Mavis, piccola, bionda, con occhi azzurri, si rannicchiò nella poltrona e fissò Raven con lo stesso sguardo penetrante con cui spesso lui metteva a disagio gli altri. Era come se lo volesse osservare internamente, per vedere il vero io che si nascondeva dietro la maschera di carne.
Charles era un tipo grasso e alquanto pomposo, affetto dallo sguardo inespressivo degli esseri di grado inferiore. Qualsiasi umano superiore osservando Charles avrebbe dichiarato senza esitazione che doveva essere un idiota. Un rivestimento di stoltezza gli avvolgeva il cervello, e questo serviva a convalidare la prima impressione di quelli che avessero voluto scrutargli nella mente. Charles era un’entità nascosta in modo eccezionale, più per fortuna che per artificio.
— Naturalmente siamo felici di vederti — disse Mavis vocalmente, per il piacere di sentirsi muovere la lingua in bocca. — Ma cosa ne è stato della disposizione che ciascuno deve restare sulla sua palla di polvere?
— Le circostanze modificano i casi — rispose Raven. — Comunque, Leina è al suo posto. Può risolvere lei qualsiasi problema improvviso.
— Però è sola, interamente sola — disse Mavis, mettendosi dalla parte di Leina. — Nessuno può risolvere questa situazione.
— Hai ragione, certo. Ma nessuno rimane isolato per sempre. Alla fine ci si riunisce — Raven rise in modo strano. — Anche se solo nel dolce futuro — aggiunse.
— La tua teologia si manifesta con chiarezza — commentò Charles. Si mise a sedere nella pneumopoltrona accanto a Mavis, distese le gambe e si posò le mani sulla pancia. — Secondo quanto dice Leina, tu hai voluto cacciare il naso negli affari degli altri. È vero?
— Per metà. Ma voi non siete ancora al corrente di tutta la storia. Qualcuno di questo pianeta, aiutato da sconosciuti che si trovano su Marte, si diverte a tirare la Terra per i capelli. Sono come bambini cattivi che giocano con un fucile, senza preoccuparsi del fatto che potrebbe essere carico. Vogliono conquistare l’indipendenza completa attraverso una forma di coercizione che equivale a un nuovo tipo di guerra.
— Guerra? — chiese Charles incredulo.
— Proprio così. Il fatto è che le guerre hanno il vizio di sfuggire sempre di mano. Di solito chi ne comincia una non è mai in grado di fermarla. Se è possibile, bisogna impedire che questo conflitto cominci sul serio, cioè che diventi ancor più cruento.
— Mmm! — fece Charles grattandosi il doppio mento. — Sappiamo che su questo pianeta esiste un forte movimento nazionalista, ma l’abbiamo ignorato, perché non riveste nessun interesse particolare dal nostro punto di vista. Anche se arrivano a lanciarsi bombe e a distruggersi l’un l’altro, che importanza ha? Per noi è una fortuna, non ti pare? Loro perdono, e noi ci guadagniamo.
— In un senso, ma non nell’altro.
— Perché?
— I Terrestri hanno assolutamente bisogno di unità perché stanno puntando verso i Deneb.
— Stanno puntando… — La voce di Charles si spense nella gola. Per un attimo gli occhi privi di espressione brillarono di una luce intensa. — Stai dicendo che le autorità terrestri sono veramente a conoscenza dei Deneb? Come diavolo fanno a saperlo?
— Perché si trovano allo stadio di sviluppo numero quattro — spiegò Raven. — Sono accadute cose che il grosso pubblico ancora non conosce, e che sono ancora meno conosciute qui e su Marte. I Terrestri hanno prodotto e sperimentato un reattore potentissimo. Ora lo vogliono provare su una distanza maggiore e non sono in grado di stabilire quali siano i suoi limiti. Per esseri materiali come loro, si comportano abbastanza bene.
— È evidente — disse Charles.
— Non sono stato in grado di scoprire con esattezza fin dove sono arrivati, né ho saputo i dati che gli astronauti hanno riferito, ma sono sicuro che hanno in mano elementi che hanno fatto nascere in loro il sospetto che prima o poi verranno a trovarsi in contatto con qualche forma di vita sconosciuta. Voi e io sappiamo che può trattarsi soltanto dei Deneb — Raven agitò un dito nell’aria. — Noi sappiamo anche che i Deneb stanno scorrazzando da lungo tempo come un branco di cani con cinquecento piste da seguire. Non sanno esattamente quale strada prendere, ma il loro spostamento generale si verifica in questa direzione.
— È vero — disse Mavis — ma le ultime previsioni stabilivano un minimo di duecento anni prima che potessero scoprire questo sistema solare.
— Una conclusione ragionevole, basata sui dati che avevamo in precedenza — rispose Raven. — Ora abbiamo dati nuovi e importanti da aggiungere al calcolo. Per la precisione, l’ Homo sapiens è pronto a partire per andare loro incontro. Hanno innalzato la bandiera, hanno acceso i falò e hanno fatto il possibile per attirare l’attenzione verso questa parte del cosmo. Questo genere di scherzo è in grado di ridurre il tempo previsto dello spostamento dei Deneb in questa direzione.
