IL FRUTTO ACERBO
Commedia in tre atti.
Rappresentata per la prima volta al teatro Sannazaro di Napoli dalla Compagnia di Virginia Reiter, nell'aprile del 1904. PERSONAGGI:
- Tilde Ricchetti
- Ernesto Ricchetti suo marito
- Gustavo Franchesi
- Nino Lovigiani
- Bice , sorella di Tilde
- Camerieri d'un Hôtel a Sorrento
- Cameriera di casa Ricchetti
La scena, al primo atto, è a Sorrento. Al secondo e al terzo atto, è a Napoli.
Dal secondo al terzo atto, passano sei mesi.
ATTO PRIMO.
Un salotto dell'appartamentino che Tilde Ricchetti occupa in un hôtel di Sorrento. — Seggiole leggere, seggiole a bracciuoli, un sofà, una tavola con su giornali, riviste, libri e oggetti di scrittoio. Una sola porta a destra, una sola porta a sinistra. Nel centro della parete di fondo, un'ampissima finestra nel cui vano l'azzurro luminoso del cielo brulica di scintille, come per una festa dell'aria. Di su, dal parapetto della finestra, verdeggiano nel sole le cime degli aranci e dei limoni del giardino sottostante.
SCENA I.
TILDE e NINO. Poi UN CAMERIERE dell'hôtel.
(Quando si alza il sipario, la scena è vuota. Si ode cantare, a grande lontananza, l'ultima strofa dell'antica canzone «Santa Lucia» con accompagnamento di chitarra e mandolino. È una delle canzoni che i forestieri sogliono chiedere ai cantori ambulanti napoletani:)
O dolce Napoli,
O suol beato
Ove sorridere
Volle il creato,
Tu sei l'impero
Dell'armonia.
Santa Lucia!
Santa Lucia!
Coretto — Tu sei l'impero
Dell'armonia,
Santa Lucia!
Santa Lucia!
(Poi un minuto di silenzio.)
Tilde
(entra dalla porta a destra, quasi come fuggisse. Si lascia cadere sul sofà, abbandonando la fronte alla spalliera, col viso tra le mani, e mormorando:) Che cosa ho fatto! Che cosa ho fatto!
Nino
(in costume di ciclista — dopo qualche istante — entra dalla stessa porta e resta interdetto, mortificato, non sapendo in che modo regolarsi. Indi balbetta:) Tilde!... Signora Tilde!... Signora Ricchetti!... Fatevi coraggio!... Ve ne supplico.... Fatevi coraggio!... Voi dimenticherete.... Io dimenticherò....
Tilde
(voltandosi di botto) Ah? Saprete anche dimenticare?
Nino
No.... Dicevo soltanto per confortarvi. Vi vedo afflitta.... Vi vedo desolata....
Tilde
Per voi, è un nonnulla ciò che è accaduto?
Nino
Per me?... Per me è un avvenimento straordinario!
Tilde
Ma ci pensate voi? Ci pensate?
Nino
Io ci penso.
Tilde
Noi non ci conosciamo che da quindici o sedici giorni. È enorme! E poi, chi siete voi? Chi siete? Siete un ragazzo.
Nino
Questo no!
Tilde
Sì, sì, un ragazzo, perchè un uomo alla vostra età non è che un ragazzo. E io mi sono lasciata prendere da voi così... come un giocattolo.
Nino
Ma che giocattolo! Io vi amo.
Tilde
(adiratissima) Con una violenza da bambino impertinente e maleducato!
Nino
(si mortifica sempre più e non osa guardarla.)
Tilde
È inutile oramai che vi atteggiate a timidità. A chi credete di darla a bere con quella faccia da seminarista?
Nino
Io non....
Tilde
Silenzio! (Pausa.) Ah! io lo so quello che vorreste dirmi. Voi vorreste dirmi che non ce ne avete avuto colpa che per metà. Vorreste dirmi che se io vi avessi respinto con uguale violenza, che se vi avessi dato un pugno in un occhio, forse ora non avrei niente a deplorare. Con quella impudenza che vi distingue, sareste capace di dirmele queste cose: non è così? (Breve pausa.) Ma parlate, Dio buono! Confermate, rettificate, negate, aprite la bocca per farne venir fuori una parola qualunque.
Nino
Mi avete detto: «silenzio!».
Tilde
Voi obbedite soltanto se vi torna conto di obbedire. Perchè non mi avete obbedito stamane?
Nino
Quando?
Tilde
Quando vi ho ordinato di non accompagnarmi fin qui; quando vi ho ordinato di lasciarmi almeno rientrar sola. Per la vostra cocciutaggine, avete voluto accompagnarmi sino all'albergo. Avete voluto introdurvi nelle mie stanze. Alle dieci del mattino, capite!
Nino
Capisco.
Tilde
Alle dieci del mattino!... In un albergo.... Voi tenete a sembrare un giovanotto? Ebbene, rispondete: s'è mai visto un giovanotto introdursi nelle stanze d'una signora alle dieci del mattino?
Nino
No... non s'è mai visto.
Tilde
Ne convenite, eh?
Nino
Ne convengo... perchè, difatti, non sono stato visto neanche io. Già, sino a oggi, Sorrento è come se fosse vuota. I villeggianti non sono ancora venuti. Ci sono dei forestieri; ma i forestieri....
Tilde
Non hanno occhi per vedere?
Nino
No, non li hanno. Li hanno, cioè, per vedere i panorami; ma voi non siete un panorama, e neppure io. Intanto, i forestieri di questo albergo, nel momento in cui entravamo, erano tutti sul terrazzo a sentir cantare, a guardar Napoli col cannocchiale, a contemplare il pennacchino del Vesuvio....
Tilde
E le persone di servizio?
Nino
Attraversando le sale e i corridoi, non ne abbiamo incontrata nessuna.
Tilde
Tutto questo non attenua l'irregolarità del vostro procedere, non diminuisce le proporzioni del disastro. Dio! Dio mio! In un albergo!... In un albergo!...
Nino
Tuttavia, voi siete qui come in casa vostra. Avete il vostro appartamentino privato.
Tilde
Silenzio! Non sapete trovare una sola parola di vero conforto. Se almeno vi mostraste pentito di avermi trascinata così in basso! Ma niente! Voi non ne avete la coscienza. Da quel ragazzo che siete, avete appunto la crudeltà inconsapevole di certi ragazzi. Siete crudele, sì, siete crudele: orribilmente crudele! (Quasi piangendo) Ah, poveretta me: che cosa ho fatto! che cosa mi avete fatto fare! (Abbandona di nuovo la fronte sulla spalliera del sofà, col viso tra le mani, piagnucolando.)
Nino
(dopo essere stato qualche istante stupidamente indeciso, si getta d'un subito ginocchioni.) Ecco qua, lo vedete, sono in ginocchio. Io mi pento... mi pento di tutto.... Che devo dirvi?... Sono un vero sciocco.... Non so esprimermi.... Ma vi accerto che il mio pentimento è sincero.... Non mi sgridate più. Mi fa male. Mi fa molto male. E all'idea di avervi dato un dispiacere, non ci resisto. Via, Tilde... signora Ricchetti.... Ditela ora voi a me una parola di conforto.
(Pausa.)
Tilde
(tenendo ancora il viso tra le mani e la fronte sulla spalliera, con voce mite, quasi affettuosa) Mi promettete di non farlo più?
Nino
Ve lo prometto.
Tilde
Mi promettete di essere obbediente... rispettoso?
Nino
Ve lo prometto.
Tilde
Non avete niente da soggiungere?
Nino
Sì.
Tilde
E allora... soggiungete.
Nino
Vorrei essere sicuro....
Tilde
Di che?
Nino
Del vostro perdono.
Tilde
(un po' scontenta) Solamente di questo?... E sia. Contateci.
Nino
Ah! Grazie! Grazie! Grazie! (Le si accosta, camminando sulle ginocchia e allungando le braccia e il collo) Come siete indulgente! Come siete gentile! (La circonda e la baciucchia nella foga della gratitudine.)
Tilde
(voltandosi irritata) Ma che fate?! Siamo da capo?
Nino
(desiste subito e resta immobile.)
Tilde
(con mutamento rapido e con uno slancio infrenabile) Sì, sì, siamo da capo, siamo da capo (gli piglia le mani) e così deve essere, e non vorrei che fosse diversamente. Venite qua. Vicino a me. In ginocchio, no, no! Mai più in ginocchio. Voi non avete nulla da farvi perdonare.
Nino
(levandosi con gioia franca e gioconda) Davvero?
Tilde
Sì, davvero.
Nino
(sedendole accanto) Ah! Quale felicità! Quale immensa felicità!
Tilde
(commossa e festosa) La mia bocca diceva una cosa e io ne sentivo un'altra. Sentivo di dover rimproverare me stessa e rimproveravo voi. Ma, dopo questa piccola crisi, per fortuna, sento di non dovere più rimproverare nè me nè voi. Che siate un bébé, è certissimo. Che io sia un po' vecchierella al paragone vostro, è ugualmente certo. Voi avete diciannove anni; io ne ho già... ventotto. Eppure, che monta? Ci sono oramai e ci resto. Non voglio che vi pentiate. Non voglio che siate obbediente. No! Disobbeditemi sempre che ne avete l'impulso. È la vostra disobbedienza di bambino che mi ha liberata in così poco tempo; e nessuna astuzia di seduttore avrebbe potuto ottenere ciò che hanno ottenuto la vostra timidità e la vostra audacia. Oh! l'audacia del timido!... Che sollievo qualche volta per una donna!
Nino
Dunque, non mi proibite d'amarvi? Dunque, mi amate? (Stringendola fra le braccia) Tilde! Tilde!...
Tilde
(svincolandosi) State attento: mi soffocate.
Nino
Comandatemi di star tranquillo, affinchè io abbia... l'impulso della disobbedienza.
Tilde
Di già!?
Nino
Come «di già?»
Tilde
Non sarà passata che una mezz'ora da che mi avete così bene disobbedito.
Nino
Io vorrei disobbedirvi... ogni dieci minuti!
Tilde
Pazzo che siete! (Con grazia tenera) Ma adesso bébé, sentite, vi mando via. (Si alza.) Debbo provvedere a cento cose. Debbo riparare un po' al disordine della mia toilette.... Debbo scrivere a mio marito....
Nino
(alzandosi) A vostro marito?!
Tilde
Avete dimenticato che ho un marito?
Nino
Sì, quanto ad avere un marito, va bene: passi. Ma, scrivergli! Proprio oggi poi!...
Tilde
È il meno che io possa fare per lui.
Nino
Non avrete nulla da dirgli.
Tilde
Gli scriverò di voi.
Nino
(con un moto di timor panico) No!
Tilde
Ho da preparare il terreno, io. Questo ufficio sgradevole, purtroppo, spetta a me. Comincerò col mettervi in buona luce. Gli racconterò....
Nino
Quello che è accaduto?!
Tilde
Ma dove avete la testa? Gli racconterò che vi ricevo spesso, che vostra madre da Roma mi ha tanto pregata d'essere gentile con voi; gli racconterò che siete venuto qui per divagarvi dopo aver compiuti i vostri studî.... A proposito, bébé, quali studî avete compiuti?
Nino
(con orgoglio) Nessuno! Io voglio fare il letterato.
Tilde
Meglio! Dirò che siete qui per lavorare.
Nino
(con ardore) Per scrivere... un gran poema.
Tilde
In bicicletta?
Nino
Vicino a voi!
Tilde
In versi sciolti?
Nino
... In tutti i versi!
Tilde
In tutti i versi, è un po' grave.
Nino
(aprendo le braccia per abbracciarla) Perchè, vicino a voi, io non so, ma....
Tilde
(difendendosi graziosamente con le mani protese) La continuazione al prossimo numero.
Nino
(malcontento) Quando?
Tilde
Stasera.
Nino
Fino a stasera dovrò aspettare?
Tilde
Verrete un po' prima di sera. Verrete a veder tramontare il sole.
Nino
Ci sarà sempre da aspettar molto. Se il sole mi facesse il favore di tramontare a mezzogiorno....
Tilde
Ma bébé dev'essere ragionevole.
Nino
No, decisamente, quel « bébé » non mi piace.
Tilde
Piace a me, e basta!
Nino
Io crederei....
Tilde
(interrompendolo) Silenzio!!
Nino
E già: come di solito. Quando sto per dire qualche cosa di serio, «silenzio!».
Tilde
(dopo breve pausa) Vogliamo venire ad un accomodamento? Io vi chiamerò bébé, vostro malgrado, sempre che queste due sillabe carine mi verranno sulle labbra, e in compenso, stamane, v'invito a fare colezione con me.
Nino
(con gli occhi luminosi) Colezione con voi? Non a table-d'hôte?
Tilde
Qui, qui, soltanto con me, in questo salotto.
Nino
(folleggiando) In questo salotto?! Come due sposini?!... Come due sposini in tutto e per tutto?!... Io griderò per le vie la mia gioia.
Tilde
Prima di gridarla per le vie, andrete a vestirvi correttamente. Non crederete che in cotesti arnesi si possa far colezione con una signora. E poi, un uomo in costume di ciclista rassomiglia sempre un po' a una donna travestita da uomo.
Nino
Io rassomiglio a una donna?! Vado subito a mutare d'abito.
Tilde
Attento nell'uscire! Che i camerieri non vi vedano.
Nino
Un'idea! Esco dalla finestra. Scavalco il parapetto e, con un salto, me la svigno per il giardino, dove non c'è mai un'anima viva.
Tilde
No no, potreste cascar male.
Nino
Siamo quasi a pianterreno e sotto la finestra c'è anche un arancio che può aiutarmi con i suoi rami.
Tilde
No, bébé, avrei paura. Lasciate stare la ginnastica. Piuttosto... facciamo la spia. (Va alla porta a sinistra. Apre. Sporge la testa al di fuori. Indi, a voce bassa:) Il cammino è libero. Profittate.
Nino
(prendendo il suo berretto) Arrivederci.
Tilde
(stringendogli la mano) Arrivederci!... Non perdete tempo.
Nino
(indugiando) Neanche un bacio?
Tilde
Per carità! Con l'uscio aperto!
Nino
Vi avverto che, dopo colezione, vi disobbedirò molto.
Tilde
Quanto vorrete!
Nino
(fa per baciarla.)
Tilde
(si scansa con severità.)
Nino
(esce.)
Tilde
(chiude la porta. Resta un po' pensosa. Poi, scacciando le preoccupazioni, ha un gesto come per dire: tanto è fatta! — Respira ed esclama:) Ah sì! N'era tempo! (Tocca il bottone del campanello elettrico.)
(Alla porta a sinistra si picchia discretamente.)
Tilde
Avanti, avanti.
(Entra un cameriere dell'hôtel.)
Tilde
La colezione, a mezzogiorno. Per due.
Il Cameriere
Sta benissimo. (Esce.)
Tilde
(volta la chiave dell'uscio, ed esce a destra.)
(Dopo qualche istante, si vede comparire la testa di Nino di là dal parapetto della finestra. Poi, sul parapetto, se ne vedono le mani e le braccia. Poi, mezza la persona. Egli scavalca, ed eccolo un'altra volta dentro. Si toglie il berretto. Si avanza timoroso. Come pentito, torna indietro. Ci ripensa. Torna ad avanzarsi. Va per picchiare alla porta a destra. Riflette che sarebbe sconveniente. Desiste. E, risolutamente, siede!)
Tilde
(entra, ancora intenta alla sua toilette, mettendosi una cintola o annodandosi un nastro. Alzando gli occhi e vedendo Nino, ha un sussulto.) Ancora?!
Nino
(si drizza d'un subito.)
Tilde
Ma, se ho chiusa io stessa la porta con la chiave!... Per dove siete entrato?
Nino
No... io non sono entrato.
Tilde
Non siete entrato?!
Nino
Non sono entrato per la porta, ecco.
Tilde
(indicando la finestra) Vi siete arrampicato per i rami dell'arancio?!
Nino
(col capo fa cenno di sì.)
Tilde
Come uno scimpanzè?
Nino
(fa un altro cenno affermativo.)
Tilde
(compiaciuta e, nondimeno, ostentando severità) Ma io dico: non vi pare che, in fin dei conti, sia un po' troppo?
Nino
Per non compromettervi....
Tilde
S'era però stabilito che sareste andato al vostro hôtel per mutare d'abito e che sareste venuto a colezione in forma ufficiale.
Nino
Per non compromettervi....
Tilde
E dàgli. Com'è che credete di non compromettermi con queste pazzie?
Nino
Nessuna pazzia. Tutt'altro! Ho dimenticato nella vostra stanza da letto... il cosino....
Tilde
Che cosino?
Nino
... La targhetta che avevo qui all'occhiello della giacca: il distintivo del Touring-club. Ricordate? Me l'avete fatto togliere perchè... in quel momento... vi dava fastidio: urtava... non so dove.
