TRAGEDIE DELL'ANIMA

Dramma in tre atti.

Rappresentato per la prima volta al teatro Paganini di Genova dalla compagnia Tina Di Lorenzo-Flavio Andò, nel gennaio del 1899.

PERSONAGGI:

  • Caterina Nemi
  • Ludovico Nemi
  • Francesco Moretti
  • La signora Teresa , nonna di Caterina
  • Elena
  • Felsani
  • Betta
  • Luisa
  • Lena
  • Biagio
  • Epoca attuale.

ATTO PRIMO.

In casa di Ludovico Nemi.

Una camera severa. Forma ottagonale. Se ne vedono cinque pareti. Alla prima parete a destra, una porta. Un'altra porta alla seconda. Un'altra — che è la «comune» — alla parete in fondo. Alla prima parete a sinistra, un caminetto. Alla seconda a sinistra, una finestra. Quasi davanti al caminetto, un'ampia scrivania, con su molti libri. È sera.

SCENA I.

LUDOVICO e FRANCESCO, indi BETTA.

Ludovico e Francesco sono seduti quasi nel mezzo della camera, Ludovico sopra una poltroncina, Francesco su una sedia. I loro ginocchi si toccano. Ludovico, con le braccia penzoloni, cerca di stare immobile. Francesco, con le braccia piegate, lo fissa negli occhi acutamente e il suo viso, cachettico, emaciato, ha, nell'atteggiamento dell'ipnotizzatore improvvisato, qualche cosa di comico e di sinistro. Con una sigaretta fra le labbra, fuma avidamente. Durante tutta la scena, egli fumerà di continuo: appena consumata una sigaretta ne accenderà un'altra.

(Passa qualche minuto nel silenzio.)

Ludovico

(muove un po' il capo.)

Francesco

E no!... Tu ti distrai.... Lo fai apposta.

Ludovico

Io ci metto tutta la mia buona volontà a non distrarmi. Sei tu che non vali niente. (Passa ancora un minuto.) (Trattenendo il riso) Ma sai che mi vien da ridere?

Francesco

(celiando con acredine) E dire che mi farebbe tanto piacere vederti piangere!

Ludovico

(celiando, al contrario, bonariamente, si alza.) Va' là che sei un impostore.

Francesco

Io non t'ho mica detto che sono sicuro di me. T'ho detto solamente che da un certo tempo in qua io credo di avere un po' di quella facoltà suggestiva che hanno gl'ipnotizzatori.

Ludovico

Neanche per sogno!

Francesco

E intanto, l'altra sera, ho fatto, senza volerlo, un bellissimo esperimento.

Ludovico

Con chi?

Francesco

Con la piccola Jeannette, la nuova pupilla inventata da quel rudero di Fanny.... Sono persone che tu non conosci.

Ludovico

E che cosa accadde? Sentiamo.

Francesco

O Dio! I tuoi orecchi casti non mi permettono di raccontartelo.

Ludovico

Ah! Ho capito di che genere è stato il tuo bellissimo esperimento. Di' un po': quanto ti è costato? Io non me ne intendo, ma suppongo che per quella gente lì non ci sia nulla di più suggestivo che un biglietto da mille.

Francesco

Non posso darti delle spiegazioni. Sei troppo ingenuo. A chi legge i tuoi libri, tu sembri un uomo di mondo, ma a me, che non li leggo, tu non sembri che un fanciullone.

Ludovico

Soltanto perchè non conosco Jeannette e Fanny?

Francesco

Ecco, tu ne parli con disprezzo, ed hai torto. (Alzandosi e continuando con enfasi mefistofelica) Le donne come quelle lì portano scritto in fronte il menu della loro esistenza. Niente d'impreveduto. Si sa quel che ci si trova. Sono, nel loro sesso, ciò che, fra i giuochi, è una brava partita al whist o all' écarté. Un po' di buona memoria, un po' di praticaccia... e si va avanti. I limiti della perdita o del guadagno sono fissati a principio di partita. Ma quelle altre — le oneste — non sono, mio caro, che dei giuochi di azzardo. Dove si arriva? Che cosa vogliono? Che cosa danno? Che cosa ci si può rimettere di nervi, di cervello, di cuore? Mistero! (Pausa.) No?

Ludovico

(rabbuiandosi molto) Eh!... C'è del vero in quello che dici!

Francesco

(risedendo a cavalcioni d'una sedia) Sì, ma non farmi quella faccia da vittima. In tutto questo, tu non ci entri per nulla. Tu sei un uomo ammogliato e il tuo matrimonio è già una partita vinta e stravinta. Non seccarmi con le tue lamentazioni, veh!...

(Un silenzio.)

Ludovico

(passeggia inquieto.)

Francesco

Che c'è? Qualche novità?

Ludovico

Purtroppo, no.

Francesco

Perchè «purtroppo»?

Ludovico

Vieni a stuzzicarmi? Non lo sai che il contegno di lei mi esaspera?

Francesco

È la tua immaginazione.

Ludovico

Già, la mia immaginazione!... Stamane, ne ho parlato anche a sua nonna....

Francesco

(sùbito) Che t'ha detto la nonna?

Ludovico

Ha convenuto perfettamente che Caterina non è tranquilla; e t'assicuro che quella vecchietta le sa leggere nell'anima come in un libro aperto.

Francesco

Se non t'ha detto altro, non mi pare che la sua lettura sia molto proficua.

Ludovico

Ma io non le ho poi fatto un interrogatorio.

Francesco

Male! Se io fossi al tuo posto....

Ludovico

Che faresti?

Francesco

O non mi darei nessuna pena, o andrei diritto sino in fondo.

Ludovico

Che pensi, adesso?! Caterina è un angelo.

Francesco

Non sono io che lo nego.

Ludovico

Tanto meno io.

Francesco

E allora di che ti preoccupi?

Ludovico

Giusto perchè è un angelo la sua malinconia mi turba, la sua freddezza mi affligge. È virtuosa, è onesta, è fedele: di questo sono convinto....

Francesco

(interrompendolo) Alla buon'ora!

Ludovico

Ma a che serve tutto ciò? Serve a garantire l'onor mio ed il suo. Serve, cioè, a un fatto che non ha niente di comune con la nostra vita interiore, con la nostra unione.... Io sono innamorato di mia moglie, capisci? Ne sono ogni giorno più innamorato; e se nel primo anno di matrimonio io potevo qualche volta astrarmi da lei e preferirle i miei studii e l'esercizio d'una chimerica missione umanitaria, adesso no, non lo posso, perchè al di sopra di ogni mio ideale io vedo lei — lei moglie, lei donna, donna nel senso più complesso della parola — e non so pensare al bene del prossimo che subordinatamente ad un egoismo, che non avevo mai provato e che in lei concentra l'attività più essenziale e più sincera del mio spirito.

Francesco

(con umorismo freddo e sarcastico) Glielo hai mai detto che ne sei innamorato?

Ludovico

Che sciocchezza! Non sono forse suo marito, io?

Francesco

Ragione di più per dirle delle cose di cui i mariti sono raramente capaci. Come fa una povera moglie a sapere che suo marito è innamorato di lei? Quando l'amore è un dovere, è molto facile dubitarne.

Ludovico

Caterina non ne dubita.

Francesco

Ma non ti contraccambia.

Ludovico

Non è esatto neanche questo. Se tu sapessi quante volte io sorprendo, in un suo sguardo quasi furtivo, o in un tremito di voce, o nella frase interrotta, un sentimento uguale al mio, un orgasmo di vera femminilità palpitante! Se tu sapessi quante volte la vedo penare come me, più di me, in una tensione nervosa che pare l'attesa febbrile della passione! Eppure..., appena io mostro di essermene accorto, ella si chiude in sè e s'immerge sempre più nella sua malinconia glaciale e misteriosa.

Francesco

(seguendo il corso delle proprie idee, sogghigna e ride un po') Ah ah!

Ludovico

E tu ti diverti?

Francesco

Sì... piuttosto....

Ludovico

Ti ringrazio.

Francesco

Ma non è di te che io mi diverto: è di me.

Ludovico

A che proposito?

Francesco

Idee che mi passano pel capo; non ci badare. (Pausa.) E la tua malinconica sfinge non è visibile, stasera? Già, con me ella è d'una scortesia deliziosa.

Ludovico

(senza convinzione) Con te? T'inganni! Probabilmente, non sa che tu sei qui. (Tocca il bottone del campanello due volte.)

Francesco

Che è?

Ludovico

La faccio chiamare.

Francesco

Ma no.... Ho scherzato.... E poi, vedi, me ne vado, me ne vado subito....

Betta

(entra dal fondo.)

Ludovico

Dite alla signora Caterina che il signor Moretti, prima d'andarsene, vorrebbe salutarla.

Betta

(esce per la prima porta a destra.)

Francesco

Non era il caso d'incomodarla.

Ludovico

Lascia che venga. Fa piacere anche a me di trarla fuori dalle sue stanze. Quando vi si rincantuccia, diventa più lugubre del solito.

(Oltre la seconda porta a destra, si vede Betta attraversare la stanza attigua.)

Francesco

Se è per l'incremento della felicità coniugale, sta benissimo.

SCENA II.

FRANCESCO, LUDOVICO e la signora TERESA.

Teresa

(dalla prima porta a destra, fa capolino, curva, con la sua testa bianchissima, dal profilo sereno.) È permesso? (La sua vocetta è tanto dolce.)

Francesco

(piano, a Ludovico) Ah ah! Viene la vecchia.

Ludovico

(festosamente) Avanti la bisnonna.

Francesco

Buona sera, signora Teresa!

Teresa

Vengo proprio per voi....

Francesco

Un'eccellente idea!

Teresa

Eh! Lo so che non vi vado a genio.

Ludovico

Come! Come! (A Francesco) Non le fai più la corte?

Francesco

Se sono stato respinto!

Teresa

Meglio tardi che mai!

Ludovico

Ah dunque, fraschetta, lei confessa che ce n'è stato del tenero!

Teresa

Che volete! Con un seduttore di quella forza c'è poco da scherzare! (Ride ostentatamente) Ah ah ah!

Francesco

(sarcastico) Parlate d'oro, parlate! E la signora Caterina?

Teresa

Stavo appunto per dirvelo.... Sono qui per farvi le sue scuse. Il bimbo è un po' inquieto stasera, ed ella non si scosterà da lui se non quando lo vedrà addormentato. Ci è anche la balia, è vero, ma quattro occhi vedono meglio di due.

Francesco

È giusto, è giusto, è molto giusto! (A Ludovico) Mi duole, caro signor marito, ma non siamo riusciti a snidare la selvaggina.

Ludovico

Poveretta, se sta vicino al suo figliolo, bisogna perdonarla.

Teresa

E io chiedo licenza e vado a letto.

Francesco

Di già? Restate, restate un pochino con noi. Fate le veci di quella scontrosa di vostra nipote. Tanto, parlando con voi pare sempre di parlare, in certo modo, anche con lei.

Ludovico

È vero, è vero: due corpi e un'anima.

Francesco

Deve essere imbarazzante per quest'anima il trovarsi contemporaneamente in un corpo di venticinque anni e in un altro di.... Suggeritemi voi, signora Teresa....

Teresa

Di ottantadue, se non vi dispiace.

Ludovico

Non credere a ciò che ti dice questa civettona. Ne ha appena... ottantuno. L'accrescersi gli anni è una civetteria della vecchiezza.

Francesco

Non è una noia il vivere a quest'età, signora Teresa?

Teresa

(con devota dolcezza, guardando il cielo) Si vive per obbedire a Dio.

Francesco

E questo è il divertimento!

Teresa

(avviandosi per uscire) Vado a dormire, io, vado a dormire....

Francesco

E chi dorme non fa peccati.

Teresa

(uscendo) Ah, se dormiste un poco di più, voi!

SCENA III.

FRANCESCO, LUDOVICO.

Francesco

(astioso) È arguta la vecchietta!

Ludovico

Tu la tormenti troppo.

Francesco

Di': perdo di rispetto anche alla vecchiaia? Non è così? Fammi una predica, adesso.

Ludovico

Volentieri.

Francesco

(alzandosi) Ma io ti saluto, caro. (Prende il paltò.)

Ludovico

Te ne vai davvero?

Francesco

Eh sì. Ti ho già troppo distolto dal tuo lavoro.

Ludovico

Nulla di urgente.

