FOTOGRAFIA SENZA.... — NOTTE DI NEVE — LA CHIACCHIERINA
ROBERTO BRACCO
TEATRO
VOLUME SESTO
LA PICCOLA FONTE — FOTOGRAFIA SENZA.... NOTTE DI NEVE — LA CHIACCHIERINA
2ª EDIZIONE.
REMO SANDRON — Editore Libraio della Real Casa
MILANO-PALERMO-NAPOLI
PROPRIETÀ LETTERARIA
I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia.
È assolutamente proibito di rappresentare queste produzioni senza il consenso scritto dell'Autore (Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882).
FOTOGRAFIA SENZA....
Scherzetto scritto nel maggio del 1904 per Tina di Lorenzo-Falconi, prima attrice, e per suo marito Armando Falconi, primo brillante, invitati a una festa da ballo del Circolo Artistico di Napoli. ( Tina di Lorenzo-Falconi, accompagnata da suo marito Armando Falconi, è intervenuta a una festa da ballo del Circolo Artistico di Napoli, la cui Direzione intende donare a tutti i socii presenti un ritratto di Lei.)
(In una parentesi della festa, mentre le coppie danzatrici riposano, Armando Falconi è vivissimamente pregato di dire un monologo. Le cortesi insistenze non ammettono rifiuto, ed egli si rassegna alla volontà degli astanti. Sicchè, eccolo dinanzi al pubblico, come alla ribalta.)
Armando
(dopo un lungo silenzio, di titubanza, comincia a parlare).... Se qualche signora o qualche signorina volesse favorire qui, vicino a me, io potrei offrire a questo amabile uditorio qualche cosa di meno noioso che un monologo. (Pausa.) (A uno spettatore:) Come?... Scusi: non ho udito bene. (Tende l'orecchio.) Mi domanda se sono un ipnotizzatore?... No, no: non sono un ipnotizzatore. O, meglio, lo sono a metà. Ho, è vero, la facoltà di addormentare il pubblico ma non quella di svegliarlo. Ah!, con me, il pubblico, una volta addormentato, non si sveglia neppure a colpi di cannone. Del resto non intendo mica di procedere a esperimenti d'ipnotismo. Io supplico qualche signora o signorina di.... (Ha un gesto gentilmente invitante.) (Pausa.) Nessuna?... Proprio nessuna? (Con galanteria) Neanche quella bella donna lì, (indicando Tina) che finge di non guardarmi, ma che mi guarda più delle altre?... Sì, parlo di quella signora con la bocca... (disegna nell'aria col pollice della mano destra i lineamenti della fisonomia di lei)..., con gli occhi..., col naso....
Tina
Se non mi sbaglio, il signore l'ha con me.
Armando
Precisamente. Non vuole?
Tina
Ma provi piuttosto a regalarci un monologo. È più semplice. È meno incomodo.
Armando
Veda, so a memoria un monologo solo. È intitolato: I mariti.
Tina
Sentiamolo.
Armando
No: dice troppo male delle mogli. Via, abbia la bontà di favorire. Non mi faccia fare la triste figura che fece Maometto quando chiamò a se una montagna e questa non si mosse.
Tina
Mi attribuisce... una certa pesantezza.
Armando
Oibò!
Tina
Mi paragona a una montagna!
Armando
A una fiorente collina baciata....
Tina
(con austerità) Che cosa si permette di dire?!
Armando
... baciata dal sole.
Tina
(sorridendo) Indiscreto anche il sole e pesantuccia anche la collina!
Armando
Se ci tiene a mostrarsi più leggera, cammini... e favorisca.
Tina
Maometto era meno furbo di lei.
Armando
Incontestabilmente. Ci viene?
Tina
(rassegnandosi) E sia. Ci vengo. (Si alza e gli si accosta, con diffidenza.)
Armando
(le offre una sedia) Prego....
Tina
(sedendo) Mi spiegherà senza dubbio....
Armando
(interrompendo) Le spiegherò tutto. Forse, a guardarmi, non s'indovina, ma io sono... un fotografo. Modestia a parte, un gran fotografo. Basti dirle che se la fotografia non fosse stata inventata da nessuno, l'avrei inventata io. Non è una vana pretensione. Io ho provato coi fatti di poter essere l'inventore della fotografia. Sono andato in paesi selvaggi dove la fotografia non era stata inventata ancora: ebbene, in quei paesi io l'ho inventata perfettamente!
Tina
E in Italia?
Armando
In Italia, ho attuato delle innovazioni. Ho abolito qualche dettaglio....
Tina
Cioè?
Armando
Ho abolita la macchina fotografica.
Tina
Non è possibile!
Armando
Perchè? Il progresso tende a conseguire tutti gli scopi abolendo tutti i mezzi. Marconi fa il telegrafo... senza i fili; i ciclisti vanno a cavallo... senza il cavallo; gli automobilisti ammazzano e si ammazzano... senza le armi; i musicisti fanno le opere... senza musica; i poeti fanno i versi... senza piedi; i tenori cantano... senza voce; le donne amano... senza cuore; ed io fotografo... senza la macchina fotografica.
Tina
Ma no!! Non ci credo. Come può fotografare?!
Armando
A orecchio.
Tina
A orecchio!?
Armando
Quando dico «orecchio» voglio dire «occhio». Io fotografo a occhio... nudo.
Tina
(con una smorfietta) «Nudo»! Che parola!... Shocking, direbbe un inglese.
Armando
(fissando le belle spalle denudate di lei) Ha ragione. In una festa da ballo, il pronunziare la parola «nudo» è una sconvenienza da fare arrossire... anche le spalle d'una signora.
Tina
(un po' confusa, muta discorso) La sua invenzione è davvero portentosa. L'ha già sperimentata?
Armando
Aspettavo, signora, una buona occasione per fare in Italia il mio primo saggio.
Tina
E lei vorrebbe fare... il saggio proprio con me?
Armando
Appunto.
Tina
Mi pare un po' difficile.
Armando
Non ha che a concedermi una posa.
Tina
Una posa! (Accennando al pubblico) È molto imbarazzante. Se vedo tutto un pubblico davanti a me, non so posare.
Armando
Chiuda gli occhi.
Tina
Sembrerò cieca.
Armando
Sembrerà addormentata: la belle au bois dormant!
Tina
Per accontentarla.... (Chiude gli occhi.) Li ho chiusi.
Armando
Troppo presto. Aspetti.
Tina
(li riapre.)
Armando
Si compiaccia di alzarsi.
Tina
(si alza.)
Armando
Faremo una posa in piedi.
Tina
Non devo più fingere d'essere addormentata?
Armando
Sì.
Tina
Dormire in piedi è alquanto inverosimile.
Armando
Tutti gli uccelli, per esempio, dormono in piedi.
Tina
La donna non è un uccello.
Armando
La chiamano così spesso usignuolo, colomba, cigno, allodola,... civetta.
Tina
Insolente!
Armando
Lo dicevo per dimostrarle che ogni donna è un po'... volatile. Il dormire in piedi è giustificatissimo. Cerchi un atteggiamento di sonnolenza sincera. La vita reale! La vita vissuta! Una sonnolenza sentita.
Tina
(schiude la bocca come se sbadigliasse e resta con la bocca spalancata.)
Armando
Che è questo?
Tina
Uno sbadiglio. Mi ha detto: «un atteggiamento di sonnolenza sincera.»
Armando
Ma dobbiamo pur serbare una linea estetica.
Tina
Mi dica lei.