Tilde
Avreste potuto riprenderlo più tardi il cosino.
Nino
E se qualche cameriera l'avesse trovato nella vostra stanza? Non era forse una compromissione? Voi non appartenete mica al Touring-club.
Tilde
Approvo la vostra scrupolosità; ma non c'era da allarmarsi per questo.
Nino
Posso andare a riprenderlo?
Tilde
Andateci.
Nino
Non sarebbe meglio... andarci insieme?
Tilde
Ah no! Ah no! Ci andate solo. E alla svelta!
Nino
(rassegnato) Alla svelta. (Esce lentissimamente dalla sinistra.)
Tilde
(tra sè, sorridendo) Santa pazienza!
(Un silenzio.)
Tilde
Avete trovato?
Nino
(dalla stanza attigua) Sì.
Tilde
Sia lodato il cielo! (Aspetta. Ma Nino non si decide a lasciare quella stanza. Ella gli grida:) Io vorrei sapere che diavolo fate lì dentro.
Nino
(come sopra) Odoro.
Tilde
Ma che cosa odorate!
Nino
Tutto.
Tilde
(in tono di comando, battendo un piede a terra) Venite qua! Venite subito qua!
Nino
(entra, quasi continuando ad annusare ed estasiandosi.)
Tilde
Ingordo!
Nino
Invece, io... mi accontento di quello che trovo.
Tilde
Ma questo non è trovare: questo è saccheggiare. Starete fresco in avvenire!...
Nino
Perchè? Mi spaventate.
Tilde
Quando non sarò più sola, non potrete essere invadente come siete adesso, non potrete dar la scalata alle mie stanze, non potrete cacciare il naso... dove vi pare e piace....
Nino
Io mi auguro, intanto, che vostro marito non ci venga in campagna.
Tilde
E in città, non vivo forse con mio marito e con la mia sorellina? Senza contare la zia marchesa che abita nel medesimo palazzo. Addio follie! Addio libertà!
Nino
No, no, vi prego: non ci voglio pensare!
Tilde
Saremo obbligati ad amarci con prudenza, con parsimonia....
Nino
Mi fate venire i nervi, signora Tilde. Tacete!
Tilde
E poi pretendereste che non vi si chiamasse bébé?
Nino
(nervosissimo) Sono più uomo di tanti altri e non merito questa offesa! Voi volete tormentarmi.... Addio, addio!... (Si avvia per uscire.)
Tilde
Ma non siate davvero così bambino quando io tocco un argomento su cui è più che necessario intenderci.
Nino
(si ferma.)
Tilde
(rifacendolo) «Sono più uomo di tanti altri»! Se lo siete, mettete i capriccetti da parte e guardate con serietà la situazione in cui ci troviamo. Noi non potremo aver pace che a condizione di rassegnarci a qualche sagrifizio. Io adoro la vostra gioventù. E giacchè ho spezzati i freni, piacerebbe anche a me un po' di spensieratezza. Ma come si fa? Non ci sarà permesso. Bisognerà essere accorti, bisognerà, disgraziatamente, ricorrere alle piccole viltà, alle finzioni, all'astuzia. Voi non siete astuto? Imparerete. Prima di tutto, per esempio, avrete cura di affiatarvi con mio marito.
Nino
(col broncio) In che modo?
Tilde
Fingerete... d'aver le sue idee, i suoi gusti, le sue opinioni, le sue abitudini....
Nino
E così...?
Tilde
Così, a poco a poco, conquisterete la sua amicizia.
Nino
Io non ci tengo.
Tilde
Sarà increscioso. Sarà increscioso per voi come per me, sarà perfino disgustevole, ma dovete diventare amico suo. È il metodo migliore. È quello adottato da tutte le persone per bene. E poi, nel caso nostro, che cosa ci sarebbe di più pratico? Voi vorrete vedermi il più spesso possibile. Voi vorrete essere sempre sulle mie tracce. E dunque? Se riuscirete ad appiccicarvi al soprabito di mio marito, il problema sarà risoluto.
Nino
(tuttora imbronciato) Mi ci appiccicherò.
Tilde
E avrete raggiunta la perfezione del metodo quando sarete la sua ombra, quando sarete la sua eco, senza esitazioni, senza paure....
Nino
Sarò tutto quello che volete, ma, dentro di me, io l'odierò! Già, me lo immagino. Deve essere un uomo insopportabile.
Tilde
È un uomo piuttosto simpatico, invece.
Nino
(astioso) Anche simpatico?
Tilde
Il suo torto è di avere cinquantadue anni.
Nino
(seccato) Ah, non è mica un vecchio.
Tilde
A vederlo, no.
Nino
«A vederlo, no». E poi?...
Tilde
E poi... lo è.
Nino
Me lo dite per non addolorarmi.
Tilde
Ve lo dico perchè è la verità. E credete che io sarei sdrucciolata così se fossi stata ancora veramente la moglie di mio marito?
Nino
(sorpreso, rianimandosi) Come, come?... Fra voi e lui...?
Tilde
Fra me e lui il matrimonio non è oramai che... una conversazione.
Nino
(con subitanea gaiezza) Una conversazione!?
Tilde
Vi mettete in allegria, adesso?...
Nino
Ne gioisco! Io non speravo tanto. È bellissimo, parola d'onore!
Tilde
Voi gioite delle sventure altrui; ma non si sa mai!...
Nino
Cioè, un momento.... Spiegatevi.
Tilde
L'uomo, Ninetto mio, è una boîte à surprises. Ogni volta che si apre questa boîte, si ha una sorpresa. Viene poi un giorno in cui la si apre e non vi si trova... più niente. E quella è la sorpresa finale.
Nino
(protestando) No, no! Non facciamo confusioni....
(Si ode picchiare alla porta.)
SCENA II.
TILDE, NINO, UN CAMERIERE, poi ERNESTO
Tilde
(levandosi) Zitto! Hanno bussato. (A voce alta) Chi è?
Il Cameriere
(di fuori) Nella sala di lettura c'è un signore che cerca di lei.
Tilde
(sottovoce, quasi tra sè) Una visita! A quest'ora? (Al cameriere, attraverso l'uscio) Il nome di questo signore?
Il Cameriere
Non ne ha.
Tilde
Ma che dite?
Il Cameriere
Gliel'ho domandato. Non mi ha risposto.
Tilde
Sarà stata una distrazione. Fatevi dare la sua carta.
Il Cameriere
Proverò.
Tilde
(a Nino) Se è un amico, devo riceverlo qui. E voi? Per la porta non potete uscire perchè vi s'incontrerebbe certamente, e, nella mia stanza da letto, non potete nascondervi perchè rimarreste in trappola chi sa per quanto tempo.
Nino
Ma io me ne vado comodamente per dove sono entrato.
Tilde
E sì: per questa volta non c'è che la finestra.
Nino
(con solennità comica) La finestra!!
Tilde
Bébé, tu sei un eroe!
Nino
(correndo difatti alla finestra, gioiosamente) Io sono uno scimpanzè, e me ne vanto!
Tilde
Aspetta. Ti aiuto. Non c'è nessuno giù?
Nino
(si affaccia) Sì.
Tilde
(impaurita) Chi c'è?
Nino
Un asino.
Tilde
Stupido! (Lo raggiunge per aiutarlo.)
Nino
(celiando) Se raglia, siamo perduti! (Scavalca il parapetto.)
Tilde
(sostenendolo per le ascelle) Attento, bébé!... Dove mettete il piede?
Nino
Non lo so. (Profittando della posizione le dà un bacio.)
Tilde
Questo bacio ve lo faccio scontare!
Il Cameriere
(di fuori, picchiando) Signora, ho qui la carta di quel signore.
Nino
(a lei) Ne parleremo dopo colezione. (Sparisce.)
Tilde
(dalla finestra, tutta gioconda) Mostro! (Col viso acceso, corre alla porta a sinistra. Apre.)
Il Cameriere
(avanzandosi, le porge la carta in un vassoio.)
Tilde
(la prende e legge. Ha una scossa ed esclama:) Ma questo è mio marito!
Ernesto
(di dentro, sganasciandosi dalle risa) Ah ah ah ah.... Chi avevi creduto che fosse? (Entra, continuando a ridere.)
Il Cameriere
(esce.)
Tilde
(comprimendo la sua rabbia e nascondendo la sua emozione) Scusa, non ci arrivo. Perchè tante storie?
Ernesto
Ho pensato che la visita antimeridiana d'un estraneo t'avrebbe seccata non poco e ho voluto farti paura. Uno scherzo, insomma. Sono di buonissimo umore.
Tilde
Me ne compiaccio.
Ernesto
E vengo... a godermi la vita!
Tilde
Con me?
Ernesto
Con te.
Tilde
Vieni per restare?
Ernesto
Per restare, beninteso. Le mie valige arriveranno più tardi... e sono molte! (Canticchia) Trallalà là là, trallalà là là....
Tilde
(rodendosi) Il numero delle valige non ti riconcilierà certo con la campagna che hai sempre odiata. Ti annoierai.
Ernesto
Nossignora!... Non mi annoierò. Trallalà là là, trallalà là là.......
Tilde
(guardandolo curiosamente) Ma che è «trallalà là là»?
Ernesto
Che è «trallalà là là»? È il benessere, è la salute, è la forza! Non mi vedi?
Tilde
Ti vedo.
Ernesto
Come ti sembro?
Tilde
Come eri. Tale e quale.
Ernesto
Ah no! Non hai l'occhio clinico. Da parecchio tempo io non mi sentivo così bene.
Tilde
Tu me lo dici e io ti credo.
Ernesto
E non ne provi una consolazione?
Tilde
Certamente. (Siede presso il tavolino.)
Ernesto
Ti do un consiglio: abbracciami.
Tilde
Io non ci penso neppure. (Prende un libro.)
Ernesto
Va là! Non dissimulare. Tu desideri ardentemente di abbracciarmi. La solitudine non è per te. L'aria ossigenata non ti basta. Non di sola aria... vive la donna! Guarda come ti riduci! Hai dei lividi qui (si tocca sotto gli occhi) che mi rivelano... tutto! Nella solitudine, tu deperisci, mia cara. Vuoi rifiorire?... Abbracciami.
Tilde
(apre il libro come per leggere.)
Ernesto
(togliendole di mano il libro senza bruschezza) Non metterti a leggere, Tilde. Non ci vediamo da tanti giorni! Sii un po' graziosa. (Pausa) (Sedendole accanto) Sai che cosa sono io?
Tilde
Più o meno, lo so.
Ernesto
Tu credi di saperlo, ma mi calunni. Io sono... un nevrastenico. Niente altro. Cioè, rettifico: ora non lo sono più. O, meglio, lo sono e non lo sono. La natura del nevrastenico — mi ha detto il dottore — ci è sempre, e devo stare in guardia. Ma dopo la cura che ho fatta, ho guadagnato il cento per cento. Se io non fossi sicuro d'essere la stessa persona che ero, non mi riconoscerei più. E sai qual'è la cura che ho fatta?
Tilde
(lievemente) No.
Ernesto
L'elettroterapia! Elettricità, senza risparmio. Correnti elettriche... da per tutto. E non vanno via, no! Restano dentro. Io mi sento pieno di correnti. Suppongo che se di notte mi si applica una lampada, io sono buono ad illuminare un tunnel. Fa miracoli, mia cara Tilde, la scienza moderna.
Tilde
Per i mariti antichi.
Ernesto
Per i mariti antichi che abbiano delle qualità resistenti come le ho io.
Tilde
Tu hai delle qualità resistenti?!
Ernesto
Sì che le ho.
Tilde
Dimmene una.
Ernesto
Te ne dico una che è rarissima: (con prosopopea) la fedeltà!
Tilde
Ah, senti: è il colmo dell'improntitudine!
Ernesto
Sospetti che io abbia dei capricci fuori di casa?
Tilde
Dei capricci, tu?! Sta tranquillo: so bene che non è verosimile.
Ernesto
Dunque, non sono infedele.
Tilde
Per la medesima ragione per cui non sei neppure fedele.
Ernesto
Ecco il solito pessimismo che mi paralizza! Tu sei pessimista. Tu sei... oscurantista. Nelle tue parole non manca mai l'idea che ti sei fitta in mente: cioè che io sono un ferro vecchio, che io sono arrugginito, che io non so amarti più. A via di ripetermelo, ne hai persuaso anche me. Il medico appunto questo mi spiegava: — «Voi siete impressionabile come tutti i nevrastenici. Se vi si ripete, mettiamo, che non potete camminare, ve ne convincete voi più di ogni altro... e non camminate davvero. Dovreste pregare chi vi vuol bene di non impressionarvi a vostro svantaggio. Altrimenti, siete perduto». E tu, al contrario, oggi come sempre, non fai che impressionarmi nel modo più... debilitante. Mi cascano le braccia.
Tilde
Me ne duole assai; ma non per te.
Ernesto
E per chi?
Tilde
Per le correnti elettriche.
Ernesto
(cercando di aver fiducia in sè stesso) Verrà, verrà il momento in cui non le piglierai più in canzonella!
Tilde
E la nevrastenia? E le impressioni? E il mio pessimismo? Il mio oscurantismo?
Ernesto
Quando avrò la ferma volontà d'infischiarmene, me ne infischierò. Non sorgerà il sole di domani se io non ti avrò dimostrato che so amarti freneticamente, furiosamente.
Tilde
Tra gli altri guai, c'è che ne parli troppo di questa cosa.
Ernesto
Te ne ho parlato per difendermi.
Tilde
Ma continui a parlarmene.
Ernesto
Soltanto per dirti quello che certamente farò.
Tilde
(sentenziando argutamente) «Chi lo dice, non lo fa.»
Ernesto
(alzandosi) Santi numi del cielo, sei implacabile!
Tilde
(riprende il libro e lo riapre.)
Ernesto
(passeggiando nervosamente) «Chi lo dice, non lo fa!» Io non intendo che gusto ci trovi a crearmi queste prevenzioni che hanno sempre messo del ghiaccio fra me e te. È una illegalità! (Poi, a un tratto, assumendo un aspetto orgoglioso) Or bene, Tilde, io rompo il ghiaccio e vado avanti! (Si slancia appassionatamente su lei.)
Tilde
Ahi!... Mi hai pestato un piede.
Ernesto
Accidente anche ai piedi! (Si allontana dicendo quasi tra sè:) È bell'e finita: mi sono smontato. (Le si riavvicina con cortesia affettuosa) Ti ho fatto male? Ti ho fatto molto male? Senti dolore?
Tilde
Non ti accorare. Sono dolori che passano. Pensa piuttosto che il mio piede ti ha trattenuto sull'orlo del precipizio. Ma è forse questa l'ora più adatta per rompere il ghiaccio? È incredibile che la tua carriera di uomo non ti ammonisca. E poi, stammi a sentire: Non ti ci fissare. Distraiti. Scegli qualche argomento diverso per discorrere con me. Ciò ti curerà la nevrastenia meglio di tutti gli espedienti a cui sei ricorso fino adesso.
Ernesto
(siede lontano, contrariatissimo. — Pausa) Dimmi tu stessa, in questo momento, per esempio, di che cosa dovrei discorrere.
Tilde
(alzandosi) Avresti dovuto già darmi notizie di casa nostra.
Ernesto
(seccamente) È piena di polvere.
Tilde
Perchè?
Ernesto
Perchè i domestici non spolverano.
Tilde
Ma io desidero notizie di mia zia, di mia sorella...
Ernesto
(balza in piedi percotendosi la fronte con la mano) Bestia che sono! Avevo completamente dimenticata la commissione di tua sorella e di tua zia.
Tilde
Di che si tratta?
Ernesto
D'una novità importantissima. C'è in campo un matrimonio.
Tilde
Per mia zia?!
Ernesto
Per tua sorella.
Tilde
(indignandosi) E io non ne so nulla?!
Ernesto
Sono io appunto incaricato d'informartene.
Tilde
Ma che! Sarà una semplice chiacchiera. Bice è appena uscita di collegio. Non ci mancherebbe altro! E poi, l'averla io affidata per qualche mese alla zia non vuol dire che rinunzio al diritto e al dovere di guidarla in ogni suo passo.
Ernesto
Una semplice chiacchiera non è. Iersera, Gustavo Franchesi fece la sua brava dichiarazione alla ragazza, e, con molta correttezza, ne parlò subito alla zia, sollecitando un abboccamento con te.
Tilde
(meravigliata) E la piccina?
Ernesto
La piccina piangeva di gioia e si lasciava asciugare le lagrime da lui con un fazzoletto all'opoponax. Quando vorrai ricevere il pretendente, non avrai che a recarti per un giorno a Napoli o ad invitarlo a venir qui, il che sarebbe più semplice.
Tilde
Io sono intontita.
Ernesto
Eppure, tua sorella te ne aveva scritto spesso di Gustavo Franchesi.
