— È stato orribile — disse la signorina Treat. — Ho visto tutto alla televisione.
— Voi e un altro milione di persone — rispose Devan appendendo il suo cappotto in ufficio. In cuor suo non desiderava altro che di rimanere solo in quel momento. Si lasciò cadere nella sedia davanti alla scrivania, e il suo viso allucinato non lasciò dubbi a Beatrice. — State male — gli disse.
— Sì e no — rispose Devan. — Ho bevuto.
— Capisco — disse la donna. — Posso farvi portare un po’ di caffè?
— Ottima idea. — Parve apprezzare moltissimo l’offerta, ma in realtà più che di caffè aveva bisogno di star solo e così le disse di andar pure, ma che facesse le cose con calma.
Mille pensieri confusi si agitavano nella testa che gli doleva: tre uomini erano entrati nell’Ago e non ne erano più usciti, come gli altri. Era tremendo pensare che dopo quei clamorosi preparativi, quello fosse stato il triste bilancio dell’esperimento. Ecco, dopo tutti quei suoni, le fanfare e le voci eccitate, quel terribile silenzio.
Rimase a lungo così e. quel giorno, fu uno degli ultimi a uscire.
Sapeva che non avrebbe potuto né mangiare né dormire quella sera e così decise di ficcarsi in una taverna e cercare di dimenticare in altro modo.
Si recò al Loop più tardi e anche là le prime parole che sentì al bar riguardavano l’Ago, e le parole erano, come c’era da aspettarsi, di scetticismo e sfiducia nei riguardi di una macchina tanto mostruosamente congegnata.
Devan decise così di comprarsi una bottiglia e di andarsela a scolare nella sua stanza. Più tardi riuscì anche a chiamare sua moglie urlando come un ossesso per tutto il tempo della conversazione.
Incubi lo perseguitavano: cinque ragazzi entrano in un grosso “Ago”. Con un grosso “Occhio”. Gli ultimi tre cercano di riprendere gli altri due. E ora sono là tutti e cinque.
Bisognava che quei cinque ragazzi tornassero, ma come, come?
Lo scosse il suono del telefono.
Orcutt era preoccupatissimo, non avendolo trovato da nessuna parte. Lo rassicurò dicendogli che nessuno di loro era stato accusato di qualche colpa. La città voleva solo che facessero tornare i cinque scomparsi.
— Sui giornali ce l’hanno più con la polizia che con noi — disse. — Dicono pure che l’Ago è una curiosità puramente scientifica e che la polizia non ha niente a che fare con questo genere di cose.
— E la relazione pubblica? — si preoccupò Devan.
— Migliaia di telefonate stamattina. La metà per dirci di distruggere la macchina e tutti i suoi progetti. L’altra metà per incoraggiarci a trovare una soluzione per riavere gli uomini entrati nell’Ago.
Quando Orcutt ebbe riattaccato, Devan si consolò un poco al pensiero che la città non ce l’avesse con loro. Erano gentili a far questo, si disse. Fu interrotto nel suo fantasticare questa volta da Beatrice Treat, che entrò sorridendo con una tazza di caffè fumante e profumato, che depose sulla scrivania.
— Mezzo cucchiaino di zucchero e un po’ di crema.
— Benissimo, grazie.
— Me ne ricordavo…
La osservò, pensando con un po’ di rimpianto alla felicità che avrebbe potuto avere da lei e… La donna stava anche lei pensando a qualcosa.
— Avete detto poco fa che non volevate che vi si parlasse della scorsa notte — lei disse.
— Infatti — Devan confermò. — Avete qualcosa da dirmi?
— Già — lei arrossì leggermente. — Volete che gli uomini tornino fuori, vero?
— Naturale.
— Sentite, vi sembrerà sciocco, ma mi è venuta una strana idea.
Devan era talmente disperato che si dichiarò pronto ad ascoltarla e magari a sperarvi.
— Conoscete, signor Traylor, il gioco delle “Venti Domande”?
— Certo, ma dove volete arrivare?