Francesco

(infilando il paltò) E poi, qua dentro fa un freddo indemoniato.

Ludovico

Accenderò il caminetto.

Francesco

Lasciami andar via. Sono aspettato.

Ludovico

A quest'ora?

Francesco

A quest'ora.

Ludovico

E da chi? Ah! Capisco: hai delle donne....

Francesco

(accendendo ancora una sigaretta) Può darsi.

Ludovico

Ma bada che ciò è rovinoso per la tua salute.

Francesco

Oramai!...

Ludovico

Ed è ridicolo, per giunta. Dopo tutto, sei un uomo d'ingegno.

Francesco

Secondo te, le donne sono il monopolio dei cretini?

Ludovico

Non fingere di fraintendere. Se fosse sempre la stessa donna, non avrei niente a ridire.

Francesco

Ma, scusa, per non cambiare di donne dovrei io trovarne una che non cambiasse di uomini. E questo è il problema! Cercherò di fabbricarmela da me.

Ludovico

Non si tratta di fabbricarsela. In fondo, tutto sta ad innamorarsi.

Francesco

E ad innamorare.

Ludovico

Comincia con l'innamorarti tu.

Francesco

E che ne sai ch'io non l'abbia già fatto?

Ludovico

Troppe volte.

Francesco

Una volta sola!

Ludovico

E lei?

Francesco

Lei? (Ride amaramente) Eh eh eh! (Pausa. — Poi, a un tratto, prendendo il cappello) Be', buona notte, Ludovico.

Ludovico

No, non voglio che tu te ne vada, ora. Vieni qua.... Fammi le tue confidenze.... E non fumare tanto: mi sembri un fumaiuolo. Siedi. Parliamo tra noi.

Francesco

(obbedendo di malavoglia, resta, senza sedere.) Mi secchi.

Ludovico

Ma come! Io ti dico ogni mio segreto, io ti metto a parte di tutto ciò che mi riguarda, io ti mostro ogni piega dell'animo mio, e tu, invece, sei così poco espansivo con me, così misterioso, così... autonomo....

Francesco

(interrompendolo) Magnifica parola: «autonomo»!

Ludovico

(continuando) E io vedo che dentro di te c'è un altro mondo, e che questa aridità che t'imponi ti rende peggiore. È un grande conforto il poter rivelare a qualcuno le proprie angosce. Quando l'anima trova nella voce e nella parola l'espressione d'un suo dolore, tutto quel che c'è in esso di più acre se ne va, e ne resta quel tanto che può essere almeno sopportato con una certa rassegnazione. Non mi credi?

Francesco

Sicuro! Ma ci sono degli uomini che provano una voluttà particolare appunto in ciò che il dolore ha di più acre. (Si eccita morbosamente.) Essi non ammettono la rassegnazione, ed è forse per questo che non vogliono crearne nemmeno la possibilità. Per essere espansivi, s'ha da essere buoni come sei tu. Io, per esempio, io sono cattivo, e mi compiaccio d'esserlo. Mi ci trovo bene. L'uomo buono, guarda, è un creditore dell'umanità; l'uomo cattivo ne è un debitore: e la parte del creditore non mi conviene nè punto nè poco, visto che l'umanità non paga mai i suoi debiti. (Eccitandosi sempre più) Insomma, se ti credessi tale da sapermi trasformare, io ti pregherei di non incomodarti e di lasciarmi essere tranquillamente una canaglia. Mi sono spiegato? Mi hai capito? No? No?... E non ci capiremo mai, e non è proprio necessario di capirci. Tu stai al nord, io al sud. Tu ami, io invidio. Tu vedi tutto roseo, io tutto nero. Tu sei un fortunato, io un disgraziato. Tu sei un uomo sano, io un infermo. Tu sei uno sciocco che ha del genio, e io sono un uomo d'ingegno che non ha niente! Ed ora, mettiti a lavorare, e a rivederci domani.

(Esce.)

SCENA IV.

LUDOVICO, CATERINA, poi LUISA.

Ludovico

(riflettendo e scrollando il capo) È veramente un infelice, povero Francesco! (Si scuote, si alza, si decide a fare un po' di fuoco nel caminetto. Mette la legna, accende la carta e col soffietto ravviva le fiamme.)

Caterina

(di dentro, canta fievolmente la ninna-nanna, che è una monotona e semplice cantilena:)

Ninna-nanna,

un vecchio canuto

ha trovato

il sonno perduto.

Ludovico

(resta in ascolto, quasi assorto, come se quella cantilena fosse per lui una carezza.)

Caterina

(di dentro)

Ninna-nanna,

al bimbo egli viene

e gli porta

col sonno ogni bene.[1]

Ludovico

(vedendo la legna accesa, si frega le mani) Ottimamente: dove c'è fuoco, c'è vita!... (Si accosta al primo uscio a destra e chiama:) Caterina!

Caterina

(dietro l'uscio) Che c'è?

Ludovico

Si è addormentato?

Caterina

Sta per addormentarsi.

Ludovico

Vengo a dargli un bacino?

Caterina

Ma no! Se vieni tu, spalanca tanto d'occhi e siamo da capo.

Ludovico

Ci vengo?

Caterina

(impaziente) Ti dico di no!

Ludovico

Ih!... Hai paura che me lo mangi? (S'allontana e poi, sorridendo, pensa tra sè:) Però, questa volta ha ragione lei. (Siede presso la sua scrivania. Borbotta scherzosamente:) Laboremus! (Apre uno scartafaccio e si riconcentra nella riflessione.)

Caterina

(di dentro)

Ninna-nanna,

un vecchio canuto

ha trovato

il sonno perduto.

Ninna-nanna,

al bimbo egli viene

e gli porta

col sonno ogni bene.

Ludovico

(guardando ciò che aveva scritto) Che volevo dire, qui? (Leggendo le ultime parole:) «Assodata la differenza essenziale tra il perdonare e il dimenticare, noi ci rivolgiamo una domanda dalla cui sottigliezza, a prima giunta, siamo turbati...» (Pensa) Ah, ecco, ci sono! (Scrive.)

Caterina

(entra. — Ha l'aria preoccupata. Sta per chiudere la porta e dà ancora uno sguardo nella stanza donde è venuta, chiamando sottovoce:) Luisa! Luisa!

Luisa

(si avvicina all'uscio e resta sulla soglia.)

Caterina

Spegni il lume e accendi la lampada da notte.

Luisa

Sì, signora. (Via.)

Caterina

(chiude l'uscio con precauzione.)

Ludovico

(vedendola) Che onore!

Caterina

Sei solo?

Ludovico

(scherzando) Crederei di sì.

Caterina

Il tuo amico è andato via?

Ludovico

Non lo vedi?

Caterina

(attraversa la stanza, va sino alla porta in fondo e guarda fuori.)

Ludovico

Oh, che ti salta in mente? Ch'egli si metta a spiare dietro gli usci?

Caterina

Stai lavorando?

Ludovico

(lasciando la penna) Cominciavo appena....

Caterina

(tossendo un po') Quanto fumo in questa camera! Si soffoca....

Ludovico

Abbi pazienza: è Francesco che ha divorato una decina di sigarette. Apri un po' la finestra. Fa rinnovare l'aria.

Caterina

(eseguendo) Ma lèvati di là, tu: viene la corrente alle spalle.

Ludovico

Che che! Non ne ho paura, io. (Scrive di nuovo.)

Caterina

(guardando la finestra) Nevica.

Ludovico

(in tono buono) Meglio. Il gelo della strada ci fa amare di più il tepore della casa.

Caterina

Oh, come nevica!

Ludovico

Attenta che il freddo non s'insinui nelle stanze da letto.

Caterina

Le porte sono ben chiuse.

Ludovico

E il tuo piccolo padrone che fa?

Caterina

(serrando la finestra) Adesso sì che dorme.

Ludovico

(alzandosi giovialmente) E adesso sì che ci vado.

Caterina

No, lascialo stare.

Ludovico

Neanche vederlo? Che gelosa! Che gelosa!

Caterina

Come c'entra la gelosia?

Ludovico

Sì, sì: proprio gelosa. Ogni volta che mi accosto a quel bambino, non so che ti piglia; e se riesco a baciarlo, uh!, apriti cielo! Sei un bel tipo, sai? E anche ora... guàrdati in uno specchio.... Vedi che cèra hai fatta! E perchè?... Perchè io volevo dare la buona notte al piccino.

Caterina

E corri.... Io non te l'impedisco.... Ma se me lo fai svegliare....

Ludovico

Va' là, che glie la ricanto io la ninna-nanna. (Canzonandola affettuosamente:)

Ninna-nanna,

un vecchio canuto....

Che credi? Non è una cosa tanto difficile....

Caterina

E corri.... Fa il comodo tuo....

Ludovico

Dio! Che faccia di rabbia! (Pausa. — Diventando triste) Ma sta tranquilla: non ci andrò. Non mi piaci più quando metti quel muso. (Risedendo presso la scrivania e celiando come se parlasse tra sè:) Andate a fare dei figliuoli sul serio, vedete quel che vi capita! (A lei, in tono fanciullesco) Del resto, io mi vendico; e come mi vendico!... Gli dedico dei versi....

Caterina

A chi?!

Ludovico

Oh bella! A mio figlio. Da che campo, è la prima volta che commetto questa corbelleria. Ma che vuoi! Ho capito che in certi casi si debba sentire il bisogno di... verseggiare. Decisamente, ci sono cose le quali non si possono pensare che in versi.... Siedi, siedi vicino a me. Te ne voglio offrire un saggio.... È tanto tempo che non mi stai vicino mentr'io lavoro!

Caterina

(sedendogli dirimpetto) Per non farti distrarre....

Ludovico

Ma che distrarre! che distrarre! Quando sedevi sempre a questo posto per leggere o ricamare, le mie idee si succedevano così fluenti e facili che mi sembrava di scriverle come se qualcuno me le dettasse.... (Tira un cassetto della scrivania e cerca.) Li tengo ben nascosti i miei versi, sai, perchè, modestia a parte, sono di una bruttezza rara. (Ridendo) Ah ah ah, addirittura infantili. Nondimeno, dicono quel che devono dire, e, conveniamone, da un sociologo noioso come me ci sarebbe da aspettarsi di peggio. Vedrai. (Con in mano alcune pagine scritte) Leggerò il primo sonetto. Ti secca?... Eh sì, lo vedo che ti secca.

Caterina

(inquieta — dissimulando) Leggi.... Tutto ciò che è tuo m'interessa: ne sei persuaso.

Ludovico

(con un pudore di collegiale) Mi dài soggezione, mi dài. Basta! Animo, Ludovico! (Legge:)

Vagisci, o bimbo, e il tuo vagito pare

non so quale prodigio d'eloquenza.

Non pensi, è ver, ma a tutto fai pensare

in questa tua dolcissima incoscenza.

(A Caterina) Non ti va?

Caterina

(soffrendo) Sì sì, continua.

Ludovico

(prosegue a leggere:)

Non pensi, è ver, ma quante cose care

al babbo dici, inconsciamente, senza

che l'aria stessa le possa rubare

alla felice tua breve innocenza.

O bimbo mio....

(Interrompendosi) No, no, è inutile, non ti va, non ti va. Non so se per le idee o per la forma, ma è indubitato che non ti va; ed io non me ne dolgo punto. Che diamine! Te l'avevo detto: sono versicoli che metto insieme per mio sfogo. E non temere: ti risparmio il resto.... (Sforzandosi di scherzare) Abbasso il poeta! (Ripone nel cassetto le paginette.) Sei contenta?

Caterina

Ma ti sembra che io mi permetta di giudicare quello che tu scrivi?

Ludovico

Giudicare no. Ma non ti piace quello che non ti piace. Che male c'è? Non ne parliamo più...: non ne vale la pena. Lascia, lascia che io mi goda bene la tua presenza. Ti vedo qui, seduta presso la mia scrivania, come nel tempo buono, e non mi par vero. È così eccezionale ed è così bello che... non so... vorrei solennizzare questo avvenimento, vorrei fare il chiasso, vorrei farti festa insomma....

(Un silenzio.)

Caterina

Dammi qualche libro da leggere.

Ludovico

Vado in biblioteca....

Caterina

No, un libro qualunque. Piglio questo. (Ne prende uno di su la scrivania) Permetti?

Ludovico

Ma questo è il Codice.

Caterina

E tu studii il Codice?

