AMORE in abito di cacciatore, sotto nome d'Alceste.
NICE compagna di Diana.
[La scena si finge in Caria, nelle falde del monte Latmo]
PARTE PRIMA
[DIANA e NICE.]
DIA. Nice, Nice, che fai? Non odi come Garriscon tra le frondi De' floridi arboscelli I mattutini augelli, Che al rosseggiar del Gange Escono a consolar l'Alba che piange? E tu mentre fiammeggia Su l'Indico orizzonte Co' primi rai la rinascente aurora, Placida dormi, e non ti desti ancora, E poi dirai: son io Della casta Diana La fortunata Nice Compagna cacciatrice? Lascia, lascia le piume, Neghittosa che sei; sorgi e raguna Per la futura caccia Dai lor soggiorni fuori Silvia, Aglauro, Nerina, Irene e Clori.
NIC. Tu mi condanni a torto, Bella Dea delle selve. E quando mai O per scosceso monte, O per erta pendice A seguir l'orme tue fu lenta Nice? Fra quante a te compagne Gli strali e l'arco d'or trattaron mai, Seguace più fedel di me non hai. Ed or, perchè un momento Forse più dell'usato Al sonno m'abbandono, Neghittosa mi chiami, e pigra io sono?
DIA. Ah Nice, tu non sei Quale un tempo ti vidi. Or presso al fonte Ricomponi ed adorni Fuor del tuo stil con troppa cura il crine; Erri per le montagne Solitaria e divisa Dall'amate compagne; Più le fere non curi, Sempre pensi e sospiri, e porti impressi I nuovi affetti tuoi nel tuo sembiante: O Diana non sono, o Nice è amante.
NIC. Amante!
DIA. Il tuo rossore Più sincero del labbro accusa il core.
Non ti celar con me; Un certo non so che Nel tuo rossor mi dice Che Nice arde d'amor.
Sei rea, se amante sei; Ma nel celar lo strale Fai con delitto eguale Oltraggio al tuo candor.
NIC. Dunque fallace ancora Tu mi credi…
DIA. Non più, taci, ch'ormai Per le lucide vie s'avanza in cielo L'alto Nume di Delo, E col calido raggio De' rugiadosi umori L'erbe rasciuga, e impoverisce i fiori. Vanne, e pronta al mio cenno Le compagne risveglia, i veltri aduna E teco pensa intanto Che Ninfa a me diletta Io non vo' che si dica D'Amor seguace e di Diana amica
NIC. Io taccio alla tua legge: Ma poi dall'opra mia Vedrai se amante o cacciatrice io sia.
Benchè copra al sole il volto Basso umore in aria accolto, Men lucente il sol non è.
Tale ancor ne' detti tuoi Mi condanni e rea mi vuoi; Ma non perde il suo candore Il mio core e la mia fè.
[DIANA ed AMORE.]
AMO. Bella Diva di Cinto, Non isdegnar che un pastorello umile Tuo compagno si faccia e tuo seguace.
DIA. Chi sei tu? Donde vieni? E qual desio A passeggiar ti tragge Queste felici piagge?
AMO. Alceste è il nome mio; di Cipro in seno Apersi i lumi ai primi rai del giorno, E fin da' mici natali Fur mio dolce pensier l'arco e gli strali. Ma perchè di sue prede Povero ho fatto il mio natìo paese, Desioso ne vengo a nuove imprese.
DIA. E tu fanciullo ancora Osi aggravare il mal sicuro fianco Di pesante faretra, e non t'arresta Delle fere omicide il dente e l'ira?
AMO. Benchè fanciullo sia, Questa tenera mano Un dardo ancor non ha scoccato in vano. Ben della mia possanza Darti sicuro pegno Coll'opre più, che col parlar, mi giova; Qual io mi sia, te n'avvedrai per prova.
DIA. Orgogliosetto Alceste, Quel tuo parlar vivace Troppo ardito mi sembra, e pur mi piace. Mio compagno t'accetto; Or tu l'armi prepara, Pronto mi siegui, e le mie leggi impara.
AMO. E quai son le tue leggi?
DIA. Chi nelle selve amico Volge a Diana il core, Siegua le fere, e non ricetti Amore.
AMO. E perchè tanto sdegno Contro un placido Nume, Per cui solo ha la terra ed han le sfere E vaghezza e piacere?
