Eric Sudduth e i suoi seguaci, che pure si tenevano molto rintanati nelle loro cave, continuavano a costituire, nondimeno, un argomento spesso ricorrente nelle conversazioni. Dopo tutto, l’area serviva per ricavarne pietra calcarea per i vari lavori in corso ed era inoltre l’abitazione degli unici vicini dei cittadini della Nuova Chicago.

Quando gli uomini della Nuova Chicago andavano nei dintorni a cacciare i daini, si limitavano a costeggiare la zona sudduthita, non tanto però da non riuscire ad accertarsi se erano state fatte innovazioni o cambiamenti. I vari rapporti erano fatti a Orcutt; generalmente confermavano che i seguaci di Sudduth non avevano cambiato idea riguardo all’abbigliamento, che avevano fuochi e che avevano costruito armi primitive contro le bestie feroci.

Ma le descrizioni fatte dai cacciatori non erano mai così chiare e dettagliate come quelle che si riusciva occasionalmente ad avere da coloro che disertavano il campo di Sudduth — per lo più coppie nelle quali la donna era incinta — e che non potevano perciò sopportare di veder nascere i propri figli in un clima così primitivo. Sudduth aveva ordinato che i disertori venissero uccisi se trovati nei dintorni ed essi venivano quindi a chiedere rifugio agli abitanti della Nuova Chicago.

Le coppie che avevano disertato erano, sino a metà giugno, tre e i sei profughi erano stati accolti cordialmente nella comunità ed erano stati utilizzati in base alle loro capacità e desideri. In cambio tre piccoli “cottage” li ospitarono e le nuove famiglie si conformarono ben presto alle abitudini della nuova comunità.

Da quanto essi narrarono, gli uomini di Orcutt ebbero una idea della reale situazione esistente al campo di Sudduth. Sudduth e Blaine, narrarono i profughi, erano i capi del gruppo, dirigevano tutte le attività e sovraintendevano a tutti i lavori. A Devan spiacque di sentire che i due tenevano i loro seguaci in stato di schiavitù, tenendo per se stesso il cibo migliore e non alzando neanche un dito per lavorare.

Per di più, avevano emesso un nuovo ordine in base al quale Sudduth, come capo spirituale del gruppo, poteva avere ogni donna che desiderasse e i suoi argomenti per ottenere questo privilegio furono così convincenti che ben presto i mariti e le mogli si accordarono anche su questo. Senonché la prima donna che lui desiderò fu la moglie di Blaine, che si rifiutò di accordargliela e, dopo una lotta tra i due in cui Blaine ebbe la meglio, Sudduth considerò il suo piano fallito.

Devan notò la preoccupazione di Orcutt quando seppe che i seguaci di Sudduth si erano ridotti a ventiquattro, oltre lui e Blaine, e che Sudduth avrebbe fatto di tutto per riavere i disertori.

— Farà certamente qualcosa — concluse Orcutt. — Non vorrà starsene immobile e lasciare che i suoi taglino la corda e vengano qui.

Per cui, quando a metà dell’estate, Eric Sudduth e il suo assistente si presentarono al cancello della Nuova Chicago, questa visita non stupì nessuno.

— Nessuno in casa? — udirono la voce tonante di Sudduth chiedere con impazienza. Non c’erano dubbi: Sudduth aveva una personalità notevole e con lui non c’erano mezzi termini. O piaceva subito istintivamente o era odioso, sentimento che ispirava a Devan e ai suoi amici.

Dopo che diversa gente era corsa ad avvisarlo che Sudduth era al cancello, Orcutt si mosse per andargli incontro, pur avendolo udito arrivare. Strada facendo si imbatté in Devan e in Sam Otto che lo seguirono.

Quando i battenti furono spalancati, i tre furono stupiti di trovarsi di fronte Sudduth e Blaine completamente nudi.

Infatti avevano per un momento scordato il precetto abbracciato dai Sudduthiti. I loro corpi erano bianchi e flaccidi in contrasto con la pelle abbronzata di quelli della Nuova Chicago.

