Carovana verso il domani

Kenniston non riuscì nemmeno più a tener dietro al corso delle sue stesse emozioni, nell’impeto degli avvenimenti che seguirono e dei compiti che dovette svolgere. Il Municipio di­venne il ganglio nervoso centrale dell’operazione di evacua­zione. La polizia e la Guardia Nazionale vi si erano già riunite, e altri uomini furono chiamati: i commercianti all’ingros­so, i magazzinieri, i capi delle agenzie di trasporti, quelli del­le linee turistiche e di trasporto merci e passeggeri. McLain, il grosso e ossuto direttore della più grande casa di trasporti della città, si rivelò una tempra eccezionale di organizzatore. Era stato ufficiale dei trasporti nell’ultima guerra mondiale e aveva un’ottima esperienza del trasferimento di uomini e di cose.

La radio, ora, emetteva continuamente comunicati, dan­do istruzioni, diramando raccomandazioni e suggerimenti. Gli agenti della polizia e della Guardia Nazionale furono in­viati in ogni sezione della città, con un uomo responsabile a capo di ciascuna squadra. Avevano ordine di esaminare le ca­se, strada per strada, per assicurare una completa evacuazio­ne e anche per accertare quante macchine private avrebbero potuto essere adibite al trasporto. Gli autobus della città po­tevano naturalmente evacuare soltanto una piccola parte della popolazione.

Fu McLain che pensò ai pazienti degli ospedali di Middletown, e inviò uomini a raccogliere ambulanze, generi di conforto e qualsiasi cosa potesse loro servire. I furgoni della polizia e alcuni grossi autocarri militari furono adibiti alla traduzione dei prigionieri dalle carceri, a eccezione di pochi che vennero rimessi in libertà. Ma tanto gli ammalati quanto i prigionieri vennero trasferiti per ultimi, allo scopo di assi­curare loro alloggi adatti nella nuova città.

Colonne di autocarri vennero inviate ai magazzini, con elenchi frettolosamente compilati di tutti i viveri e altri gene­ri di prima necessità che dovevano essere trasportati insieme alla popolazione.

«Possiamo organizzare più tardi una linea di autocarri per le provviste che occorreranno in seguito» disse McLain a Kenniston. «Ma occorre portare ora i viveri e le cose di cui la popolazione avrà bisogno subito.»

Carol e sua zia erano state comprese nel primo giorno di evacuazione. Kenniston accomodò le cose in modo da poter­le andare a visitare prima della partenza.

Si pentì tuttavia di averlo fatto. La signora Adams stava piangendo nel salotto, e Carol lottava da sola con coperte, materassi e valigie, con un’espressione chiusa e amara sul volto, che Kenniston non riusciva a comprendere.

Il mattino seguente, prima delle nove, Kenniston lasciò il Municipio con McLain, allo scopo di controllare personalmente i preparativi. Sotto l’occhio freddo e rossastro del sole, Middletown appariva tutta permeata da una eccitata attività.

Le automobili venivano caricate al massimo, persino sui tetti e sui parafanghi. Riuniti i bambini, e legati i cani, le fa­miglie si radunavano in tutta fretta. Il rombo dei motori riempiva l’aria invernale. I grandi autocarri da trasporto rug­givano nelle strade prospicienti i magazzini, mentre le mac­chine della polizia si aggiravano dovunque, accompagnate dall’urlo delle sirene.

La gente nelle strade, carica di fagotti, di bambini e di ca­ni, appariva più stupita che spaventata. Alcuni, persino, ride­vano, un riso un po’ forzato, provocato dall’eccitazione. Solo poche donne singhiozzavano.

McLain e Kenniston giunsero in jeep nel centro della città. Là faceva capo il primo scaglione di partenti.

«Il primo e secondo scaglione usciranno dalla città nel­l’ordine previsto» disse McLain a Kenniston. «Del primo scaglione vi incaricherete voi, in quanto dovete indicare la strada.»

Gli agenti della polizia e della Guardia Nazionale stavano già incolonnando le macchine sulla South Jefferson Street. Gli autobus della città e quelli delle scuole erano affollati da coloro che non avevano auto proprie, e vi ammucchiavano i loro bagagli. Agenti della polizia in motocicletta correvano veloci dovunque trasmettendo gli ordini.

«Agganciate dei sidecar a quelle motociclette» ordinò McLain. «Non ce la farete altrimenti sul terreno acciden­tato.»

«Scaglionate lungo la colonna gli autocarri-officina, co­sicché possano riparare le macchine che si arresteranno per guasti» ordinò ancora.

E a un ufficiale della Guardia Nazionale gridò, con voce perentoria: «No, no! A che diavolo potrebbero servire, le vo­stre armi? Lasciatele nell’armeria e prendete invece cappotti, coperte, tende da campo e cose del genere!»

