Mavis andò ad aprire la porta prima che qualcuno di loro avesse bussato o suonato il campanello. Non dimostrò né gioia né sorpresa nel rivedere Raven e Charles, e mantenne l’indifferenza tipica di chi sa benissimo quello che è successo.

— Ti pentirai per quello che hai fatto — disse rivolgendosi a Charles col tono della madre che rimprovera il bambino. — Me lo sento. — Poi Mavis tornò nella sua cucina.

— Ecco che abbiamo un nuovo tipo di mutante — borbottò Charles senza scomporsi. Si lasciò cadere pesantemente su una poltrona. — Abbiamo il chiaroveggente.

Thqrstern indicò la cucina in segno di approvazione verso la donna.

— È un piacere sentire finalmente qualcuno che parla con un po’ di buonsenso.

— Ciascuno parla assennatamente secondo il suo particolare punto di vista. Ogni uomo è l’oracolo di se stesso — disse Raven spingendo una poltrona verso Thorstern. — Accomodatevi. È inutile restare impalati per il solo fatto che si è in cattiva compagnia.

Thorstern si mise a sedere e cercò disperatamente di scacciare una serie di pensieri che cercavano di formarsi nella sua mente. Sapeva che le due persone sedute di fronte gli potevano leggere nel cervello e, per quanto poteva immaginare, lo stavano sondando anche in quel momento.

Non poteva però stabilire se lo scrutavano di continuo. Un telepatico si accorge quando una mente estranea penetra nella sua, ma al nontelepatico non è possibile. Thorstern si rendeva perfettamente conto di essere in posizione di enorme svantaggio. In altri casi, nel suo castello, sarebbe corso ai ripari facendo allontanare i telepatici. Ora cercò di scacciare i pensieri, come avrebbe fatto con una nuvola di mosche moleste, ma, come le mosche, i pensieri continuarono a ronzargli attorno.

“Questi mutanti con pluripoteri possono proteggere le loro menti. Forse anche la donna può farlo. Ma io non posso nascondere i miei pensieri, e dubito che loro possano schermare i flussi mentali degli altri. Le pattuglie della polizia staranno già setacciando le strade, e forse qualcuna si trova già qui vicino. Le avranno rinforzate con tutti i telepatici che sono stati in grado di trovare a quest’ora di notte. Così, a meno che la stanza non sia protetta da schermi, c’è la possibilità che qualcuno rintracci le mie onde mentali e che scopra da dove provengono. Le pattuglie convergerebbero subito in questa zona e…”

Riuscì a scacciare il pensiero, ma dopo qualche secondo fu costretto a concluderlo.

“Vorrei sapere se le onde dei pensieri hanno la stessa tonalità individuale della voce. Forse sono tutti identici. In questo caso devo lanciare il pensiero adatto nel momento esatto. Se questi lo raccolgono, può succedere un finimondo. Comunque, devo tentare.”

Fissò lo sguardo su Raven, accigliato.

— Mi avete fatto saltare nel vuoto. Mi sono messo a sedere quando me lo avete detto. Mi sono sottomesso a tutti i vostri ordini. Che cosa facciamo adesso?

— Parliamo.

— Sono le due di notte. Si potrebbe parlare domani mattina, a un’ora ragionevole. — Thorstern arricciò le labbra. — Era proprio necessario fare tutte queste scene melodrammatiche?

— Sfortunatamente, sì. È molto difficile giungere fino a voi. Inoltre mi state facendo dare la caccia come se fossi il cane che ha rubato l’arrosto della domenica.

— Io? — disse Thorstern, spalancando gli occhi stupito.

— Voi e l’organizzazione che comandate.

— State parlando della mia ditta commerciale? Ma è un controsenso! Abbiamo altro da fare che molestare la gente. Mi sembra che soffriate di mania di persecuzione.

— Sentite, di questo abbiamo già parlato. E la cosa comincia a perdere d’interesse. Non avete ascoltato la registrazione del nostro colloquio con Greatorex?

Thorstern avrebbe voluto negare l’esistenza dei malleabili che recitavano la sua parte, ma era troppo abile per negare qualcosa che la sua mente ammetteva. Non poteva sperare di convincerli con le parole. Poteva soltanto cercare di rispondere in modo evasivo, per guadagnare tempo.

