— Deve essere presto — disse Sam Otto, chiudendo la porta dietro di sé e Basher. — Dove sono gli altri?
— Staranno arrivando — disse Devan, porgendo loro sedili improvvisati.
— Di sicuro non vorranno perdersi la prova — disse Sam. Poi con tono ironico: — Ma l’essere arrivato in anticipo mi dà modo di presentarvi, signor Basher, l’uomo che si offrirà come volontario per passare nell’Ago stanotte.
— Vattene all’inferno — disse Basher. — Mi è bastato fare il volontario una volta, è stato veramente abbastanza, ti giuro. Stavolta voglio solo assistere.
Intanto arrivavano gli altri. Orcut, Tooksberry, un po’ invecchiato, ma col volto molto più disteso di una volta; Holcombe che era più o meno lo stesso e un giovane in cui Devan riconobbe Johnny Selden, un operano della fonderia. Aveva circa sedici anni.
— Se non fosse per la presenza di Johnny, potremmo benissimo credere di essere ritornati a dieci anni fa.
— Speriamo che non finisca nello stesso modo — disse Basher.
Devan si toccò le otturazioni provvisorie di cera, ricordandosi cosa c’era dall’altra parte dell’Ago e sperando nello stesso tempo che i cinque uomini non rimanessero troppo sconcertati scoprendo che la macchina non li avrebbe, come credevano, riportati a Chicago.
Aveva esaminato il problema per ogni verso, ma la risposta era sempre la stessa: non poteva dir loro nulla Sino a che non fossero entrati e avessero constatato di persona.
— Cosa c’è Devan?
Devan sussultò nel sentirsi chiamare.
— Avete un’aria così assente e triste — gli stava dicendo Orcutt. — Coraggio! È la grande notte. Ce ne torniamo tutti a Chicago. Allegro. Avete una tale aria da funerale!
— Dovremmo fare un brindisi — disse Otto, guardando il dottore. — Avrete certamente la materia prima.
— Infatti — commentò asciutto Costigan.
— È il pensiero di tornare dopo dieci anni che mi rende nervoso — disse Devan.
— Sono molti dieci anni — Orcutt si alzò e pose il suo braccio intorno alle spalle di Devan. — Tutti noi della Nuova Chicago dovremo molto a voi e al dottore se l’Ago funzionerà o no. Se comunque riusciremo a ritornare a Chicago e alla civiltà, tanto maggiore sarà la nostra riconoscenza per voi che ce lo avrete permesso, l’uno col ricordarsi tante cose che noi avevamo dimenticato, e Costigan col suo duro lavoro anche materiale.
— Tutti ci hanno lavorato — precisarono Devan e Costigan — tutti ci hanno messo mano.
— Comunque, ciò è servito a tenerci uniti — disse Orcutt. — È tutto a posto?
— Sono pronto — disse Costigan — ma chi vuole entrarci?
Orcutt pose una mano sul capo di Johnny Selden. — Ecco, dottore. Il ragazzo arrossì.
— Ma non potete mandare un ragazzo!
— Non ha capsule da perdere!
— Cosa pensano i suoi genitori, Ed? — domandò Devan.
— Gli hanno lasciato completa libertà di decisione e lui ha confermato che ci vuole andare. Non ha che un vago ricordo di Chicago. Comunque non entrerà completamente; solo con la testa. Sei pronto, marmocchio?
Orcutt accompagnò il ragazzo all’Ago, mentre Costigan mise in marcia la macchina.
— Infilati dentro solo fino alle spalle, Johnny — disse Orcutt — noi ti terremo fermo. E lascia la tua mano da questa parte, per poterti aiutare a uscire in caso di pericolo.
Il ragazzo si inumidì le labbra. Inghiottì un paio di volte, e quindi si distese sul pavimento rivolto verso l’Ago, al quale si avvicinò a poco a poco, mentre Orcutt e Holcombe gli tenevano una gamba e Johnson e Basher l’altra.
— Buona fortuna — disse Sam Otto.
Il capo del ragazzo sparì a poco a poco, prima i capelli, poi le orecchie, fino alle spalle. Dapprima le sue mani furono rigide e sudate, poi sembrò rilassarsi e tutti, che lo osservavano con ansia, videro che si girava prima in un senso, poi nell’altro.
— Ma quando uscirà, per amor del cielo? — chiese Holcombe.
