Ultima domenica di novembre: il primo avvertimento

Il mattino seguente, il signor Queen bussò alla porta di Nora prima delle otto. Gli occhi della sposina erano gonfi e rossi.

«Grazie per ieri sera, signor Smith; ha messo a letto Jim mentre io ero così sconvolta da…»

«Non si preoccupi» rispose Ellery allegramente. «Non c’è mai stata una sposa su questa terra, fin dai tempi di Eva, che non abbia pensato che il mondo stava per crollare quando il suo maritino è tornato a casa con la prima sbornia. Dov’è il consorte colpevole?»

«In camera da letto, che si rade. La prego, vada di sopra e gli dica quel che pensa di lui!»

Ellery corse su per le scale ridendo. Bussò alla porta del padrone di casa, che era semiaperta, e la voce di Jim dal bagno gridò:

«Nora! Sapevo che saresti stata la mia brava micina e che avresti perdonato…» La sua voce si spense non appena vide Ellery. Aveva il viso gonfio e stravolto. «Buongiorno, Smith» borbottò. «Entri.»

«Sono venuto a vedere come stava» fece Ellery, appoggiandosi allo stipite della porta del bagno.

Jim si voltò sorpreso.

«Come fa a saperlo?»

«E me lo chiede? Non mi dica che non se ne ricorda più! Perdinci, siamo stati io e Pat a portarla a casa!»

«Non ne so assolutamente niente, e Nora non vuole parlare con me. Non posso biasimarla. Le sono molto grato, Smith. Dove mi avete trovato?»

«All’“Allegro Inferno” di Vic Carlatti.»

«In quella bettola?» Jim scosse il capo. «Non mi meraviglio che Nora sia fuori dalla grazia di Dio. Santo cielo, come sono stato male stanotte! Nora mi ha curato, ma si è rifiutata di dirmi una sola parola. È stato terribile.»

«Lei invece ha parlato molto, mentre la riportavamo a casa.»

«Ho parlato? Che cos’ho detto?»»

«Oh… qualcosa a proposito di “liberarsi di una carogna e far la pelle a non so chi”» rispose Ellery con noncuranza.

Jim trasalì e si voltò verso lo specchio.

«Avevo perso la testa, immagino. Oppure pensavo a Hitler.»

Ellery annuì, con gli occhi fissi sul rasoio. La mano del giovane tremava.

«Non ricordo nulla» proseguì Jim. «Assolutamente nulla.»

«La smetterei di bere se fossi in lei, Jim» consigliò Ellery amabilmente. «Naturalmente non è affar mio… ma se continua a dire delle cose di questo genere, la gente potrebbe fraintenderla.»

«Già» convenne Jim, continuando a radersi. «Immaginerebbero chissà che cosa. Oh, la mia testa! Non lo farò mai più.»

«Vada subito a dirlo a Nora» rise Ellery. «Bene: arrivederci, Jim.»

«Buongiorno, e grazie ancora.»

Ellery uscì sorridendo, ma il suo sorriso svanì non appena giunse sul pianerottolo. Aveva notato che la porta della camera degli ospiti era un po’ più aperta di quando era andato a parlare con Jim.

Al signor Queen riusciva sempre più difficile lavorare al suo romanzo. Intanto era incantato dal panorama. La campagna era spruzzata di rosso, arancio, giallo. L’aria si era fatta più frizzante e faceva presagire la neve. Era difficile resistere alla tentazione di vagare per i viottoli e per i boschi, con le foglie secche che crepitavano sotto i piedi. L’allegria vibrava nell’aria in quei giorni di vigilia della festa del Ringraziamento. “C’è allegria dappertutto” pensava il signor Queen; “dappertutto, fuorché in casa Wright.” Poi c’era Pat, sempre più spaurita. La povera ragazza si attaccava a Ellery, tanto che mamma Wright cominciava segretamente a fare piani per le prossime nozze; e perfino John, che non si era mai interessato ad altro che ad ipoteche e a francobolli rari, li osservava con aria pensosa… Sì, tutto questo rendeva il lavoro molto difficile.

La maggior parte del tempo, Ellery la perdeva osservando Jim e Nora senza farsi notare. Le cose andavano sempre peggio in famiglia Haight. I due sposi, infatti, non andavano più d’accordo. Scoppiavano liti sempre più frequenti, e sempre più violente, e spesso le voci amare ed aspre dei giovani, portate dall’aria fredda di novembre, giungevano in casa Wright attraverso le finestre chiuse. A volte litigavano per Rosemary, a volte per le ubriacature di Jim, a volte per il denaro. Jim e Nora continuavano a recitare coraggiosamente la parte degli sposi felici di fronte alla famiglia Wright, ma tutti sapevano quel che stava accadendo.

«Jim ne ha combinato una nuova» riferì Pat ad Ellery una sera. «Adesso gioca!»

«Davvero?» domandò incuriosito il signor Smith.

