abbia prodotto un parziale sollevamento di suolo nel punto di derivazione delle acque, il bacino lacustre si disseccò gradatamente e pose allo scoperto strati alluvionali, che trasformarono questo luogo, prima deserto, in una oasi fertile ed abitabile.

Questa oasi è la provincia di Fayoum, celebre per il laberinto ed il lago artificiale creati da Amenemba ossia dal Re Meris dei Greci, visitati e descritti da Erodoto, Strabone, Plinio e Diodoro di Sicilia; in seguito vennero distrutti.

A 968 chilometri da Assouan e a 23 chilometri a valle del Cairo il Nilo si divide in due rami ed attraversa l'immensa pianura, che costituisce il Basso Egitto. Il ramo dell'Est ha 236 chilometri di sviluppo; quello dell'Ovest compensa la sua minor lunghezza con vari giri; dimodochè il suo totale sviluppo riesce eguale a quello del ramo orientale.

Sotto i Faraoni e sotto i Tolomei il Nilo si divideva in sette diramazioni, cinque delle quali abbandonate dalle acque poco a poco si colmarono.

Non rimangono quindi che i due rami sopraindicati, il Phatnitico o di Damietta ed il Bolbitico o di Rosetta, i quali portano le acque del Nilo al Mediterraneo.

La forma triangolare del Basso Egitto gli ha fatto dare il nome di Delta, che è formato dalle alluvioni portate dal fiume. Il suo litorale presenta una base di 300 chilometri, limitati a levante dalle rovine di Pelosa, a ponente dalla città di Alessandria.

La superficie totale del Delta colle sue paludi, lagune e dune è di 22276 chilometri quadrati, dei quali la metà soltanto è coltivata.

La spiaggia del Delta avanza gradatamente nel mare specialmente verso le due foci del Nilo e continua a trasportare terra. La media annuale della conquista, che la terraferma fa sul mare per opera del Nilo, è di metri 2,50.

Al culmine del Delta vale a dire nel punto in cui il Nilo si divide in due rami venne costruita un'opera gigantesca di asseragliamento di un'importanza capitale. Di quest'opera chiamata il barraggio del Nilo si terrà parola in altro Capitolo.

Fra Assouan ed il mare il totale sviluppo del Nilo è di 1204 chilometri. In questo percorso le varie sue lunghezze sono le seguenti:

Larghezza del Nilo.

PERIODI Fra Assouan e il barraggio Fra il barraggio e le sue foci

RAMO DI ROSETTA RAMO DI DAMIETTA

Maximum delle piene 2000 metri 900 metri 500 metri

Mezza piena 1000 id. 600 id. 300 id.

Magra 450 id. 450 id. 200 id.

Gli antichi Egizi conoscevano l'importanza delle misure del loro fiume ed avevano stabiliti in vari punti dei Fluviometri.

Prima del 1886 i movimenti del Nilo erano registrati:

1º Al nilometro di Elefantina, comunemente detto nilometro di Assouan (945 chilometri a Sud del Cairo);

2º Al nilometro di Rodah (4 chilometri a Sud del Cairo);

3º A quello del barraggio (23 chilometri a valle del Cairo).

I due nilometri, o Mequyas, di Assouan e di Rodah sono graduati in misura egiziana detta pic. Il pic è presentemente ragguagliato a metri O,54.

Il nilometro del barraggio porta la graduazione metrica.

Esso è stabilito alla punta Sud del Delta ed è collocato al fianco destro del barraggio (ramo Rosetta); porta due graduazioni distinte l'una a monte e l'altra a valle del barraggio; quest'ultima serve a riconoscere di quanto si abbassi il pelo dell'acqua al disotto della chiusa d'acqua, quando le porte, che costituiscono il barraggio, sono abbassate.

Lo zero ai tre indicati nilometri di Assouan, di Rodah e del barraggio corrisponde alle altitudini di metri 84,160, metri 11,832 e metri 10 al di sopra del livello medio del Mar Rosso, superiore di metri 0,60 al livello medio del Mediterraneo.

La piena del Nilo è forte o debole in proporzione delle pioggie cadute all'Equatore e sopra le montagne dell'Etiopia. Il suo percorso ascendente non è mai soggetto a repentine varianti; subisce soltanto alcune oscillazioni alternate durante la massima magra, che succede nel mese di maggio. Il Nilo comincia il suo movimento ascensionale in giugno. È appunto verso il 20 di detto mese, che si celebra la festa del Nokta (goccia) che indica il principio della piena, che si manifesta al Cairo, osservando le acque che si vestono di un colore verde. Il fiume accentua la sua piena in luglio ed agosto e si mantiene tale in settembre. Qualche volta si è manifestata la massima piena nei primi giorni di agosto. Ma queste piene premature sono eccezioni che non infirmano per nulla la regolarità, colla quale le piene del Nilo si riproducono da migliaia d'anni. Il movimento ascensionale è generalmente più accentuato dal 1º al 20 settembre. Il livello delle acque appare stazionario per pochi giorni e poi il fiume comincia a decrescere, d'ordinario nella prima settimana di ottobre.

La piena è detta reale, quando raggiunge il suo più favorevole livello, che è di 22 pic ossia metri 18,50 misurati al nilometro del Cairo. Oltre questo limite l'inondazione riesce sempre disastrosa.

PRIMA CATARATTA (RAPIDA) detta di ASSOUAN CHIOSCO NELL'ISOLA DI PHILE[126][127]

CAPITOLO VII.

VIAGGIO SUL NILO DAL CAIRO ALLA PRIMA CATERATTA

Viaggi sul Nilo, per mezzo della Società Cook & Son

Nello stesso modo che il Nilo è l'Egitto, perchè senza il Nilo non esisterebbe l'Egitto, così Cook & Son costituiscono la provvidenza per i viaggiatori dell'alto Nilo.

Ma chi è mai questo Cook?

Cook rappresenta una compagnia (padre e figlio) che vi alloggia, vi nutrisce e vi diverte per terra e per mare, per laghi e per fiumi. Nilo, Palestina, Asia, Europa, America ed Oceania, in una parola tutte quante le parti dell'Orbe terracqueo non solamente conoscono Cook & Son, ma all'illimitata potenza di padre e figlio portano tutte un largo tributo di sterline.

Io scommetto che Cook & Son sarebbero disposti a trasportare viaggiatori nel mondo della luna (andata e ritorno), purchè il corrispondente ammontare in lire sterline, od in altra equivalente moneta fosse sborsato almeno 24 ore prima della partenza per quel globo.

E così per seguire l'impulso di beneficare l'umanità sofferente e recar sollievo al povero fellak egiziano la Ditta Cook & Son si è recentemente risolta di nuovamente tra sportare dall'Inghilterra in Egitto, ed a proprie spese, tutte le antichità e tutte le mummie, che la bionda Albione possiede, per invogliare i viaggiatori dell'universo intero a visitare la regione dei Faraoni, la quale, se orbata delle sue gloriose reliquie, non desterebbe nessun sentimento di curiosità sull'animo dei forestieri.

Ogni anno va aumentando il numero dei passeggieri, che dal Cairo compiono l'interessante e dilettevole viaggio sul Nilo, rimontando la maggior parte il fiume sino alla prima Cateratta e l'altra spingendosi fino alla seconda di Wady-Halfa, che segna il confine dello stato egiziano.

Le comodità di ogni genere, da cui al giorno d'oggi si trova in certo qual modo circondato il viaggiatore che rimonta il Nilo, concorrono in larga misura a risolvere i dubbiosi di visitare i tanti monumenti e reliquie della grandezza egizia, che si trovano scaglionati lungo tutto il percorso del fiume.

L'epoca più opportuna per il viaggio dell'alto Nilo è la stagione invernale, poichè sul finire di marzo il caldo di quelle regioni comincia già a mostrarsi molesto al viaggiatore.

Prima del 1869 l'unico mezzo comodo per rimontare il Nilo era di servirsi delle Dahabie (una specie di grossi barconi coperti a vari scompartimenti con cabine e salotti) rimorchiate da vaporetti.

Ma questo mezzo di viaggiare, oltrechè costosissimo, presentava l'inconveniente di un servizio alquanto irregolare, non potendosi mai fare assegnamento sul giorno che questi trasporti effettuavano il loro viaggio.

Nel parlare della navigazione sul Nilo si è detto che la compagnia Cook & Son possiede una vera flottiglia.

Oltre l'esercizio di parecchi vapori ad elica appartenenti al governo egiziano, la casa Cook ha sul Nilo di sua esclusiva proprietà le seguenti navi:

Battelli a vapore di prima classe.

NOMI Lunghezza in metri Larghezza in metri Cavalli a vapore Data di costruzione

Rameses III 61,00 8,50 500 1892

Rameses il Grande 67,40 9,10 500 1890

Rameses 71,90 9,10 500 1887

Prince Mohammed-Alì 48,80 6,10 350 1887

Prince Abbas 48,80 6,10 300 1886

Tewfik 48,80 6,10 300 1886

Questi battelli sono tutti a ruote e destinati esclusivamente al trasporto di passeggeri di prima classe.

Battelli a vapore destinati anche al servizio postale del Nilo.

NOMI Lunghezza in metri Larghezza in metri Cavalli a vapore Data di costruzione

Hatasoo 48,80 7,60 400 1890-91

Cleopatra 42,70 7,60 400 1888

Nefert-Ari 42,70 7,60 400 1888

Amenartas 42,70 7,60 400 1888

Questi vapori sono tutti a ruote e sono destinati:

1. Al servizio postale;

2. Al trasporto di viaggiatori di 1ª, 2ª e 3ª classe;

3. Al trasporto di ufficiali e di impiegati civili, secondo un contratto col governo egiziano.

Battelli a ruote del vecchio tipo per rimorchio e per altri usi:

Menes Tahta Thotmes Pepi Oonas.

Battello a ruote per 10 persone:— Il Mena.

La sua lunghezza è di metri 30,50; larghezza metri 4,60; 80 cavalli a vapore di forza.

È specialmente adatto per comitive private di dieci persone. Può anche essere noleggiato per rimorchiare Dahabie.

Nitocris Dahabia a vapore.

La sua lunghezza è di metri 31,40; larghezza metri 4,60 con 80 cavalli-vapore.

Serve per comitive private, piccole famiglie, per ammalati e spedizioni di caccia. Ha posto per circa sei persone.

Lance a vapore per rimorchiare Dahabie o per altro uso.

Sebek Hapi Ptah Anubis Iris Serapis e Chepera.

Nuove Dahabie di prima classe:

Hator Nepthis Ammon-Ra

Vennero costruite nel 1890 e sono le più grandi Dahabie sul Nilo e le più eleganti.

Oltre queste vi sono le seguenti Dahabie:

Osiris Isis Horus Tih Mansourah Philites Attieh El Rahma Gazelle Chonsu.

Sono in numero di nove, e le ultime sei di recente costruzione hanno scafi d'acciaio.

La Casa Cook possiede pure 70 barche e battelli a vela a varie dimensioni ed alcuni della portata di 50 tonnellate per trasporto di vettovaglie.

I battelli a vapore sul Nilo non viaggiano di notte.

Fra i battelli a vapore di prima classe appartenenti alla flottiglia Cook havvi il Prince Abbas recentemente restaurato.

È, come già si disse, un elegante battello a ruote per esclusivo trasporto di passeggeri di prima classe che dal Cairo intendono recarsi alla prima Cateratta di Assouan; e mentre tutti gli altri battelli per viaggiatori limitano il tempo del loro viaggio a venti giorni fra andata, fermate e ritorno dal Cairo ad Assouan, il Prince Abbas v'impiega un mese intero, e così i passeggeri possono effettuare le loro escursioni con minore precipitazione e visitare un maggiore numero di località tanto sull'una quanto sull'altra sponda del Nilo, facendo una più lunga sosta in quelle più ragguardevoli. Il Prince Abbas può dare imbarco a quarantadue passeggeri di prima classe; è un piroscafo che cammina bene, senza scosse, con cabine comode, buon trattamento e servizio inappuntabile.

Nel suo viaggio di un mese dal 6 febbraio al 6 marzo 1895 il numero dei passeggeri si limitava a venticinque, compreso l'autore di queste note.

Credo non riuscirà al lettore discaro il seguire giorno per giorno l'itinerario percorso dal Prince Abbas dal 6 febbraio al 6 marzo nel rimontare e discendere il Nilo.

Itinerario giornaliero del battello a vapore speciale di prima classe «Prince Abbas» dal Cairo ad Assouan e suo ritorno al Cairo.

Mercoledì 6 febbraio 1895.

Il battello levò l'ancora al ponte di Kasr-el-Nil (Cairo) alle 10 precise giungendo a Bedrachin (chilometri 24,135 del Cairo), verso mezzogiorno. Dopo la colazione i passeggeri si recarono con somarelli all'antica Menfi, dove si ammira la colossale statua di Ramses il Grande dissotterrata dopo molti secoli da ingegneri inglesi per mandato del loro Governo.

La statua è una delle più belle e delle più rimarchevoli che ci ha trasmesse l'antichità. Da Menfi si andò a visitare la piramide a gradini di Sakkara[6], la casa di Mariette[7], il Serapeum[8], la mastaba di Tih[9] e la piramide di Oonas[10], ritornando al battello in sulla sera.

Giovedì 7 e venerdì 8 febbraio 1895.

Si viaggia durante il giorno (stando tutti i battelli del Nilo di notte tempo ormeggiati in riva al fiume) e si arriva alla sera del venerdì a gettare l'àncora a Beni-Hassan distante chilometri 275,139 dal Cairo.

Sabato 9 febbraio.

Nel mattino lasciamo il battello per visitare alcune tombe di Faraoni e fra queste la tomba di Amenemhat I, capo stipite della XII Dinastia Diospolita, verso il 2950 avanti l'êra volgare.

Si ritorna al battello e si riparte alle 2 pomeridiane giungendo verso sera a Gebel-Aboufeidah. Si getta l'àncora e si pernotta. Distanza dal Cairo chilometri 341,108.

Domenica 10 e lunedì 11 febbraio.

Si continua col battello Prince Abbas a rimontare il Nilo e si giunge in sul tramonto del giorno 11 a Sohag e si pernotta sul piroscafo.

Martedì 12 febbraio.

Di buon mattino scendiamo dal vapore e si va a visitare sempre a cavallo di eccellenti e galoppanti somarelli i due Monasteri cofti Dayr-el-Abiad e Dayr-el-Amar. Si ritorna al battello; si riparte per giungere a Girgeh e pernottare. Distanza di Girgeh dal Cairo chilometri 549,473.

Mercoledì 13 febbraio.

Si parte nel mattino da Girgeh, si giunge nelle ore pomeridiane a Keneh e si visita la città.

La città di Keneh è situata sulla riva destra del Nilo e dista dal Cairo chilometri 652,449. È capoluogo di provincia che porta lo stesso nome. Vi sono bazar ben provveduti e sono rinomate le sue gulle (vasi di terra per mantenere fresca l'acqua).Keneh è il deposito di tutto il commercio fra il Cairo e Djeddah (città dell'Arabia sul Mar Rosso considerata quale porto della Mecca), e nello stesso tempo è il punto di convegno dei pellegrini che, passando per Cosseir, città dell'alto Egitto situata sulla costa occidentale del Mar Rosso, vi prendono imbarco per la Città santa.

Giovedì 14 febbraio.

Di buon mattino si effettua la traversata del fiume sopra lance a remi per visitare il tempio di Denderah che è sulla sponda sinistra[11]. Si fa colazione nel tempio e si ritorna verso sera al battello.

Venerdì 15 febbraio.

Da Keneh il Prince Abbas leva l'àncora di buon mattino e si giunge prima di mezzogiorno a Luxor (chilometri 724,050) per avere agio nel pomeriggio di fare una prima visita al meraviglioso tempio di Luxor, che poggia sulla riva destra del Nilo e domina il Prince Abbas che si è ancorato ai suoi piedi.

Luxor, ora un discreto villaggio, occupa una parte del terreno un tempo compreso nella periferia dell'antica Tebe.

Questo sito è rimarchevole per i superbi avanzi della città che fu. È da Luxor che venne trasportata in Francia nello scorcio del passato secolo e durante l'occupazione francese in Egitto il maestoso obelisco, che è principale ornamento della piazza della Concordia a Parigi.

Tebe, l'antica città dalle cento porte, poggiava sulle due sponde del Nilo. Essa venne fondata in un'epoca assai remota e non determinata. Fu capitale di una grande parte dell'Egitto; poi sotto la 21ª Dinastia venne abbandonata e le succedette per capitale Menfi.

Rimase tuttavia una città importante: la sua vasta cinta chiusa da cento porte, la sua posizione sul Nilo, non lontana dall'Etiopia, di cui abbracciava il commercio, i suoi meravigliosi monumenti, la santità che le si attribuiva la tennero per molto tempo al posto di prima città dell'alto Egitto. Ora non restano che ruine, le quali coprono una superficie molto estesa, e dei suoi avanzi si sono formati cinque villaggi, Med-Amoud, Karnak, Luxor sulla destra del Nilo, Medinet-Abou, Gurnon sulla sinistra.

Fra queste ruine sulla sponda sinistra del Nilo si distinguono soprattutto:

Il gigantesco palazzo di Ramsès-Mèjamoun;

Il Memnonium, al cui ingresso stanno i due Colossi, uno dei quali rappresenta Memnone;

La tomba di Osmandia; il piccolo tempio di Athor ed una vasta galleria sotterranea con varie diramazioni.

Sulla destra del Nilo si ammira:

Il palazzo di Amenofite Memnone (Amenhotep III);

Il viale delle Seicento Sfingi lungo oltre due chilometri;

Il palazzo di Karnak, che è il più imponente dei monumenti che offra Tebe.

Gli obelischi, le colonne, le statue abbondano fra queste ruine.

Nel tempio di Luxor costruito da Amenhotep III si trova un esemplare perfetto di una sala per la nascita, detta Mammisi che i Faraoni facevano appositamente costruire per divinizzare la loro nascita. In questa Mammisi del tempio di Luxor viene annunziato al Re che Ammon, Dio della generazione, gli concede un figlio maschio. La Regina assai prossima a diventare madre, accompagnata dalle Divinità protettrici entra nella Camera della nascita, ed assistita dalle sue donne dà alla luce un figlio maschio, che prende il nome di Amenhotep III.

Amenhotep III apparteneva alla XVIII Dinastia e regnò verso il 1600 avanti l'êra cristiana.

In quel tempo Tebe era grande ed in tale misura, che le sue ruine di oggigiorno sono le più estese e le più ammirande che le passate generazioni abbiano tramandate al mondo intero[12].

Sabato 16 Febbraio.

Alle ore 8 antimeridiane si lascia il battello, e traversato il fiume con lancie a remi si visita il Ramaseum, Dayr-el Bahri e le tombe dei Re delle XVIIIª, XIXª e XXª Dinastie.