— Non so cosa abbiate detto a Greatorex — disse. — So soltanto che è morto e che voi c’entrate in qualcosa. Non mi piace. E un giorno non piacerà neanche a voi due!

Charles scoppiò a ridere. — Ecco una perfetta immagine di due persone con la corda al collo. La vostra mente pensa a colori. Mi piace il modo in cui avete fatto uscire le lingue dalla bocca, gonfie e nere. Però, certi particolari sono imprecisi. I nodi non sono fatti nel modo giusto… e io non ho due piedi sinistri.

— Devo sopportare anche la critica, oltre al fatto che mi state leggendo nel pensiero? — chiese Thorstern, rivolgendosi a Raven.

— Non ho potuto farne a meno. I pensieri sadici richiedono una risposta adatta — disse Raven. Poi cominciò a passeggiare avanti e indietro. — Convinti che Greatorex foste voi, noi gli abbiamo chiesto di non pestare i piedi alla Terra. Ha negato e noi lo abbiamo ammonito che il pestare i piedi a qualcuno è una pratica che può giustamente far risentire la vittima. Lui ha continuato a negare. In modo superbo, anche se frenato da certe limitazioni.

— Quali? — chiese Thorstern.

— Il fatto di non essere voi e di non poter prendere decisioni senza il vostro consenso. Conoscendovi, non ha osato. Si è limitato soltanto a recitare la parte imparata a memoria. Si è trovato a non poter disporre di quella iniziativa che gli avrebbe salvato la vita. — Raven fece un gesto sconsolato. — Ed è morto.

— Vi pentite di questo?

— Pentirci? — Raven lo guardò con occhi scintillanti di punti di argento. — No di certo. Non ce ne importa niente!

Un brivido percorse la schiena di Thorstern. Anche lui, quando si trattava di raggiungere un suo fine, sapeva essere freddo all’estremo, ma non lo dimostrava mai con tanto cinismo e spietatezza. Quando c’era di mezzo un cadavere, lui se ne lavava le mani esprimendo ufficialmente la sua deplorazione. Se Greatorex, molto meno colpevole di lui, era stato eliminato in quel modo…

— Sembra che ci siano altri che si divertono in modo sadico — osservò caustico.

— Non avete capito. Noi non siamo felici di aver ucciso Greatorex, né ci mettiamo a piangere. La cosa ci lascia del tutto indifferenti.

— Praticamente è la stessa cosa. — Quello era il momento opportuno per lanciare il suo messaggio telepatico alle pattuglie. — Non so come abbiate fatto, ma voi avete commesso un omicidio!

Mavis entrò con un vassoio e versò da bere in tre tazze. Poi depose sul tavolo un piatto di dolci e tornò in cucina, senza dire una parola.

— Volete parlare di omicidio? — chiese Raven. — Un argomento che siete qualificato a discutere.

Thorstern pensò che era una battuta stupida e immeritata. Si poteva dire qualsiasi cosa sul suo conto, ma non che fosse un mostro sanguinario. Era vero che stava conducendo una guerra non dichiarata contro la Terra, ma nella realtà si trattava di un movimento di liberazione. Ed era anche vero che aveva causato delle vittime, nonostante le raccomandazioni di colpire senza provocare perdite di vite umane e di badare soltanto al danno economico.

Quei pochi morti erano stati inevitabili. Aveva approvato soltanto quelli assolutamente necessari per poter compiere la missione. Non uno di più. Fino a quel momento era il conquistatore più umano della storia, quello che avrebbe conquistato la vittoria più spettacolare con perdite minime.

— Volete spiegarmi la vostra insinuazione? Se mi accusate di massacri, io vi prego di citarmene uno.

— Nel passato ci sono stati soltanto casi individuali. Le grandi atrocità avverranno in futuro, se le riterrete necessarie… e se vivrete abbastanza a lungo.

— Oh! Ecco un altro chiaroveggente — disse Charles. Tuttavia capiva che quella previsione poteva essere esatta.

Raven continuò a parlare con Thorstern.

