INDICE

ATTO PRIMOATTO SECONDOATTO TERZOEPILOGO

NEMMENO UN BACIO.

Dramma in tre atti e un epilogo

rappresentato, la prima volta, dalla Compagnia Stabile del Manzoni, al Teatro Carignano di Torino, la sera del 12 Dicembre, 1912. Protagonista: Tina Di Lorenzo.

PERSONAGGI:

  • Nanetta d'Altuna .
  • Clotilde Carmineti .
  • Enrico Carmineti , suo figlio.
  • Corrado Liberti .
  • Claudine Ranier .
  • Rossana Monteflora .
  • Ninì .
  • Amalia .
  • Albertina .
  • Don Giacinto Tabarra .
  • Il signor De Planes .
  • La signora De Planes .
  • Un domestico.

Nei tre atti l'azione è nei pressi di Napoli, nell'epilogo è a Napoli. — Dal terzo atto all'epilogo passano circa sedici anni.

ATTO PRIMO.

Il salotto terreno d'una villa in campagna. In fondo, una gran porta centrale, spalancata, dà su un breve pianerottolo scoperto, digradante in un parco di cui si vede il verde delle querce, delle palme, dei cedri e si vedono i ricami smaglianti delle aiuole. — Un'altra porta a destra, un'altra a sinistra. Tutti i mobili — un canapè, un tavolino, sedie, sediolini, seggiole a bracciuoli, seggiole a dondolo — sono di giunchi o di vimini, variamente dipinti, e compongono un allegro ambiente multicolore.

SCENA PRIMA.

(Compariscono, di là dalla gran porta in fondo, il signor De Planes e la signora De Planes, a braccetto. — Lui è un uomo sulla quarantina, bassotto, rotondetto, con le guance rosse, con gli occhi piccoli e cilestrini. Lei, molto più giovane, quasi quasi gli somiglia. Belloccia, fresca, grassottella, ha una testolina che par fatta di succhero candito. Vestono tutti e due con accuratezza goffa. E, di comune, hanno anche il modo di gestire, di muoversi, di guardare. E si guardano tra loro a ogni istante come per consultarsi a vicenda, e fanno spesso, simultaneamente, la medesima mossa, il medesimo gesto. Quando lui parla, lei approva, tacendo, oppure gli fa l'eco. — Senza staccarsi, si fermano. Non osano entrare.)

Il signor De Planes

Sempre così in questa casa! Nessun domestico! (Pausa. — Si guardano.) Vogliamo entrare? (Pausa.) Entriamo.

La signora De Planes

Entriamo.

(Si avanzano — Si fermano, di nuovo, nel centro della stanza. — Guardano intorno e si guardano tra loro.)

Il signor De Planes

Nessun domestico! (Pausa.) Vogliamo sedere? (Pausa.) Sediamo.

La signora De Planes

Sediamo.

(Seggono, insieme, vicinissimi, sul canapè.)

Il signor De Planes

Qualcuno verrà. (Pausa.) E di qui non ce n'andremo senza aver parlato con Donna Clotilde.

La signora De Planes

(approva.)

Il signor De Planes

È lei che dovrà dare una lezione coi fiocchi a quel malcreato!

La signora De Planes

(approva.)

Il signor De Planes

A quel farabutto.

La signora De Planes

(approva.)

Il signor De Planes

A quel filibustiero.

La signora De Planes

(approva.)

(Un silenzio.)

Il signor De Planes

(ripensandoci) A quell'uomo infernale che mi vorrebbe far fare un... torto dalla mia pupa!

La signora De Planes

(accenna di sì, vivamente.)

Il signor De Planes

(stringendosi di più a lei) Ma la mia pupa non me lo farà, no!

La signora De Planes

(con uno scotimento del dito indice e del capo) No, no!

Il signor De Planes

Perchè lei glie ne vuole, del bene, al suo maritino!

La signora De Planes

Molto!

Il signor De Planes

Cara! (L'abbraccia.)

SCENA SECONDA.

Enrico

(ventenne — vestito da seminarista — con in mano dei grossi libri, entra dalla porta a sinistra nel momento in cui il signor De Planes sta abbracciando sua moglie. Nel vedere la coppia, fa un piccolo salto, e cerca di deviare. Ma s'impappina e non sa più andare nè avanti ne indietro.)

(Il signor De Planes e la signora De Planes si alzano confusi.)

Enrico

Restino comodi.

Il signor De Planes

Aspettavamo....

La signora De Planes

Aspettavamo....

Enrico

Forse, desiderano di parlare con mia madre?

Il signor De Planes

(guarda la moglie.) Già. Lo desideriamo.

La signora De Planes

(guarda il marito.) Lo desideriamo.

Enrico

Vado ad avvertirla.

Il signor De Planes

Grazie.

La signora De Planes

Grazie.

Enrico

(esce difilato, a destra.)

Il signor De Planes

Mi ha visto che t'abbracciavo. E che è? Non siamo coniugi?

La signora De Planes

(accenna di sì.)

Il signor De Planes

E, allora, niente a ridire.

La signora De Planes

Niente.

SCENA TERZA.

Clotilde

(premurosamente, dalla destra) Una visita della coppia De Planes a quest'ora?... (Strette di mano.) Accomodatevi, prego. E spiegatemi subito a che cosa debbo questa visita inaspettata. Sono curiosa.

(Il signor De Planes e la signora De Planes tornano a sedere, vicinissimi, sul canapè. Clotilde siede su una seggiola a sdraio. — Un silenzio.)

Clotilde

Dunque?

Il signor De Planes

Questa visita inaspettata, Donna Clotilde, non è una visita.

Clotilde

No?...

Il signor De Planes

È una noia.

La signora De Planes

Una noia.

Il signor De Planes

(di scatto) Per colpa del signor Corrado Liberti!

Clotilde

Oh!

Il signor De Planes

Perchè lui, iersera, durante la passeggiata che facemmo in carrozza,... importunò la mia pupa!

Clotilde

Io non me ne accorsi. In che modo la importunò?

Il signor De Planes

Coi piedi.

Clotilde

Coi piedi?!

Il signor De Planes

(guardando la moglie) Non è vero, pupa?

La signora De Planes

(guarda il marito e conferma) Sì, sì, coi piedi.

Il signor De Planes

Coi piedi suoi, lui pestava i piedi della pupa, pestava!

Clotilde

(meravigliata e scandalizzata) Questo si permetteva?!.. (Tentando di scusarlo) Ma no.... Sarà stato per la mancanza di spazio. Eravamo quattro in una carrozzetta non più grande d'un canestro!...

Il signor De Planes

Altro che mancanza di spazio, Donna Clotilde! Lavorava sott'acqua come un palombaro... con la speranza che la pupa mi facesse un... torto!

La signora De Planes

Un torto!

Il signor De Planes

E lei, che ha ingegno, lo capì, e, quando rincasammo, me lo spiattellò, piangendo, povera pupa, che pareva una grondaia.

La signora De Planes

Una grondaia.

Il signor De Planes

(accendendosi) L'egregio signor Corrado Liberti crede d'essersi imbattuto in una delle tante che cominciano dai piedi e finiscono.... Non so se rendo l'idea!

Clotilde

La rendete perfettamente.

Il signor De Planes

Ma egli s'è sbagliato d'uscio, Donna Clotilde, e siete voi che dovete dargli una lezione coi fiocchi! (Guarda la moglie.)

La signora De Planes

(guarda il marito.) Coi fiocchi!

Clotilde

Gli muoverò, senza dubbio, un forte rimprovero. Mi sentirà! Vi assicuro che mi sentirà!

Il signor De Planes

Non basta! Non basta!

Clotilde

«Non basta»?... Con un uomo che ha cinquant'anni sonati, basterà. E, d'altronde, egli è un mio vecchio amico, ed è anche, per me, un prezioso vicino. Nei mesi di villeggiatura mi allevia le pene della vita campagnola a cui, per due terzi dell'anno, mi obbligano, aimè, le falle del mio bilancio!... Non posso mica gridargli: fuori di casa mia perchè avete pestati i piedi della pupa del signor De Planes! Bisogna che siate ragionevole.

Il signor De Planes

(scontento) Ragionevole!... Ragionevole!... È una bella parola «ragionevole»!... Ma, intanto, quel filibustiero farà orecchie da mercante!

La signora De Planes

Da mercante!

Clotilde

Fidate in me, mio buon De Planes. Da oggi innanzi, la vostra pupa sarà trattata... come se non avesse piedi. Fidate in me.

SCENA QUARTA.

Corrado

(venendo dal parco) Permesso?

Il signor De Planes

(ha come un urto alla schiena e guarda immantinente la moglie.)

La signora De Planes

(ha come il medesimo urto, simultaneo, e guarda immantinente il marito.)

Clotilde

Permessissimo! (Con una punta caustica) Sempre bene accetto il nostro caro Liberti!

Il signor De Planes

(si contorce e gonfia le guance.)

La signora De Planes

(diventa scarlatta e non sa quale atteggiamento assumere.)

Corrado

(avanzandosi) Alle undici del mattino siete già in funzione, Donna Clotilde?... (Le stringe la mano.)

Clotilde

Questa simpatica coppia aveva qualche cosa da dirmi.

Il signor De Planes

(rizzandosi sulle gambette come un galluccio che sia per lanciare il suo chicchirichì) E l'abbiamo detta!

La signora De Planes

(si alza con lui, e, questa volta, non guarda lui, ma guarda a terra.)

Corrado

(al signor De Planes) Ve ne andate quando io arrivo!... Segno d'inimicizia.... Datemi almeno il tempo di ossequiare la vostra bella mogliettina.

Il signor De Planes

(mettendosela subito a braccetto) Donna Clotilde, noi ci facciamo un pregio di salutarvi, e vi leviamo l'incomodo.

Clotilde

Ma non ve ne scappate così, signor De Planes!

(Il signor De Planes e la signora De Planes, appiccicati tra loro, l'uno tutto impettito e con la testa eretta, l'altra tutta impastoiata e con la testa penzoloni, affrettano il passo ed escono dal fondo.)

SCENA QUINTA.

Corrado

(dopo averli seguiti con gli occhi, umoristicamente, si rivolge a Clotilde) Carini tanto!

Clotilde

(si leva minacciosa, piegando le braccia, dimenando il corpo dalla cintola in su.)

Corrado

Che hanno quei due?

Clotilde

Siete un portento d'innocenza!

Corrado

È probabile.

Clotilde

Con i vostri capelli grigi e con i vostri dolori articolari dovreste vergognarvi di persistere nella professione del seduttore!

Corrado

I dolori articolari li confesso quotidianamente, e non nego i capelli brizzolati, che, con gratuita esagerazione, vi compiacete di chiamare grigi; ma non ho di che vergognarmi, perchè la professione del seduttore, ammesso che io l'abbia esercitata, non la esercito più.

Clotilde

Seducete, oramai, involontariamente?

Corrado

Non ho detto questo.

Clotilde

Peggio! Vorreste farmelo credere senza dirlo. Il colmo della vanità e della ipocrisia!

Corrado

Ho inteso. È una di quelle giornate in cui sentite il bisogno di vilipendermi. Mi esibisco con l'abituale mansuetudine; ma permettetemi, vi prego, di sedere. I suddetti dolori articolari non mi consentono di ascoltare altrimenti che seduto le vostre insolenze. (Si sdraia nella più comoda seggiola a dondolo.)

Clotilde

Come mi diverto di vedervi invecchiare!

Corrado

Questa, poi, è malvagità. Io, invece, vedendovi invecchiare, mi rattristo.

Clotilde

Impertinente!... Io sono vedova, e le vedove non invecchiano!

Corrado

Per il marito morto, è indubitato che non invecchiano.

Clotilde

(stizzita) Ma parliamo delle vostre nuove gesta, piuttosto!

Corrado

Parliamone. Non sono io che ho scantonato.

Clotilde

(sedendogli vicina, con bruscheria) Per le brevi, caro signore! Iersera, nella mia carrozza, durante tutto il tempo della passeggiata, i vostri piedi non cessarono mai di tormentare quelli della signora De Planes.

Corrado

Se erano i suoi che tormentavano i miei! Mi dava delle pestate da farmi bestemmiare.

Clotilde

Bugiardo! Quella è una povera marionetta insospettabile.

Corrado

Vi dico che è così. La signora De Planes ha le estremità intraprendenti.

Clotilde

Il fatto è che lei vi ha accusato a suo marito.

Corrado

È furba la marionetta! Si vede che ha capito che io non ne ho voglia.

Clotilde

Siete stato capace d'aver voglia di tanta minutaglia che valeva meno di lei!

Corrado

Ecco la vecchia storia!... Mi favorite questa calunnia fin dall'epoca dei nostri famosi amori: da circa un quarto di secolo! Io ero, allora, un certo omino che, via, poteva darsi il lusso di scegliere e che, scegliendo voi, aveva scelto tra quel che la piazza offriva di meglio, perchè voi eravate un fiore di bellezza, un fiore di eleganza....

Clotilde

(interrompendolo, con ironia) Grazie, troppo gentile!...

Corrado

(proseguendo ed esasperandosi al ricordo) Ebbene, ciò non ostante, anche allora, mi credevate disposto a ogni più sconcio passatempo.

Clotilde

Dispostissimo.

Corrado

Il che sarebbe stato in completa antitesi con le mie abitudini e con la mia indole. È strano che le donne imparano subito a conoscere l'uomo, e non possono mai imparare a conoscere... gli uomini! Fanno una confusione maledetta. Di ciascuno, finiscono col sapere sempre la stessa cosa: cioè... che è un uomo. E, in fondo, non c'è caso che ne sappiano altro.

Clotilde

Per fortuna!

Corrado

Avete torto. Conoscendoci meglio, le donne si procurerebbero non di rado qualche dispiacere di meno e qualche soddisfazione di più.

Clotilde

(sbottando) Vi sarei molto grata se mi diceste quale dispiacere di meno mi sarei procurato io, per esempio, conoscendo meglio la vostra pregevolissima persona! Mi piantaste da un giorno all'altro dopo d'avermi trascinata a tradire mio marito fino al punto di mettere al mondo un figlio vostro!... Avessi pure scoperte in voi le più peregrine virtù, non avrei potuto farmene che un empiastro! E poi, che ce ne importa, a noi donne, che ce ne importa delle virtù invisibili dell'uomo che a noi rivela, intanto, tutta la sua turpitudine, e che si regola con noi come l'ultimo dei mascalzoni?

Corrado

(placidamente) Oserei osservare che oggi le vostre escandescenze offensive scoppiettano d'una terminologia alquanto più energica del solito.

Clotilde

(con una frivolezza interiore che traspare dalla rabbia ostentata) Sì, caro signore, perchè oggi, ritrovando in voi, più evidente del consueto, la bricconeria del donnaiolo ch'io sperimentai, mi sento salire alla gola tutto il fiele che mi faceste ingoiare e mi accorgo che, a traverso circa un quarto di secolo, non ho ancora digerita l'infamia che mi commetteste!

Corrado

Avete la digestione lenta.

Clotilde

Come siete spiritoso! (Con una alzata di spalle, levandosi) Ma, già, è naturale che queste cose non vi facciano nessuna impressione. Avete perduta ogni sensibilità. Dentro di voi, siete mummificato! (Fa una smorfia di disgusto) Ih!... che roba!... Basti dire che non date segno d'una qualunque commozione nemmeno quando vi nomino vostro figlio, nemmeno quando egli stesso vi è innanzi! Io credo perfino che non vi ricordiate mai d'avere un figlio, in lui.

Corrado

(diventando serio, senza smettere la sua aria di pigra placidezza) Siete sempre una gran chiacchierina, mia buona amica!

Clotilde

Chiacchierina, io?

Corrado

E sì! Parlate sempre un po' troppo e un po' a vanvera. La vostra loquacità scorrazza come un puledro sul prato e va a sbattere spesso... dove non dovrebbe.

Clotilde

Non vi fa comodo ch'io vi parli di vostro figlio?...

Corrado

Proprio no.

Clotilde

Il rimorso!

Corrado

(urtato) Ma che rimorso!... Rimorso di che?... Vostro marito, per il quieto vivere o per quella sua floscezza di bigotto, finse di credersene il padre, e, grado grado, gli si affezionò come un padre autentico. Sicchè, a questo ragazzo, l'essere nato di straforo non ha arrecato e non arrecherà nessun danno. (Accalorandosi) Il doloroso è per me che addirittura lo perderei di vista se non simulassi di villeggiare tre o quattro mesi dell'anno in questo paesucolo infetto, dove egli è appiccicato al vischio d'un seminario. Il doloroso è per me, è per me, che, non potendo influire su lui, debbo rassegnarmi a saperlo avviato, dal bigottismo del suo falso padre, verso una vita che è fuori la vita!... Voi, amica mia, non comprendete nulla di tutto ciò, perchè... vivete soltanto delle vostre parole, come le cicale vivono del loro gridìo. Di tanto in tanto, vi eccitate a freddo per una qualche scempiaggine, e, con quella inconsapevolezza che vi distingue, nello sfogo ozioso, spifferate una frase che mi colpisce dove si nasconde una piaga.

(Pausa.)

Clotilde

(mortificata, mite, e, purtuttavia, volontariamente caparbia) Io come io non vi ritengo sincero. Sarò... una cicala, ma una cicala con parecchie dita di cervello, checchè sembri a voi. E ragiono a fil di logica, io. Se ci fosse un fondo di sincerità nelle vostre smanie paterne, perchè non avreste cercato di legarvi un poco di più a quel ragazzo?, perchè non avreste cercato di acquistare il diritto di trattarlo diversamente da come si tratta un estraneo?

Corrado

(guardandola, dubitoso) Che diamine dite?

Clotilde

(con la leggerezza che le è propria) Dico... che vi sarebbe stato facile diventarne, almeno,... il secondo padre.

Corrado

Adesso, parola d'onore, sono io che non comprendo.

Clotilde

(affrettandosi per non perdere il coraggio d'esprimere il suo pensiero) Quando morì mio marito, nessuno vi avrebbe vietato di sposarmi....

Corrado

(tornando alla sua calma umoristica) Questo è innegabile; ma, cosa volete!,... non ci pensai.

Clotilde

(con prosopopea burlesca)... Potreste... pensarci ancora.

Corrado

(si alza immediatamente) Vi saluto, amica mia.

Clotilde

(d'urgenza) Badate che ho scherzato.

Corrado

(flemmatico) Lo so, lo so. Ma sono di quegli scherzi che fanno venire i brividi della febbre terzana!... Vo' a prendermi qualche raggio di sole. Mi sentirò meglio.

Clotilde

(rintuzzando per chiasso) Sono brutti scherzi davvero! Non mi ci mancherebbe altro che di finire i miei giorni con voi!

Corrado

I giorni, poco male. Ma le notti!... Quelle, le finireste male assai!

Clotilde

E voi troppo bene!

Corrado

Custode notturno di antichità nazionali! (Fa per andare) A rivederci.

Clotilde

Aspettate un momento, «ultimo dei mascalzoni». Mi metto un cappello ed esco anch'io. (Con un'aria misteriosamente solenne per stuzzicare la curiosità di lui) Ho da recarmi alla Stazione. Voi mi accompagnerete soltanto per un tratto di strada. E, tra un'ora, vi permetterò di far colazione con noi. Siete invitato.

Corrado

Vi recate alla Stazione?... Chi è che arriva?

Clotilde

Se non ve l'ho detto, è chiaro che non ve lo voglio dire.

Corrado

(animandosi e turbandosi) Vostra nipote Nanetta?!

Clotilde

Ah? Lo sapevate, furfante?

Corrado

(con una certa dissimulazione) Un mese fa, a Napoli, mi annunziò che sarebbe venuta, ma io non le prestai fede.

Clotilde

(caricatamente) Ci viene! Ci viene! Sissignore!... E ci viene in piena funzione di signorina emancipatissima: sola e libera come una farfalla al vento!

Corrado

Sarà una semplice visita di qualche giorno.

Clotilde

No, caro, perchè, in una lettera che ho ricevuta stamane, mi dà le seguenti notizie. Quel rammollito, che lei ha per padre e che io ho per fratello, va a scoprire la Scandinavia e la Russia; quella matta di mia cognata va a imperversare in casa dei suoi parenti a Boston; e lei, Nanetta — che dovrebbe volersi un po' sbizzarrire anche lei per consolarsi dei suoi crudeli trentasei anni — ha deciso invece (sottolineando) di passare tutta la stagione estiva in questa misera cittaduzza campestre, dove non è mai stata.

Corrado

(sempre più turbato e nervoso) Tutta la stagione estiva?!

Clotilde

Ma io ne sono felicissima! Le voglio molto bene, a Nanetta, per regola vostra.

Corrado

Non ne dubito....

Clotilde

(con intensione maliziosa) E le ho fatto preparare un bel quartierino civettuolo, a cui si accede dal parco per una scaletta speciale. Così, la mia bella nipote potrà lasciarsi rapire comodamente, senza che il suo rapitore adoperi la scala di seta....

Corrado

(irritandosi) Ma smettete, Dio buono! Smettete!

Clotilde

(vuotando il sacco all'improvviso) Se lei stessa mi ha scritto che spasima per voi!

Corrado

(preso da un'intima agitazione) La signorina Nanetta ha, in certo modo, l'imprudente frivolezza di tutta la vostra famiglia, e, come voi, attribuisce poca importanza alle parole. Stupisco, non pertanto, che neppure questa volta le sia sembrato opportuno di misurarle!

Clotilde

Oh, questa poi è nuova!... Ce l'avete con lei?... Ne parlate con voce adirata!... Siete perfino diventato pallido!...

Corrado

(ha tutti i nervi in sussulto e prorompe) Non ce l'ho con lei, ma non posso dissimulare che il suo arrivo mi preoccupa, mi sconcerta, mi dà fastidio. Lei non è per me una donna come un'altra. Fa male a venir qui ed è incredibile e deplorevole che non ne abbia la coscienza!

Clotilde

(lo guarda stupita. Indi, levando gli occhi e le mani al cielo, con comicità) Santi del paradiso, se veramente quest'uomo ha trovato una donna che gli mette la tremarella addosso, vuol dire che è venuta la fine del mondo! (Esce a destra.)

Corrado

(tra sè — dandosi rabbiosamente un pugno al petto) Con venti anni di meno, forse non tremerei!