Domenica e Lunedì 17 e 18 Febbraio.

Ogni viaggiatore del Prince Abbas ha fatte quelle escursioni o solo od in compagnia che meglio erano di suo gradimento, nei dintorni di Luxor.

Martedì 19 Febbraio.

S'impiegò la giornata a visitare minutamente Karnak e dintorni, facendo colazione nel gran tempio di Karnak.

Le ruine che ad ogni piè sospinto s'incontrano in Luxor e nei dintorni scuotono l'immaginazione e fanno pensare alle infinite vicende di tanti secoli, le cui impronte, scolpite dalla mano dell'uomo, l'opera demolitrice del tempo non è riuscita a cancellare.

Quelle ruine per estensione e per maestosa grandezza sono le più imponenti, le più ragguardevoli e le più preziose che l'antichità abbia tramandate alla presente generazione.

Mercoledì 20 Febbraio.

Il battello partì da Luxor a mezzogiorno, e si giunse ad Esneh nelle ore pomeridiane in tempo da poter visitare il tempio e le circostanti ruine.

Esneh, l'antica Latopoli, è capoluogo di provincia. Situata sulla sponda sinistra del Nilo dista dal Cairo chilometri 779,560. Esneh è una graziosa città con quattromila abitanti; possiede un bazar ben provveduto. Vi sono numerose ruine, ma si visitano con maggiore attenzione i resti di un gran tempio celebre sopratutto per le sculture mitologiche: si osserva pure uno zodiaco che è il più moderno dei zodiaci egiziani, quantunque alcuni vogliano farlo risalire ad un'alta antichità.

Davoust nel 1799 sconfisse ad Esneh i Mamalucchi.

Giovedì 21 Febbraio.

Di buon mattino si parte da Esneh giungendo a El-Kab verso le 9 antimeridiane. Si visitano le grotte e si riparte alle 2 pomeridiane per andarsi ad ancorare ad Edfou, ove si pernotta.

Nelle vicinanze di El-Kab l'antica Necheb (Dea della Luna) si trovano le grotte, le quali consistono in una fila di tombe scavate nella roccia rivolte verso il Nilo state costruite per una grande famiglia, i cui membri in tempo di pace erano sacrati al culto della Dea Luna (Necheb) quali sacerdoti e sacerdotesse ed erano anche al servizio diretto dei Faraoni come educatori e nutrici dei loro figli. In tempo di guerra poi facevano parte del seguito reale, quando il Faraone assumeva in persona il comando delle milizie.

Venerdì 22 Febbraio.

Ad Edfou nelle ore antimeridiane si visita il suo gran tempio. Verso le 2 pomeridiane si parte col battello da Edfou per giungere verso sera a Gebel-el-Silsileh, ove si pernotta.

Edfou, l'Atbò degli antichi Egizi, l'Apollinopoli la grande dei Greci non è ora che un'accolta di ruine e di miserabili capanne. Essa giace sulla sponda sinistra del Nilo ed è circondata da ubertose campagne.

Gli alti pilastri del suo maestoso tempio si vedono da lontano. Non è gran tempo che questo gran Santuario consacrato al Dio Oro (questo Dio sotto altra forma si venera tuttora) non era quasi accessibile, perchè nei suoi cortili si erano annidati i contadini (Fellahs) nelle sue sale e persino sulle sue terrazze. Molti ambienti del tempio giacevano coperti da sabbia e macerie.

Dobbiamo all'intelligente ed instancabile egittologo Mariette se, col consenso Khédiviale, potè far sgombrare l'intero tempio dai Fellahs, assegnando loro altra dimora. Ora si presenta in perfetto stato e può considerarsi come la meglio conservata costruzione dell'antico Egitto. Senza punto esagerare si può asserire che se gli antichi sacerdoti di Edfou potessero uscire dai loro sepolcreti per rendere un'altra volta omaggio al Dio Oro (l'Apollo-Febo dei Greci) ed alle altre divinità della Valle del Nilo, troverebbero ogni camera, ogni locale sotterraneo, ogni scala perfettamente al posto loro, e potrebbero questi servi della divinità percorrere con pompa solenne la stessa strada votata alle processioni. Dato poi il caso che nel loro lungo sonno avessero dimenticato l'uso e la destinazione dei vari locali, iscrizioni meravigliosamente conservate rammenterebbero loro l'antico rituale.

La necropoli di Edfou giace tuttora profondamente sepolta nelle sabbie. Dopo di avere visitati la Mammisi (sala della nascita) ed il pozzo sacro che si trova a fianco del tempio, si ritorna al battello, e levata l'àncora si volge la prua verso Gebel-el-Silsileh.

Sabato 23 Febbraio.

Di buon mattino si visitano le cave di Gebel-el-Silsileh; indi il vapore continua a rimontare il Nilo sino a Komombo e dopo breve sosta si riparte per giungere nella stessa sera ad Assouan.

Approdando a Gebel-el-Silsileh si trovò la spiaggia assolutamente deserta, mentre nei tempi andati formicolava di operai, di naviganti, sacerdoti e pellegrini.

Sulla sponda destra del fiume, dove stanno le cave, i monti orientali, già chiamati da Erodoto Montagne arabe hanno la base di granito, sienite, porfido e diorite a tinte più o meno cariche.

Verso il Sud questi monti si collegano alla regione alpestre dell'Abissinia. Sono ricchi di bellezze naturali, di pittoresche vedute, e le maestose pareti delle roccie sono intersecate da vene di svariati colori.

In questi monti trovasi un prezioso e terso alabastro giallognolo, che venne in tutte le epoche impiegato per diversi generi di lavori.

Gli antichi Egizi tenevano in grande pregio la diorite verde-scura, che soleva impiegarsi per la costruzione di sarcofaghi, statue, sfingi e simili.

Alcune iscrizioni in geroglifici scolpite sulle roccie, nelle vicinanze delle cave, indicano in quale modo si eseguissero i trasporti dei materiali delle cave alla sponda del Nilo.

Qualche volta s'impiegarono oltre otto mila uomini, una buona parte dei quali erano Ebrei, probabilmente prigionieri di guerra.

Tutto questo numeroso stuolo di gente, diretto da alti impiegati civili e militari, da esperimentati artisti e scalpellini, aveva l'incarico di trascinare sopra slitte i blocchi grossolanamente lavorati dalle cave al fiume.

Al seguito vi erano molti carri tirati ciascuno da sei paia di buoi pel trasporto delle provvigioni pel nutrimento degli operai, molti dei quali morivano di stenti e di fatica.

A Konombo tanto sulla destra quanto sulla sinistra sponda del Nilo le terre si fanno più deserte e giallognole; il colore di quei pochi abitanti si fa sempre più bruno; scarso è il loro indumento; più meschini e più radi i villaggi.

Tutto quanto lo sguardo abbraccia non è più egiziano, è nubiano. Il sole si fa più cocente e nel discendere dal battello vediamo ad occidente ergersi maestoso, sopra un desolato monte, il gran tempio di Konombo. Di mano in mano che colle solite nostre cavalcature (Bourik) ci avviciniamo al tempio appare sempre più spiccata la desolazione di quei terreni un tempo popolati.

Ora più non rimane un casolare, non una traccia di quegli antichi abitatori cacciati altrove dalle sabbie del deserto e dalle piene del Nilo.

Questi stessi nemici, che distrussero le abitazioni degli uomini, non tarderanno a mandare in completa ruina la magione degli Dei.

Qualche secolo ancora, ed il tempio di Komombo non esisterà più, poichè mentre la sabbia del deserto va sempre più invadendo le sue camere e le sue sale, il Nilo sul davanti, scalzando il monte, ha già ingoiata una delle costruzioni laterali del tempio.

Il tempio di Komombo è per sè stesso originale e maestoso. Sul suo asse longitudinale e sulla fronte dell'ipostile prospiciente il Nilo è diviso in due parti.

Anche i locali situati dietro la Sala delle Colonne sono bipartiti e terminano in ciascuna parte in due santuari speciali corrispondenti ad una delle due porte d'ingresso.

Questo tempio binato con due separati Sacrari ci fa con fondamento credere che due fossero le divinità che in esso si veneravano.

Infatti una metà del tempio consta sacrato al grande Oro (Horus figlio di Iside e di Osiride), l'altra a Seth-Tiphon adorato sotto forma di coccodrillo. Bellissime sono le decorazioni del tempio ed appalesano già l'influenza greca.

Domenica 24 e Lunedì 25 Febbraio.

Soggiorno ad Assouan e visita all'isola di Philæ ed alla 1ª Cateratta.

Assouan distante dal Cairo chilometri 938,047 è l'ultima città dell'Egitto dalla parte della Nubia. Il suo antico nome di Sun si appalesa bene applicato, perchè Sun significa soglia.

Da Sun derivò il nome greco Syene e quello posteriore di Assouan dal Copto Suan.

Strabone visitò Syene e Giovenale vi fu relegato.

Assouan segna una delle estremità del mondo romano ed occupò il posto di Elefantina, quando questa cadde in ruina.

Nelle vicinanze di Assouan ed a levante del sentiero che conduce verso la prima Cateratta stanno le antiche cave di granito, dove si estraevano quei superbi e giganteschi monoliti per obelischi, per colonne, per statue ecc.

S'incontrano ancora oggigiorno notevoli traccie dell'abilità e diligenza degli scalpellini, che lavoravano pei Faraoni.

Qui un poderoso blocco, là un obelisco levigato già da tre lati. Entrambi sono congiunti ancora alla roccia viva, il che dimostra ad evidenza che gli antichi Egizi lavoravano i loro monumenti nelle cave stesse.

L'isola Elefantina, poc'anzi rammentata, giace in mezzo al Nilo di fronte ad Assouan. Fu un tempo splendida sede dei Re della Vª Dinastia, che da Menfi trasportarono la capitale in quell'isola (anno 2703 avanti Cristo) ed era denominata il giardino del Tropico.

Quanto tristamente deserto è ora il luogo, ove un dì sorgeva una delle Metropoli dei Faraoni!

Tutto fu distrutto dalle ingiurie del tempo e dalla mano dell'uomo e non vi rimane che un nilometro (misuratore graduato per le altezze del Nilo) sapientemente restaurato sotto ai Khédive ed unico ricordo di lontani secoli.

Dal lato meridionale dell'isola si spiega all'occhio del visitatore un quadro eccessivamente selvaggio ed in pari tempo affascinante. Un labirinto di scogli di granito si stende a lui davanti; fra gli scogli stessi vede egli il Nilo, che qua scorre rapido e là si arresta e riposa imprigionato da barriere di pietra e fa da specchio al sole.

Splendide erano le feste che nell'isola Elefantina si celebravano in onore del loro fiume prodigo di tanti benefizi. Da greche memorie risulta che in quell'occasione si lanciavano nella spumeggiante corrente due coppe, l'una d'oro, l'altra di argento a simbolo del sole e della luna.

A poca distanza da Assouan il Nilo attornia la simpatica isola di Philæ e scivolando forma la prima Cateratta detta di Assouan.

Lungo il sentiero che ci conduce, colle solite nostre cavalcature, verso Philæ il terreno muta di aspetto.

Nude roccie di granito limitano ai nostri fianchi il deserto e si cammina frammezzo a tombe e sepolcreti, sui quali si distende una sabbia giallognola, come funebre drappo. Più si procede e più la natura diventa cupa e selvaggia attorniata da innumerevoli scogliere.

Riappare poco dopo il Nilo, la cui acqua ci luccica incontro, ma pur esso schiacciato ai suoi fianchi dai monti, che si danno mano sotto al suo letto lo costringono quasi ad arrestarsi.

Ed è in quel punto che il fiume forma invece un ridente lago, in cui Philæ si specchia.

Philæ è la più vaga di tutte le isole del Nilo, ricca di templi dedicati ad Iside.

Sul fianco occidentale di Philæ si svolge la prima Cateratta.

Essa, già descritta nel Capitolo dedicato al Nilo, altro non è che una successione di Cascate non insuperabili, come ebbe a dire Cicerone il quale, descrivendo quelle acque frementi, forse per maggiormente impressionare gli animi dei suoi lettori od uditori raccontò che nello infrangersi delle acque fra quelle innumerevoli roccie producevano tale un rumore da rendere sorde le vicine popolazioni.

Seneca, Plinio, Solino, Ammiano, Marcellino non fanno che assodare queste stesse esagerazioni; e così si manipola la Storia! Forse in un tempo, ma assai remoto il Nilo non era quello che ora è. Forse un giorno esistevano vere cateratte, che ora sono scomparse; cadute di acqua imponenti e formidabili là dove ora il fiume non fa che superare un ostacolo.

L'isola di Philæ anticamente chiamavasi Phalek, da cui derivarono il nome greco Philai, in latino Philæ, che significa fine, cioè isola della fine, e questo perchè il viaggio dei pellegrini provenienti dall'Egitto aveva termine presso il santuario di Iside e presso la tomba di Osiride, che trovansi in Philæ.

L'isola ha la forma di Sandalo e misura soltanto due chilometri di periferia. Quanti splendidi monumenti e preziose reliquie in così stretto confine!

La più rinomata delle costruzioni, benchè di modeste dimensioni, che si ammira nell'isola è senza dubbio il padiglione, che fece costruire l'imperatore romano Tiberio, e che viene chiamato Kiosk, oppure il tetto di Faraone.

Esso campeggia in quell'atmosfera trasparente e da lontano rallegra l'occhio per la purezza delle sue linee.

Ma donde proviene l'incontrastato fascino dell'isola di Philæ? Forse per le sue costruzioni? Forse pel fresco verde che fa corona al suo lido? Forse per la limpida, dolce e fresca acqua del fiume che soavemente l'abbraccia? O finalmente per l'azzurro del suo cielo, la cui purezza e trasparenza in nessuna stagione dell'anno vengono offuscate?

Probabilmente lo si deve a tutto questo complesso di bello e di attraente..... e come gli antichi e moderni taumaturghi dirò io pure: Bisogna vedere per credere!

Martedì 26 febbraio.

Verso le tre pomeridiane partenza pel ritorno al Cairo, ove si arriva verso mezzogiorno del 6 marzo, avendo impiegato un mese preciso dal giorno della partenza.

Nel discendere il Nilo abbiamo consumati otto giorni, perchè si fecero alcune fermate in località di più modesta importanza, che non erano state da noi visitate nel rimontare il fiume.

CAPITOLO VIII.

BARRAGGIO DEL NILO (BARRAGE)—POMPE DEL MEX

Del barraggio sul Nilo (Barrage).

Al principio di questo secolo Napoleone I aveva segnalata l'utilità di regolare la defluenza del volume d'acqua dei due rami del Nilo per mezzo di un'opera, che permettesse di gettare le acque eccedenti ora in un ramo, ora in un altro e raddoppiare in questo modo gli effetti dell'inondazione.

Nel 1833 a Mehemet-Alì, che aveva creati i grandi canali (Sefi) del Delta, trovando gravi difficoltà a mantenerli ad un livello abbastanza basso da permettere in tutto l'anno un sufficiente volume d'acqua, Linant Pascià propose di costruire una chiusa per ciascheduno dei rami del Nilo a 10 chilometri circa a valle dell'attuale sbarramento.

Questo progetto, per la cui esecuzione il Vicerè voleva impiegare le pietre delle Piramidi, non ebbe seguito.

Ma nel 1842 Mongel Bey, venuto in Egitto, propose a Mehemet-Alì la costruzione della chiusa attuale colla creazione di un sistema di fortificazioni intorno alla punta del Delta per premunirla da ogni attacco.

L'idea sedusse il Vicerè, che diede subito mano ai lavori.

La chiusa venne incominciata nel 1843. Il suo scopo era di potere mantenere le acque ad un'altezza di metri 4,50 e distribuire le acque necessarie al Basso Egitto per mezzo di tre grandi canali, la cui presa essendo a monte, potessero alimentare di acqua, l'uno per la regione ad Ovest del ramo di Rosetta, l'altro pel Delta propriamente detto (compreso fra i due rami del Nilo) ed il terzo per i terreni situati all'Est del ramo di Damietta.

È questa un'opera potente concepita con molto ardimento da Mongel Bey Ingegnere dei ponti e strade di Francia in un tempo in cui l'uso degli sbarramenti mobili era poco applicato e non si erano ancora progettate opere di tanta importanza nei delta dei grandi fiumi.

Disgraziatamente questo progetto nella sua esecuzione ha subìte tutte le vicissitudini alle quali un tempo erano sempre in questo paese soggette tutte le opere di grande lena; si cominciarono in principio i lavori con un'attività febbrile, poscia furono trascurati ed abbandonati e finalmente vennero utilizzati, prima ancora di essere compiuti.

Nel 1890 il barraggio, dopo essere stato restaurato, modificato ed ultimato sotto la direzione degli ingegneri inglesi al servizio del Governo egiziano, incominciò ad essere posto in uso regolare, senza mai però arrivare ad ottenere i m. 4,50 di profondità.

Al giorno d'oggi mediante il barraggio si ha una ritenuta d'acqua che non supera guari i m. 3,50 al momento delle acque più basse, ed è questo già uno splendido risultato.

Lo sbarramento costrutto nel punto stesso, in cui i due rami di Rosetta e di Damietta si distaccano l'uno dall'altro, si compone in realtà di due barraggi stabiliti ciascuno sopra uno dei rami, abbracciando fra loro una lingua di terra di metri circa di larghezza, che forma appunto l'estremità del Delta. Questo punto estremo del Delta è rivestito tutto all'intorno in modo da formare un molo circolare frammezzato dal gran canale di Menoufieh, destinato a bagnare le terre comprese fra i due rami del Nilo, prendendo le sue acque a monte degli sbarramenti.

Il barraggio del ramo di Rosetta è formato da 61 arcate di cinque metri d'apertura, separate da pile di due metri di spessore; a ciascuna delle sue estremità si trova una chiusa, l'una di 12 e l'altra di 15 metri di larghezza. La lunghezza totale dell'opera è di 465 metri.

Il barraggio del ramo di Damietta è identico a quello di Rosetta: esso aveva 10 archi in più; la sua lunghezza era quindi di 545 metri; ma negli ultimi lavori eseguiti si sono soppressi questi dieci archi, diventati inutili nello stato presente del fiume, e furono incorporati nel terrapieno della sponda sinistra, a cui si appoggia la costruzione.

La primitiva fondazione della grande opera si compone di un graticolato in cemento coperto da uno strato di mattoni, con catene in pietra da taglio; la larghezza totale del graticolato è di 34 metri sopra metri 3,50 di altezza con paratia per difesa, a monte ed a valle, di cinque metri di altezza. Comprendendo un altro graticolato più indietro pure in cemento di m. 1,50 di spessore medio e di 8 metri di larghezza, la totale larghezza del graticolato dello sbarramento si trovava ad essere di 45 metri.

