MOMENTI
LIRICHE

Sibilla Aleramo

SIBILLA ALERAMO

MOMENTI

LIRICHE

FIRENZE R. BEMPORAD & FIGLIO, EDITORI MCMXXI

proprietà letteraria degli editori R. Bemporad & Figlio

I diritti di riproduzione e traduzione son riservati per tutti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l'Olanda

Copyright 1920 by R. Bemporad & F. o

279.920 — Firenze, Tipografia “L'Arte della Stampa”, Successori Landi

INDICE AL MITO DI LIBERTÀ

DEVE

QUESTI MOMENTI DI CANTO

LA SUA FEDELE

RITMO

Ritrovata adolescenza,

gioia del colore,

occhi verdi di sole sul greto,

scheggiato turchese immenso de l'onde,

biondezza di cirri e di rupi,

rosea gioia di tetti,

colore, ritmo,

come una bianconera rondine

l'anima ti solca.

O FIORE....

Sul mare tanto azzurro che par bianco,

che par questo mio bianco stellato vestito,

tu viaggi verso l'isola, viaggi verso me,

giungerai che ancor non sarà sera,

o fiore, o colore, o ardore,

sul mare ancor tutto soave mi protenderò,

e t'avrò fra le braccia

che crederai proseguire con la dolce nave

ancora ancora in eternità d'azzurro.

SALIRÀ PER L'ORTO.

Salirà per l'orto,

spiccherà passando un boccio di granato,

entrerà,

il mare dalla terrazza negli occhi gli vedrò,

le sue pupille alla stanza si volgeranno,

un altro sguardo d'acqua e di cielo

presso un fascio di fior di mirto scorgeranno,

alle sue e alle mie un altro specchio,

oh Shelley che sarai con noi,

effigie tutelare alla nostra ricchezza,

alle ricche vene delle nostre giornate,

al gaudio candido al pianto chiaro....

LA ROSA.

Eccoci!

Facci posto,

oh sole!

A noi due

e ad una rosa.

Fra il mio seno

e il petto forte che amo,

sta una rosa,

sola.

Oh sole,

la rosa vuol morire,

e noi

vogliam la sua agonia

tutta con nostra gioia

consacrare.

Facci posto!

Ecco,

insieme avvinti,

che la rosa non cada,

guizziamo nella tua zona,

nudilunghi,

a terra,

avvinghiati,

e la rosa

non ti sente,

ma noi

ma noi

da te percorsi

meravigliamo

come una lunga landa

che il tuo raggio

mai prima

conosciuto avesse.

Interi ci percorri,

solo la rosa

non ti sente,

fra il madore del mio seno

e il calore dolce

del petto che amo.

Grande aperta rosea,

si sente morire,

si sente felice,

si sfoglia,

ogni foglia

rorida molle,

vagola,

ci bacia,

premuta,

bruciata,

oh sole che ci accogli!

IL TUO SORRISO.

Il tuo sorriso....

Vibrazione che aduna la vita

e la sconfina.

C'è il tuo genio nel tuo sorriso.

Sapienza implacabile,

dominio e sdegno,

a fiore d'un occulto vortice

ritmo di fantasia iridescente....

Il tuo sorriso....

Sottile soffusa ombra canora

su la chiarezza silenziosa

del fermo volto.

O gagliardo,

amo il tuo sorriso,

che ti esprime oltre il tuo stesso volere,

balenante segno

della vita che in visione trascendi,

amo il tuo sorriso,

malizia di fanciulla

e magia d'eroe,

il tuo sorriso dove

a fiore d'un occulto vortice

smaglia e canta,

soffusa di danzante ombra,

la tua forza....

La tua forza.

Vibri, e altro non chiedi.

Attingi e varchi la vita

col tuo sorriso,

fantasticamente vi dissolvi

il dolore noto e la gioia ignota,

in un brivido che t'allaccia

al cuor del mondo.

C'è il tuo genio nel tuo sorriso.

FAUNO.

Lontane dal mondo,

quercie,

rade nel sole d'agosto

acque fra sassi,

lontane dal tempo,

e tu

dorato ridi,

tu alla bianca mia spalla,

tu alla verginea sua musica,

gioia dagli occhi ridi.

NUDA NEL SOLE.

Nuda nel sole

per te che dipingi sto immobile,

il seno soltanto ritmando

la vita gagliarda del cuore.

Come un cielo soave d'aurora

è per te questa mia forma lucente,

un prato un'acqua una solitaria fiorita di petali,

tralci di vigna in festività.

E adori, e fervente le dolci dita

su la tela conduci.

Nuda nel sole ed immobile,

frammento di natura,

ti miro orante ed oprante.

Da te invasa da te riassorbita,

sei tu che mi divinizzi

o la mia divinità è che ti crea,

artista, arte, spirito?

Tacitamente il seno respira.

❋ ❋

SON TANTO BRAVA.

Son tanto brava lungo il giorno.

Comprendo, accetto, non piango.

Quasi imparo ad aver orgoglio quasi fossi un uomo.

Ma, al primo brivido di viola in cielo

ogni diurno sostegno dispare.

Tu mi sospiri lontano: «Sera, sera dolce e mia!»

Sembrami d'aver fra le dita la stanchezza di tutta la terra.

Non son più che sguardo, sguardo sperduto, e vene.

DOLCE SANGUE.

Dolce dolce sangue

ne le vene mi langue.

Oh vigor lontano,

se vieni di delizia vi gemi!

Se vieni e mi premi,

oh vigor lontano,

se il grembo m'irrori che langue,

dolce dolce sangue!

DISTESA SU UN FIANCO.

Sono distesa su un fianco; sotto la mia gola le mie mani congiunte,

le dita ardenti dell'una nel cavo ardente dell'altra,

gli occhi chiusi, i denti serrati.

Non c'è nella stanza un orecchio

a cui io possa dettare parole senza muovermi,

senza strapparmi da questo rogo?

Una mano ignara di bimba o di centenaria:

qualcuno che non conobbe mai questo tormento

o l'abbia per sempre dimenticato;

e possa scrivere senza tremare

le parole che mi gorgogliano nella gola

ardenti più delle mie mani congiunte;

e non sappia comprendere

e non soffra

non soffra per me, non soffra per sè.

BRUCIO LA MIA VITA.

S'io mi muovo, s'io mi sollevo,

tutto svanisce, tutto s'aggela.

Ma s'io resto così distesa,

gli occhi chiusi, le labbra aureolate di brace,

l'ardore della mia palma sul battito della mia gola,

io brucio la mia vita, brucio la mia vita,

il mio sangue si consuma nelle mie vene,

io sento che si consuma

solo nel ricordo d'un altro sangue,

d'una voluttà data e provata,

dell'amore lontano

che forse non ritroverò.

STO PER FRANGERMI.

Sto per frangermi —

tanta onda ho vinto! —

tu alla fatica enorme mi segni un limite

ma come uno scoglio —

tanta onda a te m'ha gettata!

Sto per frangermi,

tu lasci che m'afferri al limite che mi segni,

ma come alla morte....

Contro a te m'abbatto,

spezzami il cuore e la fronte,

sii la morte poi che sei così forte!