Ludovico

Lo studio, sì, lo discuto, lo combatto....

Caterina

E perchè?

Ludovico

Perchè esso è quasi sempre la negazione dell'indulgenza e del perdono. Un cattivo libro!

Caterina

(lasciandosi cadere il libro dalle mani) Già.

(Un silenzio.)

Ludovico

(alzandosi) Eh, sì! Altro che saltare e fare il chiasso e festeggiarti! È da un pezzo che tu non me ne dài più agio.... Sei triste, tanto triste! Non sorridi più! Mai! (Pausa.) E dire che ci siamo amati così bene che a me pareva di vivere..., non so,... in un'atmosfera d'amore. Credevo che a completare la nostra felicità non ci mancasse che un piccolino, e, ora che abbiamo anche questo, invece di vederti contenta, io ti vedo pensosa, sofferente, tutta avvolta in te stessa. Tu sei infelice, Caterina! (Pausa.) E non protesti, non mi correggi, non mi smentisci!... Ma dimmi, almeno: è per colpa mia che sei infelice?

Caterina

(fievolmente) No.

Ludovico

Ma non essere timida. Se hai dei rimproveri da farmi, che aspetti? Fammeli. Se c'è un malinteso, se c'è un equivoco, lo chiariremo certamente. Che ci può essere di grave fra me e te? Niente. E intanto, io rifletto, rumino, indago, ed è peggio! Mi smarrisco... e divento inetto a qualunque energia. Il tuo contegno ha come costruita una barriera tra noi due, e io non ardisco più di darti un bacio, non ardisco più di abbracciarti, e quando restiamo soli io ti sono davanti interdetto e impacciato e sento di essere grottesco. Adesso andrai in collera, lo so; ma è così, è proprio così: da che abbiamo un figlio, tu mi eviti, tu mi sfuggi. Egli ti assorbe, egli ti ha tutta per lui, e certo nessuno più di me ammira il tuo attaccamento materno; ma lo strano è che tu mi diventi livida, tu soffri se ti accorgi che da lui io mi lascio assorbire come te, e soffri e ti tormenti se ti accorgi che io mi piglio quella parte di gioie e di emozioni che mi spetta. Puoi negarmelo questo? Me lo puoi negare? Ecco, lo vedi: non me lo neghi....

Caterina

(vorrebbe parlare, le sembra d'essere afona.)

Ludovico

Non hai neppure il coraggio, non hai neppure l'impulso di mitigare la gravità di quello che io dico, e te ne stai lì, muta, enigmatica, incomprensibile, senza curarti che il mio cervello è in balìa delle fantasticaggini più balorde e delle supposizioni più assurde. Se continuiamo così, Caterina, in fede mia, impazziremo tutt'e due! (Torna a sedere alla scrivania. Prende la penna, ma poi la getta via, quasi con violenza.) Ma che!... Lasciamo andare.... La testa non è a posto. (Pigliando, in disordine, lo scartafaccio ed altre carte e ponendo tutto in un cassetto) Nascondetevi qui, mie povere idee d'amore e di pace! Questa sera voi non siete che una goffa ironia! (Chiude il cassetto, e ne ripone in tasca la chiave) Non è forse vero, Caterina? Non è forse vero? (Pausa.) E taci! E taci ancora! E taci sempre! E nulla è più desolante di questi tuoi silenzi! (Sovreccitandosi) Io mi ci perdo.... Io mi ci perdo come nel buio! Io mi ci perdo come nell'ignoto!

Caterina

(con debole accento) Scusami, Ludovico.... Stasera ho qualche cosa qui, alla gola, che mi trattiene la parola, che mi trattiene la voce. Sono nervosa.... Non avertelo a male.... Volevo stare un poco vicino a te. Anzi, volevo proprio parlare con te. Sono venuta qui apposta per questo.... Ma vedo che sarà meglio ch'io vada a riposare. (Alzandosi) Parleremo domani.... Diremo molte cose.... Ma stasera no, niente. Tu, cerca di lavorare. Il lavoro ti distrarrà. Così potessi lavorare anch'io! (Si avvicina a lui.)

Ludovico

(la guarda con occhi docili.)

Caterina

Buona notte. (Gli prende la testa fra le mani e gli bacia la fronte.)

Ludovico

(prendendole i polsi) Mia Caterina, perchè vuoi che un'altra notte passi su questa tristezza così piena di dubbî?

Caterina

Non lo capisco io stessa. Aspetto da tanto tempo una forza interiore che mi aiuti e mi costringa a non più tacere.... Mi pareva d'averla quando sono entrata in questa camera... e poi non l'ho ritrovata più. Ma l'avrò, l'avrò! Io uscirò da questa miseria, che è durata troppo. Io ne uscirò comunque, e nulla certamente accadrà che sia più brutto e più miserabile di ciò che è accaduto sinora. (Si avvia per uscire a destra, quasi precipitosamente.)

Ludovico

(alzandosi di botto e richiamandola in tono imperioso) Caterina! Oramai tenteresti invano di prolungare l'indugio. (Con solennità prepotente) La forza che in questo momento ti costringe a non tacere è la mia volontà. Parla!

Caterina

(volgendosi a lui e restandogli di fronte, ha gli occhi lampeggianti d'istantanea fierezza.) E sia!

Ludovico

(corre verso di lei con ansia incalzante.)

Caterina

(comincia coraggiosamente) Quando tu... (Ma subito porta la mano alla gola come se si sentisse strozzare).... No, no, no, non è possibile! non è possibile!... (Con desolazione lagrimosa) Come si possono pronunziare certe parole!?...

Ludovico

(sempre più febbrilmente) Parla, parla!

Caterina

Ma nessun lume d'intuizione ti soccorre ancora? Non senti ancora penetrare tutta intera la verità dentro di te? Non la leggi qui, qui, nei miei occhi?

Ludovico

(quasi tremante e girando lo sguardo altrove) Caterina!...

Caterina

(afferrandolo per le braccia, costringendolo a guardarla e accostando il volto al volto di lui) Fissami bene in faccia, Ludovico!... Non volgere gli sguardi altrove, come un fanciullo pauroso.... Fissami con coraggio, e comprendimi, e non obbligarmi a pronunziare le parole roventi.... Leggi, leggi qui.... Liberami tu stesso da questo incubo.... Ricòrdati tutto, Ludovico.... Ricòrdati.... Ricòrdati la tua assenza di un anno fa... la tua lunga assenza....

Ludovico

(segue con terrore la catena delle reminiscenze, ansimando come per un soffocamento progressivo.)

Caterina

Ricòrdati il tuo ritorno.... Ricòrdati...! Giungesti, di sera, lieto, espansivo, amoroso come un innamorato; e io ti ricevetti con un impeto pazzo che ti parve uno scoppio di giovinezza esuberante.... Eppure... ricòrdati, ricòrdati.... Il nostro amplesso fu preceduto da una certa mia resistenza, da un tremito che mi prese tutta, da un dibattito insolito, e terminò in una profonda tetraggine quasi funebre! E..., dopo un periodo breve, sopravvennero i primi sintomi della maternità e le prime ribellioni alla tua esultanza, e poi seguì la nascita del piccolino con tutte le torture che mi costò, e seguirono gli scatti di rancore, gli scatti di ferocia contro me stessa e l'infrenabile sdegno per tutto ciò che m'indicava la tua contentezza di padre, la tua fiducia, la tua tranquillità, le tue illusioni.... Mi comprendi, ora? Mi comprendi? Mi comprendi?...

Ludovico

(con le pupille dilatate, guardandola sempre, atterrito ma attonito, e facendosi entrare l'idea orrenda nel cervello — con voce soffocata) Non è... mio figlio?!

Caterina

(senza fiato, eppure con un moto di sollievo) Finalmente, l'hai detto!

Ludovico

(staccandosi da lei e, come un pazzo, mutando stranamente tono) Ah no! Non è vero! Non è vero! Tu m'inganni! Non riesco a intendere la ragione di questa follia menzognera, ma è certo che tu m'inganni, perchè se tu non m'ingannassi, se mi avessi detto la verità, ti affretteresti ora a difenderti per diminuire, almeno, la tua colpa.... Ne sentiresti la necessità, ne sentiresti l'urgenza; e invece tu non aggiungi una parola in tua difesa.... Tu non ti difendi!

Caterina

Io non sono qui per difendermi, Ludovico; sono qui per accusarmi. Io non amo l'uomo che mi ha posseduta, non l'ho amato mai, non l'amerò mai; ma non so e non è indispensabile ch'io sappia se ciò attenui l'infamia o sia piuttosto un'aggravante. Per difendermi bene dovrei dirti d'essere stata costretta con l'arma alla mano.... Ma dicendoti questo, mentirei. Ho mentito già troppo. Basta ora. Io devo salvarti dalla profanazione di ogni altra menzogna. (Umilmente) No, non sono stata costretta. Ci deve essere nelle donne come me una strana sensibilità di cui esse non sono consapevoli: una sensibilità che dorme nel pudore, nell'onestà, nell'orgoglio.... Il suo risveglio è inaspettato, Ludovico, è imprevedibile... ed è l'opera di chi meno pare ne abbia il potere. Oh la fragile creatura trascinata dal turbine! Non è un pervertimento il suo, nè un'esaltazione, no; è semplicemente la soppressione repentina della coscienza, è la tirannia, occulta, ma imperiosa, d'una grande forza che agisce in una grande debolezza. Si cede! Si precipita! Si precipita! (Con terrore e avvilimento) E la perdizione è completa! Quando il turbine è passato, quando ritorna la coscienza, qualunque sforzo si faccia col cervello, non si riesce a distinguere il punto di partenza.... Si è percorsa in un momento solo una strada abietta che sembra lunga lunga lunga e di cui si vede la fine e non si scorge più il principio. Se ne prova un'ipocondria di male inguaribile... un ribrezzo asfissiante... la nausea... il raccapriccio... uno spasimo indicibile che il ricordo accresce, ogni giorno, ogni giorno, spietatamente... e non se ne trova il rimedio, e non c'è speranza di trovarne mai!... (Affranta, ammiserita) Così vivo io, Ludovico; ed ora fa tu di me quello che vuoi!

Ludovico

(con la fisonomia d'un vero folle — brutalmente) E di': chi è stato il tuo amante di cinque minuti? Chi è stato l'uomo irresistibile, l'essere soprannaturale per cui ti sei gettata nella melma?... (Terribile, ma sottovoce) Tu mi dirai il suo nome, Caterina!

Caterina

No! Non te lo dirò!

Ludovico

(fremendo) Io devo saperlo!

Caterina

Non te lo dirò!

Ludovico

Io t'infliggerò la tortura!...

Caterina

Non te lo dirò!

Ludovico

(minaccioso) Bada, Caterina!...

Caterina

Ma che vorresti, tu? Vorresti ch'io ti mandassi a cercare nella folla un individuo che fortunatamente è persuaso di non essere stato niente per me, un individuo ch'io avrei scacciato perfino dalla mia memoria se purtroppo il disgusto non avesse reminiscenze così persistenti? Vorresti ch'io incaricassi te di dirgli: «Sai, fra quella madre e quel figlio tu sei qualcuno, non lasciarti frodare...», e io dovrei consentirti di creare in quell'uomo il convincimento di avere un'importanza che sinora egli non saprebbe sospettare? Dovrei, per mezzo tuo, ricacciarlo, vivo o morto, come un aspide, nella mia esistenza?... Ah no! Torturami, battimi, mettimi pure una morsa alla gola: io mi lascerò soffocare cento volte senza mai proferire il suo nome!

Ludovico

(più terribile e più fremente) Ma dunque io non potrò neanche vendicarmi? Tra le rovine di ogni mio bene, d'ogni mia illusione, io sarò costretto a vedermi perennemente dinanzi il fantasma d'un uomo senza connotati, un'ombra schernitrice e inafferrabile, e sarò costretto a sentirmi quotidianamente come schiaffeggiato da una mano ignota?!... E questo non è nulla a confronto di tutto il resto!... C'è il frutto dell'obbrobrio, c'è il documento vivo della vergogna, della nefandezza, c'è la personificazione della sciagura che mi colpisce!... C'è un bambino che oggi balbetta e piange, e che ben presto mi chiamerà «babbo» e che sarà più crudele, più offensivo, più beffardo d'una platea di curiosi! E se anche, per una umiltà di paziente, per una nostalgia di pace, per una frenesia d'innamorato, io volessi perdonare a te come un Cristo, no, quel bambino non me lo permetterebbe perchè esso resterà lì, sempre lì, attaccato a sua madre, e si farà grande, e sarà un uomo, e la sua presenza, ostinata, invadente, alimenterà di ora in ora, di minuto in minuto, le mie sofferenze, il mio odio, le mie angosce!... Nessuna vendetta, non è vero? E nessun mezzo per abbreviare la durata del tormento?... Nessuno?... Nessuno?... Nessuno?... Proprio nessuno?... (Con un moto di ribellione cupa e feroce) Ah no!... Il mezzo c'è! Il mezzo c'è!... (Trionfalmente) Io l'ho trovato!... (Col viso acceso, con gli occhi di fuoco) Ti giuro che l'ho trovato!