Armando
(cerca un'ispirazione. E a un tratto esclama:) Ho trovato! Stia attenta a me. (Col viso sorridente di dolcezza, inclina il capo a destra, appoggiandolo appena sul palmo della mano.) Quest'altro braccio, (il sinistro) proteso verso il cielo come per afferrare la visione del sogno. (Solleva il braccio contraendo lievemente le dita.)
Tina
Bellissimo!
Armando
A lei, dunque! E chiuda gli occhi, adesso, se, per posare, le è indispensabile di non vedere nessuno.
Tina
(chiude gli occhi, e quindi imita quell'atteggiamento esagerandolo e agitando il braccio proteso in su.)
Armando
Tranquilla con quel braccio! Pare uno scacciamosche! E poi, in questo modo verrebbe fuori una donna con cinquanta braccia. Sarebbero troppe. Le due che ha... bastano a tutto.
Tina
(paziente) Dio buono! Resterò immobile. (Resta, difatti, immobile.)
Armando
Brava! (Pausa.) Mi dà il permesso di ritoccare la posa?
Tina
Ritocchi la posa, ma non tocchi nulla.
Armando
Ritoccherò... con qualche suggerimento.
Tina
Suggeritore, sì.
Armando
Troppo gentile!
Tina
Suggerisca! Suggerisca! Sono in attesa.
Armando
Ebbene, ecco. Più soave, quel sorriso; un po' più inclinato il capo; un po' più serena la fronte....
Tina
La fronte più serena, non saprei come fargliela.
Armando
Sarà sufficiente la serenità dell'anima, di cui la fronte suole essere lo specchio. (Pausa.) Come sta l'anima?
Tina
Serenissima.
Armando
Allora non si occupi di altro. (La guarda insistentemente. Ha un gesto d'entusiasmo. Torna a guardarla molto dappresso.)
Tina
(dopo un lungo silenzio, aprendo gli occhi) Ma, scusi, che cosa fa?
Armando
Io studiavo. Chiuda gli occhi.
Tina
Chiuda piuttosto i suoi!
Armando
Anche se non fossi fotografo, non potrei. Le pare! Il chiudere gli occhi per non guardare lei sarebbe l'ottavo peccato mortale.
Tina
Ed io non chiuderò i miei.
Armando
In tal caso, dobbiamo rinunziare alla posa del sonno.
Tina
Ci rinunzieremo.
Armando
Ci vorrà una posa più statuaria.
Tina
Più statuaria.
Armando
Più classica.
Tina
Più classica.
Armando
Una posa... da personaggio greco.
Tina
Elena!
Armando
No: Elena non mi conviene.
Tina
Una Elena di marmo.
Armando
Se mi garantisce il marmo, vada per Elena.
Tina
Così? (Assume una rigida compostezza di statua leggiadra.)
Armando
Benissimo!
Tina
Marmo autentico!
Armando
Non si muova. Farò un capolavoro.
Tina
Senza macchina, non è vero?
Armando
Ma con qualche cosa d'invisibile che mi consentirà di presentarle tra un istante la sua immagine ben fissata sulla carta... del mio cuore. Ferma! (Le volge le spalle e si allontana solennemente. Indi si arresta di botto.)
Tina
Perchè mi volge le spalle?
Armando
Lasci fare. È pronta?
Tina
Pronta.
Armando
(Si dà tre pugni sullo stomaco, e subito si volta. Con la cortesia stereotipata dei fotografi di professione, accenna un inchino.) Grazie.
Tina
E la mia immagine?
Armando
È già riprodotta nel mio cuore. (Cava un ritratto da una saccoccia della coda del frac e glielo porge.) Questo è il suo ritratto.
Tina
Lei il cuore ce l'ha nella coda del frac?
Armando
Ce l'ho un po' dovunque, signora.
Tina
(mirando il ritratto) Mi somiglia pochino, ma sono sbalordita lo stesso.
Armando
E non è tutto. Quante copie ne desidera? Dodici? Venti? Cinquanta? Cento?
Tina
Faccia lei.
Armando
Cento copie a sua disposizione.
Tina
È il prodigio dei prodigi! Il suo nome diventerà mondiale.
Armando
Mio Dio... lo è da tanto tempo!
Tina
A proposito: come si chiama?
Armando
Non lo sa? Mi chiamo Armando Falconi.
Tina
Il marito di Tina di Lorenzo?
Armando
Proprio lui!
Tina
Ma se sono io Tina di Lorenzo!
Armando
In verità, me n'ero accorto.
Tina
Sicchè, lei è mio marito?
Armando
Glie lo giuro!
Tina
Scusi tanto che non l'avevo riconosciuto.
Armando
Non se ne preoccupi. Sono cose che accadono.
Tina
E le cento copie?
Armando
Non c'è che da cercarle in tutte le saccocce della mia esistenza. Senonchè, non capisco che ne farà di tante copie.
Tina
Voglio offrirle a queste indulgenti signore e signorine, affinchè si ricordino di Tina di Lorenzo e affinchè sappiano bene che il ritratto d'una donna può essere infedele... come un marito....
Armando
Protesto!
Tina
Non si dia pena.... Tutti sanno che un marito può essere fedele se è (indica Armando)... un originale.
(Applausi prolungati. Alle signore e alle signorine vengono distribuiti i ritratti di Tina di Lorenzo.)
NOTTE DI NEVE
Dramma in un atto
rappresentato per la prima volta al teatro Argentina di Roma nel 1905.
PERSONAGGI:
- Salvatore
- Graziella
- Francesca
Epoca attuale — A Napoli.
Uno stambugio: non lurido, ma sguernito. Un letto di ferro per due, con i cuscini puliti e una coperta decente. Una tavola di legno grezzo. Un paio di sedie. Una panchetta. Una credenza. Qualche altra suppellettile indispensabile. In mezzo alla stanza: un gran braciere, spento. Un piccolo crocifisso a capo del letto. Niente altro ai muri e niente sulle scarse suppellettili. Si ha l'impressione del vuoto e del freddo. Una sola porta a due battenti in fondo, la quale dà in un vicolo recondito. In uno dei due battenti è praticato un alto finestrino angustissimo, per cui non può passare neppure una testa. Ha una griglia di ferro come se fosse il finestrino d'un carcere e uno sportello di legno. La porta e il finestrino sono chiusi. È notte. Lo stambugio è nel buio fitto.
SCENA I.
GRAZIELLA, sola, e Alcune voci.
Graziella
(avvolta in uno scialle, dorme supina sul letto. Nell'oscurità sembra una morta.) (Dopo un po' di silenzio, giunge, lento dalla strada, il canto «a dispetto» d'una comitiva di nottambuli sinistri.)
Una voce
Tu stai dormendo
e non lo sai che noi stiamo svegliati,
e siamo dieci
a cantare per te che ci hai lasciati.
Il coro
Che ci hai lasciati.
Graziella
(si sveglia, erge il torace, rabbrividisce, e mormora:) Maria Vergine! (Silenzio. Poi di nuovo il canto.) (Ella, immobile, ascolta.)
Una voce diversa
Ti sei scordata
che quando stavi al vicolo Schiavone
noi passavamo
e ci chiamavi tu, dal tuo balcone.
Il coro
Dal tuo balcone.[1]
Qualcuno dei nottambuli
(alzando il tono per farsi sentire, dice strascicatamente:) Questa è una porta che non si riapre più.
Graziella
(piano, come se la persona che ha parlato le stesse vicino) Possiate morire in galera!
Un altro nottambulo
Uno solo è il santo che sa fare il miracolo.