DIA. Se de' mortali in seno Ei versa il suo veleno, Fra' bellicosi sdegni Ardono le città, cadono i regni.
AMO. Anzi nel dolce foco Degli amorosi sdegni Propagan le città, crescono i regni.
DIA. Son compagni d'Amore Le guerre ed il furore.
AMO. E d'Amor son seguaci Le lusinghe e le paci.
DIA. Orsù, teco non voglio Consumar vaneggiando il tempo in vano, Se me seguir tu vuoi, Amante esser non puoi.
AMO. Perdonami, Diana; Tuo compagno esser bramo, Ma di doppio desio mi scaldo il core. Amante e cacciatore Vo' con egual piacere Ferir le Ninfe e seguitar le fere.
DIA. Temerario fanciullo, Parti dagli occhi miei; Perchè fanciullo sei, Alla debole età l'error perdono. Se tal non fossi, allora Più saggio apprenderesti A non tentar co' detti il mio rigore.
AMO. Dall'ira tua mi salverebbe Amore.
AMORE. Va pure; ovunque vai, Da me non fuggirai. No, non fia ver che sola Fra i Numi e fra i mortali Tu non senta i miei strali, e vada illesa Dalle soavi mie fiamme feconde, Da cui non son sicuri i sassi e l'onde.
Quel ruscelletto Che l'onde chiare Or or col mare Confonderà, Nel mormorio Del foco mio Colle sue sponde Parlando va.
Quell'augelletto Ch'arde d'amore, E serba al piede, Ma non al core La libertà, In sua favella Per la sua bella, Che ancor non riede, Piangendo sta.
[NICE ed ENDIMIONE.]
NIC. Care selve romite, Un tempo a me gradite, E del crudo idol mio meno inumane, Deh lasciate ch'io sfoghi Delle vostr'ombre almeno Col taciturno orrore, Se con altri non posso, il mio dolore.
END. Leggiadra Nice.
NIC. (Ecco il crudel.) Che brami?
END. Dimmi: vedesti a sorte Fuggir per la foresta Da' mie' cani seguito Un cavriol ferito?
NIC. Il cavriol non vidi; Ma serbo un' altra preda Avvezza a tollerar le tue ferite, E forse ancor di quella, Che cerchi tu, più mansueta e bella.
END. Tu meco scherzi, o Nice. Se il cavriol vedesti, Me l'addita e mel rendi.
NIC. Io già tel dissi Che veduto non l'ho.
END. Fin dall'aurora Gli offesi con un dardo il destro lato; Indi dal colle al prato, Dal poggio al fonte e dalla selva al piano Ne cerco l'orme, e m'affatico in vano.
NIC. Se questa hai tu perduta, Non mancano altre fere alla foresta. Deh meco il passo arresta! Forse che a questa fonte La sete, il caso o la sua sorte il guida. Tu posa intanto il fianco Sul margine odoroso Di quel limpido rio, (Il vo' dir tuo malgrado ) idolo mio.
END. Nice, s'è ver che m'ami, Che la mia pace brami, Con quel parlar noioso Non turbarmi importuna il mio riposo.
NIC. Dunque tanto abborrisci, Crudel, gli affetti miei?
END. Se d'amor m'intendessi, io t'amerei.
NIC. Tu d'amor non t'intendi? E come, ingrato, Chiudi in que' rai lucenti Tanto ardor, tanto foco, e tu nol senti?
END. Indarno, o bella Nice, Ingrato tu mi chiami. Se amar non ti poss'io, da me che brami?
NIC. E pur sì vil non sono; Non han queste foreste Ninfa di me più fida, e forse ancora V'è chi amando si strugge al mio sembiante
END. Ma non per questo Endimione è amante.
Dimmi che vaga sei, Dimmi che hai fido il core; Ma non parlar d'amore, Ch'io non t'ascolterò.
Sol cacciator son io, Le fere attendo al varco; Fuorchè gli strali e l'arco, Altro piacer non ho.
NIC. Se provassi una volta Il piacer che ritrova Nell'esser riamato un core amante, Ti scorderesti allora Fra quei teneri sguardi E le selve e le fere e l'arco e i dardi.
END. Quando l'arco abbandoni, O non pensi alle fere un sol momento, D'amar sarò contento.
