La scoperta
1
Al suo ritorno a casa c’era la neve ad accoglierlo. La vide dal tassì e la detestò, gelida, farinosa neve di gennaio. Devan Traylor la conosceva bene la neve di Chicago. Pensate, si infilava dappertutto portando ondate di freddo, e si ammassava fin davanti alla porta delle case.
Mai la neve gli aveva suscitato sentimenti così esasperanti come adesso, che dalla Florida era stato richiamato a Chicago dall’urgente appello di una donna che annunciava qualcosa di grave. Aveva atteso tre anni una vacanza, e proprio quando l’aveva raggiunta e se ne stava nella sua casetta sul mare, gii era arrivata la chiamata.
La signorina Treat aveva ripetuto con insistenza che qualcosa non andava.
Forse quelli della “Inland Electronic” avevano aspettato deliberatamente che lei fosse via, per agire di testa loro? Non gli sembrava probabile. Li conosceva troppo bene. D’altra parte credeva di conoscere bene anche Beatrice Treat, la cui voce al telefono era singolarmente sommessa e circospetta. Gli aveva detto che non poteva arrischiarsi a parlare chiaramente, e tutto ciò non rientrava nel suo usuale modo di agire.
Non c’era via di scampo: aveva dovuto tornare.
Le aveva telefonato appena arrivato, dall’aeroporto, ma la risposta datagli con una freddezza incredibile, aveva confermato che lei non gli avrebbe detto niente fino a che non si fossero visti.
A quel punto, Traylor aveva perso la pazienza e riattaccato il ricevitore con forza. Poi aveva guardato fuori dai vetri della cabina telefonica, e osservando i primi volteggi della neve, si era sentito improvvisamente angosciato al pensiero che, anche quando fossero stati a faccia a faccia, lei potesse tacere ancora.
Ma aveva scartato subito tale idea. Oltre al suo regolare stipendio di segretaria, la signorina Treat riceveva un compenso a parte proprio per tenerlo informato dei fatti che avrebbero potuto sfuggirgli. Lo ammetteva, talvolta doveva separare ciò che era puro pettegolezzo dal lavoro d’ufficio, ma questo soltanto per un eccesso di zelo da parte sua.
— Volete ripetermi l’indirizzo? — L’autista del tassì si appoggiò un po’ all’indietro e curvò la testa da un lato per aspettare la risposta.
— Non ho dato indirizzi — disse Devan. — È una taverna due isolati a est della “Inland Electronic”, come ho detto prima.
Il tassì si fermò davanti alla “Taverna del Pavone”. Devan pagò e. tenendo forte il cappello contro il vento, percorse il breve tratto che lo separava dalla taverna ed entrò.
Non c’era mai stato prima e ora, guardandosi attorno, si domandava se aveva fatto bene a scegliere quel luogo. Gli scambi di confidenze tra lui e Beatrice Treat si svolgevano generalmente nel suo ufficio: ma a quell’ora, tanto più che lui avrebbe dovuto essere ancora a crogiolarsi al sole della Florida, il suo ufficio non sarebbe stato molto opportuno.
La taverna traeva il proprio nome da un vecchio e polveroso pavone imbalsamato esposto in vetrina, la cui effige era stata riprodotta più volte sulle pareti interne. Alcuni clienti che erano al bar, lo seguirono con occhi indifferenti e quindi ripresero le loro occupazioni. Riconobbe subito la signorina Treat attraverso la fitta cortina di fumo e si diresse senz’altro verso di lei. Notò subito l’espressione preoccupata dei suoi occhi.
— Signor Traylor! — esclamò alzandosi. — Sono così spiacente! — Non l’aveva mai vista così depressa.
— Smettete di scusarvi e sedetevi — rispose Devan ruvidamente, togliendosi il cappotto e appendendolo.
— Ma non potevo fare diversamente! — Stava per piangere e così Devan, sedendosi, dovette prenderle le mani per confortarla.
— Non sapevo se facevo bene o male a chiamarvi, ma dovevo pur decidermi. Non ho fatto che pensarci e…
Una cameriera emerse dall’aria densa che li circondava e Devan ordinò due cognac.
Beatrice Treat era una donna piuttosto robusta, aveva passato da un po’ la trentina, ma aveva conservato la grazia e l’avvenenza proprie di una ragazza.
Questa e altre sue qualità come lo zelo inesauribile, l’efficienza e la lealtà, l’avevano imposta agli occhi di Traylor nella scelta di una segretaria dopo l’arrivo alla “Inland Electronic”. Di tale scelta, Devan non ebbe a pentirsene. Spesso dovette ammettere che non avrebbe potuto fare in tre anni tutto quel lavoro senza di lei.
Beatrice era semplice e naturale e, quando si trattava del bene della “Inland” e di Devan Traylor, non aveva esitazioni di sorta, anche se ciò l’aveva spesso messa in situazioni difficili e imbarazzanti.