Un altro
E il santo che lo sa fare questo miracolo... sta venendo.
Graziella
(tra sè) Deve essere Salvatore che viene. (Allibita) Se gli dicono qualche cosa, che accadrà?! (In fretta, scende dal letto, a tentoni cerca sulla credenza un piccolo lume di ottone, lo accende, corre al finestrino, lo apre un poco e spia.) Si allontanano.... (Rassicurata) Madonna mia cara, ti ringrazio! (Chiude lo sportellino, si accerta che è ben chiuso, e resta intenta, aspettando il segnale di Salvatore.)
(Si ode un lungo fischio.)
Graziella
(animandosi molto) È lui! è lui! (Aspetta ancora.)
(Si ode un'altra volta lo stesso fischio più vicino.)
Graziella
(si affretta ad aprire la porta.)
SCENA II.
GRAZIELLA e SALVATORE. Indi le VOCI di prima. Indi la VOCE di FRANCESCA.
Salvatore
(comparisce.) (Cappello a cencio e giacca col bavero alzato.)
Graziella
(gli si aggrappa addosso come una bambina.)
(Restano un istante abbracciati.)
Salvatore
Sono stato così in pensiero! È una notte come non me ne ricordo. Non sembra di stare a Napoli. C'è un'aria di ghiaccio che intirizzisce le midolla. E sapevo che tu non avresti potuto comprare nemmeno un poco di carbonella... come, pur troppo, non ho potuto comprartene io.
Graziella
Verso il tramonto, me ne ha regalato uno spizzico il tavernaio qui accanto. Per un'oretta mi sono riscaldata. Ma poi....
Salvatore
Ti ho pregato di non accettare mai regali da nessuno.
Graziella
Soffrivo tanto! Ho dovuto accettare. Ma guarda la cenere nel braciere: era proprio uno spizzico. (Un silenzio. Va per chiudere la porta. Sporge la testa fra i battenti) Salvatore....
Salvatore
Che è?
Graziella
Comincia a nevicare.
Salvatore
(gettando via il cappello) Vorrei che facesse tanta neve da seppellirci! (Siede.)
Graziella
(gli si accosta affettuosamente) Mi avevi promesso di avere coraggio.
Salvatore
Dove lo trovo più il coraggio? Sono stato licenziato.
Graziella
Che mi dici?!
Salvatore
Questo ti dico. Alle dieci di stasera, chiudendo il negozio, il signor Alberto mi ha fatto sapere che s'era provveduto d'un altro contabile.
Graziella
È una canaglia.
Salvatore
Non è una canaglia, no. Il mese scorso, mi dette due mensili in anticipo, e me li ha condonati. Perchè canaglia? Chi paga ha il diritto di essere servito; e io non ho saputo servirlo. La volontà non basta. Si ha da avere l'abitudine al lavoro. Ero arrivato sino all'età di trentaquattro anni stando fra le case di malaffare, dove ti ho conosciuta, e le case da giuoco, e non m'era mai passata neppure per l'architrave del cervello l'idea di lavorare. Giuocavo con astuzia e avevo anche fortuna; e così mi trattavo da signore e non avevo bisogno di nessuno. Ma abbiamo voluto liberarci tutti e due da questa bella roba, che intanto non ci metteva dinanzi la faccia della miseria, e adesso divertiamoci a fare la guerra senza fucili. Ci siamo già ridotti in questo canile; e finiremo sul lastrico della strada.
Graziella
Vedrai, invece, che a poco a poco....
Salvatore
Chi è fatto di gesso non diventa di ferro. Mettiti bene in mente che io non sarò mai buono a guadagnarmi un soldo col lavoro.
Graziella
Sei tanto istruito. Sei stato a scuola. Mi dicesti che sei stato perfino in un collegio, lontano da Napoli.
Salvatore
Perbacco se ci sono stato! Ed ero il primo della classe, come suol dirsi! Un portento! Un fenomeno d'intelligenza! I maestri, per non farmi troppo insuperbire, mi ammonivano: «dovete ringraziare il babbo che vi ha dato tutto questo ingegno». E siccome mia madre mi aveva lasciato credere che un padre lo avevo avuto sul serio e che era morto prima che nascessi, io... gli spedivo i ringraziamenti in paradiso. Già!... E che medaglini sul petto!... Che uniforme stringata! (Ride con amarezza) Eh eh!... Un collegio di nobili, ti dico, perchè lei... li aveva i quattrini per farmi stare insieme con i figli dei galantuomini. Quella poveretta ci aveva pensato ad attaccarmi addosso la scorza del galantuomo. Il sangue me lo aveva dato cavandolo dalle lordure più ributtanti; ma la pelle, ah! la pelle me la voleva fare con l'oro di zecchino.
Graziella
Certamente la sua intenzione era buona.
Salvatore
(alzandosi bruscamente) Non difenderla, tu. Ti proibisco di difenderla.
Graziella
Una madre è sempre una madre, Salvatore. Una intenzione cattiva, non poteva averla.
Salvatore
Non doveva mettermi al mondo! (Breve pausa.) E quando mi ci aveva messo, non doveva tenermi lontano e non doveva lasciarmi crescere nell'ignoranza di ciò che essa faceva. Vivendo bambino presso di lei, mi sarei nudrito del fango della casa. Quel fango mi sarebbe entrato nella carne, mi sarebbe entrato nelle vene, mi sarebbe entrato nell'anima, e più tardi, diventando uomo, io avrei adorata mia madre e avrei creduto di fare una cosa naturalissima continuando a godermi tranquillamente i lucri della sua vergogna!
Graziella
(con umiltà dolorosa) Tu lo dimentichi che io sono stata come lei.
(Un silenzio.)
Salvatore
(avvicinandosi a lei e prendendole la testa).... Perdonami. (Pausa) Del resto,... per te,... è tutt'altro! Tu, senza aspettare la vecchiaia, hai avuta l'energia di toglierti da quella vitaccia. Sapesti mostrare tanto desiderio di uscirne da commuovere me, che ne avevo orrore, e hai saputo essere tale una santa creatura da farmi appunto dimenticare il tuo passato. Quale donna sarebbe stata come te? Se la gelosia che mi divora non te l'avesse impedito, ti saresti rassegnata perfino al mestiere della serva per rimanere con me! E difatti ci sei rimasta, affrontando prove anche più dure, affrontando prove anche più pesanti. Se non te ne stanchi, la gente dovrà venire a baciare il lembo della tua veste! Sì sì, Graziella: questo è vangelo.
Graziella
(come intontita) Se non me ne stanco?!
Salvatore
Tutto può accadere.
Graziella
(prorompendo) Con te sempre. Salvatore! Con te nel freddo e nella fame! Con te sino all'ultimo. E vicino a te voglio morire! E voglio essere calata nella fossa dalle mani tue,... dalle mani tue.... Non te ne sei ancora persuaso?
Salvatore
(torce il collo per nasconderle il volto.)
Graziella
(circondandolo con le braccia) E no! Se hai le lagrime agli occhi, fammele vedere. Perchè mi privi di questa consolazione? Non sono esse il segno che non hai finito di volermi bene?
Salvatore
(con dolcezza, con voce quasi di pianto) Contavo di poterti dire un giorno: «Guarda, Graziella: noi andavamo per un brutto mare, per un brutto mare maligno, ed io ho portato a salvamento la barca tua come tu hai portato a salvamento la mia». Ma te lo posso dire questo in coscienza? Te lo posso io dire? E posso io avere ancora, in coscienza, la speranza di dirtelo?