NIC. E frattanto degg'io Così morir penando?
END. No; vivi, o bella Ninfa; O se morir ti piace, Lascia ch'Endimion sen viva in pace.
NIC. Chi la tua pace offende?
END. I detti tuoi.
NIC. Nè meno udir mi vuoi? T'intendo, ingrato. Forse il mirarmi ancora Ti sarà di tormento: Restati, e teco resti Quella pace, o crudel, che a me togliesti.
Nell'amorosa face Del ciglio lusinghier Tu porti il Nume arcier, Ma non nel core.
Allor che sul tuo volto Tutto il piacer volò, Nell'alma ti restò Tutto l'orrore.
[ENDIMIONE ed AMORE a parte]
END. Lode al Ciel, che partissi. Or posso a mio talento Nel molle erboso letto Dolce posar l'affaticato fianco. Oh come al sonno alletta Questa leggiadra auretta! Deh vieni, amico sonno, E dell'onda di Lete Spargendo il ciglio mio, Tutti immergi i miei sensi in dolce obblio.
[Dorme]
AMO. Di queste antiche piante Sotto l'opaco orrore Tu dormi, Endimion; ma veglia Amore. Or or vedrem per prova Se il tuo rigor ti giova. Ma da lungi rimiro La Dea del primo giro. Voglio di quell'alloro Fra le frondi occultarmi, E degli oltraggi loro Con leggiadra vendetta or vendicarmi. Alme che Amor, fuggite, Tutte ad Amor venite: Non più, com'ei solea, Asperse di veleno ha le saette, E Son soavi ancor le sue vendette.
Quell'alma severa, Che amor non intende, Se pria non s'accende, Non speri goder.
Per me son gradite Ancor le catene, E in mezzo alle pene Più bello è il piacer.
[DIANA, AMORE a parte, ed ENDIMIONE che dorme.]
DIA. Silvia, Elisa, Licori, Tutte da me vi siete Dileguate in un punto. Ma un cacciator vegg'io Che dorme sulla sponda Di quel placido rio. Farmi, se non m'inganno, Uno de' miei seguaci. Oh come immerso Nella profonda quiete Dolcemente respira! Quei flessuosi tralci Che gli fan con le foglie ombra alla fronte, Quel garruletto fonte Che basso mormorando Lusinga il sonno e gli lambisce il piede, Quell'aura lascivetta Che gli errori del crine agita e mesce, Quanta, oh quanta bellezza, oh Dio, gli accresce! Zeffiretti leggierj, Che intorno a lui volate, Per pietà, nol destate; Che nel mirarlo io sento Un piacer che diletta, ed è tormento.
END. Nice, lasciami in pace…Oh Ciel, che miro! Cinzia mia Dea, perdona L'involontario errore: Seguìa l'incauto labbro Del sonno ancor l'immagine fallace. (Quanto quel volto, oh Dio, quanto mi piace!)
DIA. Tu mi guardi e sospiri!
END. (Ahimè, che dirò mai!) Quel sospiro innocente Era figlio del sonno e non d'amore.
DIA. Tu, non richiesto ancora, D'un delitto ti scusi, Che ti rende più caro all'alma mia. Lascia, lascia il timore, E se amante tu sei, parla d'amore.
END. Non so dir se sono amante, Ma so ben che al tuo sembiante Tutto ardore pena il core, E gli è caro il suo penar.
Sul tuo volto s'io ti miro, Fugge l'alma in un sospiro, E poi riede nel mio petto Per tornare a sospirar.
DIA. Non più, mio ben, son vinta. Quest'alma innamorata Di dolce stral piagata, Come a sua sfera intorno a te s'aggira, E Diana, cor mio, per te sospira.
END. Ma chi sa qual s'asconda Senso ne' detti tuoi?
DIA. Tu temi, Endimione? So che ancor ti spaventa Di Calisto la sorte, O d'Atteon la morte. Ma più quella non sono Sì rigida e severa. Non temere, idol mio, Te solo adoro, e la tua fè vogl'io.
END. Ah Cintia, io non ti credo; Perdona i miei timori, Scusa i sospetti miei; Se Diana non fossi, io t'amerei.