— Soltanto voi sapete il prezzo di vite che siete disposto a pagare per la conquista del vostro mondo. Comunque, è perfettamente visibile quello che sta scritto a lettere di fuoco nella vostra mente: nessun prezzo è troppo alto.

Thorstern non seppe cosa rispondere. Non c’era una risposta. Lui voleva il dominio senza spargere molto sangue e senza grandi difficoltà. Ma se la resistenza si fosse fatta violenta e il prezzo di vite e di rovine fosse enormemente salito lui lo avrebbe pagato ugualmente, pur con profondo rammarico.

In quel momento, però, si trovava nelle mani di due avversari. Avrebbero potuto troncare le sue ambizioni, uccidendolo come avevano ucciso Greatorex. Nessun dubbio che ne avessero la possibilità. Restava tuttavia da vedere se ne avevano l’intenzione.

Lentamente, sperando che nessuno se ne accorgesse, girò lo sguardo verso la porta. Ma non riuscì a nascondere i pensieri che gli vennero nello stesso momento, e cioè che se una pattuglia della polizia avesse captato i discorsi sull’omicidio, forse non avrebbe osato fare irruzione nella casa e probabilmente sarebbe andata a chiedere rinforzi. Forse, entro pochi minuti, lui sarebbe stato nuovamente libero.

Raven continuò a parlare, anche se l’altro lo ascoltava appena.

— Se il movimento nazionalista venusiano volesse soltanto conquistare l’indipendenza, noi potremmo simpatizzare, nonostante i metodi violenti che vengono usati. Ma non è quello che dice di essere. Il vostro cervello rivela che si tratta di un vostro strumento personale per la conquista del potere. È destinato soltanto alla conquista di quella supremazia che voi desiderate. Povero piccolo verme strisciante!

— Cosa? — Di colpo Thorstern prestò nuovamente tutta la sua attenzione.

— Ho detto, povero piccolo verme strisciante, che si nasconde alla luce, che brancola nel buio e che è pateticamente atterrito da mille piccole cose, anche dall’anonimato.

— Io non ho paura…

— Voi mirate al dominio su una colonia di piccoli vermi, a un dominio che può durare soltanto un battito di cuore nello scorrere infinito del tempo. Dopo di che, sparirete per sempre. Polvere alla polvere. Un nome insignificante stampato su un libro inutile, mormorato da storici miopi e maledetto dagli studenti. In un lontano futuro per punire qualche bambino cattivo forse gli faranno scrivere un noiosissimo saggio su di voi. L’ascesa e la caduta dell’Imperatore Emmanuel. - Raven sbuffò sprezzante. — Immagino che la consideriate immortalità.

Era troppo, perché colpiva Thorstern nel suo punto debole. Gioiva degli insulti perché erano un riconoscimento alla sua forza e abilità. Apprezzava le inimicizie perché il sapere di essere temuto esaltava il suo Io. Considerava le gelosie come una forma contorta di venerazione. L’odio gli serviva per elevarsi. L’unica cosa che non poteva sopportare era l’essere considerato un individuo senza importanza, un buono a niente, un accattone di cicche. Non tollerava che qualcuno lo giudicasse una nullità.

Livido in volto, si alzò. Nervosamente infilò una mano nella tasca e prese tre fotografie che lanciò sul tavolo.

— Voi avete delle buone carte in mano, e vi possono esaltare. Ma io le conosco. Ora, date un’occhiata alle mie. Non sono tutte, naturalmente. Le altre non le vedrete mai.

Raven raccolse quella che stava sopra le altre e l’osservò senza scomporsi. Era una sua foto alquanto vecchia e leggermente sfuocata. Tuttavia, poteva servire abbastanza bene per una identificazione.

— Viene proiettata dagli spettroschermi ogni ora — disse Thorstern, con malvagio compiacimento. — Copie di questa foto vengono a mano a mano distribuite a tutte le pattuglie. Entro mezzogiorno di domani, tutti conosceranno la vostra faccia… e la taglia spingerà tutti a darvi la caccia. — Fissò Raven con un’occhiata di trionfo. — Più duro sarete con me, più inflessibili saranno gli altri nei vostri riguardi. Siete riuscito a sbarcare su questo pianeta nonostante i preparativi fatti per arrestarvi all’arrivo. Provate ora ad andarvene. — Si girò verso Charles. — Questo riguarda anche voi, grassone.