— Si dividono in tre classi, no? Animali, vegetali e minerali. Capite quello che voglio dire? — continuò animatamente. — In realtà le classi potrebbero essere due; esseri animati e inanimati, ma nel gioco delle “Venti Domande”, voi dovete specificare bene la classe, suddividendo quella degli esseri animati.
Un’idea luminosa passò nella mente di Devan, un’idea che lo riscaldò tutto, per un momento, e gli distese i nervi.
— Tanto gli animali “che” i vegetali sono viventi — proclamò Beatrice trionfalmente.
Devan prese il telefono, formò un numero e, mentre aspettava che gli si rispondesse dall’altra parte, ringraziò la donna dell’idea, sperando che si sarebbe potuto arrivare a una soluzione. Poi: — Siete voi, Betty? Avete ancora le piante sulla finestra? Bene, sentite, prendete la sempreviva, mettetela su una lunga asse e introducetela nell’Ago. Poi tiratela fuori e ditemi che cosa succede. Richiamatemi subito. Se la faccenda funziona, dovremo ringraziare Beatrice Treat, la mia segretaria, che è qui al mio fianco. Bene, aspetto una vostra chiamata.
Pochi minuti dopo il telefono squillò.
— Devan?
— Sì.
— Betty.
— Sì, ho capito, che c’è?
— Il vaso di fiori esce intatto, ma i fiori rimangono dentro.
Alla prova fornita da Betty Peredge che non solo gli esseri umani potevano entrare nell’Ago, Devan non esultò pensando alla nuova possibilità di risolvere il problema, essendo già rimasto scottato dall’esperimento, apparentemente destinato al successo, di Sam Otto.
Si limitò a chiedere a Betty se nessuno avesse osservato le sue manovre con i fiori. Il poliziotto, gli rispose, l’aveva osservata da vicino, ma era sicurissima che non aveva capito bene cosa stesse facendo.
Si precipitò poi con la signorina Treat nell’ufficio di Orcutt. Questi si entusiasmò alla nuova idea, ma Devan provvide a frenarlo per non commettere un altro errore, come nella prima prova.
A metà del pomeriggio una dozzina di operai, ai quali era stata fissata una ricompensa molto alta, sradicò un enorme pioppo di Lombardia dal terreno di un tale che non seppe rifiutare, davanti all’offerta altissima fattagli.
Caricato su un grosso rimorchio, l’albero venne trasportato attraverso la città fino allo stabile del laboratorio, dove fu introdotto dalla porta secondaria.
Non passò molto che la notizia della introduzione di questo nuovo elemento divenne di dominio dei giornalisti che se ne stavano sempre in agguato. Le interviste si orientarono quindi in tal senso e le risposte precise fornite loro sull’argomento acuirono l’aspettativa per quanto sarebbe avvenuto nel momento in cui la pianta sarebbe stata introdotta nella macchina.
Anzitutto Orcutt decise di provare se l’albero passasse dall’apertura e, insieme agli altri, sollevò il pioppo che venne fatto entrare nella cavità. Betty assisteva all’operazione, segnalando a quale punto fosse il grosso tronco. Finalmente entrò tutto e gli uomini ripresero fiato per un momento.
— Chi si offre di entrare, questa volta? — chiese Tooksberry.
— Vi offrite voi? — gli chiesero.
— No, certo — rispose lui.
In quel momento, Betty si avvicinò a Devan e gli chiese sottovoce: — Quanti giornalisti avete detto che c’erano prima? Dodici, no?
— Infatti — confermò Devan.
— Ne manca uno, ora.
Venne espresso il dubbio che il dodicesimo giornalista avesse voluto entrare nell’Ago, per quanto, date le palesi e scarse probabilità di uscirne, questa ipotesi non sembrasse del tutto attendibile.
Comunque, quando si trattò di entrare, saltò fuori un giovanotto che era stato in disparte fino a un momento prima, offrendosi di fare lui la prova: — Sono Jed Houston del “Sun-Times” — si presentò.
Tooksberry gli fece notare il pericolo di questa impresa, ma Jed si dichiarò convinto che tutto sarebbe andato bene, dal momento che si trattava di frapporre tra sé e la superficie dell’Ago una pianta.