SCENA SESTA.

Don Giacinto

(entra dal fondo, frettolosamente, strisciando riverenze) Riverisco, signor Corrado. Servo suo. Riverisco. (È un prete alto, dalla testa piccola, dalle spalle strette, e disarmonicamente fornito di una abbondantissima pancia, d'una grossa pappagorgia e d'un lungo naso che gli s'inarca sulla bocca. Pancia, pappagorgia e naso paiono posticci, quasi estranei a quella sua figura di spilungone. Egli parla rapidamente, accompagnando le parole con molti gesti analoghi, e si muove e cammina con la sveltezza d'una persona magra. Indossa una zimarra leggera, sotto cui, a ogni suo movimento, il pancione tremola, come una enorme palla gelatinosa.)

Corrado

(freddo) Buongiorno, professor Tabarra.

Don Giacinto

Un po' caldo, oggi, per chi ha fretta. Son venuto di corsa. (Soffiandosi col cappelletto rotondo) Otto minuti di ritardo! Dico otto, saranno sette. Ma son troppi ugualmente! Son troppi ugualmente! (Chiamando una volta a destra, una volta a sinistra) Enrico!... Enricuccio!... (Poi, di nuovo, a Corrado) Meno di un'ora per una lezione! Come si fa? Come si fa, ottimo signor Corrado? La materia è ampia, gli esami si avvicinano, Enricuccio è fuori di seminario, e temo che si sbandi, che si sbandi! Ha avuto il permesso per malattia.... Uhm! Uhm! Malato di pigrizia, starei per dire. (Chiama una volta a destra, una volta a sinistra) Enrico!... Enricuccio!

Corrado

Potrebbe darsi che non si senta nato per la vita che gli si è voluta tracciare.

Don Giacinto

Ah, no! Ah, no! Ah, no! La stoffa c'è, ottimo signor Corrado. La stoffa c'è. Natura spirituale, natura ascetica! Tal e quale suo padre.

Corrado

(con un piccolo soprassalto) Cosa?!..

Don Giacinto

Asceta vero, asceta puro, asceta purissimo quell'ottimo amico mio, rapito immaturamente alla devota prole e alla fedele consorte! Marito non infecondo per doverosa osservanza del settimo sacramento, ma dentro di lui!... l'asceta c'era, l'asceta c'era. E ne aveva tutta l'infinita bontà. (Estasiandosi) Era buono! Era buono! Era buono!

Clotilde

(rientrando) Chi era buono tre volte, professore?

Don Giacinto

(con un profondo inchino d'ossequio) Suo marito, signora.

Clotilde

Lasciatelo in pace dove si trova, quel poveretto.

Don Giacinto

Spiegavo all'ottimo signor Corrado l'affinità ereditaria tra Enricuccio e l'ottimo defunto.

Clotilde

Bravo!... Un pensiero felicissimo! (Per deviare) Intanto, Enrico non sa che siete qui. (Chiamando forte) Enrico!... C'è il professor Tabarra. Vieni subito.

La voce d'Enrico

Sì, mamma.

Clotilde

Vi raccomando, Don Giacinto: non troppo rigore. Quel ragazzo ha tanto bisogno di riposo!

Don Giacinto

Rigore, no. Rigore, no. E, col degno figlio di Don Ubaldo Carmineti, sarebbe superfluo. Ma sa, mia ottima signora, mia eccellentissima signora: teologia!... Materia ampia!

Clotilde

Restringetela voi un poco.

Corrado

(che è già presso l'uscio in fondo, aspettando e sbuffando) Gliela dia in pillole.

Clotilde

(raggiungendolo) Voi siete pregato di tacere. Eretico! (Indi, voltandosi) Restate a colazione con noi, professore, se non avete altri impegni. (Via per il parco, seguìta da Corrado.)

Don Giacinto

(andando fino alla soglia, striscia riverenze su riverenze) Grazie distinte, mia ottima signora! Invito graditissimo. Profitterò. Grazie distinte! Grazie distinte!

SCENA SETTIMA.

Enrico

(entra, recando, con ostentazione, i suoi grossi libri. È pallidetto, d'un pallore di noia e di svogliatezza mal superata. Si avanza mentre Don Giacinto si sprofonda ancora in inchini sulla soglia.) Sono qua, professore. (A traverso il suo contegno reverente e untuoso traspare una certa vivacità contenuta.)

Don Giacinto

(girando su sè stesso) Finalmente, vi siete compiaciuto!

Enrico

(fa per baciargli la mano.)

Don Giacinto

(la ritira con modestia) Meno baciamani, e più studio, figliuolo! Svelto sveltino, al lavoro, al lavoro! (Gli prende i libri e li depone sul tavolino.)

Enrico

... E la mamma?

Don Giacinto

L'ottima signora mamma è uscita in questo momento con l'ottimo signor Corrado.

Enrico

(correndo verso il parco) Mamma! Mamma!...

Don Giacinto

(correndo dietro di lui e afferrandolo per la sottana) Ma dove andate, adesso?

Enrico

La mamma mi aveva promesso di raccomandarvi....

Don Giacinto

(tenendolo pel braccio e avvicinandolo al tavolino) So bene. So bene. So benissimo. Avete bisogno di riposo. Mettetevi a sedere, e riposatevi. Parlerò io, lavorerò io, mi affaticherò io. Ma poi sarete bocciato voi.

Enrico

(con umiltà artificiosa) È interesse mio, professore, di sbrigarmi. Non vedo l'ora di dedicarmi alla missione che m'è stata assegnata.

Don Giacinto

(soddisfatto) Questo è parlar da senno, questo è parlar da senno. Concentriamoci, dunque, mio ottimo Enricuccio, e procediamo.

(Siedono, dirimpetto, presso il tavolino.)

Enrico

(si concentra.)

Don Giacinto

Continueremo, oggi, a lumeggiare il concetto substanziale del razionalismo e dell'idealismo nella dottrina di San Tommaso, che sarà sempre la nostra guida superna nell'immensurabile cammino che dobbiamo percorrere. Dicemmo ieri ciò che, per Lui, sono le «idee». Idea in Deo nihil aliud est quam Dei essentia. Ma... a questo punto soffermiamoci per non incorrere nelle confusioni del vulgo. Per hoc excluditur quorundam error qui dicebant omnia ex simplici divina voluntate pendere absque aliqua ratione. È chiaro?

Enrico

(che non ha capito nulla)... Non molto.

Don Giacinto

(paziente — con una intenzione che vorrebbe essere persuasiva) Voluntas intellectum sequitur. Bonitatem suam ex necessitate....

Enrico

(animandosi a un tratto e spezzandogli la frase) Un'automobile, professore!...

(Si ode, infatti, di lontano, il fragore d'un'automobile a tutta velocità.)

Don Giacinto

Cerchiamo di non distrarci, figliuolo! Bonitatem suam....

Enrico

(tendendo gli orecchi) Si sta fermando!

Don Giacinto

Lasciatelo fermare. Non m'interrompete. Bonitatem suam....

Enrico

Pare che si fermi dal lato superiore della villa. Chi sarà?

Don Giacinto

Che volete che ne sappia, io?

Enrico

Ecco: avete sentito?... S'è fermata. (Scatta in piedi.)

Don Giacinto

(grida) Ma state cheto, Enricuccio!

Enrico

Vado a vedere dal terrazzino.

Don Giacinto

Io vi proibisco di muovervi!

Enrico

Non arriva mai nessuna automobile fin qui. Un po' di curiosità, professore! (Salta via, precipitosamente, per la porta a sinistra.)

Don Giacinto

(si alza, urla, si congestiona) Enricuccio, dico!... Voi trattate il vostro maestro come se fosse un citrullo vestito! Non è questo il modo di comportarvi!... E che San Tommaso vi potete imparare, così? (Poi, tra sè, agitandosi) Io mi vedo perduto. Io mi vedo perduto. Il tempo stringe. La materia è ampia! E fa caldo, per giunta.... Fa caldo! (Si soffia col suo cappelletto.)

SCENA OTTAVA.

Nanetta

(di fuori, vociando) Zia Clotilde!... Zia Clotilde!... (Indi, più velocemente) Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde!

Don Giacinto

Oh Oh! Che carrucola!

Nanetta

(entra a passi rapidi, ripetendo:) Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde! (Vede Don Giacinto e, senza badargli, senza fermarsi, lo saluta appena) Buon giorno, signore! (Fa un giro per la stanza continuando vertiginosamente) Zia Clotilde, zia Clotilde, zia Clotilde, (infila la porta a destra) zia Clotilde, zia Clotilde.... (La sua voce si allontana.)

Don Giacinto

(l'ha seguìta con lo sguardo, intontito.)

Enrico

(tornando) Ho visto slanciarsi dal cancello superiore del parco una signora; ma non ho capito chi è.

Don Giacinto

Io, invece, l'ho capito. È una maniaca. Sicuro! Una maniaca che ripete cento volte in un minuto «zia Clotilde».

Enrico

Una maniaca?!.. Ma no.... Dov'è?!..

Don Giacinto

Sta perlustrando liberamente tutta la casa. Eccola qui!...

Nanetta

(di dentro) Zia Clotilde, zia Clotilde, zia Clotilde.... (Venendo diritta, s'incontra, di faccia, con Enrico e gli si ferma davanti) Oh oh!... Il cuginetto prete, forse?... (Vivacissima) Io so d'avere un cuginetto prete, o quasi prete. Siete voi?

Enrico

(guarda impastoiato.)

Nanetta

Se è certo che siete mio cugino, vi do subito del tu e vi abbraccio.

Enrico

(sempre più impastoiato)... Io sono Enrico.

Nanetta

Io sono Nanetta.

Enrico

Ma sì.... Ora vi riconosco. Da che sono entrato in seminario non ho avuto più l'occasione di vedervi. Là per là, non potevo riconoscervi.

Nanetta

E io, ugualmente. Mi ti ricordavo un puttino, ti ritrovo uomo. Cioè... cioè: uomo non è la parola esatta. Vestito in cotesta maniera!...

Enrico

È vero.

Don Giacinto

(preso da una specie di spavento, si agita più che mai, tentando di appartarsi. Sembra un pappagallo che, in allarme, si rabbuffi.)

Nanetta

(a Enrico, con brio crescente) Intanto, non ti ho abbracciato. (Fa per abbracciarlo.)

Enrico

(evitando, arrossendo) No, no.... Grazie....

Nanetta

Guarda lì. Sempre lo stesso!... Nemmeno quando eri un mocciosetto ti lasciavi abbracciare da me. (Si scioglie il fitto e abbondante velo che le avvolge la testa.) E ricordo che me ne arrabbiavo, perchè i bambini erano la mia adorazione e la mia aspirazione. Avevo poco più di vent'anni e già avrei voluto esser madre di tre o quattro marmocchi. (Con capricciosa mutevolezza, indicando Don Giacinto, abbassa la voce, ma non tanto che egli possa non udire.) E dimmi: quel signore, che è più prete di te, chi sarebbe?

Enrico

(sulle spine — presentandolo) Il mio maestro di teologia: il professor Tabarra.

Nanetta

(affrettandosi a presentarsi da sè e a stringergli la mano) Nanetta d'Altuna, felicissima di conoscerla! Io non so bene di che si tratti, ma deve essere interessante la teologia....

Don Giacinto

(con una gran voglia di svignarsela) Sì.... È probabile.

Nanetta

Assisterò volentieri a qualche lezione. Purchè sia roba per signorine, beninteso,... come, per esempio,... Il padrone delle Ferriere, Il romanzo d'un giovane povero....

Don Giacinto

(storce il viso, fa gli occhi d'un bue.)

Nanetta

(gettando, a molta distanza, sul canapè, il velo che s'è tolto e la borsetta di viaggio) A scanso d'equivoci, professore, io sono ancora una signorina. Forse lei ne ha dubitato vedendomi giungere qui, tutta sola, in automobile. Ma io, oramai, americaneggio, sa. Ho fatto per troppo tempo la signorina italiana. N'ero stufa! Due piedi in una scarpa.... Capirà!... E poi ce l'ho nel sangue un po' d'America. Mia madre — la moglie dello zio di Enrico — è un'americana. A lei, professore, evidentemente, non piacciono le signorine americaneggianti come me.

Don Giacinto

Se non ho aperto bocca!...

Nanetta

Scusi: perchè non le piacciono?...

Don Giacinto

Chiedo licenza.... I miei rispetti, i miei rispetti, i miei omaggi, i miei ossequi.... (Se la svigna verso il parco, tenendosi con una mano la pancia, mettendosi con l'altra il cappelletto sul cocuzzolo.)

Enrico

E la lezione, professore?!

Don Giacinto

(allungando le gambe e uscendo) Tornerò! Tornerò, figliuolo! Tornerò. Tornerò.

SCENA NONA.

Nanetta

È buffo il tuo professor Tabarra!

Enrico

(timido) E voi... voi siete... piuttosto allegra, mi pare.

Nanetta

Altrochè.... (Effimera) Allegrissima! E sin dalla nascita sono allegrissima! Di solito, si nasce piangendo?... Mi è stato assicurato che io, viceversa, nacqui ridendo. (Col pensiero saltellante) Ma, dunque, che n'è di questa zia Clotilde? Dove si cela?

Enrico

La mamma è uscita insieme col signor Liberti.

Nanetta

Ahi... Col signor Corrado?

Enrico

Lo conoscete molto?

Nanetta

(con una particolare intonazione) Sì, abbastanza!... Che siano andati alla stazione per ricevermi?... È possibile, perchè io avevo annunziato alla zia il mio arrivo senza avvertirla che sarei venuta in automobile.

Enrico

Mi duole che la mamma non sia in casa....

Nanetta

Mentre sto ad aspettarla, mi terrai compagnia tu, spero.

Enrico

Come volete.

Nanetta

E sarai, certamente, molto cortese, molto galante. Ti è proibito di essere galante?

Enrico

(confuso) Non credo.

Nanetta

Se non ti è proibito, comincia col togliermi questa spolverina. (Svoltandosela già sulle spalle) Articolo primo della galanteria: «L'uomo deve togliere la spolverina alla donna».

Enrico

(preoccupato) Mi proverò.

Nanetta

Animo, cuginetto, chè pericoli non ce ne sono!

Enrico

(goffamente, cerca di eseguire.)

Nanetta

Aspetta, che mi laceri qualche cosa. Ciò non è prescritto dal codice della galanteria. Anzi! Divieto assoluto di lacerare!... Pianino pianino.... Bravo!... Così!...

Enrico

(soddisfatto) Devo togliere altro?

Nanetta

Ah, no!... Togliere altro, no! E adesso, tu mi inviti a sedere, e io seggo: io t'invito a sedere, e tu siedi.

Enrico

(resta lì, immobile, attento, a guardarla, tenendo la spolverina, delicatissimamente, come se fosse una preziosa ragnatela, con la punta delle dita.)

Nanetta

Non hai inteso?

Enrico

(scotendosi) Ho inteso, sì! Ecco.... (D'urgenza, pone la spolverina sul canapè, afferra una sedia e gliela offre.)

Nanetta

(siede) Benissimo. (Indi, con i gesti, gli dice di pigliare un'altra sedia e di sedere presso di lei, dirimpetto.)

Enrico

(obbedisce.)

Nanetta

Benissimo! (Pausa. E, d'un subito, assillata da un'impellente curiosità, vivamente comincia) Sicchè... (Ma s'interrompe e si trattiene per non rivelarsi.)

Enrico

Sicchè?...

Nanetta

Di che cosa vogliamo discorrere, cuginetto?

Enrico

A vostro piacere.

Nanetta

Discorriamo un po'... discorriamo un po'... del signor Corrado. Eh?

Enrico

Discorriamo un po' del signor Corrado.

Nanetta

Qui, in campagna, lo vedete spesso, voialtri?

Enrico

Assai spesso lo vediamo. Egli è di casa. E poi il villino suo è attaccato alla nostra villa. I due parchi ne formano quasi uno solo. Non li divide nemmeno una siepe.

Nanetta

(arzigogolando per conto suo, tace.)

(Un silenzio.)

Enrico

(per prolungare il discorso) Se non m'inganno, una volta, anche quel villino apparteneva a noi: alla famiglia Carmineti.... E, una ventina d'anni fa, egli deve averlo comprato dal mio babbo, di cui era intimo amico.... Perciò i due parchi....

Nanetta

No, vedi, di tutto questo non me ne importa niente.

Enrico

(con semplicità) Discorrevo del signor Corrado per accontentarvi.

Nanetta

(irrequieta, bisbetica) Te ne ringrazio, ma.... passiamo oltre. Basta di lui! Sì, basta, basta! Perchè non ci occupiamo di te, invece? Ne so così poco! Desidero saperne un tantino di più.

Enrico

(con una certa emozione) Non ne vale la pena....

Nanetta

(canzonandolo graziosamente) O cielo! Com'è modesta Sua Eminenza!... (Mutando) Ma sai che quanto più ti guardo più mi sembri diverso da tuo fratello primogenito? Siamo stati insieme, a Napoli, parecchie ore, di recente. Posso far bene il raffronto. Nessuna rassomiglianza tra voi due. Nessuna! E io preferisco te. Egli, si capisce, ha i vantaggi che gli dànno l'uniforme d'ufficiale di marina e il suo tenore di vita brillante. In complesso, intendiamoci, è un amore di giovanotto. Ma in te c'è più fondo: c'è un non so che di più intrinseco. Ho l'occhio esperto, io!... È proprio un peccato che ti sei fatto prete!

Enrico

Cioè... cioè... mi farò prete. Non lo sono ancora.

Nanetta

A vederti si direbbe di sì.

Enrico

Ce ne vuole del tempo prima ch'io sia in grado d'ordinarmi in sacris. Per ora, sto chiuso in seminario.

Nanetta

Io t'ho trovato qui. Hai l'ubiquità di Sant'Antonio?!

Enrico

Ho avuto una licenza per ragioni di salute.

Nanetta

Per ragioni di salute!... Povero figliuolo!... Di che sei malato?

Enrico

Non saprei.... Lì, in seminario, avevo dei turbamenti, dei capogiri, degl'incubi....

Nanetta

Oh, che brutta storia è questa!... Ma di' a Nanetta, ragazzo: in sostanza, te la senti o non te la senti la vocazione?

Enrico

Quale?

Nanetta

Dio benedetto, la vocazione del sacerdote!

Enrico

Me la sento, me la sento.

Nanetta

In coscienza?

Enrico

In coscienza.

Nanetta

La mia impressione è che quella non sia una faccia di sacerdote.

Enrico

A poco a poco, lo diventerà.

Nanetta

Lo diventerà se ti truccherai, come fanno gli attori. Ma, sotto la truccatura, ci resterà sempre una faccia destinata... a tutt'altro.

Enrico

A che?

Nanetta

Auff!... Che domanda oziosa!

Enrico

Io non capisco.

Nanetta

Neanche approssimativamente?

Enrico

(abbassando gli occhi) E come potrei capire, cugina?

Nanetta

(con un lieve sgarbo, alzandosi) Vai, vai!... Vedo che in seminario ti hanno già inoculati... i semi della finzione!

Enrico

(mostrando un improvviso rammarico) Non dovete, per un nonnulla, formarvi un cattivo concetto di me.

Nanetta

È inutile. La finzione non mi garba, non mi piace. È inconciliabile col mio temperamento. Guarda: io ero felice del nostro incontro come se avessi ritrovato, dopo una lunga lontananza, un fratellino fatto grande; e quel tuo contegno di monacella al confessionale mi guasta tutto.

Enrico

(per giustificarsi) Eppure, cugina... se voi vi metteste nei miei panni....

Nanetta

Sarei un seminarista alquanto sospetto in seminario!

Enrico

No, non scherzate su questo!... Se vi metteste nei miei panni, intendereste voi stessa che qui dentro (accenna agli abiti che porta) si finge un po', è vero, ma si finge inconsciamente....

Nanetta

E, per giunta, ti ostini a darmi del voi, il che mi riesce opprimente!... Come si fa a dare del voi a una cugina?... E poi, è così bello il tu! È così buono! Aiuta a diventare schietti, a diventare leali....

Enrico

Ma non è rispettoso e il dover mio è di rispettarvi.

Nanetta

Obbligatissima! Non voglio essere rispettata. Il rispetto mi accresce gli anni. Ne ho già abbastanza.

Enrico

Vorrei averli io gli anni che avete voi!

Nanetta

Perchè tu, con gli anni che ho io, saresti per lo meno vescovo; ma io non lo sono. (Con burlesca imperiosità) Insomma, poche chiacchiere: se da oggi innanzi non mi dai del tu, ti abolisco come fratello!

Enrico

(animandosi, levandosi) «Da oggi innanzi» avete detto?... (Correggendosi e ripetendo per abituarsi:) «hai, hai detto», «hai detto».

Nanetta

Da oggi innanzi: precisamente.

Enrico

(giubilante) Ciò significa che resterai un pezzo con noi!

Nanetta

Chi lo sa! (Sospirando) Io lo spero!... Dipenderà da un affaraccio!

Enrico

Da un affaraccio?!..

Nanetta

Purtroppo, cuginetto! Tutta la mia vita dipende, oramai, da uno di quegli affaracci che càpitano addosso, quando il diavolo ci mette la coda. Lo conosci personalmente, tu, il diavolo?

Enrico

(sorridendo con riservatezza) Personalmente, no.

Nanetta

Io, sì. Tu vedessi che po' po' di coda!... Ci si inciampa e non c'è più modo di trovare l'equilibrio. (Con una scherzosa aria di mistero) Sono innamorata, pretino mio!... Accidenti all'amore e a chi lo inventò!... Non furono mica Adamo ed Eva, sai. Quei due lì inventarono una faccenda più pratica.

Enrico

(di nuovo imbarazzatissimo, riabbassa gli occhi.)

Nanetta

Vieni qua! Vieni qua! (Espansiva, quasi gioconda, tirandolo per la tonaca, lo fa risedere, accanto a lei, sul canapè ingombrato dal velo, dalla borsa, dalla spolverina.) Ora che siamo intimi, possiamo tornare utilmente al nostro degno signor Corrado. Raccontami tutto! Mettimi al corrente!... Come impiega il suo tempo?... Sempre attorno alle donne, immagino! Sempre in cerca d'avventure! E, in mancanza di meglio, si arrangia coi prodotti campestri! Non ho indovinato?