Nel ramo di Damietta e nella massima parte del ramo di Rosetta il graticolato è fondato sul limo; ma nel mezzo del ramo di Rosetta, ove, al momento della costruzione, il letto del fiume era più basso, che la quota preveduta per la base del graticcio; si gettarono semplicemente, sopra per 70 metri di lunghezza, per eguagliare il terreno, grossi sassi collegati fra loro col cemento. Questo massiccio di pietre raggiunse perfino i 12 metri di altezza al disotto della costruzione in cemento.

Le pile che separano le aperture dello sbarramento hanno 2 metri di spessore, 15 metri di lunghezza e 10 di altezza; esse portano archi in pieno vôlto formando un ponte di 10 metri di larghezza fra le due testate.

All'opera furono sovrapposte di distanza in distanza piccole costruzioni d'architettura di fantasia, con merli che ricordavano le vicine fortificazioni e con torri molto slanciate. In tal modo ciascuna pila era cinta a valle da una piccola torre merlata, il cui effetto rompeva la monotonia delle grandi linee dello sbarramento; ma esse disparvero coi recenti restauri.

Il sistema di chiusura degli archi progettato nei primi tempi non venne applicato che al ramo di Rosetta. Esso si compone di porte in lamiera di forma cilindrica giranti attorno ad un arco orizzontale e munite di parecchi galleggianti destinati ad alleggerirle nell'acqua ed a facilitare in tal modo le manovre.

Alcune sconnettiture essendosi segnalate sin da principio in qualche arco dello sbarramento del ramo Damietta, l'intero sbarramento fu soltanto utilizzato, sino al 1884, quale semplice spartiacque del fiume fra i due rami. Durante la magra si chiudevano le porte del ramo di Rosetta e le acque rifluivano così nel canale (raiäh) Menoufieh e nel ramo di Damietta che, in tali condizioni, alimentava l'irrigazione del Delta propriamente detto mediante canali, la cui presa era situata a valle dello sbarramento.

Nel 1884 il signor Willcocks, allora incaricato della dire zione dello sbarramento, cercò utilizzare quest'opera in un modo più completo, senza tuttavia far sopportare degli sforzi dannosi alla costruzione esistente. Per questo stabilì all'estremità a valle del graticcio e lungo lo sbarramento, una diga in pietre, la cui sommità di 2 metri di larghezza si trovava a metri 3,25 al disopra del livello dello stesso graticcio.

Dividendo in questo modo la caduta in due, potè, mediante questo sbarramento provvisorio di pietre, ottenere una fermata delle acque di un'altezza totale superiore ai due metri. Ma era questa una soluzione provvisoria.

Lavori definitivi di restauro furono intrapresi sotto la direzione del Colonnello Western nel 1890 ed il barraggio cominciò ad entrare in servizio regolare dopo il 1º ottobre 1890.

Questi lavori di riattamento molto importanti consistettero specialmente nella costruzione di uno strato di solido mattonato al disopra del graticcio. A questo strato, avente dai metri 0,75 ad 1,50 di altezza, a seconda delle condizioni più o meno buone delle già esistenti costruzioni, venne data una larghezza di 34 metri.

Questo graticcio si è protratto a monte ed a valle per mezzo di piattaforme in cemento di metri 1,25 di spessore; quello a monte termina con un filare di pali.

La larghezza totale del graticcio mattonato risulta quindi di metri 67. Macigni e linee di grossi blocchi mattonati difendono la valle del graticcio contro il rigurgito.

Due porte di ferro sovrapposte l'una all'altra scorrendo entro scanellature in fondita e manovrate da un robusto verricello scivolante sopra rotaie sulla parte superiore dell'opera chiudono ciascun arco.

La spesa di tutti questi lavori di riparazione ascese a 420 mila lire egiziane, pari a lire italiane 10 milioni e 920 mila.

L'opera così costrutta funziona regolarmente dopo il 1890 e mantiene a monte dell'opera una massa di metri 3,50 a 3,60 circa, durante le acque più basse.

Come già si è detto, lo sbarramento del Delta serve a distribuire le acque del Nilo nei tre grandi canali, che assicurano l'irrigazione delle terre a valle dello sbarramento.

Il canale situato all'Est del ramo Damietta non era stato eseguito al momento che si stava costruendo lo sbarramento; venne scavato durante i lavori di ristauro, e gli venne dato il nome di Raiäh (canale) Tewfikieh a ricordo del defunto Khédive Tewfik padre dell'attuale.

Contemporaneamente vennero migliorate le opere di presa d'acqua del Raiäh Menonfieh, o canale del centro e del Raiäh di Behera, o canale dell'Ovest.

Le pompe del Mex al lago Mareotis e loro scopo.

La provincia di Behera ha per limiti: al Nord i laghi di Edka, di Aboukir e del Mareotis; al Sud una lunga striscia di terra che viene chiusa fra il ramo del Nilo di Rosetta da una parte ed il deserto libico dall'altra.

Il lago di Mareotis chiamato Birket-el-Mariut è un lago salmastro, che si estende verso il Sud della città di Alessandria ed è separato dal Mediterraneo al Nord-Ovest da una lingua di terra, che non supera il chilometro e mezzo di larghezza.

La sua lunghezza, nei tempi andati, era durante il periodo delle inondazioni di 42 chilometri e la sua larghezza di 22 chilometri; le sue sponde godevano fama di splendida coltivazione.

In tempi più moderni i canali, che alimentavano il lago, essendo stati abbandonati o trascurati, ne ridussero di molto la profondità e l'area, al punto che dal XVIII secolo il letto era diventato in gran parte una melma sabbiosa, e non fu che nel 1800, all'epoca dell'invasione francese e durante la guerra tra gli Inglesi ed i Francesi, che questo lago, asciutto per la maggior parte, (salvo nel periodo dell'inondazione) venne ridotto nuovamente a lago stagnante dalle truppe inglesi, che per uno scopo strategico, durante l'assedio di Alessandria, scavando un canale nella striscia di terra che lo separa dal lago Aboukir o Madiah, vi fecero penetrare l'acqua del mare. Questo canale fu in seguito chiuso dal grande Mohammed-Alì.

Le attuali dimensioni del lago sono di circa chilometri 49 per 46.

Per il fatto che durante le acque alte del Nilo il livello della superficie, del lago da tre metri sotto il livello del mare sale sino ad un metro, e questo nella stagione estiva, vengono così diminuiti di molto gli effetti nocivi, che il lago stagnante potrebbe portare alla salute pubblica.

La base dell'irrigazione del Behera, prima dell'introduzione del sistema di canalizzazione iniziato nel tempo di Mohammed-Alì (1837) consisteva nell'inondazione; ma è da notarsi che il limite del deserto alla parte occidentale del Behera era assai più all'Ovest di quello che lo sia oggigiorno. Le sabbie trasportate dal vento hanno occupata gradatamente una grande estensione di terreno altra volta coltivato e coltivabile e sono state di serio inciampo all'attuazione del nuovo sistema d'irrigazione.

In alcune località per arrestare il movimento lento, ma continuo delle sabbie si è dovuto ricorrere al piantamento di erbe selvatiche per parecchi chilometri verso il deserto; in tale guisa si è potuto specialmente riparare dalle sabbie il gran canale Raiäh. Questo canale che ha origine presso il barraggio (barrage) per mezzo dell'impianto di grandi pompe centrifughe (Farcot) fornisce l'acqua ad un altro canale, il Katatbeh, il quale a sua volta, per mezzo di altre pompe, trasmette l'acqua nel Canale il Mahmudieh, che è quello che alimenta la città di Alessandria.

Questi tre canali principali formano la base dell'irrigazione del Behera: da essi si dipartono innumerevoli ramificazioni, le quali si sono sempre più andate perfezionando, grazie specialmente ai numerosi lavori eseguiti sotto la direzione dell'ingegnere Forster.

In questi ultimi anni le acque del Nilo sono per mezzo dei canali stessi distribuite costantemente lungo il loro percorso, portando grandi benefizi alla coltivazione, la quale è per lo meno quintuplicata.

Per i molti canali d'irrigazione fu naturalmente necessario un gran numero di canali di scolo, per mezzo dei quali l'eccedenza delle acque d'irrigazione e tutte le acque di rifiuto si versano nel lago Mariout, daddove sono poi trasmesse in mare mediante pompe aspiranti.

Da ciò si rileva che questo lago trovandosi molto più basso del livello del mare ha concesso di affluirvi le acque da terreni lontani, i quali diversamente non sarebbero stati irrigabili per mancanza di un sufficiente dislivello, che avesse permesso alle acque di versarsi direttamente nel mare.

Il lago Mariout dunque ricevendo tutte le acque delle irrigazioni è la base dell'irrigazione stessa di questa provincia, nè di esso potrà farsi a meno, salvo nel caso molto desiderabile, in cui volendo bonificare questo lago, tutte le acque si convergessero in un collettore generale che, attraversando il lago stesso, andasse a finire alle pompe del Mex per essere elevate e gettate in mare.

Infatti oggigiorno esiste colà una installazione di pompe centrifughe (G. H. Gwyune) della Lake Aboukir Reclamation Compagnie.

Queste pompe in numero di due sono del diametro di 48 pollici pari ad 1 metro e 22 centimetri, installate a sifone; esse sono mosse da due macchine Compound ad alta pressione di 50 cavalli nominali che agiscono direttamente.

Ogni pompa può elevare metri cubi 3,666 di acqua per secondo ad un'altezza di metri 2,18. Dal che si vede che queste non hanno altro scopo che di mantenere la superficie del Mariout ad un livello costante.

La Società Lake Aboukir Reclamation ha avuto per oggetto di bonificare il lago Aboukir, che si trova a pochi chilometri discosto dal lago Mariout, ma ad un più alto livello. Si è cercato il modo di mettere in comunicazione i due laghi mediante canali ed opere d'arte.

La maggior quantità di acqua proveniente dal lago Aboukir è versata nel lago Mariout, come pure quella che nella stagione delle inondazioni provenne dalla aumentata irrigazione viene ad essere estratta dalle attuali pompe del Mex, che mantengono costante il livello del lago.

Queste pompe innalzano, come già si è detto, l'acqua ad un'altezza di metri 2,18 e la rigettano in un canale artificiale, lungo circa un chilometro, scavato nella roccia e nei fossi delle fortificazioni del Mex eseguite al tempo di Mohammed-Alì.

Il nuovo impianto di altre due pompe al Mex ha per iscopo non già di prosciugare completamente il lago, ma soltanto di abbassarne il livello di circa un altro metro, ciò che permetterà di dare alla coltivazione una grande estensione di terreno, ora allagato, e per conseguenza diminuire la superficie del lago.

Oltre a questo, l'irrigazione generale del Behera potrà avere uno sviluppo maggiore.

Queste nuove due pompe, oltre alle due già esistenti, vennero prese dalla grande installazione del Ratajbeh; esse sono costruite dalla Casa Farcot di Parigi. Sono ad asse verticale del diametro di metri 2,50; il tamburo ha il diametro di metri 6,90 e le ruote a paletta interna hanno un diametro di metri 3,80.

Agiscono per mezzo di motori della forza effettiva di 250 cavalli; la velocità è di 32 giri al minuto e può ciascuna pompa elevare metri cubi 6 di acqua per minuto secondo e ad un'altezza di metri 3.

L'acqua viene riversata nel canale stesso delle altre due pompe dell'Aboukir Compagnie, il quale è stato convenientemente allargato ed approfondito.

Questa installazione del Mex non ha nulla da invidiare alle più grandi idrofore impiantate all'estero.

La parte direttiva tecnica venne affidata al signor I. Hewat Ingegnere del 3º Circolo d'Irrigazione, e la parte meccanica all'Ingegnere I. Hewgill.

Quanto poi riguarda la costruzione delle murature ed opere d'arte occorrenti per l'insediamento di macchine così potenti venne data agli intraprenditori e costruttori signori Degiardè fratelli Giuseppe ed Augusto di Alessandria, molto favorevolmente conosciuti in paese per varie imprese di rilievo, che già mandarono a compimento.

VEDUTA GENERALE DEL BARRAGGIO

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CAPITOLO IX.

CANALE DI SUEZ

Una visita al canale di Suez

20 Marzo 1895.. . . . . . . . . . . . .

A Ismaïlia, centro del canale, la stazione della ferrovia proveniente da Port Said è stazione di testa e per continuare verso Suez il treno è costretto a tornare indietro e ripassare davanti Nèfiche, dove la strada si biforca da un lato verso il Cairo e dall'altro verso Suez.

Nel 1882 un distaccamento dell'esercito di Araby aveva occupata e fortificata la posizione di Nèfiche, a minaccia di Ismaïlia; ma in seguito abbandonò quella posizione, in causa di una dimostrazione della flotta inglese ancorata nel lago Timsah, e si ritirò sopra Tel-el-Kèbir per fare il suo congiungimento col grosso dell'esercito di Araby proveniente dal Delta.

L'esercito inglese sotto gli ordini del Generale Wolscley occupò Nèfiche, senza colpo ferire, e poco dopo battè, come è noto, l'esercito egiziano a Tel-el-Kèbir.

Appunto vicino a Nèfiche si distaccano dal canale d'Ismaïlia i due rami, che portano l'acqua dolce a Port Said ed a Suez; la ferrovia fra Nèfiche e Suez accompagna quasi costantemente questo secondo ramo.

In generale il canale marittimo segue anche la stessa direzione, ma ad una maggiore distanza, dimodoche dalla ferrovia ben poco di esso è visibile.

Poco dopo di Nèfiche, noi giriamo attorno alla graziosa oasi di Bir-Abou-Ballah; fra gli alberi fitti, che la compongono, si distinguono varie essenze europee, resti di piantagioni fatte, trent'anni or sono, dalla Compagnia del Canale di Suez. Per alcuni istanti abbiamo l'illusione di costeggiare un bosco dei dintorni di Firenze, piuttostochè una oasi africana.

A qualche distanza da Bir-Abou-Ballah ci additano a sinistra Gebel-Mariam, il colle di Maria, dove, secondo la tradizione, la Vergine si riposò col bambino Gesù durante la fuga in Egitto; dopo vengono le colline di Toussoum, sulle quali apparisce l'albero di un semàforo, che accenna la vicinanza del canale marittimo occultato dalle stesse colline.

Un poco più distante la strada ferrata passa vicino alle rovine egiziane state scoperte durante la costruzione del canale, denominate il Serapeum; a fianco si scorgono le traccie del canale costruito dai Faraoni per unire il Nilo al Mar Rosso.

Queste traccie si vedono distintamente a sinistra ed al di là del canale di acqua dolce, per un lungo percorso.

Ad un tratto si presenta al nostro sguardo la bella distesa d'acqua dei laghi amari; è un vero mare interno, risultato dall'avere le acque del Mediterraneo e del Mar Rosso colmata una grande depressione naturale del terreno, che esisteva sul tracciato del canale marittimo.

Tre vapori sono in vista: due provenienti da Suez ed uno da Port-Said; per una buona mezz'ora noi li seguitiamo collo sguardo; dopo, il lago sparisce ed arriviamo alla stazione di Gèneffè situata ai piedi del monte, che porta lo stesso nome.

Nel lasciare la stazione, noi superiamo le colline di Chalouf; l'imponente montagna di Attaka si drizza davanti a noi.

Ai suoi piedi vi è il Mar Rosso, e Suez comincia ad apparire al termine della pianura; ecco intanto le prime case della città, che il nostro treno ben tosto raggiunge, percorrendo nella sua lunghezza tutto il lembo occidentale della città.

Nel costeggiare questo lato di caseggiati, noi vediamo per le strade una folla variata e pittoresca di Arabi, di Barberini, di Negri e vi notiamo pure frammisti parecchi Europei.

Dopo alcuni minuti di fermata alla stazione, il treno riparte attraversando una plaga lasciata scoperta dalla bassa marea ed arriviamo ben tosto al Terrapieno o Porto-Thewfik, che è la porta d'ingresso del canale nel Mar Rosso.

Come lo stesso suo nome lo indica, il Terrapieno altro non è che una elevazione di terreno formata mediante gli scavi del canale marittimo; è un vero isolotto artificiale riunito soltanto alla terraferma per mezzo dell'argine della ferrovia; è una piccola città europea abitata dagli impiegati del canale e dai rappresentanti dei consegnatari delle navi, ed in onore del passato Khédive, padre dell'attuale, le venne imposto il nome di Porto-Tewfick.

Discendiamo all'albergo della signora Bachet; buon albergo francese, dove troviamo un pranzo eccellente condito da schietta allegria.

Alla frutta ci viene preparata una gradita sorpresa. Un gran battello a vapore diretto alle Indie giunge da Port-Said; ci proponiamo di recarci a vederne più da vicino il suo passaggio.

Appena usciti, noi scorgiamo a tre chilometri circa a Nord un gran bagliore; è la luce elettrica del bastimento, che rischiara l'atmosfera; ma non possiamo vedere la luce diretta, pel motivo che, per arrivare a Port-Tewfik, il canale descrive una curva abbastanza pronunciata. Il bastimento avanza lentamente e di mano in mano che si avvicina, ripiega sempre più il suo disco elettrico; ad un tratto il fascio luminoso ci inonda di luce. Tutto rimane illuminato: il molo che costeggia il canale colle sue case e coi suoi alberi; il canale colle barche a vela che vi si trovano; è un colpo di vista magico.

Il grosso piroscafo si avvicina e passa davanti a noi rischiarato in tutti i suoi piani come una casa galleggiante; ci oltrepassa e ci lascia nella più profonda oscurità.

In questo momento il battello-pilota si stacca dal molo per portarsi a riprendere il pilota della compagnia, che trovasi a bordo di quel legno. Imbarchiamoci sul vaporino-pilota?

Il tempo era splendido, la notte calma, il cielo brillantemente costellato, il mare tranquillo; una passeggiatina in rada sarebbe un'escursione deliziosa.

Diamo la voce al battello pilota, che si arresta, ed eseguendo macchina indietro si accosta di bel nuovo al pontone; noi c'imbarchiamo; il battello-pilota avanza dietro al gran piroscafo nell'asse del canale, in mezzo alle boe luminose, che ne segnano i fianchi. Queste boe due a due si succedono, l'una dirimpetto all'altra, avendo fiamma rossa quella a destra e fiamma verde quella a sinistra del canale; oltrepassiamo le due ultime, che segnano il termine del canale e ci troviamo in piena rada.

Noi ci accostiamo al piroscafo Città di Vienna, che si arresta spegnendo il suo projettore elettrico e da quel punto appare come una grande massa nera, un mostro enorme scosso di quando in quando dal movimento prodotto da alcuni colpi della sua elica. Il pilota discende dal battello e s'imbarca sul nostro vaporino; a poco a poco noi ci allontaniamo e dopo un largo giro in rada ritorniamo verso il posto di imbarco, ripassando in mezzo alle stesse boe, sempre rischiarate.

È uno spettacolo veramente meraviglioso il passaggio di notte di un grande bastimento nel canale ed è un notevole perfezionamento per l'incremento del canale questo passaggio di nottetempo.