Ma se solo a svenire

solo per poi rinvenire

tanta onda a te m'ha gettata,

se la morte non sei,

amore, erto amore,

quali lontananze vedi, se ti volgi?

Mare aperto,

oro levante sul mare forse?

Sto per frangermi,

tanta onda ho vinto,

contro a te m'abbatto,

erto amore, contro a te.

MORTE, M'HAI SENTITA?

Morte, m'hai sentita?

Nella notte ti ho invocata,

piangendo

e fors'anche ridendo

per sedurti t'ho chiamata,

ultima luce,

speranza di due braccia accoglienti,

un nome ancora da invocare,

morte, madre, sorella, amata,

una che mi prenda, una che mi voglia....

Ed eri lontana.

Bianca e bella s'io ti pensavo su altri reclina,

s'io t'imaginavo intenta a baciar altri,

altri certo non più di me dolenti,

oppur creature felici,

morte, m'hai sentita s'anche non sei accorsa?

Nessuno certo t'implorava quanto me,

o cara quanto fu cara la vita,

e tu chi sceglievi in vece mia?

Ma forse,

forse da lontano hai trasalito....

E ora non ti chiamo più.

Stormi mi ventano dietro la fronte,

aliante mondo inespresso del mio pensiero,

parole che furono visioni e ch'io ancora non dissi,

amore che tutti comprende i ruinati amori

e li risolleva....

Verità della mia vita,

incompiuta missione che nell'alba mi riappare,

ch'era il miracolo,

ed io forse l'ho tradita....

E forse, o morte, non venuta al mio richiamo delirante

mi raggiungerai nel fervore del ripreso canto,

troncherai nella mia gola il canto,

un giorno chiaro....

Ch'io mi rammenti allora,

ch'io mi rammenti

come eri bella,

come eri bella questa notte,

morte, su le fronti che invece di me baciavi.

ANCHE QUEST'ORE.

Passeran quest'ore di spasimo

come passarono le mille di gioia.

O fiore che avrei voluto soltanto baciare,

o petto dolce dove imploravo festosamente la morte,

ma quest'ore che vivo di strazio

son più generose ancora

dell'altre gridanti felicità.

Mi tendo a te che ho colpito,

da lontano mi tendo

più pulsante di quando ridevamo nudi nel sole,

la fronte più affocata, insaziata.

Dono d'angoscia gemente

che pur anche si dissolverà,

lungo di febbre ansito verso la tua pena....

Tutti i miei capelli per addormirti da lungi!

NOTTE IN PAESE STRANIERO.

Notte in paese straniero,

notte di stelle, notte di vento dolce.

Le rupi dentate lambono il cielo

e lo fanno più chiaro.

Cieli lontani dei paesi dove passai,

dei paesi dove amai,

cieli fioriti di queste stesse costellazioni,

e pur lontani,

dov'erano speranze che più non so,

disperazioni che più non mi fanno piangere,

io vi rivedrò,

forse,

e penserò allora a queste notti in paese straniero,

a queste luci vivide nel vento

che volteggia dolce su le rupi,

a questa mia anima

che ancora una volta si risolleva,

si risolleva avida,

penserò a questo ch'è ancora nelle mie vene

palpito di giovinezza,

ardore forte,

volontà più grande d'ogni mio grande pianto,

e stupirò allora,

o notte di stelle, di vento, di anelito solitario....

ORGOGLIO.

L'antica parola che m'ero scordata

viene dubbiosa da nubi portata.

Orgoglio. Su cime di neve si posa,

su fresca neve vertiginosa.

E le nubi fan rime fra loro fra loro,

più non v'è pianoro se non di opache rime.

Orgoglio. Dubbiosa fra neve e biancore

di nubi di nubi mi guata.

Oh squallida, oh non fatta per il mio cuore

l'antica parola che m'ero scordata!

ANCOR OGGI.

Ancor oggi,

tra la folla,

nel sole,

repentinamente,

ho desiderato morire.

Senza lagrime

su me stessa ho pianto

come su una morta,

e ho schernito in cuore

quanti guardandomi

non s'avvedevano ch'ero una morta.

Nel sole,

nella città turbinosa,

oggi come ieri

ho camminato

negando a' miei sensi la vita,

negando d'esser viva,

ho dominato la folla

come flutto incapace a subissare

la mia spoglia affiorante sola.

Morta,

ero tuttavia

sola una cosa umana

sopra l'onde informi vaghe.

Andavo....

TERRA, COME SEI BELLA!

Terra, come sei bella!

E tante volte avrei voluto lasciarti,

e anche ora....

Terra, s'io ti chiedo perdono,

chiederà qualcuno perdono a me?

Anch'io sono bella,

anch'io ho sorriso a creature umane,

come sorridono questi fiori

e questi rami e quest'acque,

anche la mia anima

si è sporta splendendo

e spandendo intorno brividi dolci.

E son rimasta sola....

FUSCELLI E FRASCHE...

Fuscelli e frasche e tronchi

per l'ultima sera,

ed il camino sfavilli!

Tornerò mai?

Tant'altre celluzze nel mondo,

bianche dorate da le vampe,

ho così lasciate.

Niuno in tutto il tempo è venuto.

Ed anche stasera

per me sola

sfavilli il camino!

Ho pregato e perdonato e cantato

lontana

qui come in tant'altre

celluzze bianche avvampate.

Niuno in tutto il tempo è venuto.

Ritornerò mai?

Fuscelli e frasche e tronchi

per l'ultima sera,

ed il camino sfavilli!

IL SALICE.

C'è un ramo in fiore,

profumo di miele,

e ci son luci rosse e nere,

legna che arde.

Ricordi inattesi,

di paesi

felici,

gemiti improvvisi

per visi

per sempre lontanati

poi che malamente risero.

Fragranza lenta

e guizzi in stanza

a sera,

pace del fuoco,

eco di luce,

la pigna in brace,

tutte le foreste lungi.

Desdemona,

ma il salce dov'è?

INSONNE ARSURA.

Insonne arsura, notte di desiderio, dopo tante stellari di castità!

Oggi glicine perlacee erano nel sole,

e un uomo bello con ondosa chioma bruna.

Grappoli, ciocche, e le mie dita non si sono tese.

Frescura d'odorosi acini per il mio seno, tocco di capelli morbidi....

Le mie dita nel sole non si sono tese.

UNA RISATA.

Una risata.

Forse un giorno

la sentirò prorompermi dalla gola:

giorno di gran sole,

risata sopra il mondo,

e poi

due braccia

che mi sollevino ansante

verso la prima stella della sera.

❋ ❋ ❋

NATIVITÀ.

Perch'io ti vedessi appena nata,

o piccola cosa,

son venuti a chiamarmi,

perchè ti salutassi

con il mio sorriso,

o appena nata.

Ho interrotto la pagina,

sospesa alla parola innocenza:

dicevo l'innocenza della natura,

della mia natura femminea,

passione, meditazione.

Nel rustico stanzone

ti dibattevi non ancor fasciata;

m'hanno mostrato il tuo sesso

poi, composta la prima volta nei lini,

t'hanno,

di braccia in braccia

passata

sino alle mie.

Dimentico le stelle,

o nata di sera,

vedute venendo,

dimentico la pagina sospesa

e tutte l'altre attese.