Enrico

(col fiato corto, arrossendo) Sono cose che io ignoro.

Nanetta

No, cuginetto bello! Se ricominci a fare l'ingenuo, mi casca il pane di bocca!... Tu devi secondarmi. Devi agevolarmi anche!

Enrico

In quello che mi è permesso....

Nanetta

Santa pazienza! Questa tua futura mitria è un castigo di Dio.... Be', mi darai, almeno, delle informazioni d'altro genere. (Tutta accesa, le pupille sfavillanti) Per esempio, dimmi, dimmi: parla mai di me, lui, con la zia? E, se ne parla, come ne parla?... Mi loda? Mi ammira? Mi biasima? Mi disprezza?

Enrico

In verità, non mi consta che con lei parli di voi.... Uh! m'è scappato il voi per isbaglio.

Nanetta

Vile!

Enrico

Chi?

Nanetta

Lui.

Enrico

(genuinamente) Il signor Corrado è vile?!

Nanetta

Vilissimo. Già, tutti gli uomini sono vili. E quando, eccezionalmente, non sono vili, sono uomini per metà.

Enrico

Forse, cugina, è per l'inconveniente della viltà che sinora non ti sei voluta maritare?

Nanetta

(con un clamoroso slancio di sincerità) Non mi son voluta maritare io? Dio degli dei, io ne ho avuta costantemente la buona intenzione! Sull'inconveniente della viltà sarei stata prontissima a chiudere gli occhi! Che diamine!

Enrico

E allora?...

Nanetta

Ti pare strano ch'io sia rimasta a terra? Hai ragione! Si vede che sei un ragazzo molto intelligente. E bada che sono stata amata da un'enorme quantità di uomini.... Un esercito!... Senonchè, quei pochi ch'erano disposti a sposarmi mi disgustavano tanto ch'io non me li sarei presi per marito neppure con la certezza d'avere un regno, e tutti gli altri poi mi amavano svisceratamente... a condizione di non sposarmi.

Enrico

(sbigottito) Oh!... E perchè?

Nanetta

T'interessa di saperlo?

Enrico

Sicuro che m'interessa!

Nanetta

Ma, caro il mio pretino, tu sei un tesoro!... Finalmente trovo qualcuno che mi autorizza a parlare dei miei guai! Mi sembra di togliermi un bavaglio!... Una disgraziata fanciulla matura, tra gli altri suoi tormenti, ha quello di dover serbare un disinvolto silenzio sulle sue disgrazie antimatrimoniali! C'è da morirne!... Tu mi domandi perchè mi hanno amata a condizione di non sposarmi? Te lo dico subito: perchè io ho i connotati della donna poco sposabile.

Enrico

(protestando) Ma che!

Nanetta

È così. Dev'essere così, pretino mio. È la sola spiegazione logica. Io riconosco che mi si debba credere disadatta al matrimonio da quando, per dispetto, faccio il comodo mio; ma se non mi fossi persuasa d'avere dei connotati speciali io non potrei spiegarmi quel che mi è accaduto anche prima, quel che mi è accaduto sempre! Appena giovinetta, già sentii intorno a me qualche cosa di molesto, qualche cosa di offensivo. E al primo uomo da cui ebbi una dichiarazione d'amore parve naturalissimo di slanciarsi per darmi un bacio.

Enrico

(quasi interrogandola con gli occhi pieni d'ira) Ma non te lo diede!...

Nanetta

Ah, no! Fui più svelta io a dargli uno schiaffo.

Enrico

(con fiera soddisfazione) Perbacco!

Nanetta

E quanti altri ho dovuto darne fino a oggi!

Enrico

(esaltandosi di ammirazione e cercando le parole) Ma, dunque,... tu sei... tu sei...

Nanetta

Io sono, nè più nè meno, come dovrai essere tu se ti metterai sul serio a fare il sacerdote.

Enrico

Già!

Nanetta

A ogni donna che vorrà regalarti un bacio, ttà, un ceffone.

Enrico

(ostenta una risatella) Eh eh eh eh!

Nanetta

Ci ridi?... Meglio non riderci, caro. Se ne danno magari cento con un gusto matto, ma è probabile che il centunesimo si dia di mala voglia, perchè... a lungo andare... So io quello che dico! (Infervorandosi e infervorandolo) Vuoi un consiglio da Nanetta, pretino?... Giacchè sei ancora in tempo, smettila! smettila!

SCENA DECIMA.

(Dalla porta del parco, Don Giacinto, inosservato, fa capolino come per spiare.)

Enrico

(emozionatissimo, continua a ridere ostentatamente) Sì, smetterla!... Come se fosse niente!... A consigliare si fa presto!...

Nanetta

Chi ti obbliga?... Fammi capire. Chi ti obbliga?... La mamma, forse, soffiata da quel pappagallone del professor Tabarra?

Don Giacinto

(che, attratto dall'argomento, si è avanzato fino alla soglia, trasalisce allungando il naso e, sulla punta dei piedi, tutta la persona.)

Enrico

Nessuno mi obbliga, ma io so che ci teneva molto la buon'anima del babbo.

Nanetta

(con crescente animazione) Non importa! La buon'anima del babbo ti assolverà. Mandagli delle scuse all'altro mondo, e getta al vento il collarino! Hai avuto il piacere di nascere uomo, perdinci, e vai a cacciarti nella medesima galera, nei medesimi ceppi da cui sono martirizzate le povere donne senza marito!

Enrico

(ride più di prima, ma il suo riso è divenuto nervoso) Non dire così, cugina, che mi spaventi con le tue parole...

Nanetta

(presa da una bizzarra giocondità aspra e chiassosa) Viva la libertà, pretino mio! Io lo grido come dal fondo di una prigione, tu puoi gridarlo all'aperto, con l'impeto d'una locomotiva in partenza!

Enrico

(in una repentina ebbrezza d'eroismo bambinesco) Orbene, cosa credi? Che io abbia paura di gridarlo?.. T'inganni a partito. Io so averne del coraggio, se voglio. Viva la libertà!

Nanetta

(che, in questo momento, con la coda dell'occhio ha scorto Don Giacinto) E abbasso il professor Tabarra!

Don Giacinto

Eeeh?!... (Fa un salto e, all'istante, se la dà a gambe.)

Enrico

(voltandosi, spaurito) Chi è?

Nanetta

(dissimulando) Nessuno.

Enrico

Io ho udita una voce.

Nanetta

Io non ho udito niente.

Enrico

(corre alla porta e allibisce.) Era proprio il professore!

Nanetta

(raggiunge Enrico, battendo le mani, schiamazzando) L'avevo visto, sai! Faceva la spia... L'avevo visto!... Guarda, guarda come l'ho messo in fuga!... (E, mentre si diverte a guardarlo fuggire, ha una forte scossa e cessa di schiamazzare.) Cugino!... È lui o non è lui?

Enrico

È il professore: te l'accerto.

Nanetta

Ma no! Non parlo più di quel coso. Dico: laggiù, nell'altro viale...

Enrico

Ah, nell'altro viale è il signor Corrado. Si avvia appunto da questa parte.

Nanetta

(assalita da un orgasmo folle, va di qua e di là per la stanza) Poveretta me! Sono tutta devastata dalla polvere... Sono tutta scarruffata... Avresti potuto condurmi nella stanza di toilette della zia, piuttosto che chiacchierare di tante sciocchezze!

Enrico

Sei stata tu a volerne chiacchierare!

Nanetta

Non so perchè, io non mi aspettavo che venisse adesso! Pretino mio, che sbattimento di cuore! Vuoi sentire?...

Enrico

Non è necessario: me l'immagino...

Nanetta

E che gli accade a quel vilissimo uomo che non arriva ancora?

Enrico

Ha i dolori articolari alle gambe.

Nanetta

Non è vero! Non può averli, lui, i dolori articolari! (Torna, febbrile, alla porta in fondo) È lì! S'è fermato nell'aiuola e coglie dei fiori. (Rientra rapidamente) Tanto meglio! Avrò il tempo di riparare un po' alle avarie. Devo avere una faccia pallida, gialla, verde... In questo salotto non c'è neppure uno specchio!... Ma fortunatamente ho io tutto quel che mi occorre... (Si dà da fare con una prodigiosa celerità. Cava dalla sua borsa uno specchietto col manico e due scatolini) Presto, a te: tienimi bene il mio specchietto: il più crudele, ma il più sincero dei miei amici.

Enrico

(piglia lo specchietto e lo regge a due mani, pel manico, come i sacerdoti reggono il calice della messa.)

Nanetta

(apre i due scatolini: uno contiene la cipria, l'altro il rossetto.) E qui dentro c'è la gioventù e c'è la bellezza. Vedrai! (Si mette davanti allo specchietto.) Più su!

Enrico

(lo alza troppo.)

Nanetta

Più giù!

Enrico

(lo abbassa troppo.)

Nanetta

(si curva, si raccorcia per guardarsi.) Misericordia, come sono mostruosa, oggi!

Enrico

Non mi pare, cugina...

Nanetta

(dandosi il rossetto e la cipria) Più su!... Più giù!... Più su!... (Irritata, imbizzita, sconfortata) Ma già, è lo stesso. O più su, o più giù, questa roba mi fa anche più mostruosa!...

Enrico

(con semplicità) Che ti faccia meno bella è certo.

Nanetta

(ha una nuova scossa: il sangue le dà un tuffo alla testa) Se non mi sbaglio, un rumore di passi!... Io mi nascondo.

Enrico

Ti nascondi?!...

Nanetta

Sì, mi nascondo, mi nascondo, perchè non voglio che mi veda così orrida. Non voglio! (Raccoglie in un attimo la borsa, il velo, la spolverina, gli scatolini) E bisogna ch'egli non sappia che sono già arrivata. Hai capito?... Hai capito?... Bisogna che non lo sappia!

Enrico

(andandole dietro e porgendole lo specchietto) E quest'arnese, cugina?...

Nanetta

(senza ascoltarlo) Io mi nascondo! Addio, addio, addio... (Esce difilato per la porta a destra e gliela chiude sul viso.)

Enrico

(voltando le spalle alla porta, resta in asso, interdetto, col piccolo specchio tra le mani.)

(Proprio in questo momento entra, dal parco, Corrado — recando un fascio di rose.)

SCENA UNDICESIMA.

Corrado

(nel vedere Enrico, si ferma, meravigliato, in un atteggiamento scherzoso) Che fai con quello specchio, tu?

Enrico

Niente...

Corrado

Civettone!... Un bel modo di prepararsi alla vita sacerdotale!

Enrico

(con una repentina temerità) E se invece io mi preparassi a rinunziarci, signor Corrado?

Corrado

(ha un moto di sorpresa) Bravo!... (Indi, tacendo, gli si avvicina, piano piano. — Gli solleva il mento. — Lo fissa in un misto di guardinga commozione e di compiacenza quasi orgogliosa.) Ne ho molto piacere. Meriti... una rosa... colta da me. (Ne sceglie una e gliela offre.)

Enrico

(ridiventa d'un subito timidissimo e, con una inconsapevole freddezza diffidente, prende la rosa, in silenzio.)

(SIPARIO.)

ATTO SECONDO.

Il boudoir del quartierino occupato da Nanetta. Vi si entra passando per una veranda che è in fondo, e alla quale si accede, dal parco, per una scaletta che non si vede. L'angolo destro della stanza è tagliato dal vano d'un finestrone ad arco; l'angolo sinistro è tagliato da una specie d'alcova tra le cui tendine, un po' dischiuse, s'intravvede una piccola camera da letto. L ambiente, concentrato e civettuolo, è reso anche più grazioso dal capriccio di Nanetta che ha sparsi dovunque ninnoli bizzarri, pianticelle di serra, soffici cuscinetti ricamati, fotografie, brani di stoffe preziose. È evidente un po' di disordine vissuto. Sopra un sofà, un libro. Sulla toletta, tra le spazzole e i pettini, un asciugamano, qualche nastro, qualche fiore. Sopra una sedia, un accappatoio.

E tutto ciò ha un aspetto d'intimità profumata.

L'uscio della veranda e il finestrone sono aperti.

SCENA PRIMA.

(La stanza è al buio. Ma dalla veranda e dal finestrone penetrano i riverberi d'una luce mista, diffusa dalle luminarie del parco sottostante, dove sta per terminare, in pieno fervore, una festa campestre. Si scorge qualche luminoso globicino giapponese tra le cime degli alberi. E, come portate dagli stessi riverberi, giungono le note di un «two step», sonato a mo' di marcia da una vivace orchestrina, e un fluttuare di voci femminili e maschili, ora più vicine e più animate, ora più lontane e più lievi.)

Nanetta

(venendo di giù, passa, in fretta, per la breve veranda ed entra. Ella indossa una veste da ballo estiva, d'una eleganza meno semplice e più raffinata di quella che s'addice a una fanciulla. Ha il viso sfiorito, stanco, d'un pallore di sofferenza chiusa. Ha gli occhi cerchiati di livido, le labbra stirate, e agli angoli della bocca, come un segno d'amarezza. Appena entrata, si ferma dilatando il petto in un respiro ampio. Si vede che è venuta urgentemente a cercare la solitudine e il buio come una liberazione. Indi, nervosamente, si affretta a togliersi i guanti che lascia cadere a terra, siede presso una scrivanietta, poggia il viso tra le palme delle mani, quasi invocando di poter piangere. Dopo qualche momento, comincia, difatti, a piangere, a singhiozzare.)

(L'orchestrina cessa di suonare. — A un tratto, una voce si distingue nel brusìo e si leva, indiscreta. È la voce di Enrico.)

La voce di Enrico

(chiamando) Cugina Nanetta! Ti abbiamo vista, sai! Ci siamo accorti che te la sei svignata!

(Poi, subito, si levano altre voci:)

— È stato un vero tradimento, signorina!

— A me, lei aveva promesso l'ultimo giro di two step!

— A me, aveva promesso un pezzetto del velo che non le ho lacerato abbastanza!

— A me, la gardenia che portava sul petto!

— Venga almeno per lasciarsi salutare.

(L'orchestrina riattacca la musica del «two step» con più brio di prima.)

Una voce femminile

Anche noialtre desideriamo di salutarla, signorina Nanetta! Non importa che ci ha rubati i cuori di tutti i nostri cavalieri!

Tutte le voci

(si confondono in un crescendo:)

— Venga! Venga!

— Vogliamo la signorina Nanetta!

— Vogliamo la signorina Nanetta!

(E dalla veranda e dal finestrone irrompono, come una pioggia, coccarde, nastrini, lustrini, stelle volanti di «cotillon», mazzetti di fiori e altri graziosi proiettili, avanzati dal ballo campestre.)

Nanetta

(per sedare quel fastidioso diavoleto, trattenendo le lagrime e i singhiozzi, rabbiosamente, va alla veranda, e in un tono di falsa cortesia, grida:) Chiedo scusa, signori. Chiedo mille volte scusa...

(Appena ella s'affaccia, scoppiano gioiose acclamazioni e battimani:)

— Viva la signorina Nanettaaaa!...

Qualcuno

(comicamente sbraita:) Lasciatela parlare!...

(Si fa silenzio.)

Nanetta

Ma no. Nessun discorso. Voglio soltanto pregare tutti e tutte di perdonarmi perchè sono stata presa da un terribile mal di capo.

(La piccola folla, giù, accoglie queste parole con un lungo oh! di desolazione.)

Una voce

Allora, ci perdoni lei, signorina, d'averla importunata.

Un'altra

Siamo mortificatissimi.

Nanetta

Non c'è di che, signori. E buona notte, buona notte!

(Rientra bruscamente e si getta sopra il sofà, abbandonando la testa sulla spalliera.)

La piccola folla

— Grazie, signorina Nanetta!

— E mandi via il suo mal di capo!

— Buon sonno e buoni sogni!

La voce femminile

Senza rimorsi!

La voce di Enrico

Basta quella musica, eh!

Un'altra voce

Sì, basta! basta! Senza la signorina Nanetta, non si può ballare più!

(L'orchestrina tace.)

Un'altra voce

(con intenzione spiritosa, accennando il canto) «Cittadini, alle case tornate!»

(Si ride. — Il vocìo si allontana.)

SCENA SECONDA.

Enrico

(dalla veranda, premuroso. Egli ha assunto un aspetto di giovanotto quasi elegante. Indossa lo smoking con una certa disinvoltura. Il suo volto sembra mutato, con i baffetti che spuntano già, con i capelli accuratamente ravviati.) Come mai, Nanetta?... Vuoi qualche cosa?... Vuoi il dottor Castoldi?... Se n'è andato or ora: mando un domestico a raggiungerlo?...

Nanetta

(ricomponendosi) No, Enrico. Sono stanca. Sono nervosa. Nulla di serio, certamente. Torna giù, tranquillo. Facevi con tanto garbo gli onori di casa! Devi continuare fino all'ultimo.

Enrico

Nessuno si avvedrà che sono sparito.

Nanetta

Ma non è corretto.

Enrico

Si accomiatavano tutti. C'è la mamma per salutarli. E poi... un ballo campestre, un ballo all'aria aperta, esclude molte formalità. Me l'hai detto tu stessa, stasera, quando ti chiedevo dei suggerimenti per sapermi regolare. (Breve pausa) Ti do noia?

Nanetta

(fredda) Al contrario.

Enrico

Forse, non avrei dovuto entrare senza il tuo permesso; ma ho temuto che tu stessi male, e, per la fretta d'aver notizie....

Nanetta

Non ti giustificare. Sai bene che tra noi...

Enrico

E sì!... (Celiando contro voglia) Ho fatto già quattro lunghi mesi di apprentissage per essere adottato definitivamente come fratello. Oramai, l'adozione mi spetta.

Nanetta

Senza dubbio.

Enrico

(a disagio) Ci tieni a restare al buio?

Nanetta

No.

Enrico

Non ti dispiace se illumino?

Nanetta

Mi è indifferente, caro.

Enrico

Io, al buio, mi sento mancare il respiro. (Voltando una chiavetta della luce elettrica) Ah!... Ecco qua!... Lux facta est, e sia benedetta la luce! (Guardando lei) Eccetto però... se vogliamo nascondere d'aver pianto.

Navetta

(aspra) Non è vero che io abbia pianto!

Enrico

Tu neghi, ma gli occhi rossi ti tradiscono. Hai pianto perchè domani parte il signor Corrado. E io, invece, ti dichiaro che ne sono arcicontento. (Con giovanile impulsività) Non è degno di te il signor Corrado. No, no, e poi no! Ti scalda la testa e ti circuisce, senza avere, neanche lui, la più lontana idea di sposarti. E questa è un'azione obbrobriosa!

Nanetta

(ascoltando, si concentra in sè, con gli sguardi fissi nel vuoto.)

Enrico

(sedendole vicino, sul sofà) E io vedo che lo pensi tu pure. Non lo dici, ma lo pensi. Sì che lo pensi, Nanetta!... E sai qual'è la rabbia mia? È che io non sia nato un po' prima. Mi tocca a recitare ancora la parte del bébé. Mi è proibito di cantargliene quattro come gliele saprei cantare!... È un vecchio amico di famiglia? E che me ne importa? Al vecchio amico di famiglia griderei sul muso appunto che egli ha abusato della fiducia che si ripone in lui, e che quando, perdio!...

Nanetta

(troncando severamente) Non potresti parlare d'altro, Enrico?

(Pausa.)

Enrico

(imbronciato) Di che devo parlare? È abbastanza logico che io ti parli di quello che più t'interessa.

Nanetta

È stupido che tu ti adiri perchè neanche il signor Corrado mi sposa. Io non ci trovo nulla di strano. Per quale ragione dovrebbe sposarmi proprio lui?... (Ride amaramente) Ah! ah! ah!... Sposare Nanetta! Ci scherzi?... Cascherebbe il mondo!

Enrico

A scanso d'equivoci, non supporre che io mi compiacerei molto se ti sposasse. Che sia stato un Don Giovanni della peggiore risma, tu non lo ignori; e adesso non è che un disastro ambulante. Per lui, il matrimonio sarebbe un rifugio da invalido. Bell'affare!... Sì, a furia di stringarsi, a furia d'imbalsamarsi, la dà ancora a intendere. Ma bisogna vederlo la mattina, prima che abbia fatto la sua toilette! Ha tutti i connotati d'un vecchietto malaticcio, e ridicolo, per giunta! Gli si offrirebbe volentieri l'omaggio di un paio di pantofole ricamate e d'un paio di grucce intarsiate.

Nanetta

Quanta inesperienza, mio buon Enrico, nella tua denigrazione! E poi dici che ti tocca a recitare la parte del bébé. Lo sei così naturalmente!

Enrico

Perchè? Sentiamo. Perchè? Ti mostro come in una fedele fotografia colui che suoli guardare attraverso il prisma della tua immaginazione, della tua illusione. Non c'è nessuna inesperienza in questo.

Nanetta

È una fatica inutile, figliuolo caro, se non addirittura nociva. Ricordati di non accanirti mai a denigrare un uomo presso la donna dalla quale, per uno scopo o per un altro, ti premerà che egli non sia amato. Credi a Nanetta. Affaticandoti a denigrarlo, otterrai, molto probabilmente, l'effetto opposto. Essa potrà cominciare ad amarlo se non lo ama ancora, e potrà amarlo di più se già lo ama.

Enrico

(bizzoso) Oh, va benissimo! Ho inteso. Terrò conto del tuo consiglio. E sùbito, anzi! Immediatamente!... Ma siccome stasera non riuscirei a tapparmi la bocca, sai quel che faccio, io, per non continuare a dire del signor Corrado tutto il male che penso?... Ti saluto e ti lascio! (Si alza.) Questo ci mancherebbe, adesso: che fossi proprio io a fartelo amare di più! No, no!... E, del resto, fortunatamente, se ne va!... Ci libera della sua presenza! E quando non sarà più qui... cos'è?... ti vestirai a lutto?.. intisichirai per lui?... Ma che!... Nemmeno per sogno! Con la tua intelligenza e col tuo orgoglio, non è possibile!... (Animandosi) Vogliamo scommettere che, tra una settimana, rideremo insieme della tua passionaccia?... E anche di lui rideremo! (Vivacissimo) Ne sono certo! Scommettiamo? Di': scommettiamo?

Nanetta

(inconsapevolmente, si ridà alla sua ambascia. Torna qualche lagrima a rigarle il volto.)

