Qui, Middletown!
Quando si svegliò, Kenniston rimase per qualche tempo avvolto nelle coperte, guardandosi in giro per la grande camera, col medesimo sentimento di irrealtà che provava ogni mattina.
Era una camera molto vasta, con pareti graziosamente ricurve e il soffitto di una materia plastica morbida, color avorio. Ma non era così vasta come sembrava, perché i costruttori di quella città avevano imparato l’arte di usare spazi limitati e farli apparire assai più ampi.
Guardò le alte finestre polverose e si domandò a cosa avesse potuto essere adibita, una volta, quella camera. Faceva parte del grande palazzo della piazza, perché il sindaco Garris aveva insistito che tutto il personale dei laboratori di Middletown alloggiasse vicino al Municipio.
Era stato, ovviamente, un edificio pubblico, quello in cui si trovava, ma all’infuori di alcune tavole massicce, la camera era quasi vuota e non si poteva capire chiaramente a che cosa avesse potuto servire.
Guardò gli altri suoi colleghi: Hubble dormiva ancora, calmo. Beitz dormiva di un sonno leggero muovendosi ogni tanto con qualche lamento, il sonno dell’età avanzata. Crisci era invece del tutto sveglio, e guardava il soffitto.
Kenniston ricordò d’improvviso, con un senso di pena, qualche cosa che aveva del tutto scordato, nell’impeto degli avvenimenti. Si avvicinò a Crisci e bisbigliò: «Me ne dispiace molto, Louis. Mi devi scusare se ho pensato solo ora alla tua ragazza.»
«Perché dovresti pensarci?» La voce di Crisci era bassa e senza espressione. «Perché avresti dovuto pensarci, quando è accaduto tutto questo?» Tacque per un attimo, poi proseguì, sempre con voce smorzata: «D’altra parte, è accaduto tutto molto tempo fa. È morta da milioni di anni, forse.»
Kenniston si attardò un poco, cercando le parole da dire, ricordando con quanto entusiasmo Crisci parlava della ragazza che avrebbe dovuto sposare... quella ragazza che abitava a cinquanta miglia da Middletown. Ma non trovò le parole. La tragedia di Crisci era comune a molta di quella gente... la madre il cui figlio era andato in California, la moglie il cui marito era partito in viaggio d’affari, fidanzati, famiglie, amici, divisi per sempre da quell’incommensurabile abisso di tempo.
Ringraziò ancora il Cielo che Carol fosse sopravvissuta con lui, e decise che ne avrebbe conservato l’affetto a qualsiasi costo.
Kenniston stava accendendo una sigaretta, mentre gli altri si alzavano. D’un tratto si Fermò di colpo. «A proposito, pensavo...»
Hubble gli sorrise.
«Lo so, lo so a che stai pensando. Pensavi al tabacco. Tu, e tutti gli altri, dovrete presto farne a meno.»
Mentre uscivano per far colazione alla più prossima cucina da campo, Hubble lo mise al corrente degli avvenimenti.
«McLain torna a Middletown a prendere motori a benzina e pompe. Dobbiamo rimettere subito in attività il sistema idrico della città. Può darsi che ci voglia del tempo per calcolare la forza di propulsione del sistema. I vecchi abitanti dovevano forse disporre di motori atomici, ma non ne sono sicuro.»
«E che è stato deciso, per il razionamento dei viveri?»
«Viveri e medicine verranno posti sotto controllo, in appositi magazzini. Verranno subito stampate tessere di razionamento. L’uso delle automobili è vietato, naturalmente. Ognuno è confinato al suo quartiere, almeno per ora, per impedire infortuni. Abbiamo già organizzato squadre speciali per esplorare la città.»
Kenniston fece col capo un cenno di assenso.
Estrasse, prima di continuare, il mozzicone di una sigaretta, divenuto improvvisamente prezioso, poi proseguì: «Queste sono ottime cose, ma il principale problema sarà indubbiamente quello morale, Hubble.» Pensava a Carol, e aggiunse: «Non credo che questa gente potrà sopportare l’idea di essere rimasta sola sulla Terra.»
Hubble apparve preoccupato.
«Lo so» disse. «Ma vi devono essere altre persone, da qualche parte. Questa città non è stata abbandonata a causa di un improvviso disastro. Devono essere semplicemente evacuati per trasferirsi in altre città, in città migliori.»
«Ma nessuno ha risposto ai richiami radio» gli ricordò Kenniston.
«È vero. Ma credo che facciano uso di qualche cosa di diverso dal nostro sistema radio. È per questo che ho bisogno del tuo aiuto, questa mattina, Ken. Ieri sera Beitz ha trovato un sistema di comunicazione, in un edificio poco lontano da questo. È dotato di grossi apparecchi, che Beitz ritiene siano a sistema televisivo. Sei più esperto di noi, tu, in queste cose.»
