Viva, anzi vivissima, Phyllis Brunner stava avanzando con passo esitante, incerta sull’identità della persona entrata nello studio, quando Casey accese la luce. Era la prima volta che la vedeva illuminata chiaramente: il volto pallido, la pelliccia di visone ormai simile a un topo annegato, era tuttavia sempre bellissima. Si fermò a mezzo metro da lui e attese le parole, che Casey non riusciva a trovare.

— Aspettavo Maggie — finì per dirgli. — Un tempo abitavo qui.

— Lo so.

— Ho ancora la chiave. Suppongo che serva per tutte le porte.

Non c’era alcun senso logico in quella sua posa, lì ferma a mostrare la chiave che stringeva in mano come se avesse un significato, come se quelle vane chiacchiere ne avessero. Casey provava il desiderio di afferrarla per le spalle e darle uno scrollone finché non avesse preso a parlare logicamente, ma di fronte a quegli occhi strani e intimoriti non ebbe neppure la forza di alzare le braccia.

— Volevo ritrovarvi — aggiunse Phyllis.

— Ci credo!

— Sul serio. Volevo spiegarvi perché vi avevo condotto qui ieri sera. Perché sarei tornata, altrimenti?

— Non lo so e ho paura di cercare d’indovinare. Forse avete un altro incarico da propormi.

Le ultime tracce di colore si dileguarono sulle guance di lei. Strinse i piccoli pugni esclamando: — Che volete dire? Che cosa state insinuando?

— Dovreste saperne più di me su quanto sto insinuando. Lo confesso, non ricordo molto bene e so soltanto che voi ieri siete venuta nella mia nicchia al bar Nuvola e vi siete messa a parlare di un misterioso incarico da affidarmi. Questa mattina trovano vostro padre con la testa fracassata e io mi sveglio con la manica della giacca insanguinata e cinquemila dollari. Che cosa pretendete che insinui?

Si chiamava parlar chiaro, e l’effetto delle parole fu corrosivo. O Phyllis era davvero sgomenta come pareva, oppure era la più grande attrice del mondo. Barcollò leggermente, ma Casey lasciò che se la sbrogliasse da sola. Una tremenda bugiarda, aveva detto Maggie.

— Oh no… — ansimò Phyllis. — Non è così! Non vi avevo assoldato perché assassinaste mio padre!

Quasi quasi le credeva, ma forse lo spingeva il suo grande desiderio di crederle. — E chi l’ha mai detto? — ribatté. — A voi occorreva un capro espiatorio su cui far ricadere la colpa quando le cose si fossero messe male. Come mai vi è mancato il coraggio? Perché non avete strillato per chiamare la polizia? Credevate forse che avrebbero dubitato della vostra tragica storiella? — Trasse di tasca le banconote, Casey le soppesò e riprese: — C’è anche il movente, e un uomo che ha perso la memoria non può difendersi.

— Per voi è dunque tutto chiarissimo, non è vero? — Il grido di lei era una protesta, una difesa.

— Possono essermi sfuggiti alcuni particolari.

— Tutto chiarissimo!

Nonostante il visone gocciolante, non mancava di una certa dignità. Non pareva tipo da piangere facilmente, e infatti dai suoi occhi non sgorgò una lacrima. Taceva, ma quando si scostò un poco le sue spalle erano scosse da un tremito.

— Se aveste un’altra versione… — azzardò Casey.

— Grazie, grazie davvero!

— Santo Dio, che cosa pretendete che pensi?

Non era stata sua intenzione gridare così, ma non voleva farle credere di avere il minimo dubbio e non desiderava averne. Tutto il giorno non aveva fatto che ripetersi che tipo di donna fosse e non intendeva mutare opinione. Eppure aveva sempre saputo di mentire a se stesso. Ora ne era ancora più conscio, mentre Phyllis si volgeva di nuovo verso di lui e lo fissava con sguardo perplesso, indagatore. Così umidi di lacrime, i suoi occhi sembravano più grandi, e lei pareva piccina e spaventata.