Enrico

(commosso, guardandola) E ricominci da capo con le lagrime?

Nanetta

Santa pace! Sei irritante, con me, stasera!

Enrico

E tu, con me, sei cattiva! Cerco di soccorrere la tua tristezza esprimendoti schiettamente ciò che so e ciò che penso, ti dico il rammarico di vedere per la prima volta le lagrime in quegli occhi che mi hanno abituato al loro sorriso: e perciò sono irritante?

Nanetta

(levandosi, esasperata) Mi dà una molestia insopportabile il sentirmi soccorsa o compatita... specialmente quando non ce n'è la ragione. Che dovrei fare per assicurarti che non è il caso di commuoversi alla mia sorte?... Dovrei mettermi a cantare, a saltare, a ballare? Ho ballato per tre ore con tutti gl'imbecilli ai quali è piaciuto di appiccicarmisi addosso: mi pare che ce ne sia a sufficienza perchè non mi si creda disposta a morire di dolore!

Enrico

(intimidito) Tanto meglio, Nanetta! E càlmati, ora! Non voglio che per causa mia...

Nanetta

(moderandosi) Ma no: non temere... Un po' di collera passeggera... Null'altro!... E vai, vai, Enrico!... I domestici hanno spento i lumi del giardino... (Di fuori, infatti, una densa oscurità ha invasa l'aria. Si vede soltanto luccicare qualche stella lontana, sugli sfondi del finestrone e della veranda.) È tardi. Bisogna andare a dormire. Mi hai salutato, ma so bene che se io non ti mando via tu non ti decidi ad andartene. (Con una mano sulla spalla di lui, cordialmente) A rivederci, buono mio! E domani, del nostro piccolo diverbio, nemmeno il ricordo. Vero?

Enrico

(con bonaria tenerezza) Per me, non c'è pericolo. Io l'ho già dimenticato.

Nanetta

E anch'io.

SCENA TERZA.

Clotilde

(entra dalla veranda, in gran toilette di occasione. Nel vedere Enrico, lo apostrofa giovialmente) Ah, sei qui, tu? Molto corretto questo padrone di casa che lascia in asso i suoi invitati!

Nanetta

Gliel'ho rimproverato anch'io, pocanzi.

Clotilde

Che sei venuto a fare da Nanetta? Sei venuto a renderle conto delle tue prime gloriole mondane? (A Nanetta) Hai visto che cicisbeo settecento vien fuori dal piccolo prete spretato?

Nanetta

(assorta, ma cercando d'intonarsi) Un po' merito mio, perchè sono io che te lo sto educando.

Clotilde

Lo so, lo so che ti sei rubato il mio posto! Per lui, oramai, non c'è che Nanetta. «Nanetta ha deciso...», «Nanetta vuole...», «Nanetta desidera...» Io sono l'acca nell'alfabeto! (A lui, con severità buffonesca) Ma t'ho fatto io, ti prego di credere, e non senza qualche fastidio!... Se torno a nascere, tutto, fuorchè fare dei figli!

Enrico

(celiando) Avresti potuto dire: «se torno a maritarmi».

Clotilde

Ti tiro l'orecchio, sai. (Con intima compiacenza) Pigli in canzonella tua madre?

Enrico

Perchè?... Stasera, sembravi una donna giovane, ed eri la più bella di tutte... Dopo Nanetta, beninteso.

Nanetta

Non voglio di queste sciocchezze, Enrico!

Clotilde

Io le voglio, invece. Mi dà il secondo premio dopo di te. A me conviene. (Con leggerezza, con superficialità, mutando) Che ti raccontava? Che ti raccontava? Fammi esilarare.

Nanetta

Niente mi raccontava. (Si sdraia in una poltrona, un po' appartata.)

Enrico

Non avevo niente da raccontarle, mamma. E poi, lasciala in pace. Non ti accorgi che è di pessimo umore?

Clotilde

(a Nanetta) Sei di pessimo umore... Ah, già... Dimenticavo il meglio... Cioè, il peggio! Hai annunziato alle turbe di avere mal di capo; ma io ho capito. Oh, se ho capito!... E, anzi, Nanetta mia, se posso esserti utile...

Nanetta

(aspra e altera) In che, zia?!

Enrico

(con calore) Bisognerebbe poterle cambiare il cervello e il cuore!

Clotilde

Zitto tu, e vai a letto! Di che cosa t'immischi?! A letto, a letto, subito! March!

Enrico

«A letto subito»! Siamo tornati indietro di quindici anni! (Scherzoso, ma non senza quel certo dispetto ch'egli prova quando è trattato da ragazzo) Ti accontento perchè Nanetta mi aveva già licenziato. Se no...!

Clotilde

Bada che te lo tiro l'orecchio.

Enrico

Sì, sì, domani.

Clotilde

Stasera! Stasera! Vuoi vedere come te lo tiro? (Si slancia, per chiasso, verso di lui.)

Enrico

Mamma, ti prego: non esagerare! (Le sfugge.)

Clotilde

(lo insegue) Vuoi vederlo?

Enrico

Uffà! (Via di corsa per la veranda.)

SCENA QUARTA.

Clotilde

(ridendo forte, gli grida dietro:) Hai un bel fare il cicisbeo!... Ancora un bambinone sei!... Bambinone! Bambinone! (Poi, senza più ridere, con soddisfazione materna, tornando a Nanetta e dando la stura alla sua solita parlantina svariata) Un magnifico bambinone, però!... E sono molto contenta che tu gli abbia liquidata la tonaca! Un piccolo strappo alla volontà del mio povero marito; ma, dopo tutto,... sarebbe stata una cosa... contro natura. Enricuccio è diventato quello che doveva essere, benedetto Dio!... Me ne dispiace soltanto... per le sue future vittime, perchè, fatalmente, anche lui... M'intendo io, m'intendo io!... Che strage!... (Mutando) Basta, parliamo di te, ora, vittima di questo mostro autentico, che è una sventura dell'umanità femminile!... (Siede.) Eppure, sai che stasera mi ero illusa?... Avevo creduto che l'annunzio brusco della sua partenza fosse stato per te come una benefica doccia fredda. A vederti così gaia, così brillante!...

Nanetta

Facevo tutto il mio bravo dovere, zia!

Clotilde

(curiosa) Come sarebbe a dire!

Nanetta

Ma sì! Ma sì! (Eccitata dall'amarezza) Qualunque sia l'angoscia che mi stringe l'anima, il mio dovere, in una festa, non è forse quello di divertire la gente?, di civettare?, di prodigarmi? di farmi credere pronta a commettere le più grosse corbellerie?... Io debbo essere il tipo della fanciulla stagionata e discreditata. Questa è la parte che mi compete, questa è la condanna che mi pesa addosso, e mi ci sono oramai assuefatta.

Clotilde

(con deferenza pietosa) Tu dici delle enormità! Ma che stagionata! Ma che discreditata!... Non c'è nessuno che non ti ammiri, che non ti stimi...

Nanetta

Anche il signor Corrado mi stima, non è vero?

Clotilde

Sicuro!

Nanetta

E appunto per ciò, se ne va domani, e chi s'è visto s'è visto!

Clotilde

Non se ne va mica perchè non ti stimi. Se ne va... semplicemente perchè lui se n'è sempre andato.

Nanetta

(accalorandosi) Se mi stimasse, non gli parrebbe la cosa più normale di questo mondo lasciarmi come uno studente lascia una crestaina con cui abbia avuto un flirt di qualche mese. Se mi stimasse, cercherebbe almeno di scusare, di giustificare la sua partenza improvvisa. Ma niente! Niente! Me l'annunziò ieri, dopo colazione, accendendo una sigaretta. Non un chiarimento, non un gesto di rammarico, non un gesto di rimpianto, e nella voce una cinica glacialità che mi fece rabbrividire! Aveva deciso d'andarsene, e non mi disse altro, e a me non spettava di sapere altro. (Dolorando) Io sono stata per lui la povera vecchia allodola dalle ali vinte che il cane avvezzo alla preda abbocca nella siepe per abitudine e dopo averla tenuta un poco tra i denti depone in un cantuccio, come una bestiola inutile, nè morta nè viva!

Clotilde

(sospirando e sedendole più vicino) Mia cara nipote innamoratissima, tutte le donne troppo innamorate vorrebbero ricostruirsi a modo loro l'uomo pel quale hanno barattata la pace, ma intanto — conveniamone — non l'avrebbero barattata per quest'uomo se egli fosse precisamente come esse vorrebbero ricostruirselo. Corrado Liberti ti ha potuto conquistare perchè è quello che è: enigmatico, incomprensibile, indecifrabile. Ora, se ne va? Ti lascia?... Tu ti arrovelli a cercarne la causa, e non la troverai. Ciò che può soddisfare un tantino la tua giusta curiosità te l'ho già detto: ha fatto sempre così, se n'è sempre andato, e sempre con l'aria di fare la cosa più normale di questo mondo. Egli è colui che ha saputo amare le donne come nessun altro, ma che ha sentito tranquillamente il bisogno di abbandonare tutte le donne che lo hanno amato.

Nanetta

(nervosissima, contenuta) Sinora, le donne che lo hanno amato e che egli ha abbandonate sono state le sue amanti, zia! Il caso è molto diverso.

Clotilde

(ha un moto inconsulto di risentimento) Non perdi mai l'occasione di essere severa con loro.

Nanetta

Io non le giudico, ma non tollero che mi si paragoni ad esse e non mi piace che proprio tu me le ricordi... con quel tono d'esperienza personale!

Clotilde

(imbarazzata e mortificata come una bambina, devia gli sguardi tremoli, balbettando:) Nanetta...

(Silenzio.)

Nanetta

(pentita) Scusami... Compatiscimi... E non credermi nè severa, nè cattiva... Di ciò che può sembrarti cattiveria o severità ti darò una spiegazione, franca e precisa. Te la devo, del resto, per il bene che mi vuoi e che ti voglio; e da parecchi giorni desidero di dartela. Vivendo qui, con te, nell'intimità concessami dalla tua buona cortesia, ho dovuto per forza rendermi conto di un passato che avrei voluto sempre ignorare. Tu non ne hai colpa. Sei espansiva... Ti abbandoni alla tua bonarietà imprudente... Non sai trattenerti dal pronunziare il nome del signor Corrado ogni volta che mi parli di... tuo figlio, ed è perfino accaduto che, parlando di lui con lo stesso signor Corrado, hai avuto, dinanzi a me, un contegno che rivelava limpidamente quel che dovrebbe essere soltanto il tuo e il suo segreto! Sono stata costretta, ti ripeto, a sapere, a sapere, e ne ho sofferto, e ne soffro. Ecco la verità, zia. Ed ecco la ragione dei miei scatti involontarii.

Clotilde

(con un'umile trepidanza, quasi temesse nuovi rimproveri) Si tratta d'un passato di vent'anni, Nanetta. Avrò avuto torto di non arrossirne, avrò avuto torto di non celartelo abbastanza, ma tu... perchè ne soffri? Come ne puoi soffrire, tu?

Nanetta

È tutto un complesso di cose che mi si aggrava nella mente e nel cuore.

Clotilde

Io non le vedo...

Nanetta

Basterebbe l'ombra di quest'uomo, tra me e te!...

Clotilde

(subito, affettuosissima) «Tra me e te»!... Alla distanza di vent'anni?!... No, no, Nanetta! Di che ti preoccupi?!... Di quali sottigliezze ti tormenti?!... E poi... e poi, io spero che, per quanto innamorata, nemmeno tu vorrai idolatrare... l'ombra di quest'uomo eternamente. Non hai più tempo da perdere, Nanetta mia, a inseguire delle chimere! (Con uno zelo crescente, pieno di bontà ingenua) Ti ci vuole un marito, oramai. Ti ci vuole un compagno sicuro, che possa dare un po' di sicura tranquillità alla tua vita. Ne hai il diritto... Dico male, forse?... Non mi rispondi?... Anche le mie parole d'amica sincera ti fanno soffrire?!

Nanetta

(tetra) Sì!

Clotilde

(deferente, rassegnata, si alza)... E allora, me ne vado. (Pausa.) Me ne vado, ma non posso fare a meno, Nanetta, di dolermi assai!... (È triste, affettuosamente addolorata e inquieta) Tu senti per me un rancore che non merito...

Nanetta

Non è rancore.

Clotilde

E che cos'è?... Non ti capisco.

(Un breve silenzio.)

Nanetta

(quasi con dolcezza, come per rassicurarla) Buona notte, zia.

Clotilde

(si allontana. Presso l'uscio di fondo, si volta con la speranza d'essere richiamata. Si stringe nelle spalle ripetendo, ancora, desolatamente, col pensiero: «non la capisco» — e via per la veranda.)

SCENA QUINTA.

Nanetta

(esausta) Finalmente! (Resta seduta, con la schiena curva, la testa pesante, il mento sul petto. Poi si alza, lenta, pigra, incerta, quasi inconsapevole. — Chiude a chiave l'uscio della veranda, chiude i battenti del finestrone, si avvicina alla toletta, ne accende una lampadina, siede e fissa la sua immagine nello specchio, con melanconica curiosità. Si toglie qualche gioiello, qualche nastro. Con l'asciugamano, che trova sulla toletta, si strofina il volto, togliendone la cipria.)

(Si batte, pianissimo, all'uscio.)

Nanetta

(sussultando forte) Chi è?! (Pausa.) Nessuno... (Si batte di nuovo.) Ma chi è?! (Ella s'accosta alquanto per origliare, e leva un po' la voce:) Se non so chi è, non apro. (Si batte la terza volta. Una vampata le sale alla testa. Ella mormora, tra sè:) Corrado, forse?!... Corrado?!... (Riflette.) Sì! Certamente!... (Le pulsazioni del cuore le rompono il petto. In preda allo sbigottimento, ancora tra sè, mormora:) Dio mio!... Perchè? Perchè?... (Non osa aprire, nè ci rinunzia. E, affinchè le sia consentito di aprire, simula:) Sei tu, zia?... sei quel monello di Enrico... con la pretesa di spaventarmi? (Fingendo di scherzare) Non ci credo, sai, agli spiritelli notturni. Chi picchia di notte alla porta di una donna è sempre un uomo. E se quest'uomo è un cuginetto con quattro peli sul viso, la donna apre la porta e lo riceve con un cordiale scapaccione. (Tutta la sua persona è come sgretolata dalla perplessità. Ella non resiste più. Cede al suo impulso, pur continuando a simulare, e gira la chiave nella serratura, dicendo:) Tu taci?... Vuol dire proprio che ci tieni allo scapaccione, e io... te lo darò! Ed energico, anche. (Apre.)

Corrado

(è lì, sulla soglia.)

Nanetta

Voi! (Presa da un panico repentino, sta per richiudere prima che egli si accinga a entrare.)

Corrado

(opponendosi senza violenza) Vi pentite troppo presto d'avere aperto. (Ha le guance bianche, la fronte accesa, la voce breve, lo sguardo sfuggente e qualche cosa di ambiguo in tutti i suoi movimenti sobrii.)

Nanetta

Non potevo immaginare... di trovar voi... dietro l'uscio della mia camera.

Corrado

Se non avessi vista spalancata la vostra finestra fino a un momento fa, non avrei osato di...

Nanetta

(stentando ad articolar le parole, sorreggendosi alla spalliera d'una sedia come se temesse di cadere) Almeno, per debito di gentiluomo, avreste dovuto rispondere quando io ho interrogato.

Corrado

Ritenevo, ve lo confesso,... ritenevo che avreste compreso che ero io, e, intanto, pensavo che, se ve lo avessi detto, voi, per convenienza verso voi stessa, vi sareste creduta in obbligo di non aprire.

Nanetta

(con un aspro dibattito interiore)... Come adesso dovrei credermi in obbligo di scacciarvi?

Corrado

Scacciare qualcuno è più grave di non riceverlo.

Nanetta

Sapete perchè non vi scaccio?... (Cercando di mostrarsi sicura) Per non farvi supporre che io abbia paura di voi. (Si allontana dalla porta.)

Corrado

(avanzando un poco) Questo, non lo avrei supposto mai. Avrei supposto, bensì, d'essere meritevole di una severa punizione. Non mi dissimulo che quel che ho fatto è di una singolare scorrettezza.

(Una pausa.)

Nanetta

(con un falso risolino) E, così, prima di partire, voi, pour la bonne bouche, venite a sedurmi?... Un'ottima idea!

Corrado

Vengo soltanto a salutarvi, Nanetta. Vengo soltanto a prendere congedo.

Nanetta

E per salutarmi v'è parso opportuno di... penetrare nelle mie camere, di nascosto, in un'ora misteriosa? Non mi avreste potuto salutare domattina, ufficialmente?

Corrado

Con la solita maschera sul viso? No, Nanetta. Non ho voluto.

Nanetta

(ancora un risolino) Sicchè, stanotte, siete... smascherato? Ne ho piacere.

Corrado

Potrete vedere, una per una, tutte le mie rughe.

Nanetta

Oh, le vostre rughe io le ho vedute, una per una, da un pezzo!

Corrado

No.

Nanetta

V'illudete d'avermele celate?

Corrado

Vi ho celate, per lo meno, quelle del mio animo, che sono come i solchi che scavano le ruote dei carri troppo pesanti percorrendo ogni giorno la medesima strada.

Nanetta

Ho veduto senza dubbio la più profonda: il vostro cinismo.

Corrado

Il mio cinismo? Se fossi un cinico, sarei ancora un giovane, perchè il cinismo è una fioritura della giovinezza. Io ne serbo un po' di spolvero, sì, per la platea, ma in me, disgraziatamente, non lo ritrovo più. Una volta, difatti, non conoscevo la tristezza degli addii, mentre ora...

Nanetta

Ora, che cosa?!

Corrado

(concentrandosi come se frugasse nel suo cuore) Provo una pena immensa, immensa, separandomi da voi.

Nanetta

(in un tono forzatamente spigliato) Parola d'onore, siete straordinario! Tutta questa tragedia, perchè? Perchè ve ne andate. Invece di dirmi allegramente: «cara Nanetta, vi saluto e a rivederci», mi parlate cupo e solenne come se vi recaste a chiudervi in una prigione.

Corrado

Non mi reco a chiudermi in una prigione, ma sono certo che non vi vedrò mai più.

Nanetta

Perbacco! Mai più!? (Continuando a ostentare una certa spigliatezza) E chi vi ci costringe?

Corrado

La mia volontà, Nanetta. Me ne vado per questo. Me ne vado per mutare cammino e per prendere una via diversa dalla vostra. Ho fermamente deciso che, in avvenire, dove sarete voi, non sarò io.

Nanetta

E questa decisione è stata necessaria?

Corrado

Indispensabile.

Nanetta

(col sorriso malinconico di chi non cede a una lusinga) Via, Corrado! Che cosa vorreste farmi credere?

Corrado

Non c'è nulla che vorrei far credere a voi, e io stesso non credo nulla. Io stesso non ho un'idea chiara, non ho un'idea precisa intorno alla decisione presa irrevocabilmente. Io stesso non so con esattezza perchè vi fuggo, perchè vi voglio fuggire. Quel che io so è che voi, forse per un inganno dei vostri occhi, per una sovrapposizione della vostra fantasia, vi sentite spinta verso di me; quel che io so è che questo fatto, così strano nella sua innegabile evidenza, suscita nelle mie fibre logore un tumulto di vita, e mi tenta, mi afferra, mi acceca come non mi è accaduto mai; quello che so è che io, fuggendovi, soffocherò inesorabilmente questo tumulto, e mi parrà di morire.

Nanetta

(commossa, sedendo, piegando il capo indietro) Ho inteso. Voi non sapete perchè mi fuggite?... Ve lo dico io! Mi fuggite per pietà. Quantunque un po'... pregiudicata... e non più giovane, sono pur sempre una povera diavola di fanciulla, e voi mi volete risparmiare, mi volete allontanare dal precipizio a cui mi sono volontariamente avvicinata. Ve ne ringrazio. E badate che non c'è ombra d'ironia nel mio ringraziamento. Potrei non esservi grata soltanto se avessi la convinzione che mi sarei salvata da me, soltanto se la mia coscienza gridasse che mi sarei ben difesa contro di voi, e che vi avrei fieramente respinto. Ma, purtroppo, questa notte, la mia coscienza si nasconde, e tace! (Con un accento di prostrante confessione) La verità è che pocanzi, dopo aver voluto aprire quella porta, ho tremato... ho tremato... come una donna che dubiti di sapersi difendere. (Avvilita, accasciata, china la fronte.)

Corrado

(confusamente turbato, le siede vicinissimo e le parla sommesso e rapido) Ho tremato anch'io, Nanetta, oltrepassando la soglia della vostra camera, perchè... mentre voi non eravate sicura di sapervi difendere, io era assalito dal dubbio di non sapermi costringere alla riservatezza di cui pur sentivo il dovere.

Nanetta

(smarrendosi) Che dite mai?!

Corrado

All'improvviso, ho diffidato di me. Mi è parso che il proposito di avere con voi un colloquio amichevole e sincero fosse un pretesto per nascondere a me stesso un inconfessabile proposito molto diverso...

Nanetta

(torna a tremare, sorvegliandosi e sorvegliandolo) Corrado!...

Corrado

Mi è parso che il trovarmi solo vicino a voi, solo in questo cantuccio segreto, in quest'ora segreta, potesse rendermi incapace d'ogni considerazione morale.

Nanetta

Corrado!...

Corrado

(tutto vibrante nella persona e nella voce) E ho temuto, sì, ho temuto appunto che il vostro stato d'animo, da voi dissimulato, potesse darmi le vertigini, potesse farmi diventare un miserabile!...

Nanetta

(balza in piedi e si scosta con un piccolo grido) Corrado!...

Corrado

(si padroneggia per restare seduto) Ma è superfluo il vostro grido, adesso! Il pericolo è passato... Lo vedete... È passato.

(Un lungo silenzio.)

Nanetta

(calmandosi, ansima come stanca d'una fatica compiuta.)

Corrado

(quando si sente ben padrone di sè, si leva pacato e va a lei) Separiamoci, dunque, Nanetta. Stringiamoci la mano e separiamoci coraggiosamente. (Le porge la mano con risolutezza. — Aspetta un poco.) Non volete che ci stringiamo la mano?

Nanetta

Sì... (Gli porge la sua con una nuova perplessità.)