Guardo i tuoi occhi,

che sembran guardarmi,

e le aperte manine,

meravigliate meraviglie,

e ti sento,

o venuta a me per quest'istante solo,

viva fra le mie braccia e sotto il mio sguardo

come non sarai più mai nei cent'anni augurati,

non nell'ora dell'amore nè in quella dell'agonia,

mai più così accesa

dinanzi ad una mente,

mai più

così nel tuo mistero

religiosamente baciata.

E nostalgia

per sempre forse t'accompagnerà,

di me, d'un'ignota sera trasfigurata,

o appena nata....

FUMO DI SIGARETTE.

Fumo di sigarette.

Accenno di sorriso.

E di nuovo fumo,

spire leggiere,

dalle mie labbra,

dalle sue labbra,

tutte le sere

qualche minuto,

dal suo balcone,

dalla mia finestra,

spire leggiere,

sbocciar di sorriso,

e non sa la mia voce

e non so la sua,

solo,

traverso le spire di fumo

i suoi occhi mi piacciono,

gli piacciono i miei occhi,

tutte le sere

qualche minuto,

un saluto

di spire

di fumo,

lievezza graziosa di gesto,

silenziosa irresistibile gaiezza,

minuscolo punto di fuoco

alto su l'addormentato cortile,

e niente più,

così,

mentre presso la lampada

il lavoro attende,

l'anima attende,

qualche minuto

tutte le sere

per qualche sera,

spire leggiere

spire leggiere.

DA UNA FOTOGRAFIA.

Un piccolo rettangolo di carta platinata,

l'imagine a toni grigi d'un ciglio di monte,

a sera, contro un cielo di bioccoli di seta.

E tagliano monte e cielo due righe,

sembrano righe di musica,

sono su due fili del telegrafo rondini ferme,

noticine nere, nere distanti nere vicine,

rondini, tante, dissimili tutte,

inserite nel doppio grigio della sera,

e sembrano due righe di musica.

DA ASSISI.

Sul colle una sta,

sola,

dinanzi a questo, nodo silente del mondo.

Vento scende verde d'argento.

Ode respiro d'assenti acque.

Cantici cari dissennati ascolta,

di sorrisi sorgivi, di baci ariosi,

volatili delizie,

e le tiene, quasi creature in grappolo,

sola ne lo svariar de le luci,

fra le braccia o tra l'ali,

rondine e sorella,

che nulla si sperda di nessuna primavera.

L'ACQUE E LE FRONDE....

L'acque e le fronde

ch'erano sotto il grigiore del cielo opache

stan per rilucere,

o il desiderio m'illude?

Le zone d'azzurro in alto e sul lago

trasfigureranno il giorno?

Come questo sospeso fiato,

come quest'ala d'aria

madida quasi di represso pianto,

anche l'angoscia mia

pronta è tutta a dissolversi....

SAI BENE....

Sai bene che m'attraggono i margini dei fiumi,

sai bene che alle fiamme le mani inquiete tendo,

mi vedi guardarti nell'acqua chiara degli occhi

m'accosti la fronte dai grappoli caldi,

pur da tanto indugiamo — perversi o poveri? —

e sempre è quell'ora prima che tacendo ci piacemmo....

VUOI CHIAMARMI GIOIA....

Vuoi chiamarmi Gioia,

poi che non sai il mio nome.

E io ti rispondo come ti rispose quel fanciullo

a cui lodasti i lucenti occhi

laggiù nel paese caldo e colorato,

ti rispondo che sei tu ad aver nel forte cuore

la virtù della gioia,

tu ad investirne il cuor mio.

Tanto sei forte e signore

che di me cogli solo ciò che t'incanta,

e mi ravvivi il sorriso,

e fai che a me stessa il mio nome più non importi

— per un attimo? —

il mio nome che non è Gioia,

fai che ogni oscura imminenza della mia sorte

io alteramente allontani

— per un attimo? —

ogni necessità della forse invincibile sorte

— che ne sai tu, che ne sai? —

E a fior del tuo il mio sorriso ravvivi.

Ravvivi il mio canto,

ed è come se laggiù chiusa nella tua mano

tu mi portassi, nel paese caldo e dorato,

in una avvampante aurora,

là dove ogni cosa si chiama Gioia. ❦

PER ORE DA BIMBO....

Per ore da bimbo ascoltavi

un filo d'acqua cadere e cantare.

Amo quel bimbo ch'era solo.

Negli occhi di color chiaro

era tanta già eco d'armonia.

Per ore il mondo della tua speranza

silenzioso ornavi di bei fiumi

e d'alte rive certo e di alti cuori.

Un filo d'acqua cadeva e cantava.

Amo quel bimbo ch'era solo.

CAPRI.

Più irreale appari,

isola, più ancora,

Capri sognata,

ch'è marzo,

con la sparsa nota di rosa,

infinita,

dei peschi tuoi in fiore,

più irreale,

oh cosa di macigno nell'etere del Tirreno,

ch'è marzo,

e contro il grigio e l'oro

— di grigio e d'oro son le rupi —

ne l'aria,

oh di mare,

traspare

questa spersa tua nota, di rosa....

IN QUEST'ALBA....

In quest'alba,

ricche le vene di melodia e dolenti,

che tutti aduno e mesco i desideri eterni,

uno,

d'una rosa bianca sul cespo,

solo m'avanza incontro al giorno,

e il giorno è di gennaio,

oh giardino che non vedrò!

LAO-TSE.

Vecchio venerato bronzo

d'uno che rise.

Tra Confucio,

dall'affilato volto così a noi vicino,

tristezza densa in pieghe ferme,

e il Budda, biondo legno,

il Budda, stellare pace,

sta, su un bove fuggente,

Lao-Tse che rise,

che diceva il mondo

un'adunata di tutti tutti i pazzi d'Iddio.

Vecchio venerato bronzo.

Gli porto fiori rosei d'orto.

RICCHEZZA.

In lento nodo

la massa stasera de' capelli

mi fa morbida la nuca.

Lentezza e ricchezza

de' miei pensieri,

stasera.

Cuor dolce d'una rosa,

bruna,

che non sfoglio.

Ho dato un'ora

d'attento cuore,

c'è un altro ancora

ch'io potrei cantare,

imagini che lo sguardo penetra

brune profonde,

e non sfoglio.

Crepitava arsa

l'anima di stasera.

Ma la rosa è molle,

lenti i capelli,

tanti,

su la mia nuca dolce.

Ricco e lento

il nodo

del mio silenzio

nella notte in cammino.

RITRATTO IN ROSSO.

Vermiglia lana l'avvolge,

n'esce più rorido l'affilato viso,

e su l'alta fronte

splende tra il biondo

più fiera la ciocca alata d'argento.

Si guarda l'ardente donna

nel lungo specchio a pie' de' cuscini

dov'ella comprime

la carne dei seni e il grembo desioso.

E rorida anche una spalla

si denuda dolce

fuor della sanguigna lana.

Uomo lontano, la senti?

Paghe solari ella ha negli occhi.

Te chiama, te vede,

ch'ài lo sguardo come il suo, dardo di luce,

sguardo di cervo intenso bramoso,

a te si tende, vermiglia

mentre l'estate veste di greve rosso il meriggio,

fuori, nello spazio vasto che vi divide.