— È appena entrato — gli ricordò Costigan.
Devan poteva immaginare cosa il ragazzo stesse vedendo. Un cielo nuvoloso, la luna, il vento, pietre ed erba, a meno che il tempo, se pure tempo era, non fosse nel frattempo cambiato. Poteva piovere, o essere solo buio, senza vento e col cielo pulito, oppure la notte era luminosa, immobile con una grossa luna e i segni di una giornata calda…
Il ragazzo finalmente uscì, aiutandosi con le mani, poi si sedette e rimase con gli occhi chiusi, come stremato. Gli uomini gli si fecero intorno curiosi, ma pazienti. Costigan spense la macchina. I nervi di Devan erano tesi, in attesa della rivelazione e dei suoi effetti.
— Ebbene? — disse Sam Otto che non riuscì a controllarsi più a lungo.
— Non so — disse il ragazzo.
— Cos’è che non sai, figlio?
— Non so cosa ho visto.
— Be’, cerca di descrivercelo come puoi.
— C’era buio…
Sam mugolò.
— …e umido.
— Così non è Chicago — disse Tooksberry.
— Ma potrebbe benissimo essere Chicago. Ci sono parti scure e umide anche là. Dipende dai posti.
— Lasciate parlare il ragazzo — disse Sam — non ha potuto dire altro che faceva freddo e buio.
— C’è un odore diverso — disse Johnny. — Ma c’era solo buio e non sono riuscito a vedere niente in giro.
E Devan pensava: “Potrei dirti io dove eri, piccolo”.
— Una fogna — disse Orcutt — potrebbe essere una fogna. Che ridere se fosse così!
— C’è odore cattivo?
— Non buono.
Devan non si ricordava dell’odore. Non ne era stato colpito particolarmente.
— Può darsi che fosse una cantina.
— Non c’era aria là dentro.
— Al diavolo — disse Orcutt. — Vado a dare un’occhiata e vuol dire che il dottor Van Ness mi sistemerà i denti. — Johnny a questo punto gli lanciò un’occhiata mortificata e Orcutt cercò di rimediare: — Oh, non è che io non mi fidi di quello che tu dici, mio caro. È solo perché tu non hai mai visto una città e può darsi che non ne distingui bene i suoi aspetti, di modo che ti è difficile interpretare quello che hai visto.
— Ma io non ho visto niente — protestò il ragazzo.
“Devo parlare?” si chiese Devan. Ma prima che potesse aprir bocca, Tooksberry disse: — Che senso c’è a infilarci la testa, uno dopo l’altro, se si sa che non c’è niente da vedere! — Si tolse gli occhiali e li pulì. — Il ragazzo ha buoni occhi!
— Potrebbe essere Chicago durante un oscuramento — disse Sam.
— Un’altra guerra, Sam? Oh, no!
— Quello che voglio dire — disse Tooksberry — è che qualcuno deve entrarci e vedere se è Chicago o no.
“Ci siamo di nuovo. Avrei dovuto parlare” pensò Devan.
Basher scherzò. — Mi volete indicare qual è la via per uscire?
— Scherza pure Glenn — disse Orcutt — ma Howard ha ragione. Si deve fare così.
— Tutti ci stiamo chiedendo chi entrerà nell’Ago questa volta — disse Tooksberry guardandosi in giro.
— Il ragazzino qui — disse Orcutt — è l’unico senza capsule in bocca. Ma non possiamo far fare a un ragazzino ciò che deve essere fatto da un uomo.
— E poi abbiamo promesso ai suoi di non farlo entrare completamente — soggiunse Holcombe.
Devan si decise finalmente a farsi avanti per dire qualcosa che li facesse smettere, ma l’espressione che vide sul volto di Tooksberry lo fermò. Aveva un’aria molto divertita.
— Signori, osservate per piacere — disse e si tolse le due parti che componevano la dentiera, la superiore e l’inferiore.
— Ma non potete entrare voi, Howard — disse Orcutt.
— E perché no? Se è Chicago, state sicuri che parlerò. E me ne tornerò molto in fretta.
— Ma se non è Chicago… se non tornate…
— Avanti, dottore — continuò Tooksberry a Costigan — sono pronto.
Il dottore lo guardò e alla fine si decise, dopo aver scambiato uno sguardo con Devan, ad accendere lo strumento.