Corrado

(gliela stringe e, senza rendersene conto, gliela trattiene.)

Nanetta

(timidissimamente) Vorrei farvi una domanda...

Corrado

Fatela.

Nanetta

... Una domanda che, certo, non vi farei se non fossi persuasa che ci separiamo per sempre....

Corrado

Fatela.

Nanetta

Mi risponderete lealmente?

Corrado

Sono qui per essere leale. Dite, Nanetta. (Continua a trattenerle la mano.)

Nanetta

(la ritira con uno sforzo di volontà)... Pensate anche voi che io sia una di quelle fanciulle che non si sposano o che, per lo meno, sarebbe ridicolo sposare?

Corrado

(meravigliato, schietto) Ma di che parlate, voi?!... Io non penso, ve lo giuro, nulla di simile. Come avete potuto sospettarlo?

Nanetta

Non so.... L'ho sospettato.

Corrado

(vivamente) L'avete sospettato perchè, in sostanza, non sono ancora riuscito a farmi conoscere da voi. Cercate la ragione per la quale io non ho avuto l'idea di sposarvi piuttosto che fuggirvi e vi sembra di trovare questa ragione in un vieto formalismo? Orbene, credetemi e non lo dimenticate: quel poco che c'è in me di buono mi ha fatto sempre valutare esattamente la sciocca malvagità da cui può essere calunniata una donna come voi, e quel molto che c'è in me di orribile non mi ha consentito mai di concepire la possibilità d'un legame coniugale. Queste spiegazioni devono, se non altro, assicurarvi che è completamente estranea alla mia condotta ogni meschinità offensiva per voi. Io non vi sposo, Nanetta, perchè l'amore, negli uomini della mia specie, non è l'amore che crea la famiglia, la casa, la pace, il culto dei doveri scambievoli, ma è l'amore che divora tutto ciò, divorando anche sè medesimo; è l'amore che vive della sua febbre distruggitrice, e della sua febbre muore, insieme con le cose distrutte!

Nanetta

(con sofferente audacia) Corrado, ascoltatemi! Io mi strappo di dosso, in questo momento, gli ultimi avanzi della mia dignità. Li getto via! Li getto via!... Me ne libero, sì, perchè in certe circostanze estreme la dignità è soffocante come una corda al collo! E qualunque debba essere l'impressione che le mie parole desteranno in voi, io l'affronto per la speranza che ho di fare un poco di bene a voi e a me. (Il cuore le sale alla gola, ma, con un supremo sforzo, ella continua:) Permettetemi, Corrado, ve ne prego, ve ne supplico, permettetemi di diventare la compagna della vostra vita. Se è una viltà quella che ora commetto, non è vile il presentimento che mi spinge a commetterla. Il mio presentimento è che riuscirei a farvi amare in me la compagna, la moglie, l'amica: che riuscirei a farvi trovare nella casa, nella famiglia, nella pace, nei buoni doveri scambievoli, qualche cosa che davvero rinnoverebbe la vostra coscienza. Voi, lo so, lo vedo, siete ben lontano dal crederlo; ma lasciate che io tenti, lasciate che io tenti!... Lasciate che la tormentosa rettitudine che tutti e due ci imponiamo questa notte sia almeno, per tutti e due, il principio d'un tentativo di felicità!

Corrado

(stringendosi la testa fra le mani) È troppo tardi. Non muta un uomo alla mia età. E se per quest'uomo la preoccupazione della vecchiezza che si avvicina è come una malattia ogni giorno più dolorosa, ogni giorno più iniqua, la povera donna, che voglia rinnovargli l'esistenza, non sarà per lui che un'infermiera inutile. (Si abbandona sul sofà, abbattuto dal suo convincimento.)

Nanetta

( fervida ed ansante, accanto a lui, piegata su lui ) Ma il suo compito dovrebb'essere precisamente quello di sottrarlo a una così tenace preoccupazione!

Corrado

(in un impeto d'angoscia che par quasi un impeto di rabbia) E in qual modo? Ditemelo voi. In qual modo?

Nanetta

Se gli sapesse infondere la fiducia di essere amato, di essere adorato....

Corrado

Non basta questo a dar l'illusione di non invecchiare.

Nanetta

E la prova evidente, la prova incondizionata della costanza, della fedeltà, della tenerezza?...

Corrado

Non basta! Non basta! Non è possibile che basti! La nostra età è in noi, è dentro di noi, è in ciò che noi sentiamo, non in ciò che ci convinciamo di far sentire per noi. E la costanza, la fedeltà, la tenerezza della donna per la quale, ben presto, in una realtà irreparabile, non potremo più avere nè un palpito, nè un desiderio, nè un istante d'abbandono, nè un istante di turbamento, sono destinate a diventare il controllo maligno della nostra decadenza, l'incubo delle nostre lunghe ore di vuoto. Ah, Nanetta! Io ho dinanzi agli occhi il quadro esatto dell'avvenire verso cui vorreste trascinarmi, e ne vedo tutta la desolazione! Tutta quanta la vedo! Voi sareste un angelo forse con me, voi sareste sublime, voi sareste un'eroina, e io, assorto nella mia infelicità, e intollerante della mia catena, sarei un ingrato, sarei un egoista, sarei un infame, e finirei con l'odiarvi, come si odia il più implacabile dei nemici!

Nanetta

(allividita, fiaccata, col terrore negli occhi) Avete ragione di fuggire.... Fuggite, fuggite.... Dimenticate le mie povere parole.... Dimenticate la mia viltà!...

(Pausa.)

Corrado

(si leva.)

Nanetta

(si leva anche lei.)

Corrado

(parlandole piano, ha nella voce una delicatezza squisita che si diffonde suggestivamente nella intensa mestizia) Invece, no. Non dimenticherò. Non voglio, non posso dimenticare, perchè quella che voi chiamate la vostra viltà segna l'ultima e la più dolce pagina d'amore della mia vita: la sola da cui saprò d'avere amato profondamente e onestamente. Questa notte, io sono per l'ultima volta un innamorato, ed è la prima volta che lo sono come... un uomo onesto.

Nanetta

(senza fiato, evitando di guardarlo) Fuggite, Corrado....

Corrado

(penosamente, esita, indugia. — Poi, a un tratto, le si fa molto dappresso.)

Nanetta

(ha una scossa e si erge diritta, con un tremito di tutta la persona.)

Corrado

(lentamente, le mormora all'orecchio:) Non come se fossi scacciato, n'è vero? (Standole quasi alle spalle e tenendogliele appena, la tira a sè, e se l'accosta al petto.)

Nanetta

(inerte, umile, implorante) Avete avuta una grande pietà di me: abbiatela ancora!

Corrado

(ha un moto di paura e si distacca subito) Perdonatemi....

Nanetta

(con uno schianto immediato, si volta e gli afferra le braccia per trattenerlo) Corrado!...

Corrado

Nanetta!...

(Restano così, spasimando. Egli ha nei suoi caldi sguardi velati una mite interrogazione, un anelito d'ebbrezza contenuta. Ella ha negli sguardi umidi e languidi un'infinita dolcezza e in tutto il corpo il tormento della costrizione.)

Nanetta

(dopo un lungo silenzio, con le mani strette alle braccia di lui, quasi inconscia, protende un poco il collo come per offrirgli la bocca socchiusa; ma in un soprassalto gli lascia le braccia, si ritrae, indietreggia) No no no no no.... Fuggite fuggite fuggite....

Corrado

Sì. (E fugge dal fondo.)

Nanetta

(ricade sul sofà come una morta.)

SIPARIO.

ATTO TERZO.

Il medesimo salotto del primo atto. È una calda mattinata, tutta sole.

SCENA PRIMA.

Clotilde

(dalla destra — in toletta da campagna. Senza cappello. Nelle mani, un ombrellino e un fascio di lettere e di giornali. Entrando, rivolge la parola a voce alta, al domestico che è nella stanza attigua.) Avete inteso, Giovanni?... La posta, alla signorina Nanetta, gliela vado a consegnare io. Voi non dimenticate di dire a mio figlio che mi raggiunga giù, alla Cascina. Spiegategli bene che aspetterò lì il signor Corrado per dargli il buon viaggio. (Avviandosi verso il parco) Dio, quanto sole!... Si brucia. (Apre l'ombrellino, ed esce.)

(Dopo qualche momento, entra Enrico, dalla porta di sinistra.)

Enrico

(guarda intorno. Vede che non c'è nessuno e si ferma. È turbatissimo, cupo. Riflette. Riordina le idee. Tocca il bottone del campanello. Siede, aspettando.)

Il domestico

(comparisce.)

Enrico

(immediatamente) Cercate di sapere a che ora parte il signor Liberti.

Il domestico

Il signor Liberti, signorino, parte alle undici e venticinque.

Enrico

Di sicuro?

Il domestico

L'ho saputo da lui stesso. La signora mamma mi ha mandato a domandargli l'ora precisa della partenza.

Enrico

E non verrà qui, prima di partire?

Il domestico

Pare che non ci verrà....

Enrico

Anche questo avete saputo da lui?

Il domestico

No, signorino; ma è certo che la signora mamma andrà ad aspettarlo alla Cascina per dargli il buon viaggio. E, appunto, mi ha incaricato di dire a lei di raggiungerla.

Enrico

(resta contrariato, pensoso.)

Il domestico

Comanda altro?

Enrico

No.

Il domestico

(via.)

Enrico

(tra sè) E come farò?... Io voglio parlare da solo a solo con lui! Lo voglio! (Si alza, risoluto.)

SCENA SECONDA.

Corrado

(dal parco. — Ha, sul volto, impresse, una profonda tetraggine e una profonda stanchezza. Nel vedere Enrico, si anima alquanto) Meno male che ti trovo subito!

Enrico

(perde la sua risolutezza, non si muove più, ammutolisce.)

Corrado

(gettando il cappello sul tavolino) Donna Clotilde ha avuto la bontà dì darmi convegno laggiù per non obbligarmi ad affrontare questa canicola, e io, invece, ho voluto affrontarla per venire a salutare... vossignoria. Ho pensato che saresti capacissimo di lasciarmi andar via senza stringermi la mano. Da qualche tempo non sei molto gentile con questo povero vecchio amico che, quando eri piccino, chiamavi zio Corrado. E mi avrebbe seccato non poco di non scambiare con te, neppure oggi, una parola affettuosa.

Enrico

(ha la fronte bassa e torva, gli sguardi a terra.)

Corrado

(ne nota il contegno, ma non vi attribuisce una speciale importanza, e continua cordialmente:) Cosa vuoi! Il tempo è tutt'altro che galantuomo, e, fra le tante bricconerie che commette, c'è anche quella di regalarci un po' di sentimentalismo, che non è nient'affatto comodo. (Pausa. Il contegno persistente d'Enrico comincia a sorprenderlo.) Ma vedo che non sarà facile strapparti di bocca una parola affettuosa.... Si direbbe, anzi, che la mia affettuosità sia per te un tormento. (Lo guarda.) Ti rodi! Ti comprimi!... Si può sapere, almeno, quel che ti frulla pel capo?

Enrico

(penosamente) Signor Corrado, io... desideravo appunto di dirvi qualche cosa! Se non foste venuto voi qui, vi avrei cercato io!

Corrado

Tanto meglio! E spero che mi darai agio di farti smettere quella brutta cèra ostile.

Enrico

(sordamente) Non credo.

Corrado

Non credi?!

Enrico

Forse, la mia audacia vi sembrerà ridicola. Lo so: a un ragazzaccio, che, per giunta, tutti ritengono più ragazzo di quel che è, non è permesso di agire seriamente, non è permesso di levare la voce contro le persone adulte... che si conducono male e che fanno del male.

Corrado

(aggrotta le sopracciglia, lo fissa con intensa curiosità) Ma di che si tratta?!

Enrico

(seguendo il corso delle sue idee e, man mano, riscaldandosi) Chiunque al mio posto si regolerebbe come a me pare necessario dì regolarmi! Non è colpa mia se in questo momento non ho l'autorità che mi occorrerebbe. E non sarà colpa mia se, quando vi avrò detto ciò che debbo dirvi, voi mi riderete sul viso.... Io faccio il mio dovere, e nessun uomo onesto potrebbe disconvenirne.

Corrado

Tu affastelli bizzarramente parole su parole, mio caro giovinotto. Quale frenesia di giustiziere ti piglia stamane?... E, anzitutto, non gettar pietre a casaccio. Se ce l'hai con me, parla di me.

Enrico

(tuttora un po' irresoluto) Parlerò di voi, signor Corrado.

Corrado

Finalmente.

Enrico

(vincendo ogni ritegno, con brusca impulsività) Vi ho visto coi miei occhi, questa notte, uscire dalle stanze di Nanetta!

Corrado

(ha una scossa, ma, sùbito, arditamente rintuzza) Non è vero! Non hai potuto vedere quel che non è accaduto. Tu sei stato vittima di un'allucinazione, oppure... vai ora a tentoni per controllare una tua fantasticheria stolta e avventata.

Enrico

(eccitatissimo) Vi ho visto! Vi ho visto! Toglietevi di mente che non vi abbia visto. Mi trovavo laggiù, nel parco, proprio di fronte alla veranda. Mi ci trovavo... perchè l'insonnia mi aveva fatto desiderare l'aria fresca della notte e forse perchè avevo ceduto a una irrequietezza presaga, a un vago presentimento.... Certo è che mi ci trovavo, e non m'è possibile adesso di ricostruire con esattezza le circostanze che hanno preceduto il momento nel quale vi ho scorto. La vostra apparizione su quella veranda mi ha sconvolto. Là per là, se non mi sbaglio, mi sono nascosto come se avessi creduto d'essere io il colpevole, e poi... sono stato preso da uno sdegno e da un odio che ancora mi divampano dentro e da cui ancora mi sento soffocare. (Siede affranto.)

Corrado

(si contrae come per una trafittura nel petto. — Poi, con mitezza, con bontà) Càlmati, Enrico! Càlmati. E, del tuo odio, non parlarmene, almeno! È molto triste che tu provi questo bieco sentimento per me.

Enrico

Lo provo per voi come lo proverei per qualunque altro uomo che avesse osato di penetrare, di notte, nelle stanze di mia cugina. Ella è in casa mia, è nella casa dove sono io. Perciò, gli obblighi che ho verso di lei sono pari a quelli che avrei se mi fosse veramente sorella, e non posso non odiare chi se ne è messo l'onore sotto i piedi!

Corrado

(sedendogli accanto, deferente, remissivo) Lascia stare l'onore, Enrico. Il solo testimone di questo incidente sei stato tu, che, senza dubbio, non vorrai propalarlo. La signorina Nanetta — sii ragionevole — per quanto riguarda il suo onore, non ha nulla a temere. Tutto si riduce, dunque, al tuo allarme di cugino, al tuo allarme di fratello. È un allarme abbastanza giusto, sì, e che giustamente attizza la tua troppo eccitabile e inesperta sensibilità; ma sono qua io, io stesso, per dirti, a mo' di confessione, quel che è necessario affinchè il cugino e il fratello intendano l'innocuità della mia visita misteriosa. Ti sono innanzi, lo vedi, umile e sottomesso, come se il ragazzo ventenne fossi io e tu fossi l'uomo maturo: che so?.. un tutore, uno zio,... un babbo.

Enrico

(si è chiuso in un'astiosa immobilità.)

Corrado

Vuoi ascoltarmi?

Enrico

(balbetta:) Ma sì!

Corrado

E c'è del comico, bada! (Ride amaramente) Già. C'è del comico. C'è che per la signorina Nanetta io ho presa la più forte bruciatura della mia vita.

Enrico

(livido) Se fosse vero, non ci sarebbe nulla di comico.

Corrado

Va' là che c'è! (Con una ostentazione di umorismo) Ci pensi tu, giovinotto, a questo grande amore intercalato da attacchi di podagra e da altre delizie di tal genere?

Enrico

(con un tono insolente) Voi esibite i vostri acciacchi quando vi conviene di atteggiarvi a vecchio!

Corrado

La tua malignazione è inopportuna, perchè, al contrario, io ti confesso che mi metto in fuga appunto per non essere, con la signorina Nanetta, nonostante gli acciacchi, il peccatore impenitente che sono sempre stato.

Enrico

(convellendosi) Tuttavia, prima di mettervi in fuga....

Corrado

(sempre più buono e persuasivo) Prima di mettermi in fuga io ho voluto avere con lei un colloquio intimo, leale, esauriente. Essa non è una delle tante pupattole moderne che si ha il diritto di prendere o lasciare senz'altra preoccupazione che quella di guastarne un po' la stoppa di cui son provvedute al posto del cuore. Io dovevo giustificarmi con lei, io dovevo dirle, intera, la ragione del mio allontanamento; e il colloquio di stanotte non è stato che la prova, la documentazione del mio profondo rispetto. Questa è la pura verità, Enrico, e quindi il cugino e il fratello possono bene tranquillarsi e possono, soprattutto, cessare — io lo spero — di odiarmi. (Gli poggia una mano sul collo, molto affettuosamente) Andiamo, giovinotto!... Non so resistere a quella tua attitudine da nemico.

Enrico

(in un fremito contenuto, scansandosi) Non mi toccate, signor Corrado.

Corrado

(ritira la mano. Lo contempla con acuto rammarico. Si alza.)

Enrico

(quasi a parte, quasi borbottando) Io vivo — si può dire — da poco tempo; ma da quando vivo ho un cervello che pare abbia cominciato a vivere molto prima di me. E in questo mio cervello non entrerà mai la persuasione che certi uomini rinunzino alla preda che hanno tra le unghie.

Corrado

Sicchè, nell'opinione tua, io non sono che una avida bestiaccia di rapina?

Enrico

Siete quel che voi stesso, in fondo, convenite di essere. E poi, tutti lo sanno e tutti lo dicono. Vi piacciono le donne. Riuscite a esserne l'idolo. Ne approfittate. E, talvolta, è una crudeltà, ecco: è una crudeltà.

Corrado

(scattando, altero e ruvido) Insomma, Enrico, tu pensi una cosa balorda e io ti proibisco di pensarla!

Enrico

(in piedi, tenendogli testa) Disgraziatamente, il vostro divieto non basta a non farmela pensare.

Corrado

Ma basterà, non ne dubito, che io affermi d'averti detta la verità.

Enrico

Io vi supplico di non insistere, signor Corrado, perchè, tanto, non riesco a credervi.

Corrado

Evidentemente, questo è lo stesso che darmi del mentitore.

Enrico

Nelle condizioni eccezionali in cui voi siete, la menzogna è una necessità.

Corrado

Quali che siano i tuoi criterii sulle condizioni in cui sono, io ti giuro che t'inganni e tu non puoi non fidare nel mio giuramento.

Enrico

Non ci riesco, signor Corrado, no, no, non ci riesco!

Corrado

(pallidissimo di collera e di dolore) Ma stai attento, Enrico, che tu mi accusi di giurare il falso!

Enrico

Ebbene, sì, vi accuso anche di questo se mi ci costringete.

Corrado

(covrendo con la sua voce quella di lui) Taci, per l'inferno! Non voglio essere insultato... da te!

SCENA TERZA.

Nanetta

(entrando dal fondo — spaventata) Che avete voi due?!

Corrado

(ricomponendosi, padroneggiandosi) Giungete in tempo, Nanetta.... Perchè nessuno potrebbe difendermi meglio di voi dagli insulti... di vostro cugino.

Nanetta

(attonita) Insulti?!... Non è verosimile che Enrico abbia osato.... E poi, a proposito di che?

Corrado

(freddo e risoluto) Ve lo dico subito. Mi ha visto uscire questa notte dalle vostre stanze.

Nanetta

(allibisce.)

(Breve pausa.)

Corrado

Ammetto che ciò abbia potuto allarmarlo. Comprendo che un po' di fantasia balzana abbia determinato in lui un dubbio oltraggioso. Ma precisamente per distruggere questo suo dubbio io mi sono affrettato a confidargli lo scopo onesto della mia strana visita di addio. Gli ho parlato con lealtà, con affetto, con umiltà. È stato inutile! Egli si è ostinato a non prestarmi fede, accusandomi perfino di giurare il falso.

Nanetta

(a Enrico) Tu?!

Enrico

(accigliato, torbido, non fa neppure un cenno di risposta.)

(Un silenzio.)

Nanetta

Non ti riconosco, Enrico! Così pieno di bontà e di sorrisi, con un animo che si svolge così aperto, così franco, così veramente primaverile, hai potuto lasciarti vincere fino a tal punto dalla diffidenza? Questo è disgustevole!... Io ti voglio ottimista! Ti voglio fiducioso. Magari, credulone! Meglio credulone che diffidente, alla tua età. Ma sì: fiducia, fiducia, figliuolo mio! Dato pure che sia una debolezza, che importa?... È una debolezza gentile, generosa, benefica, giovane, e dev'essere appunto la debolezza dei giovani!

Corrado

(da lontano, quasi appartato, guarda e studia le impressioni di Enrico.)

Enrico

Vi sono dei fatti che impongono la diffidenza.

Nanetta

È possibile. Ma dopo il colloquio confidenziale che hai avuto col signor Corrado....

Enrico

Le spiegazioni del signor Corrado non contano. Quale uomo, al suo posto, avrebbe potuto avvalorare un sospetto come il mio?

Nanetta

Se non contano le sue spiegazioni, conta, mi sembra, il suo giuramento.

Enrico

Quando si nega d'aver commesso qualche cosa di molto grave, si nega anche giurando.

Nanetta

E con queste prevenzioni pessimiste, tu, per sincerarti, ti sei rivolto a lui?!

Enrico

A chi dovevo rivolgermi, dunque?

Nanetta

A me, Enrico! A me! A me! Non penserai ugualmente che possa mentire io, che possa io giurare il falso. Sai bene che anche sospettata di una colpa irreparabile, se i tuoi sospetti fossero stati giusti, io ti avrei detto: «non sei tu che devi giudicarmi, ma quel che tu credi è vero!»

Enrico

(espansivo, tenero, febbrile) Ed è precisamente per questo che non mi sono rivolto a te. Ero certo che, in qualunque caso, tu saresti stata sincera, ed evitavo la tua sincerità. La temevo! La temevo!... Non mi capisci, Nanetta?...

Nanetta

(scrutandolo, preoccupata) No, Enrico.