DIA. Crudel, così d'un Nume Tu schernisci gli affetti? Pria l'amor mi prometti, Poi mi nieghi l'amore? E il misero mio core Ritrova in un istante, Ma con incerta sorte, Nel tuo labbro incostante e vita e morte. O mi scaccia, o mi accogli; Nè cominciare, ingrato, Or che vedi quest'alma Entro la tua catena, A prenderti piacer della mia pena.
Semplice fanciulletto, Se al tenero augelletto Rallenta il laccio un poco, Il fa volar per gioco, Ma non gli scioglie il piè.
Quel fanciullin tu sei, Quell'augellin son io; Il laccio è l'amor mio Che mi congiunge a te.
[ENDIMIONE ed AMORE.]
AMO. Endimione, ascolta: Finisce tra le frondi Di quella siepe ombrosa Una damma ferita Ed il corso e la vita. Allo stral che la punge, Ella parmi tua preda.
END. Amico Alceste, Prenditi pur la damma, Abbiti pur lo strale, Che di dardi e di fere a me non cale.
AMO. Ma tu quello non sei Che, non ha guari, avrebbe Per una preda e per un dardo solo Raggirato di Latmo ogni sentiero?
END. Altre prede, altri dardi ho nel pensiero.
AMO. Il so; d'amor sospiri, E Diana è il tuo foco.
END. E donde il sai?
AMO. Da quel frondoso alloro, Che spande così folti i rami suoi, Vidi non osservato i furti tuoi.
END. È vero, ardo d'amore, E comincia il mio core Una pena a provar che pur gli è cara, E dolcemente a sospirare impara.
AMO. Godi il tuo lieto stato. Più di te fortunato Non han queste foreste; Ti basti avere, amando, amico Alceste.
END. Se colei che m'accende, Non delude fallace il pianto mio, Addio, fere, addio, strali e selve, addio.
Se non m'inganna L'idolo mio, Più non desio; Più bel contento Bramar non so.
AMO. Già preda siete Del cieco Dio. Son lieto anch'io; Più bel contento Bramar non so.
END. Rendo alle selve Gli strali e l'arco, E più le belve Seguir non vo'.
AMO. Lascia ad Amore L'arco e gli strali, Ch'egli in quel core Per te pugnò.
[Fine della parte prima.]
PARTE SECONDA
[DIANA ed ENDIMIONE.]
DIA. Dove, dove ti sprona Il giovanil desio, Endimion, cor mio? Lascia la traccia Delle fugaci belve, E qui dove, cadendo Da quell'alto macigno, L'onda biancheggia, e poi divisa in mille Lucidissime stille Spruzza sul prato il cristallino umore, Meco t'assidi a ragionar d'amore.
END. Ovunque io mi rivolga, Cintia, bella mia Dea, Sempre di grave error quest'alma è rea. Se da te m'allontano, Se al tuo splender m'accendo, O la tua fiamma, o le tue leggi offendo.
DIA. Quai leggi, quale offesa?
END. Condannan le tue leggi Chi strugge il core all'amoroso foco.
DIA. Io dettai quelle leggi, io le rivoco.
END. Dunque senza timore I cari affetti tuoi goder mi lice?
DIA. Sol presso al tuo bel volto io son felice.
Fra le stelle o fra le piante, Cacciatrice o Nume errante, Senza te non so goder.
Nel tuo ciglio ho la mia sorte, Nel tuo crin le mie ritorte, Nel tuo labbro il mio piacer.
END. Oh quanta invidia avranno De' miei felici amori I compagni pastori!
DIA. Oh quanta meraviglia Da' nuovi affetti irridi Riceveran gli Dei! Ma di lor non mi cale. Riposi pur sicura Venere in grembo al suo leggiadro Adone; Dal gelato Titone Fugga l'aurora, e per le Greche arene Si stanchi appresso al cacciator d'Atene. Io le cure o i diletti Non turbo a questa, e non invidio a quella: Della lor la mia fiamma è assai più bella.
END. Mio Nume, anima mia, Poichè il tuo core in dono Con sì prodiga mano oggi mi dai, Non mi tradir, non mi lasciar giammai.
DIA. Io lasciarti? Io tradirti? Per te medesimo il giuro, O de' conforti miei dolce tormento, O de' tormenti miei dolce conforto. Sempre, qual più ti piace, A te sarò vicina, Cacciatrice mi brami, o peregrina. Ma vien la nostra pace A disturbar quell'importuno Alceste; Partiamo, Endimion.