«Nora me ne parlava questa mattina.» Pat era tanto sconvolta che non riusciva a star ferma. «E lui lo ha ammesso… Gliel’ha gridato in faccia. E subito dopo le ha chiesto del denaro. Nora l’ha scongiurato di dirle che cosa c’è sotto, ma più mia sorella lo prega, più Jim diventa duro e cattivo. Ellery, io credo proprio che sia pazzo. Anzi, ne sono convinta.»

«Non credo che le cose siano così semplici» insistette Ellery, testardo. «C’è sotto qualcosa di molto più complicato. La sua condotta è stranissima. Patty, se Jim parlasse! Ma se ne guarda bene. Ieri sera l’ha riportato a casa l’autista del tassì della stazione. Io l’aspettavo sotto il portico… Nora se n’era andata a letto. Era ubriaco fradicio. Ma quando ho cercato di fargli dire qualche cosa…» Ellery si strinse nelle spalle. «Mi ha preso a pugni. E non è tutto, Pat, ha anche impegnato dei gioielli.»

«Impegnato dei gioielli? Di chi?»

«Oggi quando è uscito dalla banca, si è intrufolato furtivamente nel negozio di Simpson, sulla piazza, e ha impegnato una spilla di cammei incrostata di rubini, se non sbaglio.»

«Ma è di Nora! Gliel’ha regalata la zia Tabitha quando ha preso la licenza liceale!»

Ellery afferrò le mani della ragazza.

«Jim non ha denaro suo, vero?»

«No, ha solo quel che guadagna.» Pat strinse le labbra. «Papà gli ha fatto una predica l’altro giorno, per questioni di lavoro. Jim diventa sempre più negligente. Lei conosce papà; è gentile come un agnello; deve essersi sentito terribilmente a disagio a fare una parte simile. Ma Jim lo ha rimbeccato violentemente, e il povero papà ha fatto dietrofront e se n’è andato. Ha notato che faccia ha la mia mamma?»

«Pare sbalordita.»

«La mamma non vuole ammettere che qualcosa non va… nemmeno con me. Nessuno l’ammetterà mai, nessuno. E Nora meno di tutti gli altri! Le pettegole del paese ci danno sotto a tutt’andare… Le odio! Odio questa città, odio Jim…»

Ellery la strinse dolcemente tra le braccia…

Nora preparò il pranzo dell’ultima domenica di novembre con la forza della disperazione… come una donna che cerca di tenere in piedi un mondo che le sta crollando intorno.

Hermy, nel metter piede in casa della figlia sposata, si asciugò una lacrima:

«È la prima volta, da che sono sposata, che non preparo il pranzo della festa del Ringraziamento!» sospirò.

«E forse questa volta non ci verrà l’indigestione» chiocciò divertito John.

La sposina, molto indaffarata e decisa, li mandò tutti nella sala da pranzo. Jim, un po’ abbattuto ma sobrio, le offerse il suo aiuto. Nora ebbe un pallido sorriso e lo allontanò insieme con gli altri. Il signor Queen, perplesso, andò a fare una passeggiata sotto il portico degli Haight, e fu così il primo a salutare Lola Wright quando apparve in cima al sentiero.

«Salve, vagabondo» esclamò Lola allegramente.

«Salute a lei, mia dama.»

Lola portava ancora gli stessi calzoni e lo stesso maglioncino della volta precedente.

«Non mi guardi in quel modo, straniero! Sono invitata, parola d’onore. È stata Nora. Riunione di famiglia, e baci di pace. Che bella festa! Come mai non è venuto a trovare la piccola Lola?»

«Ho lavorato al romanzo.»

«Che bella storia!» rise Lola appoggiandosi al braccio di Ellery. «Nessuno scrittore lavora più di qualche ora al giorno. Ma io ho capito tutto: è troppo impegnato ad amoreggiare con Pat. Mica male come gusto! Poteva scegliere peggio.»

«Non è vero niente, Lola.»

«Oh, che nobiltà d’animo! Bene, arrivederci, fratello, devo andare a porgere i miei omaggi alla famiglia.»

Il signor Queen aspettò per qualche minuto poi seguì la ragazza. Ci volevano occhi molto esercitati per avvertire la tensione che covava sotto l’allegria di quella riunione. Non era facile cogliere la perplessità nel sorriso dolce di Hermy, o vedere il tremito lieve della mano di John, mentre accettava un martini da suo genero. Poco dopo, Nora raggiunse gli ospiti e li guidò in sala da pranzo dove c’era la tavola imbandita e scintillante di argenti e di cristalli.

L’incidente avvenne mentre Jim distribuiva per la seconda volta le porzioni di tacchino. Nora stava passando il piatto a sua madre quando emise un gemito soffocato e il vassoio le cadde di mano. Il piatto di preziosa porcellana andò in frantumi sul pavimento. Jim afferrò convulsamente i braccioli della sedia. Nora balzò in piedi con le mani strette alla tovaglia, la bocca contorta da un orribile spasimo.

«Nora!»

Ellery raggiunse la sposina in un balzo. Lei lo respinse debolmente umettandosi le labbra. Il suo viso era bianco come la tovaglia nuova. Poi lanciò un grido e si liberò dalla stretta dell’investigatore con forza sorprendente e corse barcollando al piano di sopra. Un istante dopo si udì lo scatto di una serratura che si chiudeva.