IL ROSETO DI RAVELLO.

Fra quante mai visioni

ne' suoi giri lenti la sorte ci compone,

tanto avara e pur generosa tanto,

insuperata rimarrà

la visione di ieri,

delle rose a Ravello,

ieri lassù di mezzo maggio

nel giardino aperto su l'infinito,

oh silenzio squisito, oh incenso!

Sfolgoravano dai mille cespi.

Ed ogni rosa

in sua essenza preziosa

chiedeva d'essere adorata

e ognuna i nostri sguardi smarrivano

nel profuso bel firmamento,

terrestre firmamento di corolle

così tessute tutte d'ebbrezza,

così allucinanti di colori o bianche

tutte morbide boccheggianti misteriose!

Forse non mai,

oh amato,

tanto negli occhi noi ci somigliammo.

È il mare

giù giù a picco ed arcuato,

a dare

con la sua saliente gioia

tale dovizia veemente

al vasto roseto incantato,

o è il monte

con la postura tranquilla

de' suoi casolari

ignari

nell'aria che brilla?

Per la meraviglia tacita odorosa

di quell'unica ora, pareva,

per noi soli, noi due dal mondo lontani,

le rose

alte sugli innumerabili steli raggiavano,

più abbagliante la luce della vita facevano,

Gioia dal mare veniva

e pace dal monte

alle estatiche corolle.

Oh Ravello, Ravello,

nel sole grande di mezzo maggio

incenso ai nostri confusi cuori!

TEORIA DI VELE.

Teoria di piccole vele,

allegoria tu dici,

sette ali bianche

nel centro del mare nel centro del cielo

e noi dal monte,

dalla cima dell'isola,

colmo il cuore,

attendiamo.

Oh, nulla!

Vi sono ore destinate a non finire,

vele che mai dileguano,

azzurrità che non s'imbrumeranno

mai più.

Create dalla nostra estasi

colorano il mondo

lo fanno canoro,

ci sorrideranno

quando immobile il sonno verrà.

CHIARITÀ NOTTURNA.

Chiarità notturna, volo d'ore bianche, disteso cielo,

tendo la mia mano che vi stringe, e v'offro, v'offro.

Ci veda qualcuno. Non me, ma sola la mia mano che vi tiene,

ore fruscianti, grande sereno, spiaggia d'astri.

INDICE

Ritmo Pag. 11

O fiore.... 15

Salirà per l'orto 19

La rosa 23

Il tuo sorriso 29

Fauno 33

Nuda nel sole 37

❋ ❋

Son tanto brava 43

Dolce sangue 47

Distesa su un fianco 51

Brucio la mia vita 55

Sto per frangermi 59

Morte, m'hai sentita? 63

Anche quest'ore 67

Notte in paese straniero 71

Orgoglio 75

Ancor oggi 79

Terra, come sei bella! 83

Fuscelli e frasche.... 87

Il salice 91

Insonne arsura 95

Una risata 99

❋ ❋ ❋

Natività 105

Fumo di sigarette 111

Da una fotografia 115

Da Assisi 119

L'acque e le fronde.... 123

Sai bene.... 127

Vuoi chiamarmi Gioia.... 131

Per ore da bimbo.... 135

Capri 139

In quest'alba.... 143

Lao-Tse 147

Ricchezza 151

Ritratto in rosso 155

Il roseto di Ravello 159

Teoria di vele 165

Chiarità notturna 169

Opere di SIBILLA ALERAMO

  • Una donna , Romanzo. Terza edizione.
  • Il passaggio , Romanzo. Seconda edizione.
  • Andando e stando. Scritti varii.
  • Momenti. Liriche.

LA SCRITTRICE PIÙ DISCUSSA DELL'ULTIMO VENTENNIO

La ristampa delle opere di Sibilla Aleramo merita un cenno retrospettivo. Il successo del primo romanzo, edito nel 1906 e tradotto rapidamente in sette lingue assunse carattere di grande avvenimento letterario. Il gran numero dei giornali che ne parlarono immediatamente, i critici che lo esaminarono, gli intellettuali dei due sessi che lo discussero, provarono che il nuovo libro rivelava una personalità artistica d'eccezione.

Lo pseudonimo oscuro divenne celebre in un breve volger di mesi. Illustri giornalisti italiani e stranieri si recarono alla casa dell'autrice di Una Donna per intervistarla e la stampa dei due mondi pubblicò avidamente notizie e illustrazioni della vita della novella scrittrice. Una voce femminile, mai prima intesa, s'imponeva così, alla coscienza dei lettori, commovendo profondamente con la sua eloquenza tragica, la sua sincerità totale, la sua umanità potente.

Il romanzo successivo, apparso dopo parecchi anni, Il Passaggio, non fu un successo minore, quantunque non potesse più avere il fragore della rivelazione.

Il merito peculiare di questa opera è quello di perorare verità che appassionano, senza mai mancare alle esigenze di un'arte pura. C'è in essa una nobiltà rara di espressione, una audacia generosa di confessione straziante dettata dalla più fremente delle sensibilità, e che pure non vacilla mai e tende diritta ad una sua mèta d'interesse umano, sprezzante qualsiasi interesse personale.

Dalle centinaia di articoli apparsi su quest'opera in tutti i grandi paesi intellettuali stralciamo alcuni brani di singolare importanza.

ARTURO GRAF per una lunga e profonda critica nella Nuova Antologia si può dire il più ampio illustratore del romanzo «Una donna»:

Romanzo, s'intitola il libro; ma, più che di romanzo, ha carattere di giornale intimo, di un giornale a cui sia stata data posteriormente la continuità e la pienezza che da prima non ebbe, e come rifuso in un racconto, il quale procede per una sua intima forza e cui non possono detrarre gran che alcune incertezze e alcune deficienze. Noi sentiamo che esso scaturisce dal profondo di un'anima. Di qui il suo principale interesse: La donna che narra è tutta intesa in sè stessa, tutta assorta nella meditazione del terribile problema di cui cerca con ansia febbrile la soluzione. È per lei questione di vita o di morte. La condizione è, per più rispetti, simile a quella dell'asceta cristiano, febbricitante ed ansante nello sforzo ostinato di salvarsi l'anima. Che sarà poi non sappiamo; ma, per ora, il mondo esterno si direbbe che non esiste per questa donna, se non quanto serve a darle più piena coscienza, a fornirle termini di confronto e punti di appoggio. Ben poco di ozioso si può notare in questo libro. I personaggi che si muovono intorno alla protagonista sono vivi generalmente, e ben distinti, ma delineati con brevi tocchi, come da chi voglia ricordarsi per uso suo piuttosto che per rappresentare altrui. Dialogo quasi non c'è. La scena dell'azione si vede appena. Le descrizioni sono rapide brevi e in piccolissimo numero. Dice la donna tutta intesa in sè stessa: «Tutto ciò che è succedersi di impressioni, vita pulsante per eccitazioni esteriori, scintillio di immagini, eco di suoni, non può venire da me risuscitato. Pure appaiono allo sguardo una marina, un ciel di tramonto, un paesaggio alpino. E appare Roma, cuore del mondo». «Pel cielo glorioso le nuvole andavano, tutte avvolte dal sole, mutevoli e continue: le piazze, le fontane, le case di pietra e le cupole e il fiume e le pinete incise sull'orizzonte, e il deserto della campagna e i monti lontani, tutto pareva seguire il lento viaggio delle nubi, e com'esse appariva fluido ed eterno». «Lo sfavillio della massa compatta di case, di torri, di alberi che mi si stendeva sotto gli occhi era intenso, quasi insostenibile. In fondo, i monti si staccavano turchini sul cielo, e lungo i declivi le macchie candide dei castelli mandavano anch'esse barbagli. Fra i monti e Roma la campagna, l'immensità». Chi ha potuto dir questo, potrà dire molt'altro, volendo. Lo strumento non le manca di sicuro.

