Da un gran pezzo (due giorni lunghi) portavo di nascosto il mio segreto. Era pesante e fastidioso; mi legava le membra, chiudeva i miei gesti, solitamente larghi, in una piccola cornice di pochi centimetri di lato, mi mozzava le parole in bocca e mi faceva pigliare dinanzi a mia moglie l'aria d'un marito che ne avesse fatta una grossa; con tutto ciò non dicevo nulla, tenevo tutto per me.
Quel giorno, appena il signor Bini se ne fu andato ed io mi trovai faccia a faccia colla mia Annetta sorridente, non seppi più resistere, la trassi a sedere in un canto, e fattomi promettere tutto quello che avevo promesso io, mi parve di essere nel mio diritto, cacciando di casa quel segreto importuno. Bisognava pigliarlo per le spalle senza preamboli, ed io lo pigliai solennemente così:
— Hai da sapere, Annetta, che in casa dell'amico Nebuli vi è un mistero.
Essa mi guardò sbarrando gli occhi.
— Che la tua cara, la tua bella, la tua buona signora Chiarina, la tua innamorata in una parola, ha un segreto.... —
Annetta faceva segno di no con tanto seriume, che mi parve vedere in lei la scuola del signor Bini. Tacqui.
— Non l'ha più, — disse mia moglie — mi ha detto tutto.
— Tutto?
— Tutto.
— E tu non mi dicevi nulla?
Rise, per non rispondere. Ed io serio:
— La signora Chiarina ti ha detto quello che sa lei, cioè.... che Valente....
— Non è suo marito, che il marito suo è un altro, il quale dev'essere morto.... e che lei ama Valente, e che col tempo si sposeranno davvero.
— Col tempo! — sospirai — ma non ti ha potuto dire quello che essa medesima non sa e che ti voglio dir io.
Le narrai la faccenda della signora Valeria, della Spuma del Mare, ed i sospetti che aveva fatto nascere il misterioso signor Bini. —
— È lui! — sentenziò, — le somiglia....
— In che?
— Nel naso. —
Fu la mia volta di crollare la testa col sussiego del signor Bini; poi dissi:
— Se anche è lui, come costringerlo a confessare la sua paternità? Il codice non vuole, ed io dico che fa benissimo. Per me il signor Bini è il signor Bini, non ne dubito menomamente, ma se mai egli fosse quel duca, quel marchese, quel conte, quel pezzo grosso insomma che mise al mondo in un momento di distrazione la signora Chiarina, è evidente che non vuol darsi a conoscere. Ci avrà le sue ragioni, doveva prender moglie vent'anni sono; a quest'ora probabilmente l'ha presa ed ha figli o figlie da marito, alle quali non può regalare una sorella di contrabbando.... Questo è un romanzetto abbastanza verisimile; ti pare?... ne ho fatti una dozzina; intanto per me non vi è dubbio che il signor Bini è il signor Bini....
— Potrebbe essere.... notò Annetta.
— Sì, potrebbe essere, anzi deve essere un mediatore od un mandatario. Ma non mi par tanto liscia; e ad ogni modo costui o non sa nulla, o non dirà nulla; e sapendo e volendo dire, non muterebbe virgola all'articolo del codice.
— Il tuo codice è snaturato.
— Il mio codice è pieno di buon senso; ti pare che la società possa essere lasciata sotto la minaccia perpetua d'una legione di monelli, che ha approfittato dei minuti piaceri dei galantuomini per venire al mondo?.... E poi il mio codice non l'ho fatto io.... La conclusione è che al padre della signora bisogna rinunziarvi, e allora?
— E allora che cosa?
— Allora bisogna trovare il marito, — diss'io abbassando la voce — bisogna trovarlo a tutti i costi.
— E perchè farne del marito?
— Per restituirgli la moglie.... se ancora si è in tempo.
— Io credo di no, — disse Annetta ingenuamente — e poi il marito è morto. Chiarina ne è sicura.
— E Valente? — pensai. —
Il giorno dopo Valente venne da me; era pallido più del solito; senza dir parola, egli mi spiegò benissimo che aveva bisogno d'andare a spasso sul bastione con me solo, od almeno io l'intesi così; infilai il pastrano, piantai in testa il cappello a staio e gli tenni dietro.
Non tentai nemmeno di cacciare il mio braccio sotto il suo, perchè pensavo: se due che camminano a braccetto hanno bisogno di dire qualche cosa di grave, che fanno prima di tutto? si snodano; dunque...
Valente camminò al mio fianco un tratto, senza dir parola; seguiva coll'occhio le foglie secche che si staccavano dagli ippocastani e cadevano lentamente facendo i giri d'una spirale; all'ultimo disse le stesse mie parole di poc'anzi:
— Il signor Bini deve essere il signor Bini — non ne dubito più.
— Nemmeno io; e se anche si è cacciato in mezzo a noi per un incarico avuto, non è che un mediatore volgare, molto furbo, molto testereccio e troppo ordinato. —
Così risposi io per vedere di farlo almeno sorridere; non mi riuscì.
— Se ha un mandato da un altro, da lui, — tornò a dire l'amico Nebuli serio serio, — evidentemente non sa nulla di nulla.
— Però, notai, basterebbe sapere chi lo manda; e scoprir questo non dev'essere difficile, se tu gli vendi il quadro....
— Non gli venderò nulla; — m'interruppe con calore; — non capisci che quel quadro è mio?
— E Chiarina non è ancora tua, e forse non sarà mai.... —
Questo lo pensai, ma non lo dissi.
— Al padre bisogna rinunziarvi, ripigliò dolente, quand'ebbe fatti alcuni passi silenziosi.
— E il marito è morto.... —
Quello che mi aspettavo accadde: — non rispose.