Il piroscafo «Città di Vienna» ha impiegate 17 ore e minuti 23 per transitare da Port-Said a Suez; alcuni battelli a vapore con circostanze favorevoli giungono perfino a superare il canale in 13 ore e 40 minuti; ora la media è di 19 ore e 53 minuti.

Nel 1885 la media del tempo impiegato per la traversata era di 43 ore!

Questo rimarchevole risultato si è ottenuto, da un lato per l'allargamento del canale e dall'altro lato mediante la possibilità della navigazione notturna.

Domattina vedremo, percorrendo il canale, i lavori dell'allargamento; questa sera ci rendiamo conto del funzionamento della navigazione notturna venendoci spiegato minutamente come questo servizio sia organizzato.

Esso abbraccia, come abbiamo veduto, due parti:

1º L'illuminazione del canale per mezzo di fuochi d'asse nei percorsi in linea diritta e di boe e di segnali luminosi nelle curve;

2º L'illuminazione dello stesso canale e degli argini mediaste il projettore elettrico che ogni nave, transitando di notte, deve impiantare sul suo davanti.

I fuochi di asse sono semplicemente rischiarati a petrolio, a guisa dei fari ordinari; le boe ed i segnali sono illuminati per mezzo dei gaz Pintsch (gaz che si ottiene mediante la distillazione degli olii gregi estratti dal petrolio e si chiama gaz Pintsch dal nome del suo inventore).

Boe e segnali portano alla loro sommità un becco a gaz, che brucia notte e giorno in una lanterna con lenti disposte a guisa di un piccolo apparecchio di faro.

Il gaz è contenuto nel ventre della boa o, quando si tratta di segnali, nel serbatojo in lamiera di ferro collocato a terra e comunicante col becco acceso mediante un tubo.

Il gaz Pintsch viene fabbricato nelle due usine, l'una a Port-Said e l'altra a Suez; viene trasportato lungo il canale in battelli serbatoi, ove esso è compresso ad elevata pressione, di modo che mettendo per mezzo di un tubo il battello serbatojo in comunicazione sia colla boa, sia col recipiente di lamiera dei segnali collocato a terra, la differenza di pressione è sufficiente per riempiere di gaz il ventre della boa od il serbatojo di latta.

Il gaz introdotto per tal modo nelle boe riesce ad una pressione di 6 chilogrammi, vale a dire a circa 6 atmosfere; un regolatore di pressione molto ingegnoso fa sì che il gaz arrivato al becco in accensione non ha più che una pressione minima quale si richiede per la regolarità della combustione; e questa provvista di gaz compresso permette che le boe possano rimanere in attività per lo spazio di due mesi.

Ottantaquattro sono fra boe e segnali i punti rischiarati col gaz Pintsch lungo il canale; sette sono i fari rischiarati collo stesso sistema e tredici i fuochi di asse a petrolio; in tutto 104 fuochi.

L'apparecchio elettrico che ogni battello, transitando di notte, è obbligato a collocare sulla sua fronte, si compone di una lampada elettrica e di uno specchio o projettore.

L'arco elettrico è prodotto dalla corrente alimentata da una macchinetta-dinamo tenuta in attività dallo stesso vapore somministrato dalle caldaje del battello.

La luce di quest'arco è raccolta dallo specchio che, concentrandola, la projetta orizzontalmente in avanti formando un fascio di raggi luminosi di 15 gradi di apertura angolare.

In seguito ad un trovato ingegnoso del signor Coullaut, Tenente di vascello della Marina francese e Controllore della navigazione del canale, il centro del fascio rimane oscuro sovra uno spazio angolare di cinque gradi, di modo che il proiettore spinge avanti non uno, ma due fasci di luce di cinque gradi di apertura ciascuno, l'uno a destra e l'altro a sinistra; ond'è che il battello rischiara i due argini del canale non che le boe che da ciascun lato limitano lo stesso canale; ma non ne illumina il centro; il che permette di meglio vedere i fuochi dell'asse, evitando al pilota l'inconveniente di essere abbagliato dalla luce elettrica delle navi, che procedono in senso inverso. Questo inconveniente era così grave dapprima, che incontrandosi nel canale due battelli, l'uno di essi era obbligato a spegnere la sua luce elettrica per lasciar passare l'altro.

Il transito di nottetempo fu esperimentato nel 1885, inaugurato nel 1887 e perfezionato, come si disse or ora, nel 1893, funzionando presentemente colla massima regolarità.

L'installazione di questo servizio è dovuta al signor Tillier, antico ufficiale della Marina francese, Capo-transito della Compagnia del canale.

Le navi delle grandi Compagnie sono generalmente munite di proiettore; quelle non provvedute possono procurarselo a nolo tanto a Suez quanto a Port-Said al prezzo di 8 o 10 lire sterline.

Nel giorno seguente di buon mattino, prima di ritornare ad Ismaïlia pel canale, abbiamo fatto un giro nella rada di Suez.

Questa rada limitata fra il deserto di Sinai a levante e la montagna dell'Attaka a ponente è veramente splendida, tanto più al mattino, in cui il sole riveste di tinte calde e luminose le montagne, il deserto, il mare.

Dopo la rada visitammo rapidamente il porto del Commercio costruito dal governo egiziano, denominato Port-Ibrahim. È un bacino bellissimo diviso per metà da un molo e provveduto di un raddobbo per la pulitura e per i restauri alle navi.

Disgraziatamente Port-Ibrahim è quasi sempre disoccupato, perchè i battelli transitano per Suez, senza fermarvisi; non havvi che qualche battello che pratica il cabottaggio del Mar Rosso; nella parte estrema del porto giacciono vecchi battelli a vapore disarmati appartenenti alla Compagnia Khédiviale.

Usciamo dal Port-Ibrahim e rientriamo nel canale marittimo; lo schifo a vapore che ci ha portati in rada ci conduce al rimorchiatore il Vigilante, sul quale imbarcati, facciamo la traversata del Canale.

Il Vigilante mettendosi in moto lascia ben presto Port-Thewfik dietro di noi.

Le case bianche di Suez illuminate dai primi raggi del sole si specchiano nella laguna, che l'alta marea ha riempita di acqua. Le salutiamo con un ultimo sguardo ed entriamo in pieno canale, rinserrato fra due argini, mentre che la parte percorsa sino allora era solamente scavata attraverso alla laguna, non lasciando apparire i sommersi suoi fianchi.

In tutto questo percorso il canale venne già allargato, ma al chilometro 141 vale a dire a 21 chilometri dal Mar Rosso (essendo la totale lunghezza del canale di 162 chilometri) conserva tuttora la sua primitiva larghezza. Al punto ora designato due robuste draghe lavorano per l'allargamento.

Ci si spiega che questo allargamento fu stabilito nel 1894, conforme all'avviso di una Commissione tecnica internazionale composta di delegati dei vari paesi interessati.

Questa Commissione internazionale si è pronunciata per l'allargamento del canale e non per lo scavo di un canale a fianco del primo, come lo chiedevano alcuni armatori inglesi.

La capacità del traffico di un canale a larga sezione, dove le navi possono incrociarsi dappertutto è eguale a quella di due canali di sezioni minori, di cui ciascuno non potrebbe essere percorso dalle navi che in un solo senso; ma le condizioni sono assai più favorevoli in un canale allargato, poichè le navi avendo un maggiore volume d'acqua intorno a loro trovano minore resistenza, si governano meglio, possono aumentare la loro celerità con minor pericolo d'incagliare.

Il canale nei primi tempi era scavato ad 8 metri di profondità con una larghezza al fondo di 22 metri.

La Commissione internazionale ha fissata la nuova larghezza a 37 metri con una profondità di metri 9; dimodochè l'al largamento che si sta effettuando risulta di 15 metri con un metro in più di profondità.

Le due operazioni di allargamento e di aumento in profondità si eseguiscono contemporaneamente, di modo che, ultimati i lavori, si potrà sempre calcolare sopra una larghezza di 37 metri con una profondità non mai minore di metri 8,50 per tutta la lunghezza del canale.

La profondità del canale è calcolata al disotto delle basse maree; a Port-Said non havvi notevole differenza tra le alte e basse maree (tutto al più m. 0,40) ma a Suez la differenza dei due livelli è di metri 1,50; questa differenza, che diminuisce gradatamente a misura che vi si allontana dal Mar Rosso, si annulla completamente nei piccoli laghi amari, il cui livello rimane costante.

I lavori dell'allargamento del canale ebbero principio nel 1887 e saranno ultimati nel 1897 o 98. Per un determinato tempo s'impiegarono 1800 operai non compresi i 1200 regolari della compagnia; oggi oltre questi 1200 operai regolari si occupano ancora oltre mille uomini per l'allargamento del canale; presentemente lavorano otto draghe; rimane loro ancora, per ultimare il lavoro, a togliere 1900 metri cubi di sterrato compresi quelli da eseguirsi fuori acqua che saranno, si può dire, quanto prima ultimati.

E così per 11 / 12 il lavoro è fatto. Il programma quindi dell'allargamento portato a 37 metri verrà esaurito in un periodo non maggiore di anni tre e per conseguenza nel limite di tempo prestabilito. Nella sezione di Suez gli sterri tolti dalle draghe sono rigettati entro pontoni muniti di macchina ad elica, che li trasporta sino al luogo, dove devono essere deposti; questi pontoni hanno al loro centro due grandi casse aperte in alto e chiuse in basso per mezzo di due imposte assicurate da catene, e quando si vuole vuotare il pontone si rallentano le catene, le imposte si aprono e tutto il materiale contenuto nelle casse precipita in fondo al mare.

Ecco infatti in questo momento due pontoni diretti, come noi, verso Nord, carichi di sterramenti, che vanno a scaricare nei laghi amari.

Lo stesso sistema è attivato nella sezione d'Ismaïlia; mentre invece in quella di Port-Said, per la poca elevazione degli argini del canale, le terre scavate dalle draghe sono direttamente rigettate sulla sponda mediante un lungo colatoio in lamiera di 100 metri circa, che si appoggia sulla draga da una parte e dall'altra sopra un pontone galleggiante.

Oltre le otto draghe, che lavorano all'allargamento, ve ne sono ancora cinque o sei, le quali lungo il canale e nella rada di Port-Said continuano sempre a mantenere la voluta profondità.

In causa dello scoscendimento delle scarpe prodotto dal continuo passaggio delle navi e delle sabbie del deserto portate dal vento nel canale vi si deve ogni anno estrarre 800 mila metri cubi di sterro per mantenere la profondità e la larghezza regolamentari, e di più è necessario togliere nell'avamporto e nella rada di Port-Said 500 mila metri cubi di sabbia e di fango, che le correnti marine vi depositano annualmente.

Ed è in conseguenza di un lavoro attivo ed incessante che si mantiene costantemente nel canale la profondità minima di metri 8,50, che permette di accogliere in qualunque tempo, secondo il regolamento della Compagnia, navi che immergono metri 7,80.

Mentre ci erano forniti tutti questi schiarimenti, noi continuavamo ad avanzare, ed eccoci giunti all'entrata dei piccoli laghi amari.

Questo specchio d'acqua assai più lungo che largo non è altro che il prolungamento verso il Sud dei grandi laghi amari.

Ivi le sponde del canale scompaiono nuovamente e le boe soltanto le accennano. Avendo le navi una maggior quantità d'acqua intorno a loro possono andare più celeri e mentre la velocità è limitata a 10 chilometri all'ora nel canale, in questo tratto essa è portata a 13 chilometri.

Noi vediamo due legni davanti a noi, i quali vanno essi pure verso il Nord; li oltrepassiamo successivamente, perchè noi camminiamo colla velocità di 10 nodi, vale a dire 18 chilometri e mezzo. La prima che incontriamo è una nave inglese, Orestes; il secondo è un vapore francese, il Cachar, che trasporta ufficiali e soldati francesi della Cocincina.

Ecco poco dopo un altro battello che porta bandiera turca, è una nave di guerra il Merykh, che riconduce truppe dal Iemen. È una meschina nave da guerra, che la più piccola palla da cannone metterebbe a fascio.

Il bacino dei piccoli laghi amari si va gradatamente allargando; poi ad un tratto sparisce e poco dopo abbiamo davanti agli occhi la bellissima distesa d'acqua dei laghi amari; ieri noi l'abbiamo già veduta dalla ferrovia, oggi l'attraversiamo; ma prima noi ci accostiamo al ponte di Kabret per ammirarla dalla terraferma.

Kabret è una punta della costa africana all'ingresso dei grandi laghi amari, venendo da Suez.

Prima dell'allargamento del canale era stazione, e funziona ancora provvisoriamente per dare ordini di fermata o di libero passo alle navi provenienti dal Nord, sino a tanto che sia ultimato l'allargamento a Chalouf; dopo del che la stazione di Kabret non avrà più ragione di esistere.

Si visitano gli Uffici del Movimento e del telegrafo, come pure gli alloggi del Capo Stazione e dei suoi dipendenti; tutti quegl'edifizi costrutti con stile semplice ed appropriato al clima sono tenuti in modo inappuntabile: si vede al primo colpo d'occhio che vi regna ordine e disciplina come sopra una nave di lungo corso, e questa impressione favorevole ci viene confermata da un alto funzionario del canale, che ci accompagna.

La stazione è alimentata di acqua per mezzo di un piccolo canale derivante dal canale di acqua dolce, che attraversa il deserto. Un molino a vento rialza quest'acqua in un serbatoio, che la distribuisce in tutte le parti dell'abitato; ogni casa può avere in tal guisa un giardino ed un orto, e tutto l'insieme forma una verdeggiante oasi in mezzo al deserto.

Tutte le stazioni sono a un dipresso impiantate sullo stesso modello; in tutto ve ne sono 12, scaglionate sul percorso del canale. In ciascuna stazione esiste un posto semaforico e telegrafico eguale a quello di Kabrat.

Prima le navi non potevano incrociarsi che nei siti di stazione. Per l'avvenuto allargamento del canale l'importanza delle stazioni è di assai diminuita; quanto prima non saranno più utilizzate, che quali semplici posti di osservazione incaricati di tenere a giorno il servizio centrale del passaggio delle navi ed, in via eccezionale, comunicare ordini ai Comandanti di dette navi. Infatti al termine dei lavori in corso i bastimenti potranno incrociarsi lungo tutto il percorso del canale, eccezione fatta dei punti che sono in curva. Nelle parti in linea diritta l'incrociamento si farà in base a norme prestabilite ed in qualunque punto; ma una delle navi dovrà, come prima, scartarsi nella più vicina stazione per lasciar passare l'altra.

Le navi non potranno in qualunque punto incrociarsi in marcia, che quando si venisse ad allargare ancora il canale di altri 27 metri, di modo che esso avrebbe metri 64 di larghezza sopra una profondità di metri 9 circa; il che lo renderebbe un vero Bosforo collegante i due mari. Questo però è un semplice progetto, che non verrà mai realizzato.

Non si è molto propensi ad effettuare questo vasto programma, tanto più che la manovra di stazione non fa perdere che pochissimo tempo alle navi, che possono porsi in ormeggio e prepararsi a ripartire in 15 o 20 minuti.

Dalla punta di Kabret noi possiamo contemplare a destra il bacino dei piccoli laghi amari, che noi abbiamo testè percorso; ed a sinistra quello dei grandi laghi amari, che fra poco attraverseremo. Quest'ultimo bacino fa l'effetto di un piccolo mare interno, avendo 24 chilometri di lunghezza sopra 8 di larghezza media. La parte centrale era un giorno occupata da un banco salino di uno spessore che raggiungeva perfino i sei metri, formato da strati deposti successivamente dal flusso e dall'evaporazione delle acque del mare. La parte superiore di questo banco di sale era ad 8 o 9 metri sopra al livello del Mediterraneo.

Il bacino dei laghi amari, che contiene circa 1,500,000,000 di metri cubi di acqua, fu colmato dalle acque dei due mari.

Le acque del Mediterraneo vi furono condotte per le prime nel mese di maggio del 1869, ed a partire dal mese di agosto quelle del Mar Rosso concorsero alla colmata fattasi completa al 24 ottobre di detto anno.

Si è per questa splendida opera, che ebbe termine la costruzione del canale, la cui inaugurazione ebbe luogo, come è noto, il 17 novembre 1869.

È meraviglioso il pensare, che invece di questa bella distesa di acqua azzurra non vi esisteva, 30 anni or sono, che un bassofondo paludoso cosparso di pozze d'acqua salmastra e si comprende perfettamente come l'uomo che ha realizzato per forza di volontà e di perseveranza questa prodigiosa trasformazione possa aver creduto alla possibilità di creare un mare interno nella Tunisia, che doveva condurre sul rovescio del monte Atlas gli azzurri flutti del Mediterraneo e modificare profondamente il clima di una parte della Tunisia e dell'Algeria.

Nell'ammirare la superficie scintillante dei laghi amari ed i lontani profili delle loro sponde si comprende pure come Ferdinando Lesseps abbia voluto divenire l'artefice del mare interno africano, di cui il Comandante Roudaire fu il vero apostolo.

Ma eccoci giunti al momento fissato per la partenza e noi c'imbarchiamo di bel nuovo sul «Vigilante», ove la tavola per la colazione venne imbandita, durante la nostra fermata a terra, ed è, comodamente seduti davanti a un desco riconfortante, che voghiamo in questo momento verso il faro, che trovasi al Sud dei laghi amari.

Questo faro segna il punto dove il canale entra nei laghi, ed a 15 chilometri in avanti un altro faro, il faro Nord, ne segna la ripresa; fra questi due fari il fondo varia dai 9 ai 10 metri; non si è più in un canale, ma in una vasta distesa d'acqua, in cui si naviga come in un mare libero senza limite alcuno di celerità; cosicchè succede sovente di vedere delle vere corse (matchs) fra le navi, che si seguono e cercano di oltrepassarsi.

Ed è appunto quello che si offre al nostro sguardo fra i due piroscafi, che sono dietro di noi.

L'Oreste aumenta la sua velocità per oltrepassare il Cachar; effettivamente gli si avvicina a poco a poco, lo raggiunge, ma non riesce ad oltrepassarlo; e poichè si è ormai vicini al faro Nord, il pilota stesso dell'Oreste ne fa rallentare la marcia e lo costringe a riprendere la distanza regolamentare di 550 metri dietro al Cachar.

Noi stessi oltrepassiamo il faro Nord e ricominciamo a navigare fra le boe, che segnano il canale; le due rive del lago si ravvicinano sempre più ed ecco il canale che riapparisce sotto forma di una trincea scavata nel suolo del Toussum e del Serapéum.

Fra pochi istanti noi dobbiamo giungere alla stazione di Toussoum, non lungi dalla quale due poderose draghe lavorano all'allargamento del canale, mentre più a Nord gli sterratori allargano la trincea nella parte che sovrasta all'acqua.