— E poi se riesco — disse con un lampo di malìzia Jed — ricaverò dalla faccenda un servizio sensazionale.
All’unanimità fu deciso che Jed sarebbe entrato nella cavità arrampicandosi sulla pianta.
Jed Houston cominciò a spogliarsi e, sebbene sapesse che avrebbe perso tutti gli indumenti nell’Ago, pure, per rispetto alle due donne presenti, si tenne indosso la camicia e un paio di pantaloncini corti.
Dopo aver sorriso a tutti con aria estremamente sicura di sé, Jed si aggrappò ai rami e si inoltrò lungo la pianta nel tratto che lo separava dall’apertura.
Stava per entrarci, quando un grido si alzò proveniente da un luogo imprecisato della stanza.
— Fermo! Non entrare!
Tutti gli occhi si volsero in quella direzione dove, issato in cima a un alto pannello di controllo, stava Orvid Blaine.
— Il Gran Direttore della Missione ordina che nessuno entri in quella macchina — disse. — Ora sta in preghiera con Sorella Abigail e venti uomini, implorando pietà per voi che avete violato il volere di Dio e avete provocato la morte di cinque uomini!
Jed Houston che si era fermato un momento per osservarlo, si volse nuovamente verso la macchina.
— Fermatevi — urlò Blaine brandendo un lungo tubo di ferro — o getterò giù questo tubo in mezzo a tutti quei fili. Così la finirete.
— Capisco — disse Betty — perché c’erano dodici giornalisti — e indicò l’uomo là in cima.
— Avrei dovuto riconoscerlo — disse Devan.
Orcutt si rivolse a Blaine con tutta la sua autorità.
— Sentite, Blaine, noi crediamo che voi agiate in buona fede e, in questo caso, non diremo niente se scenderete e ve ne andrete tranquillamente per i fatti vostri.
— Blaine — soggiunse Devan — se lasciate cadere quel tubo, sarete la causa della morte di cinque uomini distruggendo ogni loro possibilità di ritornare.
— Dite allora a quell’uomo di non entrare — insistette Blaine.
— E smettetela — urlò Johnson. — Venite giù e vi faremo accompagnare alla porta. State interrompendo un importante esperimento. O venite giù, o verrò su io.
— Voi non verrete per niente — urlò Blaine e come vide che Johnson stava disponendosi a salire, lanciò un urlo stridulo. — Vi avevo avvisati — e scaraventò con forza il tubo.
L’Ago ebbe una scossa spaventosa. Circoli colorati, che da rosso scuro si facevano via via di un rosso acceso e quindi arancio, si levarono intorno alla macchina. Si udiva lo sfrigolio del metallo che si fondeva e si contraeva.
La stanza era piena di fumo. Non si sentiva alcun suono.
Tutti gli esseri viventi, compresi nel raggio di due isolati intorno all’Ago di Costigan erano spariti. Entrati nell’Occhio, un “Occhio” diventato incredibilmente grande, dopo che una carica di elettricità ad alto voltaggio, provocata da cause accidentali, era passata attraverso alcuni dei suoi solenoidi.
Delle persone scomparse, erano rimasti solo i piccoli mucchi di capsule dei denti, dentiere, occhiali, e tanti altri accessori artificiali, alcuni dei quali ovvi, altri che erano sempre stati accuratamente nascosti.
E non solo di esseri umani, ma c’erano tracce manifeste anche di animali. Vicino agli abiti di coloro che erano stati in preghiera nella Missione di Sudduth, si vedevano distintamente le impronte di tre cani che erano stati sorpresi dal cataclisma mentre stavano baruffando a un isolato di distanza dall’Ago.
Intorno allo stabile, le macchine rimaste improvvisamente senza guida sbandavano e si scontravano, mentre all’interno stavano ammucchiati in ordine sparso gli abiti dei loro proprietari e degli altri passeggeri.
Complessivamente trecentonovantacinque persone avevano passato la barriera dell’Ago.