Ed ecco, a distanza di dodici anni, alla pubblicazione del «Passaggio» la fervida lode di RENATO SIMONI nei Libri del Giorno di Milano:

Pagine non facili: nè a scrivere nè a leggere. Bisogna scoprirne il filo delicato; e allora dopo avere gustata quella energia verbale che fa lucide e ferme le parole, dopo aver sentito che quella energia tiene salda la bella prosa, come una pietra augustamente incisa di vaste epigrafi, sopra un impeto tumultuoso che vuole rovesciarla, scopriamo l'originalità del libro, ch'è riassunta da queste parole: «Siamo nati.... per l'intimo accordo con il mistero». Il dramma di questa Rina che è la protagonista di Il Passaggio, è in questo bisogno di trovare le radici e le norme dei fatti in leggi occulte, in comandamenti che vengono da mondi profondi.

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Libro di palpito, di angoscia, di ombra, di luce, ma soprattutto libro di poesia: la storia di questa Rina è la storia di ogni lirismo che vuole ascendere, liberarsi e divenire puro spirito; e poi, in una ebbrezza di luce e di musica, dissolversi ed annientarsi.

FRANCESCO MERIANO nel Giornale del Mattino:

Chi pretende giustamente di trovare in ogni pagina scritta a scopo letterario la traccia di un'esperienza personale, un insegnamento od anche soltanto una testimonianza, può restar soddisfatto da questo nuovo libro dell'Aleramo. Raramente una donna ci ha parlato con più franchezza e intimità di sè stessa, della sua vita, del suo modo di vedere e di stimare il mondo. Il Passaggio è interessante per l'originalità dello stile e per l'umanità del soggetto: è un libro che bisognerà ricordare ogni qual volta ci si troverà davanti una scrittrice, perchè segna forse l'estremo limite a cui una donna possa giungere senza offendere la sua femminilità, senza superare i confini della sincerità e della poesia. Le ricerche formali sono condotte a fondo, senza paura di cadere nel grottesco e nell'incomprensibile; la collocazione sintattica delle parole, l'interpunzione, la spezzatura dei periodi, sono originalissime. Il discorso ha ora la continuata leggerezza d'un volo cromatico, ora una statuaria solidità dovuta alla successione di pause profondamente musicali: qualità da più secoli inconsuete ad una donna, talchè più d'una volta vien fatto di chiedersi quale altra poetessa si sia mai espressa con tanta grandezza.

La virtù della parola riesce quasi ad illuderci sul contenuto attivo dell'opera: mentre, come è logico e naturale, l'esperienza si riduce in fondo alla solita gamma di sensazioni fisiche, che costituisce per esempio la trama lirica d'una Guglielminetti. Fortunatamente qui l'essenza intima della femminilità è meno turbata; si sente sì, nonostante le imperiose aspirazioni pàniche, che l'animalità è triste come dopo l'amplesso, ma non si avverte il senso di disgusto cagionato dalle artefiziose capziosità della casistica erotica. La donna la quale s'accorge che le cime delle sue dita hanno tuttora la freschezza dei petali intatti è quella che dona sè stessa consolando e piangendo, materna amante, quella che gode del piacere altrui, offerta della terra.

PIETRO PANCRAZI, nel Resto del Carlino:

. . . . Come a molte pagine di ricordo e rievocazione del primo libro, è facile riconoscere la forza e l'autenticità della commozione, così nell'affannoso esprimersi del secondo è facile scoprire momenti nei quali la sensibilità della scrittrice si mostra e rivela in forme d'affinamento e di evidenza finora a lei insolite....

ALFREDO PANZINI nella Perseveranza di Milano:

Una donna ha il suggello di una vita vissuta. Dunque un romanzo sperimentale di tipo zoliano? dunque un romanzo psicologico alla Bourget? Nulla di codesto: un libro immediato; intessuto di pensieri e di fatti, libero da reminiscenze letterarie. Quel non so che di appiccicaticcio e di falso che forma la preparazione in Italia allo scrivere di maniera, qui, manca affatto.

Quel non so di voluttuoso, di melato di sospiroso che abbonda negli scritti letterari delle donne, qui non appare. Evidentemente l'autrice ha troppe cose da dire, troppo profondamente ella sente, troppo gravi cose ella dice, gravi in sè, le quali non hanno bisogno delle esagerazioni e della rettorica sentimentale.

Avviene anzi in questo libro qualche cosa di cui l'autrice stessa forse non ha la conoscenza piena: di mano in mano che la narrazione procede, la parola che da prima appare pavida, titubante, si fa più sicura, il pensiero si rafforza nel pensiero, si imbeve di vigore al contatto della realtà, si fa turgido, caldo, potente, e allora balena ignudo, come spada; e giunge di colpo a trovare quelle espressioni scultorie, rapide e immediate, semplici, che fermano il lettore e sono il martirio dell'artista.

UGO OJETTI nel Corriere della Sera ammira il valore sociale del libro «Una Donna»:

Una donna che in una casa cupa come una tomba, presso un marito sospettoso, subdolo, meschino, padrona soltanto, sente soffocare nella propria mente ogni nozione del suo diritto e nel cuore ogni spontaneità, può per non morire, fuggire anche quando deve lasciare lì un bambino, il quale senza lei, presso il padre, in quella casa funebre, mancherà d'affetto e d'esempio e dovrà, fatalmente, dimenticare e dubitare della madre lontana? Sibilla Aleramo, nome nuovissimo nella nostra letteratura femminile, dice di sì in un libro che ha un semplice titolo: Una donna. E lo dice a testa alta, e certe pagine son così sincere e dolorose che par di udire quella donna da Lei inventata parlare con un fremito nella voce, con un ultimo dubbio negli occhi e fissarvi con la speranza di trovarvi il vostro consenso, non la vostra condanna.

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Questo libro è sincero, è crudele, è modernissimo. Solo per la difesa della propria mente e della propria individualità, nessuna donna in nessun romanzo di vent'anni fa sarebbe fuggita. Oggi è possibile e questo romanzo purtroppo è verosimile.