Questo cantiere di sterri si divide in due parti: nell'una si lavora semplicemente allo sterro, ed il trasporto del materiale scavato è eseguito da cammelli, che docilmente vengono ad inginocchiarsi davanti agli operai incaricati di riempiere di sabbia le due casse, che portano sul dorso e poi dignitosamente si rialzano per ascendere di un passo misurato e sicuro la lunga scarpa della trincea; nell'altra parte, dove il lavoro fu già preparato, il trasporto si opera per mezzo di una linea di vagoni trainati da una locomotiva. È cu rioso il vedere fianco a fianco due metodi di lavoro affatto diversi: là il lavoro più rudimentale e per così dire preadamitico, qui il lavoro più perfezionato e moderno; sono questi contrasti che non si affacciano che su questa terra di Egitto, ora da ogni parte aperta alla civiltà, ma depositaria sempre delle più antiche tradizioni del mondo.

La trincea di Toussoum è l'ultima da doversi allargare; sarà ultimata fra alcuni mesi ed allora non rimarrà più che il lavoro delle draghe; i pittoreschi cammelli spariranno. Subito dopo Toussoum, cessa la trincea e si entra nelle lagune, che prolungano il lago; ivi nuovamente le rive del canale spariscono e ritorniamo a navigare fra le boe.

A sinistra, sopra un monticello di sabbia ci si fa vedere un marabuto; è una cappella bianca a cupola, che ricovera le spoglie di un capo venerato nel paese, chiamato il Cheik Enedek.

Questo marabuto forma l'oggetto in ciascun anno di un pellegrinaggio, dove convengono in gran numero i beduini del deserto; le donne sono assidue al pellegrinaggio, poichè una visita alla tomba del Chenek Enedek si ritiene un rimedio infallibile contro la sterilità.

Noi perdiamo di vista il bianco marabuto e davanti al nostro sguardo si spiega il grazioso specchio d'acqua che forma il lago Timsah; non ha le proporzioni imponenti dei laghi amari, poichè misura soltanto cinque chilometri tanto in lunghezza che in larghezza, ma esso è di una grande attrattiva colle sue dune di sabbia gialla, che l'avvolgono a Sud e ad Est, mentre la bella oasi d'Ismaïlia gli fa un verdeggiante contorno dalla parte di ponente.

Alcuni istanti ancora e noi siamo allo scalo di Ismaïlia, Sono le due pomeridiane e noi scendiamo avendo impiegate cinque ore sole per venire da Suez a questo punto.

Durante questo lasso di tempo assai breve abbiamo fatta ampia conoscenza col canale ed abbiamo apprese molte cose istruttive mercè i nostri gentilissimi ciceroni.

Davanti allo scalo si protende un bel viale a due filari di lébaksh. Questa specie di acacie dell'Egitto proiettano così bene i loro rami intorno intorno, che riunendosi al disopra del viale, le due file di alberi sembrano formare la volta di una cattedrale.

Sotto questo viale a sinistra vi è l'albergo Vittoria, ove alcuni di noi discendono, mentre gli altri si avviano alla residenza amministrativa della Compagnia, ove ricevono l'ospitalità.

La residenza, che è l'antico villino del signor Lesseps, è situata sul viale Méhémet-Alì dall'altra parte del canale di acqua dolce o canale Ismaïlia, al quale conduce il viale dello scalo poc'anzi nominato.

Il canale Ismaïlieh, che si passa sopra un ponte levatoio che sovrasta ad una chiusa d'acqua, trovasi in questa parte parallelo al lago Timaah, nel quale sbocca a poca distanza dal ponte.

Il viale Méhémet-Alì costeggia il canale; su questo viale oltre alla residenza trovansi gli uffici della Compagnia, il Governatorato, l'abitazione dell'Ingegnere in capo della Compagnia, il palazzo Khédiviale, e l'antico opificio delle acque, dove erano le macchine, che sospingevano l'acqua dolce sino a Port-Said prima della costruzione del nuovo canale Abbassieh. Il capo servizio delle acque che tiene colà la sua abitazione ha creato tutto all'intorno uno splendido giardino, che dà l'idea di quanto si possa fare a Ismaïlia con intelligenti cure e con acqua in abbondanza. Nel giardino le fragole crescono abbondanti e rigogliose, dimodochè in questo lembo di terra privilegiato si frammischiano i prodotti della zona temperata con quelli della zona tropicale.

Del resto l'intera Ismaïlia raffigura un gran parco, poichè dappertutto gli alberi orlano i viali e le piazze, ovvero formano dei massi di verde. Tre essenze dominano specialmente; i lèbaks ovvero acacie di Egitto, i filacs specie di pini molto slanciati, originari dell'isola Maurizio, e le palme che da ogni parte stendono maestosamente le loro larghe foglie. Tutte queste piantagioni datano dall'epoca della costruzione del canale; prima altro non vi era, al posto d'Ismaïlia, che arida sabbia, ed ora tale è il suo contrasto colla sabbia circostante, che a ben giusto titolo le venne dato il nome d'Ismaïlia, che significa Smeraldo del deserto.

È mestieri tuttavia riconoscere che Ismaïlia pure, essendo una graziosa città, è silenziosa. Il sogno di Lesseps era di farne il porto del Cairo, ma quel sogno non ha potuto realizzarsi. La rivalità di Alessandria, che teme la concorrenza delle città del canale, e per conseguenza gli ostacoli che frappone il governo egiziano al loro sviluppo, impediranno per molto tempo ancora l'incremento di Ismaïlia ed arresteranno anche il bene avviato sviluppo di Port-Said.

Ismaïlia non è diventata il porto del Cairo, che per i viaggiatori inglesi e specialmente per coloro di essi che si servono della rinomata Agenzia Cook, che vi ha impiantata una succursale. Durante quest'ultimo semestre si effettuò l'imbarco e lo sbarco di 2868 viaggiatori.

Ismaïlia è divisa in due parti: il quartiere europeo che conta circa 3 mila abitanti e la città araba che ne ha ad un dipresso 5 mila.

Il quartiere europeo è popolato dagli impiegati ed operai del canale, da qualche funzionario del governo, e da mercanti quasi tutti greci. Il resto è composto di abitanti di ogni nazione: i Francesi dominano nella classe superiore; i Greci e i Dalmati nella classe inferiore.

La parte araba della città non ha un aspetto simpatico e non è ombreggiata come il quartiere europeo; ma, bisogna confessarlo, è una delle città arabe meglio tenute, quantunque, eccezione fatta di alcune case, le rimanenti non sieno che catapecchie, in mezzo alle quali esala sempre quel certo odore prodotto dall'incessante formicolìo indigeno.

A quattro chilometri da Ismaïlia sopra un'elevazione in riva al canale la Compagnia ha stabilito un ospedale perfettamente organizzato e tenuto dalle Suore di San Vincenzo di Paola. A fianco si trova il Sanitarium, dove gli impiegati affranti od in convalescenza possono venirsi a riposare e cercare in estate aria più fresca che a Ismaïlia o lungo il canale.

Questo Sanitarium altro non è che il padiglione, che il Khédive Ismail fece espressamente costruire al momento dell'inaugurazione, perchè l'Imperatrice Eugenia potesse arrestarsi e riposarsi, contemplando il lago Timsah. Almeno questa dispendiosa follia d'Ismail ha trovato oggi un utile impiego, mentre tanti altri palazzi furono da lui innalzati, senza essere in seguito occupati.

Si termina la nostra giornata a Ismaïlia, visitando gli uffici della Compagnia, dove è impiantato il servizio centrale. È ad Ismaïlia che risiedono i Capi di Servizio della Compagnia, eccettuato l'Agente Superiore che abita il Cairo. Ciò che maggiormente attira la nostra attenzione nella rapida visita agl'uffici si è l'organizzazione del servizio del movimento.

Appena un bastimento è segnalato, molto prima che entri nel canale, sia da Suez, sia da Port-Said, l'ufficio centrale d'Ismaïlia ne è subito informato per telegrafo e da questo momento l'ufficio lo segue e lo dirige costantemente durante la sua marcia sino alla sua sortita dal canale. A tale effetto il passaggio della nave a ciascuna stazione è telegrafato all'ufficio centrale, il quale ne segna la posizione sopra un grafico, vale a dire sopra un quadro, che indica le ore per mezzo di linee orizzontali equidistanti e le località con linee verticali spostate fra di loro in proporzione alla distanza. Il servizio centrale abbraccia quindi con un solo colpo d'occhio la posizione di tutte le navi nel canale e può prevedere e regolare il procedere ulteriore di ciascuna, per poter assicurare gl'incrociamenti nelle migliori condizioni ed assegnare la priorità di passo alle navi postali. Per i profani esiste all'ufficio del movimento un altro sistema di rappresentare la marcia delle navi, più facile a comprendersi e più divertente.

È un canale in legno, che riproduce grossolanamente il vero canale coi suoi incrociamenti, coi suoi laghi ecc., sul quale si colloca al punto, in cui si trovano le navi dei piccoli battelli con fiamma azzurra quando vengono dal Mediterraneo, con fiamma rossa quando arrivano dal Mar Rosso. Davanti a noi si rappresenta la posizione di tutte le navi e prendiamo un vero diletto a veder manovrare tutta questa flotta di simulati battelli, fra i quali ci viene indicata la situazione del momento delle nostre tre conoscenze di questa mattina l'Oreste, il Cachar ed il Merykh, questi molto in ritardo per rispetto ai due primi.

La partenza da Ismaïlia è fissata per domattina alla nave; ma ci si avverte che vi sono segni percursori del Kamsin. (Vento del deserto).

Questo vento terribile è sovente così impetuoso da arrestare la navigazione sul canale; il che vedremo fra poco.

A Ismaïlia, nel quartiere europeo, havvi una piazza che porta il nome di Piazza Paleocapa, il valente ingegnere italiano, già Ministro dei Lavori Pubblici in Italia e che prese parte alla prima Commissione internazionale, che fissò la base per la costruzione del canale. È lo stesso Paleocapa, che avendo già costruito il porto di Malamocco all'entrata della laguna veneta, ebbe parte importantissima nei lavori della Commissione internazionale di Suez.

Il porto di Port-Said è stato plasmato su quello di Malamocco.

In seguito fece parte della seconda Commissione internazionale l'ingegnere romano Gioia. È questa stessa Commissione che concretò il programma dell'allargamento del canale nel 1884.

L'ingegnere Gioia prese pure parte attiva alla costruzione del canale, quale Capo della Divisione El-Guirch e risiedeva precisamente nella città dello stesso nome, ridotta ora del tutto ad un ammasso di ruine, e che fra poco avremo campo di vedere nel nostro percorso in ferrovia da Ismaïlia a Port-Said.

21 Marzo 1895.

Questa mattina il Kamsin si è alzato violento ed accenna a tempesta. Si riconobbe non essere possibile partire in battello e noi prendiamo la ferrovia sino a Port-Said. Un treno speciale sarà per noi pronto per le ore undici.

All'ora fissata, con molto stento le vetture ci condussero alla stazione, che è costrutta sul limitare della città dirimpetto al deserto. Impossibile farsi un'idea dei turbini di polvere che ci avviluppano; l'atmosfera è satura di sabbia, che viene sollevata a straordinaria altezza, oppure spinta avanti con violenza dal vento.

Fortunatamente le vetture della piccola strada di ferro, che la Compagnia ha costrutto e di cui tiene l'esercizio tra Ismaïlia e Port-Said, sono solide ed in pari tempo eleganti e confortevoli, e si può anzi dire che sono vere vetture di lusso, con corridoio di disimpegno, lavabo, ecc., i tappeti ed i colori portano le armi della Compagnia: il simbolico scarabeo egiziano colle iniziali C. G. (Compagnia generale).

Tutto è così ben combinato in queste vetture, che non si direbbe che la ferrovia abbia soltanto metri 0,75 di scartamento.

Noi cominciamo a rammaricarci meno del mancato nostro viaggio in battello, tanto più che non perdiamo il canale di vista se non che per i soli primi quindici chilometri da Ismaïlia, e questo breve tratto di terreno percorso, ci si dice, è affatto eguale a quello del Serapeum, che abbiamo attraversato jeri. Frattanto tutte le navi lungo il canale restano immobili nel punto in cui furono sorprese dal Kamsin.

Si parte dalla stazione di Ismaïlia; il vento si fa vieppiù gagliardo; soffia dal Sud come un alito infuocato pieno di polvere in modo da non potersi respirare. Tutto è chiuso nei vagoni e pel contrasto colla temperatura esteriore pare quasi nell'interno trovare un benefico refrigerio.

Nessuna nube all'orizzonte; un denso velo a tinta lugubre copre il giorno, come lenzuolo funereo. Di quando in quando uno squarcio nell'atmosfera ci permette di vedere un globo rosso opaco; è il fulgido sole di Egitto sotto l'influenza di quella pesante cortina tesa dal Kamsin dall'uno all'altro orizzonte.

Siamo giunti a 20 minuti oltre Ismaïlia, e che vediamo alla destra della ferrovia? Case in ruina, grandi edifizi col tetto crollato e colle sole mura in piedi, una chiesa, una moschea per metà distrutte; a sinistra ancora altre ruine per una grande distesa e subito il nostro pensiero intuisce essere quello il campo di una vasta città morta e che il Kamsin pare voglia seppellire nella sabbia.

Infatti ci viene detto essere la città El-Guisr o El-Guirch, costrutta durante il periodo dei lavori pel canale, floridissima a quell'epoca ed oggidì affatto abbandonata.

Intorno ad El-Guirch sorgevano i più grandi cantieri per lo scavo del canale; ed è a El-Guirch che si trovava la più profonda trincea; è ad El-Guirch che teneva il suo ufficio di Direzione e la sua residenza il già noto ingegnere Gioia.

Parecchie migliaia di operai erano ivi concentrati; vi erano stabilimenti, uffici, botteghe; una vita febbrile era mantenuta dall'andare e venire di tanta gente; ingegneri, operai, mercanti, tavernieri tutti quanti attratti in questo punto del deserto dalla vastità dell'incognito, tutti adescati dal miraggio, che brillava alla loro immaginazione per la grande impresa di Ferdinando Lesseps; tutti quanti orgogliosi di vedere sotto i loro occhi compiersi la grande opera sognata dalle generazioni e sino allora rimasta irrealizzata.

Ed ora più nulla; nulla che qualche beduino o qualche cane del deserto, che vengono a rifugiarsi dietro qualche ala di muro contro la polvere ed il vento; nulla in quelle larghe strade; nessun altro rumore tranne quello del fischio dell'uragano e del rabbioso crepitìo della sabbia!

L'evocare questo passato così a noi vicino e così pienamente distrutto riconduce il mio pensiero verso quelle città dell'antico Egitto rimaste durante secoli e secoli simili a sè stesse e morte per lenta agonia, dopo un vivere lungo e tranquillo; e l'apparizione di questa città fantasma intravveduta, correndo, sotto un cielo lugubre in mezzo alla tempesta di sabbia mi sembra la visione fantastica di alcunchè di mostruoso e di avverso alle leggi della natura. È legge fatale della vita che tutto quanto cessa dal progredire non solo rimane indietro dal movimento umano, ma si esaurisce.

La vaporiera affaticando e sbuffando continua a trascinare il treno attraverso al deserto, malgrado i colpi di vento che lo scuotono ed i turbini di sabbia che lo avvolgono. Tuttavia sembra il vento diminuire e la sabbia sollevata è meno intensa; davanti a noi non più il deserto, ma una laguna o meglio un lago salato a rive piatte; è il lago Ballah; poi a destra il canale marittimo. Noi siamo circa al 60º chilometro del canale da Port-Said e da questo punto non cessiamo più di costeggiarlo. Al chilometro 54 scorgiamo una stazione. Tre navi, che il Kamsin impedisce di progredire, si trovano ormeggiate nei pressi della stazione.

Fra esse vi è il Merikh, nostra vecchia conoscenza.

Ieri alla stessa ora lo avevamo lasciato al 120º chilometro ed in 24 ore aveva appena percorso i suoi 60 chilometri ed ecco che il Kamsin lo arresta; questo povero Merikh ha proprio tutti i contrattempi.

Poco lontano dal sito indicato due potenti draghe ed una più piccola, una dietro l'altra, sono ferme in causa del cattivo tempo. Queste tre draghe lavorano all'allargamento che è tutto ultimato sino al chilometro 50 a partire da Port-Said. Da questo punto il canale si presenta con una larghezza imponente di 100 metri.

La larghezza in fondo si mantiene eguale come nelle altre parti, ma poichè il terreno di questa sezione è alquanto instabile, venne data alle scarpe una maggiore pendenza, il che allarga d'assai il bacino del canale e ne allontana le sponde. Il canale da questo punto ha sembiante di un grande fiume che scorre attraverso ad una pianura depressa, in prossimità del mare.

A sinistra si scorge un grande specchio di acqua; è il lago Menzaleh, che si protende ad occidente sino a Damietta ed a tramontana sino a Port-Said.

Attraversando il canale Abbassieh, vale a dire il ramo che deriva dal canale di acqua dolce che conduce l'acqua a Port-Said, arriviamo a Kantara, dove la locomotiva si arresta per attingere acqua. Ivi ancora stanno ormeggiati parecchi bastimenti disposti in fila lungo la riva di Kantara in causa del cattivo tempo. Ivi ancora è stabilito il punto di passaggio della grande strada delle carovane fra l'Egitto e la Siria. Questo passo del canale marittimo si effettua mediante un pontone (bac) che da sfogo ad una continua affluenza di gente e di cammelli.

Ormai la ferrovia ed il canale Abbassieh procedono di conserva, avendo il canale marittimo a destra ed il lago Menzaleh a sinistra. Il vento volge ad Ovest e si va calmando; e possiamo ammirare il maestoso canale che si dirige in linea diritta, a perdita di vista, verso Port-Said. Sul lago Menzaleh si scorgono innumerevoli stormi di pellicani, di fenicotteri e di gabbiani.

La caccia su quel lago sarebbe l'ideale di un cacciatore appassionato, ma essa è proibita perchè si teme abbia a spaventare i pesci.

La pesca del lago, come è accennato nel Capitolo della Pesca in Egitto, è abbondantissima ed è oggetto di una forte rendita al governo, per annuali concessioni di pesca, e quindi non si vuole, in nessun modo, incagliare il profitto di una così vistosa e sicura rendita.

Finalmente si arriva a Port-Said, e sbarcando ci rechiamo in vettura all'Albergo l' Eastern Exchange.

Fin dai primi istanti sentiamo di trovarci in una città cosmopolita; si odono tutte le lingue, italiana, francese, inglese, greca; ogni paese è rappresentato; si riconosce subito di essere una città costrutta in tutta fretta, ma in uno stato di aumento, una specie di città all'americana, e lo stesso albergo ove siamo discesi contribuisce di molto a compiere questa illusione. È un fabbricato immenso, tutto di ferro, mattoni e cemento inglesi; ha sette piani sormontati da un terrazzo sul quale spiccano cinque enormi antenne con orifiamma. Questo colossale edifizio è di un buon gusto assai discutibile; è pesante, sproporzionato. Le facciate delle gallerie che avvolgono ogni piano sono tutte a vetri. Al terreno vi sono botteghe ed un club e per dare all'albergo un carattere affatto moderno in tutti i lati di ogni piano, invece di scale, è stabilito un ascenseur; perciò di scale non vi sono che quelle di puro servizio.

