Fra tutti, la sola che, invece di sentirsi venir meno l'energia, se la sentì crescere, fu la mia Annetta. Cominciò dallo scendere in casa Nebuli, per dire alla sua Chiarina quelle parole senza senso comune, con cui si parla al cuore, poi venne su e mi si piantò dinanzi per annunziarmi che bisognava far qualche cosa....
— Facciamo qualche cosa — risposi — e che vuoi che facciamo?
— Discorriamone; quel disgraziato Salvioni viene, rivede la moglie, si degna di trovarla bellina, gli pare di sentirsi riardere qui o qua (si toccava il petto), non sa nemmeno lui dove, perchè il cuore non l'ha mai avuto; stupisce d'essere stato tanto tempo senza di lei, e se la porta via.... per piantarla un'altra volta dopo un mese. È così che la intende il tuo codice? —
Nemmeno a me, che dovevo saperne qualche cosa, pareva possibile che il mio codice la intendesse così.
— Ah'! volevo ben dire! — esclamò Annetta, — vediamo, tu l'hai un codice; guarda un po' se vi hanno messo una legge che provveda al caso nostro; non possono essi, Chiarina e Valente, andarsene a dichiarar le cose come stanno, per isciogliere quel primo matrimonio da burla e far accomodare quest'altro, a cui manca così poco?
Io facevo di no col capo.
— Guarda, sono sicura anch'io che non c'è.... posto che ci dovrebbe essere.... ma ad ogni modo guardare costa poco.
— Ti assicuro che non c'è.
— E allora quando due non si possono soffrire, quando il marito è un birbone, e ne fa vedere di tutti i colori alla moglie, che rimedio si piglia?
— Si piglia la separazione, mi pare.... ma non so se sia un rimedio.
— Meno male! nessuno può costringere Chiarina ad andare con quel figuro del Salvioni, ed essa non ci andrà, e si separeranno in regola.
— Purchè il Salvioni non si opponga.
— Vorrei vedere anche questa, che dopo tanti anni tornasse colle arie.... gliele faremo smettere.
— Con qual diritto? chi siamo noi?
— Gli amici di....
— Di Valente e di lei, vale a dire i complici della tresca.... t'accomoda?
— Niente affatto. —
Si stette un po' in silenzio.
— Bisogna proprio che si separino, — presi poi a dire — la signora Chiarina non può tornare con quell'uomo, che è quasi un estraneo per lei; ma perciò conviene indurre il marito a chiedere la separazione egli pure, perchè se si opponesse, io credo che bisognerebbe litigare.... e chi sa quanto.... io non lo so. E perchè il signor Salvioni si adatti a chiedere la separazione, bisognerà dargli del denaro e non fargli vedere la moglie; se no, chi ci assicura che non lo pigli un altro diavolo?
— Lo piglia, ti assicuro io che se vede Chiarina, lo piglia.
— Quando siano separati legalmente.... allora....
— Allora..,.
Allora?... Ci pensammo un pezzetto; tutto andava bene fin qui; il Salvioni tornava, gli si faceva una parlatina seria, lo si minacciava di costringerlo a mantenere la moglie, se aveva qualche soldo; se non ne aveva, gli se ne dava qualcuno.... si faceva la separazione, e allora....
— Allora — disse Annetta — Chiarina se ne andrà con Valente e noi gli accompagneremo alla stazione.... Oppure non se ne andranno.... ed io chiuderò gli occhi per non vedere.... e se tu li vorrai tenere aperti, vedrai che saranno felici, a dispetto del tuo codice.
— E sarà uno scandalo....
— Chi lo dice? il tuo codice, ma io non gli do retta. Immagina che domani ad uno dei pezzi grossi che fanno le leggi, venga in mente di cancellare uno sproposito dal vostro libraccio (in cui ce n'avete messi tanti, numerandoli come se fossero reliquie preziose) e che Valente e Chiarina potessero diventare marito e moglie, dove sarebbe lo scandalo? In nessun luogo. Dunque è il vostro sproposito che è scandaloso. —
Senza accalorarmi a difendere quello che Annetta chiamava il nostro sproposito, io mi accontentai di crollare il capo.