— Hai riferito tutto questo? — chiese Charles.
— Certamente.
— E qual è stata la risposta?
— Grazie per l’informazione.
— Niente altro? — Charles inarcò le sopracciglia.
— Niente — assicurò Raven. — Cosa ti aspettavi?
— Qualcosa di più sentito e di meno freddo — disse Mavis. — Voi uomini siete tutti uguali. Siete tanti Buddha di bronzo. Perché non siete capaci di saltare su un tavolo e non vi mettete a gridare?
— Servirebbe a qualcosa? — chiese Charles.
— Non cercare di fare il superlogico con me — disse la ragazza. — Servirebbe a togliere un po’ di pressione dalle ghiandole. Io ne ho qualcuna, nel caso non lo sapessi.
— È un argomento che conosco abbastanza bene — rispose Charles, asciutto. — Inoltre, ho qualche ghiandola anch’io. Una di queste mi ha fatto diventare grasso e incline alla pigrizia. Con tutta probabilità, mi manca quella che ti tormenta in questo momento — sollevò un dito. — Ecco un tavolo. Saltaci sopra e lancia qualche strillo. Non ci faremo caso.
— Gridare non è mia abitudine — disse Mavis.
— Ecco! — Charles girò lo sguardo verso Raven e scosse la testa.
— Ti lascio tutte le donne. Sono fredde e calcolatrici. Non sanno far uscire il vapore dalla valvola di sicurezza.
— Un giorno ti taglierò le ali, Grassone! — promise Mavis.
— Dovrei essere carino, con le ali! — Charles scoppiò in una risata che gli fece ballonzolare la pancia. — Io, con la mia mole, che volteggio nell’aria come un angelo. O che svolazzo come una falena obesa — si asciugò gli occhi e riprese a ridere. — Che bello spettacolo!
Mavis prese un piccolo fazzoletto dall’orlo di pizzo e cominciò a singhiozzare in silenzio.
Charles la guardò, stupito. — Be’, cos’ho detto, adesso, che non va?
— Deve esser stato il tuo tono a stimolare questa reazione — disse Raven, e avvicinatosi a Mavis le batté una mano sulla spalla. — Via! Non devi restare qui se i ricordi si sono fatti troppo oppressivi. Puoi andartene, se vuoi. Possiamo trovare altri due che…
Lei allontanò il fazzoletto dagli occhi e parlò con rabbia. — Io rimango. Me ne andrò quando sarà il momento, e non prima. Che tipo credi che sia? Una ragazza non può piangere quando ne ha voglia?
— Certo che può, ma…
— Non farci caso. — Mavis mise il fazzoletto in tasca e chiuse un attimo gli occhi. Poi gli sorrise. — Ora sto bene.
— Anche Leina si comporta in questo modo? — chiese Charles a Raven.
— Non quando le sono vicino.
— Leina era più vecchia quando… quando… — disse Mavis, ma non concluse la frase.
Tutti sapevano esattamente cosa voleva dire. Nessuno avrebbe potuto immaginarlo. Neppure i Deneb. Ma loro sì.
Rimasero qualche istante in silenzio. Ciascuno si era immerso in pensieri personali che rimanevano nascosti dietro lo scudo della mente. Charles fu il primo a parlare vocalmente: — Torniamo al lavoro, David. Quali sono i tuoi piani, e in che modo ti possiamo essere utili?
— I piani sono elementari. Voglio trovare, identificare e affrontare l’uomo chiave dell’opposizione che si trova su Venere. Quello che stabilisce il bello e il brutto tempo, che compone le dispute, che dirige il movimento nazionalistico e che è senza dubbio il grande capo. Togli la pietra principale, e tutto l’arco crolla.
— Non sempre.
— È vero — ammise Raven. — Se la loro organizzazione vale soltanto la metà di quello che sarebbe necessario, hanno certo una persona pronta a sostituire il capo, in caso di bisogno. Forse anche più di una. Se è così, il nostro compito sarà molto più complesso.
— Poi rimangono sempre i Marziani — osservò Charles.
— Forse no. Tutto dipende da come reagiscono a quello che succede qui. Il legame tra Marte e Venere dev’essere più che altro basato sul reciproco incoraggiamento. Ciascuno applaude l’altro. Togli l’applauso, e la commedia non sembrerà più tanto bella. Io spero che Marte vorrà desistere il giorno in cui avremo tolto di mezzo Venere.
— C’è una cosa che non riesco a capire — disse Charles pensieroso. — Cosa impedisce alla Terra di ripagare gli insorti alla stessa maniera, dopo i sabotaggi e tutte le altre cose che hanno fatto contro di essa?
Raven lo disse.
— Ah! — Charles si grattò di nuovo il doppio mento. — E così, Marziani e Venusiani possono distruggere quello che considerano proprietà di un altro popolo, mentre per i Terrestri non esistono proprietà di altri, ma solo beni comuni, e tutti di proprietà della Terra.
— Non sono affari nostri — disse Mavis — se lo fossero, saremmo stati informati di tutto. — Girò lo sguardo e fissò Raven. — Sono stati soltanto i Terrestri a chiedere il tuo intervento?