Tilde
Mi aveva scritto che le era stato presentato dalla zia e in due o tre lettere, con una certa compiacenza bambinesca, aveva accennato alle cortesie di costui. Nulla di saliente. Come mai in meno d'un mese il cuore di questo signore e il cuore di questa ragazza hanno fatto tanto cammino!?
Ernesto
In automobile.
Tilde
(austera) Ti prego di prendere sul serio il cuore di mia sorella.
Ernesto
E che devo sposarla io? Del resto, è stato proprio così. La zia ha fatto quasi ogni giorno una gita in automobile con tua sorella ed ha sempre invitato Gustavo Franchesi. In automobile, capirai... si fa presto ad andare avanti.
Tilde
Mi dirai, spero, qualche particolare più preciso su tutta questa faccenda.
Ernesto
Io non saprei dirti altro. Ma ho per te un'epistola (frugando nelle tasche) che la ragazza mi ha consegnata aperta non senza una certa solennità e in cui essa ti svela tutti i suoi sentimenti.
Tilde
E te la conservavi per te?!
Ernesto
Se è per causa tua che non ho la testa a posto! (Porgendole una busta) Ecco qua la lettera.
Tilde
(ansiosamente, cava dalla busta un foglietto, lo apre e legge:) «Arseniato di stricnina... » Ma questa è una ricetta!!
Ernesto
(irritandosi con sè medesimo) Quando il diavolo ci mette la coda!...
Tilde
Prendi, prendi. (Rendendogli il foglietto, con una smorfia di repugnanza) Dio sa che roba!
Ernesto
(impappinandosi e riprendendo il foglietto) Una ricetta per la tosse.
Tilde
Non hai mai tossito in otto anni di matrimonio!
Ernesto
(affrettandosi a tossire)... Non senti?
Tilde
Ti sbrighi sì o no con questa lettera?
Ernesto
(tirando fuori da una saccoccia un'altra busta) L'ho trovata. (Gliela porge.)
Tilde
(apre e legge, passando di meraviglia in meraviglia. A un punto esclama:) È tutta in fiamma l'educanda! (Poi, più giù, commenta:) E con quale enfasi descrive l'uomo amato! (Rilegge a voce alta:) «Egli ha il sorriso ammaliatore ed irresistibile; e ti assicuro che è veramente una sirena». (a Ernesto) È una sirena?!
Ernesto
Coi baffi.
Tilde
(continua a leggere, e, più giù, commenta ancora:) Mi dice perfino dove abita! Lei, andando alla passeggiata in via Caracciolo, passava sotto le finestre di lui!
Ernesto
In questo, non c'è nulla di straordinario. Sono le donne, oramai, che passano sotto le finestre degli uomini.
Tilde
(leggendogli le ultime parole della lettera:) «Tilde mia cara, se tutto ciò che ti ho scritto non ti basta, puoi chiedere di lui a tuo marito, che è il suo amico più intimo». (A Ernesto) Sei il suo amico più intimo?
Ernesto
Sono per lo meno uno dei suoi più intimi amici.
Tilde
Io non l'ho mai visto, per altro.
Ernesto
Non potevi vederlo, perchè egli è tornato a Napoli da pochissimo tempo. È vissuto per un pezzo a Roma, a Milano, a Parigi.
Tilde
E dove vi siete conosciuti?
Ernesto
A scuola.
Tilde
(spalancando gli occhi) Eravate compagni di scuola!!?
Ernesto
Compagni precisamente, no: ma...
Tilde
Ci sarà tra voi una grande differenza di età.
Ernesto
Perchè ci dovrebbe essere? Egli avrà cinque o sei anni meno di me.
Tilde
Soltanto?
Ernesto
Soltanto.
Tilde
(con uno scatto di furore) Ed io dovrei consentire a mia sorella di commettere la stessa sciocchezza madornale che ho commessa io?!
Ernesto
Grazie per quello che mi riguarda!
Tilde
(eccitandosi) Ah no! No davvero! No, no, e poi no! Io non so quello che farò, ma so che per opera mia lei non sarà vittima del mistificatore numero due.
Ernesto
Potresti anche chiamarlo il «mistificatore numero uno» e lasciare in pace me.
Tilde
(eccitatissima) È tutta una combriccola di mistificatori e di scrocconi!
Ernesto
Io però...
Tilde
(senza dargli retta e senza mai dargli tempo di parlare) È la lega degl'invalidi!...
Ernesto
Io però....
Tilde
Quando sono arrivati al punto di non distinguere una donna da una sedia, si rivolgono alle fanciulle, con la speranza che esse facciano loro riacquistare... la vista....
Ernesto
Io sostengo invece....
Tilde
Per non essere respinti, si mascherano da mariti, e, dopo che hanno scroccata una luna di miele,... ci vedono meno di prima!
Ernesto
Senonchè, mi pare....
Tilde
Sono essi che rendono necessaria la ribellione delle donne: sono essi che le spingono a tutto quello che c'è di più triste; sono essi che le spingono all'infedeltà coniugale, che è una cosa ignobile anche quando è una cosa giusta!...
Ernesto
Senonchè....
Tilde
Ma l'avrà da fare con me questo tuo collega. L'avrà da fare con me. Sinora s'è lavorata la piazza a piacer suo? Iersera ha creduto di aver conseguita la sua vittoria! (Esce repentinamente a destra.)
Ernesto
(seguendola ed uscendo dietro di lei) Senonchè....
(Si odono le loro voci dalla stanza vicina.)
Tilde
Ah! Ci sono capitata io, e basta! Basta, sì! Basta!
Ernesto
(gridando) Una parola me la fai dire?
Tilde
(gridando più di lui) No!
Ernesto
(con immediata rassegnazione) Allora, non te la dirò.
Tilde
(rientra, sempre frettolosamente, portando in mano il cappello, l'ombrellino e i guanti.)
Ernesto
(ancora seguendola) E dove vai, adesso?
Tilde
(innanzi allo specchio, mettendosi il cappello in furia) Vado a Napoli. Il tuo amico ha sollecitato un abboccamento con me? Io glielo accordo senza por tempo in mezzo. Non più tardi di oggi, gli parlerò. Prima di partire da Sorrento, telegrafo alla zia che giungo tra poche ore. E telegrafo anche a lui. Ho l'onore di sapere dove abita... il sireno! Mia sorella mi ha data questa preziosa notizia: ne approfitto. (In piedi, presso la tavola, scrive velocemente due telegrammi e un biglietto, mentre Ernesto parla.)
Ernesto
Ma, Tilde, rifletti a quel che fai. Non prendere delle risoluzioni sotto l'impulso delle tue idee esagerate. Gustavo Franchesi è un gentiluomo perfetto. Ha un bel nome. Dispone d'un patrimonio non disprezzabile. Potresti pentirti d'averlo trattato male. Resta qui, oggi, con me. (Sottolineando) Domani, sarai un po' più calma ed esamineremo freddamente il pro e il contra. Il ritardo d'un giorno non aggiunge nè toglie nulla.
Tilde
(tutta vibrante di collera) Con una ragazza che è già così esaltata e con un malfattore che, naturalmente, non ammette dilazione? (Tocca il bottone del campanello elettrico.)
Ernesto
«Malfattore, scroccone, mistificatore, invalido»! Dio degli dei!
Tilde
Anche il ritardo d'un'ora, in questi casi, può essere fatale.
(Si bussa alla porta.)
Tilde
Entrate pure. Se ho chiamato, è superfluo bussare....
(Entra il Cameriere.)
Tilde
(al Cameriere) Due commissioni, in fretta: questi telegrammi da fare, e questo biglietto al suo indirizzo. (Glieli dà.)
Ernesto
(con curiosità semplice) Che biglietto?
Tilde
Niente, niente. Te lo dirò poi. (Al Cameriere) E immediatamente una carrozza con due buoni cavalli.
Il Cameriere
Con due buoni cavalli, non dubiti. E la colazione, eccellenza?
Tilde
(un po' imbarazzata) La colazione....
Ernesto
(al Cameriere) Se è pronta, servitela subito.
Il Cameriere
(zelante) Fra due minuti. (Esce a sinistra.)
Ernesto
Prima di metterti in viaggio, mangerai qualche cosa.
Tilde
(agitata, inquieta, calzando i guanti) Io, no. Impossibile. Ho appena il tempo di giungere a Castellammare per prendere il diretto che va a Napoli.
Ernesto
A buon conto, dopo la doccia fredda che mi hai regalata, mi condanni per giunta alla delizia di far colazione solo? Ed io ch'ero venuto a godermi la vita!!
SCENA III.
TILDE, ERNESTO, NINO, DUE CAMERIERI.
Nino
(di fuori, in tono scherzoso e festevole) È permesso? Si può... penetrare?
Ernesto
(a Tilde) Chi è?
Tilde
(ostentatamente disinvolta) Venga, venga, signor Nino.
Ernesto
(con semplice curiosità) «Signor Nino»?
Nino
(in corretto costume da mattina, entra vivacemente; e, vedendo Ernesto, si ferma, sconcertato.)
Tilde
(a Nino) Or ora le ho mandato un biglietto. Si vede che lei non lo ha ricevuto, ed è bene che sia stato così. (Ad Ernesto) Ti lamentavi di dover fare colazione solo? Ti presento un commensale graziosissimo: il signor Nino Lovigiani, il primogenito della mia amica Donna Livia Lovigiani di Roma, che me lo ha raccomandato con tutto il calore con cui una madre può raccomandare un suo figlio. Signor Nino, lei aveva tanto desiderio di conoscere mio marito?... Eccolo qui.
Nino
(senza fiato) È una fortuna!
Ernesto
(getta a Tilde un'occhiata di rimprovero.)
(Entrano due Camerieri, portando un tavolino elegantemente apparecchiato con due coperti. Lo collocano nel mezzo della stanza e vanno via.)
Tilde
(a Nino) Senta, io sono mortificata di dovermi assentare. Un affare urgente mi obbliga a recarmi a Napoli. Ma mio marito mi sostituirà. Del resto, a tavola, gli uomini preferiscono la compagnia degli uomini. Sarà quindi un piacere per lei e (indicando Ernesto) per lui.
Ernesto
(seccatissimo, con svogliata dissimulazione) Per me specialmente.
Nino
(quasi con le lagrime agli occhi, cercando di fingere) Per me.
Ernesto
(voltandogli il dorso e allontanandosi per non farsi scorgere, tra sè borbotta:) Bella rottura di scatole!
Tilde
(subito, pianissimo e vivamente a Nino) Non vi distaccate più da lui. (Levando la voce e stringendogli la mano) Si stia bene, signor Nino, e scusi, scusi tanto....
Nino
Ma le pare....
Tilde
(accostandosi a Ernesto) Addio, Ernesto. (Pianissimo, con calore) Sii molto cortese con questo ragazzo! (Levando la voce) Non mi dài un bacio?
Ernesto
(la guarda stupito come per dire: «oh che novità è questa?» e, stringendosi nelle spalle, accondiscende.) Te lo do. (Esegue.)
Tilde
(a Nino) A rivederla presto, giovanotto.
Nino
A rivederla....
Tilde
(si avvia per uscire. Presso la porta si volta. Contemplandoli un po', dice con molta grazia:) E buon divertimento... a tutti e due. (Esce a sinistra.)
Nino ed Ernesto
(dopo un silenzio, si accingono, simultaneamente, a dir qualche cosa. Ma non dicono nulla.)
I due Camerieri
(entrando, portano l'uno una bottiglia stappata di vino bianco, l'altro l'antipasto, e si fermano impalati, aspettando.)
Ernesto
(fa un gesto invitante Nino a prender posto.)
Nino
(fa un gesto di ringraziamento.)
(Accennano le cerimonie d'uso e siedono dirimpetto, presso il tavolino apparecchiato.)
(Con sveltezza corretta e con una contemporaneità automatica, a guisa di due macchinette identiche, un Cameriere serve l'antipasto, l' ALTRO versa il vino. Quindi, restano, diritti, come due sentinelle, a uguale distanza, l'uno dietro Ernesto, l'altro dietro Nino.)
( Ernesto e Nino turbati, impacciatissimi, non si decidono a cominciare. A un tratto, simultaneamente, quasi sentissero qualcosa alle spalle, si voltano. Ciascuno guarda il cameriere che gli è dietro. Ambedue i Camerieri, vedendosi guardati, senza muoversi dal loro posto, anche simultaneamente, voltano la faccia verso Nino ed Ernesto e li guardano in attesa di ordini. — Allora Nino ed Ernesto, come per un dovere, urgentemente cominciano a mangiare.)
(Sipario.)
ATTO SECONDO.
Un elegante salotto in casa Ricchetti. — Una sola porta a destra, una sola porta a sinistra. Una gran porta alla parete in fondo.
SCENA I.
TILDE, la CAMERIERA, poi BICE.
Tilde
(giunge allora allora dalla campagna. Seguìta dalla Cameriera, che si ferma aspettando gli ordini, entra dal fondo con passo affrettato. Inquieta e pensosa, passeggia in silenzio su e giù per la stanza, agitando l'ombrellino.)
Tilde
(dopo di aver passeggiato per un po') Andate su dalla marchesa zia e dite a mia sorella che io sono qui.
La Cameriera
E alla signora marchesa, nulla?
Bice
(nei suoi abiti di educanda — entra festosamente, commossa, correndo ad abbracciare e a baciare Tilde) Tilde! Tilde! Tilde mia cara!
( La Cameriera via.)
Tilde
(ricambiando con freddezza l'abbraccio di Bice) Mi hai visto giungere?
Bice
Sì, la zia ha ricevuto il tuo telegramma, e io t'aspettavo ansiosa alla finestra. Sarei discesa immediatamente; ma ho creduto che tu andassi su per parlare con lei.
Tilde
Mi preme più di parlare con te.
Bice
Come sei stata buona nel venire così presto!
Tilde
Trovi?
Bice
(intimorita dal tono di lei) O Dio, Tilde!... Non sei ben disposta?
Tilde
Tutt'altro che ben disposta.
Bice
Dio mio!
Tilde
Uscita da poco più d'un mese dal collegio, ti fai pigliare da questa frenesia? Il primo uomo che ti si è messo innanzi t'è parso una divinità! Ed ecco, all'impensata, la bomba del matrimonio!
Bice
(paurosa) Io t'avevo già avvertita che Franchesi era molto gentile con me.
Tilde
Anzitutto, io non sapevo che costui fosse un compagno di scuola di mio marito. E, d'altronde, non potevo immaginare che in quindici giorni riuscisse ad accenderti la fantasia sino a farti scrivere di quelle stupidaggini! Il mago! L'irresistibile!... La sirena!
Bice
(quasi piangendo) Tu mi mortifichi troppo!
Tilde
Ma no, angelo caro. Io non ho l'intenzione di mortificarti. Io ce l'ho con la zia a cui ho avuto il torto di affidarti, e ce l'ho.... ce l'ho con tutta quella mala gente, di cui noi donne non sappiamo fare a meno.
Bice
(con schietta ingenuità) Qual'è la mala gente?
Tilde
Gli uomini.
Bice
Ciò significa che lui... è un uomo eccezionale.
Tilde
Un uomo che è eccezionale non è un uomo! Intanto, quel che ho letto nella tua lettera di stamane non depone certo in suo favore. Questo signore, che alla sua età ti si offre come marito senza pensarci su due volte e che, a quanto mi hai scritto, ti ha amato subito perchè t'ha conosciuta in abito di educanda, è semplicemente un vizioso!
Bice
Perchè? Che vizio ha?
Tilde
... «Vizioso» è una parola generica.
Bice
Non è solo per questo vestito che si è innamorato di me.
Tilde
Ma io indovino che questo vestito non lo hai smesso ancora per secondare la sua mania. E la bambola dov'è? Anche per la bambola che conservi da quando eri bimba pare che costui si sia deciso a sposarti. Tutto ciò è inaudito, piccina mia!
Bice
Ritorci le cose a modo tuo!... Sì, la bambola, l'abito di educanda, i capelli pettinati con semplicità, le trecce sulle spalle, sono delle cose che gli fanno un grande effetto. Non c'era abituato. Ma poi mi ama per altre ragioni.
Tilde
(sedendo) Fuori le altre ragioni.
Bice
Mi ha assicurato che quando mi parla e io arrossisco, gli sembra... (cercando di ricordarne appuntino le parole) gli sembra... di «fare un bagno di verginità»....
Tilde
(come fra sè) Ricostituente!
Bice
... e che gli basta di guardare la punta del mio piede e il neo che ho qui sul collo per capire... per capire... «com'è fatto il paradiso».
Tilde
E, avendolo capito, ti vuole sposare.
Bice
Mi vuole sposare,... «per darmi tutta la sua vita»....
Tilde
... e per pigliarsi la tua.
Bice
S'intende.
Tilde
Senonchè, la tua è ancora intera, e della sua non ne resta a lui che poco o nulla.
Bice
Come se fosse un vecchio!