Graziella
Se non l'hai più tu questa speranza, ce l'ho io, Salvatore! Ce l'ho io! Ed è così viva, e così forte, che mentre tu ti affliggi e ti lamenti, una festa di tenerezza mi sta dentro il cuore, e io ti bacio, teh!, ti bacio e ti bacio come se fosse una notte di gioia e come se ci aspettasse un letto di rose! (Continua a baciarlo.)
Salvatore
(in un risveglio di desiderio stranamente circospetto, tirandola a sè le sussurra all'orecchio:) — Vogliamo fingere... che sia di rose?
Graziella
Sì.
Salvatore
(la stringe fortemente al petto.)
(Giunge di nuovo il canto dei malviventi.)
Una voce
Con un geloso
Ti sei voluta chiudere in prigione.
A pane ed acqua,
Campate tutti e due di passione.
Il coro
Di passione.
Salvatore
(al primo spunto, ha distaccata da sè Graziella come se si vergognasse di essere sorpreso in flagrante ed è rimasto ad ascoltare fremendo e comprimendosi in una sofferenza atroce.) Li senti, li senti gli amici tuoi come ci sfregiano?
Graziella
Maledetti!
Una voce diversa
Prima con noi
Passavi allegramente le nottate.
E mo sospiri
Per quante lire noi t'abbiamo date.
Il coro
T'abbiamo date.
Salvatore
(acceso di sdegno feroce, sta per precipitarsi ad aprire l'uscio.)
Graziella
(trattenendolo disperatamente) Che vai a fare, Salvatore?! Tu sei solo ed essi sono molti!... Vai a farti uccidere!... Vai al macello!...
Salvatore
(dibattendosi) Purchè almeno io ne strozzi uno, non me ne importa di restare ucciso!
Graziella
(mettendosi dinanzi alla porta e respingendolo) No, Salvatore mio! Getta me piuttosto in una fogna.... Lascia che m'insultino.... Insultami tu pure.... Ma non andare, non andare a morire per le mani di quella gente ch'è stata già la mia dannazione!
Salvatore
(desistendo, indietreggia, siede, si abbatte.) (Lunga pausa.) E va bene! Devo essere anche un vigliacco, e lo sarò. Domani a notte, quegli scavezzacolli torneranno a piantarsi dinanzi alla casa nostra per ridere di noi e per offenderci, e poi ci torneranno un'altra notte, e poi ogni notte ci torneranno, e io zitto, sempre zitto ad ascoltarli, perchè essi sono molti e io sono solo, e con rispetto anzi li dovrò ascoltare, sì, sì, con rispetto e con soggezione, perchè essi, in molti, ti hanno dato da mangiare, e io, che sono solo, no, niente!
Graziella
Dio, che ti esce di bocca!
Salvatore
E trovalo tu, trovalo tu un mezzo per non farci mettere i piedi sulla schiena.
Graziella
Ci sono tante persone che lasciano la terra dove sono nate. Lasciamola anche noi.
Salvatore
(levandosi con veemenza) Col denaro di chi? Parli senza pensare. Hai la testa soltanto all'amore, tu! Soltanto dell'amore ti preoccupi. E con l'amore in saccoccia, secondo te, ci possiamo mettere in viaggio!... In viaggio per dove?... Qua, qua, in prigione, come ci cantano i tuoi amici. In prigione a pane ed acqua, e intorno a noi il carnevale di tutti coloro che si vantano d'averti pagata!
Graziella
(si annichilisce, sedendo, tutta raccolta, sopra una sedia, e, per prudenza, tace.)
(Un silenzio.)
Salvatore
(brontolando) Non c'è da illudersi. Noi dovremmo avere il buon senso di tornare ciascuno al punto dal quale siamo partiti quattro mesi or sono. Ognuno nasce con un indirizzo scritto qua (si tocca la fronte) come sopra una lettera messa alla posta, e, gli piaccia o no, a quell'indirizzo ci deve andare.
Graziella
(timidissimamente) Tu dici così; ma poi neppure tu ti staccheresti da me. Questo lo so.
Salvatore
(fingendo di non aver udito, continua a ragionare, brontolando) Ci siamo incocciati a camminare con la testa in giù e le gambe in aria!... Per gli altri è uno spettacolo meglio che a teatro; ma per noi!... Per noi può essere la morte!... Finiamola una buona volta con questa cosa pazza che si chiama l'amore! (Lontano da lei, si sdraia sulla panchetta, stendendo le gambe.)
(Un silenzio.)
(poi parlano con lentezza triste. Ogni parola è come un lieve rintocco funebre.)
Graziella
(avvoltolandosi più strettamente nello scialle) Bada che il freddo aumenta. Si gela. Se... stanotte... non vuoi metterti a letto..., pìgliati almeno quella coperta....
Salvatore
E tu?
Graziella
Io ho il mio scialle.
Salvatore
Ma tremi tutta.
Graziella
Che fa?...
Salvatore
Vacci tu a letto.
Graziella
No, Salvatore,... non ci vado.
(Un silenzio.)
(Si ode picchiare alla porta.)
Graziella
(balza in piedi.)
Salvatore
(levandosi) E chi può essere che bussa a quest'ora?!
Graziella
(aggrappandosi a lui, paurosamente) Salvatore!
(Ancora silenzio.)
Salvatore
Sarà stato qualche viandante che ha avuto il prurito di scherzare.
(Si torna a battere.)
Graziella
Dunque, è veramente qualcuno che cerca di noi! (In preda allo spavento) Che sieno di nuovo quei farabutti?!
Salvatore
(resta colpito, si morde le labbra, si contorce: diventa livido.)
Graziella
(va ad aprire il finestrino, guarda fuori e si calma) No, Salvatore. È una donna.
Salvatore
(trasalendo) Una donna?!
Graziella
(richiude il finestrino.) Non ne ho potuto distinguere il volto perchè essa porta sulle spalle un sacco che quasi le copre la testa, ma certo è una donna.
Salvatore
(intuendo, corre alla porta e interroga con durezza ed urgenza) Chi sei? Chi sei? Voglio sentire la tua voce. Dimmi chi sei!
Francesca
(di fuori debolmente) Sono... mamma tua.
Salvatore
(furibondo) Va via! Va via!
Graziella
(con un accento di bontà devota) Fallo per Graziella: non la scacciare così.
Salvatore
Ma, insomma, che pretende da me? Ogni tanto mi segue, per la strada, da lontano. Ogni tanto me la trovo di faccia. Ogni tanto me ne vedo spiato. E viene anche a cercarmi nel mio tugurio, in questa notte orribile?... Ah, è lo spettro del mio destino infame!
Francesca
(di fuori, con voce tremula) Vengo a portarti un sacco pieno di carboni. Cade la neve, stanotte. Non rifiutare per te e per la tua compagna un poco di calore.
(Un silenzio)
Graziella
(timidamente implorando) Salvatore!...
Salvatore
(va per aprire, ma, per una repulsione invincibile, indietreggia. Indi, a Graziella, con lo sguardo a terra, sommessamente:) Apri tu.
Graziella
(apre.)
SCENA III.
GRAZIELLA, SALVATORE, FRANCESCA.
Francesca
(passa appena la soglia con gli occhi ricercatori e si ferma, curva sotto il peso del sacco di carboni.) (È sulla sessantina, ma è emaciata, stanca, logora, e sembra più vecchia.) (È coperta di panni laceri.) (Sui suoi capelli scinti, qua e là sulle sue vesti, come sul sacco, biancheggiano i fiocchi di neve.)