Di fianco alla città europea vi è il quartiere arabo, non meno importante ed assai regolarmente costruito, ma senza verun carattere speciale.

La popolazione di Port-Said si eleva a un dipresso a 27 mila abitanti, 12 mila europei e 15 mila indigeni; si può già dire una città notevole, mentre trent'anni or sono non esisteva neppure una casa su questa spiaggia, che il mare copriva quasi interamente, quando in burrasca. Se nel nostro vecchio continente le città che sorgono potessero svilupparsi secondo le leggi naturali, come avviene in America, a quest'ora Port-Said sarebbe divenuta una città assai più estesa ed il suo porto sarebbe il più importante di tutto l'Egitto per l'esportazione.

Infatti il carico delle merci è assai più frequente ed a miglior mercato che ad Alessandria, e se non si cercasse in mille modi di osteggiare lo sviluppo commerciale di Port-Said le mercanzie verrebbero ivi quasi tutte dirette. Ma la vecchia e potente città di Alessandria non la vede in quel modo ed il governo che è costretto di tenere in considerazione i lamenti ed i reclami degli Alessandrini nulla mai fece per aiutare lo sviluppo di Port-Said ed anzi, per meglio dire, ha sempre cercato di limitarlo. Sotto questo punto di vista venne per molto tempo rifiutata alla città qualsiasi comunicazione ferroviaria coll'interno dell'Egitto e quando poi si autorizzò la Compagnia del Canale di Suez a costruire una ferrovia tra Ismaïlia e Port-Said s'impose la condizione di costruirla colla sola larghezza di m. 0,75, al solo scopo che essa non possa raccordarsi col resto della rete ferroviaria egiziana. Sino a che codesta aperta ostilità continuerà a sussistere, è impossibile che Port-Said possa prosperare come conviensi alla sua giovinezza ed al suo vigore. Solo nel suo porto si concentra oggigiorno questa sua vigorìa, questa sua esuberanza di vita. Nel vedere l'incessante andirivieni di bastimenti che arrivano dal largo per imboccare il Canale e di quelli che ne escono si comprende tutta l'importanza della via aperta da Ferdinando Lesseps al commercio universale.

È a Port-Said che si riunisce tutto il movimento del Canale; nel 1894 ben 3352 navi transitando dall'uno all'altro mare passarono per Port-Said; 306 navi hanno portato nel porto 960340 tonellate di carbone; 1229 altre navi hanno fatto scalo; 4887 navi sono passate nel porto.

Port-Said è uno dei più grandi depositi di carbone del mondo intero; le navi che entrano nel canale, o che ne escono, vi si provvedono quasi tutte di carbone. Nel 1894 sopra 3352 navi transitanti pel canale, 2835 fecero carbone a Port-Said; esse ne hanno in totale caricate 902642 tonellate inglesi di 1012 chilogrammi per tonellata.

Il caricamento del carbone si fa in un modo assai pittoresco. Barconi pieni di carbone sono condotti lungo il fianco della nave, che deve ricevere il carico; fra i barconi e la nave viene stabilito un doppio passaggio mediante tavole molto strette. Una squadra di Arabi carica il carbone nei cesti, un'altra squadra porta questi cesti a bordo salendo e scendendo incessantemente alla corsa su queste tavole inclinate; quando il lavoro funziona, non si vede altro che una catena umana che sale da un lato e discende dall'altro senza arrestarsi e senza soluzione di continuità; tutti questi uomini si eccitano fra loro con voci rauche e selvaggie e di notte quando tutti questi diavoli neri gridano e si agitano al chiarore dei machallas, specie di fuoco resinoso posto alla punta di lunghe pertiche, lo spettacolo è originale e fantastico.

Con questo spediente assai primitivo si giunge ad ottenere caricamenti rapidi; non è cosa straordinaria caricare in due ore trecento ed anche quattrocento tonellate di carbone.

Il porto di Port-Said, che soddisfa pienamente a questo grande movimento marittimo si compone di tre parti: l'avamposto compreso fra le due gettate che si avanzano al largo per una lunghezza di tremila metri quella dell'Ovest e di millenovecento metri quella dell'Est; il porto propriamente detto, di una lunghezza di 1500 metri circa, è formato dal bacino Ismail e da quelli più piccoli del Commercio, dell'Arsenale e del così detto bacino Cherif; e finalmente il retroporto di una lunghezza di mille metri rappresentato dal bacino Abbas-Hèlmi e da quello delle navi petroliere. Sopra il vasto molo, che separa il bacino del Commercio da quello dell'Arsenale, la Compagnia del canale di Suez ha fabbricato un edificio monumentale di stile moresco per tutti i suoi uffici.

Fra non molti giorni vi saranno installati trovandosi essi tuttora nei vecchi locali, dove ho potuto raccogliere i dati relativi al movimento del porto di Port-Said e del transito nel canale.

Qui ha termine la nostra visita del canale di Suez, e nel percorrerlo in tutta la sua lunghezza sono rimasto meravigliato dell'imponenza dell'opera, dell'importanza dei lavori, dell'intensità del traffico e sopratutto dell'ordine e della regolarità, che si osservano in questa grande amministrazione.

La Compagnia universale del canale marittimo di Suez venne fondata nel 1854. I lavori del canale incominciarono al 22 aprile 1859, e la sua inaugurazione ebbe solennemente luogo al 17 novembre 1869, dieci anni dopo.

La lunghezza del canale da Port-Said a Suez è di 162 chilometri; la sua larghezza (in fondo al canale) è attualmente portata, come si è già veduto nelle pagine precedenti, a metri 37 con 9 metri di profondità, da permettere il passaggio di navi, che immergano sino a metri 7,80.

Ora, per chiudere questo studio, riepilogo nei seguenti quadri i risultati del movimento dell'anno scorso in confronto agli incassi ed al traffico degli anni precedenti.

Cenni statistici e riparto per Categorie e per Bandiere delle 3358 navi transitate nel 1894.

Categorie Bandiere

Vapori (Steamers) di Commercio N. 2498 Inglese N. 2386

Id. postali » 680 Tedesca » 296

Navi di commercio per la pesca » 45 Neerlandese » 191

Trasporti militari » 57 Francese » 185

Cannoniere » 17 Austro-Ungarica » 78

Avvisi » 8 Italiana » 63

Corvette ed Incrociatori » 25 Norvegiana » 41

Corazzate » 9 Russa » 35

Torpediniere » 5 Ottomana » 33

Yachts a vapore » 7 Spagnuola » 28

Draghe marine » 1 Giapponese » 6

Americana » 5

Egiziana » 2

Portoghese » 2

Nicaraguese » 1

Totale N. 3352 Totale N. 3352

Transito del canale marittimo di Suez dal 1870 al 1894.

Annata Numero delle navi Tonnellate nette RISCOSSIONE derivante dal diritto speciale di navigazione

1870 486 Tonnellate 436609,370 Franchi 4346758,42

1871 765 » 761467,050 » 7595385,13

1872 1082 » 1160743,542 » 14377092,14

1873 1173 » 1367767,820 » 20850726,15

1874 1264 » 1631670,140 » 22667791,94

1875 1494 » 2009984,091 » 26430790,61

1876 1457 » 2096771,613 » 27631458,20

1877 1663 » 2355447,695 » 30180928,72

1878 1593 » 2269678,315 » 28345672,87

1879 1477 » 2263332,194 » 27131116,77

1880 2026 » 3057421,881 » 36492620,25

1881 2727 » 4136779,769 » 47193882,67

1882 3198 » 5074808,885 » 55421039,59

1883 3307 » 5775861,795 » 60558488,57

1884 3284 » 5871500,925 » 58628759,82

1885 3624 » 6335752,984 » 60057259,97

1886 3100 » 5767655,847 » 54771076,72

1887 3137 » 5903024,094 » 55995298,28

1888 3440 » 6640834,446 » 63037618,20

1889 3425 » 6783187,122 » 64412511,64

1890 3389 » 6890094,414 » 65427230,22

1891 4207 » 8698777,360 » 81540836,24

1892 3559 » 7712028,610 » 72613311,13

1893 3341 » 7659059,765 » 68862961,37

1894 3352 » 8039175,276 » 72116965,18

Movimento dei passeggeri nel Canale di Suez dal 1870 al 1894.

Annata Numero dei Passeggeri Riscossioni

1870 26758 267580

1871 48422 484220

1872 67640 676400

1873 68030 680300

1874 73597 735970

1875 84446 844460

1876 71843 718430

1877 72822 728220

1878 99209 992090

1879 84512 845120

1880 101551 1015510

1881 90524 905240

1882 131068 1310680

1883 119177 1191770

1884 151916 1519160

1885 205951 2059510

1886 171411 1714110

1887 182997 1829970

1888 183895 1838950

1889 180594 1805940

1890 161353 1613530

1891 194467 1944670

1892 189809 1898090

1893 186495 1864950

1894 165980 1659800

La tassa per ogni persona è stabilita in Franchi Dieci

Statistica pel riparto in categorie dei Passeggeri transitati nell'anno 1894.

Militari tedeschi 226

» inglesi 37737

» spagnuoli 1725

» francesi 14973

» olandesi 4678

» italiani 2591

» turchi 7718

» portoghesi 14

» russi 3744

Passeggeri civili 71996

Speciali (Pellegrini, emigranti, trasportati) 20562

Totale dei passeggeri sopra navi 165963

Passeggeri sopra barche 17

Totale generale 165980

Addizionando le riscossioni percepite nel solo anno 1894 pel transito di navi nel canale, L. 72116965,18, con quelle ottenute pel transito di passeggieri, L. 1650800, si ha un totale di riscossioni fatte nel 1894 di L. 73776765,18.

Questa cifra totale spiega facilmente il progressivo incremento del commercio che, a fronte della notevole tassa di passaggio da cui è gravato, trova tuttavia conveniente di transitare pel canale di Suez.

Dalla statistica di 25 anni, dal 1870 al 1894, si rileva che le riscossioni nell'anno 1891 furono le più rilevanti, dando un complessivo totale di L. 83485506,24.

Questo florido sviluppo della Compagnia del Canale di Suez si deve non tanto all'onerosa imposta sul passaggio di navi e di personale che a lei ricorrono, quanto all'oculata Direzione ed all'intelligente Amministrazione, le quali, non mai esitanti a provvedere per le spese necessarie, procurano di agevolare sempre più il transito, consolidando ogni giorno, a benefizio degli azionisti, un'azienda così complessa e sotto ogni aspetto così importante.

L'agente superiore della Compagnia in Egitto è il conte Carlo de Serionne italiano per parte di madre.

Egli tiene residenza fissa al Cairo; ma quando si reca sul Canale per ragioni di servizio, o quando meglio lo crede ha pure residenza ufficiale a Suez, ad Ismaïlia ed a Port-Said.

A de Serionne io devo se, come amico e come vecchio conoscente di sua famiglia, ho potuto visitare il canale nei suoi minuti dettagli; poichè, ospite suo per alcuni giorni, a lui devo la fortuna di avere percorso questo lungo e meraviglioso nastro, che unisce il Mediterraneo al Mar Rosso, in modo splendidamente dilettevole ed istruttivo.

Confesso apertamente che quei giorni trascorsi in sua compagnia e degli altri suoi ospiti formano uno dei più graditi ricordi della mia vita.

Durante quest'escursione sul canale ebbi sempre a compagno carissimo l'ingegnere capo del canale, Commendatore Quellennec, il quale non solo mi fu cortese e provetto Cicerone, ma mi somministrò tutti i dati e tutti i ragguagli che formano la parte integrante di questa monografia.

Desidero questo si sappia, perchè il benevolo lettore può così andare convinto che tutte le informazioni che, per mezzo mio, riceve su quest'opera meravigliosa scaturiscono da fonte purissima e sicura.

[194][195]

CAPITOLO X.

MEZZI DI COMUNICAZIONE IN EGITTO

Poste—Telegrafi—Ferrovie—Navigazione sul Nilo e sui Canali—Strade ordinarie ed agricole—Porti e linee di comunicazione coll'Estero.

POSTE.

Una vera e propria amministrazione delle Poste, come ente dello Stato, non esiste in Egitto che dal 1865. Prima d'allora la storia del servizio postale va divisa in due periodi, distinti l'uno dall'altro.

Il primo comincia dal regno di Mohammed-Alì, il grande Vice-Re per venire giù giù fino al 1843, allorchè l'italiano Carlo Meratti immaginò di stabilire, a suo rischio e pericolo un quid simile di servizio postale limitato al trasporto ed alla distribuzione delle corrispondenze, pel comodo dei pochi residenti europei del Cairo e di Alessandria.

Il secondo prende le mosse dall'esercizio Meratti e, morto lui, continua per opera del nipote ed erede Tito Chini, il quale associatosi Giacomo Muzzi, uomo di molto ingegno e di non comune iniziativa, potè con questo, verso il 1848 dare una maggiore e più intelligente spinta all'opera rudimentale iniziata dallo zio, opera che assunse di poi uno sviluppo oltre ogni dire meraviglioso.

Questo secondo periodo che rappresenta la genesi vera e propria del servizio postale egiziano, va dal 1843 al 1865 e mette in vista un esercizio dei più importanti, che fu generalmente conosciuto sotto la denominazione di Posta Europea.

Ma qui fa d'uopo porre in sodo come sotto il regno di Mohammed-Alì funzionava già, come è stato accennato più sopra, un embrione di servizio postale procedente ad esclusivo benefizio del Governo.

I privati, quando sentivano il bisogno di scambiarsi le rispettive loro idee sotto forma di lettera (caso raro in quei beati tempi, nei quali il vapore ed il telegrafo non avevano ancora guastato il quieto vivere di questo bel paese) spedivano per conto proprio un messo, il quale portando l'epistola sino al luogo di residenza aveva altresì l'incarico di ritornare colla risposta.

Un servizio pubblico pertanto mancava. Questo stato di cose fu appunto il movente che suggerì al Meratti l'idea di creare i due suoi uffici; l'uno al Cairo, l'altro in Alessandria, i quali servivano allo scambio delle corrispondenze europee fra le due più cospicue città egiziane.

Il trasporto dei dispacci fra queste due lontane località veniva effettuato, a somiglianza di quanto faceva il governo per suo conto, per mezzo di corrieri a piedi, finchè nel 1856 la ferrovia, che dapprima funzionava soltanto fra Alessandria e Damanhur, poi tra Alessandria e Kafr-el Ais, venne estesa a poco a poco sino al Cairo, allacciando finalmente, con rapida comunicazione, le due grandi città del Vice-Reame.

Ed intanto ancora nuovi Uffici della Posta Europea andavano qua e là aprendosi, mano a mano che i grandi centri dell'Egitto venivano popolandosi di stranieri e che conseguentemente gli scambi ed i commerci aumentavano dappertutto d'importanza.

Ogni nuovo ufficio aperto segnava frattanto un nuovo passo innanzi, fatto dall'impresa Chini-Muzzi, che finalmente nel 1862—anno memorando—avendo oramai date prove luminose di quanto sapeva fare, con un piccolo stuolo di valenti italiani, ebbe l'insigne e forse insperato onore, di vedersi offerto dal Governo Vice-Reale il monopolio del servizio postale, nonchè il trasporto quasi gratuito della valigia sulle ferrovie dello Stato e colla sola condizione di ricambio, che le corrispondenze governative fossero trasportate e distribuite in franchigia a cura della nuova amministrazione.

Questa, dato ormai l'impulso iniziale, conforme alla legge fisica che vuole il motus in fine velocior, raggiunse tale un grado di alto sviluppo da consigliare il governo egiziano di avocare a sè cosifatto servizio, ricomprando dai signori Chini e Muzzi il monopolio, che era stato loro accordato tre anni prima e dichiarando l'amministrazione delle Poste amministrazione dello Stato.

Al Muzzi nello stesso tempo veniva offerto l'incarico, che egli accettava, di continuare a dirigere quell'amministrazione che col Chini aveva creata, mantenendosi intero quello stesso personale italiano, che lo aveva fino allora così bene coadiuvato ed autorizzandolo altresì a reclutarne del nuovo, che egli di fatto reclutò, e gli si conferiva col titolo, allora insigne, di Bey, il grado di Direttore Generale delle Poste Vice-Reali egiziane, da lui tanto validamente guadagnato e che conservò fino al 1876.

Ed ecco come una modesta, ma intelligente impresa privata, nata dal nulla, 22 anni prima, trovossi nel 1865 tanto solidamente piantata, da far nascere nel Governo la brama di farne un'amministrazione propria, la quale, per merito della sua forte organizzazione originale, nonchè (sia detto ad onore del vero) pel valore dei suoi antichi agenti continua lodevolmente nell'ufficio suo, soddisfacendo pienamente alle esigenze ognor crescenti di un pubblico oramai numerosissimo e cosmopolita.

Ogni fatica ha il suo compenso; e l'amministrazione postale deve con giusta compiacenza sentirsi a ripetere da ogni parte, che le poste egiziane disimpegnano l'ufficio loro con piena soddisfazione del pubblico da essere considerate come una delle amministrazioni governative, che meglio funzionano.

Questa favorevole condizione di cose torna a merito ed a lode dei capi principali, per la maggior parte italiani, i quali devono considerarsi come i veterani di una amministrazione, che essi videro creata da due loro concittadini, della quale furono e sono tanta parte.

L'Egitto è compreso nell'unione postale universale.

Nelle località importanti, non toccate dalle ferrovie, l'amministrazione ha creato un servizio di Battelli-Posta. Attualmente quattro sono le linee funzionanti per mezzo dei Battelli-Posta e fra queste la linea di Guerga ad Assouan (1ª Cateratta) e Ouadi-Halfa (2ª Cateratta) disimpegnata concorrentemente da Cok e Son e dalla Compagnia egiziana Tewfikieh.

Le linee appartenenti alla posta hanno trasportato nel 1892 oltre quaranta mila passeggeri.

In detto anno le entrate dell'amministrazione postale raggiunsero le 120000 lire egiziane equivalenti a lire italiane 3120000, mentre le spese non ascesero che a 93000 lire egiziane corrispondenti a lire italiane 2418000 e quindi il benefizio netto nella gestione del 1892 è di lire egiziane 27000 pari a lire italiane 702000.

Ogni anno il provento va sempre aumentando, benchè i trasporti effettuati pel servizio del governo sieno tutti gratuiti.

Il servizio postale in Egitto, a giudicare dal modo in cui esso funziona al Cairo sotto la direzione locale dell'egregio italiano Cav. Valle, può sostenere il confronto delle migliori amministrazioni di Europa.