— Scusate — disse — è tutto il giorno che mi sto rodendo. Non avrò riflettuto su ciò che avreste pensato, ma se volete ascoltarmi…

Casey ascoltò, ma non in quel momento, perché i minuti successivi gli occorsero per sollevare Phyllis che si era accasciata sul pavimento.

— È svenuta. Mi stava parlando e a un tratto è svenuta. È infreddolita e inzuppata.

— Lo vedo — disse Maggie. — Smettetela di comportarvi come il solito maschio buono a nulla e ficcatevi da qualche parte, mentre io le tolgo gli abiti bagnati. Andate a fare il caffè… se ne siete capace.

Casey si ritirò in cucina e cominciò a fare un baccano del diavolo col macinino e la cuccuma. Già un guaio vedere una ragazza in lacrime, vederla svenire era ancor peggio. Nessuno poteva esser più gradito di Maggie quando si era precipitata nello studio con aria stupefatta, prendendo subito le redini della situazione. Sulle prime gli aveva lanciato un’occhiataccia come se fosse stato lui a tramortire Phyllis — se non peggio — ma non era questo a dare quel tremito alle mani di Casey mentre dosava il caffè. La causa del tremito avrebbe richiesto una lunga analisi, e stava appunto procedendo a farla, quando Maggie lo chiamò.

— È viva — stava dicendo — e parla.

— Casey…

Solo allora lui si rese conto che conosceva il suo nome. Doveva sapere tante altre cose sul suo conto che non ricordava di averle detto, ma ormai non erano più importanti. Si accostò al divano, su cui sedeva avvolta in una coperta militare, e si sedette al suo fianco.

— Va bene, ascolto — disse.

— Non è come avete detto voi.

— E allora?

— È stato… terribile. — Si strinse di più la coperta, ma il suo tremito non dipendeva soltanto da una questione di temperatura. — Era tardi, quando siamo arrivati a casa di mio padre — continuò. — Non so esattamente l’ora, ma dovevano essere circa le undici. Eravate completamente sbronzo, ma sono riuscita a tirarvi fuori dalla macchina e a trascinarvi su fino all’appartamento. Avendo visto la luce nello studio di papà, avevo deciso di farvi fare la sua conoscenza.

— Questa non me l’aspettavo — fece Casey. — Doveva essere di manica larga vostro padre.

Phyllis non parve udirlo, e il suo viso aveva un’espressione tesa.

— Eravamo già nella stanza, prima che io vedessi ciò che era accaduto. Per un momento sono stata incapace di aprir bocca e perfino di fare un gesto, ma voi siete inciampato nell’attizzatoio sul pavimento e poi l’avete raccattato. Ecco come vi siete sporcato di sangue.

— L’ho raccattato! — ripeté Casey. — Ma bene! L’avrò coperto d’impronte.

— Lo suppongo. Non mi è venuto in mente di pulirlo.

Casey diede un’occhiata a Maggie, e i suoi occhi chiedevano: “Come si fa a capire quando mente?”. Ammesso che avesse un’opinione in proposito, Maggie la tenne per sé.

Intanto Phyllis continuava: — Quando mi sono finalmente resa conto dell’accaduto sono stata presa dalla paura. Nello stabile tutto taceva e poi d’un tratto ho udito il rumore dell’ascensore che saliva. Non si è fermato al nostro piano, ma il rumore è stato sufficiente a darmi l’impulso di fuggire. Forse avrei dovuto dominarmi, forse sarei dovuta rimanere e chiamare la polizia, ma ero in preda al panico. Temevo soprattutto per voi, non volevo mettervi nei guai.

— Davvero premurosa — fece Maggie.

— Sono sincera! Non è stato facile, ma sono finalmente riuscita a portarlo giù e a farlo salire in macchina. Nel frattempo si era messo a piovere, e devo aver vagato per ore sotto l’acqua prima di aver l’idea di condurlo qui. È stato l’unico posto che mi sia venuto in mente.

Maggie chiese: — Dopo dove sei andata?

— Mi sono avviata verso casa… per andar da mia madre, ma non ho potuto.