Kenniston dimostrò subito un acuto interesse, l’interesse del tecnico che nemmeno la fine di un mondo può distruggere completamente.
«Mi piacerebbe dargli una occhiata.»
Mentre stavano camminando, nel rosso e freddo mattino, Kenniston fu sorpreso dall’atteggiamento di consuetudine con cui gli abitanti si muovevano sotto la gigantesca cupola protettiva di quell’irreale città.
Famiglie intere si affrettavano verso le cucine comuni, con l’aria di chi si reca a fare una merenda in campagna. Dei bambini sbucarono da una via laterale, accompagnati da un cane peloso che abbaiava festoso e frenetico. Un uomo calvo dal viso rosso guardava da una finestra, in maniche di camicia, con moderata curiosità. Due grosse donne si chiamavano da una porta all’altra, e una di loro abbottonava la giacca a un bambino riluttante.
«... e dicono che la signora Biler stia ora assai meglio, ma suo marito è sempre indisposto...»
«Gli esseri umani» osservò Hubble «si adattano facilmente. Dobbiamo ringraziarne il Cielo.»
«Ma... se sono gli ultimi che esistono? Non potranno adattarsi, a questo.»
Hubble scosse il capo.
«Già, credo che non sia loro possibile.»
Dopo colazione, Beitz li condusse in un grande edificio quadrato poco lontano dalla piazza.
Nell’interno c’era una vasta sala scura, in cui giganteggiavano in una lunga fila dei blocchi quadrati di apparecchi. Erano, ovviamente, apparecchi televisivi. Ciascuno di essi aveva uno schermo quadrato, un microfono e, sotto, un quadro di comandi, di quadranti, e di altri strumenti meno identificabili.
Kenniston trovò il modo di aprire, dalla parte posteriore, uno degli apparecchi. Un breve esame del complicato apparato che osservò lo lasciò scoraggiato.
«Devono proprio esser strumenti per comunicazioni televisive. Ma i principi in base ai quali funzionano mi sono assolutamente sconosciuti. Avevano evidentemente superato da tempo le nostre tecnologie.»
«Non potresti riuscire a mettere in azione una di queste trasmittenti?»
Kenniston scosse il capo.
«Questo sistema è assolutamente estraneo alle mie cognizioni. Non assomiglia affatto ai nostri rudimentali apparecchi televisivi.»
«Non sarebbe possibile usare unicamente il sistema trasmittente sonoro... usare uno di questi apparecchi come una normale trasmittente sonora?» domandò Hubble.
Kenniston esitò.
«Credo che questo potrebbe forse essere possibile. Dovrò lavorare un poco alla cieca. Ma alcuni particolari mi sono noti...» Rimase un poco assorto, poi disse: «I conduttori di corrente vengono dall’esterno. Non c’è qui vicino qualche cosa che assomigli a una centrale elettrica?»
Il vecchio Beitz fece un cenno affermativo.
«Nella via accanto. Ci sono grosse turbine atomiche corazzate, di un tipo che non ho mai visto, accoppiate a generatori.»
«Ci metteremmo anni, se volessimo imparare a far funzionare le loro turbine atomiche» disse Kenniston.
«Potremmo accoppiare quei generatori a motori a benzina» suggerì Hubble. «Potrebbero fornire abbastanza corrente per cercare di far funzionare una di quelle trasmittenti.»
Kenniston lo guardò.
«Per chiamare le altre persone che rimangono ancora sulla Terra?» domandò.
«Già. Se ce ne sono, non udranno gli appelli dei nostri apparecchi radiotrasmittenti. Ma questo è un loro apparecchio trasmittente. Quello lo udranno.»
«Sta bene» assentì Kenniston. «Datemi la corrente, e proverò.»
Nei giorni che seguirono, Kenniston fu troppo preso dal fascino della missione che gli era stata affidata per potersi accorgere di quanto gli abitanti di Middletown si andavano adattando a Nuova Middletown. Poteva udire gli autocarri che rombavano continuamente sotto la cupola, mentre McLain, infaticabile, proseguiva nel suo compito di trasportare viveri dalla vecchia città abbandonata e deserta.
Portarono così i motori a benzina necessari, non solo per mettere in azione il sistema idrico dei grandi serbatoi, ma anche per far funzionare uno dei generatori della centrale elettrica. Una volta rifornito di corrente, Kenniston cominciò i suoi esperimenti. Essendo certo di non riuscire a comprendere i principi coi quali quelle strane super-radiotrasmittenti erano state costruite, egli cercò semplicemente di capire il modo col quale potevano esser messe in funzione.