Graziella
Date a me.
Francesca
È pesante. Faccio io.
Graziella
Vi aiuto.
Francesca
Grazie.
(Insieme, trasportano il sacco sin presso il braciere.)
Salvatore
(che è rimasto indietro per schivare gli occhi di Francesca, stretto tra la passione che lo invade e l'avvilimento di sè stesso, quasi per sottrarsi al tormento, non veduto, prende il cappello, e, con la fronte bassa, senza far rumore, esce.)
Graziella
(interrogando Francesca con intimità timida e affettuosa) Come lo sapevate che ne avevamo tanto bisogno?
Francesca
Io resto spesso la notte, per due o tre ore, sulla strada, davanti alla vostra porta. Mi ci rannicchio e faccio finta di dormire. E, invece, metto tutto l'orecchio sul legno, e, nel silenzio, se voi due parlate, alcune parole mi giungono chiare. Io ero già al mio solito posto prima che egli arrivasse. Io li ho visti i giovinastri che cantavano. E quando egli è comparso laggiù, in fondo al vicolo, per nascondermi a lui mi sono allontanata nell'ombra, ma non troppo. Mi ero anche accorta che voi avevate aperto un poco il finestrino... ed ero sicura che voi avevate nel cuore gli stessi palpiti che avevo io. Vi benedicevo e pensavo: «in ogni caso, ci saranno quattro braccia a difenderlo». Poi, per fortuna, i giovinastri hanno svoltato per l'arco di Sant'Agnese: egli si avvicinava, si avvicinava, i giovinastri sparivano; tutto era tranquillo; egli è entrato sano e salvo; la porta si è richiusa;... io ho baciato a terra.
Graziella
(guardandola con uno stupore misto di tenerezza profonda) Anche voi, dunque, state a vigilare sempre?
Francesca
Sempre.
Graziella
Lo senti, Salvatore? (Si volta e, non vedendolo, si allarma.) Ma dove è andato? (corre alla porta, lo scorge sulla strada e, con la parola calda e col gesto, lo chiama:) Vieni qua, Salvatore! Ti farà male di stare là fuori.
La voce di Salvatore
(aspra e dolorosa) Non voglio ascoltare quello che dite.
Graziella
E che diciamo noi che ti possa dispiacere? Vieni qua! Vieni qua!
Francesca
(ansiosamente e sommessamente) No, Graziella, non lo chiamate, non lo chiamate ancora. È la provvidenza che lo ha allontanato.... (Affrettandosi a parlare, in tono segreto) Io sono venuta a portarvi anche un poco di danaro.
Graziella
(con un moto di sorpresa e di giubilo, tutta irradiandosi) Possibile?! (Poi subito, mutando) Voi, così poverella?!...
Francesca
Lo conservavo per lui da tanti anni, da tanti anni, e stanotte m'è parso che il conservarlo più a lungo sarebbe stato un peccato mortale.
Graziella
(ha una espressione di spavento. Indi balbetta:) Ma quello... è un danaro ch'egli rifiuterà.
Francesca
Se gli direte che siete madre, io credo che non vorrà rifiutarlo.
Graziella
(in uno scatto di meraviglia come dinanzi a un prodigio) E voi sapete che io sono madre?!
Francesca
Sì, io lo so, io l'ho capito. E sono pure certa che a lui non lo avete confessato.
Graziella
Non glie l'ho confessato per paura che me ne rimproverasse. Ma voi, voi, per quale miracolo avete potuto capire?...
Francesca
Tutto io capisco di voi, come se vivessi accanto a voi....
Graziella
Mi avete vista forse andare, in questi giorni, da donna Concetta Verrusio?...
Francesca
Sì, che vi ci ho vista andare.... Vi seguo così spesso per la strada....
Graziella
È una brava levatrice quella.... Io ci andavo perchè non mi sentivo bene.... Temevo tanto per la mia creatura!...
Francesca
E avevate sulla faccia smorta tanta bellezza e tanta bontà! Io avrei voluto acquetarvi almeno per l'avvenire; avrei voluto dirvi: «per il figlio che dovrà nascere, non state in pena, perchè ciò che vi serve per farlo crescere sano e forte ce l'ho io, sì, sì, ce l'ho io...; prendete, prendete!» Ma, come voi, ho avuto paura di Salvatore, e ho ritardato fino a questo momento. Intanto, non speravo di potervi parlare stanotte da sola a sola e perciò ho ficcata la borsa col denaro là dentro, fra i carboni.
Graziella
( febbrilmente ) Presto! Presto! Ch'egli non la veda! Se ne avrò il coraggio, gliela darò io quando voi sarete uscita. (Guatando la porta, si curva sul sacco, lo apre e cerca.) Fargliela vedere adesso che voi siete qui sarebbe un'imprudenza! un'imprudenza!...
Francesca
(curva anche lei sul sacco, trova subito la borsa) Eccola qua. Nascondetela.... Nascondetela....
Graziella
(nascondendo la borsa nella cintola, sotto lo scialle) Dio mio, mettetemi nell'anima il coraggio necessario!
Francesca
(sempre più piano e circospetta) Se continuate a vivere in questo squallore, voi farete un figlio di mala salute....
Graziella
Meglio la morte a me e a lui che questo scrupolo di coscienza!
Francesca
La fame consuma, l'inverno è crudele....
Graziella
(sentendo il rumore dei passi di Salvatore che ritorna, fa segno a Francesca di tacere.)
Salvatore
(appena entrato, si ferma diffidente.) (Un breve silenzio.) (Poi, a Francesca) Al mio arrivo ti sei ammutolita?
Graziella
Hai detto di non volere ascoltare.
Salvatore
(guardandole tutt'e due) Non è per questo che ha taciuto. C'è nell'aria qualche altra cosa.
Graziella
Niente contro di te. Questo è sicuro.
Salvatore
Chi lo sa!
Graziella
Essa ti ha voluto e ti vuole bene come te ne voglio io.
Salvatore
(andando rapidamente e minacciosamente verso Graziella) Ma io domando a te, e rispondimi netto, o tutto bianco o tutto nero: penseresti tu mai di darmi a campare facendo ciò che facevi una volta?
Graziella
No! No! Neanche se ti vedessi in agonia!
Salvatore
E dunque non devi dire che essa mi ha voluto bene come me ne vuoi tu.
Francesca
(con umiltà) Quando tu eri bambino, io non sapevo, non potevo sapere.... Ero così diversa dalle femmine oneste.... Non vedevo che con gli occhi che avevo io.... Da nessuno le avevo potute imparare certe cose.... Tu me le insegnasti disprezzandomi, me le insegnasti maledicendomi.... E da quel giorno volli vivere nella povertà. Avevo trentotto anni, è vero; ma mi dicevano che parevo più bella di prima. Me l'ero sempre tenuta cara la bellezza, e, per quello che m'insegnasti tu, n'ebbi orrore. E mortificai il mio corpo; stetti sotto il sole e sotto la pioggia guardando il cielo; entrai nelle chiese mettendo la bocca dove gli altri mettevano i piedi; mi nudrii col pezzo di pane che mi dava la carità cristiana; e certe volte, come sta digiuna questa pentita per meritare il tuo amore, io stetti digiuna per meritare il tuo perdono.
