Il caldo sole di giugno inondava di luce le rocce e un venticello tiepido passava tra le foglie nuove e i fiori che oscillavano dolcemente; e dappertutto sulla spiaggia, nei boschi, sulla distesa di erba, fino a poca distanza dalla riva del lago, si lavorava intensamente. C’era ancora molto da fare, lavoro per tutta l’estate.
Anche gli uccelli sui rami erano in movimento, come lo erano i loro lontani parenti, le galline e i galli, nei prati. I castori uscivano dai loro rifugi e scrutavano l’acqua. I tacchini intorno si dondolavano, e anche per le volpi e i lupi la fame del lungo inverno era finita.
Dalle costruzioni di legno e mattoni si alzavano verso il cielo colonne di fumo che uscivano dai camini, segno che era appena stato preparato il pranzo. Ora gli uomini erano tornati fuori al lavoro, nei campi, nei boschi, a costruire, mentre le donne, rigovernata la cucina, tornavano alle loro occupazioni particolari, agli arcolai, ai telai, agli asili, alle scuole.
C’era solo una grossa colonna di fumo che non proveniva dai camini, ma si alzava da una costruzione a nord, nella quale Devan Traylor, sudato e col volto annerito dal fumo, azionava con energia disperata un mantice.
Vicino a lui si dava da fare un uomo biondo e robusto, i cui muscoli si alzavano e si abbassavano con ritmica regolarità, senza che apparentemente sembrasse fare alcuna fatica. — Non dobbiamo poi ammazzarci — stava dicendo quest’ultimo. — Riusciremo ad avere abbastanza aria, attraverso questi condotti di argilla, vedrete.
— Benone, Gus — disse Devan — non vogliamo che il ferro diventi così caldo da scendere da solo. Dovresti sapere quello che stai facendo.
— Io non lavoravo molto vicino ai forni a Gary — rispose — ma ne sapevo più di quanto si immaginassero. Sino a che il ferro non diventa troppo caldo, noi siamo a posto. Lasciate che regga io i due mantici.
Devan si fermò di buon grado a riprendere fiato, osservando con occhio attento il forno. — Ci vorrà altro carbone, Gus, che ne pensi?
— Non credo — rispose il grosso uomo — magari solo un pochino, una sola palatina.
Devan prese con la pala un po’ di carbone e lo gettò nella pila incandescente. Quindi si offrì di sostituire per un momento Gus ai mantici, ma lui scosse la testa e sorrise.
Il ferro che stavano lavorando era il migliore che Devan e Gus avessero ottenuto sinora. All’inizio Devan aveva richiesto dei volontari che cercassero una cava di minerale grezzo; molti interruppero ciò che stavano facendo e si divisero a gruppi in tutte le direzioni per cercare. I primi rapporti riguardavano solo gli animali che erano stati avvistati, alcuni orsi fuggiti nel sottobosco al loro apparire, qualche volpe e qualche lupo (un uomo disse di aver visto un bufalo e qualche cerbiatto).
Un altro uomo avvistò la colonia degli accoliti di Sudduth sistemata a circa venti miglia a sud del lago, in cave calcaree. Disse, pur non essendosi avvicinato di molto, che i “Sudduthiti” avevano preso assai seriamente la faccenda del nudismo, nel quale Sudduth aveva visto, dopo il passaggio dall’Ago e la perdita generale degli abiti, un segno del volere di Dio. Anzi questo improvvisato reporter fu poi preso in giro dagli amici, insospettiti dalle dichiarazioni su cose viste — stando a quanto lui stesso disse — a distanza. Lo scherzò finì in rissa.
Infine alcuni uomini trovarono il rosso minerale dove meno si aspettavano di trovarlo, vicinissimo al campo e quasi in superficie. Cominciarono a lavorarlo nel vecchio modo, caricandolo dapprima su traini di legno, che trascinavano poi lungo il terreno, fin tanto che non si poté fabbricare un vero carro con le ruote.
Devan fece il primo tentativo di estrarre il ferro, da solo, in una fornace allestita all’aperto, mentre soffiava un vento gelido e Betty gli stava accanto per incoraggiarlo. Dopo diversi giorni fu possibile spegnere il fuoco e Devan con orgoglio poté presentare la massa di ferro estratto. Era soffice e malleabile e senz’altro sproporzionato all’enorme fatica fatta da Devan, ma era all’inizio.
Un mattino, un uomo che sino a quel momento si era occupato della caccia e della pesca, si fermò a osservare i lavori. Era Gus Nelson. — Perché non cercate di costruire un altoforno? — aveva chiesto a Devan.
— È quello che penso di fare — aveva risposto Devan — ho voluto però fare alcune prove per vedere cosa si potesse concludere con un’attrezzatura così elementare.