Tilde
Non ha che pochi anni meno di mio marito. Mio marito è un vecchio per me. Egli sarebbe un vecchione per te.
Bice
Mi ha spiegato che gli uomini maturi sono i mariti migliori, perchè hanno già vissuto molto.
Tilde
È la solita canzone. L'ho ascoltata anch'io. Ma ti persuade che chi ha già fatto cento chilometri di strada possa proseguire con più lena di chi non ne abbia fatti che due?
Bice
E l'esperienza non la conti? Franchesi ripete sempre ch'egli è forte della sua esperienza.
Tilde
Piccina mia, credi a me, l'esperienza non rinforza: indebolisce.
Bice
Trovi a ridire a ogni sua parola, perchè non lo conosci.
Tilde
Senza averlo mai visto, io lo conosco come tu non lo conosceresti che dopo d'averlo sposato. Ah! io vorrei potermi pentire della mia sfiducia. Vorrei che egli non fosse di quelli che all'ultima ora ricorrono al rossore delle fanciulle soltanto... per fare dei «bagni di verginità». Vorrei che, malgrado l'età sua, fosse un uomo in buone condizioni... (ripigliandosi) onesto, sincero, veritiero....
Bice
Allora, tu pensi che egli m'inganni?
Tilde
Prima d'ingannare te, inganna sè stesso. È pronto a sposarti?... Tante grazie! O sposare o rinunziare. Ma, disgraziatamente, gli uomini, per ammogliarsi, non devono presentare un certificato d'idoneità! (Attirandola a sè e mettendosela sulle ginocchia) No, non ti turbare così e non credermi ingiustamente severa. Vuoi comprendermi un po'? Vuoi cercare di comprendermi, angelo caro?
Bice
(fa cenno di sì.)
Tilde
Supponiamo che egli, invece d'imbattersi in te, si fosse imbattuto in un'altra fanciulla: e supponiamo che quest'altra fanciulla fosse stata bella come te o anche meno bella, meno intelligente, meno virtuosa, e avesse nondimeno arrossito come te e avesse avuto, come tu hai, la freschezza dei diciotto anni, il profumo dell'innocenza, l'impronta dell'educandato. Non ti pare che, nel vederla, nell'avvicinarla, egli avrebbe avuto le medesime sensazioni?
Bice
No, no, Tilde! Certamente no!
Tilde
Ah! se avessimo il mezzo di metterlo alla prova, come ti convinceresti del contrario!
Bice
Prima di far la corte a me non l'aveva mai fatta a una fanciulla.
Tilde
(riflettendo, con un lampo negli occhi) Dovremmo assicurarci che egli sarebbe incapace di farla adesso a qualcuna.
Bice
Io ne sono più che sicura! Altrimenti, non l'amerei come l'amo.
Tilde
E quali indagini hai potuto compiere, tu, piccina mia? Lascia, lascia a me l'incarico d'indagare un po' seriamente....
Bice
In che modo?
Tilde
(celando il suo pensiero)... Interrogherò delle persone....
Bice
Bisogna per altro guardarsi dalle calunnie. È così calunniato!
Tilde
Da chi è calunniato?
Bice
Dalle donne.
Tilde
Poveretto!
Bice
Si vendicano, sai, perchè da un certo tempo in qua egli ha sempre detto di no a tutte!
Tilde
(ironica) Buon segno! Ma io non interrogherò nessuna donna.
Bice
Mi permetterai di assistere al colloquio che avrai con lui?
Tilde
Forse, te lo permetterò, ma.... (risoluta) a condizione che tu non gli comparisca davanti in questi abiti ridicoli. Ti devi accertare che egli sia innamorato di te, non della tua veste. Comincia dunque con lo smetterla e col dirle addio per sempre. Poi, vattene su, buona buona, dalla zia, e aspetta che io ti chiami.
Bice
(alzandosi, inquieta, malcontenta) Ti obbedisco.
Tilde
E fida in tua sorella, che ha il dovere di farti da mamma. (Si alza anche lei, e la carezza ancora affettuosamente.) In fondo, io non ho nulla contro di lui. Io ho in odio bensì l'istituzione dei mariti troppo vecchi, che sono una vera piaga sociale, e la combatto ora con accanimento perchè tu, piccina cara, ne sei minacciata. Se mi accorgerò che nel signor Franchesi questa istituzione è meno infetta che in altri, chiuderò un occhio e gli aprirò le braccia... le tue, beninteso.
SCENA II.
TILDE, BICE, ERNESTO, NINO.
Ernesto
(entra brioso e scherzoso) Tu mi fuggi, e io t'inseguo.
Tilde
Tu qui?!
Ernesto
T'inseguo, t'inseguo!
Nino
(entra come Ernesto, a brevissima distanza da lui, quasi cercando di giustificare con lo scherzo la sua indiscretezza) La inseguiamo!
Tilde
Anche lei?!
Ernesto
(mal celando il fastidio che gli arreca la presenza di Nino) Dopo la colazione, mi sono precipitato perchè ho saputo che c'era da Castellammare un diretto bis, e lui (indicando Nino) si è precipitato con me.
Tilde
Disapprovo completamente. (A Ernesto) E la colpa è tua. Tu non ignoravi ch'io sarei stata occupatissima tutto il giorno. Perchè non restare tranquilli a Sorrento? Caro signor Nino, io non posso darle nemmeno un minuto.
Nino
Gli è che... le dovevo far leggere necessariamente... una lettera della mamma...
Tilde
Quando mi sarò sbrigata. Adesso no, non è possibile.
Bice
Io vado, Tilde?
Tilde
Sì, piccina.... Ma aspetta: una presentazione a tutta velocità. (A Bice) Il signor Nino Lovigiani. (A Nino) Mia sorella.
Bice
(fa una piccola riverenza.)
Nino
(s'inchina.)
Tilde
(a Bice) Va, e ricorda bene ciò che abbiamo concluso. Non farmi arrabbiare.
Bice
(esce per la porta a destra.)
Ernesto
(si accosta a Tilde per dirle qualche cosa. Si accorge che Nino si è avvicinato anche lui e che gli è proprio alle spalle, quasi toccandogliele col naso. Mite e supplichevole, gli chiede:) Lei... mi permetterebbe di dire una parola a mia moglie?
Nino
Anzi. (Resta da parte, guardando il soffitto.)
Ernesto
(a Tilde, sottovoce) A quale espediente debbo io ricorrere per liberarmi da questo giovanotto, che mi si è appiccicato addosso come una mosca cavallina?
Tilde
(pianissimo) Per ora, è assolutamente indispensabile che tu lo conduca via. Giungerà tra poco Gustavo Franchesi e, per una mia idea, voglio che qui non ci si trovi nessuno. Bada che ci conto. (Con severità quasi minacciosa) Fa a modo mio, se ti è cara la tua pace!
Ernesto
Io vorrei almeno capire....
Tilde
(troncando) Sono cose di cui non ti devi occupare affatto.
Ernesto
Però, di questo seccatore che non mi lascia respirare, sono costretto, purtroppo, ad occuparmene.
Tilde
Lo inviterò io a pranzo per stasera, e così tu avrai agio di pranzare solo al Circolo. Va bene?
Ernesto
Ma che va bene! Il rimedio è peggiore del male. Tu pranzerai con me, non con lui.
Tilde
Perchè con te?
Ernesto
Ho il mio programma da svolgere e ti prego di non persistere nel tuo ostruzionismo.
Tilde
Io non posso trascurare quel povero ragazzo, che mi è stato caldamente raccomandato...
Ernesto
(interrompendo) Da sua madre.
Tilde
E parla con rispetto di quella santa donna!
Ernesto
Se non ho detto nulla!
Tilde
(alzando la voce e rivolgendosi a Nino) Insomma, signor Nino, mio marito vorrebbe proporle di fare con lui una bellissima passeggiata.
Ernesto
(a Nino) Ma pensavo che lei potrebbe passeggiare anche senza di me. Non avrà mica paura dei veicoli!
Nino
Il passeggiare con lei mi riescirà mille volte più gradito.
Tilde
(a Ernesto) Egli non è abbastanza pratico di Napoli. Gli farai da cicerone. Andate già così d'accordo voi due! Con permesso, signor Nino. I miei doveri mi reclamano. A più tardi.
Nino
(malcontento) A più tardi.
Tilde
(esce a destra.)
SCENA III.
ERNESTO, NINO, poi GUSTAVO.
Nino
(siede.)
Ernesto
Dunque?
Nino
Dunque?
Ernesto
Questa passeggiata?
Nino
Non vuole?
Ernesto
È lei che non vuole. Si è seduto.
Nino
(senza alzarsi) Io sono ai suoi ordini. Se lei va, io vado; se lei non va, io non vado.
Ernesto
Torno a ripeterle che io pensavo invece di lasciarla in libertà.
Nino
Ma che dice mai? Io non desidero che di dedicare a lei tutta la mia giornata.
Ernesto
(a denti stretti) Veda, tutta la sua giornata è troppo. Io non l'accetto. Si fa un piccolo giro insieme e poi...
Nino
E poi si torna qui. Lei sa che mi preme di far leggere alla signora Tilde la lettera della mamma.
Ernesto
Ah già! C'è la lettera della mamma.
Nino
(lentamente, s'alza.)
Ernesto
È molto affezionato lei alla mamma?
Nino
Immensamente.
Ernesto
Sicchè, immagino, non vede l'ora di ritornarsene a Roma.
Nino
No, perchè la mamma crede opportuno che io mi stabilisca per qualche tempo a Napoli. E io non la contraddico mai.
Ernesto
Si stabilirà... si stabilirà... a Napoli?
Nino
Mi stabilirò. Tanto più che ho avuto il piacere e l'onore di trovare in lei e in sua moglie... come ho da dire?...
Ernesto
Quello che ha trovato in mia moglie non lo so; ma mi pare che in me non abbia trovato gran cosa. Io sono un po' bisbetico. Ho delle abitudini così personali, dei gusti così strani, (esagerando) così ostici!...
Nino
Eppure, noi due combaciamo in tutto.
Ernesto
Combaciamo?
Nino
... Combaciamo.
Ernesto
(concludendo, siede rassegnato) Combaciamo.
Nino
(siede subito di nuovo anche lui.)
(Silenzio)
Ernesto
(si alza) Si va?
Nino
(si alza) Si va.
Ernesto
Benchè... passeggiare con questo caldo...
Nino
Difatti, fa un caldo indiavolato.
Ernesto
(nervosissimo) Avrei bisogno..., avrei bisogno di una bevanda molto fresca!
Nino
È il solo ristoro possibile.
Ernesto
D'estate, veramente, le bevande fresche non fanno che aumentare i sudori!
Nino
È innegabile che se ne ha un refrigerio, ma si suda di più.
Ernesto
Quasi quasi, preferirei un tè bollente.
Nino
Un tè bollente è più adatto.
Ernesto
Ma con questa temperatura è poco piacevole.
Nino
È spiacevole addirittura.
Ernesto
Tutto considerato, è meglio crepare di sete.
Nino
Indubbiamente.
Ernesto
E creperemo! (Esce difilato per la porta in fondo.)
Nino
(lo segue con passo affrettato.)
(Sulla soglia, s'incontrano con Gustavo.)
Gustavo
(a Ernesto) Dove vai così di corsa? Il domestico m'ha detto che tua moglie è uscita, ma che io devo aspettarla. Tienimi compagnia un po' tu, almeno.
Ernesto
(in gran furia) Addio, addio! Sono cose di cui non devo occuparmi affatto. Io vado a passeggiare. Ho il dovere di passeggiare. E se ti è cara la mia pace, mettiti bene in mente che qui non hai trovato nessuno, non hai visto nessuno: nè me, nè questo signore, nè il diavolo che mi porti!
( Ernesto va via velocemente, seguito da Nino.)
Gustavo
(attento, li segue con lo sguardo. Dopo una pausa) Non c'è che dire: sono stato ricevuto con molta cordialità! (Si avanza. Pazientemente, siede borbottando fra sè:) Farò un solitario a memoria.
SCENA IV.
TILDE, GUSTAVO.
Tilde
(di dentro, con una voce festosa e una intonazione quasi infantile) Bice! Bice! Bicetta! Dove sei?
Gustavo
(tra sè) Chi è che chiama Bice?
Tilde
(ancora di dentro) Sono io, Bicetta! Mi fai fare il giro di tutta la casa! (Vestita da educanda, i capelli ravviati con semplicità, in mano un piccolo cappellino tondo, entra correndo.) Dove ti sei nascosta? (Nel vedere Gustavo si arresta) Uh! perdoni.
Gustavo
(alzandosi) La signorina Bice non c'è. Credo che sia fuori con sua sorella. Suppongo che non tarderanno troppo.
Tilde
(con timidità) È strano che nè il domestico, nè la cameriera mi abbiano avvertita. È vero che io mi sono cacciata dentro all'impazzata, ma...
Gustavo
No, no, ho notato anch'io: c'è un po' di confusione.
Tilde
(come per andare) Permetta...
Gustavo
Faccia pure, ma se preferisce accomodarsi...
Tilde
(indugia.)
Gustavo
Lei è evidentemente una compagna di collegio della signorina Bice.
Tilde
(ha gli sguardi a terra e la voce lievemente tremula) Dal collegio... io sono uscita un mese dopo di lei.
Gustavo
Ah sì?
Tilde
Perchè dovevo riparare.
Gustavo
Cosa aveva da riparare?!
Tilde
La geografia.
Gustavo
E ha riparato?
Tilde
No.... Ho brigato perchè mi si cambiassero i punti.
Gustavo
Ha fatto bene.
Tilde
Bice fu approvata a tutti gli esami. Ma ha circa un anno più di me. Per forza doveva essere più brava.
Gustavo
È logico. E adesso? Niente più studio?
Tilde
Adesso, ci sarebbe da fare il corso di perfezionamento. Bice se la scappotta. E me la scappotto anch'io.
Gustavo
Non conta di perfezionarsi?
Tilde
Mi perfezionerò, ma non in collegio. Io ci ho miss Katie. La conosce?
Gustavo
No, miss Katie non la conosco.
Tilde
Quattro lingue.
Gustavo
Perbacco!
Tilde
Oltre la filosofia.
Gustavo
Miss Katie è filosofa?
Tilde
Certamente. Se sentisse quello che dice!
Gustavo
Deve essere interessante.
Tilde
Filosofia per signorine, s'intende.
Gustavo
Filosofia leggera, insomma.
Tilde
Sì sì, leggera: i diritti della morale, i diritti della donna, i diritti dell'uomo....
Gustavo
Sono i più numerosi, m'immagino.
Tilde
Veramente non lo so, perchè non li ho imparati ancora. E poi... (ricordando) i diritti della Società... i diritti della Natura...
Gustavo
Anche? È una scienziata di prim'ordine!
Tilde
Sicuro.
Gustavo
E quando glie l'insegna tutti questi diritti?
Tilde
Per la strada.
Gustavo
Per la strada?!
Tilde
È la mia accompagnatrice.
Gustavo
Sicchè è miss Katie che l'ha accompagnata qui?
Tilde
(con zelo) Se desidera conoscerla... (Chiama) Miss Katie! Miss Katie!
Gustavo
(affrettandosi a farla tacere) No, no, la lasci stare. Non c'è premura. Ci sarà tempo.
Tilde
(lo guarda in un attimo per fargliene accorgere, e riabbassa gli occhi come per celare d'averlo guardato.) (Un silenzio) (Timidissimamente) In tal caso... a rivederla. (Fa per uscire.)
Gustavo
Ma perchè se ne va? Lei aspetta la signorina Bice, io aspetto la signora Tilde sua sorella. Aspettiamo insieme.
Tilde
Non le do noia?
Gustavo
Al contrario.
Tilde
(con una piccola riverenza) Grazie.
Gustavo
(dopo una breve pausa) Nessuno ci vieta di sedere. (Avvicinandole una sedia) Prego.
Tilde
(piccola riverenza) Grazie (Siede.)
Gustavo
(sedendo) Intanto, mi presento da me: Gustavo Franchesi.
Tilde
(si alza. Altra riverenza, e torna a sedere.) E io sono Dolores.
Gustavo
Soltanto?
Tilde
No. Dolores... di Torrecaduta.
Gustavo
Di Torrecaduta?
Tilde
(stupidamente) Già.
(Ancora un silenzio.)
Gustavo
E così,... lei mi diceva che ha circa un anno meno della Bice?
Tilde
Non si vede?
Gustavo
Forse non si vede, ma io... io lo sento.
Tilde
Dove?
Gustavo
Dove vuole che lo senta? Intendevo dire che, non ostante certe sue... precocità apparenti, i suoi gesti, la sua voce, le sue parole... mi rivelano la bambina.
Tilde
(ribellandosi) Bambina poi no!
Gustavo
Ha torto di rammaricarsene.
Tilde
Io non ammetto che mi si chiami bambina. Si hanno tanti fastidi per diventare una donna!
