Sotto la pioggia, Casey Morrow portava un cappello nuovo e teneva il capo chino, con il bavero dell’impermeabile rialzato. Avrebbe potuto notare che infiniti sosia lo sorpassavano frettolosi su ogni lato, e invece si sentiva vistoso come un esquimese nel deserto. Ricercato dalla polizia, e per quali reati Dio solo lo sapeva. Gli sarebbe stato facile convincersi della inutilità di questa spedizione, o almeno posporla finché la stampa si fosse calmata, ma non esisteva un posto dove nascondersi. Anche lo studio di Maggie era un indirizzo pericoloso, e l’attesa sarebbe stata un vero calvario. Quando svoltò finalmente nel porticato degli Uffici Brunner, gli pareva di avere inghiottito un’elica in movimento. C’era da aspettarsela che Gorden avrebbe avuto il suo ufficio in vicinanza di quelli del futuro suocero.
Lo studio pareva uno scenario di Hollywood prima del periodo di economia: sala a pannelli di legno verniciato, un tappeto paragonabile a un folto prato, e al di là delle finestre al diciassettesimo piano il lago e il cielo si fondevano in una squisita sfumatura grigiastra. Ancor più squisita la bionda prosperosa seduta dietro un tavolo col ripiano di vetro che fungeva da scrivania. Più squisita, ma non meno gelida.
— Il signor Gorden non c’è e non è atteso. Tutti gli appuntamenti per la giornata sono stati disdetti.
Le parole le uscivano di bocca come fosse stata una telescrivente, nonostante il suo aspetto tutt’altro che meccanico.
— Non ho un appuntamento — spiegò Casey. — Volevo soltanto vedere il signor Gorden.
— Lo so, dite tutti così.
— Tutti? — Attraversato il folto tappeto, Casey si chinò sulla scrivania. — Perché? Sono venuti in tanti a cercarlo?
La ragazza ebbe l’aria di non ascoltarlo.
— Ve l’ho già detto, il signor Gorden non c’è.
— E dov’è andato?
Non aveva mai visto ciglia tanto lunghe e tanto scure in una bionda di quella sfumatura cenere, e come sapeva servirsene!
— Sono la segretaria del signor Gorden, non la sua balia — aggiunse lei con tono secco. — Non mi ha comunicato i suoi programmi.
— Come fate a mettervi in contatto con lui se accade un imprevisto importante?
— Cioè?
— Ripeto, voglio vederlo.
Le lunghe ciglia ombreggiavano immensi occhi castani, che fissavano l’interlocutore con severo cipiglio.
— Se siete un giornalista arrivate in ritardo — sbottò.
Giornalista! Pareva un buon suggerimento, e Casey se ne valse.
— Oltre alle qualità troppo palesi perché valga la pena di parlarne — disse — vedo che siete anche telepatica. Intendete dire che i miei colleghi mi hanno battuto?
— Da alcune ore.
— Ecco che cosa succede a essere dormiglioni — sospirò Casey.
Trasse di tasca un pacchetto di sigarette e, dopo averlo teso alla bionda, si soffiò sulle dita per scaldarle per il gelido rifiuto di lei. Scorgendo poi un accenditore d’argento su un tavolo basso all’altro capo della stanza, andò a prenderlo e se ne servì. Anche il secondo tavolo era coperto da un ripiano di vetro, e a ogni lato lo fiancheggiava un divano. Casey non vedeva un luogo tanto lussuoso da quando aveva per l’ultima volta comprato dei calzini a Beverly Hills.
— Deve andare a gonfie vele il principale, per essere un novellino — mormorò.
— Si cava la fame — osservò la bionda.
— Suppongo che Brunner gli procurasse molti affari.
— Lo suppongo.
— Compresi i propri.
— Forse.
— Anche il suo testamento, per caso?
Per la prima volta un lieve sorriso increspò quelle labbra provocanti. — È stato qui anche il tenente Johnson.
Johnson. Casey si provò ad applicare quel nome al ricordo di un tale col cappello azzurro e l’impermeabile grigio, concludendo che gli si adattava. Johnson, della Squadra Omicidi, era dunque stato a ficcare il naso nell’ufficio di Lance Gorden. Gli sviluppi si facevano interessanti. L’elica gli si rimise in moto nello stomaco, ma non aveva certamente fatto un tentativo tanto rischioso per niente, e disse: — Immagino che Gorden sarà molto addolorato per la morte di Darius Brunner.
— Lo suppongo.