Da molti giorni il signor Bini non si era lasciato vedere, ed io dentro di me ne davo la colpa a mia moglie, pensando che sicuramente era stata lei, colla sua schiettezza, a spaventarmelo a quel modo; ma quando Annetta diceva male del codice, io pensavo tanto al signor Bini quanto.... alla nonna del signor Bini, tale e quale.
D'un tratto, rialzando il capo, vidi il noto naso dritto e sottile, il sorriso malizioso, gli occhi furbi ed il resto, e prima ancora che avessi avuto tempo di dire «si accomodi,» tutto il signor Bini quant'era lungo aveva fatto l'inchino, aveva stretta la mano a mia moglie e mi si era accomodato dinanzi.
— Notizie, notizie! — esclamò egli con quell'enfasi temperata, che era il massimo grado del suo entusiasmo. — Ho trovato otto Salvioni, li ho qui (e batteva sul taschino del panciotto), otto Salvioni morti tutti nel fiore dell'età; il più vecchio non aveva che 65 anni.
Lo guardai in faccia temendo che mi corbellasse; era serio.
— È consolante il vedere come muoiono questi Salvioni. Pare un'epidemia; ma d'altra parte è un orrore pensare come si riproducono. Sapete quanti Salvioni di sesso maschio vi sono a Milano?.... Quindici! quattro però vanno a scuola, cinque sono piuttosto maturi, hanno la mia età; degli altri il solo che si chiami Giuseppe non deve essere il marito della signora Chiarina, perchè piglia ancora il latte; tutto questo l'ho imparato all'ufficio dell'anagrafe.
Lo lasciavamo dire crollando il capo. — Egli comprese male e soggiunse:
— Non era la strada da pigliare. Lo so, non è colpa mia; un impiegato dello Stato Civile si ricordava, ma non era sicuro..., che un certo Salvioni Giuseppe.... appunto dell'età che dicevo io... — Da Brescia? Sì, da Brescia!... — era stato alcuni anni sono da lui.... a far ricerca d'un matrimonio, tra un incognito ed un'incognita, avvenuto vent'anni sono; la cosa era sembrata strana all'impiegato, che perciò se l'era tenuta in mente. — È lui! — diss'io. — Vogliamo vedere se nell'anagrafe si trova quel Giuseppe Salvioni bresciano? — Vediamo — Non si trova nulla. Allora vado alla Questura, interrogo: — ci deve essere una pratica avviata, in cui si fa ricerca d'un certo Salvioni Giuseppe bresciano, biondo, con una cicatrice sulla fronte; che n'è avvenuto? Mi si risponde che non se ne può saper nulla. — Insisto, si cerca. — Voi sapete che il mondo non è una pallottola, come qualcuno dice; e nessuna delle cose del mondo è propriamente una pallottola, — ci è chi ha questa storta opinione, e quando ha dato la spinta ad un negozio crede di farlo correre un pezzo. Che accade? Il negozio gira, ma al primo intoppo si ferma. Quella pratica si era fermata a metà strada, perchè a nessuno della questura premeva di aver notizie del Salvioni. Che aveva fatto il poveraccio? Si era dimenticato di pigliar seco la moglie? La gran cosa! Una sbadataggine simile domani può capitare anche ad un questore.
— Dunque? — dissi freddamente.
— Ora che la pratica è trovata, a darle la spinta, a darle dieci spinte, cento, tutte quelle che le abbisognano per fare il giro del globo, se occorre, ci penso io; e il signor Salvioni, vivo o morto, dovrà venir fuori. —
Egli stette zitto a guardarci meravigliato della nostra impassibilità; all'ultimo disse con un sorriso malizioso:
— Comprendo.... comprendo.... con che diritto m'immischio in questa faccenda?... Caro signor Ferdinando, lo dovrebbe pur sapere, a me abbisogna che Valente perda la lite, ma la moglie no, così mi darà la Spuma del mare più presto.
Quanto volontieri sarei stato zitto per fargli scontare con un po' di curiosità tutta la sua scienza impertinente! Ma Annetta avrebbe parlato prima di me, se io non avessi detto con un certo sussiego:
— Giuseppe Salvioni è vivo, è in Milano, ha scritto, verrà! —
Dove ora ci è una virgola, avevo messo una pausa breve ed un piccolo fulmine.
L'effetto fu straordinario. Il signor Bini si battè la fronte e non seppe che rispondere, egli che aveva risposta a tutto. Poi, come svegliandosi di botto, disse:
— Non è possibile!