— Perché?

— Non lo so, non me la sentivo.

— Se vi picchia — osservò Casey — nutrirò grande ammirazione per lei.

Phyllis sollevò di scatto il capo biondo e lo fissò con occhi lampeggianti. Gridò: — Non mi credete! Non volete credermi! Ormai avete stabilito di non credermi, e, qualunque cosa io dica, non cambiereste opinione. Ma perché dovrei avere ucciso mio padre o incaricato voi di farlo? Era l’unica persona a cui volessi veramente bene.

Nascose il viso nella coperta che l’avvolgeva e, pur non piangendo, rimase tanto immobile che gli altri due non osarono disturbarla. Dopo poco rialzò la testa e prese a scrutare il viso di Casey con la stessa espressione assorta del giorno prima al bar Nuvola.

Finì per dire con tono calmo: — Voi mi aiuterete a scoprire chi è stato a uccidere mio padre.

— Davvero?

— Sì, e non sarà difficile. Il compito più arduo sarà di provarlo. È molto scaltro.

— Allora sai chi è? — chiese Maggie.

— Credo di saperlo. Anzi, sono sicura di saperlo. Papà era l’unica persona che temeva, l’unico che lo intralciasse. Era riuscito a ipnotizzare mia madre come fa con tutti, ma papà non si era lasciato menare per il naso. Aveva detto che non dovevo sposarlo se non ne avevo voglia.

Casey diede un’occhiata a Maggie, che rispose con un cenno di soddisfatta modestia. Rivolto a Phyllis spiegò: — Maggie ritiene che steste scappando da Lance Gorden quando veniste qui la prima volta.

— Lo conoscete?

— Ci siamo incontrati — fece Casey, sfregandosi le nocche con aria pensierosa.

— Maggie ha ragione, scappavo da lui. Insisteva sempre perché lo sposassi, e la mamma faceva altrettanto, così finii per cedere. — Phyllis aggrottò la fronte, quindi aggiunse: — Mia madre si agita troppo, trova che dovrei sistemarmi. Suppongo che le sue intenzioni siano buone, ma non capisce fino a che punto Lance l’abbia ipnotizzata.

— Dev’essere un vero Svengali — osservò Maggie — e senza neanche la barba.

Nelle sue parole affiorava un’inflessione che consigliava la prudenza, e Casey fu messo in guardia. “Ricorda” gli stava dicendo “è la piccina dalla fantasia fervida. Ricorda la disgraziata prima donna e il padre dedito al sacrificio.”

— A prescindere da una ragione ovvia che per il momento lascerò perdere — disse Casey — perché Gorden ci tiene tanto a questo nozze?

— Denaro. — La risposta era stata pronta.

— Sembra ben provvisto.

— Il verbo sembrare è molto adatto. — Il sorrìso di Phyllis era amaro. — Come credete che se la sarebbe cavata senza l’appoggio di mio padre? E anche quella fu un’idea di mia madre.

— E così, forse stanco di pagare la tassa sui redditi, fa fuori la sorgente di questi redditi? Sarebbe questa la vostra teoria?

Era chiaro che a Phyllis non garbava essere contraddetta, e la bimba pallida dalle labbra tremanti e dagli occhi sgomenti sparì in un baleno.

— Non vi espongo teorie! — esclamò seccamente. — Sto dicendo la verità, e non mi importa che voi mi crediate o meno, dovrete fare comunque quello che vi dico.

— Non starebbe male aggiungere “per piacere” — suggerì Maggie, ma ormai nulla avrebbe fermato Phyllis.

— Tanto per cominciare, nessuno di voi due denuncerà alla polizia la mia presenza. Non voglio essere trovata, almeno per ora. Ecco perché ho dato fuoco alla mia macchina.

— Ho notizie per voi — intervenne Casey. — Siete stata poco abile e l’automobile non è bruciata.

Quell’informazione la tacitò soltanto per un istante, e subito riprese: — Ad ogni modo, me ne sono liberata. Starò nascosta per un poco, lasciando che Lance si roda per sapere dove sono e perché. Anche in questo mi aiuterete voi.