— Sì, finora. E con tutta probabilità non ci saranno altre richieste. Perché per quanto importante possa apparire la situazione in questo piccolo angolo della galassia, è invece piccola e insignificante se la paragoniamo alle situazioni di altri luoghi. Le cose sembrano diverse se si guardano da molto, molto lontano. — Raven parlava con il tono di voce della persona che sa di dire cose perfettamente familiari a chi lo ascolta. — Il regolamento dice che possiamo agire di nostra iniziativa in tutte le questioni di piccola importanza. Ed è proprio quello che sto facendo.
— Sono d’accordo — disse Charles. — Cosa vuoi da noi?
— Non molto. Questo è il vostro dominio e lo conoscete meglio di qualsiasi altro. Ditemi il nome dell’uomo che potete considerare l’ispiratore della follia separatista. Ditemi quello che sapete sui suoi poteri e ditemi dove posso trovarlo. Voglio soltanto informazioni precise. A voi decidere se offrire altri aiuti.
— Io direi di metterci a sua disposizione — disse Charles rivolgendosi alla ragazza. — Che ne dici, Mavis?
— Non contare su di me. Io intendo seguire l’esempio di Leina e continuare l’osservazione. Dopo tutto, è per questo che siamo qui. Qualcuno deve pur farlo, mentre voi maschi ve ne andate cocciutamente in giro a starnazzare.
— Hai ragione — disse Raven. — Osservare è molto importante. Meno male che le dolci femmine sono avvedute. Noi teste di legno così siamo liberi di compiere le nostre dannose interferenze.
La ragazza alzò lo sguardo imbrociata verso di lui, ma non fece commenti.
— Qui la situazione è divertente — disse Charles. — Abbiamo un fervente governatore terrestre, che proclama i suoi sentimenti e che rimane diplomaticamente all’oscuro del fatto che il movimento clandestino nazionalista domina quasi al novanta per cento. Il grande capo di questo movimento, il suo simbolo, è un’abile canaglia che si chiama Wollencott.
— Cos’ha che gli altri non hanno?
— La faccia, l’aspetto e la personalità che servono alla sua parte — spiegò Charles. — È un Venusiano, mutante di Tipo Sei. Un malleabile con una imponente massa di capelli bianchi, e una voce altrettanto imponente. Può trasformarsi nella perfetta immagine di un dio ogni volta che vuole. E può anche parlare come un oracolo… posto che abbia imparato prima le parole a memoria. È incapace di formulare un pensiero autonomamente.
— Non mi sembra tanto formidabile — osservò Raven.
— Aspetta un momento. Non ho ancora finito. Wollencott è il perfetto ritratto del dinamico capo di un movimento patriottico clandestino, tanto da fare pensare che sia una persona chiamata a recitare una parte. Ed è proprio così.
— Da chi?
— Da un certo Thorstern, il vero capo, la potenza che sta dietro il trono, quello che cospira nell’ombra, l’uomo che continuerà a vivere dopo l’impiccagione di Wollencott.
— Il burattinaio, vero? Sai qualcosa di particolare sul suo conto?
— Sì e no. La cosa più sorprendente è che non si tratta di un mutante. Non ha una sola attitudine paranormale. — Charles fece una pausa e rimase un attimo a riflettere. — Ma è spietato, ambizioso, astuto. Uno psicologo di prim’ordine, con un cervello sorprendentemente agile.
— Un comune con quoziente d’intelligenza altissimo.
— Esatto! E questo significa tutto, quando i talenti temibili non hanno menti temibili. Data una lucidità di prim’ordine, anche un essere comune può mettere nel sacco un telepatico dai riflessi lenti. Il suo pensiero si muoverebbe di una frazione più veloce, tanto da impedire la reazione del telepatico.
— Lo so. Ho già sentito parlare di un paio di casi del genere. È facile che i mutanti commettano lo sbaglio di sottovalutare un avversario per il solo fatto che è un essere comune. Inoltre, la forza in sé non è mai sufficiente. Bisogna anche possedere una grande abilità per applicarla. Ecco dove eccellono i Deneb. Fanno pieno uso di tutto quello che possiedono. — Raven si alzò e andò alla porta. — Ma non dobbiamo ancora occuparci di loro. Non qui. Adesso il nostro primo obiettivo è Thorstern.
— Vengo con te. — Charles si sollevò dalla pneumopoltrona e si girò verso Mavis. — Ti affido il forte, cara. Se qualcuno mi cerca, racconta che papà è andato a pescare… ma non dire che cosa.
— Cerca di tornare — disse Mavis. — Possibilmente intero.
— In questa strana fase di esistenza di vita nella morte non si può promettere niente. — Charles scoppiò a ridere facendo tremare la pancia.
— Comunque farò il possibile.
Uscì con Raven, lasciando la ragazza al compito che si era scelta: quello di fare la guardia a cose della Terra ma non terrestri.
E come Leina, Mavis rimase sola a osservare… ad ascoltare… Unica consolazione, il pensiero che la sua solitudine era condivisa da altre sentinelle lontane.