Tooksberry si avvicinò e, prima di entrare, si tolse gli occhiali. — Li uso solo quando leggo — disse — sarò capace di vedere anche senza.
Un momento dopo, provocando un leggero rumore, entrò lasciando dietro di sé i suoi abiti.
— Spero e prego che torni — disse Basher.
— Andrà tutto bene — rispose Orcutt.
— Howard è veramente cambiato — osservò Holcombe — prima era sempre intrattabile.
Orcutt, che si stava accendendo la pipa commentò: — Il merito è di Beatrice Treat.
Era giustissimo. Non c’era, nel campo, coppia più felice di Beatrice e Howard. Tutto il cinismo e l’amaro di Tooksberry erano spariti, a poco a poco, dopo il matrimonio e il grosso lavoro di formazione della Costituzione che era stata adottata, con formula piena, dai cittadini della Nuova Chicago.
La conversazione languì, erano tutti silenziosi e preoccupati, con gli occhi fissi sull’Ago. Devan non poteva immaginare che cosa Tooksberry stesse facendo su quelle rocce desolate e immaginava che stesse cercando disperatamente la via per tornare.
Dopo quindici minuti, quindici minuti che furono una lenta agonia per tutti, si vide finalmente apparire una testa nell’Ago.
— Congratulazioni — disse Tooksberry emergendo.
Quindi raccolse i suoi abiti sparsi.
— È Chicago?
— Cosa hai visto?
— Avanti, Howard, non tenerci in ansia!
Non avrebbe parlato prima di essere completamente vestito. Infine, dopo essersi sistemato gli occhiali, si guardò in giro e sorrise. Era di scena e nessuno lo volle ostacolare nell’interpretazione del ruolo di cui si sentiva interprete eccezionale.
— Era Chicago!
“Chicago!”
Devan era allibito.
Gli altri si affollarono intorno a Tooksberry chiedendo precisazioni.
“Impossibile!” si disse Devan. Lui pure era entrato nell’Ago e non aveva visto che deserto e roccia. Forse che Tooksberry mentisse? Comunque, fin che gli altri rumoreggiarono, tacque.
Quando si ristabilì il silenzio, parlò: — Era Chicago. Non appena entrato nell’Ago, ho visto ciò che Johnny aveva descritto. Buio e freddo. Me ne sono rimasto là un po’, cercando di capire dove fossi capitato, tastando il terreno sotto di me. Conclusi infine che si trattava di terreno argilloso, ammollato dalla pioggia.
“Mi sono seduto per un po’, poi mi sono alzato. Sentivo un’arietta leggera. I miei occhi si sono abituati un poco al luogo in cui mi trovavo, riuscivo a percepire i leggeri rumori che sentivo intorno a me, rumori che mi facevano temere che prima o poi uno dei topolini palesemente presenti mi venisse a passeggiare sui piedi. Così mi sono allontanato di pochi passi e scorsi alla mia destra un ingresso. Ho compiuto sette passi e mezzo, sino a raggiungere il centro di questa entrata. Dopo di che ho tirato un sospiro di sollievo, dal momento che potevo tornare nell’Ago (questa volta!) se solo lo desideravo. Tutto quello che mi proponevo di fare era di fissare la porta che mi stava davanti come punto di riferimento.
“Dall’altra parte, c’era più luce. Al livello del mio occhio ho visto alcune finestre senza vetri. Ho pensato che si trattasse di uno stabile abbandonato, perché da una delle finestre potevo vedere le stelle e, dalle altre, i muri delle case vicine.
“Dall’altra parte dello scantinato c’era una scala che ho percorso, camminando su un alto strato di rifiuti e carta straccia. Saliti i gradini cigolanti, mi son trovato in uno spiazzo deserto dietro la costruzione, e da qui, attraverso il passaggio tra due case, sono giunto nella strada, di fronte al luogo da cui ero uscito.
“Non ho visto nessuno e sono proprio sicuro che nessuno mi ha visto perché, se fosse successo, avrebbero certamente chiamato qualcuno, conciato come ero, nudo come un verme.
“Ma fuori di lì, era tutto diverso. Le macchine schizzavano via, tanto in fretta quanto me ne ero dimenticato. E avevo anche dimenticato cosa possono fare dieci anni di progresso. E stando lì, in ombra, vidi la gente che passava, e alla luce dei fanali vedevo le loro facce, facce preoccupate, nervose e tese, per nulla simili a noi. E pallidi. Camminavano tutti molto in fretta, o almeno così mi parve.