Salvatore
(commosso, suo malgrado) Le mortificazioni con cui ti sei punita potranno salvarti l'anima... quando finirai di soffrire sulla terra, e ciò, forse,... sarà giusto; ma, disgraziatamente, non potevano salvare me dal veleno che già mi avevi dato a bere e che doveva rodermi per tutta la vita. (Avvicinandosi a lei e facendo con tutt'e due le mani l'atto di aprirsi il petto) Guardala da vicino questa confusione di odii, di amarezze e di dolori, che si sono ammassati qua dentro.
Francesca
(quasi nascondendo il viso, si scosta un poco.)
Salvatore
(continuando) Guardalo da vicino questo mostro che per metà è un signore e per metà un miserabile, che è mezzo ignorante e mezzo istruito, mezzo indulgente e mezzo crudele, mezzo coraggioso e mezzo vigliacco! Ah, tu non te lo immagini come sia triste vivere così!... Ho ribrezzo del disonore, e intanto giro intorno ad esso continuamente. Non so adattarmi alla straccioneria, e intanto sono l'ultimo degli straccioni. Tolgo dal vizio una donna che si struggeva di passione per me, e intanto bestemmio quel momento di bontà e aspetto che proprio tu venga ad offrirle ciò che io non le posso comprare! Se avessi almeno adesso la forza di perdonarti, Dio Santissimo, non sentirei così grave il peso di questa umiliazione!
Francesca
(tremando) Io non sono venuta per essere perdonata, Salvatore. È da molto tempo che non lo spero più, perchè mi sono capacitata che tu non puoi.
Salvatore
(sempre più commosso).... Quando ti scorgo, tutta impaurita, con quella faccia macilenta, con quegli occhi infossati che luccicano ancora come due lumi accesi in un sepolcro, io provo uno strazio, uno strazio, e ho la tentazione di gridarti: «mamma mia, mamma mia, vieni qua, accostati a me come una mamma al figlio....» Ma subito il veleno che mi desti a bere mi sale alla testa, mi piglia il cervello.... Io me ne sento ubbriaco, me ne sento bruciato, e lotto con me stesso; e mi pare di avere nel petto due cuori che urtano l'uno nell'altro e si frantumano, e allora questi occhi che non riesco a chiudere vorrei cavarmeli con le unghie per non vedere più i tuoi che mi fanno spasimare!
Francesca
Io ti prometto... che da oggi innanzi... mi ti nasconderò meglio. Ti vedrò, ti vedrò sempre,... senza farti vedere i miei occhi.... Così non ti darò mai più tormenti e tu non penserai mai più che io speri d'essere perdonata. Mi hai permesso di entrare nella tua casa: mi hai permesso di parlare con lei (indica Graziella) e io te ne ringrazio... e me ne vado contenta. Lo avevo tanto desiderato!... (Si asciuga qualche lagrima) E se... una preghiera mia può essere da te accolta insieme... col piccolo regalo che t'ho portato,... io ti prego, Salvatore,... ti prego di non abbandonarla questa giovane buona..., perchè niente conforta l'anima d'un uomo infelice come il difendere dal peccato una povera donna caduta.
Graziella
(prorompe in singhiozzi e le getta le braccia al collo.)
Francesca
(stringendosela al petto e bagnandola di lacrime, le imprime un bacio in fronte.) Questo, per voi. E questo... (sulla fronte le imprime un altro bacio più lungo)... per lui. (L'allontana dolcemente da sè, e, lenta, sogguardando il figlio, esce.)
SCENA IV.
SALVATORE e GRAZIELLA.
Salvatore
(si è seduto presso la tavola, poggiandovi il capo pesantemente.)
Graziella
(si passa il fazzoletto sugli occhi, socchiude la porta, prende in un canto un mucchio di trucioli e di carte lacerate e lo pone nel braciere dopo di averne tolta la cenere.)
Salvatore
(voltandosi come per assicurarsi che Francesca sia uscita, vede la porta semiaperta e domanda perplesso:) Perchè non hai chiusa la porta?
Graziella
E ancora sospetti?! L'ho lasciata un po' aperta per fare del fuoco. (Accende con un fiammifero la minutaglia che è nel braciere, sulle fiamme getta subito una manata di carbonella e poi un po' di carboni grossi e vi soffia con una ventola di paglia.)
Salvatore
(si alza, diffidente, va a chiudere la porta, ne toglie la chiave, e se la mette in tasca. — Apre il finestrino. — Torna a sedere.) Be', adesso me lo dirai di che ti parlava mia madre.
Graziella
(lasciando il ventaglio, con reticenza) Se ti sapessi più ragionevole.... Se tu non sentissi tanto odio per lei....
Salvatore
(cupo e chiuso) Non l'intenderai mai tu quello che ho sofferto e che soffro per causa sua! Eppure, non è per lei che sento odio. Lo sento per me stesso. (Poi, cercando di convincerla) Se io non fossi nella miseria, penserei prima di tutto... a soccorrerla, senza fargliene accorgere, beninteso, e penserei a toglierla di mezzo la strada. Questo non significa odiare. Io sono più ragionevole di quanto tu credi, e perciò... hai torto di farmi dei misteri.
Graziella
(sempre con reticenza) Proprio della nostra miseria mi parlava mamma tua. E il soccorso che tu vorresti dare a lei, essa... vorrebbe darlo a noi.
Salvatore
Dovremmo dividerci i soldi che raccoglie stendendo la mano?!
Graziella
No, non diceva questo.
Salvatore
E che diceva?
(Pausa.)
Graziella
Accóstati qua. Vieni a riscaldarti.
Salvatore
No!
(Pausa.)
Graziella
(si leva. Va alle spalle di lui. Lo circonda con le braccia, lievemente, amorosamente) Salvatore.... (S'indugia, alzando gli occhi al cielo.)
Salvatore
E non continui?
Graziella
... Se... tua madre....
Salvatore
(in un simulato tono d'incoraggiamento) Avanti!
Graziella
Ci avesse portato... anche....
Salvatore
(sorgendo in piedi, terribilmente) Del danaro?!
Graziella
No! Non fare così!
Salvatore
(con le pupille dilatate) Dov'è questo danaro? Dov'è? Lo voglio vedere! Dov'è?
Graziella
(tremando dal capo ai piedi) Più tardi te lo farò vedere!
Salvatore
(ruggendo) Dove lo hai messo? Dove lo hai messo?
Graziella
Non fare così, Salvatore, chè mi spaventi troppo!
Salvatore
Mostrami subito questo danaro se non vuoi che mi venga un accidente!
Graziella
Ce l'ho con me, ce l'ho con me, ma lascia che te lo mostri più tardi.
Salvatore
(l'afferra, la tiene, la fruga)
Graziella
Aspetta! Aspetta! Aspetta un momento!...
Salvatore
(tirandole la borsa dalla cintola, sghignazza:) Ah, ecco che dopo vent'anni mi comparisce un'altra volta dinanzi il tesoretto vergognoso! La vedi tu questa borsa?... È la stessa con cui lei tentò di trattenermi venti anni fa, quando, entrato appena nella sua casa sfarzosa, fui preso dallo schifo. Quel giorno io ci sputai sopra, e a lei voltai le spalle per sempre. Ma quella sciagurata, che in tutto questo tempo si è martirizzato il corpo e s'è imposto il sacrifizio di chiedere l'elemosina per sè, ha voluto a forza conservare per suo figlio i suoi risparmi d'allora!... A te, naturalmente, tutto ciò sembra sublime!... Io leggo nel tuo cuore l'ammirazione, la compiacenza, la gioia, la gratitudine!... Ah! (Con una smorfia di nausea e uno scatto brutale sta per buttare nel fuoco la borsa.)
Graziella
(gli prende il braccio gridando:) No!