Enrico

Non sarebbe stato, forse, per me un dolore insostenibile, un dolore inaudito, il perdere ogni speranza d'essermi ingannato, il dovermi fermamente convincere della tua colpa?

Corrado

(sempre più colpito dall'eccitamento e dalle parole di Enrico, sempre più assorto in una dilaniante intuizione, si preme una mano sulla fronte gelida.)

Nanetta

(è similmente colpita, senza, pertanto, raccapezzarsi — e, stravolta, confusa, non cessa di scrutare) Sì..., questo io lo capisco...: sarebbe stato un gran dolore per te. Ma ora, invece, ti convincerai... che la tua sorellona è innocente. È lei che te lo dice: è lei che te lo assicura: sicchè, non più diffidenze, non più dubbi, non più discussioni, n'è vero? Tu ti eri impensierito, da buon fratello vigile, perchè il tête-à-tête di lei col signor Corrado aveva avuto come sfondo il buio della notte? Capricci del caso!... Quello stesso tête-à-tête avrebbe potuto avere benissimo uno sfondo di luce meridiana. Non si trattava che di chiudere un romanzetto intessuto... di molte parole. Non si trattava che di soffiare su una bolla di sapone dai riflessi smaglianti per farne una goccia d'acqua, stupida come una lacrima inutile. (Sforzandosi di animarsi e di celiare) Ha bisogno di altri chiarimenti il signor Giudice Istruttore? Ha bisogno di interrogarmi ancora? Sono ai suoi ordini; ma a questo patto, badiamo: che prima di procedere oltre, il signor Giudice Istruttore faccia delle brave scuse... (diventando austera) a colui che egli ha offeso e calunniato.

Corrado

(con riservatezza, avvicinandosi un poco) No, signorina Nanetta: non occorre.

Nanetta

(quasi imperiosa) È necessario che egli ve le faccia soprattutto per imparare a riconoscere i suoi torti, e, anche, perchè io lo desidero. Hai inteso, Enrico?

Enrico

Sì, Nanetta. (Indugia tremante. Poi, con voce debole e rotta) Vi prego, signor Corrado... di accettare... le mie scuse.... (La frase gli si storce nel respiro affaticato. Egli porta la mano alla gola come per strapparne un'altra mano che lo strozzi, e, più visibilmente, continua a tremare.)

Nanetta

(assalita da una straordinaria costernazione, lo fissa in viso, gli prende le spalle, interrogandolo) Enrico?... Enrico?... Tu ti senti male!...

Enrico

(tremando dal capo ai piedi e liberandosi) Non ho niente, Nanetta.... Lasciami, lasciami.... Lasciami.... (Esce precipitosamente a sinistra.)

Corrado

(cade a sedere, annichilito.)

SCENA QUARTA.

Nanetta

(dopo aver seguìto Enrico con gli occhi pieni di stupefazione e di spavento) Dio mio!... Che significa tutto questo?

Corrado

(in un tono di soffocata concitazione) Non lo vedete che quel ragazzo vi ama? Non lo vedete che impazzisce d'amore per voi?

Nanetta

(smarrita, desolata) Sì, purtroppo, è innegabile! Il suo buon affetto fraterno si è deformato. E la rivelazione improvvisa che ne ho avuta, e alla quale non volevo credere, mi mette addosso... non so... come il fastidio d'una impressione sinistra. (Animosamente risoluta) Me n'andrò, me n'andrò al più presto possibile!... Tornerò in città.... O, magari, me n'andrò anche più lontano.... La mia indipendenza me lo consente.

Corrado

E voi sperate che la lontananza basterà a guarirlo?!

Nanetta

Egli è nell'età in cui l'anima vola con la rapida irrequietezza d'una rondine; è nell'età in cui si è sempre corrivi, si è sempre docili a una nuova sensazione....

Corrado

Se aspettate che una sensazione nuova pigli il sopravvento su questa sua prima sensazione intensa e complessa che ha mutato in uomo l'adolescente, aspetterete un pezzo. Il vostro distacco non farà che esasperare la sensibilità accumulata sotto la lunga repressione. Egli è già un malato: ve ne sarete accorta: e si ammalerà assai più gravemente. Ovvero, con l'impulso d'un selvaggio, v'inseguirà, vi raggiungerà!...

Nanetta

(scoraggiata) E allora che devo fare io?... Cercherò... di ragionare con lui.... Tenterò di guarirlo a poco a poco....

Corrado

(con desolata convinzione) E sarà vano anche questo! Affinchè il vostro tentativo fosse almeno un po' logico, dovreste avere l'abnegazione di mandare in frantumi il piedistallo sul quale egli vi ha collocata, dovreste riuscire a mostrarvi indegna del culto che lo esalta; ma che voi abbiate quest'abnegazione non è presumibile. E quindi, per guarirlo a poco a poco, a quali mezzi potrete voi ricorrere? A quali metodi?... Allo stesso metodo di vigile assistenza che ha contribuito ad accendere il suo cuore; e così, invece di acchetarglielo nella saggezza, glielo accenderete maggiormente!

Nanetta

(con fermezza) Ah, no!

Corrado

La vostra volontà non ha valore, Nanetta!

Nanetta

(fierissima) Perchè non ha valore?

Corrado

Quale che sia la risoluzione che prenderete, voi siete stretta in un nodo che quanto più vi affaticherete a districare tanto più stringerete. L'esaltazione di quel ragazzo sarà indomabile, vi dico! E accadrà anche di peggio, sì, anche di peggio accadrà, ed è umano che debba accadere. Accadrà, che, gradatamente, voi ne sarete turbata, voi ne sarete intenerita, e io non escludo che, un giorno, nonostante la differenza degli anni...

Nanetta

(troncandogli la parola) Non continuate, Corrado! Voi state per gettarmi sul viso una volgarità.

Corrado

Non è una volgarità prevedere il fascino che può esercitare l'ardore d'un folle innamoramento giovanile.

Nanetta

Su me?!

Corrado

Su voi come su ogni donna che non sia fatta di marmo!

(Breve pausa.)

Nanetta

Il più triste e il più bizzarro in tutto questo è che voi siete profondamente geloso: geloso per me, voi, voi, che mi avete impedito di essere vostra fino alla morte!

Corrado

Non sono geloso, Nanetta, e intendo che se lo fossi avreste il diritto di sorriderne.

Nanetta

A che negare?... Siete geloso di quel ragazzo come lui è geloso di voi.

Corrado

Non è gelosia! Non è gelosia!... (Rabbrividendo, rodendosi e smarrendo la consapevolezza di ciò che dice) O, se non altro, non è quella gelosia egoistica e miserrima che voi mi attribuite. È una sevizia orribilmente complicata da cui neppure il più nobile sforzo di altruismo potrebbe liberarmi. È l'ossessione della mostruosità che ci minaccia tutti e tre.

Nanetta

(energica) Da nessuna mostruosità siamo, comunque, minacciati.

Corrado

Voi non comprendete! E non dovete comprendere, voi!

Nanetta

(rompendo i freni che si era imposti) Sventuratamente, conosco il vostro segreto....

Corrado

(sgranando le pupille) Conoscete il mio segreto?!

Nanetta

Mille circostanze me l'hanno rivelato, e ne avrei scorta in voi stesso, oggi, la conferma se ancora avessi avuto qualche dubbio. Tutte le più tristi realtà fioriscono, facili, sul mio cammino!

Corrado

(la guarda con dolorosa deplorazione. Poi, abbassa la fronte.)

Nanetta

(in un sogghigno che vale una bestemmia) Ed ecco, ecco l'ultima tappa trionfale della mia brillante carriera di donna amata! Respinta dall'uomo in cui ho saputo così inutilmente suscitare il più grande amore della sua vita, trovo in agguato l'amore d'un fanciullo... che è suo figlio!

Corrado

(sùbito) Voi già lo presentite, Nanetta, nel vostro animo indifeso, nel vostro sangue commosso, l'assalto di questa giovinezza armata della sua vergine passione....

Nanetta

Nel mio animo e nel mio sangue non c'è che l'offesa della mia sorte vigliacca, non c'è che il bisogno frenetico di ribellarmi ad essa come a una tirannia schiacciante! Essere presa da vostro figlio, no! no!... Per un'altra donna sarebbe forse un rifugio o una vendetta: per me sarebbe una umiliazione, tanto più bassa quanto più credessi probabile la sconfitta del mio cuore e dei miei sensi. E fossi pure insidiata come dal potere di un filtro irresistibile, vi giuro, Corrado, vi giuro che saprei....

Corrado

(interrompendola con la parola e col gesto) Tacete, Nanetta! Non fate questo giuramento! O, almeno, non fatelo a me!... Io non posso accettarlo. Non mi spetta. Lasciate ch'io resti nel martirio che ho saputo prepararmi e meritare. (Parla sottovoce, preso da uno strano tremito interiore, stranissimo in lui.) Ciò che accade è la degna punizione d'un uomo che non ha il diritto di gettare le braccia al collo di suo figlio... e di chiamarlo figlio. (In un rigurgito di rimorsi e di tenerezza inane, il suo pensiero s'indugia.) Del resto, noi ci siamo già separati per sempre questa notte, e oggi... voi dovete già considerarmi... come un assente,... come una persona... lontana... (Ha davvero la sensazione che gl'incomba d'essere un assente. — Si leva in silenzio. Prende il cappello. — Gli sfugge un singhiozzo. Con passo lento e malfermo va sino alla soglia in fondo.)

Nanetta

(senza voltarsi, lo sogguarda, scrollando il capo, compassionevolmente.)

Corrado

(si appoggia un istante con un braccio allo stipite. Indi si fa forza, e sparisce.)

Nanetta

(appena uscito Corrado, ha un momento d'intensa e agitata riflessione. Indi, cede all'impeto di affrettare la soluzione liberatrice. Alla porta di sinistra, chiama urgentemente:) Enrico! Enrico!... (E più forte ancora:) Enrico, vieni qua! Subito!

SCENA QUINTA.

Enrico

(entra guardingo, quasi pavido.) Il signor Corrado è andato via?

Nanetta

Sì, è andato via, è partito. Siamo soli e dobbiamo parlare.

Enrico

Di che, Nanetta? Bada che di quella faccenda non voglio parlare mai più.

Nanetta

Ma voglio ancora parlarne io, Enrico, e voglio, soprattutto, che tu ne parli ancora con me. (Severissima.) Siedi.

Enrico

(preso dal panico) Ti prego...: sii buona, sii condiscendente. Non obbligarmi a tornare su ciò che è accaduto.

Nanetta

(puntandogli lo sguardo in faccia) Hai paura di ritornarci?

Enrico

Che c'entra la paura? (Evitando lo sguardo di lei) Avrei desiderato che tu mi risparmiassi una molestia inutile. Sai bene che ti ho creduta e che ti crederò sempre; sai bene che mi hai fatto riconoscere il mio torto, che mi hai fatto pentire d'aver trasceso. Che potrei dirti che tu già non sappia? Il voler ricominciare da capo con un colloquio solenne è una ingenerosità da parte tua. (Siede malvolentieri.)

Nanetta

Io non mi preoccupo del torto che hai avuto, nè ti ho chiamato per ascoltare il tuo formale attestato di stima o la tua formale dichiarazione di pentimento. Si tratta di tutt'altro, perchè è tutt'altro quel che a me preme. (Gli siede vicino e di fronte.) A me preme che tu guardi in te stesso, coraggiosamente, come si guarda in un nascondiglio dove si sia potuto appiattare il più pericoloso dei nemici. A me preme che tu ti sforzi di riconoscere la causa inconfessata del tuo inasprimento implacabile e della tua profonda sofferenza. Era una sofferenza che non aveva nulla di comune con lo sdegno di un cugino, fosse pure intransigente, per un suo lusso personale di austerità, come solo a un vero fratello spetterebbe di essere. Che cos'era, dunque, quella sofferenza? Che cos'era? Cerca, cerca la verità tra le più intime dissimulazioni del tuo animo, e dilla a voce alta. Dilla! Che cos'era quella sofferenza?

Enrico

... Era uno stato di sovraeccitazione, ne convengo.

Nanetta

(esortandolo vivamente) La verità devi cercare!

Enrico

Era il parossismo d'un insensato, d'un allucinato...

Nanetta

(martellandogli le sillabe all'orecchio con un accento sommesso e vibrato) Era gelosia!

Enrico

(diventando, d'un tratto, rosso dal mento alla fronte) No, Nanetta...

Nanetta

(più austera) Era gelosia!

Enrico

(sudando freddo, tenta di schermirsi. Ha il fiato corto, le pupille offuscate.) Del resto... tu proferisci questa parola come se fosse la qualifica d'un delitto; ma... a me non pare così straordinario che, in un certo senso, l'affetto fraterno arrivi alla gelosia...

Nanetta

(prorompendo desolata) Non è fraterno, no, non è fraterno l'affetto che tu nutri per me!

Enrico

Perchè non è fraterno, Nanetta?

Nanetta

Perchè soltanto un innamorato prova gli spasimi che tu hai provati poco fa! Tu mi ami, capisci?! Mi ami! E io, che potrei farti veramente da madre, non posso non sentirmi bruciare la bocca dicendo che tu mi ami. (Con un'istantanea veemenza di rabbia) Ah, come maledico d'aver messo il piede in questa casa!

Enrico

(umiliato, umiliandosi) Sei spietata nella tua irritazione. Mi avvilisci troppo! Ti adiri troppo!... E fai così, lo so,... perchè ai tuoi occhi sono un ragazzo. Ma ho forse osato chiederti di ricambiare il mio sentimento? No. Anzi, te lo avevo nascosto. Non puoi negare che te lo avevo nascosto. E se le imprudenze dei miei nervi non te lo avessero lasciato indovinare, io avrei continuato a celartelo. Ti supplico di non dubitarne. Me lo sarei chiuso nel cuore, e avrei aspettato, avrei saputo pazientemente aspettare.

Nanetta

(sbalordita) Che cosa avresti saputo aspettare?!

Enrico

(con reticenza)... Di non sembrarti più un ragazzo.

Nanetta

E poi?... E poi?...

Enrico

E poi... un giorno... se tu fossi stata ancora libera, completamente libera,... ti avrei offerto la mia devozione, la mia fedeltà, il mio nome...

Nanetta

(con una irruenza irosa e pur compassionevole) Parli come quegli alienati che aggrovigliano nel loro cervello sconvolto il passato il presente e l'avvenire, e non distinguono più l'uno dall'altro. Non pensi, non pensi che, quando tu non mi sembrerai più un ragazzo, io non ti sembrerò più una donna?

Enrico

(animandosi) Questo, puoi pensarlo tu, perchè ignori ciò che tu sei per me.

Nanetta

Ma non ignoro ciò che tra breve sarò per tutti.

Enrico

Chi sa come ti calunni con la tua immaginazione!

Nanetta

Una larva, una larva: la misera larva di questa Nanetta che sono ora!

Enrico

(trasfigurandosi, illuminandosi nell'animazione crescente) Per me, tu sarai sempre colei che, col suo apparire, mi ha trasfusa la vita, la vita dello spirito e del corpo, la vita che mi spettava, una vita di creatura sana, consciente, sinceramente sensibile, sinceramente umana. Che ne sarebbe stato della mia esistenza se io non ti avessi conosciuta? Io sarei rimasto a vivere come in una specie d'astuccio di ferro, con gl'istinti ritorti o repressi. Non è forse vero, di', non è forse vero che non somiglio più in nulla a quell'inetto dall'anima rachitica che hai incontrato, in questa medesima stanza, quando giungesti quassù, all'improvviso, pochi mesi or sono? Ho un'altra anima, ho un altro respiro, ho un altro sangue, ho un altro volto, ho un'altra voce... E sei tu, sei tu che mi hai fatto come ora mi vedi, come ora mi ascolti!...

Nanetta

(ascoltandolo con intensità, dissimula l'intima commozione.)

Enrico

(sempre più fervido) Tu diventerai meno bella, diventerai meno graziosa, e poi, sì, invecchierai fatalmente prima di me; ma non per questo, Nanetta, non per questo io potrò cessare di sentirmi cosa tua, tua, tutta tua, animata da te, creata da te!...

Nanetta

(impedendogli di continuare, si leva, imperiosamente e angosciosamente) No, Enrico! Non dev'essere così, non sarà così! La mia volontà è più prepotente della tua ostinazione, e saprà vincerla. Non sarà così! Nessun legame tra noi due! Nessuna promessa d'amore! Nessuna speranza d'amore!... Mai! Mai!

Enrico

Tu non hai il diritto di proibirmi perfino la speranza. E, d'altronde, perchè non dovrei sperare dal momento che non ci sono degli ostacoli insormontabili? (Si alza, le va vicino.) Tu non mi ami oggi, non mi amerai domani, non mi potrai amare finchè qualche reminiscenza ti condurrà la fantasia verso colui che hai troppo amato; ma il tempo, oh, il tempo sarà il mio complice buono, sarà il mio protettore...

Nanetta

(combattendo contro la propria commozione) Dio, che tortura!

Enrico

Io sono convinto che, a poco a poco, tu ti persuaderai che io ti voglio tutto quel grande bene che certamente ti pareva di meritare prima che cadessero le tue illusioni...

Nanetta

Che tortura!

Enrico

Io sono convinto, Nanetta, che ti amerò tanto e con tanta fede e con tanta umiltà che in questa umiltà e in questa fede tu dovrai, finalmente, un giorno sentire il desiderio di riposarti.

Nanetta

(quasi diffidando di sè, invasata dall'urgenza di farlo desistere e agitata da un pietoso pianto interiore, convulsamente ribadisce:) Non deve essere così, ti ripeto! E se anche tu m'inchiodi alla croce, io continuerò a gridare: non dev'essere così!... non dev'essere così! (Si lascia cadere sul canapè, sfinita dallo sforzo di crudeltà che ha compiuto.)

Enrico

(percosso, la guarda con un'annebbiata trepidanza) Ma... la ragione... qual è? Qual è la ragione suprema, la ragione immutabile della tua sentenza recisa, che uccide il mio sogno, che mi ruba l'avvenire?... Se questa ragione ci è, e se veramente è più forte di tutte le ragioni mie, se è veramente tale da proibirti persino di tollerare le mie speranze, perchè me l'hai taciuta fin adesso?... perchè neppure adesso me la dici?

Nanetta

(freme e non risponde.)

Enrico

Non ne hai il coraggio? (Rumina, si martella. — La sua trepidanza si fa più cupa e, man mano, egli si monta, si rieccita.) L'unica ragione che potresti non avere il coraggio di dirmi sarebbe quella di esserti irreparabilmente compromessa con lui... con quell'uomo che a te sembra sacro e inviolabile, con quell'uomo che non mi si permette d'insultare... E, tuttavia, se tu fossi colpevole, visto che hai tanto bisogno di non farti voler bene da me, non sarebbe forse logico che ti affrettassi a darmi la certezza della tua colpa? Dovresti capire che questa certezza mi guarirebbe immediatamente, che questa certezza mi ti strapperebbe dal cuore per non lasciartici entrare mai più... (Arrestando con una specie di spavento la corsa dei suoi funesti pensieri) Ma no... Per carità!... Dove mi fai riandare con la testa?... Tu non mi hai mentito... Non mi hai mentito... Non è possibile che abbi saputo mentirmi, tu, che m'insegnasti ad avere ribrezzo della menzogna... (S'interrompe di nuovo come se aspettasse una rassicurante conferma da lei.)

Nanetta

(nella impossibilità di trovare una parola utile, una parola opportuna, si dibatte, spasima, tenendo la faccia tra le mani.)

Enrico

(dopo una pausa, la fissa più intensamente, e ha gli occhi di fuoco nell'interrogarla:) Nanetta?... (Un'altra pausa.) Nanetta?... (E vedendola lì, ancora immobile, ancora trincerata nel suo silenzio e con la faccia nascosta, trasalisce e perdutamente supplica:) Nanetta?!...

Nanetta

(si scopre il viso, e la sua voce ha un suono misto di ferocia e di strazio) Non ho nulla da aggiungere a quanto hai già udito dalla mia bocca, e non sono qui per rendere conto a te della mia coscienza!

Enrico

(con uno scoppio di follia disperata) Ma, dunque, non c'è più dubbio? È proprio vero che mi hai mentito?!...

Nanetta

(implorando) Pensa di me ciò che puoi, purchè sia la mia liberazione e la tua!

Enrico

(accecato da un furore spaventosamente brutale) Io penso che ti sei gittata in un'avventura come un assetato si getta ad abbeverarsi a un pantano!

Nanetta

(rizzandosi in piedi con l'istantaneo raccapriccio doloroso di chi abbia ricevuto una scudisciata) Enrico!

Enrico

E il mistero nel quale ti chiudi è la conferma inesorabile d'una così orrenda abbiettezza! Non t'amo più, no, non t'amo più! Ti detesto con tutto il livore che mi metti tu nelle vene. (Dilaniato dal suo martirio) Mi hai fatta un'anima capace d'amare, e tu stessa, tu stessa mi costringi a detestarti! (Si sorregge a un mobile, come un ubbriaco.)

(Un istante di sospensione.)

Nanetta

(con un supremo tormento è riescita a sopportare e a non svelarsi. — E ora, pacatamente risoluta, come se pronunziasse la sua necessaria condanna:) E sia! Detestami, Enrico!... (Poi — mutando — con un fioco accento e con un pallido sorriso di sconfinata tristezza) Ma... passerà anche questo: lo vedrai. Ben presto, non mi detesterai nemmeno, e l'anima capace d'amare, che io ti ho fatta,... ti resterà. (Ricade a sedere, rassegnata.)

SCENA SESTA.

Clotilde

(di fuori — chiassosamente) Nanetta! Nanetta! (Entra, zelantissima) Ho visto per la prima volta il signor Corrado con le lagrime agli occhi... (Interdetta) Che diamine vi è accaduto? Vi siete bisticciati?

Nanetta

Sì, zia. Ci siamo bisticciati.

Clotilde

Sia lodato il cielo! Fate sempre comunella. Almeno vi siete bisticciati una volta! (Li osserva. Si meraviglia.) O insomma?!... Sul serio?!...

Nanetta

Più di quanto tu possa immaginare.

Clotilde

(affettuosa, vivace e scherzevole) Ma che!... Non seccare! Finiscila! Finitela tutti e due!