ALFREDO GARGIULO nel Giornale d'Italia:

Nella «bibbia» del femminismo, al posto della «genesi» dovrebbero stare due opere d'arte: Casa di bambola di Ibsen, e il romanzo Una donna di Sibilla Aleramo, che ora è già tradotto nelle principali lingue europee. Mai, come nelle protagoniste di quelle due opere, si è visto rappresentare con tanta cruda forza la tragedia di un'anima femminile, che chiede la chiarezza su l'essere suo, e la ragione della propria vita. Il dramma e il romanzo, presi insieme, valgono mille dissertazioni e teorie: più di qualunque dimostrazione persuadono gli indifferenti e gli scettici a domandarsi se esiste davvero un problema femminile. In quanto donna, la scrittrice italiana potrebbe vantarsi di aver fatto a vantaggio del suo sesso più di quanto abbiano fatto e vadano facendo tutte le femministe del mondo prese insieme.

MASSIMO BONTEMPELLI nel Grido del Popolo di Torino:

Ecco, anzitutto, un libro profondamente, compiutamente sano. Concetto qualche volta frainteso è questo della sanità letteraria. Certi libri gai e superficiali che dilettano con presentare leggermente e serenamente la vita comune di ogni giorno, si dicon sani, mentre con tanta naturalezza accettano le infinite deficienze, le contraddizioni, le assurdità crudeli di cui essa vita è tutta intessuta, che dovrebbero invece apparir frutto di corruzione morbosa e profonda del tempo e dell'animo nostro. Certi altri che toccan piaghe terribili, che frugano dolorosamente fra gli aspetti e fra gli effetti di quelle assurdità fondamentali, son quelli che io dico sani, perchè ammettono e ispirano la fede in un possibile rimedio.

LUIGI PIRANDELLO nella Gazzetta del Popolo di Torino, chiudendo un lungo articolo:

Pochi romanzi moderni io ho letti che racchiudano come questo un dramma così grave e profondo nella sua semplicità e lo rappresentino con pari arte, in una forma così nobile e schietta, con tanta misura e tanta potenza.

Ed ecco alcune incisive frasi tolte da un profondo e vibrato articolo che CLEMENTE REBORA ha dedicato al «Passaggio» nella Illustrazione Italiana:

Chi scruti limpido questa forza ribelle, e legislatrice insieme, scorgerà un'inesausta difesa commossa di ciò che ci fa vivere....

. . . . Il Passaggio crea allegorie . . . .

Opera di profonda bontà, di più fonda umanità: opera che, come la vita, si potrà bestemmiare ma non dimenticare, il Passaggio, tutto pervaso da un senso di schianto e d'attesa, così annunziatore, così immolatore, in contrasto e in armonia coi tempi: quasi un Apocalissi dell'amore, e anche un lungo grido di richiamo, da Saffo a Santa Caterina a Chitra. . . .

P. MATTEI-GENTILI nel Corriere d'Italia di Roma a proposito di «Una donna»:

Ecco un romanzo di una donna e nel quale si disegna la figura di una donna «nuova». È tra i pochi romanzi notevoli che ci è accaduto di leggere da qualche tempo in qua; e già raccoglie un insolito consenso di lodi della critica. Notevole come opera d'arte e come opera di pensiero: come opera d'arte, mentre pure l'autrice sembra protestare di non aver voluto fare che un'opera di verità, e forse appunto per questo: come opera di pensiero; perchè vi è rappresentata la profonda lotta di uno spirito femminile, per affermare di fronte all'egoismo dell'uomo la dignità sua e del sesso chiamato, con una frase che suona incosciente brutalità, sesso debole.

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Bel libro, per la potenza vivificatrice dell'arte schietta e rude; libro che vi soggioga con la profondità dell'osservazione psicologica e vi dà a pensare per la vivacità con la quale denuda una tormentata anima di donna e per la violenza con cui affronta i problemi del femminismo.

VERNON LEE nel Marzocco:

Il libro della signora Aleramo non è una requisitoria contro il vecchio matrimonio, contro la barbarie sociale; è un grido doloroso, un gemito che echeggia in chi lo sente, è un urlo direi, che giunge a noi soddisfatti, a noi felici, a noi fortunati, come giungerebbe l'urlo di un assassinato, e che dovrebbe farci riflettere, se le istituzioni che a noi, fortunati, sono riuscite tollerabili o propizie son per questa ragione innocenti e sacrosante; dovrebbe farci domandare se noi non ci rendiamo complici del male ricusando di convenirne, ricusando di pensare, di scuotere i nostri pregiudizi, di guardare la verità in faccia, anche se quella verità ci toglie le fedi più care al nostro essere, le bugie vitali (per servirmi delle parole di Ibsen) più essenziali nella nostra vita.

PAUL MARGUERITTE parlando di «Una donna» inizia la serie degli entusiasmi da cui i libri dell'Aleramo furono accolti nei paesi stranieri:

Se questo libro fosse firmato da una francese, potete esser sicuri che essa sarebbe celebre domani. Il destino delle glorie straniere è più fantastico. Non v'ha dubbio però che il libro della giovane donna che porta come una maschera l'armonioso pseudonimo di Sibilla Aleramo, non colpisca fortemente molti cuori.

Esso appartiene a quella forma di letteratura personale, si potrebbe dire confessionale, che ci ha dato dei rari ma squisiti capolavori, come Dominique di Fromentin.

Queste opere sono le più delicate e le più difficili a realizzare: esigono altrettanto tatto che padronanza. «L'io è odioso» dice un proverbio; esse devono evitare questo rimprovero.

Ma quand'esse sono riuscite, come rendono il suono vibrante di un'anima, quale essenza di verità, esalano! E quando un grande sofferente del pensiero e della vita, come Gian Giacomo Rousseau, si confessa a noi, non ci sembra di veder palpitare il cuore stesso dell'umanità?

Una donna ha questo di bellissimo, che è, secondo la parola di Montaigne «un livre de bonne foi». Esso urla di sincerità. E la semplicità e la naturalezza del racconto ci son garanti della lealtà dello scrittore.

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Per certi lati vi sono in questo libro delle pagine affatto nuove che rassomigliano a nessun'altra: molte vite di donna, pertanto, sono state analoghe a questa, migliaia di esistenze femminili sono passate attraverso le stesse gioie e gli stessi dolori.

Ma ogni essere ha qualcosa d'unico in sè, un modo suo di sentire e di tradurre. Di questa essenza propria, Sibilla Aleramo, ha impregnato la sua straziante confessione.

Ciò basterebbe ad assicurare a questo romanzo «una place de chevet» un angolo d'onore nello scaffale dei libri preferiti dagli amatori di sensibilità rare. Ma questo romanzo autobiografico si distingue per un insegnamento di significato più grande. Esso ha il coraggio di mostrare il dilemma in cui tante giovani donne moderne si dibattono e dal quale così poche hanno il difficile eroismo d'uscire.

Questo dilemma Sibilla Aleramo l'ha esposto nella sua implacabile crudeltà.

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Sono rari i libri frementi di vita che hanno nel tempo stesso la virtù degli atti. Una donna è «uno di questi libri». Ammiriamolo!

DORA MELEGARI nel Journal de Genève:

Ce livre, dont la lecture devient par moments insupportable tellement elle éveille d'impressions pénibles, et que pourtant on ne peut quitter, qu'on lit avec fureur et tristesse, est à la fois une étude poignante et un réquisitoire terrible contre le mariage tel qu'il se conclut encore. Tandis que la pitié pour cette âme aux abois étreint le coeur, on a la vision terne, opprimante et vulgaire du milieu social où elle évolue, milieu où la médiocrité et la corruption se mêlent honteusement.