— Lo conoscevate?
— Brunner? — La ragazza tamburellò sul ripiano di vetro con le unghie laccate. — Certamente! Eravamo vecchi compagni di università, avevamo fatto le regate insieme. Andiamo, signor Procuratore Distrettuale, io ho da fare.
Di questo, Casey dubitava assai. Quando era entrato, la bionda stava oziosamente lucidandosi le unghie; tuttavia aveva palesemente i nervi tesi, e questo poteva essere un colpo di fortuna per Casey. Decise di prolungare il colloquio per rivolgerle almeno qualche altra domanda.
— Gli uffici Brunner si trovavano in questo stabile — osservò, tastando il terreno — e ho sentito dire che, a volte, le segretarie si scambiano le loro opinioni sul principale. Non conoscete per caso la segretaria privata di Brunner?
— La segretaria!
L’esclamazione era stata automatica, e ormai era tardi per mascherarla.
— Forse non regnava l’armonia nella famiglia Brunner — suggerì Casey e la ragazza rise.
— Di che giornale avete detto di essere? — gli chiese.
— Non l’ho detto. Perché?
— Dev’essere una pubblicazione proprio aggiornata se questa per voi è una novità. Lo sanno tutti che i Brunner sono separati. Non è ufficiale, ma lo sanno tutti.
“Ogni giorno se ne impara una nuova” pensava Casey tra sé.
La situazione cominciava a farsi interessante: una figlia che ogni tanto scompare e pare allergica al fidanzato, e la vedova piangente di un marito capriccioso. Tutto sommato, si sentiva proprio come un neonato.
Ad alta voce concluse: — E Gorden naturalmente si sarebbe occupato delle pratiche per il divorzio.
— Non era in programma un divorzio.
— Ne siete certa?
— Sicurissima. La signora Brunner non approva il divorzio.
Un’ipotesi andava già a farsi benedire. E cioè che a Phyllis potesse non andare a genio la posizione di Gorden quale legale di uno dei genitori contro l’altro. Era stata comunque un’ipotesi piuttosto debole, e vi rinunciò senza lotta.
— Ecco perché Brunner viveva in un appartamento in città — continuò Casey — mentre la moglie abitava nella proprietà di famiglia. E dove stava la favolosa ereditiera scomparsa?
Vedendo che la bionda guardava fisso al di sopra della sua testa cominciò a chiedersi se fosse improvvisamente diventato invisibile e incalzò: — L’avete sentita nominare? Sapete, la ragazza che doveva sposare il vostro principale… o forse le mie informazioni sono sbagliate?
A meno che la voce della segretaria di Gorden non fosse d’un tratto diventata baritonale, era presente qualcun altro nella stanza, e Casey si volse di scatto, maledicendo lo spesso tappeto e le porte silenziose. A prescindere dal sorriso pubblicitario, non gli fu difficile riconoscere Lance Gorden. Alto, biondo e robusto, il suo viso appariva tuttavia leggermente pallido sotto il dignitoso cappello blu scuro, e stringeva con dita nervose il manico di un ombrello bagnato.
— State sgocciolando sul tappeto — lo informò Casey.
— Chi è quest’uomo?
— Un altro giornalista, signor Gorden. Stavo cercando di liberarmene.
Era davvero sorprendente udire come ogni inflessione aggressiva si fosse dileguata in così breve tempo dalla voce della bionda. Casey la guardò di nuovo e notò la luce che aveva rischiarato quegli occhioni castani, facendoli parere due gioielli. Ora capiva perché era stata restìa a parlare di Phyllis Brunner. Una brutta cotta.
— Avete fatto colazione, signorina Nardis?
— No, signor Gorden, ma non ha importanza.
— Sarà meglio che andiate, ora. Si fa tardi.
Il tono di lui non ammetteva repliche. Se ne stava lì ritto a sgocciolare sul tappeto e fissava Casey.
— Arrivederci, signorina Nardis — disse questi, ma la bionda, mentre usciva, non lo degnò di uno sguardo.
— Dunque, che cosa stavate dicendo quando sono entrato?
Casey rifletté per alcuni secondi. Continuava a trovare più esatto il giudizio di Maggie anziché quello della bionda, tuttavia quel fisico atletico imponeva un certo rispetto, tanto più se accompagnato dallo sguardo iroso di Lance Gorden.
— Non ho buona memoria — borbottò.
— Stavate insinuando che esisteva uno screzio tra la signorina Brunner e me.