“Rischiando per un momento di farmi vedere, mi sono piegato in avanti e ho raccolto una pagina. Era del ‘Chicago Tribune’. Il foglio degli annunci economici. Portandomi alla luce ne ho letto qualcuno. Le solite vecchie cose. Molto richieste le lavatrici, tale e quale come un tempo, come se quel tempo fosse ieri, solo che la data era quella di questa mattina.
“Sapevo che dovevo tornare, ma prima sono corso fuori sul marciapiede e ho dato un’occhiata verso il Loop. Si vedevano riverberi rossi in cielo: le luci al neon. Era Chicago, senz’altro. Poi le macchine cominciarono a rallentare, ho sentito gente che urlava e ho capito che ero stato scorto. Mi sono precipitato in salvo, dopo aver evitato una banda di ragazzini, che mi si è parata davanti all’improvviso”.
Tooksberry tacque e sorrise. — Inutile che vi spieghi come. Semplicemente mi son lasciato scivolare in una delle finestre dello scantinato, ho trovato la porta e mi son ficcato qui dentro, come vedete.
Devan non poteva credere a quanto aveva udito e vide la stessa espressione di dubbio anche in Costigan.
Tutti se ne stettero zitti per un po’. Poi Orcutt chiese: — È tutto quello che avete visto, Howard? Proprio tutto?
— Sì — rispose.
— E com’erano le macchine? — chiese Basher.
— Be’, non facevano il solito rumore che noi conoscevamo. E mi parvero più basse, più slanciate e più veloci.
— Insomma — disse Sam Otto — quello che ci resta da fare ora è di mettere in marcia l’Ago e farci passare tutti.
— È tutto sistemato — intervenne Orcutt, osservando con attenzione Tooksberry. — Il Consiglio ha già stabilito il da farsi in questo caso. Domattina alle dieci i cittadini della Nuova Chicago si riuniranno tutti qui. Nel frattempo, provvederemo a stabilire un ordine di precedenza e a far sì che i componenti di una stessa famiglia possano passare uno dietro l’altro.
— Datemi da bere — disse Costigan. — Per combinazione, ho qui un numero sufficiente di bicchieri per tutti.
— E qualche cosa da metterci dentro? — chiese Sam Otto.
— È proprio il momento di bere per festeggiare — disse Basher.
— Come faremo ad avvisare la gente, Orcutt? — chiese Holcombe.
— Ne è incaricato Johnson che passerà con i suoi uomini da tutte le case, spiegando a ognuno il da farsi.
Venne fatto girare il vino e per un po’ tutti rimasero zitti. Avrebbero forse dovuto essere allegri e spensierati, ma invece si rendevano conto della gravità della situazione.
— Sarà diverso — disse Otto — tornare a Chicago. Mi chiedo se i miei amici avranno sentito la mia mancanza.
— Sembrerà molto strano, non vi pare?
— Abbiamo passato bei momenti, qui — disse Tooksberry. — Solo qui ho trovato la felicità.
— Posso andare a raccontarlo ai miei? — chiese il ragazzo che sino a quel momento era stato zitto.
— Va’ pure — gli disse — a raccontarlo — e lui corse fuori.
Poi Tooksberry, sbadigliando, manifestò il desiderio di andare a dormire.
— Domani è una gran giornata — disse.
— Verrò subito anch’io — soggiunse Orcutt.
— Vi posso parlare? — chiese Devan a Tooksberry lasciando Orcutt e il dottore. Tooksberry annuì e uscirono nell’aria fresca della notte.
— Vi devo dire qualcosa, Howard.
— Che c’è? — Tooksberry lo fissò di traverso.
— Sono entrato nell’Ago la scorsa notte.
— Davvero?
— E non vidi altro che roccia, roccia desolata fin dove l’occhio poteva spaziare. E l’unica cosa viva che vidi fu l’erba.
— Visione deprimente.
— Non avete visto la stessa cosa?
— Non dirò a nessuno che siete entrato nell’Ago, Dev.
— Perché avete detto loro che è Chicago?
— E perché voi non avete detto che non lo era, Dev?
— Avete visto la stessa cosa che ho visto io, allora?
— È Chicago — disse Tooksberry. — Deve essere Chicago, dovete crederci, Dev.