Poi, osservando la possente muscolatura dell’uomo, le sue larghe spalle e l’onesto azzurro dei suoi occhi, chiese al giovane: — Ehi ragazzo, perché invece di star lì a dar consigli non mi dai una mano?
— Preferisco pescare — rispose con un sorriso luminoso.
— Piacerebbe anche a me. Ma abbiamo bisogno di ferro. Com’è la pesca?
— Abbastanza buona.
— Potrebbe anche andar meglio.
— E in che modo?
— Con gli uncini. Di ferro. — Devan vide che il ragazzo appariva interessato e continuò: — Ci occorrono arpioni. Punte d’acciaio per le frecce. Coltelli per scorticare. Perché non ci stai anche tu? Traylor Nelson, il più vicino concorrente all’acciaio U.S.A. da questa parte dell’Ago.
L’idea piacque al ragazzo e si unì a Devan. Fabbricarono mantici con la pelle di animali, fecero entrare l’aria nel deposito del minerale, e del carbone attraverso canali appositi. Gus Nelson consigliò anche il calcare, che riduceva più in fretta il minerale. Iniziata la lavorazione del ferro, Devan avrebbe voluto affidarla interamente a Gus dato che c’erano altre cose da fare, di cui avevano un bisogno estremo, il vetro, l’elettricità, a esempio. Ma il ferro era fondamentale, essenziale.
Essenziale. Devan pensò divertito al valore che le donne davano a questa parola riferendosi ai cosmetici, cosa di cui non avrebbero dovuto preoccuparsi minimamente in questa nuova vita selvaggia. Ma invece per loro il rosso per le guance e quello per le labbra erano veramente indispensabili, avevano trovato depositi di polvere rossastra quasi in superficie, polvere che, lavorata, dava un buon rosso.
Ciò avvenne prima che gli uomini scoprissero i depositi di minerale che risultarono in definitiva la stessa cosa, per cui il merito della scoperta poteva andare alle donne. Niente si prestava maggiormente per il trucco di questa polvere che, nella gradazione più scura, dava, mescolata al grasso degli animali, un rosso per le labbra di tono cupo che alcune, tuttavia, non riuscivano a usare per il sapore cattivo.
Essenziale. Per parte loro, gli uomini impiegarono un mucchio di tempo a cercare la pianta di tabacco. E quando finalmente riuscirono a trovarla, riempirono le pipe di argilla, già pronte.
Così. Devan concluse, la vita dall’altra parte dell’Ago non si annunciava poi molto diversa dalla solita.
Devan e Gus osservavano con attenzione il fumo che si alzava nel condotto circolare di argilla.
— Ricordo una volta — disse Gus, sempre con gli occhi fissi alla rossa massa di minerale. — Ci fu una perdita di ossido di carbonio e fecero allontanare tutti dal forno fino a che non fu riparato.
— Può darsi che anche in questo momento, si stia sprigionando ossido di carbonio, proprio qui, ma credo che non potrebbe far male a nessuno. Siamo così all’aperto — rispose Devan.
— Come vanno i miei fabbri? — Betty si era avvicinata ai due uomini. — Non riesco a capire come possiate starvene lì così vicino al forno.
— Ci siamo abituati — rispose Devan. — Come mai sei venuta qui?
— Volevo sapere come devono essere grandi le scatole di argilla.
— Sarebbe meglio che tu aspettassi sino a che abbiamo tirato fuori il ferro e gli abbiamo dato una forma.
Betty infilò un braccio sotto quello di lui: — Viene meglio dell’ultimo?
— Questo sarà un vero record, signora Traylor — rispose Gus. — Ora faremo un nuovo esperimento, nel quale entreranno anche le scatole che state preparando. Non appena la fornace si sarà un po’ raffreddata, ma il ferro sarà ancora caldo, lo tireremo fuori e lo batteremo per toglierne quanto più possibile le scorie. Poi gli daremo la forma che vorremo. Introdurremo i vari pezzi nelle scatole di argilla, le scalderemo e lasceremo che il ferro assorba il carbonio formando così una nuova lega molto più resistente del normale. Semplice, no?
— Sembra semplice — Betty disse — ma è proprio il sistema esatto di lavorarlo?
— È quanto Gus assicura. — Devan rispose e osservò intanto un uomo che si stava avvicinando, facendo loro cenni con il capo. Riconobbe il dottor Van Ness.
— Nessun paziente, oggi, dottore? — gli chiese Betty.
Il dottore si esaminò le unghie, alzò le sopracciglia. — Non voglio accusare nessuno — disse infine — ma da quando abbiamo cominciato a somministrare vino per le estrazioni, abbiamo tanto di quel lavoro da non poter accontentare tutti. È un povero sostituto degli anestetici, è vero, ma da quando Costigan ha messo in vigore questa disposizione, la gente preferisce farsi togliere i denti, anziché curarli.