(Breve pausa.)
Salvatore
(lasciando ricadere la borsa sul sacco) È naturale anche questo! Fra voi due, v'intendete perfettamente!
Graziella
(risoluta, energica, d'una energia nuova in lei, con la testa alta e la voce vibrante) Ebbene, te lo devo dire?... Te lo dirò. Non è nè per me nè per te che io ti domando di non distruggere questo danaro. No, Salvatore! La verità è che avrò un figlio anch'io. Lo avrò, lo avrò, e lo aspetto come i poverelli che passano questa nottata sul lastrico aspettano il sole di domani!
Salvatore
(con esasperazione irruenta) Ma come?! Tu sei sicura che avrai un figlio e me l'hai fatto ignorare?
Graziella
(dolorosamente) Te l'ho nascosto sinora perchè mi dici ogni giorno che commettono un delitto le femmine come me se diventano mamme. Ma questo delitto io l'avevo commesso per te, e mi pareva bello, e non volevo rinunciarci, e intanto mi consumavo, mi consumavo al pensiero di dovertelo confessare! (Mutando tono, quasi solenne) La confessione mi è uscita dall'anima per muoverti a pietà della creatura che dovrà nascere; e adesso spetta a te di decidere. Se non ti fa pena che la nostra creatura nasca nella casa della desolazione e degli stenti, gettalo pure questo danaro e prepàrati solamente a dar conto al Signore della tua azione! Quanto a me, lo sai che mi rassegno a tutto!
Salvatore
(febbrilmente, tra gli spasimi d'un'angoscia profonda e quelli d'una ferocia compressa) Stringimi, stringimi, stringimi in una tanaglia! Per compassione della creatura che dovrà nascere, stritola la mia coscienza, stritola quest'ultimo avanzo del mio onore che volevo salvare e fanne dei cenci per tappezzarne la tua culla. No! No! No!... Non prenderò quel danaro maledetto! Tornerò alla vita del vagabondo, tornerò alle case da giuoco, imparerò l'arte del baro se occorre, diventerò un ladro, finirò in galera, ma riuscirò finalmente a liberarmi da tutti questi amori sviscerati che m'incatenano alle femmine che si sono vendute!...
Graziella
(come se in un attimo le si fosse spalancato un abisso sotto i piedi) Pensa, Salvatore, che se tu mi lasci io non avrò più ragione di vivere!
Salvatore
Vivrai per tuo figlio che già ti è più caro di me.
Graziella
(gridando) Non è vero! Non è vero!
Salvatore
(si sente scoppiare il petto, ma continua freneticamente con la voce rotta dai palpiti che gli salgono alla gola) È vero ti dico, perchè tu stessa me ne hai dato or ora la prova lampante; e io ti giuro che darò conto a Dio della mia azione con la sicurezza d'aver fatto per te il meglio che potevo fare!
Graziella
Salvatore, per carità, ascoltami....
Salvatore
(senza interrompersi) Quel danaro, che per la seconda volta io rifiuto, è tuo, è tuo, perchè tu non puoi averne ribrezzo, e il pericolo che tuo figlio nasca nella casa della desolazione e degli stenti è scongiurato....
Graziella
Salvatore, ascoltami....
Salvatore
(incalzando) Con quello che ti dà mia madre, tu non hai più bisogno della mia persona per tenerti lontana dal vizio....
Graziella
Salvatore, ascoltami.... (si avvinghia a lui forsennatamente.)
Salvatore
(cercando di svincolarsi) E io riacquisterò tutta intera la mia libertà, tutta intera, tutta intera, e se ancora sul mio cammino incontrerò delle donne come lei e come te, ah, per l'inferno io le fuggirò con lo stesso terrore con cui si fuggono gli appestati! Addio!
Graziella
(sempre più avviticchiata per impedirgli di uscire) Resta con me! Resta con me!
Salvatore
Lasciami.
Graziella
Resta con me!
(Dei forti picchi alla porta troncano il dibattito. — Salvatore e Graziella, intenti ad ascoltare, si distaccano.)
Salvatore
Si bussa di nuovo alla porta!... (Cupo e fremente) Ancora lei?!...
Una Voce di uomo
(un po' tremola d'ubbriachezza) Chi è di casa?
Salvatore
E voi, che volete?
La Voce dell'uomo
Niente. Ma, caso mai possa interessarvi, vi avverto che qui, dinanzi alla vostra porta, c'è una vecchia distesa a terra.
Salvatore
(subito) Se siete un poliziotto, mandatela via!
La Voce dell'uomo
Non sono un poliziotto; sono solamente un ubbriaco..., credo; ma, tanto, lei non se ne andrebbe, perchè è morta.
Salvatore
(diventando pallidissimo, le mani nei capelli) Morta!...
Graziella
(atterrita, guardandolo) Morta!
La Voce dell'uomo
Ed ha accanto il suo bravo coltello....
Salvatore
(cade a sedere sotto l'incubo di un istantaneo rimorso.)
Graziella
(quasi barcollante, si avvicina alla porta per aprirla. — Poi, si volta verso Salvatore) Hai tu la chiave?
Salvatore
Sì....
Graziella
Dammela.
Salvatore
(cava dalla tasca la chiave. — Non ha la forza di alzarsi. — Glie la porge da lontano, stendendo il braccio, che oscilla come un ramo d'albero scosso dal vento.) Prendi....
Graziella
(attaccata alla porta, si sente mancare.) Un momento....
La Voce dell'uomo
Buona notte!
(Sipario.)
NOTA:
1. Le note del canto a dispetto, trascritte dal vero, sono stampate dopo il testo del dramma.
Canto a dispetto
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LA CHIACCHIERINA
Monologo infantile (La bimba farà tutto questo discorsone in gran fretta, senza interruzioni, senza pause, senza prender lena.)