La ragione, Devan pensò, era probabilmente che quei due se ne erano stati in ozio, e quasi sempre rinchiusi. Pensò a come dovevano essere ridotti i loro seguaci, a lavorare per i loro capi e a procurare loro tutto quel benessere di cui la grossa pancia di Sudduth era una prova. Blaine appariva magro per cui, o aveva mangiato meno, oppure non era ancora giunto all’età in cui il ventre tradisce.

Alla vista dei cittadini della Nuova Chicago in giacche di cuoio, pantaloni al ginocchio e visi sbarbati, i due uomini apparvero visibilmente imbarazzati di essere nudi e con barbe lunghe sino al petto. Apparivano un po’ ridicoli, ora che la loro sicurezza si era un po’ attenuata.

Eric Sudduth si scosse e gettando indietro le spalle, cercò di riprendere un po’ di dignità. Si schiarì la gola. — Avete sei dei miei qui — disse. — Blaine e io siamo venuti a riprenderli.

Orcutt sorrise con un’aria così sicura del fatto suo che Devan provò una crescente sensazione di stima per lui, sempre così deciso e all’altezza della situazione.

— Entrate — disse poi Orcutt, tendendo la mano a Sudduth. — Lieto che siate venuti a farci una visita.

— Già — disse Sam Otto. — Ben felici di avervi qui. Come siete stato in tutto questo tempo, Blaine? — Sam gli strinse la mano con calore, ma la mano di Blaine rimase inerte e il viso senza espressione.

Sudduth eliminò ogni tentativo di familiarità. — Ci renderete subito i nostri uomini. Dobbiamo tornare al campo prima del calar della notte. Non si sa mai cosa si può incontrare nei boschi.

— Noi non abbiamo trovato niente di feroce — disse Orcutt — tranne altri esseri umani.

— Cosa volete insinuare, signore?

— Su, su. Orvid — tagliò corto Sudduth. — Il signor Orcutt non voleva insinuare proprio niente, ne sono sicuro.

— E Sorella Abigail, dov’è? — chiese Devan. — Non è con voi?

— L’onnipotente Iddio l’ha voluta con sé — spiegò Sudduth gravemente.

— Polmonite — aggiunse Blaine tristemente.

— Una donna meravigliosa, una guida valorosa, uno strumento ricco della Grazia di Dio, strumento che ci avrebbe dovuto aiutare nell’Età d’Oro, ma di cui Egli aveva più bisogno di noi.

— Amen — disse Blaine.

— E ora i disertori, prego. — Sudduth appariva deciso, gli occhi imperiosi, le mani dietro la schiena. Una folla si stava raccogliendo al cancello.

Orcutt scosse la testa. — Sono venuti qui di loro spontanea volontà, Eric. Sono dolente di dirvi che se si allontaneranno lo faranno di loro volontà.

— Volete dire che non li porterete qui?

— Tranquillo, Orvid, ora metterò tutto a posto.

— Ho saputo che c’è la pena di morte per loro. Perché mai dovrei mandarli a morire?

— Ma non è esatto — disse Sudduth. — L’ho fatto solo per evitare che fuggissero. Abbiamo tanto bisogno di gente.

— Un modo veramente simpatico di tenere il gruppo unito.

— Potete entrare a prenderveli voi stesso — disse Orcutt. — Cercate, cioè, se riuscite a convincerli a seguirvi.

I due uomini si guardarono perplessi. Poi acconsentirono a entrare.

Una volta dentro, tutta la loro sicurezza residua sparì e si aggirarono nelle vie della Nuova Chicago con aria imbarazzatissima, guardandosi intorno per vedere che nessuno li stesse osservando. Ma sul loro cammino incontrarono sorrisi ironici, risolini divertiti e risate decisamente aperte, che non fecero che accrescere la loro confusione.

Un codazzo di bambini e di cani abbaianti li seguiva schiamazzando, per cui Sudduth, a un certo punto, non poté fare a meno di chiedere a Orcutt se non avesse degli abiti da prestare loro, per evitare di essere al centro di quella insistente curiosità.