END. Vanne, mia Diva. Intanto io della caccia Co' miei fidi compagni, Che m'attendono al monte, Vado a disciorre il concertato impegno.
DIA. Dunque così da me lungi ten vai?
END. Parto da te per non partir più mai.
Vado per un momento Lunge da le, mio ben; Ma l'alma nel mio sen Meco non viene.
Di quelle luci belle Nel dolce balenar Rimane a vagheggiar Le sue catene.
[AMORE e DIANA.]
AMO. Ferma, Diana, ascolta.
DIA. E ardisci ancora Chiamarmi a nome, e comparirmi innanzi?
AMO. Deh lascia, o bella Dea, lo sdegno e l'ira. Già dell'error pentito A te ne vengo ad implorar perdono. Più d'amor non ragiono, Anzi teco detesto Il suo stral, la sua face, Che giammai non s'apprende a cor gentile, Ma solo a pensier basso, ad alma vile. Non rispondi, o Diana?
DIA. O nemico o compagno, Egualmenle importuno ognor mi sei. Quell'ardito tuo labbro, Quel volto contumace Sempre punge e saetta, o parla o tace.
AMO. Potrebbe a questi detti arder di sdegno Ninfa d'amore insana; Ma la casta Diana Ha più sublime il core; Siegue le fere, e non ricetta Amore.
DIA. Troppo m'irriti, Alceste; E pure a tante offese Non oso vendicarmi; Tu m'accendi allo sdegno e mi disarmi.
AMO. Se il perdon mi concedi, Due rei ti scoprirò, che fanno oltraggio, Amando, alle tue leggi.
DIA. Chi mai l'ira non teme Della mia destra ultrice?
AMO. Emdimione e Nice.
DIA. Endimione! E come?
AMO. Or che da te si parte, egli sen corre, Dove Nice l'attende, Fra quegli ombrosi allori, A ragionar de' suoi furtivi amori.
DIA. Ah che pur troppo il dissi Che Nice ardea d'amore! Adesso intendo, Perchè da me l'ingrato Sollecito partì. Ma a Stige giuro, Nemmen l'istesso Amore Liberare il potrà dall'ira mia.
AMO. Se non fossi Diana, Direi che tanto sdegno è gelosia.
DIA. Insolente, importuno, Da che vidi in mal punto Quel tuo volto fallace, Non ha più l'alma mia riposo o pace.
AMORE.
Cingetemi d'alloro; in quelle offese Io veggo i miei trionfi, il regno mio; E quei gelosi sdegni Son del mio foco e le scintille e i segni.
Se s'accende in fiamme ardenti Selva annosa, esposta ai venti, Arde, stride, e fin le stelle Va col fumo ad oscurar. Tale ancor d'amore il foco Poco splende ed arde poco, Se non vien geloso sdegno Le faville a palesar.
[NICE ed AMORE.]
NIC. Odimi, Alceste.
AMO. Ah Nice! Lascia ch'io vada.
NIC. Dove?
AMO. Un indegno a ferir che mi rapisce La mia fiamma, il mio foco.
NIC. Come! Amante tu sei?
AMO. È sì grande l'ardore, Che non n'ha più di me l'istesso Amore.
NIC. Dimmi il rivale almeno.
AMO. Endimione.
NIC. Endimione! Oh Dio! Fermati; Alceste, aspetta.
AMO. Faranno i dardi miei la mia vendetta.
NICE.
Oh qual contrasto fanno Nell'agitato petto Amore, gelosia, rabbia e dispetto! Sì, sì, di quell'ingrato Io di mia man vo' lacerare il seno. Ah che parlo, infelice, Se a me, fuor ch'adorarlo, altro non lice. Amor, tiranno Amore, Tu mi nieghi quel core, E nemmen vuoi lasciarmi Il misero piacer di vendicarmi.
O fa che m'ami L'idolo amato, O i miei legami Disciogli, Amor.
Vano è l'affetto, Se quell'ingrato Solo ha diletto Del mio dolor.
[NICE ed ENDIMIONE.]
END. Mi addita, o bella Nice, Se pur t'è noto, ove n'andò Diana.
NIC. Tu di Diana in traccia? Oh come ben dividi Fra Diana ed Amore i tuoi pensieri!
END. Di qual amor favelli? Sai pur che son le fere Il mio sommo diletto.