— Non è vero. Io non ho nessuna intenzione di partire. — Charles si accomodò meglio sulla poltrona. — Mi trovo bene qui. Venere mi piace… come potrebbe piacermi una qualsiasi altra palla di polvere. A ogni modo il mio lavoro si svolge qui. Come farei senza lavoro?

— Quale lavoro?

— Questo — disse Charles — non riuscireste a capirlo.

— Porta a passeggio i cani, ma si vergogna a dirlo — spiegò Raven. Mise la sua foto sul tavolo e prese la seconda. Improvvisamente si irrigidì.

— Cosa gli avete fatto? — chiese girando la foto verso Thorstern.

— Io? Niente.

— Avete fatto fare lo sporco lavoro per procura.

— Io non ho dato istruzioni precise — disse Thorstern, colto alla sprovvista per la reazione di Raven. — Io ho detto soltanto di prendere Steen e di fargli dire cos’era successo. — Portò nuovamente lo sguardo alla fotografia e assunse l’espressione di uno che deplori quello che sta osservando. — E così loro hanno fatto.

— Devono essersi divertiti parecchio a giudicare da come l’hanno conciato. — Raven era seccato e lo dimostrava apertamente. — Steen è morto senza colpa. Comunque, non rimpiango la sua fine come non deve averla rimpianta lui.

— Davvero? — disse Thorstern, sorpreso per il commento tanto in contrasto con la reazione di Raven.

— La sua fine non ha la minima importanza. Prima o poi sarebbe venuta anche fosse vissuto cent’anni. — Raven lasciò cadere la fotografia sul tavolo. — Deploro soltanto che la sua fine sia stata lenta. Deve aver impiegato parecchio a morire e questo è un male. Una cosa imperdonabile. — Improvvisamente i suoi occhi divennero scintillanti. — Tutto questo sarà ricordato, quando verrà il vostro turno.

Di nuovo Thorstern sentì un brivido freddo percorrergli la schiena e si sforzò di dominare la paura: la paura era una cosa che non poteva ammettere. Aveva giocato le sue carte, nella speranza che potessero servire come ammonimento, ma doveva ammettere che forse aveva sbagliato.

— Sono andati oltre i miei ordini. E ho rimproverato i miei uomini severamente — disse.

— Li ha rimproverati — disse Raven rivolgendosi a Charles. — Che carino!

— Si sono giustificati dicendo che Steen era cocciuto e che li ha costretti ad andare oltre le loro intenzioni. — Thorstern decise che era il caso di restare su quell’argomento. Nessuna pattuglia aveva risposto ai loro discorsi sul delitto. Forse qualcuna avrebbe captato il loro colloquio su Steen. Qualsiasi forma di temporeggiamento avrebbe potuto portare a buoni risultati. — Hanno usato un telepatico per leggere nella sua mente. È rimasto a una certa distanza per evitare che Steen lo sistemasse. Ma è stato inutile. Riuscivano a leggere soltanto quello che Steen stava pensando, e pensava sempre ad altre cose. Così hanno cercato di convincere Steen con altri mezzi a rivelare cosa lo avesse costretto a giocarci quello scherzo. — Allargò le braccia in un gesto sconsolato. — Quando ha cominciato a collaborare era ormai troppo tardi.

— Sarebbe a dire?

— La sua mente aveva smesso di ragionare, come quella di Haller. Ha cominciato a balbettare cose folli, poi è morto.

— Quali sarebbero state, queste cose folli?

— Diceva che voi eravate un tipo assolutamente nuovo e insospettato di mutante. Che avete un Io separabile. Che gli avete preso il corpo contro la sua volontà.

— Oh, Dio! — intervenne Charles spalancando gli occhi in espressione di finto stupore. — Ora avremmo anche i biomeccanici, i chiaroveggenti, i padroni di personalità e via dicendo. Continuando in questo modo, avremo un elenco senza fine.