Era la prima volta che la vedeva con un eccentrico cappellino con una piuma rossa e la veletta; doveva inoltre riconoscere che l’abito di raso nero che indossava, le stava veramente bene. A dir la verità, quell’abbigliamento lo stupì un poco, abituato com’era a vederla in ufficio con abiti severi.
Era però così pallida e angustiata che il vederla arrossire mentre le dava piccoli colpetti affettuosi sulla mano gli fece piacere.
— E ora, su, cosa avete da dirmi?
— Non so come cominciare — disse. — È tutto così terribilmente confuso. Ho creduto opportuno farvi tornare prima della riunione del Consiglio. Hanno stabilito di spendere… fino a un milione di dollari.
Devan sussultò. — Un milione di dollari? Per che cosa?
— Voi siete partito la scorsa settimana, dopo la consueta riunione del Comitato. Ricordate?
Sì, ricordava. Normale amministrazione, il secondo martedì di ogni mese. Aveva firmato delle carte, stretto delle mani e infine si era diretto alla sua abitazione di Oak Park a prendere Beverly e i piccoli per andare all’aeroporto. Tutto sembrava normale.
— Ebbene, hanno convocato un’assemblea straordinaria. Non potevano mettersi in contatto con voi perché eravate partito. Del resto non ci hanno neanche provato.
— Se ho ben capito, state parlando del Comitato esecutivo, no?
La signorina Treat annuì. — La riunione è stata indetta da Holcombe, su richiesta del signor Orcutt. C’erano il signor Basher, il signor Holcombe, il signor Tooksberry e il signor Orcutt. Tutto qui.
Questo era il Comitato esecutivo, eccezion fatta per Orcutt. Glenn Basher, piuttosto giovane, già appartenente alla “Continental Electric”, per anni aveva acquistato materiale alla “Inland”; James Holcombe aveva come Devan un duplice incarico, per la parte elettronica e per l’amministrazione, ed era anche presidente del Consiglio, e Howard Tooksberry era un avvocato dal carattere ostinato che lavorava alla “Inland” sin da quando si era laureato.
— Che cosa hanno fatto? — Devan chiese, aspettando ansioso la risposta. Senza di lui, Basher e Holcombe potevano decidere qualunque cosa, anche se Tooksberry si fosse opposto, dal momento che in sua assenza essi costituivano la maggioranza. Più di una volta egli si era schierato con Tooksberry, obbligando il Comitato a piegarsi a più sagge decisioni.
— Vogliono spendere un milione di dollari, signor Traylor, un milione di dollari per un esperimento scientifico.
Devan cominciava a vederci chiaro.
Edmund G. Orcutt, presidente della “Inland Electronic”, era un uomo imponente, con folti capelli bianchi, grosse sopracciglia e ben curati baffi. La carica di presidente gli era stata affidata per la sua posizione preminente in una grossa organizzazione di materiale per radio. Per Devan era un tipo da tener d’occhio poiché aveva dimostrato di comportarsi con eccessiva libertà nei riguardi dei t’ondi della Compagnia. Su questo problema si erano scontrati diverse volte.
Da quanto traspariva dal racconto della donna, Orcutt aveva convocato una riunione straordinaria e aveva avanzato la proposta, che ora sarebbe passata alla Direzione, con una particolare raccomandazione del Comitato esecutivo. La Direzione, dopo questa trafila, avrebbe facilmente legalizzato tale proposta, come faceva sempre in simili casi.
— Un milione di dollari. Ma è un sacco di soldi. Di che esperimento si tratta?
— Non lo so.
— Non lo sapete? Ma non c’eravate?
La faccia di Beatrice Treat era tormentata. — Questo è il grave della faccenda, signor Traylor. Mi hanno chiesto solamente se avevate lasciato la città. Il verbale della seduta è stato successivamente stilato dalla signorina Faversgam.
— Chi ha chiesto se avevo lasciato la città?
— Il signor Orcutt.
— Le cose stanno così, dunque. Prima di tutto si assicurano che io sia via e poi indicono la riunione, facendo in modo però che voi non siate presente per non darvi la possibilità di riferirmi l’accaduto. Ma se non eravate là, come avete fatto a sapere quello che hanno detto?
— Be’…
Devan non insistette. Sapeva che sarebbe stato un er rore indagare sui suoi informatori. — A ogni modo, la faccenda si va facendo ogni minuto più interessante. Che cosa avete scoperto ancora?
— La riunione si è tenuta lunedì. Da quanto ho saputo, l’intera faccenda è segreta. Non so che altro sia successo, ma so che hanno approvato la spesa. Si interruppe un momento per bere un sorso di cognac. A Devan sembrò che le facesse molto piacere potergli dire quelle cose. Il cognac aveva su di lei un effetto energico: la rianimava e le ridava sicurezza. Devan la osservò con calma, lasciò che i lineamenti del suo volto si distendessero ulteriormente, cosciente che sarebbe stato inutile e inopportuno sollecitarla oltre misura.