— Davvero?
— Esattamente.
— Chissà perché?
— Le domande le faccio io! — ribatté Gorden con tono secco.
Per un secondo Casey provò uno strano senso di formicolìo alla nuca e il modo con cui l’altro stringeva nervosamente l’ombrello gli riportava alla mente una macabra fotografia di un attizzatoio insanguinato. Si scrollò di dosso quel senso di disagio e riuscì a tirar fuori un debole sorriso, dicendo: — Avrò raccattato qualche sciocco pettegolezzo. Mi ero messo in testa che qualche mese fa la signorina Brunner vi avesse piantato per unirsi a una compagnia di balletti.
Nello sguardo di Lance gli riusciva di leggere un po’ di tutto: ira, stupore, colpevolezza. Ma forse erano tutti giudizi avventati.
— Siete stato male informato — ribatté Gorden. — Alla signorina Brunner la danza interessa quanto le altre arti, ma non è mai stata fonte di screzi fra noi. Per di più vi consiglio seriamente di non pubblicare le vostre opinioni.
— In questo momento m’interesso poco di ciò che si deve pubblicare e ciò che non si deve pubblicare — osservò Casey. — Siete sicuro che non esistesse un malinteso fra voi due quando la signorina andò al bar Nuvola ieri pomeriggio?
Questa volta si aspettava davvero che l’ombrello gli si abbattesse sul cranio, invece Gorden si limitò a mordersi il labbro e non fece un gesto. Piano piano la sua tensione parve allentarsi, e, dopo aver deposto l’ombrello sulla scrivania dal ripiano di vetro, si frugò in tasca e ne trasse un portasigarette d’oro. Mentre accendeva le mani gli tremavano.
Alla fine disse, lentamente: — Avevamo i nostri piccoli litigi, s’intende, come accade a tutti i fidanzati. Del resto la signorina Brunner ha un temperamento nervoso e tende a preoccuparsi molto per suo padre.
— E per la segretaria del padre?
— Non capisco — mormorò Gorden, fissandolo freddamente attraverso una sottile cortina di fumo.
— Ho sentito dire che Brunner se la spassava.
— Sciocchezze.
— L’intera città ne parla.
— Se l’intera città ne parla, e per me è una novità, la città sta dicendo delle corbellerie. Conosco intimamente la famiglia Brunner.
— E non sapete che sono separati?
— Separati? Non è assolutamente vero. — Riacquistata ormai la calma, Gorden ebbe perfino un fuggevole sorriso. — Alcuni mesi fa, Brunner prese un appartamento qui in città, ma lo fece dietro consiglio del medico. Il lungo percorso dalla sua proprietà di campagna lo stancava molto, e accennavo appunto a questo, dicendo che la figlia si preoccupava per lui.
Le sue parole avrebbero potuto essere convincenti per chiunque, ma Casey serbava un ricordo vago di una proposta di matrimonio e un ricordo assai positivo di cinquemila dollari, che parevano indicare più che una semplice preoccupazione per la salute di Darius Brunner.
Insistette quindi: — E quando la signorina era in ansia, si dirigeva sempre verso il bar più vicino?
— Vi ho detto che era molto nervosa.
— E si sentiva sola?
La calma di Gorden fu poco duratura. Uno strano pallore gli si era diffuso attorno alla bocca, e si capiva che dominava a fatica la voce quando disse: — Non so bene quale sia la vostra losca mira, ma è certo che manca di buon gusto.
— Anche l’omicidio manca di buon gusto.
— È appunto ciò che intendo. Se non avete rispetto per la reputazione della mia fidanzata, e a quanto pare non ne avete, potreste almeno avere riguardo per i sentimenti di sua madre. Questa tragedia è già fonte sufficiente di dolore per la signora Brunner, senza che il comportamento piuttosto capriccioso di sua figlia venga frainteso per offrire divertenti letture al pubblico di analfabeti, a cui evidentemente vi rivolgete.
— Sarei desolato di addolorare la signora Brunner — ribatté Casey — ma se la sua cara figlioletta ha sbattuto un attizzatoio sulla testa del papà anche gli analfabeti hanno diritto di saperlo.
— Phyllis? — Per un attimo Gorden parve aumentare di statura e fissò l’altro incredulo, lasciandosi poi cadere sulla poltroncina della segretaria, dove rimase a occhi bassi, fissando la propria immagine sgomenta riflessa nel ripiano di vetro. — Dio mio! — mormorò roco.