— Erano parole senza senso — continuò Thorstern. — Ho consultato le maggiori autorità nel campo delle facoltà paranormali: hanno detto che era ridicolo… ma che sapevano perché Steen l’aveva detto.

— Quale sarebbe la diagnosi?

— Che è stato trattato da uno del suo stesso tipo, ma molto più potente di lui. Non ci sono mai stati casi di un simile dominio ipnotico assoluto, ma è teoricamente possibile.

Thorstern girò lo sguardo, e solo allora si accorse della tazza di caffè che era sul tavolo. La prese e bevve alcuni sorsi. — Per un certo periodo avete convinto Steen di essere voi. E lo avete costretto a sistemare Haller, dopo di che l’effetto è passato. Ora, per quanto essere comune, posso fare anch’io qualche lettura di pensiero. Voi pensate che se non agisco come volete, io subirò la sorte di Steen.

— Davvero?

— O questo, o mi eliminerete come avete fatto con Greatorex. Sarà comunque tutto inutile. Potete ipnotizzarmi come Steen, ma le ipnosi cessano nel giro di ventiquattr’ore. Qualsiasi cosa abbia fatto in questo periodo, la posso benissimo disfare.

— Vero — ammise Raven serio.

— Se mi uccidete, vi resta in mano un cadavere. E i cadaveri non possono far cessare una guerra. Voi mi avete detto almeno sei volte che i morti se ne infischiano. Pensate dunque in base alla vostra filosofia che m’importerà a quel punto dei guai della Terra! Me ne importerà ancor meno che a Greatorex! — Di colpo gli venne in mente qualcosa. — Come avete fatto a uccidere Greatorex? Anche un super-super-super-ipnotico non può convincere un uomo a morire. Cosa gli avete fatto?

— La stessa cosa che faremo a voi quando ci saremo convinti di non avere alternative. — Raven lo guardò fisso negli occhi. — Ficcatevi in quella testa cocciuta che non abbiamo scrupoli, quando si tratta di eliminare un ostacolo. Differiamo da voi soltanto per la rapidità indolore dell’azione. Noi non facciamo soffrire le nostre vittime. Il vero crimine è prolungare deliberatamente l’agonia! — Rimase un attimo in silenzio. — Greatorex è morto senza accorgersi di morire. A Steen, questo privilegio fondamentale è stato negato.

— Vi ho detto…

Raven gli fece cenno di tacere. — Non riuscirete mai a estendere il vostro dominio personale sul pianeta Venere. E in futuro non vi unirete a Marte per sottomettere la Terra. Se l’umanità verrà a trovarsi in posizione disperata, sarà l’umanità a combattere, non solo i Terrestri. Tutti noi dovremo combattere! Perciò, voi cesserete le ostilità contro la Terra e convincerete i Marziani a seguire il vostro esempio. In caso contrario, vi faremo sparire per sempre dalla scena, dopo di che riserveremo lo stesso trattamento ai vostri successori, chiunque siano. Li annienteremo uno a uno, fino a quando l’intero movimento dovrà crollare per mancanza di capi. — Indicò il piccolo cronometro incastonato nell’anello che Thorstern portava al dito medio.

— Avete cinque minuti per prendere la vostra decisione.

— Ho molto di più. Molto. Ho tutto il tempo che voglio. — Thorstern spinse in avanti la terza fotografia. — Guardate questa.

Raven si piegò in avanti e osservò la fotografia senza raccoglierla. Rimase impassibile a guardarla.

— Chi è — chiese Charles, troppo pigro per sollevarsi.

— Leina — disse Raven.

Thorstern rise soddisfatto: gioiva per essere riuscito a eliminare fino a quel momento il pensiero di Leina dalla propria mente. Ancora una volta, un essere normale come lui aveva vinto un mutante.

Niente lo rendeva più felice del fatto di precedere un paranormale. Era una sua debolezza caratteristica, che sarebbe stata fonte di grande interesse per un ecologo che studiasse gli effetti di un ambiente contenente forme di vita superiori.