Caterina

(intuisce d'un subito ed è invasa dallo spavento) Ludovico!

Ludovico

Bisogna eliminare la causa maggiore! Bisogna distruggere il documento vivo!

Caterina

Ludovico!

Ludovico

Bisogna sopprimere questa creatura che è nata per crucifiggermi!

Caterina

(atterrita) Ludovico!

Ludovico

(come per precipitarsi nella stanza a destra) Sì, io te l'ucciderò!

Caterina

(parandosi davanti a lui, con un grido) No, Ludovico! Pietà!... Pietà!... Pietà di me!...

Ludovico

(si arretra e si abbandona disfatto su una sedia.)

Caterina

(aspetta, lungamente, in un'atroce trepidanza.)

Ludovico

E sta bene!... Avrò pietà di te! (Si passa una mano sui capelli e lascia scorgere d'aver presa una decisione. Guarda il suo orologio. Si alza nervosamente. Tocca due volte il bottone del campanello. Va alla porta comune come per evitare che la cameriera entri. Resta sulla soglia parlando a lei:) Betta, prendete le mie valige, portatele giù in portineria... e dite a Luigi che faccia fermare una carrozza. (Rispondendo a qualche domanda della cameriera) Ma sì, c'è tutto.... Voi non avete che a chiuderle.... Sbrigatevi.

Caterina

(immobile, lo avvolge dei suoi sguardi pavidi.)

Ludovico

(attraversa la stanza in fretta, dirigendosi verso la porta a destra.)

Caterina

(ne ha un nuovo sussulto di spavento.)

Ludovico

(prima di varcare la soglia, si arresta. — Si sorveglia. — Si rivolge a lei) Pigliami, ti prego, il soprabito e il cappello.

Caterina

(guardandolo supplichevolmente, obbedisce e va. — Rientra subito recando il cappello e il soprabito, che pone sopra la scrivania.)

Ludovico

(assorto nella risoluzione presa, verifica il suo portafogli. Quindi afferra soprabito e cappello come per andarsene.)

Caterina

(timida, implorante) Ma dove vai?

Ludovico

Non lo so.

Caterina

E quando tornerai, Ludovico?

Ludovico

Non tornerò.

Caterina

Mi lasci per sempre?...

Ludovico

E che altro mi resta a fare?!

(Un breve silenzio.)

Caterina

Io... t'ho detto tutto... con la speranza di risentirmi degna di te, con la speranza di offrirti la mia vita purificata, e invece, ecco, ti perdo!... Avrei potuto ancora mentire, mentire ogni giorno, mentire sino alla morte; ma l'amor mio non ha voluto permettere alla mia voce, ai miei occhi, ai miei baci la facile viltà d'ingannarti! E ho tanto sofferto (piange) e ho affrontato il sacrificio della confessione per poter aspirare al diritto di essere la tua compagna... per ridiventare, sinceramente, la moglie tua. Ah, se ti avessi amato meno, avrei risparmiato a te questo supplizio e a me la condanna di perderti così!

Ludovico

(dibattendosi fra due urgenze opposte ed eccitandosi al pensiero d'una soluzione liberatrice) Vuoi... vuoi veramente liberarmi da questo supplizio?

Caterina

(irradiandosi) E me lo domandi?

Ludovico

Vuoi veramente ch'io abbia l'eroismo di considerare la tua colpa come il delirio di un'inferma?

Caterina

(ansiosa) Sì!

Ludovico

Vuoi che io compia il prodigio di dimenticare... anzi, no, meglio, meglio ancora, di ricominciare da capo, di rivivere nella illusione, nella certezza della tua innocenza e della tua fedeltà?

Caterina

(avidamente) Sì, Ludovico!...

Ludovico

Ebbene... ebbene, vieni come me.... Andiamo via, andiamo via.... No, io non ti ucciderò il tuo bambino; ma è necessario che io non lo veda più, ch'io non lo senta, ch'io non ne sappia più nulla, è necessario ch'io non ricordi che tu sei madre, è necessario che egli non mi tolga nè un minuto, nè un battito, nè un pensiero, nè un sorriso, nè una lagrima della tua vita. (Lascia cadere a terra cappello e soprabito.)

Caterina

(sente passare a traverso il suo animo tutte le parole di Ludovico, ne trema, ne soffre, ne ha orrore, ne ha dolcezze profonde, e, a poco a poco, ne sarà presa, conquistata, e, senza che il suo cervello possa più funzionare, il suo cuore e i suoi nervi cederanno a lui completamente.)

Ludovico

(con frenesia, prendendole dapprima le mani, poi cingendola freneticamente con le braccia e parlandole sulla bocca) Tu lo affiderai alla tua buona nonna, ai tuoi parenti, a chi vorrai, e noi provvederemo a tutto, alla sua educazione, al suo avvenire, alla sua ricchezza.... Sì, anche alla sua ricchezza. E se un giorno crederà che io sia stato un malvagio costringendoti a rinunziare a lui, io non mi lamenterò, non mi difenderò mai dalle sue accuse, mai, mai, mai; ma adesso andiamo via.... Io devo andarmene immediatamente... perchè (con preoccupazione sinistra) la notte mi atterrisce e mi tenta, e non c'è nessuna enormezza di cui io non mi sentirei capace in questa casa, dove io l'ho visto nascere, dove egli respira, dove egli vive. Vieni, vieni, Caterina...: se non hai la forza di separartene in questo momento, non potrai averla mai più!... Vieni con me.... Dimostrami che hai affrontato il sacrifizio per essere ancora la mia compagna.... Dimostrami che io solo ti sono indispensabile. Noi andremo lontano come due profughi del passato e non saremo che due amanti assetati di godimento.... Distaccandoci da tutto ciò che è pieno di ricordi, noi ritroveremo noi stessi, riallacceremo le nostre anime, ricostruiremo il nostro paradiso....

Caterina

(è fra le braccia di lui, affascinata.)

Ludovico

... e chi sa quante nuove ebbrezze, quali nuove delizie, quale nuovo benessere, quale nuova felicità ci riserba la nostra giovinezza! Di', di', Caterina: (stringendosela forte al petto) ci verrai con me? ci verrai? ci verrai?

Caterina

(perdutamente) Sì... sì... ci voglio venire.... Non lo capisci che ci voglio venire? Non lo vedi che non hai bisogno d'insistere affinchè io ti segua dovunque? Non vedi che sono già solamente tua? Non vedi che io sono già pronta a tutto?... a separarmi da lui... (con un accento d'inconsapevole pietà) ad abbandonarlo... a fuggirlo... a strapparmelo anche dal cuore.... Ma tu, tu, Ludovico, tu che sei migliore di me,... impediscimi di commettere questo delitto!

Ludovico

(udendo la parola «delitto», la respinge bruscamente. Si riconcentra in se medesimo. Raccoglie il soprabito e il cappello, e, dopo una pausa, in un tono tra di comando e di concessione, le dice:) Resta!

(Si guardano a lungo, intensamente, dubbiosamente, l'uno sperando ancora ch'ella lo segua, l'altra sperando ancora ch'egli non se ne vada.)

Ludovico

(con poca voce) Addio! (E fugge.)

Caterina

(immota, col volto trasformato, terreo, come se finalmente avesse consumato il sacrifizio necessario) È finita! (Indi, va alla finestra: attraverso i vetri vede Ludovico che si allontana. Estenuata, quasi inebetita, col passo malfermo si avvia verso l'uscio della sua camera. Le forze le mancano. I ginocchi le si piegano. Stramazza. Poi si sorregge a una sedia, si leva, e, soccorsa dalla suprema volontà, oltrepassa la soglia.)

SIPARIO.

Note della cantilena

[Ascolta ]

ATTO SECONDO

La scena come al primo atto.

SCENA I.

La signora TERESA, LUISA, BETTA.

(La signora Teresa si è addormentata sopra una poltrona. Betta è seduta, in fondo, con le braccia piegate. Le imposte della finestra sono socchiuse. La stanza è nella penombra.)

Luisa

(entrando, affaccendata, dalla prima porta a destra, e rivolgendosi a Betta, a bassa voce) Dov'è la biancheria pulita?

Betta

(piano) Quella lì, sulla sedia, è già pronta.

Luisa

(prende in fretta la biancheria e sta per uscire.)

Betta

E di': che te ne pare di quel medico?

Luisa

A vederlo, mi pare il più bravo di tutti. (Esce dalla porta da cui era entrata.)

Betta

(getta un sospiro.)

Teresa

(svegliandosi) Cos'è? È già tramontato il sole?

Betta

(alzandosi) No, signora Teresa. È ancora giorno.

Teresa

Così buio?

Betta

Ho socchiuso le imposte per lasciarvi riposare un poco. Sono tre notti che voi e la signora Caterina non avete dormito.

Teresa

Apri, apri.... Alla mia età non bisognerebbe mai dormire, perchè non c'è più tempo da perdere....

Betta

(apre le imposte. L'ambiente si rischiara.)

Teresa

Ho fatto un bel sogno, sai?

Betta

Che avete sognato, signora Teresa?

Teresa

Ho sognato tanti fiori, tanti fiori, più di quanti ce ne sono nel nostro giardino.

Betta

E poi?

Teresa

E poi, nient' altro. Sognando, ho avuto l'idea di regalarli tutti al piccino, ma ora sto riflettendo che... il profumo dei fiori potrebbe fargli male.

Betta

S'intende.

Teresa

Se invece ne regalassi alla Madonna? Che ne dici?

Betta

Fareste bene.

Teresa

(si alza) Vado a raccoglierne io stessa.

Betta

Ma no, signora Teresa. A questo, penserò io. Andate piuttosto di là, voi; andate a sentire un po' quest'altro medico.

Teresa

Un altro?

Betta

La balia mi ha assicurato che è il più bravo di tutti.

Teresa

E non me ne avvertivi, benedetta?! (Si avvia.)

SCENA II.

FELSANI, CATERINA, la signora TERESA e BETTA.

(Felsani è un vecchio dall'aspetto nobilissimo e severo. In ogni sua parola, in ogni suo atto, egli è prudente, lento, misurato, pensoso.)

Caterina

(precedendo Felsani, entra dalla prima porta a destra) Per di qua, dottore. (Va alla scrivania.)

Felsani

(seguendola) Mi favorisce da scrivere?

Caterina

S'accomodi, se non le dispiace. (Indica la sedia che è presso la scrivania.)

Betta

(si trae in disparte.)

Felsani

(siede.)

Caterina

(guarda il dottore con occhio ansioso, scrutatore, interrogativo.)

Felsani

Le prescrizioni del medico curante sono inappuntabili.

Caterina

Niente da mutare? Niente da aggiungere?

Felsani

(stringendosi nelle spalle) Niente.

Caterina

E allora?

Felsani

Io scriverò la mia diagnosi.

Caterina

Sarà utile, non è vero?

Felsani

Può darsi. (Mette i suoi occhiali d'oro. Si dispone a scrivere.)

Betta

(con timidità, a Caterina) Badi, signora, in quel calamaio l'inchiostro si è disseccato. (Abbassando molto la voce, quasi all'orecchio di lei) Non si adopera da quando andò via il signor Ludovico....

Caterina

Già. (A Felsani) Abbia pazienza, dottore.... (A Betta) Porta subito un altro calamaio.

Betta

(via dal fondo.)

Teresa

(a Felsani, avanzandosi un po') Sa, siamo tutti intontiti in questa casa: vorrà perdonarci se....

Felsani

Prego, prego.

Caterina

(indicando Teresa) È la mia avola materna.

Teresa

Ottantadue anni.