Poi McLain saltò su un’auto e si allontanò, gridando anco­ra a Kenniston: «Fate mettere in marcia la colonna per mezzogiorno! Farò suonare la sirena del Tubificio come se­gnale di partenza!»

Poi si allontanò per raggiungere il punto di raccolta del se­condo scaglione. Kenniston si trovò attorniato da agenti del­la polizia e della Guardia Nazionale, da deputazioni, funzionari, e un sacco di altre persone che gridavano e chiedevano il suo parere.

«Che dovremo fare, con quelle macchine? Almeno la metà di esse sono così sovraccariche che non giungeranno mai in nessun posto!»

Kenniston s’accorse che l’osservazione era giusta. Le mac­chine che giungevano erano stipate non solo di cose essen­ziali, ma anche di radio, strumenti musicali, grandi ritratti di famiglia in cornice, e ogni sorta di oggetti.

«Percorrete la colonna e scaricate tutto quanto non è in­dispensabile» ordinò. «Incolonnatevi lungo la South Jef­ferson Street... ma solo in due colonne, perché alcune delle strade del South Side sono molto strette.»

Mentre si affannava per dirigere le macchine che si radu­navano, cercava con gli occhi il coupé turchino di Carol. Fi­nalmente la vide: era pallida ma guidava con piena padro­nanza, mentre sua zia guardava sbigottita la folla. Kenniston le si avvicinò e la instradò verso la testa della colonna, poi tornò veloce sulla piazza.

Le squadre incaricate dell’ordine, riportarono le disposi­zioni di Kenniston: «Avanti gli abitanti della Adams Street! Avanti gli abitanti della Perry Street! Avanti la Lincoln Avenue...»

Sulla piazza, sotto un grosso albero di sicomoro, un uomo alto e scarno, dagli occhi accesi, brandiva una Bibbia e grida­va: «La fine del mondo... La punizione dei peccati...»

Lauber, lo spedizioniere che McLain aveva lasciato in for­za al primo scaglione, agli ordini di Kenniston, gli si avvicinò di corsa quando raggiunse la South Jefferson Street.

«Questa gente è pazza!» ansimò. «Quelli già pronti vogliono partire subito... e non sanno nemmeno dove an­dare!»

Kenniston vide che la polizia aveva eretto uno sbarramen­to di grossi autocarri attraverso la strada, alcuni metri più in là. Gruppi di macchine premevano contro quello sbarramen­to, coi motori rombanti, mentre i guidatori urlavano e face­vano suonare i clacson in un coro assordante.

Poi, sopra il frastuono dei motori, si udì un altro suono. Un suono lungo, lontano, che gradatamente si mutò in un violento ululato. Il frastuono dei motori e dei clacson cessò di colpo.

«È la sirena del Tubificio!» urlò Lauber. «È il segnale!»

Kenniston lanciò la sua jeep in testa alla colonna.

«Benissimo! Lasciate passare quelle macchine! Ma sfate tutti in colonna. Indietro! Tutti in colonna! Non fate ressa!»

I grossi Diesel che barricavano la strada incominciarono a muoversi ruggendo, pesanti come pachidermi. Kenniston si pose alla testa della colonna. Ma quasi subito le altre macchi­ne cercarono di spingersi ai lati.

«Affiancate gli autocarri a tre a tre!» gridò allora Ken­niston a Lauber. «Questo impedirà i sorpassi!»

Attraversarono la Jefferson Street, il letto del fiume, le vecchie case, chiuse accuratamente, il campo di gioco do­ve i bambini non avrebbero giocato mai più. Oltrepassaro­no la Home Street, gli stabilimenti silenziosi, le birrerie della South Street. Da una finestra, un ubriaco gridava pa­role incoerenti, brandendo una bottiglia. Superarono le ul­time case, coi loro piccoli giardini e i loro fiori anneriti dal gelo.

Kenniston scorse dinanzi a sé la linea di demarcazione, il confine fra il passato e ciò che rimaneva della Terra. Rag­giunsero la linea, l’oltrepassarono...

Poi la pianura sterminata, di quel giallo ocra, deserta e de­solata, sotto l’occhio rosso del sole, si spalancò davanti a lo­ro. Il vento freddo li investì, mentre attaccavano la salita del­le colline. Dietro la sua jeep, i grossi Diesel, le vetturette, gli autobus, le auto da turismo, arrancavano rombando in un nuvolone di polvere.

Kenniston guardò giù, lungo la china. Anche l’altro sca­glione si era mosso, ora, ed egli ormai avanzava alla testa di una gigantesca carovana di veicoli che iniziava alla periferia di Middletown... una carovana che usciva dalla Terra di una volta, per sempre scomparsa, verso il suo ignoto, impenetra­bile domani.