— Ah. dimenticavo di dire che c’era anche Sam Otto.
— Così, eh? — Devan si batté la fronte. — Sam Otto! Quel dannato imbroglione! Non ditemi che hanno accettato uno dei suoi progetti!
— Non lo posso dire con certezza, ma so che spenderanno un milione di dollari e che Sam Otto era con loro.
— La situazione è più grave di quanto pensassi, Beatrice. Lasciar fare a un truffatore cóme Sam! — Accese una sigaretta mentre i suoi muscoli erano tutti tesi in una specie di dolorosa ribellione al solo pensiero di Sam Otto. Aveva messo il suo visto su una dozzina di progetti di Sam Otto, il piccolo Sam Otto dalla rotonda faccia innocente e dal sigaro sempre spento tra le labbra. Sam aveva di solito una provvigione del cinque per cento sull’affare concluso. Ciò significava che in quell’occasione avrebbe guadagnato cinquantamila dollari!
— Già, signor Traylor. Sam Otto era là prima del tempo.
— Non perde nessuna occasione, lui.
— Con Sam Otto c’era un certo dottor Costigan, lo scienziato cui andrà il denaro.
— Non parlate con tanta sicurezza, signorina Treat! Nessuno avrà il denaro. Abbiamo i nostri uomini e il nostro laboratorio. Orcutt deve essere impazzito! Mi domando persino se questo dottor Costigan esiste!
— Vi ho appena detto che era là.
— Lo so. Ma scommetto che è un qualunque Sam che Orcutt ha scovato chi sa dove, e a cui ha pagato una sommetta per la sua prestazione.
— Aveva un’aria per bene.
Devan sorrise. — Non conoscete Sam Otto e i suoi maneggi. Gli devo dar credito, sia che abbia aspettato fino a che io fossi fuori città o che abbia fatto aspettare Orcutt. È tutto quanto avete da dire?
La segretaria finì il cognac. Devan osservò con piacere che i suoi occhi grigi erano più luminosi del solito e le sue guance colorite.
— Non proprio — rispose. — In ufficio si mormora che questo dottor Costigan stia lavorando in una costruzione a sud del Loop. Dicono che si lamenti che i nostri laboratori non siano abbastanza grandi.
— Naturalmente. Per questo esperimento sballato possono spendere tutto quel denaro e togliersi di mezzo dalla “Inland”. Costigan… — Per un momento il nome gli restò sospeso nella mente. Dopo tutto ci poteva esser un dottor Costigan, ma non gli riusciva di ricordarlo nel campo della fisica elettronica.
— Che razza di esperimento si pensa che stiano organizzando?
Beatrice Treat guardò nel suo bicchiere vuoto. — A me sembra uno scherzo, ma ho sentito dire che prima ci fu una lunga discussione tecnica e quindi aprirono un disegno che sembra raffigurasse un’astronave.
— Un’astronave? E che cosa vuol farne la “Inland Electronic” di un’astronave?
— È quello che mi continuo a chiedere.
— Perché mai non mi avete parlato di queste cose al telefono?
— L’avrei voluto, signor Traylor, credetemi. Ma proprio non potevo parlare di quella astronave. È così sciocco. E per di più, non so se è vero.
— Del milione di dollari almeno potevate parlare.
— Ma voi mi avreste certamente chiesto a che cosa sarebbe servito e sarei stata costretta a parlarvi di astronavi. No, proprio non potevo farlo.
— Ho capito. — Si passò una mano fra i capelli. Stava cercando di vedere come si potesse dare un aspetto concreto alla questione, separando ciò che era realtà dall’invenzione.
— Che cosa farete?
— Non lo so. — La cosa era solamente arrivata al Comitato esecutivo. Si rallegrava di ciò. Certamente gli altri non avrebbero perso tempo per indire una riunione del Consiglio; e lui era arrivato giusto in tempo per questo. Non sapeva quale risultato potesse avere un suo ricorso scritto contro la decisione del Comitato esecutivo, anche se ne era membro. Ci sarebbe voluto un avvocato per spiegarlo. A ogni modo bisognava fare “qualcosa”. Doveva assolutamente assicurarsi che Sam Otto non venisse in possesso del denaro.
— Può darsi — disse — che faccia scoppiare una bomba in ufficio.
Lei lo guardò con aria così visibilmente preoccupata che Devan fu costretto a sorridere.
— Be’, non proprio. In fondo non penso che vogliano spendere un milione di dollari per un’astronave, non credete?
— Lo credo anch’io.
— E poi, per la costruzione di un’astronave ci vorrebbe anche più di un milione di dollari. È una faccenda sballata, signorina Treat. Domattina, per prima cosa, abborderò Orcutt.