Felsani

(guardandola) Assai ben portati.... È una buona notizia per chi ne ha settanta come me. (Girando lo sguardo intorno) E... suo marito, signora, non è in casa?

Caterina

(che non s'aspettava questa domanda) No... non è in casa.

Felsani

Lo conosco di fama: è un vero umanitario....

Caterina

(imbarazzata) Senza dubbio.

Felsani

Avrei voluto parlare con lui.

Caterina

Con lui?

Felsani

Sì, e sarà necessario ch'io gli parli.... (Sta per soggiungere qualche cosa, ma, vedendo Betta, s'interrompe.)

Betta

(mette un calamaio sulla scrivania.)

Felsani

(a Betta, con un gesto di congedo) Grazie. (E comincia a scrivere.)

Caterina

(è tutta intenta a leggere ciò che Felsani scrive.)

Teresa

(quasi presso l'uscio a destra, guarda un po' nelle stanze dov'è il bimbo e un po' il dottore.)

Betta

(piano, a Teresa) Che fa il piccino?

Teresa

Pare che riposi: vedo che la balia se ne sta tranquilla con le braccia piegate.

Betta

E questo medico che dice?

Teresa

Parla come una sibilla... ma aspetta che glie la tiro io di bocca la verità.

Betta

Senza che la signora se n'accorga, veh! Non si sa mai!...

Teresa

Bisognerebbe che restassi sola con lui....

Betta

Quando starà per andarsene, non vi sarà difficile.

Teresa

Lascia fare a me.

Betta

Ma state attenta!...

Teresa

E tu non dimenticare i fiori.

Betta

Ve ne raccolgo un fascio... un fascio così. (Via per la seconda porta a destra.)

Felsani

(firmando la diagnosi) Ecco, signora.

Caterina

(ha letto attentamente.) Non capisco le ultime parole.

Felsani

E io non desidero che rendergliele del tutto comprensibili. Ma.... (Accenna con uno sguardo prudente alla signora Teresa.)

Caterina

(a voce alta) Oh... è la mia confidente.

Felsani

Ebbene, mi permette qualche domanda?

Caterina

Naturalmente.

Felsani

Non crede lei che suo marito sia vittima egli stesso d'una qualche legge d'atavismo inesorabile?

Caterina

(scossa)... No, dottore.

Felsani

In tal caso, signora, si è indotti a supporre che, nella sua prima gioventù, quando era libero, quando non sapeva di dover diventare un marito, egli non sia riuscito a sfuggire alla... corruzione che logora la sostanza umana. Non è così?

Caterina

(sforzandosi di rispondere) No, non è così.

Felsani

Per lo meno, però, egli deve avere pazzamente noncurata la sua vita fisica. Mi negherebbe lei anche questo?

Caterina

(umilmente) Sì, dottore, glie lo nego.

Felsani

In conclusione, signora, secondo lei, il padre di quel bambino è un uomo valido, sano, perfetto?

Caterina

(profondamente turbata, siede.)

Felsani

Ma, via, non si turbi così. Le dico queste cose non per il gusto di commettere delle indiscrezioni, e neppure per una fredda indagine scientifica. Assai di rado la costatazione dei fatti addita, come questa volta, alla scienza, lo scopo pratico del suo intervento. Potrebbero... potrebbero venir su degli altri figliuoli, e poichè nulla ci fa sperare che si salverebbero da uno dei più acuti casi della fatalità ereditaria, io ho il dovere d'indicare, con chiarezza, a suo marito, quale e quanta responsabilità ricadrebbe su lui. La mia parola sembrerà severa, ma egli, che si è fatto l'apostolo dei più nobili principii d'altruismo, saprà ascoltarmi, ne sono certo, e saprà provvedere. (Un silenzio.) Non c'è dunque modo di parlare con Ludovico Nemi?

Caterina

(sommessa, pronunziando le parole per una suprema auto-imposizione) Mio marito vive lontano da questa casa.

Felsani

... Sono dolentissimo di non averlo intuito.

Caterina

Non si dia pena, dottore.

Felsani

E... da molto tempo vive lontano?

Caterina

Da sei mesi.

Felsani

Soltanto?... Il che significa ch'io non potrei completare coscenziosamente la mia missione senza rivolgere a lei delle altre domande... importune, la cui audacia ella non saprebbe forse tollerare. Io sono al cospetto d'una madre e d'una moglie, e devo rimettermi ciecamente al suo volere. Vuole ella ch'io cerchi di parlare con suo marito?

Caterina

(abbassando gli occhi)... No.

Felsani

(comprendendo) E con questo, il mio compito è esaurito. (Si alza) Vada, vada dal suo figliuolo. (Con bontà) Questo tempo è per lei assai prezioso e non glie ne voglio rubare.

Teresa

(profondamente impressionata per tutto ciò che ha udito) Sì, Caterina, va.... Farò io gli onori di casa al dottore.

Caterina

(porgendo la mano a Felsani) Io la ringrazio.

Felsani

(stringendogliela) Io... le chiedo scusa.

Caterina

(esce dalla prima porta a destra.)

Teresa

(dandogli il cappello) Sicchè... dottore, il caso non è disperato?

Felsani

(pigliando il cappello) Questo bambino è perduto.

Teresa

Oh!

Felsani

Pensiamo... a salvare gli altri.

Teresa

Quali?

Felsani

Quelli che non sono nati ancora...

Teresa

(fa un gesto di maraviglia e d'interrogazione.)

Felsani

... e che, per essere salvi, non debbono nascere. (Si avvia per uscire.)

Teresa

(si accinge ad accompagnarlo, precedendolo) Le faccio un po' strada.

Felsani

Ma no..., non si scomodi. (Sulla soglia) Non le permetto di scomodarsi!

Teresa

Per accontentarla.... (Avvertendo Betta, che non si vede) Bettina, apri la porta al dottore.

Felsani

(inchinandosi, le passa dinanzi) A rivederla, signora. (Esce dal fondo.)

SCENA III.

La signora TERESA e CATERINA.

Teresa

(resta un momento presso la porta guardando, ossequiosa, il dottore che s'allontana: indi fa qualche passo e desolatamente mormora:) E che dirò a Caterina?... Che le dirò?

Caterina

(entrando con una certa vivacità e con un calore di tenerezza) Sai, nonna, dorme.... Dorme come un bambino che non sia malato. Il suo respiro non è affannoso, no... e quella irrequietezza che stamane ci spaventava è del tutto cessata. Oh, vecchietta mia, non so perchè, io ho un presentimento lieto.... Mi sembra d'essere sicura ch'egli mi sarà preservato e che io saprò vivere sempre più veramente per lui! Tu, buona mia, hai avuta una vita piena di virtù serene e perciò non puoi comprendere certe tristi cose.... (Con espansione circospetta) Vedi: ci sono stati dei momenti in cui ho temuto quasi di non amare abbastanza il figlio ch'ebbi dall'uomo odiato.... (Ha un brivido) Era un equivoco del cuore mio quel timore, niente altro che un equivoco, perchè non è vero che ciò accadesse, non è vero che ciò possa accadere: non deve, non deve accadere; e intanto l'anima m'era attraversata dal dubbio della mia iniquità, e questo bastava a farmi provare un avvilimento profondo. Ma oramai sono forte, assai forte contro il dubbio malsano, e ne parlo a te come d'un nemico non più temuto, come d'un nemico dileguato: te ne parlo perchè non c'è nulla di cui io non ti voglia parlare e perchè mi fa tanto bene che tu, col tuo candore di santa, mi ascolti pazientemente, comprendendomi poco... e assolvendomi tutto! (L'abbraccia con dolcissima effusione.)

SCENA IV.

BETTA, CATERINA, TERESA, FRANCESCO.

Betta

(dal fondo) Signora Caterina, c'è di là il signor Moretti.

(Le due donne ne hanno un'impressione paurosa.)

Caterina

(a Teresa) Lui!

Teresa

(con voce molto sommessa, a Caterina) Che sia venuto per la malattia del bimbo?

Caterina

(con pari segretezza) Non è possibile.... Fortunatamente non ha mai compreso di essere suo padre....

Teresa

E che pensi di fare?

Caterina

Betta, dirai al signor Francesco che... oggi non ricevo nessuno...

Betta

E se insisterà? Era così premuroso.... Stava per entrare senza che io l'annunziassi.

Caterina

Quando saprà che non ricevo nessuno, egli non insisterà.

Francesco

(comparendo e arrestandosi di là dall'uscio — freddamente) Io insisto.

Caterina

(contenendosi) Ma ciò... è abbastanza strano.

Francesco

(entra, senza avanzare) Non tanto strano, visto che io vengo in questa casa per incarico di vostro marito. (Il suo volto è segnato di livore. Nel cavo dei suoi occhi è un intenso scintillio bieco.)

Caterina

(perplessa) Ah! È mio marito che vi manda?

Francesco

Precisamente.

Caterina

(pianissimo a Teresa) Vecchia mia, resta tu un poco presso il piccino e chiudi bene la porta.... Voglio che costui non si accorga di nulla.

Teresa

(tuttora preoccupata dalle parole del medico, pensa di doverle riferire a Caterina e non ne ha il coraggio. — Le dice all'orecchio:) Ma... non ritardare troppo.... Io ho paura di quest'uomo.

Caterina

(sentendosi a un tratto animosa) Ed io no.

Teresa

Permettete, signor Francesco.

Francesco

Prego, signora Teresa.

Teresa

(guarda timorosamente Francesco e pietosamente Caterina, ed esce a destra.)

SCENA V.

CATERINA e FRANCESCO.

Caterina

(volgendo le spalle a Francesco, severa, rigida, sicura) Che cosa dovete voi dirmi per conto di mio marito?

Francesco

A voi, niente. Ieri, stetti da Ludovico, in campagna, ed egli m'incaricò solamente di cercare nella sua scrivania certi manoscritti, per poi spedire a lui alcuni di essi e bruciarne altri.

Caterina

(incredula) Ma pure....

Francesco

(interrompendola con preveggenza) La chiave della scrivania è questa (glie la mostra), e questa è l'indicazione dei manoscritti. (Mettendole sotto gli occhi una carta) Riconoscete la sua calligrafia?

Caterina

Non dubitavo della vostra parola....

Francesco

Leggete, leggete.

Caterina

Non è necessario.

Francesco

Potrà anche interessarvi.

Caterina

(vorrebbe prendere e leggere la carta, ma non osa.)

Francesco

Leggo io. (Legge:) «Manoscritti da bruciare: L'egoismo dell'onore » (A Caterina, con sarcasmo) Peccato! È un'opera assai bella e originale! (Legge:) « Il dovere del perdono » (A Caterina) Questa, fa bene a distruggerla! (Legge:) «Undici sonetti intitolati: « Il figlio ». E anche questi devono valer poco.

Caterina

(fissa la carta, ascoltando e diventando livida.)

Francesco

Poi, c'è l'elenco dei manoscritti da salvare. Volete leggere voi?... Ma, già, i manoscritti da salvare non vi riguardano punto.

Caterina

Sta bene. La scrivania di cui avete la chiave è quella. Voi potete eseguire liberamente l'incarico che accettaste. La mia presenza è inutile. (Si avvia per uscire.)

Francesco

(trattenendola col gesto) Non così inutile come voi fingete di credere. Restate ancora un poco. (Cercando le parole) Sto per aprire il cassetto dei segreti di vostro marito.... La vostra presenza sarà per lui una garanzia... della mia discretezza.

Caterina

(schivando di guardarlo e di essere guardata) Ma no.... Egli ripone in voi una fiducia illimitata....

Francesco

E invece il vostro convincimento è che io sia una vile persona.

Caterina

Non l'ho mai detto....

Francesco

(avvicinandosi a lei) Poc'anzi volevate mettermi alla porta.

Caterina

Voi esagerate.

Francesco

Poi avete sospettato ch'io ricorressi a un sotterfugio per introdurmi in casa vostra....

Caterina

Il vostro orgoglio dovrebbe escludere la possibilità di sospetti così oltraggiosi.

Francesco

È il vostro contegno che li denunzia.

Caterina

(facendo qualche passo per allontanarsi) Non è vero!

Francesco

E adesso, lo vedete, adesso voi vorreste fuggirmi, adesso vorreste evitare il suono della mia voce, vorreste evitare l'aria che io respiro, vorreste evitare i miei sguardi come se fossero quelli d'uno spettro o di un delinquente..., mentre qui... in questa medesima stanza....