— Ma non sarebbe contro il volere di Dio, indossare qualcosa, Sudduth? Finora avete dato prova di seguire così fedelmente i vostri principi che questa improvvisa trasgressione sembra quanto mai discutibile.

— Sono sicuro — rispose Sudduth — che in questo caso ciò non avrebbe importanza.

— Vorrei proprio avere un abito da darvi, ma purtroppo è da poco che siamo riusciti ad avere una giacca e un paio di pantaloni per ciascuno. Se però volete aspettare la settimana prossima allora avremo qualcosa anche per voi.

Mentre i ragazzini e i cani li seguivano indisturbati, Orcutt tolse di tasca la pipa e la borsa del tabacco e si mise a riempirla. Sudduth seguì le sue azioni con occhi carichi di invidia. Devan quasi gli rise in faccia, ricordando come il vecchio amasse i sigari; e si divertì molto pure al pensiero che c’erano parecchi vestiti in più, che Orcutt avrebbe potuto comodamente prestar loro.

— Dove trovate il tabacco?

— Be’, ci sono delle piante non lontano da qui.

— Dove?

— Eh, no — disse Orcutt — non possiamo dirvelo. Su, venite, vi farò visitare la città.

— Sentite — disse Sudduth — non potreste dirmi come siete riusciti a fabbricarvi questi sigari?

— Certo. Perché lo chiedete?

— Io… fumavo, prima.

— Scusatemi se non ci sono arrivato prima. — Poi, rivolto a Sam: — Non avete un sigaro che vi cresce per il nostro ospite?

Sam tirò fuori due sigari che porse ai due uomini ma, mentre Sudduth prese il suo con visibile soddisfazione, Blaine scosse la testa in segno di diniego. Appena Sam gli ebbe acceso il sigaro, Sudduth fu colto da un accesso di tosse, spiegando di non essere più abituato a fumare. Poi improvvisamente, colto da un pensiero sorprendente: — Ma voi avete i “cerini”!

— Ma certo — rispose Orcutt. — Dove credete che li abbiamo presi? Non siamo mica tornati al di là dell’Ago a prenderli. Li abbiamo fatti noi.

— E come?

— Con fosforo, cera, colla e stecchini.

— E credete che non sappia queste cose? — tuonò Sudduth. — Ho fatto l’Alto Istituto di Chimica e conosco bene il fosforo. So anche che non potete trovarlo dappertutto. Dov’è allora?

— È tutto intorno a voi, il fosforo — rispose Devan.

— Lo volete far passare per scemo?

— No, Blaine.

— Su, su — Sudduth tagliò corto impaziente. — Voglio questa spiegazione.

— Bene, avete chiesto una spiegazione e l’avrete — Devan gli rispose. — Prendete le ossa di animali e le bruciate. Le ceneri che rimangono consistono di fosfato di calcio puro. Lo scaldate con sabbia e coke e il distillato è il fosforo.

— Semplice, no? — disse Orcutt.

— Dovete farmelo vedere.

— Ci avevamo pensato. Venite.

Proseguirono il loro cammino, oltrepassando il negozio di terraglie, il laboratorio dove si stava studiando il vetro e dove Basher, affaccendatissimo, li salutò con la mano dall’interno.

Quindi passarono davanti a una piccola costruzione dalla quale usciva un odore caratteristico, familiare a Devan ma, pensò lui, non certamente altrettanto a Sudduth.

— È la nostra cantina per la distribuzione di vino e alcoolici. A capo ne è il dottor Costigan.

— Molto interessante — rispose Blaine semplicemente, facendo eco a quanto Sudduth aveva detto sino a quel momento.

— Per nulla interessante — si scagliò invece questa volta Sudduth. — L’alcool è il nemico dell’uomo, il distruttore del suo corpo, lo sfacelo della sua mente.

— Costigan non sarebbe certo d’accordo con voi — disse Sam Otto — e io gli do ragione.

— Del resto — disse Orcutt — abbiamo qui anche due dottori.