NIC. Se volgi altrove il core, Lasci le fere, e vai seguendo Amore: Se porti a me le piante, Allor sei cacciator, ma non amante.
END. Se sai dunque ch'io peno in altro laccio, Perchè turbi con questa Inutile querela La tua pace e la mia? Siegui chi t'ama, Fuggi chi ti disprezza. Se pretendi ch'io t'ami Contro il voler del fato, Sarai sempre infelice, io sempre ingrato.
NIC. Ammollisci una volta Quel tuo core inumano.
END. Ti lagni a torto, e mi lusinghi in vano.
Dall'alma mia costante Non aspettar mercè; Sento pietà per te, Ma non amore.
M'accenderebbe il seno La vaga tua beltà, S'io fossi in libertà Di darti il core.
NIC. Siegui, barbaro, siegui Il tuo genio crudele; E giacchè col tuo volto M'hai la pace rapita, Toglimi di tua mano ancor la vita.
END. Oh Dio! senza speranza Tu mi tormenti, o Nice; ad altro nodo Pena quest'alma avvinta; Non posso amarti, e non ti voglio estinta.
NIC. Ascolta, ingrato, ascolta, Se può chieder di meno Un'amante infelice: Un tuo sguardo, un sospiro, Benchè fallace, io ti dimando in dono, Poi torna a disprezzarmi, e ti perdono.
END. Chiedi in vano amor da me.
NIC. Perchè mai, mio ben, perchè?
END. Son fedele, e l'idol mio Io non voglio abbandonar.
NIC. Sei crudele, e pure, oh Dio! Non ti posso abbandonar. Come almen pietà non senti
Del mio duol, de' pianti miei?
END. A penar sola non sei, Non sei sola a sospirar.
[NICE e DIANA.]
DIA. Nice, tu fuggì in vano, Già discoperta sei, Nè t'involi fuggendo a' sdegni miei.
NIC. Casta Dea delle selve, All'amoroso laccio Son presa, io tel confesso; Ma quest'alma infelice Nell'aspra sua catena Compagna al suo delitto ha la sua pena.
DIA. Forse il goder sicura D'Endimion gli affetti Pena ti sembra al tuo delitto eguale?
NIC. Ah no; Cinzia, t'inganni; ad altra face Si struggè Endimione; E al doloroso pianto Di queste luci meste Nemmen sente pietà.
DIA. (Fallace Alceste!) Ma chi d'amor l'accende?
NIC. Io so ch'egli ama; Ma non so dir qual sia L'avventurosa Ninfa Che può dell'idol mio Gli affetti meritar.
DIA. (Quella son io.)
[AMORE, DIANA e NICE.]
AMO. Misero Endimione! Avranno ancora Pietà della tua sorte I tronchi e le foreste.
DIA. Cieli, che mai sarà?
NIC. Che parli, Alceste?
AMO. Nice, Diana, oh Dio! Nè meno ho core D'articolar gli accenti.
DIA. Qualche infausta novella!
AMO. Giace vicino all'antro Dell'antico Silvano, Pallido e scolorito, Endimion ferito.
NIC. Ahimè!
DIA. Chi fu l'indegno?
AMO. Un ispido cinghiale Punto pria dal suo strale S'avventò pien di rabbia Nel molle fianco a insanguinar le labbia. Io vidi (oh quale orrore!) Sovra i funesti giri Delle candide zanne Il sangue rosseggiar tiepido ancora; Udii quell'infelice, Sparso d'immonda polve Le molli gote e le dorate chiome, Replicar moribondo il tuo bel nome.
DIA. Ahimè! qual freddo gelo M'agghiaccia il sangue e mi circonda il core! Pietà, spavento, amore Vengon col lor veleno Tutti in un punto a lacerarmi il seno. Crudo mostro inumano, Rendimi la mia vita. Giove, se giusto sei, lascia che possa, In queste infauste rive Anch'io morir, se il mio bel sol non vive.
NIC. Nice, tu sei di sasso Se il dolor non t'uccide.
DIA. Ha vinto Amore.
AMO. (E ne trionfa e ride.)
DIA. Deh per pieiade, Alceste, Colà mi guida, ove il mio ben dimora. Forse ch'ei vive ancora, e pria che morte Di quel ciglio la luce in tutto scemi, Vo' raccor da' suoi labbri i spirti estremi.