— Non vi era venuto in mente?
— Neanche per sogno.
— Forse dovreste interrogare gli analfabeti di cui vi lamentavate. Probabilmente loro già lo pensano.
— Ma Phyllis adorava suo padre!
— Però lui è morto, e lei è scomparsa.
Gorden alzò il capo con gesto lento e fissò Casey con espressione calcolatrice: — Il vostro lavoro deve occuparvi molto — osservò in tono asciutto. — Che giornale avete detto di rappresentare?
— La “Rassegna femminile”.
— Davvero? — Si vedeva che cominciava a sommare alcune cose, e pareva essere un matematico in gamba. — Perché non riferite le vostre ipotesi alla polizia? — suggerì. — Potrebbero interessarla e, chissà, forse riuscireste a ottenere qualche notizia. Vi farebbe piacere sapere dove sono stato in quest’ultima ora?
Una suoneria d’allarme squillò nel subcosciente di Casey, il quale prese ad indietreggiare, allontanandosi dalla scrivania. Lo sguardo di Gorden era troppo fisso.
— Sono stato in un vicolo nei pressi del fiume per identificare la macchina della signorina Brunner. Chiunque l’avesse abbandonata lì, aveva cercato di eliminare le prove dando fuoco alla tappezzeria, ma un passante ha dato l’allarme appena visto il fumo. Strano il fatto della tappezzeria. Un lato del sedile era imbrattato di sangue, ma non quello del guidatore.
Un vicolo nei pressi del fiume. Poteva indicare un’infinità di luoghi, ma per Casey significava una zona situata fra il bar Nuvola e un vecchio edificio nella Erie Street. Dovette fare uno sforzo per chiedere: — E la signorina?
— La sua borsetta è stata trovata a circa mezzo isolato di distanza. Null’altro… per ora.
Gorden si era alzato e allungava la mano sinistra verso il telefono. — Quanto all’individuo con cui si era incontrata nel bar dell’albergo…
Non terminò la frase né la manovra per afferrare il telefono. Praticamente era già proteso a ricevere il pugno che Casey fece scattare e, dopo averlo ricevuto, non parve più disposto a chiacchierare.
Casey stava già filando oltre l’ingresso, diretto verso l’ascensore, e ben presto usciva a precipizio dallo stabile, prima che la bionda tornasse per trovare il suo eroe con il bel viso affondato nel portacenere. Fuggiva anche da un’orda di ombre i cui volti assomigliavano a quello sardonico del fattorino. Se Phyllis Brunner era morta… Non era ammissibile neppure pensare a certe cose, non poteva essere morta. Maggie doveva per forza aver visto giusto!
Una volta in strada gli fu facile disperdersi nella calca frettolosa e svoltò automaticamente a sinistra. Pochi isolati più oltre balzò su un autobus che stava per invertire la direzione, ripartendo verso nord, e lungo tutto il percorso fino alla Erie Street continuava a ripetersi che Phyllis non poteva esser morta.
Maggie non c’era, e allora s’introdusse in casa con la chiave che gli aveva dato, chiedendosi come poteva essersela cavata al Municipio. Del resto, c’erano pochi dubbi in proposito. Anche se fosse esistito un fondo di verità nelle supposizioni di lei, le probabilità di un matrimonio segreto erano minime. Phyllis Brunner non avrebbe arrischiato un’attesa di tre giorni, anche se le fosse riuscito di ottenere una licenza, con il confine dell’Indiana tanto vicino. Comunque, tutto pareva ancora un sogno pazzesco.
Nello studio regnava una quasi totale oscurità. Nei giorni piovosi, l’imbrunire sopraggiunge presto, e il crepuscolo plumbeo che filtrava dall’alto creava soltanto una fantasmagorica chiazza di luce. Casey si chiuse la porta alle spalle e attese che la sua vista si fosse abituata alla penombra. La luce fioca batteva in pieno sul viso che Maggie aveva ritratto e lui la ricordava appunto così, avvolta in un tenue raggio azzurrino in mezzo a cui spiccavano gli occhi color fumo.
“Che ti prende, Casey Morrow? Quali poteri magici aveva quella ragazza per capovolgere la tua vita in questo modo? È possibile che siano trascorse soltanto ventiquattro ore da quando hai visto quel volto? Sembrano secoli, lunghi secoli oscuri.”
All’improvviso cessò il suo soliloquio. Nonostante la luce plumbea si era accorto che il quadro si era mosso e avanzava verso di lui.