— La vostra donna — disse con disprezzo. — Conosciamo le sue abitudini, i suoi movimenti, le sue facoltà. Sappiamo, per esempio, che è una ipnotica di tipo superiore, come voi. Lo ha detto Steen. E non mentiva, in quel momento. Forse è per questo che vi siete legato a quell’enorme sgualdrina. A meno che non abbiate un debole per gli elefanti e…

— Lasciate perdere le proporzioni fisiche. Leina non è stata fatta per voi. Venite al punto.

— È questo — disse Thorstern senza cessare di mostrarsi soddisfatto. — Nell’esatto momento in cui dovessi morire, o diventare pazzo, o non fossi più io… — batté con un dito sulla fotografia — …lei paga.

— Questo è uno scherzo — disse Raven. — Ridicolo!

— Spero che possiate pensarla allo stesso modo quando la troverete morta.

— Non mi metterò certo a piangere — assicurò Raven con tranquillità. E non mentiva. Quella era la pura verità.

Thorstern fu scosso da quell’atteggiamento. Guardò incerto Charles, sperando di trovare solidarietà nel disgusto che aveva provato al cinismo di quelle parole, ma Charles stava guardando distrattamente il soffitto. Girò la testa verso Raven, incredulo.

— Potrebbe morire lentamente — disse Thorstern.

— Credete?

— Ne sono certo. A meno che non sia debole di cuore, possiamo farla morire molto più lentamente di Steen. Che ne dite?

— È disgustoso.

— Come?

— La mente eccelsa, il grande conquistatore, si nasconde dietro le sottane di una donna.

Thorstern fu nuovamente preso dalla collera, ma riuscì a controllarsi. — Sentite chi parla… la persona disposta a far scontare i suoi peccati alla donna.

— A lei non importa — disse Raven sorridendo, e spiazzandolo con quella rivelazione del tutto inaspettata.

— Voi siete pazzo! — esclamò Thorstern, che cominciava a crederlo seriamente.

— A Greatorex non importa minimamente. E neppure ad Haller. Steen è del tutto incurante. Perché mai dovrebbe preoccuparsi Leina?

— Siete un maniaco omicida! — disse Thorstern scattando in piedi. Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche delle dita e riprese a parlare con voce vibrante di tensione mista a esultanza.

— Comunque, è ormai troppo tardi. Avete voluto parlare tutta la notte. E hanno captato i nostri pensieri. — Fece un gesto teatrale verso la porta. — Sentite questi passi? Sono di venti persone. Di cinquanta. Di cento. Sono i passi di tutti gli uomini della città!

— Peccato — disse Raven guardandolo impassibile.

— Provate a toccarmi e vedrete cosa otterrete! — invitò Thorstern. — Fra qualche secondo irromperanno nella casa e sarete trattato come vi meritate. — Girò lentamente la testa senza perdere di vista la porta. — A meno che io non sia in pieno possesso di tutte le mie facoltà e non dia l’ordine preciso di risparmiarvi.

— Pare che ci siamo cacciati in un brutto guaio — disse Charles, spostando lo sguardo dal soffitto alla porta, leggermente contrariato.

Thorstern si era irrigidito in mezzo alla stanza e lanciava pensieri con tutta la sua forza, senza preoccuparsi del fatto che i due li potevano captare. “ Non possono avere il coraggio di uccidermi in questo momento. Il pericolo sarebbe troppo grande. Rimanderanno i loro piani a un momento che non verrà mai. Verranno giudicati secondo le leggi terrestri. Rapidamente, prima che Heraty possa intervenire. O potrei simulare un incidente. Sarebbe più rapido e più sicuro. Sì, in un modo o nell’altro…” La sua attenzione, come quella di Charles, era rivolta verso la porta. Poco prima aveva sentito, o gli era parso di sentire, lo strisciare cauto di molti piedi. “ Devono aver sentito la presenza di questi due tipi formidabili, e procedono lentamente. Sono molto pericolosi. Quando irromperanno dovrò farmi riconoscere all’istante, prima che qualcuno tocchi con troppa precipitazione il grilletto.”

Con la coda dell’occhio guardò i due seduti sulle poltrone. Non si erano mossi e sembravano rassegnati a quella situazione senza via d’uscita. Comandata da una energia mentale lontana, la maniglia cominciò a girare, da sola.