— Io dovrei farmi fare qualche otturazione — disse Devan. — Quando posso passare da voi?
Il dentista si sedette su un ceppo di legna. — Dovete sentire la signora Anderson, che vi fisserà un appuntamento. Ma, a dire il vero, non sono venuto qui a cercare lavoro, ma a lamentarmi.
— E di che?
— Dovrò smettere le otturazioni, sino a che non sarò meglio attrezzato.
— Così, la sostanza che vi ho preparato, non va bene?
— È piuttosto imbarazzante. — Il vecchio appariva esitante. — Neanche ai pazienti piace. Il fatto è che il metallo non va bene. Dopo aver ripulito la cavità e introdotta la sostanza metallica, questa si sbriciola o si schiaccia. È successo per tutto il metallo che avete preparato.
— Stiamo ora preparando una nuova sostanza — disse Devan. — Anzitutto dovremo ridurla nella forma esatta e lasciare quindi che si impregni di carbonio. Vedrete la differenza.
— Così andrà meglio. — Il dentista si rischiarò.
— Lavorate da solo, dottore?
— Ho preso un paio di aiutanti che sto addestrando. Non vivrò in eterno, lo sapete. Sono ridotto a dar loro lezioni soprattutto di notte. — Dalla tasca della sua giubba di pelle tolse un pezzo di pergamena. — Ho disegnato nuovi strumenti. — Li indicò. — Un bisturi, se lo potete fare, una piccola bilancia, altre pinze, degli scalpellini, infine una serie di pinze come vedrete di varie forme e misure, non possedendo un trapano.
— Come farete — gli chiese Devan — quando avrete finito le otturazioni? Potrete fare denti falsi?
— Ci sarebbe lavoro per due o tre dentisti qui — rispose il medico. — Solo ho bisogno di più oro. Enormi quantità di oro.
— Perché non riempite i denti con altre sostanze provvisorie?
— “Altre” sostanze provvisorie? — Il dentista appariva sinceramente stupito. — Questo dimostra quanto poco la gente se ne intenda del nostro lavoro. L’oro è la sostanza migliore che vi sia, è eterna. I dentisti userebbero solo oro per avere risultati soddisfacenti, ma oltre al tempo impiegato per riempire le cavità, bisogna tener conto dei prezzi, che sarebbero troppo alti. L’oro non si appanna e non si corrode. È una sostanza senza pari. Quando io riempio un dente, anzitutto pulisco la cavità, la lascio asciugare e quindi ci introduco un sottile rotolino di oro, poi prendo i miei attrezzi, e sono pronto per il resto del lavoro.
— Magnifico, dottore — disse Devan.
— Troveremo del gesso — continuò il dottore — e ne faremo il cosiddetto “impasto di Parigi”, poi fonderemo una dentiera d’oro con punte arrotondate al posto dei denti, e mi occorreranno pochi stampi per l’impressione che io userò con la malta per avere la forma dell’arco alveolare… — La sua faccia sprizzava entusiasmo. — Mi sembra di vederle. Dentiere d’oro!
— Ma per quanto riguarda i denti?
— Li ricaverò dai denti degli animali. Ci sono capre in giro, no? — Rise e poi: — Vi rendete conto che una dentiera d’oro costerebbe normalmente cinquecento dollari? — Si fregò le mani allegramente. — Sarà un esperimento. Solo un esperimento. Spero solo che si possa trovare molto oro.
“Che magnifico aspetto ha Orcutt” Devan pensò. “Non è mai stato così bene da quando lo conosco. È abbronzato e snellito. E la barba gli dà un aspetto profetico”.
— Ottimo pranzo — stava dicendo Orcutt spingendo indietro la sedia, assemblata da bande di cuoio che scricchiolavano un po’. Stava fumando con visibile soddisfazione.
— Buono davvero — fece eco Renthaler. Renthaler, o più precisamente Walter Renthaler, era un ragazzo sui venticinque anni al massimo, grassoccio, allegro, dall’espressione vivace e dai capelli rossicci. Orcutt l’aveva condotto con sé a pranzo. Diceva di avere qualcosa da discutere con Devan.
Certamente qualcosa che riguardava la chimica, Devan si immaginò. Renthaler aveva risolto il problema del sapone, rendendosi benemerito presso tutte le donne. Era un chimico industriale e si era trovato per caso nel quartiere dell’Ago, dove era andato a trovare un amico.
Se ne stavano seduti fuori, respirando un’aria profumata, mentre la luce delle candele, proveniente dall’interno, creava strane ombre sul pavimento. Betty lavava i piatti dietro la casa.
— Siamo stati fortunati ad avere Walter con noi — disse Orcutt — risolverà la faccenda.
— Vi prego, Orcutt — si schermì Renthaler — io ero specializzato nel campo dei dolci. E so solo un po’ di chimica elementare.