Gli autocarri portarono altre cose... viveri, sempre più viveri, ma anche vestiti, mobili, apparecchi sanitari, libri. McLain cominciò a predispone i piani per una spedizione nelle regioni circostanti. E, nel frattempo, le squadre già organizzate per esplorare Nuova Middletown facevano ricerche in ogni strada, in ogni edificio. E avevano già fatto sorprendenti scoperte.
Hubble distolse Kenniston dal suo lavoro per esaminare una di quelle scoperte. Lo condusse attraverso una lunga catena di corridoi a catacomba, sotto la città.
«Sai già che, in questa città, la temperatura è di alcuni gradi superiore a quella che potrebbe esserci in virtù del solo calore solare» disse Hubble. «Ho scoperto che c’erano grosse condutture che portavano l’aria calda in ogni parte della città. Perciò ho incaricato alcuni uomini di rintracciare dove facessero capo quelle condutture.»
Kenniston si sentì invaso da un’improvvisa eccitazione.
«La fonte, vuoi dire? Un grosso impianto di riscaldamento artificiale, forse?»
«No, non è questo» replicò Hubble. «Ma dai tu stesso un’occhiata.»
Erano giunti in una vasta sala sotterranea. Tutto finiva sull’orlo di un enorme pozzo abissale... un grande pozzo circolare il cui fondo si perdeva in una profondissima oscurità. Kenniston guardava perplesso. Poi osservò che le grosse condutture uscivano da quel pozzo e si diramavano in tutte le direzioni.
«Quell’aria leggermente più calda proviene da questo pozzo» disse Hubble, accennando alla voragine. Poi aggiunse: «So che sembra una cosa impossibile alla nostra esperienza di costruttori e di tecnici. Ma credo che questo pozzo sia profondo molti, molti chilometri. Credo che giunga fino alle abissali profondità della Terra.»
«Ma le viscere della Terra dovrebbero essere una massa ardente, incandescente» obiettò Kenniston.
«Già, lo erano una volta, milioni di anni or sono» corresse Hubble. «E mentre la terra diventava sempre più fredda, mentre la superficie diveniva inabitabile, hanno costruito questa città protetta da una cupola, e forse altre come questa... e hanno scavato un grande pozzo per catturare il calore delle massime profondità. Ma anche le profondità della Terra sono più fredde, ora, quasi spente. Cosicché non giunge più che un calore appena sufficiente per riscaldare un poco la città.»
«Ed è questa la ragione per la quale non potevano più vivere qui... facevano assegnamento sul calore interno della Terra, e quando questo diminuì...» Kenniston si interruppe, accigliato.
La seconda scoperta fu fatta da Jennings, un giovane rappresentante di automobili che guidava una delle squadre di esplorazione. Ne fece un confuso resoconto agli scienziati, e Kenniston andò, con Beitz e Crisci, a vedere di che si trattava.
Era una vasta sala per adunanze, semicircolare, in uno dei maggiori edifici, e disponeva di parecchie centinaia di posti a sedere.
«Una sala consiglio, o forse una sala per conferenze» disse Beitz. «Che c’è di strano?»
«Guardate quei posti nella seconda fila» disse Jennings.
Capirono, allora, che cosa volesse dire. I posti di quella fila non erano normali sedili metallici come gli altri. Erano diversi... diversi dai sedili normali e diversi l’uno dall’altro.
Alcuni di essi non sembravano affatto sedili. Alcuni erano molto ampi, piatti e bassi, con larghi schienali piegati un poco verso l’interno; altri erano strettissimi, senza schienale alcuno; altri ancora erano simili a sedie a sdraio, ma la curva era assolutamente troppo profonda.
«Se si tratta di sedili» disse Jennings «non erano certo destinati a uomini come noi.»
Kenniston e gli altri si guardarono, sorpresi e spaventati. Kenniston ebbe d’improvviso la grottesca visione di una grande sala affollata di congressisti, congressisti che in parte erano esseri umani e in parte... che cosa? Forse che l’umanità, nelle sue ultime epoche, aveva condiviso la Terra con altre razze che non erano umane?
«Siamo troppo precipitosi nelle conclusioni» commentò Beitz, rompendo il silenzio. «Possono anche non essere affatto sedili.» Ma mentre lasciavano la sala, disse a Jennings: «È meglio che non facciate parola di tutto ciò. Potrebbe impressionare la gente.»
Ciò che le altre squadre di esplorazione avevano scoperto, venne riassunto in un breve discorso di Hubble, di fronte alla popolazione di Middletown che si era riunita il pomeriggio della domenica successiva, nella piazza maggiore.