— A quanto pare, tutto d’un tratto sto diventando il vostro braccio destro.

— Sarà meglio, perché in caso contrario sarà sufficiente che io vada alla polizia a dire che mi avete rapito dopo avere ucciso mio padre.

Già da un po’ Casey si aspettava il colpo mancino. A volte nella vita è possibile discutere, ma in questo caso l’aria decisa e dura di Phyllis lo precludeva. Lanciò una occhiata a Maggie, e questa osservò: — Siete in trappola.

— Non è detto! — ribatté, soffocato dall’ira.

Si volse di scatto per fronteggiare la ragazza, che gli sedeva a fianco con l’aria sicura di sé. Sicura e soddisfatta. — Si tratta della vostra parola contro la mia — le disse — e io preferisco la mia. La polizia ha metodi molto rigidi quando si tratta di omicidio e cerca sempre di trovare il movente. Più ci penso e meno moventi vedo da parte mia, a meno che voi mi aveste pagato per commettere il reato, e in tal caso non fiaterete con anima viva. Dopo tutto Darius Brunner non era nulla per me.

— Come no!?

— Mi è forse sfuggito qualche particolare?

Un lento sorriso si diffuse sul viso di Phyllis e quel sorriso non auspicava nulla di buono per Casey Morrow. Se lo sentiva nella bocca dello stomaco.

— Vi è sfuggito tutto — disse la ragazza. — Mi è toccato andare fin nell’Indiana e anche sorreggervi durante la cerimonia, ma ho trovato un magistrato miope e avido di denaro quasi quanto voi. Ho notizie da darvi: sono la signora Casey Morrow.

Tacque un attimo per dar modo alle sue parole di penetrare, ma in fondo Casey non era stupido. Era il modo di fare di lei che lo faceva ammutolire. Indubbiamente aveva avuto le sue ragioni per compiere un simile passo, e quelle ragioni potevano significare grossi guai.

— Quest’onore mi è costato cinquemila dollari — aggiunse Phyllis. — Avrei potuto trovare ciò che cercavo a minor prezzo, ma quando vi ho visto coccolare il vostro ultimo dollaro al bar Nuvola ho intuito che eravate la persona adatta. Avevo ragione, non vi sembra?

Guardandosi bene dal rilevare l’ultima frase, Casey domandò: — È Gorden la causa di questo matrimonio?

— Appunto.

— Ora non può più sposarvi.

— Non può sposarmi e non può mettere le mani sui quattrini.

— Quattrini? Che quattrini?

Gli rispose con una risata argentina, un poco aspra: — Lo sapevo che vi avrebbe interessato. I miei quattrini, s’intende. Papà non nutriva molta fiducia nelle capacità amministrative della mamma e odiava le tasse di successione per cui mi aveva intestato tutto il suo patrimonio. Un paio di milioni di dollari, se volete proprio farvi venire l’acquolina in bocca. L’unico ostacolo consiste nel fatto che legalmente io non sono maggiorenne e devo quindi avere un tutore… oppure un marito.

A Casey occorse un certo tempo per assuefarsi all’idea.

Ora capiva il piano di Phyllis e riusciva anche a essere più lungimirante. Non era forse l’uomo più scaltro del mondo, ma sapeva riconoscere una occasione propizia anche se gli veniva presentata avvolta in una coperta militare. E se Phyllis avesse avuto ragione? E se fosse riuscito a provare che era stato Lance Gorden a uccidere Darius Brunner? Era una possibilità piuttosto vaga, ma in genere sono proprio quelle vaghe che rendono, e a Phyllis avrebbe reso non poco. Per procurarsi un marito aveva già sborsato cinquemila dollari, per disfarsene ne avrebbe sborsati molti di più.

Lei attendeva con gli occhi lucenti. — Dunque? — chiese. — Che ne pensate del mio racconto?

— Dàgli tempo d’interrogare il suo animo — consigliò Maggie con tono asciutto. — Non ci metterà molto, e sono sicura che sarete molto felici, figlioli miei.