Gustavo
Scusi, lei quali fastidi ha avuti?
Tilde
C'è delle cose che un giovanotto non può capire.
Gustavo
Io non sono un giovanotto.
Tilde
È ammogliato?
Gustavo
No, ma non sono così giovane (con un po' di vanità) come forse le sembro. Quanti anni mi dà?
Tilde
Quanti anni le do? (Si rialza, gli si avvicina e lo guarda accuratamente dal capo ai piedi.)
Gustavo
Mi esamina?
Tilde
Eh, con gli uomini ci si può sbagliare!
Gustavo
Perchè?
Tilde
(accennando ai capelli) Ce n'è di quelli che si tingono.
Gustavo
(un po' seccato) Ma io non mi tingo, signorina!
Tilde
Ce n'è di quelli che mettono il busto.
Gustavo
Ma che busto! Uomini col busto non ce ne sono!
Tilde
Sì che ce ne sono! Glielo dico io.
Gustavo
O come mai lo sa proprio lei?
Tilde
(riprendendo il suo posto) Non è poi così difficile il sapere ciò che fanno gli uomini. In collegio, lo sapevamo tutte.
Gustavo
Ma sono sempre delle cognizioni molto sommarie. È deplorevole che nei collegi femminili non si abbia un concetto esatto... dell'uomo. È una delle tante lacune dell'insegnamento. Senta a me, l'uomo è migliore della sua fama. Col tempo (affabile ed insinuante) lei stessa... avrà modo di assicurarsene.
Tilde
(riatteggiandosi a timida) No, no... non voglio assicurarmi di nulla.
Gustavo
(mutando tono) Dunque, non mi dice quanti anni mi dà?
Tilde
Pochi.
Gustavo
Non esageri, però.
Tilde
Venti...sei. Al più al più,... ventisette.
Gustavo
Oh no, signorina. Ne ho già... trentaquattro o... trentacinque.
Tilde
(quasi dimenticandosi) Che bugiardo!
Gustavo
Cosa?
Tilde
Pare una bugia, perchè non li dimostra.
Gustavo
Sì, in verità, è l'impressione di tutti.
Tilde
Felice lei che è arrivata a cotesta età!
Gustavo
M'invidia?
Tilde
Lei, oramai, non deve più obbedire, come me, al babbo e alla mamma.
Gustavo
Difatti, al babbo e alla mamma non obbedisco più... da qualche tempo. Sono fuori tutela.
Tilde
Piacerebbe molto anche a me di esser libera!
Gustavo
Per far che?
Tilde
Tante cose! Per esempio... (Cerca.)
Gustavo
Per fare... all'amore?
Tilde
(con una specie di timor panico e di risentimento) Questo, no! Già, non so nemmeno con precisione di che si tratti.
Gustavo
È uno dei diritti della donna e... dell'uomo... quando s'incontrano di faccia. Miss Katie non glie ne ha mai parlato?
Tilde
(sempre con gli occhi bassi) Una sola volta, di sfuggita.
Gustavo
E che le disse? Che le disse?
Tilde
Che l'amore è come... a little mouse[1].
Gustavo
Abbia la bontà di tradurre. Io non posseggo tutte e quattro le lingue di Miss Katie.
Tilde
Disse che l'amore è come un topolino, perchè si intromette dovunque...
Gustavo
È abbastanza vero.
Tilde
... e che perciò è giusto che le donne ne abbiano paura.
Gustavo
A prima giunta, forse un po' di paura è giustificabile. Ma poi ci si fa l'abitudine. Lei ha paura dei topolini?
Tilde
Altro che! In collegio, quando se ne vedeva uno, saltavamo tutte sulle sedie, sulle panche, sulle tavole. — E una ragazza svenne perchè si trovò un topolino nella gonna.
Gustavo
Ma in certi casi, come in questo, il paragone di miss Katie non regge. Supponiamo che lei, signorina, un bel giorno, si accorgesse di sentire un po' d'amore, un amore piccolo piccolo....
Tilde
Nella gonna?
Gustavo
Non nella gonna, che diamine!, ma nel suo cuoricino. Supponiamo che se ne accorgesse così, tutto ad un tratto, senza averne sospettato la presenza. Dica francamente: svenirebbe dallo spavento o ne avrebbe la più dolce e più promettente delle emozioni?
Tilde
(intrecciando le dita d'una mano con quelle dell'altra e torturandosele) Non so.
Gustavo
(impulsivamente, le siede assai più dappresso) Del resto, lei ha perfettamente ragione di confondersi. Le faccio delle domande che si potrebbero appena permettere a un vecchio amico, mentre io l'ho vista per la prima volta venti minuti fa. Eppure, chi sa perchè, è certo che in questo momento a me pare d'averla tenuta sulle ginocchia quando era alta così (col gesto analogo) e d'averle dati gli zuccherini per non farla piangere. Non ha forse lei, contemporaneamente, una illusione che corrisponde alla mia? Non ha come il ricordo di essermi stata sulle ginocchia?
Tilde
(continuando a torturarsi le dita) Proprio sulle ginocchia, no; ma...
Gustavo
Non stia a tormentare quelle povere dita, ed esprima liberamente il suo pensiero.
Tilde
Ne convengo... Io non parlo con lei come con un estraneo.
Gustavo
E questa bizzarra corrispondenza d'illusioni ci consente di eliminare il tirocinio che prelude alla amicizia. Io penserei d'inaugurarla subito sottraendo quelle due manine a una tortura che non meritano. Me le vuol favorire?
Tilde
(titubante) Lei giura che le pare d'avermi tenuta sulle ginocchia?
Gustavo
Ma io le giuro che mi pare d'averla vista nascere!
Tilde
E allora... (mette le sue mani in quelle di lui.)
Gustavo
Ecco fatto. (Glie le stringe un po', dissimulando la troppa compiacenza, e le trattiene guardandole.)
Tilde
(furbescamente gliele abbandona.)
Gustavo
Lei se le sciupa queste due manine di bambagia ricamate di venette azzurre...
Tilde
(di scatto, vivacissimamente) Le mani di Bice sono un po' più lunghe.
Gustavo
(ha un sussulto e, alzandosi, lascia cadere le mani di Tilde) Scusi, come c'entrano le mani della signorina Bice?
Tilde
In collegio io e la Bice si giuocava sempre a scaldamani, e, giuocando, io notavo che le mani sue erano più lunghe delle mie.
Gustavo
..... Sta tutto qui?
Tilde
Tutto qui; ma lei ha fatto un salto come se il nome di Bice fosse stato un chiodo venuto fuori dalla sedia!
Gustavo
Lo ha pronunciato così all'improvviso... così inopportunamente....
Tilde
(con fastidiosa curiosità) Perchè inopportunamente?
Gustavo
No, credevo che... (confondendosi) Mi usi la cortesia, signorina, di non badare nè a quello che dico, nè a quello che ho detto. E il meglio che io possa fare è di andar via. Se non me ne vado, commetto qualche sciocchezza.
Tilde
(in tono di malcontento infantile) Non vuole aspettare la signora Tilde?
Gustavo
Senta: non mi faccia rammentare adesso anche della signora Tilde!
Tilde
(in confidenza) Le è antipatica come a me?
Gustavo
Oh!... Molto di più, probabilmente! Si conservi, dunque, signorina.... Mi perdoni d'averla trattenuta.... E quando ci incontreremo in questa casa o altrove... conti... per lo meno... sulla mia profonda ammirazione. (Via dal fondo.)
Tilde
(tra sè) Ah no! Troppo presto te ne vai! (Sale immantinente sopra la seggiola più alta, gridando:) Soccorso! Sono perduta! Soccorso! Soccorso!
Gustavo
(ritornando spaventato) Signorina Dolores!
Tilde
L'ho visto! L'ho visto coi miei occhi!
Gustavo
Chi?!
Tilde
Un topolino.
Gustavo
Dov'è?
Tilde
È fuggito lì sotto.
Gustavo
(guardando sotto qualche mobile) Lo strano è che appunto se n'era parlato poco fa. Un vero caso di telepatia!
Tilde
Lo prenda, lo prenda. Lo porti via.
Gustavo
Badi che non è facile prendere un topo. Io non ho mai avuto le attitudini del gatto.
Tilde
(dando un altro grido) Ah! è venuto da questa parte.
Gustavo
Ma dove? Io non lo vedo.
Tilde
Povera me! Sarà salito sulla sedia anche lui.
Gustavo
Le assicuro che non è salito.
Tilde
Non vede proprio niente sulla sedia?
Gustavo
Vedo, purtroppo,... i suoi piedini.
Tilde
E il topo?
Gustavo
Il topo, no. Sarà un topo che non apprezza... il bello.
Tilde
Se mi fossi ingannata, signor Franchesi?
Gustavo
Io ritengo appunto che sia stata un'allucinazione. Lei è rimasta scossa dalle reminiscenze della ragazza con la bestiola nella gonna. Il raccontare le sventure altrui lascia delle traccie negli animi sensibili. L'impressione si ripercuote, e la fantasia fa il resto. Ma si acqueti, ora, signorina Dolores. E si compiaccia di scendere da quella seggiola. Se entra qualcuno, facciamo una figura ridicola tutti e due.
Tilde
(con reticenza) Abbia almeno la bontà di aiutarmi.
Gustavo
Subito. (Le porge una mano guardandole i piedini.)
Tilde
Cosa fa con quegli occhi? Non mi guardi i piedi!
Gustavo
La colpa non è dei miei occhi: è della sua veste corta.
Tilde
(appoggiandosi alla mano di Gustavo) L'allungherò. Ma così mi fa perdere l'equilibrio.
Gustavo
... Sono io che lo perdo l'equilibrio!
Tilde
Mi aiuti meglio.
Gustavo
(deliberatamente) Ebbene, sì, l'aiuto meglio! (Le circonda la vita con ambo le braccia.)
Tilde
(si lascia prendere e gli si abbandona un po'.)
Gustavo
(la fa scendere, turbandosi visibilmente. Si sventola col fazzoletto.) Oh Dio!
Tilde
Che cos'ha?
Gustavo
Ho che lei contiene, non so, un aroma che mi turba; ho che la sua squisita ingenuità m'ipnotizza; ho che la sua veste succinta mi sconvolge; ho che i suoi piedini mi danno alla testa; (animandosi molto) ho che lei, signorina, mi fa dimenticare la ragione per cui sono qui, mi fa dimenticare i miei doveri, gl'impegni che ho assunti, le promesse che mi legano a una fanciulla da cui sono amato, e ho finalmente che, dimenticando tutte queste cose, io non sono che una perfetta canaglia!
Tilde
(con ingenua meraviglia e vivo corruccio) Una canaglia per causa mia!?
Gustavo
Per causa sua!
Tilde
Per causa della bestiola, deve dire. (Con commozione crescente) Se io non avessi avuto paura della bestiola, lei non sarebbe tornato. E se non fosse tornato, non mi avrebbe presa in braccio. E se non mi avesse presa in braccio, non avrebbe sentito l'aroma. E se non avesse sentito l'aroma, non sarebbe... (lasciandosi sfuggire una intonazione quasi sincera) quella canaglia che è.
Gustavo
(offeso) Signorina!
Tilde
Lo ha detto lei.
Gustavo
Non per questo mi garba che lo dicano gli altri.
Tilde
Ma è ancora in tempo, sa, per rimediare. È ancora in tempo, perchè, tanto, io le giuro che non racconterò mai a nessuno tutto quello che è accaduto oggi....
Gustavo
Fortunatamente, non è accaduto gran che.
Tilde
(raggiungendo l'effetto della massima commozione) Vada, vada a mantenere le promesse. Vada a sposare la fanciulla che ha un altro aroma, che ha delle altre mani, che ha degli altri piedi....
Gustavo
Si calmi, per carità, si calmi....
Tilde
Sì, sì, ha degli altri piedi, ha degli altri piedi, e non me ne importa niente, ha capito? E giacchè la mia veste corta le dà tanto incomodo, non dubiti, non dubiti,... corro immediatamente a casa e me ne metterò una così lunga (scoppio di pianto) così lunga... che se ne ricorderà per tutta la vita! (Esce a destra.)
Gustavo
(calorosamente) No, no, signorina, senta... senta.... (Giunto all'uscio, si ferma di botto e se la piglia con sè stesso:) Ma domando e dico: in quale ginepraio mi vado cacciando io?! Io stavo per compromettermi seriamente. E poi? Come diavolo me la sarei cavata?
SCENA V.
GUSTAVO, ERNESTO, poi NINO.
Ernesto
(entrando dal fondo) Parli solo?
Gustavo
(affettando disinvoltura) Sì... parlo un po' solo... per passare il tempo.
Ernesto
E stai solo da quando sei venuto?
Gustavo
(con qualche reticenza).... Non hai incontrato nessuno di là?
Ernesto
Nessuno.
Gustavo
Neanche per le scale?
Ernesto
Per le scale?... Ah sì! Ho incontrato il pedicure della marchesa zia. Ti sei trattenuto con lui?
Gustavo
Col pedicure?!
Ernesto
È una persona eminente. È stato decorato dal Sultano.
Gustavo
Io non conosco questo signore.
Ernesto
Sicchè, avrai avuto il famoso colloquio con mia moglie.
Gustavo
Tua moglie non si è ancora benignata.
Ernesto
È curioso.
Gustavo
Ed è alquanto più curioso che tu mi abbia lasciato in asso a casa tua nel momento in cui avresti dovuto starmi vicino.
Ernesto
Fammi la grazia di non aggiungere i tuoi rimproveri a tutti i miei guai di oggi. Questa per me è una giornata nera. Io t'ho lasciato in asso perchè mia moglie mi aveva ordinato, con misteriosa solennità, di condurre via a qualunque costo quel ragazzo che mi si è messo alle calcagna. Quale idea ella abbia avuta, io non l'ho capito, perchè già io non capisco più nulla. Ma tu sai che sono molto impressionabile. Mia moglie mi suggestiona. Quando tu sei giunto, io ero suggestionato, ero nervosissimo. E poi l'impossibilità di liberarmi da quel seccatore mi esasperava, (esasperandosi tuttora nel ricordarsene) mi faceva divenir matto, mi....
Nino
(entrando dal fondo, quasi correndo) Signor Ernesto, io sono qui.
Ernesto
(come per un pugno ricevuto alle spalle, si volta. — Breve pausa. — Frenandosi)... Mi pare, veramente, che ci eravamo salutati.
Nino
Sì, ci eravamo salutati, ma poi ho detto fra me e me: a quest'ora forse la signora Tilde si sarà sbrigata e io le potrò far leggere....
Ernesto e Nino
(insieme) La lettera della mamma.
Nino
Appunto.
Ernesto
Senonchè, lei, fra sè e sè,... non l'ha imbroccata. Prima che mia moglie si sbrighi, ce ne vuole. E quindi, giovanotto mio, se lei, come vedo, alla lettura di questa benedetta lettera non è disposto a rinunziare, faccia una cosa.
Nino
Dica.
Ernesto
È giocatore di bigliardo lei?
Nino
Un pochino.
Ernesto
Be', si trattenga allora nella sala del bigliardo che è lì (indica la porta a sinistra) e faccia... molte partite.
Nino
Con lei?
Ernesto
Con sè stesso. È uno sport utile e dilettevole.
Nino
Va benissimo. Profitterò. (Andando dritto verso la porta opposta a quella indicata, cioè verso le stanze di Tilde) Da questa parte?
Ernesto
(afferrandolo pel dorso) No: da quest'altra parte. Dopo la biblioteca.
Nino
Prima c'è la biblioteca e poi...?
Ernesto
(spazientito, quasi spingendolo) E poi.... c'è la sala del bigliardo!
Nino
Grazie. (Esce a sinistra.)
Ernesto
Io finirò col fargli uno sgarbo violento.
Gustavo
Ma chi è? Come ti è capitato addosso?
Ernesto
Sua madre, Donna Livia Lovigiani di Roma, ha avuto il gentile pensiero di affidarlo a mia moglie.
Gustavo
È il figlio di donna Livia? Lo conoscerò con piacere.
Ernesto
E io fin da ora faccio i più ardenti voti affinchè egli si attacchi a te come si è attaccato a me. Almeno faremo metà per uno.
Gustavo
Bada che è un bel giovanotto. Se donna Livia lo ha proprio affidato a tua moglie, non dolerti di averlo sempre sott'occhio.
Ernesto
Di che cosa vuoi che mi preoccupi?! È un fanciullo.
Gustavo
Ci sono anche degli enfants prodiges. A dodici anni, Beethoven improvvisava al cembalo.
Ernesto
Ma quello lì non è Beethoven, e mia moglie... non è un cembalo. È tale donna la Tilde da non permettere improvvisazioni a chicchessia!
Gustavo
Ciò mi rassicura per la Bice. Fra sorelle, certe tendenze sono contagiose.
Ernesto
Dunque (molto preoccupato e confidenziale), sei proprio deciso a tentare il matrimonio?