— Due dottori? — Sudduth lo guardò con espressione incredula, quindi disse acidamente: — Non ci state conducendo dai nostri sei?

Il giro che Orcutt fece loro fare incluse l’area di fabbricazione della carta, dei fiammiferi, i telai che lavoravano il lino e un po’ di cotone che si era trovato, e il laboratorio di falegnameria.

— Ehi! — esclamò Sudduth, vedendo un uomo che vi lavorava. — Ha un “martello”!

— Già — rispose Devan — gliel’ho fatto io.

— Voi?

— Sì, abbiamo impiantato una piccola acciaieria e ci stiamo ingrandendo un po’ per volta.

Sudduth scosse la testa. — Se il nostro buon Signore ci avesse concesso queste cose, avrebbe lasciato che passassero di qui con noi.

— Ma ci ha lasciato portare le nostre teste — disse Orcutt — con le quali ci siamo dati da fare costruendo tutte queste cose. Se continueremo ad averle, tra un po’ impianteremo una piccola tessitura che darà vestiti a tutti noi. C’è una donna che prima filava e ci ha assicurato che in un giorno può fabbricare la stoffa giusta per un vestito. Tra le donne abbiamo poi numerose sarte, che taglieranno gli abiti. Figuratevi che stiamo costruendo anche un laboratorio chimico. C’è un giovane chimico tra noi che si dedicherà alle materie plastiche. Come vedete, stiamo modernizzandoci né più né meno di quando eravamo “là”.

— Ah! — urlò Sudduth — ma la vendetta di Dio scenderà su tutti noi a causa vostra e ci saranno sciagure per tutti!

— Amen — fece Blaine.

— Quante cose meravigliose faremo! — seguitò Devan. — E non ripeteremo più gli errori dei nostri padri. Vi posso fare qualche esempio. Gli indiani per intenerire la carne la mettevano tra le foglie dell’albero detto “paw-paw”. Quando l’uomo bianco scoprì questa loro usanza pensò che si trattasse solo di un rito, mentre invece c’è realmente qualcosa in queste foglie che ammorbidisce la carne. Perché non farlo ora? Abbiamo il vantaggio di tutto un passato, vedete.

“Secondo, pensate un po’ al monosodio glutammato, il sale che rende migliori i nostri cibi. Noi eravamo così sciocchi da gettarlo via quando estraevamo lo zucchero dalle barbabietole, pensando che fosse solo un inutile sottoprodotto. Questo, fintanto che non ci rendemmo conto del nostro sbaglio. E qui lo possiamo utilizzare benissimo. E poi, abbiamo trovato, oltre a queste, alcune cose diverse da come erano sul nostro mondo: conigli con una lunga coda e scoiattoli bianchi e i fiori cosiddetti ‘bellezze di primavera’ a sei petali, ma in definitiva suppergiù è sempre la stessa cosa. Possiamo quindi rendere questo luogo come lo desideriamo”.

— Sì, Traylor. Sono d’accodo con voi. Noi possiamo fare ciò che voi volete o fare ciò che dovrebbe essere fatto. Scegliete.

— Amen — fece eco Blaine.

Terminato il loro giro d’ispezione, Orcutt li condusse alla più grande costruzione del campo, la sala di riunione. Era una struttura semplice con le pareti di mattoni e il soffitto di legno ricoperto d’erba.

— E qui cos’è? — chiese Sudduth, camminando verso la tavola che era nel centro di una parete.

— È il nostro luogo di riunione o, all’occorrenza, la nostra sala da ballo.

— “Da ballo”? — Sudduth pronunciò le due brevi parole con enorme disgusto.

— Già, alcuni dei nostri ragazzi stanno mettendo insieme un’orchestrina, per ballare. Non volete sedervi? — Indicò la panca in prima fila. — Voi conoscete il signor Tooksberry, vero? — Fece segno verso un uomo seduto a un tavolo un po’ più in là. — Sta scrivendo la nostra costituzione. Tooksberry era un avvocato e ricorda molto bene il codice. Prima di essere avvocato, univa la gente in matrimonio.