Caterina

(interrompendolo supplichevole) No! Ve ne scongiuro, non mi ricordate quel giorno!

Francesco

Evvia! Esso non è tanto lontano che voi abbiate già potuto dimenticarlo.

Caterina

(quasi con remissione) Ma, allora, perchè ridire oggi quello che tutti e due ricordiamo?

Francesco

Perchè soltanto così potrò ricacciarvi nell'anima la vostra offesa....

Caterina

(ascoltando le parole di lui, sentirà penetrarsele dentro come punte d'acciaio e, con raccapriccio e disgusto, rivedrà i particolari della seduzione.)

Francesco

Quel giorno, è vero, io l'avevo lungamente aspettato; anzi, dirò di più, io ne avevo preparate le circostanze propizie; ma quando, nell'audacia dell'uomo che giuoca tutto per tutto, io ebbi una frenesia d'amore insensato, voi non fuggiste, no, non fuggiste; e, quasi vinta da una ignorata malìa, piegandovi al mio contatto come una sensitiva, non m'impediste di stringervi fra le braccia....

Caterina

(con ribrezzo doloroso) Ahi!...

Francesco

Non m'impediste di respirare il vostro alito....

Caterina

Tacete!

Francesco

E io vidi il vostro volto diventare più bianco e più bello e i vostri occhi socchiudersi in un dolce languore senza difesa.... (Insinuando il ricordo con passione, quasi con tenerezza d'innamorato) Voi non parlavate, non parlavate, e, tra le mie braccia, io vi sentivo tremare, Caterina, sì, vi sentivo tremare....

Caterina

(esausta) Non più, Francesco, non più!...

Francesco

(in un subitaneo ritorno di rudezza e di acredine) Perchè, dunque, non mi fuggiste quel giorno? Perchè non mi respingeste in quel momento?

Caterina

(convinta) In quel momento non c'era, non ci poteva essere più nulla di me nella mia persona; in quel momento io vi abbandonavo un corpo senz'anima; e, appena ritrovai me stessa, tutto ciò che era accaduto mi parve non un sogno, oh no!, disgraziatamente, non un sogno, ma una ributtante realtà circondata da un impenetrabile mistero; e ne ebbi orrore!

Francesco

Era troppo tardi!

Caterina

Era troppo tardi, lo so, e ve ne chiesi perdono e ho continuato a chiedervene, come se veramente avessi io fatto del male a voi; ho continuato a chiedervene anche quando mi nauseavano e m'insultavano le vostre nuove insidie, e continuo, continuo a chiedervene oggi che venite a rimproverarmi, a rinfacciarmi di essermi data a voi, quasi che voi foste stato la vittima d'un mio capriccio di femmina pervertita. Ma che altro devo dire? Che altro devo io sopportare? Che altro deve accadere affinchè voi mi facciate la grazia di concedermi, incondizionatamente, la liberazione?

(Un breve silenzio.)

Francesco

(parlandole dappresso con un accento sinistro) Sicchè, vi pesa molto la catena che ci unisce?

Caterina

A voi non mi unisce nessuna catena.

Francesco

Ma quale liberazione invochereste se non ci fosse un legame tra voi e me?

Caterina

Tra voi e me c'è il fantasma del passato; ma un legame, certamente no!

Francesco

(penetrante, sorvegliando tutti i moti dell'animo di lei) Ed è questa la verità?

Caterina

Sì, questa è la verità.

Francesco

E ne siete così ben sicura voi, che della verità dite d'avere il culto e l'istinto?

Caterina

(difendendosi) Ne sono sicura, perchè non c'è nulla che leghi assolutamente tra loro un uomo e una donna!

Francesco

Neanche... un figlio?

Caterina

(con un groppo alla gola)... Neanche!

Francesco

(avvicinandosi molto a lei, a bassa voce, acutamente) È la vostra ultima parola?

Caterina

L'ultima.

Francesco

(afferrandole un polso) Ah no! È giunta l'ora in cui voi dovete rendermi conto di qualche cosa!

Caterina

Badate che siete in casa mia!

Francesco

Ma non per questo io soffocherò il grido dei miei diritti!

Caterina

(svincolandosi) Non c'è alcun diritto che voi possiate esercitare su quanto non appartiene che a me!

Francesco

Io vi assicuro di sì!

Caterina

Io vi assicuro di no!

Francesco

(con violenza minacciosa) Questo è ciò che vedremo!

Caterina

(assorgendo impetuosa ed altera) Ah sì! Lo vedremo.

(Un silenzio.)

Francesco

(siede con una certa aria di prepotenza, cercando, nondimeno, di raffrenarsi e di parlare con calma.)

Caterina

(siede anch'essa.)

Francesco

E, anzitutto, voglio spiegarmi. Vostro marito mi confidò che voi gli rivelaste d'averlo tradito. Ciò mi è stato assai utile, ed io ve ne ringrazio. Benchè egli abbia l'abitudine di non celarmi niente, questa volta la sua confidenza non era completa; e la rivelazione da voi fatta a lui mi riguardava troppo direttamente perchè io potessi rinunziare a conoscerla intera. Nell'animo di quell'uomo di buona fede non mi fu difficile penetrare; e, senza interrogarlo, senza indurlo a dirmi con parole ciò che gli avrebbe bruciate le labbra, io ho compiute le indagini, e nel contegno con cui voi mi avete per tanto tempo offeso, nella incoerenza con cui avete buttato via come un cencio l'amante di un giorno, io ho scoperto il vostro egoismo snaturato. Voi mi avete fatto ignorare d'essere il padre del vostro figliuolo, voi lo avete sottratto al mio affetto, voi me lo avete nascosto, voi non mi avete permesso di nudrire un sentimento che, anche solitario e sepolto nel mio cuore, mi avrebbe riempita l'esistenza.... E ora vengo qui con la rabbia e col dolore d'una belva ferita per reintegrare, a qualunque costo, i diritti del mio sangue. Pensateci bene!

Caterina

Voi cedete a un'ambizione di vendetta e di tirannia e la dissimulate in una sentimentalità che non vi somiglia. E, difatti, in che modo potreste voi reintegrare i così detti diritti del sangue senza che io diventassi per lo meno la vostra compagna?

Francesco

E non sarebbe questo, oramai, il vostro dovere?

Caterina

Sì, forse sarebbe questo il mio dovere, se l'aberrazione d'un istante avesse proclamata al cospetto del mondo e al cospetto di mio figlio la paternità che ora vantate. Pur troppo, in tal caso, io sarei perduta, io dovrei piegarmi a voi, dovrei essere la vostra donna, dovrei subire la vostra supremazia e dovrei dividere con voi — con voi che non mi amate, che non amo e che non amerò mai — tutto ciò che può darmi di dolce o di doloroso la mia creatura. (Si esalta a poco a poco nel convincimento della sua forza e del suo coraggio.) Ma, per fortuna, i figli nati all'ombra dell'infedeltà coniugale non appartengono che alla madre. Il fallo fu mio, non vostro, come miei sono stati i pericoli, miei gl'intimi dibattiti, mie le trepidazioni, mie le sofferenze fisiche e morali che soffiarono la vita in quel piccolo essere, e questi sono i fatti che costituiscono l'unico diritto vero, sicuro, forte, intangibile! Io potrei negarvi che quel figlio è vostro, e voi non potreste provarmi il contrario! Ciò basti a mostrarvi che debole cosa sia veramente la paternità. Ma io non ve lo nego, e non ho il bisogno di negarvelo! (Levando le braccia in alto) La provvidenza mi soccorre, ed io accetto il suo soccorso!

Francesco

Voi m'invitate a un'aspra lotta, Caterina.

Caterina

Non vi temo!

Francesco

(minaccioso) Ad una lotta disastrosa per voi!

Caterina

Non vi temo!

Francesco

Non mi temete, perchè la mente di quella creatura è ancora inaccessibile, e la sua incoscienza passiva vi garantisce l'immunità del vostro egoismo. (Si alza.) Ma quando il gingillo vivente, che ora custodite per voi, sarà un uomo, e quando quest'uomo girerà ansiosamente gli occhi intorno e non troverà suo padre in colui che gli ha dato il nome e vive lontano da lui, lontano dal suo cuore, lontano dalla sua casa, io sarò lì, vigile e pronto, a gridargli: «Tuo padre sono io! Non te ne accorgi? non mi senti? non senti ch'io t'aspettavo? non senti che sono stato sino ad oggi un rinnegato? non sai, non sai che sino ad oggi tua madre mi ha fatto vivere nel supplizio per far vivere te nella illusione della sua virtù? Sono io tuo padre — gli griderò — e se non vuoi perdonare a me l'errore d'averti messo al mondo perchè l'amai, non devi perdonare a lei d'averti data la vita soltanto perchè fu una volgare peccatrice!»

Caterina

(scoppiando d'ira e di disprezzo, si alza — quasi trionfale) Ah, finalmente, ti riveli per quello che sei!... (Affrontandolo, investendolo) E io rivedo, rivedo il bruto in tutta la sua abietta energia! Fui tua, fui tua, sì, e fui, davvero, una volgare peccatrice, perchè cedetti alla tua brutalità, che esercitò su me, per una volta, il fascino funesto che possono esercitare, in un'ora sciagurata, tutte le cose mostruose. A te mi associai nella brutale turpitudine e, per commettere un così basso peccato, fui anche capace di tradire come tradivi tu! Tu tradivi l'amico, io tradivo il marito; ma io, se non altro, ho confessato il tradimento e lo espio, mentre tu all'amico ti sei sempre più attaccato, e non ti stanchi di tradirlo per usurpare il suo posto, per rubargli ogni segreto, per sorprendere e sfruttare le sue angosce, per impormi la tua cupidigia. E vuoi che queste tue minacce non rafforzino il coraggio della mia ribellione? Vuoi ch'io non difenda disperatamente mio figlio dalla prepotenza e, sia pure, dal diritto d'un mostro come te? (Battendo le mani sulla scrivania) Fruga, fruga ancora nei segreti, nei tormenti, negli scritti, tra i brandelli d'anima del tuo amico, giacchè ne hai la fiducia; ma sbrigati, e va via! Sì, va via! va via!... E mettiti bene in mente (afferrandogli il petto dell'abito con ambo le mani) che il giorno in cui tu tenterai di togliermi il figlio che m'è costato il maggiore dei sacrifici, quello di rinunziare alla felicità immensa d'essere amata da colui che è in cima a tutti i miei pensieri, io ti saprò essere degna nemica; e, anche a costo di soccombere insieme con te, io ti schiaccerò: te lo giuro!

Francesco

(solenne e freddo) Siamo intesi.

La voce di Teresa

(di dentro, chiamando con un impeto d'allarme) Caterina! Caterina!

Caterina

(trasalisce, intuisce, e resta un istante come fulminata.)

Francesco

Addio.

Caterina

(con una chiusa ferocia) No! Aspettami! (Ed esce precipitosamente per la prima porta a destra.)

Francesco

(senza aver compreso, l'ha seguìta con lo sguardo ed ora, loscamente, si avvicina alla scrivania. Cava di tasca la chiave, apre il cassetto e fruga. Ne trae molti manoscritti. Siede. Li guarda, li esamina. Consulta la carta che ha mostrata a Caterina. Piglia alcuni zibaldoni e biecamente mormora:) Questi al fuoco! (Li mette da parte. Cerca ancora fra i manoscritti. Vede alcune paginette. Mormora:) Ah! I famosi sonetti!... (Sogghigna. Per un'aspra curiosità comincia a leggere:)

Vagisci, o bimbo, e il tuo vagito pare

non so quale prodigio d'eloquenza.

Non pensi, è ver, ma a tutto fai pensare

in questa tua dolcissima incoscenza.

Non pensi, è ver, ma quante cose care

al babbo dici....

(S'interrompe. Con dolorante rancore, scrolla il capo. Continua a leggere:)

al babbo dici, inconsciamente, senza

che l'aria stessa le possa rubare

alla felice tua breve innocenza.

(Più triste, più angosciato, col pianto nella voce, con qualche lagrima nel fondo degli occhi:)

O bimbo mio, guardandoti nel viso,

di qualche cosa grande ed infinita

ben sento che mi parla il tuo sorriso.

O bimbo mio, guardando la tua culla,

dove mi par continui la mia vita....