Gustavo
Lo sai. Perchè mi rivolgi questa domanda?
Ernesto
Perchè vorrei che tu ci riflettessi molto. Per me, capirai, sarebbe tanto di guadagnato se il tuo matrimonio con la mia cognatina andasse a vele gonfie. Io ne avrei un incoraggiamento. Mi rianimerei. Mi sentirei solidale con te. Amore di qua, amore di là, tu da una parte, io dall'altra, tutti innamorati, tutti allegri, tutti... sotto le armi! Ma, purtroppo, Gustavo mio, temo che ti accinga a fare anche tu il passo più lungo delle gambe.
Gustavo
Non ho più di questi timori, io. Il sospetto di dovermi ritirare dalla piazza l'ho avuto, non lo nego. Ma era una ipocondria del mio sistema nervoso. Gli è che ne avevo abbastanza d'un certo genere di donne e d'un certo genere d'amori. Ecco tutto. E, difatti, la freschezza genuina della fanciulla pura ed inconsciente mi ha convinto che io posso benissimo riaprire bottega.
Ernesto
(mettendogli una mano sulla spalla) Io ti consiglio sempre però di non vendere all'ingrosso.
Gustavo
(irritandosi) Dillo francamente che non hai voglia di appoggiarmi.
Ernesto
Con tutto il cuore ti appoggio e te ne ho detta la ragione. Purchè mia moglie non mi metta alla porta un'altra volta, io sarò qui, al tuo fianco. E «noi pugnerem da forti» come il basso e il baritono dei Puritani. Vuoi che vada a vedere se finalmente Tilde è tornata?
Gustavo
Te ne sarei gratissimo, perchè sto sulla corda da un'ora, e non ne posso più.
Ernesto
(energicamente) All'opra! (Va all'uscio a destra, e, nell'aprirlo, esclama:) È proprio lei che viene.
Gustavo
(vedendola venire, spalanca tanto d'occhi, e, prima che ella comparisca, spaventato, chiama:) Ernesto!
Ernesto
(corre a lui) Che hai?!
Gustavo
Sei sicuro che quella sia tua moglie?
Ernesto
Ma ti pare possibile ch'io non sappia com'è fatta mia moglie? Tu dài segni di follia!
SCENA VI.
GUSTAVO, ERNESTO, TILDE, poi BICE.
Tilde
(ha smesso l'abito da educanda; indossa una veste a strascico ed è pettinata come prima del travestimento. Si avanza con dignitosa affabilità.) Anzitutto, signor Franchesi, una stretta di mano: il saluto leale dell'ospitalità.
Gustavo
(guardandola fisamente, si accerta dell'identità. Suda freddo, e, porgendole la mano con una specie di ritegno, a stento riesce a emettere la voce) Signora....
Ernesto
(dietro di lui, pianissimo) Mi sembri un fanciullo, mi sembri!
Tilde
(stringendo la mano di Gustavo) Lei si sarà giustamente formalizzato del mio ritardo. Ma sa, in questi casi, c'è tanto da discutere. Su, dalla zia, si è discusso sinora con la Bice, che, in uno stato di ansietà, facile a comprendersi, ha insistito per assistere a questo colloquio.
Gustavo
(in un misto di rabbia compressa e di sbigottimento) Spero... che non glie l'avrà... che non glie lo avrà concesso.
Tilde
In verità, glie l'ho concesso per evitare ogni malinteso. Eccola qui.
Ernesto
(piano a Gustavo) Su! Su!... Che è questo avvilimento?!
Bice
(entra dal fondo, trepidante) Buon giorno, signor Gustavo.
Gustavo
Buon giorno,... signorina.
Ernesto
(a Tilde, ad alta voce) E a me... è concesso di restare?
Tilde
Ne hai il diritto. Sei un così valido avvocato del tuo amico! (Indicando una sedia) S'accomodi, signor Franchesi.
Gustavo
No... non serve.
Tilde
Come non serve? Ci accomodiamo tutti, se Dio vuole. Non è il caso d'aver fretta.
(Siedono Tilde e Bice.)
Ernesto
Non è il caso di aver fretta. Si tratta di assodare se possiamo essere felici.
Tilde
Assodiamolo.
Gustavo
Assodiamolo.
Ernesto
(calcandogli le mani sulle spalle lo fa sedere, sedendo anche lui.)
(Ora son tutti seduti: Gustavo quasi nel centro della camera. Gli altri tre intorno a lui. Ernesto gli è poco discosto.)
(Un silenzio.)
Tilde
(a Gustavo) La parola è a lei.
Gustavo
A me?
Tilde
Sì, a lei.
Gustavo
Io... non ho niente da aggiungere....
Tilde
A che cosa?
Gustavo
A quello che ho detto alla signorina.
Tilde
(cortesissimamente) Scusi, di quale signorina parla?
Gustavo
(rodendosi dentro) Di signorine, non ce n'è che una.
Tilde
In tutto il mondo?
Gustavo
(imponendosi la flemma necessaria) Per me, sì... non c'è che la signorina Bice.
Tilde
Alla Bice avrà detto naturalmente... d'esserne innamorato.
Gustavo
È chiaro.
Tilde
Ma, con la squisita raffinatezza che io indovino in lei, le avrà potuto dire delle cose anche più graziose, più speciali....
Ernesto
Oh! lui ne trova delle graziosissime. È delizioso con le donne!
Bice
Con le donne?!
Gustavo
(lanciandogli un'occhiata) Ernesto!
Ernesto
(subito, per rimediare) No: è delizioso con gli uomini.
Tilde
Non faccia della modestia, signor Franchesi. Accanto a una fanciulla, io so che lei è... un sireno. A me sembra di sentirlo ciò che lei ha detto alla Bice: (imitandolo un po') «Il suo aroma, signorina, mi turba,... la sua ingenuità m'ipnotizza, i suoi piedini mi dànno alla testa...»
Ernesto
(interrompendo — a Gustavo) Ti dànno alla testa i piedini della Bice?!
Tilde
(continuando a imitar Gustavo) «Io dimentico per lei i miei impegni, io dimentico i miei doveri....»
Bice
No, questo non me l'ha mai detto!
Ernesto
(a Gustavo) Tu avevi dei doveri?!
Gustavo
(confondendosi) Ma niente affatto! Me ne regala gentilmente... non so perchè... la signorina tua moglie!
Ernesto
La signorina mia moglie?!
Tilde
Chiamandomi signorina, dopo nove anni di vita coniugale, lei offende crudelmente mio marito.
Ernesto
(a Gustavo) È proprio vero che mi offendi!
Gustavo
Dio buono... mi sono sbagliato. Andiamo avanti, adesso, signora, se non le dispiace.
Tilde
Quanto poi ai doveri che lei tiene a rinnegare, io, invece, loderei molto l'uomo che all'età sua credesse di avere per lo meno quello di non andare a cercar moglie negli educandati. Perchè, senta, è qui che casca l'asino.
Ernesto
È qui che casca l'asino.
Tilde
Lei mi chiede la mano di mia sorella Bice, a quel che pare.
Ernesto
A quel che pare.
Gustavo
(fa un lievissimo cenno con la testa.)
Tilde
La chiede o non la chiede?
Gustavo
La chiedo, sì, la chiedo.
Tilde
E non trova che la sua età sia un ostacolo?
Gustavo
No.
Tilde
Ecco, ecco, questo è il punto su cui non siamo d'accordo.
Ernesto
Questo è il punto.
Tilde
Ebbene... parliamone a lungo della sua età.
Gustavo
A lungo, poi, perchè?... La cosa non è eccessivamente complicata.
Ernesto
(con zelo) Ne ha appena cinque meno di me. Io ne ho cinquantadue suonati; sicchè....
Gustavo
(con dissimulata rabbia) Il conto è bell'e fatto!
Tilde
E non è confortante. Io sono convinta che lei, benchè uomo di moltissimo spirito, quando vuole esercitare i suoi incontestabili fascini su qualche fanciulla, sente la necessità di imitare le donne....
Ernesto
(a Gustavo, accostandoglisi con la sedia) Tu imiti le donne?!
Tilde
(continuando) Sente cioè la necessità di calarsi un pochino gli anni.
Ernesto
(a Gustavo, accostandoglisi ancora di più) Ti cali gli anni?
Gustavo
Non mi seccare, tu.
Ernesto
Io non capisco! (A Gustavo, continuando ad accostarglisi) Hai nascosta alla Bice la tua vera età?!
Tilde
Se l'abbia nascosta alla Bice non so...
Ernesto
E allora a chi?
Gustavo
(a Ernesto) Fammi la grazia di non interloquire sempre!
Tilde
(a Gustavo) Lasci pure che mio marito la difenda.
Ernesto
(a Gustavo, urtando con la sua sedia in quella di lui) Ma sì, lascia che io ti difenda. Oltre che alla Bice, su quali ragazze hai esercitati i tuoi incontestabili fascini? Su nessuna. Tu sei una persona così delicata, così scrupolosa, che se avessi fatta la corte ad altre fanciulle le avresti sposate.
Tilde
Tutte quante?!
Ernesto
(a Tilde) Per modo di dire. Voglio intendere che l'unica fanciulla ch'egli abbia corteggiata è la Bice.
Bice
Me l'ha giurato!
Ernesto
Glie l'ha giurato.
Tilde
Sarebbe disposto il signor Gustavo a confermare il suo giuramento dinanzi a me?
Gustavo
(vorrebbe tergiversare, e non trova le parole) Ma veda, signora....
Bice
(segue il dibattito in preda alla più viva emozione.)
Ernesto
(a Gustavo) Io non t'ho mai visto così impacciato. Avevo in animo di patrocinare la tua causa, ma il tuo contegno avvilisce anche me. Io mi smonto facilmente, e quando non capisco, peggio di peggio. Vorrei sapere, se non altro, che cos'è che ti ha trasformato a tal punto.
Tilde
È evidente: la mia presenza.
Ernesto
(a Gustavo) Difatti, nello scorgere mia moglie, hai allibito, hai tremato. M'è parso che ti cogliesse un malanno. Hai perfino pronunciato delle parole sconcludenti.
Gustavo
(cercando un'intonazione di calma relativa).... Alla loro cortesia domanderei la sospensione di questa angosciosa seduta. (Si alza.)
Ernesto
Ah no! Abbi pazienza: io desidero che tu mi dica subito la ragione per cui davanti a mia moglie non ti riesce di ritrovare il calore che avevi addimostrato per questo matrimonio.
Tilde
Ma parli, parli. Se ha qualche cosa da rivelare, la riveli.
Bice
(agitatissima) Parli, signor Gustavo.
Gustavo
(comprimendosi) Via, mi permettano di prendere licenza.
(Si alzano tutti.)
Ernesto
(inquieto, irritato) Non è il momento di prendere licenza questo. Qui sotto c'è un mistero. Mia moglie ti sfida a fare una rivelazione. Non so se questo sia segno della sua tranquillità d'animo o della sua audacia. Io sono all'oscuro. È da te che aspetto la verità.
Tilde
(a Gustavo) Lei è troppo cavalleresco per tollerare che mio marito continui a ferirmi con le sue bizzarre supposizioni.
Gustavo
(fremendo) Ah! è la verità che si vuole da me? La verità tutta intera?... (A Ernesto) Sì, io mi sono ostinato a tacerla sinora per non addolorare la signorina Bice, che non può vedere le cose nel loro vero aspetto, ma l'ho taciuta anche per deferenza verso tua moglie. Perchè, se il tranello che mi ha teso ha provata la mia balordaggine, non è poi di tal genere che una dama come lei se ne possa vantare!
Tilde
Lei mi attacca alla baionetta!?
Gustavo
(a Tilde) Corpo a corpo, come ha fatto lei.
Ernesto
Corpo a corpo?!
Gustavo
(a Ernesto, concitandosi) Mediante un pretesto di cui scioccamente non ho scorto l'artificio, quando ero solo in questo salotto, mi si è cacciata dinanzi un fac-simile di educanda.
Tilde
(seccamente) Dolores.
Ernesto
Una spagnuola?
Gustavo
Ma che spagnuola! Si chiamava Dolores come si sarebbe potuta chiamare Fifì, Mimì, Ninì, Lilì. Il nome non conta. Quello che conta è che costei mi ha tratto in una ragnatela invisibile con la più abile esperienza della seduzione femminile. Quello che conta è che, dopo tutto, questa educanda apocrifa, suscitando in me qualche vivacità galante e compiacendosi di qualche mia manifestazione imprudente, nell'insidioso giochetto ci ha rimesso del suo.
Tilde
(energicamente) No che non ci ha rimesso nulla!
Gustavo
(con forza) Ah sì, o signora. Una donna che si lascia stringere, sia pure per un istante, fra le braccia di un uomo che ha conosciuto da pochi minuti, perde nel breve contatto per lo meno quel tanto che egli ci guadagna.
Bice
(prorompendo) Ma dunque lei, signor Gustavo, non è che un mentitore?!
Gustavo
Un mentitore, no, perdinci!
Bice
Sì, mi ha mentito, mi ha ingannata.... E il giorno in cui doveva chiedere la mia mano, ha stretto fra le braccia la signorina Dolores... proprio come voleva fare con me ieri sera.
Ernesto
(interrompendo — a Gustavo) Proprio come volevi fare con lei!!!
Bice
Tilde! Tilde! Mi sento morire!... Sono morta! (Si abbandona fra le braccia di Tilde, piangendo.)
Ernesto
(a Gustavo) Lo vedi quello che fai? Fai morire la gente.
Tilde
No, piccina mia, no,... non c'è da morire. Anzi, questa è la guarigione, è la salvezza. (Sorreggendola e conducendola amorosamente) Vieni, vieni... La tua Tilde ti spiegherà minutamente come sono andate le cose. Vedrai che sono andate molto bene; e vedrai che la signorina Dolores ti ha reso un gran servizio, come te l'avrebbe potuto rendere... una sorella.
(Escono a destra.)
Ernesto
(che ha ascoltato dappresso, e con acuta attenzione, ciò che Tilde ha detto a Bice, riflette, e quindi afferma:) Io... non ho capito perfettamente nulla! In conclusione, che c'è di vero in tutta questa faccenda?
Gustavo
(uscendo fuori dai gangheri) E dàgli ad annoiarmi, e dàgli a vessarmi, e dàgli a farmi dire tutto ciò che non vorrei. Ti ho raccontata la verità. Che altro pretendi da me?
Ernesto
(con violenta asprezza) Pretendo di sapere chi era la sedicente educanda, che ha avuta la spudoratezza di farsi abbracciare!
Tilde
(tornando dalla destra.) Presente!
Ernesto
(con tragico furore) Disgraziata! (Si frena. Pausa.) Sta bene!
(Un silenzio.)
Gustavo
(freddamente, a Tilde) È soddisfatta?
Tilde
(con pari freddezza) Io, sì. E lei?
Gustavo
(vorrebbe rispondere. Ingoia la risposta.) Riverisco, signora!
Tilde
Rrrriverisco!
Gustavo
(rabbiosamente) Addio, Ernesto.
Ernesto
(fra i denti) Addio!
Gustavo
(esce.)
SCENA VII.
ERNESTO, TILDE, NINO.
Ernesto
(si avvicina a Tilde, grave e minaccioso, con le braccia incrociate, e le si ferma dinanzi). Ed ora... a noi due!
Nino
(non visto da lui, con in mano una stecca di bigliardo, a passo lieve, entra dalla porta a sinistra, e si avanza sino alle spalle di Ernesto, a cui la punta della stecca sfiora quasi l'orecchio.)
Tilde
(a Ernesto, con semplicità, indicando Nino) Cioè... a noi tre!
Ernesto
(si volta, e, vedendo Nino, ha il solito sussulto) Eh?!... (Con subitanea risoluzione, andando via rapidamente dal fondo) Ah no! Ah no!... Ah no!
(Sipario.)
ATTO TERZO.
Lo stesso salotto — illuminato. La porta di fondo, aperta. Si notano nella stanza, proprio dinanzi alla porta contigua, dei grandi specchi che nell'atto precedente non c'erano.
SCENA I.
GUSTAVO ed ERNESTO
Gustavo
(è solo, in un canto, sdraiato su d'una gran poltrona. Accende un avana. Fuma. Sbadiglia.)
Ernesto
(entra a lenti passi da una porta laterale, cogitabondo. Vedendo Gustavo) Solo soletto, eh?
Gustavo
Solo soletto. Ho cenato bene e faccio il mio chilo.
Ernesto
Io, no.
Gustavo
Perchè ti sarai abbandonato alle danze.
Ernesto
Ho altro che danze per la testa!
Gustavo
Non mi dire quello che hai... per la testa, perchè non me ne importa niente!
Ernesto
(sogghignando) Il signor Nino mi va fuggendo. Tutta stanotte non ha fatto che evitarmi.
Gustavo
E te ne rammarichi? Ti adiravi tanto del suo ostinato attaccamento!