Tooksberry stava industriandosi con una cannuccia. — Darei qualunque cosa per una penna, anche a sfera. È già abbastanza duro lavorare senza i miei occhiali.

— Dov’è la vostra segretaria? — Devan chiese.

— Ricordate Beatrice Treat. Ora è sua moglie e sua segretaria.

— Si è allontanata per ovvie ragioni prima che voi entraste. — Tooksberry sorrise e fece un ampio gesto che comprendeva tutte le carte sparse sul tavolo. — È la mia grande occasione. Posso riunire tutte le leggi che mi sembrano giuste e posso escludere le ingiuste. Proprio una tremenda responsabilità. Naturalmente molte leggi non le ricorderò neanche, come quelle sul traffico. Ma comunque gli statuti che adotteremo saranno sempre suscettibili di revisioni.

— Molto edificante — commentò acidamente Sudduth. — Volete ricondurmi qui i miei sei seguaci, o no?

— Volete dire se essi accettano.

In quel momento entrò un ragazzo di sedici anni. — Signor Orcutt — disse — quella gente dice che non vuol venire a parlare né col signor Sudduth né col signor Blaine.

— Eccovi la loro risposta Eric — disse Orcutt, mentre il ragazzo correva fuori.

— Pensate che la beva così facilmente? Come se non aveste imbeccato il ragazzo su quello che doveva dire!

— Vi sbagliate. Diceva la verità, che io già conoscevo, ma di cui volevo aveste una prova. Ci è voluto tanto tempo per trovarli tutti e sei, dato che stanno lavorando in luoghi diversi. Tutti tranne uno, che aveva un appuntamento dal dentista.

— Appuntamento dal dentista? — le sopracciglia di Sudduth si alzarono lentamente, il suo volto si calmò e i suoi occhi persero il fuoco di prima. — Vuol dire che avete anche un dentista?

— Una conclusione logica, la vostra — Orcutt disse ridendo. — Certo sapevate che durante il passaggio, tutte le capsule e i denti falsi andarono perduti, no?

— Certo. Abbiamo usato argilla e cera. Che trattamento pratica questo vostro dentista?

— Adopera l’oro. Guardate — disse Devan aprendo la bocca per mostrare le otturazioni fattegli.

— Magnifico lavoro! — Sudduth era impressionato. Sospirò. — È un buon dentista.

— Il migliore — disse Sam.

— Riportatevi indietro i vostri uomini nelle cave, allora — disse Devan.

— È un peccato però che quando ripasseremo nell’Ago perderemo queste meravigliose capsule.

— Di nuovo nell’Ago? — Sudduth lo guardò stupito. — E quando avverrà ciò?

— Quando il secondo Ago sarà pronto.

Per un po’ ci fu pesante silenzio nella stanza. Lontano si sentivano voci di bambini, rumore di martelli sul metallo e tanti suoni che indicavano lavoro fecondo.

Eric Sudduth aveva le labbra strette e la fronte corrugata. Quindi scuotendo il capo urlò: — Lo proibisco!

— Ma è l’unico modo di tornare indietro — osservò Devan.

— Voi non lo farete! — Sudduth era furibondo. — Non vi basta quello che è successo con la prima di queste macchine infernali? Il segno di Dio non vi ha colpito abbastanza? Questo è il vostro inferno, non capite? E anche il nostro perché non vi abbiamo impedito di mettere in esecuzione i vostri piani.

— Ma voi ci mandaste Orvid Blaine.

— Sì, ma non riuscì a convincervi. E ora non potete fare un altro Ago. Il castigo di Dio, la seconda volta, sarebbe terribile!

— E state calmo!

— Nessuno può dire al signor Sudduth di stare calmo!

— Piantala, Orvid — urlò Sudduth. — Ce ne andiamo; e voi, tenetevi pure i sei. Mi rifiuto di avere a che fare con gente cieca al segno di Dio.

L’indignazione di Sudduth fu coronata dal solito “Amen” di Blaine.