Erano state indette, quella mattina, funzioni religiose, senza campane né organi, né vetri istoriati, naturalmente, ma in grandi sale immerse nella penombra e piene di austera solennità. Era poi seguito il primo congresso di Nuova Middletown. Erano stati installati altoparlanti in modo che tutti, nella grande piazza, potessero udire, e il sindaco Garris, più invecchiato e più umile, parlò alla popolazione adunata. Cercò naturalmente di essere il più possibile incoraggiante.
Il sistema di razionamento funzionava bene, disse. Non c’era pericolo alcuno di patire la fame, perché la coltivazione idroponica sarebbe stata presto iniziata. Potevano perciò vivere a Nuova Middletown anche indefinitamente, se necessario.
«Il dottor Hubble» aggiunse poi «vi esporrà ora ciò che le squadre di esplorazione hanno trovato in Nuova Middletown.»
Hubble fu conciso. Insistette sul fatto che gli originari abitanti di Nuova Middletown avevano lasciato la città deliberatamente.
«Si sono presi i loro effetti personali, i libri, i vestiti, gli apparecchi più piccoli, gli strumenti e i mobili. Le cose che hanno lasciato erano tutte cose troppo massicce per essere facilmente trasportate; tra queste ultime ci sono rimaste, fra l’altro, alcune macchine che riteniamo fossero azionate atomicamente, ma che debbono essere studiate con gran cura prima di cercare di rimetterle in attività. Riteniamo che ci diverrà possibile, col tempo, l’utilizzazione di tutta questa attrezzatura.»
Il sindaco Garris si alzò prontamente per aggiungere: «E almeno uno di questi apparecchi è ora pronto per l’uso! Il signor Kenniston è riuscito a rimettere in funzione una delle radiotrasmittenti qui esistenti, per cui comincerà a trasmettere appelli per collegarci con gli altri popoli della Terra.»
Un grande applauso scoppiò istantaneamente da parte degli abitanti di Nuova Middletown. Kenniston appena sciolta l’adunanza, si trovò assediato da cittadini eccitati che gli facevano mille domande. Dovette perciò confermare quanto aveva annunciato il sindaco, aggiungendo che avrebbe subito iniziato a lanciare appelli per radio.
Tuttavia, quando riuscì a trovarsi solo con Hubble, il suo viso era corrucciato.
«Garris non avrebbe dovuto annunciare una cosa simile! Questa gente è matematicamente sicura che riusciremo presto a parlare con altre città popolate!»
Anche Hubble parve preoccupato.
«Sono così sicuri che vi siano altri uomini viventi sulla Terra... che, per loro, l’unica vera difficoltà è quella di mettersi in contatto con loro.»
Kenniston lo guardò.
«Credi che vi siano realmente altri uomini viventi sulla Terra? Io comincio a dubitarne, Hubble. Se non hanno potuto vivere in una città come questa, non hanno certamente potuto vivere in nessun altro luogo.»
«Può darsi» ammise Hubble, piuttosto perplesso. «Ma non possiamo essere sicuri di nulla. Dobbiamo tentare, e continuare a tentare.»
Kenniston mise in attività la trasmittente quella sera stessa, usandola solo per dieci minuti ogni ora, per risparmiare al massimo la benzina.
«Qui, Middletown!» urlava nel microfono. «Qui, Middletown!»
Era superfluo aggiungere altre parole. Non potevano infatti far funzionare un ricevitore per udire la risposta. Potevano solamente chiamare, per rendere nota la loro presenza e attendere, nella speranza che qualsiasi altro essere vivente che ancora fosse rimasto sulla Terra morente ascoltasse l’appello e venisse da loro.
Una fitta folla lo guardava, al di là della porta, mentre egli trasmetteva il suo appello. Quella folla rimase là tutta notte, e il giorno seguente, e il giorno seguente, e il giorno successivo ancora. Stavano tutti in silenzio, ma la speranza che si leggeva sui loro visi turbava fortemente Kenniston. Mentre altri due giorni passavano, sentiva in sé tutta l’ironia di quelle futili parole che andava ripetendo all’etere.
«Qui, Middletown!»
Ma a chi si rivolgeva, quel suo appello? A una Terra morente, ormai vuota di ogni presenza umana. A una sfera fredda e arida che aveva spacciato l’umanità chissà quanti milioni di anni prima. Eppure, nonostante ciò, doveva continuare nel suo compito, doveva continuare a trasmettere quell’appello, quel grido di un uomo perduto attraverso le epoche che cercava gli altri esseri della sua specie, quel grido che egli ben sapeva nessun orecchio umano poteva più ascoltare, sulla Terra.
«Qui, Middletown!... Qui, Middletown!...»