TELEGRAFI.

I telegrafi egiziani sono annessi all'Amministrazione delle ferrovie. La lunghezza totale delle linee telegrafiche è per ora di 3100 chilometri, mentre quella dei fili è di circa 11 mila chilometri. Il numero dei telegrammi stati trasmessi nel 1892 fu di circa 1500000, ma in seguito questo numero è aumentato.

Le linee telegrafiche seguono d'ordinario le ferrovie, alcune di esse penetrano in quelle parti dell'Egitto ove non havvi ancora strada ferrata.

Una delle linee telegrafiche più importanti è quella di Rafaa frontiera della Siria. Questa linea collega la linea telegrafica dell'Egitto colla rete turco-asiatica e quindi coll'Europa.

Due cavi sottomarini uniscono Alessandria coll'Europa; l'uno fra Alessandria e Brindisi, passando per l'isola di Candia e le isole jonie; l'altro fra Alessandria e Malta; un terzo cavo collega Alessandria a Cipro, e finalmente un quarto è immerso nel Mar Rosso fra Suez e Aden. Tutti questi cavi appartengono alla Compagnia dei telegrafi esteri.

Il numero degli uffici telegrafici in Egitto è di circa duecento, ma si vanno aumentando. Oltre la metà di essi accettano telegrammi in lingue europee.

Nel 1892 la lunghezza delle linee in terraferma era già di 3095 chilometri; lo sviluppo dei fili di 12971 chilometri.

FERROVIE.

L'Egitto possiede una rete di strade di ferro la cui importanza aumenta ogni anno.

Mille ottocento e quindici chilometri era lo sviluppo ferroviario nel 1890, ma ora si è notevolmente accresciuto.

Le ferrovie sono di proprietà dello Stato, e la loro amministrazione è diretta da un Consiglio composto di tre membri: un inglese Presidente, un francese ed un egiziano. Il provento netto delle ferrovie viene versato nella Cassa del Debito Pubblico.

Nel 1892 le ferrovie egiziane hanno trasportato oltre a sette milioni di viaggiatori, e questa cifra, in questi ultimi anni, è aumentata.

Il materiale rotabile si compone di circa 300 locomotive, 500 vagoni a viaggiatori e sei mila vagoni per merci e generi diversi.

Oltre alle ferrovie dello Stato esistono tre piccole linee ferroviarie, l'una da Alessandria a Ramleh fino al casino di San Stefano, l'altra dal Cairo ad Hèlouan (stabilimento balneario) appartenenti a Società private, ed una terza tra Ismaïlia e Port-Said della Compagnia del canale di Suez.

Il Governo egiziano, in questi giorni, ha fatta ad una forte Compagnia belga la concessione di una nuova ferrovia a sistema ridotto tra Mansourà, Menzaleh e Matarieh con uno sviluppo di non meno di 100 chilometri per un periodo di 50 anni. Dopo questo periodo la ferrovia ed il materiale ritornano allo Stato, che si riserva il diritto di acquistare la linea dopo venti anni di esercizio.

NAVIGAZIONE SUL NILO E SUI CANALI.

La navigazione sul Nilo e sui canali era un tempo molto attiva. Ma l'impianto delle reti ferroviarie, la costruzione di numerose opere d'arte, ponti, chiuse, conche, dighe, ecc., che sono di tanto ostacolo alla navigazione, l'imposta di tasse sopra le barche, di diritti di pedaggio pel passaggio sotto ai ponti od alle chiuse hanno di molto ridotta l'importanza del servizio battelliere in Egitto.

Un'altra causa ha portato un gran colpo alla navigazione a vela sul Nilo: l'organizzazione e l'esercizio di un regolare servizio di navigazione a vapore sul Nilo dal Cairo ad Assouan e Wady-Halfa (1ª e 2ª Cateratta) per parte della Casa Cook e Son di Londra e della Compagnia egiziana Tewfikieh.

In passato il numero dei velieri naviganti sul Nilo e sui canali oltrepassava la cifra di trenta mila; ora invece il numero è ridotto a poco più di un terzo.

La navigazione a vapore è attualmente rappresentata da una flottiglia di 45 battelli a vapore (steamers); 10 appartengono alla Compagnia Tewfikieh, 16 alla Casa Cook e Son ed il rimanente a privati ed a diverse amministrazioni governative. Parecchi di essi esercitano il servizio regolare della Posta.

Il Nilo è navigabile da Assouan al mare; ma durante le acque basse la navigazione riesce assai difficile sopratutto nei rami di Rosetta e di Damietta, e così dicasi della navigazione sui canali, anche i più importanti, che si ramificano per tutto il basso Egitto.

La navigazione dal Cairo a Damietta si serve durante la magra del Nilo, del canale Rayah-Tewfikieh, non che dei canali secondari, che formano il prolungamento del Rayah insino al mare.

Questi stessi canali, compresi il Bahr-Saghir ed il lago Menzaleh, formano eziandio una linea di navigazione tra il Cairo e Port-Said.

STRADE ORDINARIE ED AGRICOLE.

Le strade carrozzabili sono ancora in numero ristretto in Egitto. Ancora pochi anni or sono non ne esistevano che alcune nei dintorni del Cairo e di Alessandria.

Le dighe dei canali servono abitualmente di strada ed i trasporti si fanno a dorso di cammelli, di asini e di asinelli.

Il Governo recentemente ha intrapreso l'impianto di una rete importante di strade agricole ed in pari tempo carrozzabili in tutte le provincie dell'alto e basso Egitto.

PORTI DELL'EGITTO E LINEE DI COMUNICAZIONE COLL'ESTERO.

Il commercio estero dell'Egitto si esplica mediante i porti di Alessandria, di Port-Said, di Suez e di Damietta. Alessandria è il gran porto dell'Egitto ed in esso il movimento della navigazione va ogni anno aumentando. Nel 1892 entrarono 1370 battelli a vapore e 940 velieri; ne uscirono 1355 vapori e 935 velieri. In tutto si effettuò il movimento di 4600 navi colla staza complessiva di quattro milioni e duecento mila tonellate.

Il secondo porto dell'Egitto è Port-Said. È un porto d'importazione e di transito, massime di carboni.

Suez, che è il terzo porto, serve sopratutto per l'importazione. È per questa città che i prodotti dell'Arabia, dell'India e dell'estremo Oriente penetrano in Egitto.

Il porto di Damietta è diventato di un ordine alquanto secondario, non raggiungendo neppure la cifra totale delle sue operazioni le lire egiziane 200000 corrispondenti a lire italiane cinque milioni e duecento mila.

Le comunicazioni tra l'Egitto e l'estero si esplicano specialmente per mare.

La sola via di terra è quella di Siria per Kantara, El-Arick e Gaza.

Le linee di navigazione marittima possono dividersi in due categorie:

1ª Le linee dei trasporti regolari o postali che, oltre al servizio della posta, trasportano viaggiatori e mercanzie;

2ª Le linee dei trasporti irregolari destinati soltanto al trasporto delle mercanzie.

LINEE DEI TRASPORTI REGOLARI.

Numerose linee di battelli a vapore fanno, a giorni prestabiliti, il servizio sopratutto fra i porti del Mediterraneo. Altri, transitando pel canale di Suez, fanno il viaggio dell'e stremo oriente, dell'Australia e della costa orientale dell'Africa.

Nell'andata collegano Suez coi porti dell'Oceano indiano e del Pacifico; al ritorno Port-Said coi porti dell'Europa.

BATTELLI EGIZIANI O KHÉDIVIALI.

Il Governo egiziano possiede una flottiglia di battelli che comunicano colla Siria e Costantinopoli, non che coi vari porti del Mar Rosso.

Il servizio di navigazione dei battelli a vapore Khédiviali abbraccia tre linee:

1ª La linea greco-turca settimanale;

2ª La linea della Siria pure settimanale;

3ª La linea del Mar Rosso ogni due settimane.

BATTELLI ESTERI.

Le altre linee di battelli a vapore appartengono a Compagnie marittime forestiere.

Le principali sono:

1º La Compagnia francese delle messaggerie marittime;

2º La Compagnia inglese peninsulare, And Oriental Steam navigation Company;

3º La Compagnia italiana Florio-Rubattino;

4º La Compagnia austriaca Lloyd;

5º La Compagnia russa di navigazione a vapore;

6º La Compagnia Moss e Papajanni con servizio diretto tra Alessandria, Malta, Gibilterra e Liverpool;

7º Diverse altre Compagnie di nazionalità diverse.

Oltre tutte queste, vi sono altre Compagnie per la navigazione commerciale assai numerose.

Circa la linea di comunicazione fra i due mari, il Mediterraneo ed il Mar Rosso, per mezzo del canale di Suez, esercitata da una Compagnia detta Compagnia universale del canale marittimo di Suez, formò il soggetto di un capitolo speciale.

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CAPITOLO XI.

CONSIDERAZIONI SULL'AUMENTATA IRRIGAZIONE IN EGITTO E COSTUMANZE DEI CONTADINI

Si è già detto, che l'Egitto deve tutta la sua ricchezza all'opera fecondatrice dell'acqua del Nilo, che per mezzo di grandi e piccoli canali innumerevoli e per la mano dell'uomo s'irradia in ogni senso.

In tempi assai remoti il Nilo, non ritenuto dalle dighe, crescendo per le annuali pioggie equatoriali (Agosto e Settembre) allagava quasi tutta la sua vallata per circa tre mesi, lasciando, nel suo ritirarsi, uno strato considerevole di limo, entro il quale si gettavano i semi dei vari raccolti, che si volevano ottenere.

Siccome questo fenomeno della piena del Nilo non si avvera che una volta all'anno, così non si otteneva che un solo raccolto.

A grado a grado, in proporzione delle somme annualmente destinate dal Governo, vennero costruite delle grandi dighe aventi un'altezza media di metri quattro ed in tal modo si va limitando la parte di terreno inondabile, regolando in pari tempo l'irrigazione delle terre favorite dalle acque con numerosi canali artificiali.

Tutti questi terreni sono generalmente compresi sotto la denominazione di Séfi; il resto dei terreni non inondati, nè irrigati e per conseguenza incolti, si indicano col nome di Rod.

Come ben si può comprendere, per interessi umani, la parte Séfi va ogni giorno aumentando, mentre il Rod diminuisce; tanto più che nel Séfi si possono ottenere due ed anche tre raccolti, il che ne raddoppia il valore.

In media i terreni di buona qualità e ben custoditi rendono al proprietario sino al 35% e questo col semplice affitto all'agricoltore (fellah) il quale poi ne ricava a sua volta un utile proprio.

Si comprende quindi quanto mai vantaggiosa sia la riduzione dei Rod in Séfi; ma al dire degli intelligenti agricoltori, è necessario abbandonare all'inondazione periodica del Nilo tutte le loro terre, almeno ogni dieci anni, e questo perchè il genere di prodotto agricolo, specialmente dell'alto Egitto, qual è la canna di zucchero, stanca moltissimo il terreno, in cui viene fatta la semina.

Si osservano tuttora considerevoli estensioni di terreni non coltivati, benchè inondabili, e ciò perchè la terra essendo troppo grassa da una efflorescenza di sali tale da rendere non possibile la coltivazione. Si potrebbe scongiurare questo grave inconveniente con frequenti inondazioni di questi terreni, che permetterebbero al sale di sciogliersi e venir coperto dalla melma depositata dall'acqua; come pure si potrebbe trasportarvi sopra terra magra di altre località.

Ma tutto questo richiederebbe una spesa non indifferente ed il proprietario non pensando al grande utile avvenire preferisce lasciare quel terreno incolto.

Come si vede, la terra non ha bisogno di aiuto dalla mano dell'uomo per fecondare i vari semi; essi vengono gettati nell'autunno e poi tutto è abbandonato all'opera della natura, la quale in tre mesi circa dà tutto il suo prodotto completamente maturo.

Il contadino non ha timori per l'avvenire del suo raccolto; non pericoli di tempesta, di siccità o di altro frangente; tutto è sicuro e la sola fatica si riduce nel seminare e nel raccogliere.

La canna di zucchero viene soltanto seminata nell'alto Egitto e per una tratta di 250 chilometri circa. Questa canna viene poi lavorata in numerose fabbriche appartenenti la maggior parte al governo egiziano; da queste fabbriche si ottiene soltanto lo zucchero greggio.

La canna dello zucchero viene seminata in canna appena raccolta; dai numerosi suoi nodi si sviluppano i nuovi fusti.

Attualmente sono in via di progetto la costruzione di grandi serbatoi per l'alto Egitto, per riunire all'epoca della piena una certa quantità di acqua e distribuirla poi nella magra nei vari canali irrigatori dei Séfi.

Questi serbatoi ultimati, sparirà ancora una gran parte dei terreni incolti (Rod) e da quanto si può sin d'ora prevedere mancheranno poi le braccia a lavorare le nuove terre, giacchè la parte araba (fellah) è già in deficienza al presente.

Oggidì la maggioranza dei proprietari possiede grandi estensioni di terreno ed in prima linea figura il governo egiziano. Vi sono proprietari che posseggono sino a dieci mila feddani (il feddano equivale a 42 are), costituenti una rendita annua minima di ottomila lire egiziane, corrispondenti a 208 mila lire italiane. Malgrado ciò la vita che conducono questi signori arabi è ancora assai primitiva; non vogliono servirsi del loro denaro, nè impiegarlo e tengono perfino trecento mila franchi in oro ammassati in casa, mentre il loro pasto quotidiano consiste ancora in pane arabo e fave.

I figli loro non ricevono educazione di sorta, specialmente morale, sostituendosi a questa le massime di loro religione piene di fanatismo e di fatalismo pernicioso.

Il contadino in Egitto, in apparenza così miserabile (il che ha indotto in errore altri scrittori che hanno trattato e che trattano delle condizioni dei contadini in Egitto) ha nulla da invidiare dello stato materiale dei nostri.

Il contadino egiziano (fellah) gode la vera libertà; non ha bisogni ricercati per il suo genere di vita; si fa la sua galabiá (veste lunga ed ampia) una volta all'anno per le feste del Ramadan (digiuno) che succedono immediatamente dopo la quaresima musulmana; vive in case costruite colle proprie mani (fango e paglia); una sola caldaia serve talvolta per il desco di più famiglie; il pane che lo nutrisce viene preparato una volta per settimana, limitandosi, se duro, a rammollirlo nell'acqua prima di mangiarlo; dalle terre che coltiva raccoglie grano, fave, cipolle; è quanto basta per avere il suo nutrimento; non beve vino vietandolo la sua religione, ed in quanto alla salute non conosce che il nascere ed il morire.

Nei bambini, la mortalità raggiunge i tre quinti; ma quelli che sopravvivono sono a tutta prova.

Le cure materne si limitano al semplice allattamento, poichè nel resto vengono abbandonati alla natura, la quale, assoggettandoli all'acqua, al sole ed a qualsiasi intemperie li alleva robustissimi; difficilmente si vede fra i contadini arabi un rachitico di qualsivoglia genere.

Il fellah nasce come natura vuole, e non è raro il caso che una donna partorisca sulla sponda di un canale e, lavato il neonato, torni alla sua casa, come nulla fosse avvenuto.

Il contadino (fellah) non paga tasse dirette; egli tiene sempre diversi capi di bestiame, pecore, capre, somari (bourik), cavalli e bufale; anzi da queste ultime ricava il latte pel burro e formaggio.

Il contadino si dà a piccole industrie, e le donne specialmente fabbricano colle foglie dei palmizi canestri e stuoie e col fango del Nilo rustici vasi comprese le famose gulle per mantenere fresca l'acqua. Il fellah vive tanto più felice e libero in quanto che non è capace di concepire un sentimento nobile ed elevato; il patriottismo è per lui cosa ignota.

Nella sua religione soltanto sembra trovare sfogo a tutta la sua capacità morale; fedele e cieco esecutore dei precetti del Corano tutto aspetta e tutto crede venga dal suo Dio.

Non havvi arabo, per miserabile che sia, al quale manchi la sigaretta fra le labbra, e quando vi domanda il baksciss (regalo) è per provvedersi di tabacco. In tutto il resto l'arabo si appoggia al passo del Corano, in cui è detto che Allah prima dello spuntar del sole ha già pensato al pane per ognuno e di questo, pare sia molto persuaso.

Fin dalla più tenera età, bambini di sesso diverso, vivono a contatto nella loro più semplice espressione, e si comprende come molti sensi morali e materiali vengano atrofizzati. Il contadino ha diverse mogli, e mentre fra gli arabi è difficilissimo il caso di figli non riconosciuti, pure fra i figliuoli di differenti mogli corre un odio continuo e feroce, causa di infinite baruffe in famiglia.

La donna araba è assai più attiva dell'uomo (s'intende fra i fellah) ed è cosa che desta meraviglia ed un senso quasi di disgusto il vedere per molti chilometri l'uomo marciare stoicamente sopra il bourik o sopra il cammello col solo carico dell'eterna sua sigaretta, mentre dietro di lui camminano faticosamente i suoi figli e le sue donne portanti quasi sempre pesi non piccoli sulla testa e di più qualche bambino sulle spalle.

Il culto dei morti è un sentimento presso i fellah allo stato molto primitivo, a giudicare almeno dal come vengono conservate le tombe nei cimiteri dei villaggi; non è raro il caso di vedere tombe sfasciate colle ossa sparse qua e là in preda a luridi cani, mentre fra le macerie si trova annidato qualche gufo e più spesso un grosso serpente.

È singolare come in mezzo a tanta ignoranza il contadino arabo si serva sempre dei quattro punti cardinali per indicare qualsiasi direzione od oggetto. Persino nell'interno di una cassa qualsiasi per domandare a qualcuno di estrarre un determinato oggetto egli accenna trovarsi ad oriente anzichè a mezzogiorno od a ponente.

Il vero tipo arabo è rappresentato dal beduino; in lui si trova la vera razza araba. Sono uomini dall'aspetto fiero ed imponente; anche le donne hanno una maggiore distinzione ed un profilo più aggraziato e più regolare che le donne arabe contadine. I beduini abitano sempre sotto la tenda e sono veri zingari; a seconda della pastura che trovano pei loro animali fissano la loro dimora provvisoria. I beduini del deserto possedono la più bella razza di cavalli arabi; cavalcano splendidamente ed è uno spettacolo che impressiona l'assistere ad una delle loro fantasie.

In mezzo a fuochi, a spari di fucile volteggiano, turbinano; agitando il proprio fucile al disopra della testa, emettendo grida di gioia altissime ed instancabili pare non debbano fermarsi mai, tanto si entusiasmano, incitandosi reciprocamente alla corsa.

UNA SAKKIE ossia RUOTA A SECCHIE PER ESTRARRE L'ACQUA DAL NILO

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CAPITOLO XII.