Nanetta

T'assicuro, zia, che non c'è rimedio. E, anzi,... sarebbe imbarazzante per me e per lui... se io profittassi ancora della tua ospitalità. (Si alza.)

Clotilde

(con un moto di viva sorpresa significativa) Te ne vuoi andare anche tu?! All'impensata?! Proprio oggi?!

Enrico

(sordamente) È naturale che se ne voglia oggi andare anche lei.

Nanetta

(fremendo di collera raffrenata, lo fulmina con lo sguardo e con la voce) Taci ora, tu!

Enrico

(si abbatte su una sedia, in silenzio.)

Clotilde

Non mi pare che sia il caso di pigliarla così tragicamente, cara Nanetta: tanto più che le apparenze dànno ragione a mio figlio. Il suo torto potrebb'essere soltanto quello di darsi pena per un fatto... il quale non riguarda che te. Tu hai da un pezzo proclamata la tua emancipazione, che, alla tua età, e dopo tante disillusioni, è più che legittima. E, visto che non riesci a domare la passione che hai per quell'uomo, la tua imprudenza... è comprensibile. Per conto mio, riconosco che fai benissimo a cavar dalla vita il meglio che puoi.

Nanetta

(la fronte in fiamme, le guance violacee, esplode, e le sue parole sono una valanga d'ironia facinorosa) Sì, zia: a qualunque costo, il meglio che posso, e, sopra ogni cosa, tutte le dolcezze, tutte le gioie dell'amore, perchè sono esse appunto che meritano certamente che si faccia tacere il nostro decoro, la nostra fierezza, il nostro pudore, ogni scrupolo della nostra coscienza, ogni sentimento che non abbia le radici nel nostro egoismo! Tu m'incoraggi, non è vero?, tu m'incoraggi a sostituire, finalmente, alla malinconica speranza d'essere una moglie l'allegra realtà d'essere un'amante?! (Scoppiando in una risata frenetica) Ah ah ah ah!... Nessuna donna è stata mai più ridicola di me!

Clotilde

Ma frènati, Nanetta! Tu sei in uno stato d'esaltazione che mi spaventa e che m'impedisce di raccapezzarmi.

Nanetta

(grida:) Cavo dalla vita il meglio che posso, io, e perciò fuggo da tuo figlio, che, un momento fa, mi prometteva di sposarmi!

Clotilde

(con un sobbalzo di stupore e d'allarme) Mio figlio ti prometteva di sposarti?!

Nanetta

Ma sta' tranquilla: l'ho già salvato dalla sua follia. Te lo garantisco.

Clotilde

(agitatissima) È lui che me ne deve convincere. Sino a quando lui stesso non riuscirà a rassicurarmi, io temerò effettivamente che il suo cervello sia spacciato!

Nanetta

(imperiosa) Rassicura tua madre, Enrico! Ne hai bene il dovere.

Clotilde

(al figlio) A te, dunque. Parla. Dimmi quel che senti. Dimmi quel che pensi. Io ho bisogno di saperlo.

Nanetta

(attende ansiosissima, presa da una perplessità complicata e contraddittoria.)

Clotilde

(con ferma insistenza) Mi sono spiegata, sì o no?

Enrico

(incalzato dalla desolazione, rompe in una crisi di pianto) Ho l'anima che mi muore, mamma! Questo solamente so dirti.

Clotilde

(furibonda, a Nanetta) Lo vedi se l'hai salvato!?

Nanetta

(slanciandosi a soccorrerlo con un impeto infrenabile di tenera compassione) No, no, Enrico! No!

Clotilde

(energica e severa) E che fai adesso?!

Nanetta

(si arresta d'un colpo come sull'orlo d'un fosso. Le corre un brivido per tutto il corpo. Retrocede un poco.)

Clotilde

(piantandosi risoluta accanto alla porta di destra, si rivolge al figlio e, con un gesto d'imposizione, gli comanda:) Vieni con me, tu! Quando saremo soli, saprai dirmi, senza dubbio, qualche cosa di meno rattristante. Obbedisci!

Enrico

Sì, mamma. (Si alza. Contiene i singhiozzi. Si asciuga le lacrime. E, passando, con la testa bassa, innanzi alla madre, rassegnatamente, esce.)

Clotilde

(sta per seguirlo.)

Nanetta

(supplichevole) Un momento, zia! Te ne prego.

Clotilde

(si ferma, si volta. — Poi, quasi senza asprezza) Che altro vuoi, Nanetta?

Nanetta

Nulla per me, zia. Oggi, come sempre. (Pausa) Chiudi quella porta.

Clotilde

(chiude e le si accosta, lenta, in attesa) Di' pure.

Nanetta

(pianamente, con una serenità di voce che contrasta coi segni della sua fisonomia) Non seguo il signor Corrado. Non sarò l'amante del signor Corrado. Non lo vedrò mai più. E tra me e lui il sacrificio della più austera rinunzia è stato compiuto fino all'ultimo. Nondimeno, è necessario che tuo figlio continui a credermi o a sospettarmi... una sgualdrina. Il disprezzo non tarderà troppo ad uccidere l'amore — ed egli sarà salvo davvero.

Clotilde

(smarrita nella commozione, nella riconoscenza) Nanetta mia!... Come mi fai mortificare d'essere stata cattiva con te... E che grande bontà è la tua! (L'abbraccia fortemente e la bacia.)

Nanetta

Non ne ho alcun merito. (Ogni sua parola cade come una lagrima) È il mio destino che me la impone. (Si distacca) E addio!... Capirai che in questa casa non posso rimanere nè un giorno, nè un'ora di più.

Clotilde

(ha un gesto d'adesione accorata, ma indispensabile.)

Nanetta

(guarda la porta chiusa. Dilata le pupille. Resta intenta) E ancora piange!... Ancora piange!...

Clotilde

(tende l'orecchio)... A me sembra che si sia calmato...

Nanetta

Tu non senti che piange? Io sì, purtroppo! (Fa qualche passo per essere più vicina alla porta. E ascolta e ascolta. — A poco a poco, è penetrata da quel pianto come dal fascino d'un maligno incantesimo. — Ella è lì, nella immobilità della soggiogazione, col dorso un po' curvo, con tutti i sensi tesi verso quell'uscio, con la bocca semiaperta in una espressione di spasimo dolce. — Indi, comincia ad affannare. Il suo petto pulsa violentemente. Il suo volto si sbianca ogni istante di più.)

Clotilde

(che non ha cessato di osservarla, a un tratto, impressionata, le va alle spalle e la chiama, appena:) Nanetta!...

Nanetta

(come in un brusco risveglio) Zia!

Clotilde

Che hai?!

Nanetta

(trasognata, perduta) Non so... Quel pianto insistente, che mi chiama, che mi chiama,... è terribile per me!... Sono... una debole donna... Tanto debole!... (Piange anche lei. — Si sente mancare) Aiutami tu ad andar via... Aiutami tu!... (Si abbandona tra le braccia pronte di Clotilde.)

Clotilde

(la sostiene, la stringe)....

SIPARIO.

EPILOGO.

Il salotto d'un appartamentino di lusso in un grande albergo. Architettura ed eleganza modernissime. Poca tappezzeria, colori tenui, mobili fragili e bizzarri. — A destra, il vano ampio d'una terrazzina inquadra il profilo del Vesuvio, nella luminosità azzurra dell'orizzonte partenopeo. Dallo stesso lato, un paravento orientale e alcune palme, ben ricche di foglie, formano quasi un semicerchio dietro un divano basso e largo, che promette le dolcezze della pigrizia contemplativa.

Verso l'altro lato della stanza, sopra un tavolino laccato, una fotografia in cornice, dei Copenaghen, e scatole e vassoi e snelle anfore d'argento. Nelle scatole e nei vassoi, sigarette e bonbons d'ogni sorta. Dalle anfore, si ergono, sui liberi steli, rose delicatissime e capricciose orchidee.

Una porta in fondo, una porta a sinistra.

Qualche cenno sui nuovi personaggi che compariscono nell'epilogo.

Claudine Ranier è una cocotte, che, venuta di Francia alle sue prime armi, risiede da molti anni a Napoli, dove è salita in auge, e che, per quella legge d'infiltrazione alla quale sottostanno i forestieri residenti a lungo in questa città, è diventata mezzo napoletana, assimilando soprattutto la parlata e le maniere del popolo, le cui caratteristiche sono tanto suggestive. La voce, i gesti, gli atteggiamenti, il pensiero di Claudine sono un misto di napoletanità e di pariginismo e il suo modo di esprimersi è un ibrido connubio di lingua francese e di vernacolo partenopeo, con un po' d'italiano storpiato. — La erre nativa strascica e gorgoglia insistentemente.

Rossana Monteflora è un'altra cocotte di alto bordo. Rivaleggia in bellezza e in lusso con Claudine Ranier, e molto presume di sè, sfoggiando una signorilità tutt'altro che autentica.

Amalia, di professione canzonettista, è una donna che ha più di quarant'anni. Sul suo volto son le tracce della lunga attività muliebre accoppiata all'esercizio professionale, e il suo corpo, un po' ingrassato e squinternato, sopporta un busto eccessivamente stretto, che preme da tutte le parti, conservandole, in apparenza, la necessaria idoneità.

Albertina e Ninì sono anche loro canzonettiste. La prima ha già fatto fiorire abbondantemente i vari rami innestati al fusto della sua professione; la seconda — Ninì — giovanissima, esile, pallidina, è ancora fanciulla, e serba, tra gl'indugi dubitosi della sua giovinezza e i timori della sua deficiente intelligenza, l'istintivo pudore e l'istintiva sentimentalità, capace di bontà e di dolcezza.

SCENA PRIMA.

(In iscena, nessuno.)

Amalia

(entrando dal fondo, tutta animata di zelo, e dirigendosi alla porta a sinistra) Claudine! Claudine!... Fai ancora toletta?

(Si udrà, di dentro, la voce di Claudine, talvolta graziosa, talvolta sguaiata, in quel suo linguaggio speciale.)

Claudine

C'est toi, Amalia?

Amalia

Sì, moi, moi. Hai tempo?

Claudine

Un piccolo momento.

Amalia

Li conosco i tuoi «piccoli momenti», cara parigina. Sbrigati! Stanno per venire Rossana Monteflora, Albertina e Ninì. Chiacchieravano giù, nel bar, col direttore dell'hôtel, che faceva il galante; ma mi hanno avvertito che sarebbero salite subito.

Claudine

Hanno già appurato?... C'est idiot!

Amalia

Iersera, a mezzanotte, tutta Napoli sapeva che Enrico Carmineti e il marchesino Bargonzi s'erano abbarruffati per causa tua e che era corsa sfida immediatamente.

Claudine

Ce sale trou de Naples!

Amalia

(scherzando con acredine) Ci stai da otto anni in questo «sale trou de Naples», e ti sei tanto napoletanizzata che parli, ormai, più napoletano che francese. È segno che ti ci trovi benino!

Claudine

Gesù! Ma cheste so' cose 'e pazze! Io parlo napulitano?!

Amalia

A te sembra di parlare toscano?

Claudine

Fiche-moi la paix, Amalià!

Amalia

E di', parigina: hai notizie?

Claudine

No.

Amalia

Non sai nemmeno dove sono andati a battersi?

Claudine

No.

Amalia

Speriamo che non gli vada troppo male, povero Enrico!

Claudine

Je déteste le duel!

Amalia

Lo credo!

SCENA SECONDA.

(Entrano, l'una dopo l'altra, affaccendate, Rossana, Albertina, Ninì.)

Rossana

Dunque?

Albertina

Dunque?

Ninì

Dunque?

Amalia

Sinora, nulla.

Rossana

E Claudine?

Amalia

Sta vestendosi. Io, intanto, vi ho annunziate.

Rossana

Noi siamo entrate così, perchè il portiere dell'hôtel ci ha detto che non dovevamo farci annunziare. (Con una intonazione di meraviglia) Ha avuto l'ordine di spedire senz'altro al numero 28 chiunque chiedesse di Enrico Carmineti o di Claudine Ranier. Trovo strano!

(Abbassano la voce per comentare.)

Amalia

Ingresso libero, oggi!

Rossana

Mentre, oggi, al suo posto, una donna veramente elegante non riceve nessuno.

Amalia

Ma come potrebb'essere, lei, una donna elegante?!

Albertina

Con quella parlatura che ha presa, di ciabattona napoletana!...

Amalia

E con quelle mani!...

Rossana

E con quei piedi!... Dio, che piedi!

Ninì

(andando in giro, un po' imbambolata, per la stanza, ha notato sul tavolino il ritratto di Enrico e ora, sollevandolo delicatamente, nella cornice dorata, con ambo le mani, se lo studia.) Come l'hanno dimagrato, qui, il signor Enrico!

Rossana

Vedere! (Corre e s'impossessa del ritratto.)

Albertina

Vedere! Vedere!

Tutte e quattro

(in gruppo, esaminano la fotografia.)

Rossana

Sempre un portento di omo, però!

Albertina

Qui, somiglia al Conte di Torino.

Amalia

Ma che!... In questa fotografia somiglia al Duca degli Abruzzi.

Rossana

Con i baffi di più. (Ripone sul tavolino.)

Amalia

Comunque, Ninì preferisce l'originale.

Ninì

(arrossendo) A che proposito?

Amalia

Cos'è?... Non ti piace Enrico? Non ne sei un poco innamorata?

Ninì

(con ingenua dissimulazione) Un uomo che ha trentacinque o trentasei anni non mi può piacere.

Albertina

Oh bella!

Amalia

E perchè?

Ninì

Perchè mammà vuole che mi piacciano solamente gli uomini che hanno meno di vent'anni o più di settanta.

(Si ride.)

Rossana

Dopo tutto, non ha torto. Sono i più comodi. (Mutando) Va per le lunghe la toletta della parigina. (Chiama sdolcinatamente) Claudine!... Siamo qui! Ansiosissime!...

Albertina

(imitando) Non farti aspettare troppo.

Claudine

(ancora di dentro) Venco, venco dans un instant.

Albertina

(prendendo una sigaretta da una scatola) Provvisoriamente, ti rubo una sigaretta.

Claudine

Oui, chère.

Amalia

Io, un fondant.

Ninì

Io, una rosa.

(Eseguono.)

Rossana

Quanto a me, non voglio rubarti un bel niente!

Claudine

Prends garde per la coda di paglia, Rossana! Et à bon entendeur, salut!

Rossana

(piano) Sciocca!

Albertina

(offrendo alle altre, con in mano la scatola) Vi servite anche voi?

Amalia

(servendosi) Quel che si lascia è perso.

Ninì

Lo sai che non fumo.

Rossana

Io fumo le mie. (Cava dalla sua borsa un portasigarette e un portafiammiferi, l'uno e l'altro d'oro, cercando di mostrarli.)

(Ricomincia il cicaleccio della maldicenza. — Amalia, Rossana, Albertina accendono le sigarette, fumano.)

Rossana

Tre ore davanti allo specchio, anche oggi! Non par vero!

Albertina

Ci giurerei che non è neppure in pena per quel disgraziato che si batte per lei.

Amalia

Come vuoi che sia in pena se iersera lei stessa gli montò la testa contro il marchesino?

Ninì

Che cattiva!

Rossana

(con ostentato disgusto, ad Amalia) Ne sei sicura?!

Amalia

Ero lì.

Le altre

(circondandola, assediandola) Racconta... Racconta...

SCENA TERZA.

Claudine

(in un'acconciatura eccessivamente alla moda, il volto pitturato e patinato come una maiolica — entra, dandosi l'aria di essere agitatissima) Abbiate pacienzia!... Sto così disturbata, sto così buleversata che per vestirmi ci è voluta 'a mano de Dio!

Albertina

Lo dicevamo, pocanzi: «quella povera Claudine sarà sui carboni ardenti».

Claudine

Albertina mia, aggio passato 'o guaio!

Amalia

Il guaio, veramente, è più suo che tuo.

Rossana

Soprattutto se le busca!...

Ninì

(con sincera trepidazione e con sincera stupidità) Ma non si poteva evitare questo inconveniente del duello?

(Siedono. — Claudine e Rossana, vicine, in atteggiamenti importanti, si squadrano a vicenda, esaminando ciascuna la toletta dell'altra.)

Amalia

(con saccenteria) E no! Non si poteva.

Claudine

C'est idiot!

Amalia

Quando è in gioco la gelosia, non c'è modo di tentare un accomodamento. Quel buon Enrico ha il difetto di essere geloso!

Claudine

È nu brutto difetto che sul'a Napoli si trova!

Albertina

Si troverà anche a Parigi, probabilmente.

Claudine

Tu scherzi! On n'a jamais vu un homme jaloux à Paris!

Rossana

Però, dicono che tu fai di tutto per stuzzicare la gelosia di Enrico.

Claudine

Gesù! Cheste so' cose 'e pazze!

Rossana

Lo dicono.

Claudine

Ces sales mufles de napolitains!

Rossana

Del resto, sarebbe una precauzione. Il miglior mezzo per trattenere un uomo è quello d'ingelosirlo.

Claudine

(accendendosi a un tratto e levandosi rabbiosa ed energica) Je te prie de croire, ma chère Rossana, che a me non mi abbisognasse affatto di trattenere Enrico, par ce que je suis sûre qu'il m'adore et qu'il n'y a pas de femmes au monde qui pourraient me l'arracher!

Rossana

(inalberandosi alla sua volta, anche lei si alza tutta accesa) Oh oh!... Oh oh!... Parigina di Marsiglia, fanne a meno di scaldarti tanto con me! E se sul serio credi che io te lo voglia rubare, mi fai pietà, sai.

Claudine

Je te connais comme ma poche, ma ti ripeto che non aggio paura, io! Je m'enfiche comme de l'an quarante!

Amalia

(sempre con la sua intonazione di sapienza) Sta' in guardia, Claudine! Tu t'illudi troppo sulla costanza di quell'uomo. Non adorava forse anche me? Eppure, all'improvviso, mi piantò.

Claudine

Uh, Sant'Anna mia! Vai a scavare nu muorto de quindici anni fa!

Amalia

(scatta in piedi, molto offesa, molto irritata, rintuzzandola) Che importa l'epoca?!... Io ti dico che egli mi dette tali prove d'amore... che tu saresti contenta, magari, di sognartele!

Claudine

Tiens, tiens, tiens, tiens!

Amalia

E, per tua norma, se avessi saputo approfittare del momento buono, egli mi avrebbe perfino sposata!

Claudine

(con una esplosione plebea, schiamazzando) Neh, tu a chi vuo' rompere le stivali?... Enrico si avrebbe sposata na canzonettista?! C'est à se tordre! Chillo non si mariterebbe nemmeno con me, che non mi sono mai ribbassata al cafè-concerto e aggio fatta sempre la signora!

Amalia

Accidente, che signora!

Claudine

(continuando con sguaiataggine piazzaiola) Tu hai stata il suo debutto nelle sciantose e di chesto ti puoi avvantare. Ma nu capriccio qualunque, nì più nì meno di cento altri capricci di cafè-concerto che gli dava alla pelle.

Albertina

(ribellandosi e levandosi, vivacissima) Capriccio! Capriccio!... Che significa capriccio?!... Io sono nel caffè-concerto, e l'anno passato fui la sua amante come ora sei tu.

Claudine

(trivialmente, piantandosi le mani nei fianchi) Overo?!... E per quanto tiempo?

Albertina

Per più di un mese!

Claudine

Per più di un mese, chillo fece la navetta tra te e Ninì.

Ninì

(alzandosi furiosa) Che c'entro io?

Albertina

(a Ninì, spalancando gli occhi) Come? come? come?!...

Amalia

(a Ninì, investendola con una specie di giubilo chiassone) Anche tu, dunque, ci sei passata?!

Rossana

(a Ninì, canzonandola) Senza il permesso di mammà?

Ninì

(eccitandosi infantilmente) È una falsità! È una menzogna! È un'infamia di Claudine!... Io sono una ragazza onesta!

Claudine

A che ora, Ninì, sei onesta?

(Gran risata delle altre.)

Ninì

A tutte le ore, perchè non faccio la canzonettista per diventare una cocotte!

Claudine

Aggio capito: la fai per addiventare Adelina Patti!

(La risata si rinnova più clamorosa.)

Ninì

(scoppiando a piangere) Siete tutte maligne! Siete una peggio dell'altra! Malvage! Perverse!

Claudine

(accostandosele con un'affettuosità di persona superiore) Voyons, voyons, Ninì! C'est idiot!

Ninì

(piangendo) Non c'è stato mai niente tra me e il signor Enrico. Mai, mai! E mai niente ci sarà!

Claudine

Eh bien, va: je le regrette pour toi, ma petite, perchè ti attesto... che ne vale la pena! Facimmo na bella pace, mo... (l'abbraccia, la bacia) e nun ne parlammo cchiù!

Amalia

E con me?

Albertina

E con me?

Rossana

E con me?

Claudine

(in un tono e in un atteggiamento di scherzosa autorevole indulgenza) Mais quoi, donc!... Tra di noi?!... Ci rompiamo le corna, ma stammo sempre in pace... per solidarietà!

SCENA QUARTA.

(Si bussa lievemente alla porta in fondo.)

Amalia

(a Claudine) Bada che bussano.

Claudine

Entrez. Entrez.

(La porta si apre. Comparisce Nanetta. È molto invecchiata: più invecchiata di quanto per gli stessi anni trascorsi ella dovrebb'essere. I pochi resti della sua graziosa bellezza sopravvivono sperduti nelle tristi avarìe. I bei capelli abbondanti sono brizzolati, pressochè grigi. Le armoniche linee del corpo snello e flessuoso si sono deformate nell'arida rigidità. Le guance, non soccorse da verun artificio, sono scolorate e un po' flosce, e fanno già una piega agli angoli della piccola bocca. Le labbra vizze smorzano la lucentezza perlacea dei denti. E anche i grandi occhi, tra la crudeltà delle prime rughe, sembrano due grandi fiori quasi appassiti. Alle tempie, alla fronte, le si stende come un'ombra gelida. Veste un abito da viaggio, di austera signorilità.)

Nanetta

(ritraendosi immediatamente per andarsene) Oh, scusino... Credevo che...

Claudine

Ma di chi cercate?

Nanetta

(sostando)... Cerco del signor Enrico Carmineti. Il portiere dell'hôtel non ha creduto opportuno di farmi annunziare e mi ha mandata qui, al numero ventotto... Sarà stato uno sbaglio.