NIC. Fermati, o Cinzia; Endimion s'appressa.
[DIANA, ENDIMIONE, AMORE e NICE.]
DIA. Amato Endimion, dolce mia cura, Tu vivi, ed io respiro. Oh quale affanno Ebbi nel tu periglio! Qui t'assidi, e m'addita Dov'è la tua ferita.
END. Qual ferita, mio Nume? Altra ferita In me scorger non puoi Di quella che mi vien da' sguardi tuoi.
DIA. Dunque Alceste mentì?
END. Sì, mio tesoro, Le luci rasserena.
DIA. Io ti stringo, io ti mirò, e il credo appena.
Chi provato ha la procella, Benchè fugga il vento infido, Teme ancora, e giunto al lido Gira i lumi e guarda il mar.
Tal, se a te rivolgo il ciglio, Nel pensier del tuo periglio, Il mio core per timore Ricomincia a sospirar.
AMO. Cinzia, del tuo timor l'alma assicura. Quegl'incostanti affetti, Quei gelosi sospetti, E quanto di periglio a te dipinsi, Solo per trionfar composi e finsi.
DIA. E tanto ardisce Alceste?
AMO. Io sono Amore. Riconosci in Alceste il tuo signore.
DIA. Amore! Adesso intendo I tuoi scherzi, i tuoi detti. Io son vinta, io son cieca: ognor ti vidi Al mio sguardo palese, Nè mai che fosti Amor l'alma comprese.
Amor, che nasce Con la speranza, Dolce s'avanza; Nè se n'avvede L'amante cor.
Poi pieno il trova D'affanni e pene; Ma non gli giova, Che intorno al piede Le sue catene Già strinse Amor.
Se il tuo laccio è sì caro, Se così dolce frutto ha la tua pena, Io bacio volentier la mia catena.
AMO. E tu dolente e sola, Nice, che fai? Per così strani eventi Meraviglia non senti?.
NIC. Piango la mia sventura, Che la mercè del mio penar mi fura.
Così talor rimira Fra le procelle e i lampi Nuotar su l'onda i campi L'afflitto agricoltor.
Ne geme e si lamenta, E nel suo cor rammenta Quanto vi sparse in vano D'affanno e di sudor.
DIA. Riconsolati, o Nice, Il mio favor ti rendo; E purchè col mio bene Viver mi lasci in pace, Ti concedo d'amar chi più ti piace. E noi godiamo intanto, Amato Endimione, E costanti e felici Facciam, con meraviglia Di quanti il chiaro Dio circonda e vede, Dolce cambio fra noi d'amore e fede.
END. Sì, mia bella speranza; Pria la Parca crudele In su l'aurora i giorni miei recida, Ch'io da te m'allontani, o mi divida.
AMO. Godete, o lieti amanti. Ma tu sappi, o Diana, Che de' trionfi miei L'ornamento maggior forse non sei. Mi fan ricco i miei strali Di più superbe e generose spoglie. Io vinsi il cor guerriero Del giovanetto Ibero Che, del mio foco acceso, Dove il Vesevo ardente Al fiero Alcioneo preme la fronte, Due pupille serene In fin dall'Istro a vagheggiar ne viene.
DIA. Certo il german fia questi Della Donna sublime, Che del Danubio in riva Per beltà, per virtù chiara risplende, Forse non men che per valor degli avi.
AMO. Ben t'apponesti al vero; E l'illustre donzella, Che il fato a lui concede, Di saper, di bellezza a te non cede.
DIA. Da così bella coppia L'esser vinta mi piace; Anzi sembra più lieve A quest'acceso core Con sì chiari compagni il tuo rigore. In così lieto giorno Dal Ciel scenda Imeneo con doppia face; Ed il garzon feroce Lasci l'usbergo e l'asta, e il ciglio avvezzi A più placide guerre e più sicure. Cedan l'armi agli amori; E cangi in mirti i sanguinosi allori. E il fiero Marte intanto, Deposti i crudi sdegni e bellicosi, In grembo a Citerea cheto riposi.
CORO.
Fuggan da noi gli affanni Di torbido pensier; Il riso ed il piacer Ci resti in seno.
Nè venga a disturbar Chi bene amar desia La fredda gelosia Col suo veleno.