— È vero.
— Non è possibile — ho tutti i Salvioni di Milano sulla punta delle dita.... l'anagrafe....
— La sua anagrafe, — entrò a dire Annetta continuando a fare uno strano abuso del pronome possessivo, — la sua anagrafe non avrà le mani abbastanza larghe, e vorrà stringer troppo, e un Salvioni le sarà scappato fra le dita....
— Oppure, — dissi io — questo signor Salvioni che si presenta non aveva il suo domicilio a Milano; e ciò è più naturale, perchè se fosse stato qua, avrebbe inteso parlare di Valente Nebuli e si sarebbe fatto vedere senza aspettar l'annunzio dei giornali. —
Avevo imbroccato giusto perchè il signor Bini finse di non badare alle mie parole, non sapendo che ribattere.
Cominciò, come me l'aspettavo, la grandine delle interrogazioni che ricevetti con garbo, rispondendo io o lasciando rispondere Annetta, per vedere se in tre ci venisse fatto di trovare un altro bandolo al garbuglio. Ma no, era sempre quello: il signor marito veniva, rinunziava o non rinunziava alla moglie; colle buone o colle brusche si faceva la separazione, e poi.... E poi?
Del resto nessun dubbio che la signora Chiarina non si doveva lasciar vedere, che i negoziati col marito doveva trattarli Valente, col sussidio di un diplomatico più sereno, e che bisognava inventare una bella fandonia per salvare il decoro....
— Il decoro è salvo, la fandonia ce l'ho io, disse il signor Bini; se sarà necessario, correrò al tribunale perchè tutti sappiano che la signora Chiarina è mia figlia!
— Ah!
— Oh!
— Vi stupisce? Me la sono fatta fare di commissione a Parigi, dove si fanno benino, mi pare. Del resto i tribunali non badano tanto pel sottile in queste faccende. Come è andata la cosa se io non sono mai andato a Parigi? L'ho da saper io solo. —
Lo guardavamo sbigottiti ancora di questa sua idea singolare. Pensavo: «scherza o vuol proprio adottar Chiarina?....» quando udimmo nell'anticamera rumore di passi affrettati — e una voce nota chiamò trepidante: Ferdinando! Ferdinando! — poi nel vano dell'uscio apparvero Chiarina e Valente, pallidi, colle mani allacciate.
Vedendo il signor Bini che non si aspettavano di trovare con noi, si trattennero un istante, un istante solo, perchè Annetta si strinse fra le braccia la sua Chiarina. Intanto il vecchio, facendo lo sbadato, aveva avuto il buon senso di cacciarsi nel mio studio.
Appena fummo soli, l'amico Nebuli balbettò con voce spenta: — lui! — ed io con voce spenta balbettai: — Coraggio! — E gli strinsi la mano.
— Ha veduto Chiarina? — chiesi, cercando di rendere salda la voce.
— No.
— E tu l'hai visto?
— Nemmeno. —
Mi si facevano innanzi cento domande che ricacciai indietro per pensar solo alla gravissima necessità del momento.
— Coraggio — ripetei — vado io. —
Ed uscii, dopo d'aver con un'ultima occhiata visto Annetta, la quale per confortar l'amica piangeva a dirotto, e Valente e Chiarina che rimanevano immobili, cogli occhi fissi.
Sul pianerottolo fui raggiunto dal signor Bini.
— Me ne andavo, — mi disse — perchè in questi momenti.... Ho compreso. —
Io non ne dubitavo menomamente, e pure questa volta egli non aveva compreso.
— L'amico suo ha perduto la lite!
— No, no, sbaglia....
— Non sbaglio; sono le due dopo mezzodì, a quest'ora l'ha perduta.
Le sue parole mi suonavano all'orecchio come un ronzío, perchè scendendo le scale, mulinavo altre idee.
Sul limitare di casa Nebuli trattenni il vecchio che se ne andava, e gli dissi:
— Vuol venire anche lei a riceverlo?
— Chi?
— Il signor Salvioni. —
Questa volta lo avevo propriamente sbalordito; ma misericordioso Iddio, a qual prezzo!
L'uscio si apri, e noi entrammo, solenni tutti e due, ma per quanto io facessi, più solenne lui di me.