Il mio nome è Nora, anzi Noruccia. È un bel nome, lo so. Non l'ho scelto io, ma mi piace di chiamarmi Noruccia. Quando mi si dice « Noruccia, vieni qua », « Noruccia mia », « Noruccia cara », « Noruccia buona », io sono tanto contenta, sono tanto felice e mi pare che tutte le bambine che non si chiamano Noruccia mi debbano invidiare. Ma, disgraziatamente, non sempre mi si chiama così. E sapete come mi si chiama spesso spesso? Voi non lo potete immaginare. Mi si chiama: chiacchierina! Io ne ho una rabbia peggio che se mi si desse della ragazza cattiva! Chiacchierina a me? Avete mai udita la mia voce, voi? Mi avete mai udita chiacchierare? La mia abitudine è di starmene zitta zitta, senza fiatare, con la bocca tappata. E alle volte — che credete? — non sono capace di aprirla nemmeno alla scuola quando la maestra vuole farmi recitare la lezione. Tanto è vero che lei stessa, per sgridarmi, mi dice: « Che cos'è? Siete diventata muta? » E allora è proprio lei, invece, che si mette a parlare. E che diluvio di parole! Io non so come faccia a infilarne tante, l'una dopo l'altra, come se le leggesse in un libro. « Visto che venite a scuola soltanto per scaldare le panche e per guardare il soffitto e per insudiciarvi le dita d'inchiostro e per tormentare le cocche del vostro grembiule e per torcere il collo a destra e a sinistra e per fare merenda nell'ora di ricreazione, io vi consiglio di non venirci più. Così non va bene, mia cara. Non va bene, non va bene. Che figura farete agli esami? Che figura farete dinanzi alla vostra Direttrice, dinanzi alle vostre compagne, dinanzi alle vostre amiche, dinanzi ai vostri genitori? E questo non è ancora niente. C'è dell'altro, c'è dell'altro! Non resterete mica sempre bambina. Oggi siete bambina, ma un bel giorno sarete una signorina. Lo capite sì o no che una signorina ignorante non è una signorina a modo? Lo capite sì o no che una signorina ignorante è la sventura della sua famiglia? Lo capite sì o no che una signorina ignorante è più brutta d'una signorina gobba? » E continua per un pezzo, lei, su questo tono, mentre io resto lì, come al solito, zitta zitta, senza fiatare, con la bocca tappata. Io non dico che la maestra abbia torto. Una maestra non ha mai torto. E questa è verità. Ma, con tutto il rispetto dovuto a una maestra, io vi domando: fra me e lei, chi è che parla di più? Perchè sono io la chiacchierina? Perchè? Perchè? Se fossi proprio una chiacchierina, non amerei tanto di stare con le mie compagne che hanno una carrucola nella gola e con quel loro cicaleccio continuo non mi lasciano dire neppure una paroletta. Una mi racconta che la mamma le ha comperato una bambola che con la testa fa « sì » e fa « no » e che ha i capelli veri e cammina coi piedi suoi; un'altra mi racconta che la nonna porta gli occhiali, la cuffia e il bastone e piglia tabacco ed ha una bella tabacchiera d'oro e i denti finti; un'altra mi racconta che s'era nascosta sotto il cuscino del letto dieci ciliege rubate e che la Madonna per punirla glie ne ha fatto trovare soltanto i nocciuoli; un'altra mi racconta che la sua pecorella è fuggita perchè le galline se la volevano mangiare; un'altra mi racconta che il suo gatto si è ammalato perchè un topolino gli ha dato un morso sul muso; un'altra mi racconta la storiella della Regina che, scacciata dal Re, si rimpiatta dentro un uovo e si fa portare a tavola nell'ovaiuolo d'argento quando il Re ordina il pranzo; un'altra mi regala tutti i discorsi che balbetta il pappagallo della zia, e sono discorsi così bisbetici che a sentirli non se ne capisce niente. Se li facessi io quei discorsi senza capo nè coda, poveretta me, poveretta me! Chi fuggirebbe di qua, chi fuggirebbe di là, chi si metterebbe la bambagia negli orecchi e chi mi darebbe sulla voce o addirittura mi prenderebbe a scappellotti. Ma li fa un pappagallo, ed ecco che la gente va in solluchero e non manca qualche ragazza che si dà la pena d'impararseli a memoria e di ripeterli a me. Io le sopporto perchè voglio bene alle mie compagne come se fossero le mie figliuole. Sì, sì: nè più, nè meno: come se fossero le mie figliuole. E non c'è da ridere. Che monta che sono una bambina anch'io? Tutte le bambine si pigliano per figliuole le bambole. E dunque che c'è di straordinario se io mi piglio per figliuole le mie compagne? Sono più buone, sono più belline, sono più carine, sono più affezionate, e quando cascano non si rompono. E bisogna vedere come mi rispettano! Bisogna vedere come mi obbediscono! « Ninetta, fammi una riverenza. » E Ninetta, subito, si piega nella vita sino a toccare la terra col naso. « Ida, cantami una canzoncina napoletana. » E Ida, senza pensarci su due volte, mi canta la canzone del sole che sta sulla fronte o quella degli occhi che ragionano. « Mimì, ballami un poco la tarantella. » E Mimì mi gira intorno intorno battendo le mani e agitando la testolina. Queste, s'intende, sono le più piccole. Ma le più grandi mi obbediscono ugualmente, ed essendo più istruite, è una gioia ad averle per figlie. Figuratevi che ce n'è di quelle che mi obbediscono in francese e in tedesco come se niente fosse. Oh, io non nego di essere la più fortunata delle mamme! Il solo difetto che hanno tutte le mie figliuole, dalla prima all'ultima, ve l'ho già detto. Cinguettano troppo! Cinguettano troppo! Sarà che sono nate così. E allora non ne hanno colpa. Lo so. Ma è un difettaccio assai brutto. E che ci posso io? Non mi dànno mai il tempo di fare un avvertimento, di fare un predicozzo come una mammina di garbo. Me ne sto zitta zitta, senza fiatare, con la bocca tappata, ed esse parlano, parlano, parlano, parlano, e, con tutto il gran bene che mi vogliono, non si accorgono che mi dànno il mal di capo. E il più strano poi è che nessuno le chiama chiacchierine. E, se nessuno le chiama chiacchierine, dobbiamo convenire che il vecchio servo di casa mia ha ragione quando dice che questo mondo è tutto pieno d'ingiustizie. Già, secondo lui, non c'è niente che vada a dovere, e perciò brontola dalla mattina alla sera. Anche lui, quel brav'uomo, — per dirvi la verità — si vede che è nato col difetto di parlare troppo. Si lamenta del caldo, si lamenta del freddo, si lamenta del sole, si lamenta della pioggia, critica le persone che si bagnano, critica le persone che portano l'ombrello, critica quelle che vanno in carrozza, critica quelle che vanno a piedi, critica un signore che abita al piano di sopra e che suona il violino dalla mattina alla sera, critica un altro signore che abita accanto e che gli dà l'ipocondria perchè non se ne ode il più piccolo rumore, critica i colombi che si posano sulle ringhiere dei balconi perchè essi tubano ed egli deve pulire, critica i pipistrelli perchè non stanno mai fermi e non lasciano vedere la faccia che hanno, critica il calendario quando ci sono molte feste in una settimana perchè la gente se ne sta con le mani alla cintola ed egli invece è costretto a spolverare ogni giorno, critica il calendario quando nella settimana non c'è nessuna festa perchè allora i negozî sono aperti il lunedì il martedì il mercoledì il giovedì il venerdì e il sabato ed egli è obbligato ad andare e venire mille volte per comperare mille cose, critica il cuoco perchè è pagato più di lui, critica la cameriera perchè è pagata meno di lui e abitua male i padroni, critica il portinaio perchè fa la vita comoda, critica il facchino perchè lavora sempre e non si stanca mai, critica la governante perchè si pettina come una signora e si mette la cipria sulle guance e critica perfino me perchè gli dico sul viso che quella sua parlantina non la posso soffrire! Ma è inutile. Tutti mi raccomandano di essere schietta, e io sono schietta. Vado matta per coloro che parlano poco, e il solo spettacolo che davvero mi diverte è il cinematografo, dove si vedono, a centinaia, uomini, donne e animali che non parlano affatto. Lì, cani che corrono, cavalli che galoppano, soldati che sparano, pagliacci che saltano, viaggiatori che arrivano, briganti che scappano, contadini che si azzuffano, mariuoli che rubano, buoi che passeggiano, leoni che sbuffano, elefanti che sbadigliano, scimmie che graffiano, monache che pregano, vecchie che piangono, parrucche che volano, pompieri che smorzano il fuoco, e mai un grido, mai una parola, mai una sillaba! Io sono tale e quale. Mi dànno della chiacchierina, forse per burlarsi di me, forse per ischerzare, forse per stuzzicarmi, forse per indispettirmi, forse per addolorarmi, ma il certo è che la mia voce non l'avete sentita ancora, e, mentre avevo tante cose da dirvi, non ve ne ho detta proprio nessuna. Pazienza! Sono io diventata muta, come crede la maestra? Può essere. E se è così, io non me ne vergogno. Meglio muta che chiacchierina!