— Dimmi il vero, è morto il marito?
— Che ne so? Chiarina ne è persuasa. Per molti mesi lo credetti anch'io.... da qualche tempo ne dubito....
— Hai avuto notizie? È accaduta qualche cosa?
— No, nessuna notizia, è accaduto che ora l'amo e mi ama. —
Io sono furbissimo certe volte; compresi.
— E da quanto tempo ne dubiti? — domandai facendo lo sbadato.
— Da un mese. —
Lo presi allora a braccetto, e cominciai a guardare anch'io le foglie secche, che cadevano disegnando una spirale.
— Senti, — mi disse a un tratto sprigionandosi dal mio braccio, — ho bisogno di un consiglio; che faresti nei panni miei?
— Cercherei il Salvioni.
— L'ho cercato, non si trova.
— Bisogna aver la certezza che non si trova; cercalo ancora; forse non hai adoperato tutti i mezzi con cui si va in traccia d'un galantuomo che si è perduto e non vuol lasciarsi trovare. Che hai fatto tu? hai messo in moto la questura, i consolati; un poveraccio fuggito dal carcere del matrimonio ha tutte le ragioni di credere che i consoli e la polizia ce lo vogliano rimettere; dobbiamo fargli sapere altrimenti che Giorgione è morto, che noi non si vuol costringerlo a rientrare nel talamo, che solo ci occorre sapere se è vivo, e che cosa ne pensa, e questo non glielo possiamo far dire che dalle gazzette.
— E se è morto?
— Aggiungiamo la promessa d'una mancia a chiunque ce ne saprà dare notizie certe.
— E se vive?
— Se vive, o risponde, o non risponde; e noi ci regoleremo secondo i casi.
— E se viene?
— Non verrà, ma se viene....
— Se viene, — proseguii dentro di me, — e pretende sua moglie, bisognerà restituirgliela.... come si trova. — Se viene ci penseremo — dissi con disinvoltura. —
Stette un altro po' in silenzio; giunto all'estremità del viale, lo fermai.
— Che pensi?
— Penso.... non lo so neppur io.... penso che hai ragione e che non rimane altra via onesta....
— Dunque si va all'ufficio del giornale?...
Non mi rispose.
— Si va?... insistei.
— Oggi no, oggi no.... domani.
— Eccolo lì l'uomo del domani! —
Era troppo serio, aveva tutti i muscoli della faccia penosamente contratti — ed io zitto. —
Tornato a casa, trovai Annetta di malumore.
— Che hai? —
Per non rispondermi mi consegnò una lettera ancora sigillata.
— Che hai?
— Che ti ha detto il signor Nebuli?
— Che ti ha detto la signora Chiarina? —
Essa guardò me, io lei, — mi venne un sospetto che fu subito certezza.
— Ah! poveretti! — dissi.
— Ah! poveretti! — disse. —
Intanto sbadatamente aprii la lettera: era d'uno che voleva comperare le mie ultime due tele della Mostra Permanente, ed offriva un po' meno del prezzo segnato nel catalogo e molto più di quello che mi potessi aspettare. Ed io freddo — «leggi» — dissi ad Annetta — ed essa pure fredda.
Non l'avrei mai creduto, e lo dovetti credere, ed ora ne sono persuaso: non tutti i momenti sono buoni per ricevere del denaro! Quella fortuna in quel punto — chi me l'avrebbe mai detto?... quasi non era un piacere!
— Risponderai domani... —
Ed io, che non uso mai differire, fui felice di trovare una risoluzione bell'e fatta in bocca d'Annetta.
— Risponderò domani.
E il domani avevo appena risposto — accetto — quando venne ancora Valente colla stessa faccia della vigilia, colla stessa voglia d'andare a spasso sui bastioni.
Questa volta non sapevo che dirgli; se mi avesse chiesto un consiglio, vi giuro, non quello della vigilia gli avrei dato, ma quest'altro: — Piglia la tua Chiarina, che è tua, che non può essere tua più di così, pigliala e fuggi, va in fondo ad una valle, va in cima ad un monte, va in un'isola deserta, va in una foresta vergine.... va dove vuoi, ma pigliala e fuggi. — Egli però non mi chiese nulla; solo quando fummo sull'uscio di casa sua, mi strinse la mano, e credendo di rispondere ad una mia muta insistenza, di cui non potevo essere più innocente:
— Oggi no, — mi disse, — domani forse... —
Suonò il campanello; io, invece di andar di sopra, rimasi per salutare la signora Chiarina, la quale, avendo al modo di suonare riconosciuto Valente, dall'uscio d'un salotto si affacciò nell'anticamera. Sorrideva come un raggio di sole.
— Come stai? — le domandò l'amico mio correndole incontro; mi parve che essa gli dicesse una parola ali' orecchio, ma non ne sono sicuro; è certo che si abbracciarono in mia presenza, e che da quella stretta d'amore Valente uscì tutto trasformato, raggiante.
— La signora Chiarina era malata? — domandai facendo l'ingenuo.
— Non si sentiva bene, mi rispose l'amico Nebuli, e gli tremava la voce.
La signora aveva il viso rosso, li lasciai soli.
Mezz'ora dopo, grave in volto, ma senza ansia nè spasimo di nervi, Valente mi pigliava in disparte:
— Ti accomoda che andiamo ora all'ufficio del giornale?
— Mi accomoda.
— Lo vuoi preparar tu l'annunzio?
— Lo preparo io.
Mentre cercavo la penna, dicevo dentro di me:
— Meno male; per questa volta il pericolo è passato!
— Quale pericolo? — vi domanderà una signorina di sedici anni, che non ha capito nulla.
Rispondetele che — «stava per cadere un trave» — non direte propriamente una bugia.