(Scrolla ancora il capo stranamente. Indi legge l'ultimo verso del sonetto, pensandolo molto, con amara incredulità:)

io credo in Dio e più non temo il Nulla!

(Sghignazza un po') Ah! ah! ah!... E anche questo al fuoco.... (Esegue. Con un fiammifero accende i manoscritti messi da parte e li getta nel camino. Borbotta:) Il mio ufficio d'amico è adempiuto. (Riunisce in fretta, nervosamente, le altre carte e le avvolge in un giornale. Come se qualche cosa richiamasse la sua più acuta attenzione, figge lo sguardo sulla porta a destra.) Ma che accade lì dentro?!...

(Un silenzio.)

SCENA VI.

FRANCESCO, CATERINA, la signora TERESA.

Caterina

(comparisce, spettrale. Ha sul volto l'impronta del terrore e del dolore più profondo. Si slancia verso lui come per parlargli subito, ma la voce le manca.)

Francesco

(vivamente scosso) Caterina? Che volete voi dirmi?

Caterina

Non capite?... Non capite?

Francesco

Una sciagura, forse?! Una sciagura al bimbo?...

Caterina

(terribilmente) La morte!

Francesco

(con raccapriccio) Che!?

Caterina

(abbandonandosi sopra una sedia) E ora non avete più nulla da pretendere! (Guarda nel vuoto, come una pazza.)

Francesco

La morte? La morte?... Ma io devo saper tutto! Una catastrofe così improvvisa, così repentina, non è possibile! Io devo saper tutto!

Caterina

(ha il viso impietrito in una espressione spasmodica) E che posso dirvi, io?... Il fatto è che noi mettemmo al mondo una creaturina anemica, diafana, malata.... Il fatto è che quel povero piccolo, così fragile, così fragile, pareva che coi suoi occhietti scialbi mi rimproverasse la sua nascita o mi chiedesse la ragione della sua fragilità! Che altro posso dirvi?... La sua malattia è durata dalla nascita alla morte.... Egli... era il figlio vostro: ecco tutto.

Francesco

(abbassa il capo, e il suo volto si rabbuia di vergogna.)

Caterina

(continuando) Ma non pensate che io inveisca ancora contro di voi. No, no, Francesco! La lotta fra voi e me è finita. Innanzi a quel cadaverino... io non sono più la donna che vi giudica. No: io sono la madre umiliata, la madre che s'era illusa di poter combattere perfino la morte con l'orgoglio dell'affetto materno.... Quando io era qui, un momento fa, ad accusarvi e a difendermi, tutta intenta all'avvenire (a poco a poco il suo terrore si dissolve in commozione), egli viveva la sua ultima ora, e sono giunta appena in tempo per vederlo agonizzare.... Oh, perchè illudermi?! perchè illudermi così?!... (Gli occhi le si ingombrano di lagrime.) Perchè figurarmelo adulto, capace di comprendermi, capace di perdonarmi?... Perchè?... Egli era distrutto già da un pezzo! (Sempre più commossa, parlando a sè stessa:) Fin dall'alba di stamane, sul guanciale, la sua piccola testa bruna sembrava un'ombra.... Egli non c'era più... non c'era più, e difatti... è da questa notte che non mi ha più chiamata «mamma»... e le sue braccine non si sono più aggrappate al mio collo come facevano sempre.... Non ho più sentita la stretta di quelle braccine deboli deboli, che pure una volta mi comunicavano tanta forza, e nei suoi occhietti senza luce non ho più trovato il solito rimprovero.... (Ora, le lagrime le inondano il viso.) Mi aveva già lasciata..., mi aveva già lasciata... ed io non me n'ero accorta! (Caldamente piange.)

Teresa

(attraversa le stanze contigue; comparisce, un istante, oltre la seconda porta a destra, poi oltre quella di fondo. Passa, dilegua.)

Francesco

(accigliato, sinistro, prende di su la scrivania l'involto e il cappello, e con cupa voce, curvandosi alle spalle di Caterina, le dice:) Io me ne vado, Caterina, perchè, tanto — voi avete detto giusto — il bimbo è sparito e la lotta è terminata. Oramai, non c'è più nulla che vi sottragga all'amore di vostro marito.... Chiedevate la liberazione, e l'avete ottenuta... completamente!

Caterina

(sentendosi agghiacciare il sangue) Francesco! (Il pianto è cessato d'un tratto....)

Francesco

(tuttora alle spalle di lei, parlandole quasi all'orecchio con un accento fatale, in un misto di cinismo e di soffocante sofferenza) Tentate di essere felice!

Caterina

(spalanca gli occhi, ergendosi in piedi.)

Francesco

(esce.)

Caterina

(come invasa da uno spavento nuovo) Felice!... (Perdutamente, come difendendosi da un nemico occulto) No! Non voglio, non voglio!

Teresa

(entra dal fondo, recando un fascio di fiori; e s'arresta sulla soglia con vigile prudenza affettuosa.)

Caterina

(in atto di deprecazione, volgendo gli sguardi al cielo, gridando come un naufrago la sua preghiera, e levando le mani solennemente) Dio! Dio! Dio mio! Fate che nessun bene mi venga dalla morte del mio angioletto, fate che alla sua memoria resti strettamente congiunto questo dolore che oggi mi possiede, fate che io lo porti ben chiuso nel cuore perennemente, fate che tutto e sempre io lo senta e lo soffra e me ne strugga, senza tregua e senza consolazione!

Teresa

(che le si è avvicinata piano piano) Caterina, non chiedere a Dio una così grande crudeltà!

Caterina

(scoppia in un pianto più disperato e le getta le braccia al collo allacciandosi a lei) Oh, vecchierella mia!... Vecchierella mia!...

SIPARIO.

ATTO TERZO

È sera. In fondo alla scena, comincia il bosco. I rami delle querce si confondono e, di lontano, paiono formare come una gran muraglia il cui orlo frastagliato si disegna sull'azzurro scuro e vaporoso del cielo. Verso la sinistra del bosco, un sentieruolo tortuoso sale e serpeggia tra l'erba selvatica. Più in qua, dallo stesso lato, si perde, tra gli alberi, il cortiletto quasi elegante d'un villino bianco, di cui non s'intravede che la facciata posteriore, senza finestre. Dirimpetto, a destra, un altro villino, più in vista, con la porta chiusa. Qua e là, qualche sedile di pietra e qualche tronco di grosso albero tagliato e abbattuto dai boscaiuoli. Il cielo è cosparso di stelle che, raggiunte da un po' di riverbero lunare, vanno impallidendo.

SCENA I.

BIAGIO e LENA.

Biagio

(che è un vecchietto arzillo, sbuca dal bosco e va a mollare la funicella che tiene in alto un fanale acceso, il quale penzola da un ferro aggrappato a una quercia. Il fanale discende.)

Lena

(aprendo la porta della palazzina a destra, dove abita Ludovico Nemi, sporge la testa.) Ohè, don Biagio, siete voi?

Biagio

Vi dispiace?

Lena

No, ma avevo sentito un rumore di passi e credevo che fosse il padrone. E voi che fate?

Biagio

Spegno.

Lena

E perchè? Siete pazzo?

Biagio

Non vedete che si leva la luna?

Lena

Di qui, non vedo niente.

Biagio

E che mi fa? Ce n'è poca, ma c'è.

Lena

Che novità son queste, don Biagino?

Biagio

Economie del Comune, mia cara.

Lena

Il padrone se l'avrà a male, e anche la signora che abita dirimpetto.

Biagio

Li ho visti or ora insieme gironzare nella valle. E laggiù è più buio di qui. (Lascia andare in su il fanale spento.)

Lena

Siete uno stupido, perchè... se ne avessero voglia.... Sono così vicini di casa!...

Biagio

Stasera, ce l'avranno la voglia, e buon pro; ma il Comune non vuole reggere il lume a sue spese.

Lena

Ci avete il fiele sulle labbra, don Biagio.

Biagio

(allontanandosi per l'erto viottolo) Per voi ci avrei il miele.

Lena

C'è mio marito che me ne dà, ed è di quello buono!

Biagio

« Respice finem », diceva un tale. (Sparisce nel bosco.)

Lena

(rientrando e chiudendo la porta) Linguaccia! Linguaccia!

SCENA II.

LUDOVICO ed ELENA; poi CATERINA.

Ludovico

(nell'ombra del bosco) Eh! Quando correte così, io sono bello e spacciato!

Elena

(in veste bianca — tra gli alberi — guardando indietro e ridendo:) Ah ah ah ah! Povero signor Ludovico!

Ludovico

Sì, sì, ridete, voi! Ma se mi rompo il collo...!

Elena

Attento! C'è un fosso. Aspettate: vi aiuto io.

Ludovico

Questo poi no. (Con un salto, comparisce.) Ecco saltato il fosso!

Elena

Avete calpestata una lucciola!

Ludovico

Nossignora: la lucciola è lì, sotto il lembo della vostra veste.

Elena

(cercando con lo sguardo) Dov'è? Dov'è?

Ludovico

Brava! Adesso l'avete calpestata voi!

Elena

Oh! (Curvandosi come per vedere la lucciola morta) Che dispiacere!

Ludovico

Il vostro piede è più leggero del mio, e nondimeno la lucciola è morta ugualmente.

Elena

Per cagion vostra, però.

Ludovico

(seguendola) Benissimo! Ma giacchè l'avete uccisa voi, io ho tutto il diritto di non averne rimorso.

Elena

E io vi sfido a non averne davvero. Ah! Mi avete fatto camminar troppo!... (Si abbandona su un sedile.)

Ludovico

Io?... Se siete voi che da più di un'ora mi trascinate per queste valli oscure con la speranza di farmi dirupare come una mucca! Sono salvo per miracolo.

Elena

Via, riposatevi anche voi!

Ludovico

Io voglio sedere qui, ai vostri piedi, presso quei piedini che uccidono con tanta leggerezza. (Siede sopra un tronco che è rovesciato dinanzi al sedile.)

Elena

Per voi... non c'è pericolo.

Ludovico

(con un accento di celia malinconica) Lo so. Non c'è' pericolo che i vostri piedini mi uccidano, perchè io sono già morto da un pezzo!

(Un silenzio.)

(Giunge, fiochissimo, il fischio della locomotiva.)

Ludovico

(diventando molto triste) Com'è fastidioso quest'urlo lontano della locomotiva. Tutto ciò che mi ricorda di non essere veramente fuori del mondo m'importuna.

Elena

Eppure, voi aprite con ansia e leggete assai volentieri qualche lettera che vi giunge dalla città.

Ludovico

... Sì, qualche lettera di Francesco Moretti. Capirete: è un amico d'infanzia....

Elena

Non mi è simpatico il vostro amico d'infanzia.

Ludovico

Poveretto! È un sofferente.

Elena

Che vi ama poco.

Ludovico

Come potete giudicare?

Elena

Non so.... Viene a vedervi così di rado!...

Ludovico

Il venire sin qui non è poi molto seducente. Quattro ore di strada ferrata, oltre il cammino che si ha da fare in carrozza e a piedi fra cespi e precipizi!... C'è da rimetterci una buona dose di amicizia.

Elena

Sicchè, se, quando sarò in città, verrò a trovarvi spesso....

Ludovico

Ma allora sarete diventata un po' più ragionevole e forse non ci verrete punto.

Elena

Avete la sapienza di non farmi dimenticare mai tutto quanto c'è di non ragionevole nel mio affetto.

Ludovico

E voi avete quella di ricordarmi ogni momento l'ingratitudine di cui sono colpevole. Credete voi che io non intenda di essere ingrato al caso che vi ha condotta sul mio cammino? Credete voi che io non intenda quale conforto sarebbe più per me che per voi il potervi voler bene diversamente che come a un'amica? Quando ci siamo conosciuti qui, in questo eremitaggio — dove ciascuno di noi veniva a cercar pace — , eravamo due sventurati: voi brutalmente abbandonata da un marito che era stato sempre un vile, io tradito stranamente da una moglie che era stata sempre un angelo. Allora, forse, si equivalevano le nostre due infelicità; ma oggi la mia è ben più grande della vostra. Voi avete messo alla prova il vostro cuore, e ora siete almeno sicura di poter amare un altro uomo. Ma ho messo alla prova il mio cuore anch'io e, come un chiodo in un macigno, l'ho trovato infisso nella mia sventura. (Si anima, soffrendo.) Voi mi amate, non è vero, mi amate? Ebbene (eccitandosi sempre più), se fossi capace di nudrire questo medesimo sentimento, non più per colei che mi ha distrutto ed alla quale sono incatenato oggi più di prima, ma per una qualunque altra donna, io non avrei neppur bisogno di ottenerne l'amore, no, no, perchè il poterla amare mi darebbe già come la gioia d'un riscatto! Che vittoria la vostra, e che condanna, che condanna la mia!