— Ben più di un po’ — ribatté Orcutt. Si volse a Devan: — Desidero che sentiate quello che Walter deve dire. Da principio, potreste non arrivare subito al punto, così ve ne parlerò io. Abbiamo considerato il problema del vetro, vero?
— Già. Il vetro e le batterie, le radio, le ghiacciaie, i motori a benzina, le macchine elettriche…
— Okay. — Orcutt batté leggermente la sua pipa di argilla sui sandali di cuoio. — E perché tornare ai vecchi sistemi? Certo, noi faremo del vetro, ma non ci specializzeremo in questo campo. È del tutto inutile ritornare all’Età del Bronzo, quando abbiamo qualcosa di meglio del bronzo.
— Dobbiamo parlare dell’Ago — lo richiamò Devan.
— Certo. So che l’Ago viene in prima linea. Ma ci vorranno anni.
— Non torneremo mai se Costigan non la pianta di bere e non si mette a buttar giù qualche diagramma.
— Costigan vi sta aspettando — disse Orcutt. — E adesso il nostro Walter sta fabbricando materie plastiche. Pensateci! Siamo dei pionieri e siamo già arrivati alle materie plastiche! Parlategli, Walter. Devan vi darà tutto il suo appoggio per l’acciaio che vi occorre.
— Gus Nelson si metterà a vostra disposizione — disse Devan — io penso di affidargli l’officina, non appena le cose saranno organizzate definitivamente. Ma cosa desiderate, Walter?
— Be’, probabilmente avrete un’idea delle quantità di materiale che gli uomini hanno sempre gettato via per anni e che è tutto materiale buono.
— Volete dire roba come residui di carbone, sottoprodotti del grano, e così via?
— Proprio. Bene, noi possiamo fabbricare piatti, tazze, bicchieri e un’infinita quantità di altre cose, signor Traylor. — Renthaler era un po’ timido. La sua voce era bassa, i suoi modi gentili.
— E come pensate di fabbricare materie plastiche, qui, nei boschi? — Il tono di Devan era volutamente provocatorio, e Renthaler gli diede un’occhiata acuta.
— Vado a prendere una candela — disse Orcutt, sparendo all’interno.
— La caseina — disse Renthaler — si può ottenere dal latte acido e dalla formaldeide. E l’acetato cellulosico dalle fibre residue dei semi di cotone con acido acetico, trattati alla presenza di un catalizzatore-acido solforico. La miglior prova potrebbe essere la resina di fenolo-formaldeide, che è il prodotto più facile da ottenere.
— E — domandò Devan — dove troveremmo il fenolo?
— Dalla distillazione frazionata del carbone.
— Ma vi occorre del vetro per questo processo.
— Non è il metodo migliore. Ce ne sono molti.
— E per quanto riguarda la formaldeide?
— La si ottiene dall’ossidazione dell’alcool metilico.
— Benissimo. E l’alcool metilico?
— Dal legno. Bisogna scaldare il legno, noi abbiamo il faggio e la betulla che sono i legni più indicati, in ambiente privo d’aria.
— Ancora distillazione, eh?
Renthaler scrollò le spalle. — Oh, non sarà facile, ma c’è più senso a lavorare in questo campo che in altri. I vantaggi delle materie plastiche sul vetro dovrebbero essere abbastanza palesi.
— Ne sono sicuro.
— Vostra moglie avrebbe diritto di poter avere dei piatti di plastica!
Devan rise. — Che anacronismo, pensate! Allo stato primitivo in cui siamo, pensare alle materie plastiche!
— Se possiamo avere semi di soia, grano e cotone, siamo a posto, signor Traylor.
— In più modi, vorrei dire, Walter.
— Sto progettando il polistirene, il cloruro, il rayon, la gomma sintetica. Sarà meraviglioso poterli lavorare!
Negli occhi di Renthaler, Devan scoprì la stessa espressione che aveva vista negli occhi del dottor Van Ness. Espressione fatta di ottimismo, di curiosità, di interesse e di pazienza. Sì, fintanto che c’erano uomini simili, si poteva sperare nell’Ago. Devan ne era sicuro.
Orcutt uscì con una candela e i due uomini accesero le pipe.
— Vi aiuterò per quanto potrò — disse Devan. — Ditemi che cosa vi occorre. Conto di mettermi a lavorare per il vetro con Glenn Basher e sarò felice se mi vorrete aiutare: potrebbe essere utile anche per i vostri progetti.
Orcutt guardò lontano, pensosamente.
— Voglio che tutti scrivano tutto ciò che hanno sperimentato. Desidero che rimanga la nostra testimonianza, in caso non dovessimo più tornare.
— Scherzate — disse Renthaier. — Ritorneremo. Abbiamo l’uomo che ha inventato la macchina, no? Ci ricondurrà indietro.
— Vedremo — disse Orcutt. — Speriamo di poterci riuscire.