Vigilia d’Ognissanti: la maschera
Jim e Nora ritornarono dal viaggio di nozze a metà ottobre. Avevano un colorito da hawaiani.
«Credevamo di trovare una folla ad aspettarci alla stazione» disse Jim al suocero, ridendo.
«In questi giorni la gente ha ben altro da pensare, Jim. Domani c’è la leva militare.»
«Oh, me n’ero dimenticato!»
«Anch’io» disse Nora. «Ora dovrò occuparmi delle nostre truppe.»
Durante tutto il tragitto, rimase aggrappata al braccio di Jim.
«La città è in subbuglio» disse Hermione. «Nora, hai un aspetto magnifico!»
Era vero.
«Sono aumentata di peso» annunciò la sposina.
«Come va la vita coniugale?» domandò Carter Bradford.
«Sposatevi e vedrete!» ribatté Nora. «Sai, Patricia, sei più bella che mai!»
«È una parola sposarsi» brontolò Carter. «Finché c’è quello scribacchino in casa Wright…»
«Concorrenza sleale?» domandò Jim.
«In casa!» esclamò Nora. «Mamma, non mi hai scritto nulla!»
«Era il meno che potessimo fare, Nora» spiegò Hermione. «Il signor Smith ha rinunciato spontaneamente ai diritti che aveva per contratto.»
«È una brava persona» osservò John. «M’avete portato dei francobolli?»
Nel momento in cui la macchina di famiglia imboccava il viale della villa, Nora spalancò gli occhi.
«Jim, guarda!»
La casetta accanto alla maestosa villa dei Wright luccicava sotto il sole d’ottobre. Era stata pitturata di fresco, in bianco con le imposte rosse.
«È bella davvero!» esclamò Jim. Nora gli sorrise e gli strinse la mano.
«Vedrete l’interno!» dichiarò Hermione sorridendo.
«Tutto è pronto per ricevere i colombi» intervenne Pat. «Nora, sprizzi gioia da tutti i pori!»
«Sono così felice!» mormorò Nora con le lacrime agli occhi. Abbracciò il padre e la madre, poi trascinò via il marito per andare ad esplorare l’interno della casa che, a parte la breve permanenza del signor Queen, era rimasta vuota per tre anni angosciosi.
Ellery aveva preparato la valigetta per un breve viaggio, alla vigilia del ritorno degli sposi, e aveva preso il treno di mezzogiorno. Date le circostanze gli era parso opportuno scomparire, e Pat disse che questo dimostrava la sua delicatezza. Ritornò il 17 ottobre e costatò che in quella che era stata la casa del malaugurio regnava una grande allegria.
«Dobbiamo ringraziarla tanto per aver rinunciato a questa casa, signor Smith» disse Nora.
«E il suo viso raggiante è la mia ricompensa. Dov’è lo sposo?»
«È andato alla stazione per ritirare alcune casse. Prima di ritornare a Wrightsville, aveva spedito i libri e gli indumenti che teneva nel suo appartamento di New York. Tutto è rimasto al deposito bagagli da allora. Oh, eccolo. Jim, hai trovato la tua roba?»
Jim scese dal tassì di Ed sul quale casse e valige erano accatastate insieme con un baule. Ed e Jim portarono dentro ogni cosa. Ellery osservò che lo sposo novello aveva un ottimo aspetto. Jim, stringendogli la mano, lo ringraziò per ciò che aveva fatto. Nora avrebbe voluto che il signor Smith rimanesse a colazione, ma il signor Smith rise e disse che avrebbe approfittato dell’invito quando Nora e Jim avessero finito di sistemarsi. Uscì mentre Nora diceva:
«Dove metteremo tutta questa roba, Jim?»
E Jim rispondeva:
«Ci si rende conto di possedere molti libri soltanto quando si è costretti a imballarli. Ed, queste casse bisognerà portarle in cantina.»
Ellery ebbe un’ultima visione di Jim e Nora nelle braccia l’una dell’altro, e sorrise. Se c’era un malaugurio tra quelle mura, era ben nascosto davvero.
Ellery si mise a lavorare al suo romanzo con energia. A parte le ore dei pasti rimaneva per giornate intere all’ultimo piano che la signora Wright aveva messo interamente a sua disposizione. Nella casa, si udiva il ticchettio della sua macchina per scrivere fino ad ore impossibili.
Vedeva raramente Jim e Nora. Tuttavia durante le ore dei pasti teneva le orecchie ben aperte per sentire se non vi fosse qualche “dissonanza” nei discorsi di famiglia. Ma Jim e Nora sembravano felici. Alla banca, Haight aveva trovato uno studio con una scrivania nuova su cui troneggiava una targa di bronzo con l’incisione: “J. Haight — Vice-Presidente”. I vecchi clienti della banca andarono, uno dopo l’altro, a porgergli i loro auguri e a chiedere notizie di Nora. I conoscenti affluivano anche alla casetta. Le signore della Collina andavano spesso a far visita a Nora la quale elargiva tè e sorrisi. Gli occhi penetranti delle visitatrici scrutavano negli angoli in cerca di polvere e di dispiaceri, ma tutte quelle indagini finivano in delusione e Nora si divertiva un mondo. Hermione era orgogliosa della figliola sposata.
Il signor Queen si persuase di essersi lasciato influenzare dalla fantasia e concluse che il malaugurio, se mai c’era stato, era sepolto definitivamente. Poiché la realtà si rifiutava di cooperare, Ellery cominciò a far progetti per inventare il delitto da introdurre nel romanzo.