Claudine

Mais non, mais non, mais non. (Sforzandosi di parlare il suo migliore italiano) Questo è l'appartamento del signor Carmineti; ma lui è sortito da il mattino.

Nanetta

E potrei, almeno,... avere qualche notizia?

Claudine

Del duello, forse?

Nanetta

Appunto.

(Tutte la guardano attentamente.)

Claudine

Abbisogna che lui sarà ritornato.

Nanetta

(con dubbioso ritegno) Sicchè,... dovrei... dovrei tentare più tardi?

Claudine

Ce n'est pas la mer à boire! Del resto, (con prosopopea da gran signora) si lei non vulete andare e venire, lei putete attendere qua.

Nanetta

(incerta tra la ritrosa timidità e l'ansia di sapere) Temo... d'incomodare...

Claudine

Pas le moins du monde! (Con un gesto d'invito) Favorischi! Favorischi!...

Nanetta

(si avanza un po', esitando.)

Rossana

(a Claudine, passandole vicino, alle spalle) Sarà la madre.

Claudine

(a Nanetta, insistendo) Ma favorischi!

Nanetta

(avanzandosi di più) Allora, profitterò... perchè mi preme di essere informata al più presto possibile.

Claudine

E, prego: con chi aggio l'onore di parlare?

Nanetta

Io sono... una cugina del signor Carmineti.

Claudine

Una cucina? (Incredula, guardandola da capo a piedi) Lui non mi ha mai detto di avere una cucina.

Nanetta

... Non gli sarà parso interessante per lei.

Claudine

(con una punta d'umorismo) Voyons! Il vous a fait du tort! Sedete, sedete. (Affrettandosi a indicarle il divano) Una cucina di Enrico, toujours la bienvenue!

Nanetta

(senza decidersi a sedere) Troppo buona!...

Claudine

(rivolgendosi alle altre con uno zelo e con un sussiego di padrona di casa) E sedete tutte, per carità! Non mi fate i cannelieri!

Amalia

Ma certo che sediamo!

(Gran movimento di sedie e scambi di occhiate.)

Claudine

(accostando una sedia a Rossana) Questa per te.

Rossana

(di sfuggita, senza curarsi di abbassare la voce quanto dovrebbe) Non è sua madre: è una sua ex amante.

Claudine

(subito, assentendo) C'est évident!

Rossana

Ci divertiremo.

Nanetta

(coglie le parole e ne ha una scossa brusca. Non sa in che modo regolarsi. Resta lì, presa come in una trappola.)

Claudine

(voltandosi a lei) Ancora all'in piedi? Lei vi mettete forse appaura di sedere?

Nanetta

Ma no... Seggo... Grazie. (Siede.)

Rossana

(ha comunicato immediatamente la sua scoperta ad Amalia, ad Albertina, a Ninì, che le si trovavano dietro.)

(Esse ridacchiano, s'incuriosiscono. Ninì è un po' più riservata. Prendono posto intorno come per assistere a uno spettacolo.)

Claudine

(si è già seduta presso Nanetta e ha taciuto aspettando che le altre sedessero) E... prego: il vostro riverito nome?

Nanetta

Nanetta d'Altuna.

Claudine

«Nanetta»?

Nanetta

Già: «Nanetta». Mi hanno sempre chiamata così, e non so pensare di chiamarmi altrimenti.

(Le altre quattro donne sono attentissime, di una burlesca attenzione.)

Claudine

(per prolungare l'interrogatorio) «Signora» o «Signorina»?

Nanetta

(subendo penosamente lo scherno che intuisce) Come vuole.

Claudine

Lei avete l'aria di essere una vedova.

Nanetta

Non ho mai avuto un marito vivo: non posso avere un marito morto.

Claudine

(in un tono di omaggio) E allora, vi attocca: «signorina».

Nanetta

(stringendosi nelle spalle) Benissimo.

Amalia

(frena un piccolo scroscio di riso.)

Nanetta

(ode e si rassegna, paziente. Poi, a Claudine) E lei... sarebbe...?

Claudine

Claudine Ranier, s'il vous plaît.

Nanetta

Grande amica — si vede — del signor Carmineti...

Claudine

Oh, quelque chose de plus, voyons!

Nanetta

Si, si, capisco.

Rossana

Siamo tutte grandi amiche del signor Carmineti, signorina. (Ricalcando) Claudine è la sua amante, ecco: la sua amante di oggi.

Claudine

E di domani, si la signorina permette.

Nanetta

Per conto mio, s'accomodi.

Amalia

Ne ha avute, eh?, delle amanti quell'ometto lì!

Claudine

Parbleu!

Albertina

Chi sa quante!

Amalia

Chi sa quali!

Rossana

Lei, signorina, non ne ha mai conosciuta nessuna?

(Sorridono tutte.)

Nanetta

... Non ne ho avuta l'occasione.

Rossana

Forse, vive molto appartata...

Claudine

Molto ritirata...

Nanetta

Ritirata, no. Passo il mio tempo a viaggiare.

Albertina

«Chi viaggia non invecchia»... dice un proverbio.

Nanetta

È un proverbio che non conosco, ma non importa!

Rossana

E viaggia sola, la signorina?

Nanetta

(fingendo di non accorgersi della continua canzonatura) Sì, ho l'abitudine di viaggiare sola.

Albertina

(come se la commiserasse affettuosamente) O Dio! Sola sola?!

Claudine

C'est assommant!

Amalia

(con comica serietà) Viaggerà per lo meno con un cagnolino, che diamine!

(Danno in una breve risata Claudine, Albertina, Rossana e anche Ninì.)

Amalia

Ma, scusate: che c'è da ridere?

Nanetta

(si leva di scatto, livida in volto.)

Claudine

Qu'est ce qu'il y a, signorina?

Nanetta

No... niente... Pensavo d'andarmene...

Tutte e cinque

(alzandosi simultaneamente) Perchè?... Perchè?...

SCENA QUINTA.

Enrico

(di dentro, con voce festosissima) Claudine! Claudine!

(L'azione che segue sarà molto mossa e molto rapida. Le voci quasi si confonderanno insieme.)

Claudine

(con una ostentazione di gioia istantanea) Le voilà. C'est lui! (Corre verso la porta in fondo.)

Le altre quattro

(corrono chiassosamente dietro di lei.)

Amalia

È lui, è lui, è lui!

Rossana

Il guerriero! Il guerriero!

Amalia

L'eroe!

Albertina

Finalmente!

Ninì

N'era tempo!

Nanetta

(vorrebbe fuggire. Non sa. Non può. Cerca di nascondersi alla meglio. Torna a sedere sul divano, rimpicciolendosi affinchè il paravento e le foglie delle palme impediscano che Enrico la veda.)

Enrico

(sulla soglia — col braccio destro infilato in una fascia che gli pende dal collo — circondato, assalito dalle CINQUE DONNE ) Cielo, quante donne! (Il suo aspetto è molto diverso da quello che era. Egli serba nella fisonomia la dolcezza di una volta, ma ha il portamento del bell'uomo sicuro di sè stesso. Una bellezza maschia e agile. Una sapiente eleganza mondana. Uno sguardo lampeggiante e a un tempo carezzoso. Un paio di baffi un po' spavaldi. Sulla fronte e intorno agli occhi già qualche segno di una vita molto vissuta.)

Claudine

(buttandoglisi addosso, abbracciandolo, arrestandolo sulla soglia) Mon cheri, mon cheri!... Je n'en pouvais plus....

Enrico

Attenta! Non troppo calore, chè il marchesino mi ha tatuato il braccio.

Claudine

Oh, c'est idiot!

(Tutte sono asserragliate intorno a lui.)

Rossana

Nulla di grave, è vero?

Enrico

Un'inezia. Una scalfittura.

Amalia

Vi siete stretta la mano?

Enrico

Ma sì! Povero marchesino!... Con lui, in fondo, mi sarei potuto anche risparmiare le furie della mia gelosia.

Nanetta

(ha un moto di strano trasalimento.)

Claudine

(appiccicata a Enrico) Mais embrasse-moi, donc!

Enrico

Con tutto il cuore, musino mio adorato. Tè! (Le dà un grosso bacio sulla bocca) Questo, per ora.

Amalia

Un bacio, però, oggi, ci spetta a tutte, caro guerriero.

Albertina

S'intende.

Rossana, Albertina, Ninì, Amalia

(tumultuando) Un bacio! Un bacio! Un bacio! Un bacio!

Enrico

Guarda guarda! Perfino Ninì mi chiede un bacio!

Nanetta

(facendosi animo, si leva per mostrarsi) E perfino io te lo chiederei se queste signore non mi pigliassero in giro.

Enrico

(con un grido di stupore straordinario) Nanetta!...

Nanetta

(quasi umile) Sì, Nanetta.

Enrico

(guardandola vivamente) Dio mio,... non mi pare una realtà... Non mi pare possibile.

Nanetta

Da quanto tempo, eh?... Temevo che non mi riconoscessi.

Enrico

La tua voce è sempre quella...

Nanetta

Sì, forse la voce...

Le cinque donne

(fanno corona a una certa distanza, ascoltando, osservando con una curiosità crescente. Hanno tuttora le labbra atteggiate a canzonatura, ma è una canzonatura meno audace e un po' dubitosa.)

Enrico

(correggendosi con deferenza gentile) E neppure di volto ti sei tanto mutata che io avrei potuto non riconoscerti.

Nanetta

(con un pallido sorriso) Sei molto indulgente. Tuttavia, convengo che parecchie cose e parecchie persone, in questo tempo, sono mutate più di me. In peggio, o in meglio. Tu, per esempio, sei diventato magnifico!

Enrico

Niente di meno?

Nanetta

E parecchie, poi, sono sparite addirittura. Quanti morti, n'è vero?, tra i nostri parenti, tra le nostre conoscenze....

Enrico

(sospirando) Sì, Nanetta, quanti morti!...

Nanetta

(gli scruta le pupille) Anche... quel povero signor Corrado, l'anno passato.... E che misera fine dev'essere stata la sua! (Interrogando con gli sguardi) Solo, come in un deserto, suppongo...

Enrico

Io ne so poco. Non ero a Napoli, in quei giorni... (Sorvolando) Ma, dunque, com'è, com'è che sei qui, tu?!

Nanetta

Mi credevi in un eremitaggio? Mi credevi seppellita viva?

Enrico

No, ma da quando mi sono stabilito a Napoli, non ci sei stata mai.

Nanetta

Ci sono venuta ieri...

Enrico

E hai voluto vedermi?!

Le cinque donne

(sentendosi estranee, sono estremamente imbarazzate, e, piano piano, si allontanano un po' verso il fondo, raggruppandosi, scambiandosi qualche breve parola, qualche cenno e non cessando mai di essere intente ad ascoltare e ad osservare con la espressione di chi ascolta e osserva cose di cui non abbia nessuna cognizione.)

(Il dialogo fra Enrico e Nanetta procede serrato e animatissimo.)

Nanetta

In ispirito ti ho sempre veduto.

Enrico

In ispirito, era comodo. Il certo è che mi hai eliminato con una costanza incredibile! Non un saluto, non un segno qualunque in una qualche occasione lieta o luttuosa!

Nanetta

Intanto, oggi, me la sono giocata la mia costanza.

Enrico

Appunto questo mi fa cascare dalle nuvole!

Nanetta

Eppure, niente di più spiegabile caro il mio cugino. Stamane, per caso, ho appreso che ti saresti battuto, e mi è parso bene di accorrere. È semplice come bonjour..., direbbe Claudine Ranier.

Enrico

(un po' a disagio per avere udito questo nome pronunziato da lei) Sei accorsa per il duello?... Ora sì che intendo! Come sei stata buona!...

Nanetta

Ma debbo dichiararti che soltanto la paura mi ha indotta a essere buona. Ho concepito, non so perchè, l'eventualità d'un risultato grave, e allora mi son detto: potrò essergli utile, ci vado.

Enrico

In altri termini, sei intervenuta... come Croce Rossa?

Nanetta

Ecco: come Croce Rossa. E giacchè, fortunatamente, hai avuto un duello elegante, un duellino settecento, con la sola conseguenza di una scalfittura che il profumo di queste belle donnine basterà a guarire, la Croce Rossa non deve fare altro che congratularsi col prode combattente e ritirarsi in buon ordine.

Enrico

(con involontaria freddezza) Io vorrei poterti trattenere, ma comprenderai che....

Claudine

(pronta a intervenire, con una falsa intonazione di premurosa deferenza) A ton aise, Enrico! Tu puoi trattenere la tua cucina finchè ti pare e ti piace. Non ti devi genare.

Nanetta

(a Enrico, cogliendo la palla al balzo graziosamente) Ti avverto che Claudine Ranier mi dà... della cugina, ma crede che io sia stata una delle tue amanti. Te la denunzio!

Claudine

(colpita, fa per parlare.)

Enrico

(con un violento impeto di protesta austera a Nanetta) Una delle mie amanti, tu!?

Nanetta

Tutte loro lo credono. Si sono, anzi, compiaciute di farmelo capire.

Enrico

(rivolgendosi alle donne) Ah, no, perdio! No! Questa scempiaggine mi disgusta e m'indigna!

Le cinque donne

(appaiono un po' sconcertate, smarrite.)

Amalia

In fin dei conti, che ci sarebbe stato di male?

Rossana

Sono cose che accadono specialmente tra cugini.

Claudine

Chez nous, c'est tout ce qu'il y a de plus naturel!

Nanetta

(nervosa, con una certa esaltazione apparentemente ridanciana) Anche chez nous; ma, tra me e lui, — nel tempo dei tempi — accadde tutto all'inverso...

Enrico

(sulle spine, interrompendo d'urgenza) No, Nanetta!... Che ti salta in mente?

Rossana

Parli, parli, signorina!

Amalia

Ma sì, parli!

Claudine

Cela m'intéresse beaucoup. (A Enrico) Perchè ci metti la mussaruola?

Nanetta

(a lui) Ne hanno piacere. Lasciami dire. (E, sempre più presa dal bizzarro nervosismo, si rivolge alle cinque donne che quasi la circondano) Sì, tra me e lui, accadde qualche cosa che gli assicurò la più completa libertà del suo cuore, la più completa libertà della sua giovinezza! Egli ha potuto disporne, infatti, con la gioia di chi dispone d'un patrimonio inesauribile, ha potuto vivere libero, agile, con l'animo pronto ogni giorno a riamare; ha potuto... promettere sinceramente a loro tutte un po' d'amore e darne, forse, a qualcuna di loro, un po' più di un poco. (Eccitandosi intimamente d'una ebbrezza amara) Dianzi, io mi sentivo avvilita. Questo piccolo consesso di galanteria, in attesa del guerriero disputato, si divertiva di me, timida intrusa dal viso avvizzito, che era venuta ugualmente ad attenderlo, senza averne il diritto. Ma se loro avessero indovinato le vecchie vicende della vecchia cugina, mi avrebbero invece accolta con simpatia, perchè avrebbero compreso di dover essere grate (in un tono umilissimo) precisamente a me... di quel tanto d'amore promesso o già offerto da lui. Non è così, Enrico?... Dillo tu. Attestalo tu alla tua amante e alle tue amiche che ora mi stanno ad ascoltare attonite. Aiuta la povera zitellona a soddisfare la sua vanità innocua...

Le cinque donne

(sono lì veramente attonite, guardandola, senza più sorridere.)

Enrico

(ha sopportato, con inquietudine, la bisbetica loquela di Nanetta, e, stretto tra la deferenza che le deve e l'imbarazzo che ella gli procura, si confonde, s'impappina) È così, è così... Ogni tua parola corrisponde... a una verità! Tu fosti per me...

Nanetta

(interrompendo con squisito umorismo) No... Lascia andare. Quel che io fui per te, ti dispenso di dirlo, perchè temo che tu non lo ricordi con precisione. E, del resto, io non desidero altro. (Scherzosamente) Mi hai riabilitata al cospetto delle mie graziose tormentatrici, e quindi posso restituirti, tardi ma in tempo, alle tue occupazioni. Hai ancora tanti baci da distribuire...

Enrico

(rianimandosi di schietta cordialità) Consentirai, almeno, che faccia io una visita a te, oggi stesso.

Nanetta

Figùrati! Ne sarei felicissima, ma io riparto immediatamente.

Enrico

Hai una fretta inverosimile!

Nanetta

È il mio regime, oramai. Mi metto in treno o in automobile e corro e corro e corro!... Non so perchè, mi sembra che a furia di correre io riesca ad abbreviare le ore, ad abbreviare i giorni, ad abbreviare gli anni... Non puoi immaginare come sono lunghi gli anni per chi non ha più nulla da fare!

Enrico

(ansioso) Ma, dunque, quando ci rivedremo, Nanetta?

Nanetta

(con falsa disinvoltura) Probabilmente, mai più. Se càpito in America, per esempio, addio Europa! Ma, in compenso, durante i miei viaggi, ti manderò spesso...... delle cartoline illustrate con un saluto affettuoso. (Affaticandosi in un brio eccessivo di cui s'intravvede il fondo desolato) Sei contento?

Enrico

(con una mesta ironia) Oh, contentissimo!

Nanetta

E tu me ne manderai altrettante. Senonchè...

Enrico

Senonchè?

Nanetta

In una di esse, a tua scelta, ci metterai... (S'interrompe.)

Enrico

Ci metterò tutto quello che vuoi.

Nanetta

... «Un bacio per Nanetta». (Indi, vivacissima) E sì, per bacco! Prima di morire voglio averlo anch'io un bacio d'un uomo, almeno in iscritto.

Enrico

(trasalisce d'un sùbito e le fissa in volto uno sguardo che vale cento sguardi insieme.)

Nanetta

Cos'è? Hai l'aria di meravigliarti?... (E, con un forte balzo del pensiero) Ah, già!... È giusto! È giusto!... Hai ragione... Che smemorata che sono! Che smemorata!... (La piglia un piccolo riso convulso, mentre gli occhi le si riempiono di lagrime.)

Enrico

(ansioso, incapace di raccapezzarsi) E di che ridi, adesso?

Rossana

(pianissimo alle altre) Ma è un riso che somiglia al pianto!

Nanetta

Vuoi proprio saperlo di che rido?!...

Enrico

Sì.

(Un breve indugio.)

Nanetta

(ha cessato di ridere. Gli si accosta un po' di più, come per sottrarsi alquanto all'ascoltazione delle donne. Il suo accento si fa fievole e soave) Ebbene,... ti prometto che quando, dopo tanto viaggiare, partirò finalmente per l'ultimo viaggio, ti lascerò una lettera lunga lunga lunga:... una lettera dalla quale saprai tutto ciò che vorresti sapere in questo momento. La leggerai, lo so, con molta pena, e poi... dirai due parole che non hai mai pronunziate... (Le tornano le lagrime agli occhi, e già qualcuna le riga le guance) Dirai: Povera Nanetta!

Ninì

(intenerita, mormora alle compagne:) Chi sa perchè!

Enrico

(in uno sbalordimento angoscioso) Quante stranezze, Nanetta, nella tua esistenza!

Nanetta

Nessuna!... Te ne convincerai tu stesso, a suo tempo. (Si rivolge repentinamente alle donne, con un ritorno di vivacità fittizia) E, questa volta, ho finito davvero, signore mie. Più nulla da rettificare, più nulla da rinvangare, più nulla da promettere. Più nulla di nulla!... Tutto sommato, sono stata noiosa parecchio con le mie malinconiche goffaggini; ma loro, in fondo, son brava gente, e spero... che vorranno perdonarmi.

Claudine

(con sincera resipiscenza, quasi con sommissione) Voyons, donc! C'est idiot!... Ci aspetterebbe a noi di farci pardonare dalla signorina...

Nanetta

(dolcemente grata) Perdoniamoci, dunque, a vicenda, e anche,... perchè no?..., separiamoci con una buona stretta di mano. (Stende le mani, offrendole) Significherà bene che la nostra breve conoscenza non lascia in noi nessun cattivo ricordo.

(Le CINQUE DONNE appaiono impacciate, esitanti, umilissime.)

Claudine

Certamente.

Rossana

Un cattivo ricordo?!...

Amalia

Tutt'altro!...

Albertina

Tutt'altro!...

(E CIASCUNA, compresa da una singolare emozione, le stringe la mano.)

Nanetta

Ecco: così.

Ninì

(non osa e si ritrae un poco.)

Nanetta

E lei, no?...

Ninì

Anzi! (Si decide a imitare le compagne. La sua emozione è anche più intensa.) La ringrazio.

Nanetta

(fissandola un istante) Com'è giovane, lei! Ed è la sola che sembri scontenta...

Ninì

(timorosa, protestando) No, signorina!...

Nanetta

Non abbia paura... Ignoro l'arte di leggere il pensiero... (Poi, a Enrico, in un tono di celia affettuosa:) E ora, per te, cugino: la più forte stretta di mano di tutta la mia vita! Tu non hai libera che la sinistra... Tanto meglio! Quella del cuore.

Enrico

(gliela dà, e, celiando anche lui tristamente, ripete:) Quella del cuore.

Nanetta

(glie la serra, glie la chiude tra le sue con una infinita tenerezza dolente, con l'anima che è tutta un tremito.) E bada, Enrico, bada di esser felice, sai! Non mi commettere la mal'azione di non esserlo!

Enrico

Cercherò.

Nanetta

(gli lascia la mano) Vado.

Enrico

Ma io ti accompagno... Ti accompagno sin giù...

Nanetta

(con un accento di energia scherzosa) Proibizione assoluta di accompagnarmi! Comando io,... come sempre.

Enrico

Obbedisco. (Uno strazio sordo, indeterminabile, lo paralizza, gli torce i nervi, gli preme il cervello. Non più una parola, non più un gesto.)

(Il silenzio di pochi attimi pare un lungo silenzio.)

Nanetta

(dominandosi, si avvia per uscire.)

Le cinque donne

(s'inchinano, riguardose.)

Nanetta

(giunta all'uscio, si volta, sforzandosi ancora di sorridere.) Ti raccomando, eh?... Quella cartolina...

Enrico

Sì, Nanetta.

Nanetta

(esce.)

Le cinque donne

(confusamente commosse, restano immobili, guardando la porta.)

Enrico

(a stento trattiene il pianto.)

SIPARIO.

( Fine del dramma ).