STAMPERIA GOVERNATIVA DI BOULAC—STABILIMENTO PARVIS RAFFINERIA ZUCCHERI DI EL-HAVVANDIEH

Stamperia governativa di Boulac.

La Stamperia di Boulac, villaggio sulla riva destra del Nilo e distante un chilometro dal Cairo, è destinata a provvedere ai bisogni di tutte le Amministrazioni dello Stato ed è stata fondata sotto il Vice-Reame di Mohamed-Alì-Bascià. A quell'epoca, come pure sotto Said Bascià, la principale produzione dello Stabilimento consisteva in libri arabi.

Said Bascià dispose della Stamperia col darla in regalo ad Abd-El-Rahman Bascià Ronchdy, il quale si associò Hussein Bascià Husny.

Il signor A. Mourès stampatore in Alessandria venne da essi chiamato per dare un maggiore sviluppo a quest'industria così poco progredita a quell'epoca in Egitto. Mercè le sue profonde conoscenze tecniche, diede una grande spinta alla Stamperia di Boulac, che rese bentosto al Governo utili servizi.

S. A. Ismail Bascià prevedendo i vantaggi di una stamperia del tutto governativa l'acquistò dai suoi proprietari e la pose sotto la direzione di Hussein Bascià Husny continuandone la direzione tecnica sotto il Mourès.

Nel 1885 il governo volendo ancora aumentare l'importanza dello Stabilimento fece eseguire un progetto di riorganizzazione dallo specialista Edmondo Bauget Bey fatto espressamente venire da Parigi, che trovasi tuttora direttore tecnico della Stamperia nazionale.

I servizi della Stamperia sono i seguenti:

Incisione dei ponzoni e delle matrici.

Fondita dei caratteri.

Stereotipia.

Composizione europea ed araba.

Stampe topografiche.

Incisione su pietre litografiche. Ripulitura, legatura, squadratura, trapanatura.

Fotografia, fototipia e foto-incisione.

Quest'ultimo apparecchio è di recente creazione.

Il personale si compone:

Di quattro capi-servizio europei; quattro capi-servizio indigeni; cinquantasei operai europei; duecentocinquanta operai indigeni.

Fra i 56 operai europei 38 sono italiani.

Dello Stabilimento Parvis.

Il Cavaliere Giuseppe Parvis è uno dei nostri simpatici connazionali stabilito da 36 anni al Cairo, che onora il proprio paese, l'arte e l'industria speciale, cui sacrandosi, ne fu il creatore.

Il Parvis venne in Egitto non ancora trentenne, dopo avere lavorato per vari anni a Parigi come scultore ed intagliatore in uno dei migliori laboratori di oggetti artistici. Ma prima di recarsi a Parigi egli aveva già fatto il suo tirocinio a Torino, dove ebbe fra gli altri a compagno d'arte ed amico carissimo il Monteverde.

Giunto in Egitto, paese a lui sconosciuto, e senza alcuna risorsa di fortuna, il Parvis, senza punto scoraggiarsi, spiegò subito la sua attività in lavori svariati, in decorazioni di case e di palazzi e per Ismaïl Bascià Principe sfarzoso ed intelligente eseguì una quantità di lavori nelle ville e nei palagi costruiti in quell'epoca, come ad esempio in quelli di Ghesireh, di Abdin, del Teatro dell'Opera e pel giardino dell'Esbekieh. Non era ancora l'arte araba studiosamente applicata ai mobili, erano lavori diversi e disparati che procacciavano danari (filusse) al nostro artista.

Egli intanto s'innamorava delle bellezze dei monumenti arabi antichi e su di essi iniziò una serie di studi, raccogliendo nei suoi taccuini una quantità di note, di dettagli e di disegni che gli furono in seguito di grande giovamento.

A quell'epoca in Egitto non si conoscevano altri mobili che quelli importati dall'Europa.

La storia dell'arte araba dà pochi esemplari di mobilia; in tutte le epoche gli Arabi si sono sbizzarriti in decorazioni architettoniche, hanno coperti i loro interni con soffitti scolpiti e rabescati e con pareti a mosaici; i loro armadi erano mascherati da archi ed archetti che impiegavano pure per tutti i vani delle pareti.

I molli cuscini ed i numerosi tappeti completavano l'arredamento. Pochi erano gli oggetti veramente originali che si usavano pel servizio interno, eccezione fatta dei Kerti (tavolini bassi) e dei vassoi in ottone coi loro piedi pieghevoli, i cofani, le anfore, i vasi, oggetti questi che s'impiegano ancora oggigiorno.

La raccolta di studi del Parvis andò man mano aumentando, ed egli ebbe occasione favorevole di applicare le sue cognizioni pel mandato avuto dal defunto Khédive Ismaïl Bascià di provvedere tutti i mobili per l'arredo di case egiziane che dovevano poi figurare alla grande esposizione di Parigi nel 1867.

Ma per facilitare gli studi all'artista, Ismaïl Bascià gli diede un lascia-passare, mediante il quale potè penetrare nelle più belle moschee e copiarvi quanto vi era di buono.

L'Egitto in quella Esposizione internazionale fece una splendida figura ed al Parvis, pei suoi mobili, venne conferita la Medaglia d'oro.

Da questo punto cominciarono i suoi successi; da questo punto la sua nuova creazione di applicare nel modo più artistico ed elegante le decorazioni di stile arabo ai mobili ed agli oggetti della civiltà occidentale passò nelle mani dell'industria, in guisa che parlando ora di un mobile di stile arabo si dice correntemente un mobile del Parvis come si dice una lama di Damasco od un mosaico di Firenze.

Ora l'industria iniziata dal Parvis ha fatto grandi progressi e si è sviluppata al punto da doverne tenere calcolo nelle risorse del paese.

Numerosi allievi sono usciti dai laboratori del Capo-Scuola ed hanno aperti negozi; e quantunque imitatori non troppo felici sia per mancanza di idee inventive sia per deficienza di disegno e di correttezza di dettaglio e d'insieme, tuttavia hanno trovato campo di sviluppare un lucroso commercio.

Non una casa in Egitto che non possegga questo genere di mobili, non un touriste che lasci il Cairo senza fame acquisti; ma è debito dichiarare che il Parvis in quell'arte ha imitatori, non rivali.

Egli nei suoi mobili ha utilizzato le Musciarabieh specie di grata formata da piccoli fusi in legno uniti fra loro che gli arabi adoperano per le finestre delle loro abitazioni per occultarne l'interno; ha utilizzato quei motivi geometrici composti con piccoli fondi di legno incassati e rilegati da cornici con infinita varietà di disegni. Questi manufatti servivano come battenti di porte, decorazioni nelle moschee e costituiscono una delle curiosità più spiccate dell'arte da ebanista araba.

Oltre di questo il Parvis ha profuso nei suoi mobili i mosaici fatti con madreperla, avorio, ebano, legno di Campeggio e di altre qualità distinte; si è servito di nicchie a stalattite per comporre diversi generi di mobilio che ha resi eleganti copiando motivi di colonne antiche che sostengono archi ed archetti a mille forme. I rabeschi e gli ornamenti intagliati completano la decorazione, onde ne risulta un insieme elegante ed originale. Nei bronzi cesellati, nei vasi da cento forme il Parvis ha saputo riprodurre i migliori esemplari dell'arte antica e comporne dei nuovi; così pure ha imitati cofani niellati in argento ed in oro studiandone forme nuove collo stile delle diverse epoche.

In una parola credo epilogare tutto il lavoro intelligente del Parvis in quell'arte, cui si consacra da molti anni con amore, ripetendo che egli fu il creatore ed il perfezionatore di una industria applicata all'arte araba, la quale, vivendo ora di vita rigogliosa, procaccia il sostentamento ad un numero considerevole di artefici.

Raffineria dello zucchero nello Stabilimento di El-Hawandieh in Egitto.

Nel 1881 si costituì una società anonima per azioni col capitale di otto milioni per la raffinatura dello zucchero sotto il nome di Raffineria di Egitto.

I lavori d'impianto vennero sospesi nel 1882 per causa della rivoluzione di Arabi-Bascià; ma poco dopo vennero ripresi ed ultimati nel 1883.

È d'uopo tuttavia confessare che sino a tutto il 1885 questo grande stabilimento ebbe una vita assai stentata e le azioni si ridussero alla metà del loro valore.

Al cominciare del 1886 il commendatore Felice Suarès prese le redini della Società, quale Presidente del Consiglio di Amministrazione, e mutando il personale tanto della direzione tecnica, quanto di quella amministrativa si rialzarono ben presto le sorti della Società, che andò via via prosperando, al punto che nel 1893 il prezzo delle azioni oltrepassò la pari e fu possibile la trasformazione dello Stabilimento, aggiungendo all'industria della raffineria quella della fabbricazione dello zucchero estratto dalle canne. Per questo portando il capitale sociale da otto a quindici milioni si costruì una nuova e grandiosa fabbrica a fianco di quella già esistente, che venne essa stessa ampliata e perfezionata mediante l'introduzione dei sistemi più moderni. Lo Stabilimento dispone ora di una forza motrice di circa duemila cavalli a vapore; è tutto quanto rischiarato a luce elettrica, la quale serve pure di motore pel funzionamento delle pompe sul Nilo che somministrano all'usina l'acqua, la quale durante suo percorso viene filtrata.

Presentemente il personale della raffineria, è costituito dai seguenti impiegati di nazionalità diverse.

Il direttore tecnico superiore è francese.

Il personale della parte industriale si compone di tedeschi, francesi ed italiani.

Il personale meccanico per la maggior parte è italiano.

La Direzione amministrativa superiore è italiana.

Il personale dell'amministrazione è quasi totalmente italiano.

Oltre all'elemento europeo, che oltrepassa il centinaio, si impiegano nel lavoro normale di tutto l'anno circa 800 operai indigeni, e durante i sei mesi occupati in campagna pel lavoro delle canne da zucchero si raggiunge la cifra di 1500 operai al giorno.

I prodotti raffinati di questo stabilimento andarono man mano sostituendosi ai prodotti affini importati da Marsiglia e da Trieste, per modo che l'importazione al giorno d'oggi è ormai eliminata, ed anzi i prodotti della campagna sono ora copiosamente esportati per la via del Mar Rosso ed anche diretti a qualche porto del Mediterraneo.

Tutto il personale europeo ed il personale superiore indigeno sono alloggiati a spese della Società in abitazioni all'uso europeo. Case con giardini per il personale superiore e per gli altri Capi-Servizio; piccoli alloggi per gli operai con famiglia; stanze separate per gli impiegati ed operai non ammogliati.

Due gruppi di abitazioni esistono per gli operai indigeni, uno dei quali, l'antico, è costruito secondo le usanze locali, senza ordine, con canne spalmate di terra grassa; l'altro invece, il nuovo, è ordinato in file regolari, costruito con mattoni crudi imbiancati, a similitudine delle case operaie europee.

Oltre ai vasti magazzini pel deposito degli zuccheri greggi e raffinati ve ne sono altri spaziosi pel deposito degli articoli necessari alla fabbricazione, pezzi di ricambio per le macchine e di tutti quanti i generi che possano occorrere ad un grande stabilimento lontano da ogni centro industriale.

I laboratori principali sono in numero di sei:

Chimico—Meccanico—Di fonderia—Falegnami—Pittura—Fabbricazione di casse.

Vi esiste pure una farmacia con servizio speciale di farmacista, ed il servizio medico è disimpegnato, secondo le stagioni, e secondo le occorrenze o direttamente alla fabbrica stessa, o dal Cairo, servendosi del telefono.

Lo stabilimento è collegato con un tronco ferroviario a scartamento normale della lunghezza di circa 600 metri alla rete ferroviaria dello Stato; è anche collegato mediante una linea a scartamento ridotto al punto d'imbarco sulla riva sinistra del Nilo, da dove passando alla opposta sponda si raggiunge la linea ferroviaria di Hélouan, che ha frequentissimo traffico col Cairo.

La Compagnia possiede varie barche pel trasporto degli zuccheri e due rimorchiatori pel servizio delle canne, che giungono allo stabilimento per la via d'acqua, non che un battello a vapore per il personale superiore e per le occorrenze di servizio. La Raffineria di El-Hawandieh è ad una mezza ora circa di ferrovia dal Cairo.

UNA DELLE SALE ARTISTICHE DELLO STABILIMENTO PARVIS

EPILOGO

Nel dare termine a questo mio lavoro, esprimo nell'interesse dell'Egitto e dell'Italia alcuni voti, lasciando a parte le questioni e le aspirazioni politiche, che ciascun popolo sente nel cuore.

Il primo voto, che riflette l'Egitto, quella terra benedetta da Dio, è di vedere un migliore impianto dei vari servizi pubblici e di quelli che si riferiscono all'igiene, mediante le seguenti istituzioni:

1º Di municipi che, funzionando come quelli di Europa vengano, almeno nei centri principali, a sostituirsi alla autorità governativa, che presentemente regge tutto quanto riguarda la popolazione ed i suoi più vitali interessi.

2º Di un regolare servizio d'igiene pubblica, che a poco a poco, oltre al provvedere, distrugga i tanti errori, che il tempo ha qui consolidati e che sono contrari al mantenimento della salute.

Si vedrebbero, per esempio, in questo modo menomate le piaghe, che ora tante vittime mietono nel popolo, del vaiuolo e dell'oftalmia.

3º Di impiantare, con qualunque sacrifizio, un sistema sotterraneo di spurghi (ègouts) che ora non esistono in nessuna parte dell'Egitto, tranne che nella città di Alessandria.

Nell'interesse poi dell'Italia e della sua numerosa colonia in Egitto farei voto, che si provvedesse:

1º Per un solido ed efficace impianto di scuole italiane che possano, a determinate condizioni, essere pure usufruite dagli indigeni, quale mezzo opportunissimo di rendere sempre più famigliare la lingua italiana nelle diverse regioni africane.

2º Per l'istituzione di Collegi, Convitti e Scuole pareggiate alle governative italiane, e questo almeno nei due principali centri, Cairo ed Alessandria, affinchè i genitori nella colonia non sieno più costretti ad affidare l'istruzione dei loro figli ad istituti esteri, se pur non vogliono, come ora si pratica dalle persone più facoltose, mandarli agli studi, in Italia con grave dispendio e col rammarico di una lunga separazione, che nuoce sempre, oltre agli altri inconvenienti, all'affetto reciproco nella famiglia.

NOTE:[1] Presso gli antichi Egizi Rà rappresentava il Sole.[2] Iside ebbe molti templi in Egitto ed era madre e sorella del Sole[3] I geografi non sono tutti di accordo nel fissare la lunghezza del corso del Nilo. Lo scrivente si è tenuto alla cifra di 6500 chilometri, perchè registrata tanto nell'opera del Chèlu, quanto nella geografia del Bernard, sì l'una come l'altra assai recenti.

Stando a tale cifra, il Nilo risulterebbe avere il corso più lungo di tutti i fiumi del mondo non esclusi il Mississipi ed il fiume delle Amazzoni in America.

[4] Per quanto riflette il corso del Nilo, le sue cateratte e le sue cascate mi sono di preferenza appoggiato al bellissimo studio del Chélu ( Le Nil, le Soudan et l'Egypte ) che, a mio giudizio, è un'opera di molta lena ed altamente commendevole.[5] Per seguire la descrizione particolareggiata di questa parte del Nilo occorre consultare una carta alla scala non inferiore dell' 1 / 200000.[6] Sakkara, necropoli dell'antica Menfi fondata da Mene I Re d'Egitto (cinque mila anni a.C.).[7] Mariette, celebre Egittologo dei tempi nostri. Fece numerose e preziose scoperte di cose antiche.[8] Serapeum di Sakkara. Sotterraneo, la cui entrata era un giorno occultata; si compone di una lunga galleria avente per ogni fiancata sei vasti ambienti, in ciascuno dei quali esiste tuttora un grande sarcofago in granito in cui giaceva il corpo di un Dio-Bove, chiamato anche Dio-Apis od Osiride-Bue.

La giovenca predestinata a diventare madre di un Dio-Apis veniva distinta col nome di Neìth concepiva e dava alla luce l'Apis, senza cessare di essere vergine, perchè fecondata da Phtha (Dio Creatore) che si tramutava in calore.

[9] La mastaba di Tih, come tutte le altre mastabe, è un'edicola quadrata, dove si celebravano gli anniversari funebri. Da essa si penetra nella camera mortuaria ove trovavasi il sarcofago di Tih antico Re degli Egizi.[10] Oonas, gran Sacerdote, Capo di eserciti, Ministro onnipotente presso tre successivi Re della VI Dinastia, Teta, Papi I e Mèrenra (3600 anni avanti Cristo) fece costruire per i suoi Re la piramide, cui legò il proprio nome.

Gli antichi Re egizi portavano il titolo di Faraone, venivano loro tributati onori divini ed erano distinti colla qualifica di Sua Santità.

[11] Denderah, l'antica Tentyra, possiede splendide ruine e fra queste primeggia il gran tempio dedicato alla dea Hathos che è la Venere egizia.

Il tempio è antichissimo; fu ricostrutto da Cheope re di Menfi nell'epoca in cui egli faceva elevare la più grande piramide che esiste e che porta il suo nome; fu in seguito restaurato dai Tolomei. Nel gran tempio di Denderah si trovava il famoso zodiaco stato trasportato in Francia nel 1821 e mediante il quale si voleva provare la remota origine dell'astronomia egiziana; ma poco dopo venne a risultare che quel zodiaco non era anteriore ai Tolomei.

[12] Un'osservazione che qui mi cade opportuno di fare è che presso una notevole parte dei monumenti dell'antico Egitto figurano il nome e le gesta di Ramsès IIº (il Sesostri dei Greci) il quale appartiene alla XIX Dinastia e salì al trono verso il 1400 avanti Cristo; regnò per ben 67 anni.

Questo frequente ripetersi del nome e delle imprese di Ramsès IIº si deve a varie circostanze:

1º Al suo lungo regno di 67 anni, durante il quale, avido della sua glorificazione, non solamente si fece costruire monumenti, statue e grandi lapidi, su cui erano impressi i suoi fasti e le sue gloriole, ma per stimolo di sua vanità face sostituire il proprio al nome dei suoi predecessori, ovunque gli fu dato di farlo;

2º All'errore in cui vennero tratti gli storici greci, i quali attribuirono a Ramsès-Sesostri tutte le conquiste dei Faraoni che lo avevano preceduto.

L'esagerazione delle opere di Ramsès IIº indusse ad attribuire a questo Re monumenti antichi, sulle cui iscrizioni egli aveva fatto incidere il proprio nome. Sarebbero state sufficienti le grandi opere costruite durante il suo regno per meravigliare l'età presente, senza ricorrere a quella ingannevole sostituzione di nome.

E così fu detto che Ramsès IIº il gran Sesostri abbia fatto elevare un tempio in ciascuna città del Regno dedicato alla Divinità principale del luogo.

La personalità di questo Faraone invase tutto, assorbì tutto.