Il 29 ottobre venne e passò. La mattina del 30, il signor Queen fu visto entrare nell’albergo Hollis, dare un’occhiata a un giornale di New York e metterlo da parte con una scrollata di spalle.
Il 31 fu la solita mascherata della vigilia d’Ognissanti. Le strade della città furono invase da gnomi in costume coi visi pitturati. Nelle famiglie dove c’erano ragazzi, le sorelle maggiori lamentavano la scomparsa dei loro cosmetici e parecchi gnomi si coricarono col sederino arrossato. Tutto ciò ispirava un sentimento misto di gaiezza e di nostalgia. Il signor Queen, mentre passeggiava nei dintorni di casa Wright, avrebbe voluto essere ancora ragazzo per partecipare alla gazzarra della città.
Mentre rincasava, vide che la casa dei coniugi Haight era illuminata e impulsivamente andò a suonare il campanello.
Patricia aprì la porta.
«Credevo che fosse fuggito» disse. «Non la si vede più. Nora, c’è il celebre scrittore.»
«Avanti, avanti!» gridò Nora dalla stanza di soggiorno.
Ellery la trovò con un mucchio di libri tra le braccia. Tentava di raccoglierne ancora qualcuno dalle pile che erano per terra.
«Lasciate che vi aiuti» disse Ellery.
«No, no, lei stia a guardare» protestò Nora e salì le scale.
«Stiamo trasformando una camera del primo piano in uno studio per Jim» disse Pat.
La ragazza stava raccogliendo libri da terra ed Ellery esaminava distrattamente qualche titolo, quando Nora ridiscese a prendere altri libri.
«Dov’è Jim, Nora?» chiese Ellery.
«In banca» rispose Nora, chinandosi. «Aveva una terribile riunione di direttori…»
In quel momento un libro cadde dalla pila che la sposina teneva sulle braccia, poi un altro e un altro ancora finché quasi tutti tornarono a terra.
«Oh, guarda Nora, delle lettere!» esclamò Pat.
«Delle lettere? Dove? Ah, eccole qua!»
Da uno dei volumi che erano caduti dalle braccia di Nora — un grosso libro ricoperto di tela marrone — erano scivolate fuori tre buste. Nora le raccolse curiosa. Non erano chiuse.
«Non sono che tre miserabili buste» disse Pat. «Continuiamo con questi libri, altrimenti non termineremo mai, Nora.»
Nora aggrottò la fronte.
«C’è qualcosa dentro, Pat. Questi sono libri di Jim. Vorrei sapere se…»
Nora aprì le buste, trasse un foglio da ciascuna, lo lisciò e lo lesse lentamente.
«Che cosa c’è, Nora?» domandò il signor Queen.
«Non… non capisco» disse Nora debolmente, mentre tornava a infilare i fogli nelle buste. Il suo viso aveva un pallore grigiastro. Pat e Ellery si guardarono perplessi.
«Bum…!»
Nora girò su se stessa con un grido. Sulla soglia c’era un uomo che portava una grossa maschera di cartapesta, le sue dita si aprivano e si chiudevano con gesto famelico di fronte al suo viso fantastico. Nora roteò gli occhi finché si vide solo il bianco, poi si accasciò sul pavimento sempre stringendo le tre buste con gesto convulso.
«Nora!» Jim si strappò la ridicola maschera. «Nora, io non volevo…»
«Jim, idiota!» ansimò Pat inginocchiandosi presso il corpo immobile di Nora. «Guarda che bello scherzo! Nora cara!… Nora!»
«Fatti in là, Pat» ordinò Jim con voce rauca. Afferrò il corpo abbandonato di Nora e lo portò su per le scale quasi correndo.
«È solo uno svenimento» disse Ellery mentre Pat s’incamminava in fretta verso la cucina. Un momento dopo entrambi raggiungevano gli sposi nella loro camera.
Trovarono Nora sul letto in preda a una crisi isterica, mentre Jim si torceva le mani gemendo e maledicendosi. Ellery scostò Jim e appoggiò il bicchiere contro le labbra bluastre di Nora. La donna tentò di respingerlo. Ellery allora la schiaffeggiò con violenza. Nora diede un grido ma bevve l’acqua a fatica tossendo e soffocando. Poi ricadde sul cuscino coprendosi il viso con le mani.
«Andatevene, andatevene» singhiozzò.
«Nora, stai bene ora?» chiese Pat ansiosamente.
«Sì, ma lasciatemi sola, ve ne prego!»
«Andatevene, per favore» disse Jim.
Nora lasciò ricadere le mani. Il suo viso era gonfio e segnato.
«Vattene anche tu, Jim.»
Lo sposino era sconcertato. Pat lo condusse fuori con fermezza. Ellery chiuse la porta della camera da letto, accigliato, e tutti e tre scesero a pianterreno. Jim si diresse al mobile-bar, si versò un whisky liscio e lo bevve in un sorso, con un gesto disperato.
«Sai bene com’è nervosa Nora» protestò Pat con aria di disapprovazione. «Se non avessi bevuto tanto questa sera…»
«Chi è sbronzo?» chiese Jim cupo. «Non andrai a dire a Nora che ho bevuto, spero!»
«Va bene, Jim» promise Pat con voce pacata.
Rimasero in attesa, nervosi e perplessi. Improvvisamente riapparve Nora.
«Nora ti senti meglio?» gridò Pat.
«Sciocchezze.» La giovane sposa scese le scale sorridendo. «Signor Smith, la prego di scusarmi. È stato uno spavento improvviso.» Jim la strinse tra le braccia. «Dimenticatene, caro» mormorò Nora.
Tutte e tre le buste erano scomparse.