Ernesto
Va bene, me ne adiravo. Ma se ora mi va fuggendo, significa che ha la coscienza lesa. E significa pure che non ha più bisogno di appiccicarmisi addosso. È chiarissimo. Ha gettata l'àncora in porto!
Gustavo
Sei troppo tortuoso nei tuoi sillogismi. (Sbadigliando) Mi confidi piuttosto perchè hai dato questo ballo?
Ernesto
Non l'ho dato io, lo ha dato mia moglie.
Gustavo
In occasione di che?
Ernesto
Per fare esordire in società sua sorella: la tua ex fidanzata.
Gustavo
Ah, ecco.
Ernesto
(per punzecchiarlo) Non l'ami più?
Gustavo
Dopo sette mesi!?... Capirai che è la vista della tavola apparecchiata ciò che stuzzica un po' l'appetito a chi soffre d'inappetenza. Tua moglie si prese la briga di sparecchiarmela, e io mi sono rassegnato all'inappetenza cronica.
Ernesto
(siede sospirando) Mah!
Gustavo
(sospira anche lui) Mah!
(Pausa.)
Ernesto
Hai mai fatta la cura dell'elettroterapia?
Gustavo
La sola cura possibile è quella che volevo fare io cominciando con l'adornare di fiori d'arancio una bella fanciulla estremamente fanciulla.
Ernesto
(con enfasi triste) Per poi finire con l'esserne estremamente adornato in un modo diverso!
Gustavo
Sei diventato molto malinconico. Sembri l'Amleto dei mariti.
Ernesto
Perchè l'«Amleto»?
Gustavo
«Essere o non essere»!
Ernesto
Essere o non essere... che cosa? (Nervoso) Aggiungi pure la brutta parola che hai omessa per convenienza. Non me ne ho a male. Anzi!
Gustavo
Hai una gran voglia di sfogarti. Ma io non ho nessuna voglia di ascoltare i tuoi sfoghi.
Ernesto
(si alza e gli si accosta confidenzialmente, quasi misteriosamente. Poi, lo interroga:) A te che te ne pare: — Lo sono o non lo sono?
Gustavo
(con serietà) Dio, meriteresti di esserlo. Ma si vedono tante ingiustizie su questo mondo!
Ernesto
Insomma, di quel signor Nino, tu che ne pensi?
Gustavo
Penso che è un bravo ragazzo e che non può darti più nessun fastidio visto che da un paio di mesi si è dedicato completamente alla tua cognatina.
Ernesto
Alla tua ex fidanzata?! È una finta, caro mio. È una manovra!
Gustavo
Io sono il suo consigliere. A me risulta che non è una finta.
Ernesto
E tu ti fai infinocchiare da quel ragazzo?!
Gustavo
Come sei noioso! Lasciami un po' dormire, che ho sonno. E poi non senti il vocìo degl'invitati che cominciano ad andarsene? Avresti il dovere di salutarli, almeno.
Ernesto
Perchè?
Gustavo
Non sei il padrone di casa?
Ernesto
Io sono il padrone di casa? Ah già, me n'ero dimenticato! (S'avvia verso il fondo. Giunto alla porta, si ferma. Quindi, ritorna d'un subito, prende una sedia e siede immediatamente dietro alla poltrona di Gustavo) Io sono convinto che il ragazzo si è dedicato a mia moglie e non a mia cognata.
Gustavo
E se ne sei convinto, a che scopo, santo cielo, vieni ad affliggere me?
Ernesto
Senza nessuno scopo, ma tu non puoi lavartene le mani. Non hai forse contribuito non poco alla mia disgrazia?
Gustavo
Ma che altro vai arzigogolando, adesso?
Ernesto
Sicuro. Il giorno della famosa canzonatura che ti fece mia moglie, tu, inferocito verso di lei, caricasti le tinte del tuo racconto; e io, credendo che fosse accaduto chi sa che cosa, mi ruppi definitivamente con lei.
Gustavo
Ebbene?
Ernesto
Se quel giorno io avessi invece ripresa la posizione, avrei sbarrata la strada al nemico! Il quale non sarebbe padrone del campo!
Gustavo
(svogliato) Ma lascia andare!
Ernesto
(scattando in piedi, furibondo) Che io lasci andare?! Ti garantisco, perdio, che appena questo piccolo furfante me ne dà l'incentivo, faccio scoppiare una catastrofe! Io non cerco che un pretesto, e lo troverò. Oh se lo troverò!
Gustavo
Commetteresti semplicemente una corbelleria. Quando non ci sono delle prove....
Ernesto
(accalorandosi sempre di più) Ma io dico: che interesse hai tu a fare il salvatore del signor Nino? Non ne cavi nulla, per tua norma. Se non ci sono delle vere prove, ci sono degl'indizi gravissimi. Ah sì, quando, sul principio, il ragazzo mi assediava con le sue cerimonie, io, lo confesso, non vedevo in lui che un precoce seccatore: il seccatore nato, il seccatore di genio! Ma ben presto ebbi il sospetto ch'egli assediasse me per espugnare mia moglie. Seguendola dovunque, si atteggiava a figlioccio. Era un figlioccio eccessivamente devoto ed eccessivamente servizievole. E mille altre sfumature hanno alimentato man mano il mio convincimento: ora un'occhiata di mia moglie, ora l'imbarazzo di lui, ora l'imbarazzo di tutti e due....
Gustavo
Tu sei impressionabile. Te lo sento ripetere da tanto tempo! Data la tua impressionabilità, questi sono degli indizi che non hanno alcuna importanza.
Ernesto
No, mio caro Gustavo, questa volta non c'entra la mia impressionabilità. (Arrabbiandosi) Non m'irritare di più con le tue attenuanti! Io sento di essere quello che sono e non c'è da discutere. È inutile! Su ciò non ammetto discussioni!
Gustavo
Dunque, non discutiamo.
Ernesto
(incalzando) Convieni che il giovanotto si fa giuoco di me?
Gustavo
(perdendo la pazienza) Sì!
Ernesto
Convieni che io sono ingannato come l'ultimo dei mariti?
Gustavo
Sì!
Ernesto
Convieni che ho ragione d'esserne convinto?
Gustavo
Sì!
Ernesto
(con furore) E credi giusto ch'io sia preso per un imbecille?
Gustavo
Sì!!
Ernesto
Va all'inferno anche tu! (Esce correndo dal fondo.)
Gustavo
(respirando) Ah! (Prende un cuscino e lo mette sulla spalliera della poltrona. Vi si sdraia più comodamente come per sonnecchiare.)
(La spalliera di questa poltrona è molto alta, e alti ne sono i bracciuoli. Sicchè, chi entra dal fondo, non può accorgersi della presenza di Gustavo ).
SCENA II.
GUSTAVO, BICE, NINO.
Bice
(di dentro) Dove mi conducete?
Nino
(sulla soglia della porta in fondo) Io voglio imparare. In questo salotto recondito potrete darmi scrupolosamente la vostra lezione di boston. (Entra.)
Gustavo
(tra sè) Cupìdo in flagrante!
Bice
(arrestandosi presso l'uscio) Qui siamo soli a dirittura. Tilde ci sgriderà.
Nino
La signora Tilde non se ne avvedrà neppure. È intenta agli onori di casa. Venite. Mi dicevate ch'io faccio il passo troppo stretto?
Bice
(avanzandosi) Troppo stretto. Ed è perciò che restate sempre al medesimo posto.
Nino
Insegnatemi il passo più lungo.
Bice
Voi fate così... (Esegue.)
Nino
(canticchia la musica del boston per darle il ritmo.)
Bice
E invece, no, no. Bisogna fare così.... (Esegue di nuovo per precisare i passi della danza.)
Nino
(canticchiando, guarda attentamente.)
Gustavo
(alzandosi) E facendo così, non c'è più pericolo di restare al medesimo posto.
Bice
(fermandosi quasi impaurita) Oh!
Nino
(sorpreso) Eravate qui? Non vi si vedeva punto in quella poltrona.
Gustavo
Ma io mi sono affrettato a mostrarmi. Sarebbe stata una indelicatezza da parte mia assistere, non visto, ad una lezione di boston data da una bella fanciulla a un bel giovanotto.
Bice
... Ritorniamo in sala, signor Nino! Andiamo via.
Gustavo
Perchè? Spetta a me di andar via. Tanto, ci sono abituato. Oltre di che, sono troppo buon amico di Nino per avere la crudeltà di sottrarlo all'insegnamento... del passo più lungo. (A Nino) Del resto, benchè la signorina Bice non lo creda, sono anche uno zelante amico di lei. Voi, Nino, potete attestarlo.
Bice
Io la supplico, signore, di non occuparsi di me.
Gustavo
Ecco l'ingratitudine!
Nino
Non la mia.
Gustavo
Ah! l'ingratitudine vostra poi non la sopporterei. Siete già in condizione di esercitarvi al boston in un salotto recondito: non negherete, spero, che io abbia un po' contribuito coi miei suggerimenti a questi rapidi progressi. (In mezzo, tra l'uno e l'altra, rivolgendosi a Bice) Non contesto di certo l'efficacia del reciproco fascino. Ma gli è che una fanciulla dotata di grazie e di virtù eccezionali è per l'uomo come una plaga remota, come una terra sconosciuta. Lo sapete voi quello che accade in fatto di terre sconosciute? Un bel giorno, qualcuno ha un'ispirazione geniale e indica all'umanità un punto inesplorato del globo. Se egli avesse i mezzi per esplorare, non ci penserebbe due volte e, fiducioso, si metterebbe in cammino. È su per giù la storia di Cristoforo Colombo. Orbene, quello della ispirazione sono stato io. I mezzi non li avevo e nessuno poteva darmeli. Ma avrò sempre il diritto di vantarmi d'avervi additata a questo ardente viaggiatore, il quale non ha che a volere.... per compiere degnamente l'impresa gloriosa! (A Nino) Dico giusto, mio giovane amico?
Nino
(confuso) In verità.... io non intendo...
Gustavo
Ma che cosa c'è da non intendere? La plaga remota (indicando Bice) è già, viceversa, alle viste. Avanti, dunque! Preparatevi a dare il vostro nome, come Amerigo Vespucci, alla terra su cui farete fiorire... la civiltà coniugale. (Mutando tono: paternamente a tutti e due) Sentite a me, ragazzi miei: non vi perdete in danze inutili. Seguite l'impulso del vostro cuore, non quello dei vostri piedi. E se riuscirete, com'è presumibile, a mettervi d'accordo, non dimenticate che io, in un modo o nell'altro, sono stato un po', tra voi, il tratto d'unione. Non crediate che io abbia l'idea di esserlo anche in avvenire. Non mi ci divertirei. Ma, in compenso, nei vostri momenti felici... rivolgete un pensiero all'amico lontano! (Li guarda.)
Bice e Nino
(abbassano gli occhi.)
(Un silenzio)
Gustavo
No?... Pazienza: nemmeno questo! (Via dal fondo.)
SCENA III.
BICE e NINO. Poi GUSTAVO e TILDE.
Bice e Nino
(restano a gran distanza, molto impacciati e alquanto sbalorditi.)
Bice
(dopo una pausa) Signor Nino...
Nino
Signorina Bice....
Bice
Io vorrei che mi diceste una cosa.
Nino
Io vorrei dirvene cento.
Bice
(con urgenza) Vorrei che mi diceste schiettamente schiettamente, ma proprio schiettamente... (pentendosi d'aver cominciato) che ora è.
Nino
(consulta il suo orologio) Non ho nessun motivo per nascondervi... che sono le quattro e mezzo meno due minuti.
Bice
Meno due minuti?!...
Nino
(sospirando malinconicamente) Sì.
Bice
Siete triste?
Nino
Un poco.
Bice
Ed è perciò che volevo domandarvi... (s'interrompe.)
Nino
(cava fuori di nuovo l'orologio.)
Bice
No, basta con l'orologio!
Nino
Credevo che....
Bice
(a un tratto) Perchè vi hanno turbato le parole del signor Franchesi?
Nino
Non so.... Tutta quella faccenda dell'esplorazione: l'impresa gloriosa... la plaga remota... la terra sconosciuta... Cristoforo Colombo... Amerigo Vespucci...
Bice
Quel signore diceva delle sciocchezze per tormentarci.
Nino
Questo no, non mi pare. È lui che mi ha spinto verso di voi. Ciò che mi turbava era il riflettere che su questo mondo non si può sempre... far fiorire la civiltà... dove si vuole.
Bice
L'avete, dunque, capito che c'è un ostacolo?
Nino
(sorpreso, ansiosissimo) Io l'ho capito, ma... quale sarebbe secondo voi?
Bice
(dolorosamente, con semplicità) Mia sorella.
Nino
(scattando) Come?! Voi sapete?...
Bice
Purtroppo!
Nino
Sapete che vostra sorella...?
Bice
Non ha simpatia per voi.
Nino
(tranquillandosi) Ah... meno male!
Bice
Meno male?!
Nino
Sì, dico... non ha simpatia per me. Questo è l'ostacolo. Meno male... che l'avete notato.
Bice
Non ci voleva molto a notarlo, perchè qualche tempo fa era precisamente il contrario. Vi trattava con tanta affezione che voi la chiamavate «mammina».
Nino
E lei mi chiamava « bébé ».
Bice
Ma quando ebbe qualche confidenza da me, a poco a poco si è mutata. Non le piacete più. (Desolata) E se non piacete più a lei, come si fa?
Nino
Mi pareva che non fosse indispensabile.
Bice
A no! È indispensabilissimo! Al suo volere io non potrei ribellarmi. Tilde ha tanta competenza!
Nino
(risoluto) E allora...
Bice
(rianimandosi) Cercherete di piacerle nuovamente?
Nino
(con un moto di spavento) No!... (Ripigliandosi) Cioè, senza dubbio: cercherò di piacerle nuovamente.
Bice
E vinceremo ogni ostacolo, non è vero?
Nino
(risoluto) Sì, sì, vinceremo ogni ostacolo! (Con infrenabile vivacità amorosa) Sediamo, parliamo, parliamo ancora, parliamo tanto, diciamoci ogni cosa!
(Siedono subito l'uno di faccia all'altro, molto da presso, nel mezzo della camera, infervorati in un crescendo d'entusiasmo.)
(Contemporaneamente, Tilde e Gustavo, al cui braccio ella si appoggia, compariscono nella sala attigua, in fondo, e Gustavo indica a Tilde la giovane coppia.)
Bice
(continuando) Diciamoci ogni cosa.
Nino
Noi ci ameremo per tutta la vita.
Bice
Per tutta la vita!
Nino
Sempre vicini.
Bice
Sempre vicini!
Nino
Come in questo momento.
Bice
Come in questo momento!
Nino
(esaltandosi) E anche un pochino di più!
Bice
Che gioia!
Nino
(prendendole ambo le mani) Io vi adoro! (Glie le bacia con fuoco.)
Tilde
(staccandosi da Gustavo e avanzandosi con un impeto di severità) Ma Bice!
Bice e Nino
(mandano un piccolo grido e scappano, l'una uscendo per la porta a destra, l'altro per la porta a sinistra. Le due seggiole si rovesciano.)
SCENA IV.
GUSTAVO, TILDE, poi NINO.
Gustavo
(rialza le due sedie e, dopo un silenzio, guarda Tilde gettando una specie di sospiro canzonatorio.) Non c'è che fare! Sono le vicende della vita! Non ve l'avevo preannunziato io?
Tilde
(ostentando disinvoltura) Ma, in fondo, pretendereste d'averli fatti innamorar voi, questi due ragazzi?
Gustavo
Modestia a parte, posso affermare di essermene occupato abbastanza.
Tilde
Mi congratulo che vi siate dato a questo genere di occupazioni; ma sono dolente di dovervi accertare che essi si sarebbero innamorati anche senza di voi.
Gustavo
Ciò significa che era scritto ch'io fossi vendicato.
Tilde
Una vendetta che non fa male a nessuno non è una vendetta. Io sono contentissima che Bice si sia innamorata di Nino e che Nino si sia innamorato di Bice.
Gustavo
Come siete generosa!
Tilde
Non capisco.
Gustavo
Io, invece, capisco, e vi lascio. Questo è il momento della scena-madre. L'ora è propizia. Di là non c'è più nessuno. I servi sono intenti a sbarazzare il buffet. Vostro marito è andato a letto e, forse, già fa dei sogni... popolati di mogli tenerissime. Tutto tace. Fra poco non si udrà che la voce della giustizia!! Il reo, voglio avere io il piacere d'introdurlo al cospetto di questo... divino tribunale. (Alla porta a sinistra:) Signor Nino!... Signor Ninetto!... (Pausa) Amerigo Vespucci!
Nino
(entra subito, come una marionetta.)
Gustavo
La signora Tilde ha due paroline da dirvi... a quattr' occhi.
Nino
(riluttante).... Sono a vostra... disposizione, signora Tilde.