Elena

(dopo breve pausa, gli dice con serenità non sincera, in tono di consiglio, dolcemente) Perdonate a vostra moglie, Ludovico. Questo è ciò che vi resta a fare di meglio. Se ella vi chiama, ascoltatela bene la sua voce, e andate da lei.

Ludovico

(scrollando il capo) Ah sì! è innegabile che dovrei saperle perdonare, perchè, come un apostolo cristiano, io sono andato predicando l'indulgenza illimitata; ma quando tocca a me di mettere in pratica le mie idee, non posso, o, peggio ancora, posso perdonare soltanto condizionatamente, e il perdono patteggiato è orribile per chi lo concede e per chi lo riceve. Non c'è via di mezzo! O perdonare ciecamente, o non perdonare affatto!

Elena

Tuttavia, sarà indispensabile patteggiare. (Si alza.)

Ludovico

Non sarà indispensabile a lei.

Elena

Proponete le vostre condizioni e la povera pentita le accetterà.

Ludovico

Ma che! Quando glie le proposi, non le accettò.

Elena

Erano probabilmente troppo gravi.

Ludovico

(levandosi con veemenza) Erano disumane, ne convengo, ma erano le sole che mi avrebbero garantito il coraggio di continuare a vivere con lei e per lei.

Elena

Le chiedevate, dunque, un sacrificio enorme?

Ludovico

Sì, enorme!... enorme!

Elena

Ma quale?

Ludovico

Le chiedevo che si allontanasse dal suo figliuolo.

Elena

Dal suo figliuolo?!

Ludovico

(acceso d'ira) Tra il figlio del peccato e me, doveva scegliere me!

Elena

Oh... il povero piccolo irresponsabile!

Ludovico

Irresponsabile o no, il mio persecutore è lui! È lui il mio nemico!

Elena

Così sventurato egli stesso!

Ludovico

Tacete, Elena, perchè la vostra difesa mi dà le vertigini!...

Elena

Ciò che sentite in questo momento, Ludovico, è abbominevole!

Ludovico

È abbominevole, sì: io lo esecro!

Elena

No!

Ludovico

Io lo maledico!

Elena

Non voglio che sentiate così!

Ludovico

Voi non siete la mia coscienza. Lasciate che essa mi si ribelli, se può. La ribellione vostra è inutile!

Elena

Ah, io non sono riuscita nemmeno a esservi veramente amica visto che la mia persona non ha nessun potere su voi!

Ludovico

Voi mi donate qualche minuto di sollievo, e questo è già molto.

Elena

Vi dono qualche minuto di sollievo quando taccio o quando vi parlo di cose futili o vi leggo un libro o, che so? quando mi metto al piano per farvi della musica. Ma appena vi accorgete che il mio pensiero vi si avvicina, voi provate un fastidio invincibile. Le mie parole non leniscono le vostre sofferenze, e la mia lealtà, che così dolorosamente vi consiglia di andare da lei — da lei che amate — e che indica a voi l'unica soluzione possibile, non fa che esasperarvi sino alla ferocia più raccapricciante! Questa mia amicizia, quest'eroismo, non vi serve a niente, e, tant'è, sarà meglio tornare alla realtà arida, senza illusioni. Noi non siamo e non saremo mai nè amanti, nè amici.... (Commovendosi) Andremo per due direzioni opposte, ognuno con le sue malinconie e coi suoi dolori... fin dove potremo... sforzandoci, invano, voi a ricordarvi di me, io... a dimenticarvi. (Piange).

Ludovico

Non piangete così.... Non merito le vostre lagrime.

Elena

E che importa! Io non piango per tutto il male che mi fate: piango... per il bene che non posso farvi.

(Un lungo silenzio.)

(Nel sentieruolo in fondo, comparisce Caterina. Ella, scorgendo la presenza di Elena, si ferma trepidante. Non ha più il coraggio di avanzare, e si nasconde tra gli alberi, guardando, spiando. È vestita di nero. Si distingue soltanto il suo volto bianco.)

Elena

(asciugandosi gli occhi) Volete che vi lasci solo?

Ludovico

(tace, pensoso, assorto, con la testa china.)

Elena

Sì, sarà meglio. Sarà meglio. Buona notte, Ludovico!

Ludovico

Grazie, amica mia! Buona notte! (Le stringe la mano.)

Elena

(lentamente si allontana e sparisce nel cortiletto del suo villino.)

SCENA III.

LUDOVICO e CATERINA.

Caterina

(vincendo la trepidanza che la trattiene, fa qualche passo e chiama:) Ludovico!

Ludovico

(trasalendo) Che!

Caterina

Ludovico, sono io! sono io!

Ludovico

(slanciandosi a lei impulsivamente) Caterina!?

Caterina

Sì, Caterina presso la tua porta, come una mendicante: ai tuoi piedi (inginocchiandosi), come una schiava!

Ludovico

(ansioso e severo, ma senza crudezza) Tu, Caterina, a quest'ora! Che è accaduto? (La solleva) Perchè sei venuta? Perchè? Perchè?

Caterina

(affannando) Un momento, Ludovico... un momento.... Se tu sapessi come mi batte il cuore. Ma... ecco... ecco... ti spiegherò tutto. Sono venuta a quest'ora, perchè di giorno non mi sarei sentita veramente sola con te. Mi pare che la luce del sole sia un testimone indiscreto e guasti tutto quel che ci è di intimo tra le anime dolenti.... Mi domandi che è accaduto?... E il tuo amico... il tuo amico Francesco, che venne in casa mia, inviato da te... non ti ha parlato?

Ludovico

No, non mi ha parlato. Mi mandò alcune mie carte, e poi non s'è fatto più vedere. Ma tu che cosa hai da annunziarmi di tanto grave?

Caterina

(con gli occhi spalancati e fissi) Il mio bambino... è morto!

Ludovico

(stranamente, profondamente impressionato) Morto!

(Un silenzio.)

Caterina

(sempre con gli occhi fissi, sbarrati, attoniti, pallidissima) Sono passati soltanto quindici giorni, e io sono già qui.

Ludovico

(soggiogato da un'idea tragica) Tu temi che io voglia violare il tuo dolore? No! No! Non lo temere! Io non voglio che accogliere il destino, il nostro destino. Tu sei presso la mia porta come una mendicante.... Ebbene, io vedo e so che questo non è più il tuo posto. (Vibrando di passione e indicandole la porta della sua casa) Entra, Caterina! Entra! Entra!

Caterina

(come in preda a un crescente timor panico) Non ancora! Non ancora!... Anzitutto, tu devi comprendermi e devi aiutarmi.... In questi quindici giorni, attraverso al mio dolore immenso, penetrava e mi pungeva, pertinace, insistente, la tentazione di te. La povera creatura che ci aveva separati era... sparita; ed io pensavo che se fossi ritornata a te — sola — peccatrice piena di rimorsi, ma tutta tua, non più madre, non più stretta al passato — tu non mi avresti respinta. Questo pensiero era più forte di ogni altro; questa tentazione diventava irresistibile.... Ma ora che sono dinanzi alla felicità... c'è dentro di me qualche cosa di complicato e di sinistro che me la vieta, che mi esulcera il cervello, che mi piglia alla gola come per soffocarmi. Io ho paura, Ludovico, ho paura!...

Ludovico

Paura di che?!

Caterina

Ho paura del dubbio terribile d'avere aspettata nel fondo oscuro dell'anima mia, senza rendermene conto, la morte del mio piccino, per correre a gettarmi fra le tue braccia.... È atroce, è atroce!... E tu devi aiutarmi a vincere questo dubbio prima che io entri nella tua casa!... Te ne supplico, Ludovico: aiutami tu, aiutami tu!

Ludovico

(suggestionato) Ma se davvero questo nostro ravvicinamento ti minacciasse un nuovo rimorso, quale potrebbe essere l'aiuto che mi chiedi?... Uno solo, Caterina, uno solo: (con violenza) fuggirti o scacciarti....

Caterina

(afferrandolo con ambo le braccia come per non lasciarlo fuggire e dando un grido) No!

Ludovico

(amorosamente) E io non lo farei, non lo farei. Non potrei più averne l'abnegazione, perchè accanto a te ritrovo una vitalità che credevo perduta per sempre, e mi pare che già nelle vene mi si rinnovi il sangue e che questa primavera, a cui poc'anzi io mi sentivo estraneo, fiorisca oramai anche per me!

Caterina

(tenendo fra le sue mani quelle di lui) Tu mi parli così dolce, così dolce, che ogni mia tortura si perde in questa dolcezza infinita, e per non turbarla io non voglio sospettare d'essere giunta troppo tardi. Ho visto, sai, ho visto, coi miei occhi, che la tua vicina è assai bella.

Ludovico

È assai buona....

Caterina

(infantilmente addolorata) Un pericolo più grave!...

Ludovico

Ma nemmeno per la sua bontà io ho potuto amarla.

Caterina

Hai tentato?!

Ludovico

Ho tentato. E in questa mia confessione non sai tu leggere tutta la storia del tuo trionfo?

Caterina

(posando il capo sulla spalla di Ludovico) Sì....

Ludovico

Non ti accorgi d'essere l'unica, l'unica donna che mi possa tenere?

Caterina

Me ne accorgo.

Ludovico

(la bacia.)

Caterina

(d'un sùbito si distacca da lui tremando, indietreggiando.)

Ludovico

(raggiungendola) Tu hai rabbrividito!?...

Caterina

(come invasata) Ho rabbrividito, sì, perchè, se mio figlio non fosse morto, questo bacio io non lo avrei mai avuto!...

Ludovico

(con ferocia) Mai, te lo giuro!

Caterina

Lo vedi! Lo vedi! Ogni nostra tenerezza sarà — inesorabilmente — un beneficio che tutti e due sapremo di avere ottenuto dalla sua sparizione. (Con un accento di mistero spaventoso) Ogni tuo amplesso mi dirà che quella morte l'hai aspettata, segretamente, anche tu!

Ludovico

(ha un moto di profondo raccapriccio.)

Caterina

E difatti... ora sei tu che hai rabbrividito!

Ludovico e Caterina

(presi dal terrore, in una repentina allucinazione tenebrosa, istantaneamente, quasi vedono il piccolo morto.)

Caterina

Ah, Ludovico, quel morticino sarà sempre con noi! Sempre!... (Poi cerca di sottrarsi al fantasma con una violenza di riscossa disperata.) Ma non c'è più scampo!... Io mi sono ribellata alla menzogna, io ho sofferto in pace il tuo abbandono, io mi sono affaticata a cercare, a cercare nella mia coscienza, a dilaniarla con una crudeltà che violentava l'istinto umano; ma ora non ho più la forza di lottare! (Intensamente appassionata) Non posso, non posso.... Ho bisogno d'essere amata.... Ho bisogno del tuo amore....

Ludovico

Io vivrò per adorarti, Caterina!

Caterina

... E dovessi pure difendermi dai fantasmi più paurosi, dovessi pure morire dannata, io non voglio rinunziare a questa gioia suprema! Sentimi... sentimi ancora.... Io ti terrò con la gelosa avidità d'un avaro, io non ti lascerò il tempo di sperimentare la bellezza e la bontà di altre donne.... No No!... Io invaderò tutta quanta la tua esistenza, io mi ti avvincerò così strettamente (si avvince a lui con frenesia), così strettamente, che nessun fantasma e nessuna persona viva mi ti potranno togliere più, mai! (In estasi, palpitante, pronunziando queste parole appena col fiato, sempre più stretta al suo Ludovico) Così, ecco.... Così.... Così....

Ludovico

(baciandola, le sussurra all'orecchio:) Finalmente!

Caterina

(come trasognata, esausta, tutta abbandonandosi a lui) Sì, finalmente!... Non sapevo d'amarti tanto.... Non sapevo di amar tanto la vita.... Prendimi... prendimi....

SIPARIO.

(Fine del dramma.)

NOTA

1. Le note della cantilena sono a pagina320.