EDOUARD ROD nella Revue Hebdomadaire:

. . . . M.me Sibilla Aleramo, dont le premier livre, Une femme, a eu la fortune très méritée de solliciter l'attention et de soulever des discussions ardentes. C'est de fait un ouvrage hors cadre, une «tranche de vie» plutôt qu'un roman soumis aux usages de la narration. Il vaut par l'intensité du sentiment qu'il exprime et des souffrances qu'il revèle, par une sincérité presque terrible, par une sorte d'«éloquence intérieure» si l'on peut dire, qui atteint souvent à la puissance sans jamais tomber dans la rhétorique.

CHARLES GÉNIAUX che la intervistò, scriveva nel Paris Journal:

Sibilla Aleramo nous présente le type parfait, au physique et au moral, de la nouvelle génération italienne. Décidée et un peu garçonnière d'allure, elle rappellerait une Américaine; mais la douceur de la voix, la grâce du sourire lumineux, la vivacité et le feu de ses ripostes affirment en elle sa nationalité. L'invasion des cosmopolites à Rome influe sur l'extérieur des êtres et des choses, mais l'auteur d' Une femme reste une Latine passionnée pour la beauté et la vérité.

RENÉE D'ULMÈS nel Petit Parisien pubblicando un'intervista con l'autrice di «Una donna» ricostruisce sull'armonia della sua figura l'armonia della sua anima e dell'opera sua:

Visage régulier, au teint blanc, au front un peu bombé, encadré de souples cheveux blonds, noués en torsade sur la nuque, yeux veloutés et noirs, aux longs cils, un peu recourbés, regard enveloppé des ombres d'un passé douloureux, contrastant avec la bouche si jeune, entr'ouverte sur de petites dents blanches. Svelte, harmonieuse, en son très simple costume d'intérieur, une longue blouse d'un bleu éteint, tombant en plis droits, ouverte en carré, découvrant le cou rond et blanc, les jolis bras. Et c'était une image bien des fois rencontrée dans les musées, comme si, par exemple, la Sainte Cécile de Raphaël était miraculeusement animée.

Mais au lieu de la sérénité de la sainte, M.me Sybilla Aleramo gardait sur ses traits purs l'empreinte des rêves, des espoirs et des désespoirs, et le teint pâle s'animait, et le beau regard expressif décelait l'âme fière et vibrante à l'excès.

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M.me Aleramo parlait peu d'elle-même; mais, dans ses jugements, sur les livres, sur les œuvres d'art, elle révélait une instruction solide, un esprit remarquablement compréhensif, une âme haute, mûrie par la souffrance, et une sensibilité délicieuse.

Il Mercure de France:

On doit à M.me Sibilla Aleramo d'avoir su créer un type de femme très complet, que la littérature italienne n'avait pas analysé, avec une subtilité psychologique remarquable et très remarquée.

CAMILLE MAUCLAIR nel Petit Niçois dopo aver parlato di un libro di Gérard d'Houville, tratta di «Una donna» con senso di superiore ammirazione:

L'autre livre est tout dissemblable. Je ne sais rien de son auteur, si non que M.me Sibilla Aleramo est jeune et que son livre, Une femme, a produit une grande émotion en Italie et sert d'argument aux partisans du divorce, lequel n'est pas encore admis par les lois de la Péninsule. J'ai lu ce livre avec une émotion croissante et je voudrais que vous le lisiez, car il me semble tout à fait admirable. Il est écrit en forme d'autobiographie.

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C'est un drame tout intérieur. Le livre est écrit fermement, avec sobriété, avec un absolu dédain de tout agrément de style. Tout son mérite littéraire est dans la justesse concise de l'expression et dans la gradation des sentiments. Il est vrai que ce sont les qualités essentielles et les plus difficiles à acquérir. M.me Sibilla Aleramo ne se soucie pas d'être une artiste. Elle s'inquiète de bien penser. Elle n'est pourtant pas de tout «masculinisée» et c'est là le curieux. Elle écrit et pense comme un homme, et pourtant on a l'impression qu'une femme seule pouvait concevoir un pareil ouvrage.

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Mais si vous voulez savoir comment les femmes qui pensent, les femmes intensément femmes, souffrent et conçoivent l'iniquité de leur destin social, prenez alors le livre de M.me Sibilla Aleramo. Après avoir souri, vous contemplerez une âme haute, une des plus nobles que la littérature sociale ait suscitées dans l'Italie contemporaine.

MAURICE MURET nel Journal des Débats:

Son livre est tout vibrant de passion, de conviction, de révolte. Il respire un pessimisme qui rappelle parfois l'amertume de Jules Vallès ou celle de M. Octave Mirbeau, parfois celle du Suédois Auguste Strindberg. Au point de vue littéraire, Une femme est un roman de valeur, un début remarqué et marquant, un de ces livres en un mot, qu'il y avait lieu de traduire....

Da un lungo articolo della Revue Mondiale, firmato R. DE NOLVA, e dedicato al «Passaggio»:

Cette fois la confession revêt la forme d'un poème; aussi accepte-t-on plus aisément la crudité, non pas des mots, mais des faits. Depuis trop longtemps les hommes divulguaient sans se louer leurs passades ou leurs amours. Une femme fait de même. Et pour contrebalancer les louanges au corps féminin, rythmées par les hommes, comme elle a lu Whitman, elle exalte lyriquement «le corps parfait d'Adam, faisceau d'herbes odorantes».

Nell ' Opinion di Parigi, l'eminente critico PAUL SOUDAY fa un lusinghiero paragone della nostra scrittrice, dicendo fra l'altro:

On est un peu surpris de trouver, dans un roman italien, une manière si ferme, si robuste, si sévère; et l'on aurait la même impression, quelle que fut la nationalité de l'auteur, pourvu qu'il fût du même sexe. Je ne sais pas si un cerveau féminin capable de tant de sérieux a paru depuis M.me de Staël; et cette gravité, cette pénétration cette haute intellectualité ne nuisent nullement à l'aisance, à la limpidité, à l'agrément de la narration.

ROBERTO LYND nel Daily News:

È un bello e coraggioso volume che in conclusione è in certo modo come Casa di bambola quantunque dal punto di vista artistico non sia affatto simile. . . . . . . . .

Forse Una donna differisce da molti dei libri della sua specie, poichè ha per eroina una donna che ha della filosofia nel sangue e che finisce per conquistarci, non tanto per la forza dei suoi istinti primitivi quanto per le sue teorie. Nora, in Casa di bambola, comunque esponga molte teorie nell'ultimo atto, non è una teorica per natura. L'eroina del romanzo, invece, si occupa di movimento femminista e ciò che essa fa lo fa per la ragionata credenza che il dovere della donna verso la natura umana è più grande del suo dovere verso il fanciullo. Non è verso un amante che essa corre alla conclusione del romanzo, ma verso il suo credo. I lettori che avrebbero chiamata questa conclusione immorale, la chiameranno ora inumana.