Gustavo
(a Tilde) Avete sentito? È a vostra disposizione. (Le si avvicina e le parla piano) Superfluo aggiungere che sarei volentieri anch'io a vostra disposizione. So che non prediligete gli uomini della mia età; ma, nel caso, potrei, alla mia volta, camuffarmi da collegiale diciottenne.
Tilde
E no! Cosa volete!... Sarebbe poi per me più grave il disinganno.
Gustavo
Giustissimo! Non ci avevo pensato. (Stringendole la mano) Buona notte!
Tilde
Buona notte!
Gustavo
(a Nino) In bocca al lupo, caro Amerigo! (S'inchina a Tilde) Servo! (Esce dal fondo.)
SCENA V.
TILDE e NINO.
Tilde
(piegando le braccia) E così?
Nino
.... Niente.
Tilde
Ah? Niente? (Dà uno sguardo alla stanza attigua a destra, chiude l'uscio e si riaccosta a Nino.) A voi sembra onesto il vostro modo di agire?
Nino
Io direi... parliamone domani. Se vostro marito ci sorprendesse in colloquio a quest'ora!
Tilde
Ci pensate adesso a mio marito?
Nino
Ci penso adesso. Egli non mi guarda in cagnesco che dal giorno in cui non c'è più nulla tra voi e me. È strabiliante! Apre l'ombrello quando la pioggia è cessata. Intanto, questa sua gelosia in ritardo è pericolosa.
Tilde
Tranquillatevi. Mio marito è andato a dormire e per questa notte non correte nessun pericolo. D'altronde, domattina io mi troverò da sola a sola con mia sorella, e avrò bisogno d'aver fatto molto bene i conti con voi per compiere verso di lei il mio dovere. (In tono di comando) Sedete!
Nino
(quasi brontolando) Sederò, ma non è prudente....
Tilde
Tanto meglio!
Nino
(siede) Mi sono seduto.
Tilde
(imperiosamente) Giustificatevi!
Nino
Subito.
Tilde
(siede anche lei.) (Un silenzio.) Che cosa aspettate?
Nino
.... Aspetto di poter parlare.
Tilde
Io sono qui per ascoltarvi. Vi ho detto: giustificatevi.
Nino
(pauroso) Un momentino... Devo raggruppare le mie idee.
Tilde
(con un esagerato gesto analogo) Volete che ve le raggruppi io?
Nino
Mi fareste grazia.
Tilde
Ve le raggruppo (ripete il gesto), e ve le compendio: voi siete...
Nino
Io sono?
Tilde
Uno spudorato!
Nino
(pacatamente convinto) Sono uno spudorato. (Levandosi) Posso andarmene?
Tilde
No!
Nino
(risiede.)
Tilde
Ma ditemi, almeno: non sentite nel vostro animo le punture del rimorso?
Nino
... Le sento e non le sento.
Tilde
Secondo voi, vi siete regolato correttamente con me?
Nino
... Ardirei farvi notare... che dopo tre mesi e quattordici giorni foste voi che mi deste il congedo.
Tilde
Io vi detti il congedo perchè ero chiaroveggente. L'amore dell'uomo, appena comincia a declinare, ha delle sfumature speciali, di cui egli non ha coscienza, ma che alla nostra sensibilità non sfuggono mai.
Nino
Il mio amore aveva le sfumature?
Tilde
Le aveva, le aveva.
Nino
Io ve ne domando scusa.
Tilde
Non è di ciò che dovete domandarmi scusa. Quello che mi esaspera è che voi abbiate scelta proprio mia sorella per innamorarvi sul serio: mia sorella che io adoro e a cui io stessa ho insegnato che l'amore d'un giovane è il solo amore che offra a una fanciulla delle garanzie per l'avvenire! Non potevate avere la mano più sicura per crearmi una dolorosa situazione.
Nino
(sincero) Dolorosa, poi, non credo. La nostra relazione era così provvisoria...! Non riuscimmo mai a intenderci bene, non riuscimmo mai a trovare veramente.... il punto di contatto.
Tilde
Il punto di contatto lo trovammo, ignorante!
Nino
Vuol dire che, forse, non fu sufficiente.
Tilde
(con una crescente concitazione aggressiva) In altri termini, siete voi che mi ammonite facendomi capire che per me ci voleva un amante stagionato, stantìo, logoro, capace solamente di diventare un secondo marito, identico a quell'altro! E arrivate al cinismo ristucchevole di augurarmi due mariti inutili, due mariti da non amare, due mariti da tradire?! Ah! ma voi non siete neanche un cinico: voi siete un carnefice!
Nino
Decisivamente devo star sognando ad occhi aperti. Io vi auguro di avere due mariti?... Io vi auguro di tradirli tutti e due?... Al contrario, signora Tilde, al contrario! L'augurio che io vi faccio con tutto il cuore è di non tradir più nemmeno quello che avete.
Tilde
E già! Vorrei veder voi al mio posto!
Nino
Sarebbe imbarazzante per lui. Ma io al vostro posto, non lo tradirei... proprio per non avere tutti i fastidi che voi avevate per causa mia. Mi straziavano l'anima!
Tilde
(con durezza) Vi straziavano i fastidi che avevate voi, egoista, non quelli che avevo io!
Nino
Oh! i miei erano martirî a dirittura.
Tilde
E me lo dite in faccia?!
Nino
Non si godeva mai d'un minuto di pace, signora Tilde! Se ripenso anche alle più innocue conversazioni che noi avevamo in questo salotto, mi par di rivedere vostro marito comparirmi dinanzi come un fantasma implacabile!
Tilde
Ma cos'è? Vi ha forse ammazzato, qualche volta?
Nino
Che c'entra! Voi, poverina, nella stanza da cui egli soleva capitarci addosso (indica la stanza in fondo) avevate fatto mettere quel po' po' di specchi affinchè vi annunziassero il suo arrivo....
Tilde
E dunque!? (Volge lo sguardo verso gli specchi e resta a contemplarli, scrollando il capo.)
Nino
Non ero ammazzato, ma io morivo lo stesso. (Descrivendo con una reminiscenza di sincero terrore) Appena egli era visibile nei riflessi di quegli specchi, mi avvertivate sotto voce: «attento, è lui!» E allora si mutava discorso. Dio mio, che colpo in testa era per me quell'«attento, è lui!» Al suo apparire io mi sentivo perduto, mi sentivo annientato! Per quelle terribili apparizioni, signora Tilde, io sono morto per lo meno dieci volte al mese! (Subito per attenuare) Con ciò non voglio dire che non abbiamo passate insieme delle ore dolcissime. Ma si! (Con slancio) Noi ci siamo amati, noi ci siamo....
Tilde
(piano) Attento, è lui!
Nino
(sobbalzando atterrito) Che dite mai!?
Tilde
(pianissimo) Mutate discorso.
Nino
Noi ci siamo... noi ci siamo (alzando la voce)... divertiti immensamente a questa festa.
Tilde
Più forte!
Nino
(gridando molto) Noi ci siamo divertiti immensamente a questa terribile festa... cioè... a questa magnifica festa!
SCENA VI.
TILDE, NINO, ERNESTO.
Ernesto
(soffermandosi in fondo, sarcastico e grave, con in una mano un cappello e un bastone, nell'altra un paltò) Ed è forse per ciò che ci fate l'onore di essere ancora qui.
Tilde
Aspettava te per salutarti.
Nino
(al colmo dell'imbarazzo) Difatti... aspettavo voi. (Si alza.)
Ernesto
(sottolineando) Ufficialmente, io era andato a letto.
Tilde
Ma egli aveva intuito che non ci eri andato....
Nino
... L'avevo intuito.
Ernesto
(a Nino, guardandolo e sogghignando) Siete tutto scalmanato! Siete tutto vibrante!
Nino
... L'entusiasmo....
Ernesto
... per questa terribile festa....
Nino
Una festa sorprendente!
Ernesto
(ricalcando) Sorprendente. Benissimo. Sorprendente.
Tilde
E tu, che fai? Esci alle cinque della notte?
Ernesto
No, cara signora. Non esco.
Tilde
E questo paltò? Questo cappello? Questo bastone?
Ernesto
Appartengono al signor Nino. (Martellando le sillabe) Ho avuto cura di portarglieli, perchè, essendo le cinque della notte, ho supposto che egli volesse lasciarci.
Nino
(tentando d'essere cerimonioso) Non c'era bisogno che v'incomodaste.
Ernesto
(porgendo a Nino bastone, cappello e paltò) Ecco servito, signor Nino.
Nino
Grazie mille! (Li prende, e, dopo averli guardati da tutte le parti, osserva timidamente:) Non sono i miei, ma fa lo stesso.
Ernesto
(dignitoso) E vi ci dovete rassegnare. Nel guardaroba non c'è (rabbiosamente, tornando a martellare le sillabe) nessun altro bastone, nessun altro cappello e nessun altro paltò! (Con durezza irosa) Voi siete l'ultimo... (contenendosi) ad andar via.
Nino
... Sono l'ultimo?
Ernesto
E siete anche... il primo!...
Nino
(interrompendo) Troppo buono!
Ernesto
(continuando con la stessa durezza)... il primo che mi abbia fatto intendere sino a qual punto io sia buono.
Tilde
(alzandosi energicamente) Ernesto!
Ernesto
Che c'è? Di che temete?
Tilde
Temo che tu non ti accorga di quello che dici al signor Nino.
Ernesto
(concitato) Vi prego, o signora, di non provocarmi per conto suo. Io sono in casa mia e non posso....
Tilde
(con audacia) Che cos'è che non puoi? Sentiamo. Un gentiluomo come te sa quali forme abbia il dovere di serbare in casa propria o altrove, qualunque sia la sua intenzione. Tu ce l'hai evidentemente con me e col signor Nino. Parla. Di che ti lamenti?
Ernesto
(meravigliandosi e fremendo ) Di che mi lamento io?!
Tilde
(prendendo il disopra) Vorresti ch'io fossi più severa con lui? Di': questo vorresti? Io ti proibisco anzitutto di occuparti con tanta acredine di una cosa che non ti riguarda.
Ernesto
(sempre più fremente e meravigliato) D'una cosa che non mi riguarda?!
Tilde
(insistendo nell'ambiguità per tormentare Ernesto e Nino) In ogni caso, un giovane innamorato, che ama sinceramente, merita sempre di essere un po' protetto.
Ernesto
(fuori di sè) E dovrei essere proprio io il protettore?!...
Tilde
Orsù, finiamola!
Ernesto
Sono qui appunto per finirla!
Tilde
(con accento grave) Riconosco che questa notte... (mutando tono e seguitando con disinvoltura)... Nino e Bice avrebbero dovuto essere più convenienti e più saggi...
Ernesto
Nino e Bice?
Tilde
Riconosco... che hanno commesso un errore allontanandosi dalla sala per tubare in questo salottino appartato, dove tu li avrai sorpresi come li ho sorpresi io....
Ernesto
Per tubare?
Tilde
Ma riconosco pure che l'amore, da cui sono stati guidati, è benefico per l'uno e per l'altra.
Nino
(rianimandosi) Mi pare che la signora Tilde sia nel giusto.
Tilde
(con uno scatto severo e brusco) Non parlate ancora, voi!
Nino
(ne ha uno schianto di paura.)
Tilde
(a Ernesto, mostrando quasi d'intenerirsi) Io ho accolto in casa cordialmente il signor Nino, che mi era stato molto raccomandato....
Ernesto
(interrompendola)... da sua madre. Questo me lo ricordo.
Tilde
A lui non ho rifiutato nè consigli, nè appoggi, nè fiducia. Non gli ho rifiutato... nulla! Mi sono compiaciuta di sentirmi chiamare da lui «mammina», perchè questa parola mi dava la dolce illusione ch'io avessi fatto un figlio... per opera e virtù dello Spirito Santo. Sarei quindi d'una incoerenza imperdonabile se accondiscendessi ad avere per lui la severità che nemmeno tu dovresti avere. Un affettuoso avvertimento da parte tua, sì, l'avrei trovato ragionevole, ed egli avrebbe avuto l'obbligo di accettarlo. Tu sei un po' il mio babbo, e, per conseguenza, sei un po' suo nonno...
Ernesto
Ma che nonno!
Tilde
Senonchè, adesso anche questo avvertimento giungerebbe inopportuno. Mi permettete, Nino, di riferirgli bene quello che abbiamo detto?
Nino
(come sui carboni ardenti)... Se vi fa piacere....
Tilde
Sì, mi fa molto piacere....
Ernesto
(tuttora dubbioso e diffidente) E fa piacere soprattutto a me.
Tilde
Il signor Nino... mi ha chiesto la mano di Bice e io glie l'ho accordata.
Nino
(irradiandosi, esclama involontariamente:) Sublime!
Tilde
(gli saetta uno sguardo austero.)
Ernesto
(con repentino mutamento di fisonomia, andando verso Nino come per abbracciarlo) Mio carissimo Nino, voi siete... voi siete la perla dei giovani! Io ho avuto sempre di voi una stima sconfinata, un'opinione altissima. Ed è per questo appunto che mi dolevo che voi ricambiaste l'ospitalità accordatavi da mia moglie col compromettere per chiasso quell'angelo di fanciulla. Ma io prendevo un granchio fenomenale. Visto che la vostra condotta è stata irreprensibile, io ritiro le parole che ho pronunziate, ritiro il cappello, ritiro il paltò, ritiro il bastone... (fa per riprendere bastone, paltò e cappello.)
Nino
(impedendoglielo) No, signor Ernesto. È veramente assai tardi. Non voglio più abusare....
Ernesto
Ma che tardi! Ma che abusare! Questa è casa vostra!
(In tono altisonante) Voi avete trovato in mia moglie una seconda madre....
Tilde
E ne troverete una terza in mio marito.
Ernesto
Sicuramente!
Nino
Ne avrò molte!
Ernesto
Cioè... (a Tilde) Che mi fai dire!? (a Nino) In me, voi troverete un fratello. Sì, un fratello, perchè il nuovo contributo di gaiezza che voi porterete in questa casa mi farà diventare vostro coetaneo.
Tilde
Non ci contare, sai. Nino ha già deciso di stabilirsi a Roma.
Ernesto
Peccato!
Nino
Sì, ho già deciso. Ma spero che anche da lontano... io avrò in voi e... nella signora Tilde... due... due....
Tilde
Mettiamo «due parenti affezionati», senza precisare il grado di parentela.
Nino
Avrò... «due parenti affezionati senza precisare il grado di parentela».
Ernesto
Come siete commosso! Qua, qua la vostra mano, giovanotto.
Nino
(ha sopra un braccio il paltò, nella mano diritta il cappello, nella mano sinistra il bastone e i guanti. Per porgere in fretta la mano diritta a Ernesto, s'impappina e affida il cappello alla bocca, tenendone la falda tra i denti; sicchè gli riesce quasi impossibile di pronunziare le parole.) Signor Ernesto, io vi sono profondamente grato....
Ernesto
(stringendogli forte la mano) Ma è mia moglie che dovreste piuttosto ringraziare....
Nino
(liberando la bocca dal cappello, si accosta subito solennemente a Tilde e si dispone a parlare.)
Tilde
Mio buon Nino, io vi dispenso dal discorso della vostra riconoscenza, e perciò potete rimettere il cappello in bocca.
Nino
(meccanicamente fa per rimetterselo, ma si trattiene.)
Tilde
(continuando) Che se poi ci tenete davvero a mostrarvi riconoscente, pensate a rendere felice mia sorella come io ho pensato a rendere felici lei e voi.
Nino
(con declamatoria veemenza espansiva) Signora Tilde, io....
Tilde
(lo arresta con uno sguardo minaccioso.)
Nino
(esce difilato dal fondo.)
SCENA VII.
TILDE ed ERNESTO.
Tilde
T'era venuta la malinconia d'essere geloso?
Ernesto
Una malinconia che è passata come una nube per cedere il posto all'ebrezza!
Tilde
Sarei curiosa di sapere di che ti rallegri poi tanto.
Ernesto
È lo spettacolo dell'amore che m'inebria, mia cara! La commozione di quel giovanotto mi ha suggestionato. In tutta la mia persona io sento ora come un soffio di primavera. (Accendendosi) Tilde!...
Tilde
Che ti piglia?
Ernesto
.... Non capisci?
Tilde
Ah.... Siamo alle solite!...
Ernesto
(con calore e presunzione, si slancia verso di lei come per trascinarla seco) Ma vedrai, per bacco, come ti amo!
Tilde
(scostandosi) Oh Dio!... Pensa che ho avuta la corvée degli onori di casa.... No, grazie, Ernesto!... Sarà... per un'altra volta. (Esce a destra.)
Ernesto
(perdendo a un tratto l'entusiasmo, resta immobile. Indi, tra sè:) Ecco: mi sono smontato!
(Sipario.)
Fine della commedia.
NOTA:
1. Si pronunzia: e littel maus.