«Sta male. Nora sta male!»

«Chiamate il dottor Willoughby, chiamate qualcuno!»

Ellery e Jim raggiunsero il piano superiore contemporaneamente, Jim si guardava intorno come un pazzo, ma Ellery stava già bussando con energia alla porta della stanza da bagno.

«Nora!» gridava Jim. «Apri la porta! Che cosa ti succede?»

Arrivarono Pat e gli altri.

«Il dottor Willoughby sarà qui tra poco» annunziò Lola. «Andatevene, voi uomini!»

«È impazzita?» domandò Rosemary, con voce soffocata.

«Buttate giù quella porta!» ordinò Pat. «Ellery la butti giù! Jim, papà, aiutatelo!»

«Se ne vada, Jim» brontolò Ellery. «Da un fastidio tremendo.»

Ma al primo urto Nora lanciò un grido.

«Se qualcuno entra io… io… non entrate ho detto!»

Hermy gemeva piano, come un gatto ammalato, e John continuava a mormorarle: «Su, su, su…».

Finalmente la porta cedette. Ellery si precipitò nella stanza da bagno. Nora era china sul lavabo, tremante, pallida, debole e inghiottiva delle cucchiaiate colme di latte di magnesia. Si voltò a guardare l’investigatore con una strana espressione di trionfo negli occhi, poi gli svenne tra le braccia.

Quando Nora rinvenne vi fu un’altra scenata.

«Mi pare di essere un animale nello zoo! Mamma ti prego, mandali via, mandali via tutti!» Tutti se ne andarono eccetto la signora Wright e Jim.

Ellery udì ancora Nora gridare con voce stridula: «No, no, no! Non voglio che stiate qui! Non voglio vederlo!».

«Mia cara» la voce di Hemy tremava. «Il dottor Willoughby, il medico che ti ha aiutata a venire al mondo…»

«Se quel vecchiaccio mi viene vicino» urlò Nora, «farò qualche pazzia! Mi ucciderò! Mi butterò dalla finestra!»

«Nora» gemette Jim.

«Fuori di qui, vattene! Anche tu, mamma!»

Hermy scivolò fuori dalla stanza seguita da Jim che aveva gli occhi rossi e sembrava istupidito. Nell’interno, si sentì Nora vomitare e piangere. Quando il dottor Willoughby arrivò, quasi senza fiato, John gli disse che c’era stato un errore e lo mandò via.

Ellery chiuse la porta senza rumore, ma ancor prima di accendere la luce, sapeva che c’era qualcuno nella sua stanza. Girò l’interruttore e disse: «Pat». E Pat era là, accoccolata sul letto; sul cuscino, accanto al suo viso, c’era una macchia umida.

«Sono rimasta sveglia ad aspettarla» spiegò Pat sbattendo gli occhi abbagliata dalla luce viva. «Che ora è?»

«Mezzanotte passata.» Ellery tornò a spegnere la luce e si sedette vicino alla ragazza. «Come sta Nora?»

«Dice che sta bene. Credo che si riprenderà.» Pat rimase in silenzio per un momento. «E lei perché è sparito?»

«Sono andato a Connhaven in tassì.»

«Connhaven! Ma son più di centoventi chilometri!» Pat si rizzò a sedere. «Ellery, che cosa ci è andato a fare?»

«Ho portato il contenuto del piatto di Nora a un laboratorio chimico.»

«E hanno trovato…»

«Non hanno trovato nulla.»

«Allora forse…»

Il giovane cominciò a camminare su e giù, per la stanza buia.

«Forse niente. C’erano i cocktails, la minestra, gli antipasti. Non si può mai dire. In ogni caso, fosse nel cibo o nel liquore, era senz’altro arsenico. I sintomi erano chiari. Fortunatamente s’è ricordata di prendere del latte di magnesia… è un antidoto d’emergenza per l’avvelenamento da arsenico.»

«Oggi è… il giorno del Ringraziamento» disse Pat in tono deciso. «Ricorda la lettera di Jim a Rosemary, datata 28 novembre?… Oggi… “Mia moglie è ammalata”. Mia moglie è ammalata, Ellery!»

«Brava Patty, è un ottimo detective… ma questa potrebbe anche essere una coincidenza.»

«Crede?»

«Potrebbe trattarsi di un improvviso attacco di indigestione. Nora è agitatissima. Ha letto quella lettera, ha letto il brano sull’arsenico nel libro di tossicologia… Forse, psicologicamente…»

«Già…»

«Tante volte ci lasciamo trascinare dall’immaginazione. In ogni caso abbiamo tempo a disposizione. Se pure esiste un piano, è appena agli inizi.»

«Sì…»

«Pat, lo prometto: Nora non morirà.»

«Oh, Ellery!» La ragazza si avvicinò al giovane nel buio e nascose il viso nella sua giacca. «Sono tanto contenta che lei sia qui…»

«Fuori dalla mia stanza da letto» ordinò teneramente il signor Queen. «Se ne vada prima che suo padre arrivi qui con un fucile spianato.»