Numerosi ed entusiastici proseguono i giudizi della stampa inglese e americana:

La Westminster Gazette (Westminster, 28 novembre 1908):

Una donna non solamente ha prodotto una grande sensazione in Italia ma ha quasi avuto altrettanto successo in tutte le lingue europee in cui è stato tradotto. È un ottimo, serio contributo alla letteratura dell'Italia moderna che non è impastoiata dalle tradizioni e dalle formalità relative allo stile, e merita un'attenta lettura.... lo stile è terso ed eccezionalmente chiaro e semplice, eccellente è la traduzione inglese.

E dopo aver esaminato i singolari aspetti del romanzo conclude col porre in rilievo la grande importanza del libro, scrivendo:

Una donna non è un vero romanzo, ma il racconto particolareggiato ed anche la soluzione di un problema. Se nondimeno la signora Aleramo avesse ideato i suoi caratteri con maggiore elaborazione, avesse dato loro una personalità più vigorosa, colorita più grottescamente, come i tipi del romanzo russo, qualche pagina del suo libro non sarebbe stata attraente. Personalmente avrei corso questo rischio per far sentire che l'autore ha un senso vitale così del carattere dei suoi connazionali come dei loro problemi.

The Dundee Advertiser (11 novembre 1908):

Una donna. Un romanzo italiano di una donna italiana altamente dotata, Sibilla Aleramo. È stato mirabilmente tradotto in inglese da Maria H. Lansdale e fa una terribile rivelazione del fallimento della vita coniugale.... Il diritto è affermato con stupendo realismo e non comune vigoria.

Il Southport Guardian (Southport, 19 dic. 1908):

Grazie a questa traduzione della signora Lansdale, i lettori inglesi sono ora posti allo stesso livello di quelli francesi, tedeschi, russi, spagnoli e svevi ed hanno la buona occasione di leggere il romanzo Una donna il quale, quando comparve suscitò così veementi discussioni in Italia....

Tutto il libro è tessuto da una forte ed essenzialmente franca e coraggiosa difesa della libertà della donna, e la eccellenza della traduzione ci ha riserbato quelle qualità di eloquenza e di soggettiva invocazione che fanno del libro un vero documento umano.

HELEN ZIMMERN nel Corriere della Sera in un'intervista con l'illustre scrittrice svedese ELLEN KEY ne riporta il giudizio sull'Aleramo:

Molto caratteristiche e istruttive sono state per me le accalorate discussioni suscitate da Una donna di Sibilla Aleramo, e se i giudizi le sono spesso stati sfavorevoli, c'è stato pure un indizio di progresso nell'interessamento delle italiane per simili problemi.

Una donna io credo che faccia per l'Italia quello che fece la Casa di bambola di Ibsen per la Scandinavia; cioè riveli alle donne che esse hanno dei doveri verso sè stesse.

Il Literary Supplement del Times (del 5 febbraio 1920), dedica una colonna molto simpatica al «Passaggio». Curioso l'esordio nel quale si afferma che i romanzi italiani somigliano tanto ai romanzi inglesi quanto i vigneti piantati sui declivi del Vesuvio dell'Etna rassomigliano ad un frutteto del Kent. Nella Neue Freie Presse di Vienna l'illustre poeta e critico STEFAN ZWEIG dice fra l'altro:

Anche la donna in Italia è diventata viva, non è più l'ignava, l'ingannevole, la frivola di una volta, la ignorante, sprezzata schiava dell'uomo e dell'amore; il movimento femminile ha trovato qui presto il suo seguito.

La prima scrittrice a me nota, nelle opere della quale le moderne idee di indipendenza della donna hanno trovato una forte espressione è Sibilla Aleramo col suo romanzo Una donna, che suscitò un anno fa generale sensazione in Italia e che già anche in Francia desta vivo interesse.

È la storia di una donna che coraggiosamente e decisamente si apparta nell'isolamento da un matrimonio forzato, infelice. E il grande, il nuovo, il bello di questo libro è l'assoluta rinuncia ad ogni trastullaggine, ad ogni civetteria amorosa ed erotica.

È uno studio di finissima psicologia femminile, tenero e delicato in tutti i dettagli, spietato ma non mai volgare nello scoprire le cose più segrete: ma nell'intimo talvolta molle e delicato, infantilmente timido e vergognoso, una confessione senza la coscienza cattiva e senza implorare grazia e approvazione.

Delicato, con trapassi appena avvertiti, il passaggio qui espresso dalla fanciullezza all'adolescenza e dall'adolescenza alla maternità: e tutto questo come presentimento di una nuova realtà, della propria vita e propri scopi, non più per volere dei genitori e non dell'uomo, e non del bambino, ma di sè stessa, una tardiva coscienza di sè ma che è più amore per tutti che non amore per sè stessa.

Il Frankischer Kurier di Norimberga diceva:

Sibilla Aleramo scrive in modo chiaro, senza alcuna esagerazione ed appunto in questa forma piana pare consista il grande segreto del suo successo.

Essa accenna occasionalmente alla sua indignazione per il fatto che tanti mediocri libri scritti da donne piovono nella redazione in cui essa lavorava una volta a Roma e si domanda: «Perchè non vogliono capire tutte queste 'Intellettuali' che la donna può giustificare la sua cooperazione nel campo già mietuto della Letteratura e dell'Arte solo con opere tali che portino un'impronta propria?».

SEM BENELLI trattando sul Giornale d'Italia del sonnambulismo e di una celebre sonnambula prendeva occasione per ricordare la straordinaria azione che nel campo femminista esercitò il primo libro della nostra scrittrice:

Alle donne ben pensanti, alle donne vere, spetta la redenzione delle altre. Per ora le sonnambule fanno affari d'oro.

Ho visto di recente un gran numero di scrittrici inveire quasi contro l'autrice di un romanzo ardito, ma fiero: Una donna di Sibilla Aleramo.

Che cosa penserà questa Sibilla (giacchè si chiama Sibilla ) di Ortensia e delle sue ingenue donatrici? Non troverà ella in questo fatto una ragione per opporre, a tanta leggerezza, la sua fierezza inesorabile?...

Infine, ricordiamo l'alto appellativo di GABRIELE D'ANNUNZIO che chiamò Sibilla Aleramo: «l'attenta sorella».

« Una donna » fu tradotta:

In francese, da Pierre-Paul Plan, editore Calmann Lévy, Parigi, 1908.

In inglese, da Mary Lansdale, editore Putnam's Sons, New-York-London, 1909.

In tedesco, con prefazione di Georg Brandes, editore Marcquardt, Berlino, 1909.

In spagnolo, editore Sempere, Barcellona, 1908.

In svedese, nella rivista Mitt Hem.

In russo, nella rivista Obrasovanie.

In polacco, nella rivista Pravda.

Del « Passaggio » si pubblicherà prossimamente la traduzione francese.

COLLEZIONE “POESIA”

Pubblicati:

Angiolo Orvieto. Le sette leggende — Nuova edizione L. 6, —

Annie Vivanti. Lirica — Nuova edizione con aggiunte L. 6, —

Sibilla Aleramo. Momenti — Liriche L. 6, —

In corso di stampa:

Giovanni Cena. Poesie — Edizione definitiva (postuma).

Domenico Tumiati. Beata Rima — Versi.

Pietro Mastri. Lo specchio e la falce — Seconda ediz. riveduta.

Térésah. Il libro di Titania — Edizione definitiva.

In preparazione altri volumi.